Negli anni più recenti le imprese di maggiore dimensione hanno fortemente accentuato la propensione a detenere riserve di liquidità. Per l’intensità raggiunta questa propensione alla liquidità viene indicata tra i fattori corresponsabili (e non in misura marginale) della sterilizzazione degli stimoli monetari adottati dalle autorità dei principali paesi per favorire una più rapida uscita dalla crisi.
A settembre scorso l’ammontare dei prestiti nell’area euro è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. Rispetto al picco massimo di settembre 2011, lo stock dei finanziamenti è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi.
Negli ultimi anni una serie di fenomeni economici e politici hanno portato molti a ritenere che l’ordine economico mondiale disegnato a partire da Bretton Woods sia ormai da rivedere. L’idea è che il concetto stesso di libero scambio, che del vecchio ordine rappresentava uno dei pilastri portanti, sia destinato nel prossimo futuro ad avere un ruolo progressivamente meno centrale nello stimolare la crescita mondiale.
Emerging Market Report a cura di Raiffeisen Capital Management - Dicembre 2017.Forfinance Group
l'espansione economica dei Paesi Emergenti continua a deporre a favore delle loro economie infatti il FMI prevede per loro una crescita economica del 4,8% nel 2018, rispetto all'1,9% delle nazioni industrializzate... continuerà questo trend?
Di seguito sono riassunti gli argomenti che tratterà il nostro consueto Emerging Market Report aggiornato a fine Dicembre 2017:
-CINA "La dinamica congiunturale del Paese ha subito un leggero rallentamentonell'ultimo periodo";
-INDIA "Moody's alza il merito di credito dell'India";
-BRASILE "Nonostante le continue incertezze della politica interna, la ripresa dell'economia brasiliana accelera
gradualmente il passo";
-RUSSIA "Russia attualmente già vicina alla crescita potenziale secondo la banca centrale";
-TURCHIA " Rialzo dei tassi di d'interesse nascosto dalla banca centrale turca";
-GRECIA "Per la prima volta in un decennio il Paese è cresciuto per tre trimestri consecutivi".
1. L’Economia mondiale oggi, un’analisi critica sui principali aspetti macroeconomici:
- perché guardare al lungo periodo è meglio che concentrarsi sul breve
- gli shock economici intrapresi dalle Banche Centrali, quali conseguenze?
- analisi di contesto macroeconomico, cambiamenti demografici e opportunità di investimento
2. Le nuove esigenze da considerare nella pianificazione finanziaria:
- i Millennials, target più interessato dall’attuale contesto macroeconomico
- la Silver economy
3. Previdenza, tra riforma e consulenza:
- l’importanza di gestire la propria economia personale in base al Life Planning
- il Goal Based Investment, l'approccio corretto agli investimenti
4. Centralità del ruolo del consulente finanziario: come creare valore
- accenni di finanza comportamentale, come gestire il cliente ed evitare i tipici bias comportamentali
In questo momento di grande incertezza sui mercati finanziari CFO SOLUTIONS SCF S.r.l. mette a disposizione dei risparmiatori una guida per potersi orientare nelle scelte di investimento al fine di proteggere più possibile il proprio patrimonio, piccolo o grande che sia.
A settembre scorso l’ammontare dei prestiti nell’area euro è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. Rispetto al picco massimo di settembre 2011, lo stock dei finanziamenti è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi.
Negli ultimi anni una serie di fenomeni economici e politici hanno portato molti a ritenere che l’ordine economico mondiale disegnato a partire da Bretton Woods sia ormai da rivedere. L’idea è che il concetto stesso di libero scambio, che del vecchio ordine rappresentava uno dei pilastri portanti, sia destinato nel prossimo futuro ad avere un ruolo progressivamente meno centrale nello stimolare la crescita mondiale.
Emerging Market Report a cura di Raiffeisen Capital Management - Dicembre 2017.Forfinance Group
l'espansione economica dei Paesi Emergenti continua a deporre a favore delle loro economie infatti il FMI prevede per loro una crescita economica del 4,8% nel 2018, rispetto all'1,9% delle nazioni industrializzate... continuerà questo trend?
Di seguito sono riassunti gli argomenti che tratterà il nostro consueto Emerging Market Report aggiornato a fine Dicembre 2017:
-CINA "La dinamica congiunturale del Paese ha subito un leggero rallentamentonell'ultimo periodo";
-INDIA "Moody's alza il merito di credito dell'India";
-BRASILE "Nonostante le continue incertezze della politica interna, la ripresa dell'economia brasiliana accelera
gradualmente il passo";
-RUSSIA "Russia attualmente già vicina alla crescita potenziale secondo la banca centrale";
-TURCHIA " Rialzo dei tassi di d'interesse nascosto dalla banca centrale turca";
-GRECIA "Per la prima volta in un decennio il Paese è cresciuto per tre trimestri consecutivi".
1. L’Economia mondiale oggi, un’analisi critica sui principali aspetti macroeconomici:
- perché guardare al lungo periodo è meglio che concentrarsi sul breve
- gli shock economici intrapresi dalle Banche Centrali, quali conseguenze?
- analisi di contesto macroeconomico, cambiamenti demografici e opportunità di investimento
2. Le nuove esigenze da considerare nella pianificazione finanziaria:
- i Millennials, target più interessato dall’attuale contesto macroeconomico
- la Silver economy
3. Previdenza, tra riforma e consulenza:
- l’importanza di gestire la propria economia personale in base al Life Planning
- il Goal Based Investment, l'approccio corretto agli investimenti
4. Centralità del ruolo del consulente finanziario: come creare valore
- accenni di finanza comportamentale, come gestire il cliente ed evitare i tipici bias comportamentali
In questo momento di grande incertezza sui mercati finanziari CFO SOLUTIONS SCF S.r.l. mette a disposizione dei risparmiatori una guida per potersi orientare nelle scelte di investimento al fine di proteggere più possibile il proprio patrimonio, piccolo o grande che sia.
Come ormai noto la banca centrale americana ha lasciato invariati i tassi nell’attuale forchetta dello 0-0,25%, ovvero il valore a cui sono ormai fissati dal 2008. Una scelta che replica pedissequamente la strategia adottata dall’allora Ben Bernanke nel meeting di settembre 2013, non fosse altro per le molteplici similitudini che caratterizzavano il contesto geo-politico-economico di allora e di oggi…
Documento di sintesi dell’andamento dei principali mercati nel 2016 e le attese previste per il 2017 elaborate dai modelli di analisi oggettivi e ad elevato tasso di successo Evidence Based Performance Analysis®.
Report aggiornato a GIUGNO 2017 sui Mercati EmergentiPaolo Buro
Nel mercato finanziari si dice "Sell in May and go away", in questo preciso momento storico la tendenza al rialzo che persiste sui Mercati Azionari in generale ed in particolare su quelli dei Paesi Emergenti, fa sorgere dei dubbi su questo vecchio detto di borsa.
Report Mercato Emergenti di Raiffeisen Capital ManagementForfinance Group
Il Report sui mercati emergenti aggiornato a fine Marzo 2017.
In questo numero sono toccate le seguenti tematiche:
CINA: Continua la ripresa congiunturale – nella seconda metà dell’anno potrebbe, tuttavia, iniziare un rallentamento;
BRASILE: Spirale d’indebitamento in Brasile – debito pubblico sale rapidamente;
INDIA: Riforma del contante provoca forte calo della crescita – per il governo ha, tuttavia, solo un impatto molto contenuto e temporaneo;
RUSSIA: L’economia russa continua la sua ripresa;
CE3 – Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria: Economia polacca mostra crescita sorprendentemente forte – nella Repubblica Ceca, invece, continua la crescita debole.
Nell’area euro, il peggioramento della congiuntura economica ha un carattere comune a tutti i principali paesi: la debolezza degli investimenti . In Italia, il taglio ha interessato con particolare intensità la componente pubblica, ridottasi di oltre un terzo negli ultimi quattro anni.
A dicembre 2014, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari rappresentano circa l’8% del Pil e il 3% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Gli iscritti ammontano a circa 6,6 milioni e le risorse destinate alle prestazioni hanno raggiunto i 126 mld di euro. Il tasso di partecipazione ha raggiunto il 25,6% rispetto alla forza lavoro e il 29,5% rispetto agli occupati, tuttavia, solo il 15% per cento della forza di lavoro al di sotto dei 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare.
A fine 2013 lo stock di investimenti dei fondi pensione indirizzati in Italia ammontava a circa 30 mld di euro, di questi solo 2,1 mld erano indirizzati alle imprese italiane. Per convogliare una maggiore quota del risparmio previdenziale nell’economia reale italiana occorre superare alcuni limiti tecnici ed incentivare l’investimento in strumenti come i fondi chiusi attraverso i quali investire in private equity, mini-bond ed energie rinnovabili, presenti in misura marginale solo nel portafoglio di alcuni fondi pensione preesistenti.
Ambrosetti Asset Management SIM presenta un documento di sintesi dell’andamento dei principali mercati nel 2017 e le attese previste per il 2018 elaborate dai nostri modelli di analisi oggettivi e ad elevato tasso di successo Evidence Based Performance Analysis®.
Buona lettura.
La necessità di fare un grosso cambiamentoHoro Capital
Il 5 marzo 2013 il Dow Jones Industrial Average ha stabilito un nuovo massimo storico, superando il precedente massimo pari a 14,165.50 che era stato raggiunto nell'ottobre del 2007. Solo il mercato azionario non sembra prendere atto che il mondo si trova oggi in una situazione ben diversa rispetto a 5 anni e mezzo fa. Molti investitori parlano di un mercato ribassista, ma intanto percorrono la strada rialzista. Questa apparente contraddizione è funzione della convinzione diffusa che la politica della banca centrale sia questa proveniente da Tokyo, Francoforte, Londra o Washington fornisce un efficace copertura alla volatilità consentendo così agli investitori di ignorare i problemi economici e finanziari sottostanti, che continuano intanto a cuocere a fuoco lento.
Tempo di riforme
I nuovi dati innalzano intorno al 44 per cento il valore raggiunto in Italia dal tasso disoccupazione giovanile. Oltre al problema della disoccupazione, le difficoltà del mercato giovanile del lavor o sono riscontrabili nella consistente riduzione tra gli occupati di età inferiore ai 35 anni dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato.
I migranti e la crisi economica
Le tensioni geo-politiche ai confini dell’Europa e il protrarsi della debolezza del ciclo economico in molti paesi dell’area hanno contribuito a modificare i flussi migratori interni e internazionali sia in termini di numerosità sia nella scelta dei paesi di destinazione. L’allargamento a est dei paesi aderenti all’Unione e il perdurare di elevati tassi di disoccupazione in molte economie della zona euro hanno favorito la dinamica delle migrazioni interne, con una polarizzazione verso la Germania che nel 2013 è divenuto il primo paese di destinazione in Europa e il secondo tra le economie sviluppate dopo gli Stati Uniti.
Alla ripresa autunnale lo scenario economico si presenta a due facce.
Quella rassicurante di conferma delle buone dinamiche e prospettive extra-europee.
E quella preoccupante di deterioramento del quadro già debole nell’Eurozona e in Italia.
Il contesto rimane caratterizzato dai cambiamenti su scala globale portati dalla crisi: minore ampliamento
dei commerci internazionali, investimenti frenati dalla perdurante incertezza e condizioni
più selettive del credito bancario1.
Tutti fattori che abbassano il profilo dello sviluppo mondiale.
Come ormai noto la banca centrale americana ha lasciato invariati i tassi nell’attuale forchetta dello 0-0,25%, ovvero il valore a cui sono ormai fissati dal 2008. Una scelta che replica pedissequamente la strategia adottata dall’allora Ben Bernanke nel meeting di settembre 2013, non fosse altro per le molteplici similitudini che caratterizzavano il contesto geo-politico-economico di allora e di oggi…
Documento di sintesi dell’andamento dei principali mercati nel 2016 e le attese previste per il 2017 elaborate dai modelli di analisi oggettivi e ad elevato tasso di successo Evidence Based Performance Analysis®.
Report aggiornato a GIUGNO 2017 sui Mercati EmergentiPaolo Buro
Nel mercato finanziari si dice "Sell in May and go away", in questo preciso momento storico la tendenza al rialzo che persiste sui Mercati Azionari in generale ed in particolare su quelli dei Paesi Emergenti, fa sorgere dei dubbi su questo vecchio detto di borsa.
Report Mercato Emergenti di Raiffeisen Capital ManagementForfinance Group
Il Report sui mercati emergenti aggiornato a fine Marzo 2017.
In questo numero sono toccate le seguenti tematiche:
CINA: Continua la ripresa congiunturale – nella seconda metà dell’anno potrebbe, tuttavia, iniziare un rallentamento;
BRASILE: Spirale d’indebitamento in Brasile – debito pubblico sale rapidamente;
INDIA: Riforma del contante provoca forte calo della crescita – per il governo ha, tuttavia, solo un impatto molto contenuto e temporaneo;
RUSSIA: L’economia russa continua la sua ripresa;
CE3 – Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria: Economia polacca mostra crescita sorprendentemente forte – nella Repubblica Ceca, invece, continua la crescita debole.
Nell’area euro, il peggioramento della congiuntura economica ha un carattere comune a tutti i principali paesi: la debolezza degli investimenti . In Italia, il taglio ha interessato con particolare intensità la componente pubblica, ridottasi di oltre un terzo negli ultimi quattro anni.
A dicembre 2014, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari rappresentano circa l’8% del Pil e il 3% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Gli iscritti ammontano a circa 6,6 milioni e le risorse destinate alle prestazioni hanno raggiunto i 126 mld di euro. Il tasso di partecipazione ha raggiunto il 25,6% rispetto alla forza lavoro e il 29,5% rispetto agli occupati, tuttavia, solo il 15% per cento della forza di lavoro al di sotto dei 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare.
A fine 2013 lo stock di investimenti dei fondi pensione indirizzati in Italia ammontava a circa 30 mld di euro, di questi solo 2,1 mld erano indirizzati alle imprese italiane. Per convogliare una maggiore quota del risparmio previdenziale nell’economia reale italiana occorre superare alcuni limiti tecnici ed incentivare l’investimento in strumenti come i fondi chiusi attraverso i quali investire in private equity, mini-bond ed energie rinnovabili, presenti in misura marginale solo nel portafoglio di alcuni fondi pensione preesistenti.
Ambrosetti Asset Management SIM presenta un documento di sintesi dell’andamento dei principali mercati nel 2017 e le attese previste per il 2018 elaborate dai nostri modelli di analisi oggettivi e ad elevato tasso di successo Evidence Based Performance Analysis®.
Buona lettura.
La necessità di fare un grosso cambiamentoHoro Capital
Il 5 marzo 2013 il Dow Jones Industrial Average ha stabilito un nuovo massimo storico, superando il precedente massimo pari a 14,165.50 che era stato raggiunto nell'ottobre del 2007. Solo il mercato azionario non sembra prendere atto che il mondo si trova oggi in una situazione ben diversa rispetto a 5 anni e mezzo fa. Molti investitori parlano di un mercato ribassista, ma intanto percorrono la strada rialzista. Questa apparente contraddizione è funzione della convinzione diffusa che la politica della banca centrale sia questa proveniente da Tokyo, Francoforte, Londra o Washington fornisce un efficace copertura alla volatilità consentendo così agli investitori di ignorare i problemi economici e finanziari sottostanti, che continuano intanto a cuocere a fuoco lento.
Tempo di riforme
I nuovi dati innalzano intorno al 44 per cento il valore raggiunto in Italia dal tasso disoccupazione giovanile. Oltre al problema della disoccupazione, le difficoltà del mercato giovanile del lavor o sono riscontrabili nella consistente riduzione tra gli occupati di età inferiore ai 35 anni dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato.
I migranti e la crisi economica
Le tensioni geo-politiche ai confini dell’Europa e il protrarsi della debolezza del ciclo economico in molti paesi dell’area hanno contribuito a modificare i flussi migratori interni e internazionali sia in termini di numerosità sia nella scelta dei paesi di destinazione. L’allargamento a est dei paesi aderenti all’Unione e il perdurare di elevati tassi di disoccupazione in molte economie della zona euro hanno favorito la dinamica delle migrazioni interne, con una polarizzazione verso la Germania che nel 2013 è divenuto il primo paese di destinazione in Europa e il secondo tra le economie sviluppate dopo gli Stati Uniti.
Alla ripresa autunnale lo scenario economico si presenta a due facce.
Quella rassicurante di conferma delle buone dinamiche e prospettive extra-europee.
E quella preoccupante di deterioramento del quadro già debole nell’Eurozona e in Italia.
Il contesto rimane caratterizzato dai cambiamenti su scala globale portati dalla crisi: minore ampliamento
dei commerci internazionali, investimenti frenati dalla perdurante incertezza e condizioni
più selettive del credito bancario1.
Tutti fattori che abbassano il profilo dello sviluppo mondiale.
A dicembre ha prevalso l’incertezza sui mercati finanziari globali. Un’incertezza alimentata so- prattutto dalla caduta del prezzo del petrolio. La discesa dell’oro nero, iniziata a fine estate, si è intensificata dopo la riunione di novembre dell’Opec nella quale è stato deciso di mante- nere invariati gli attuali livelli di produzione. E così il greggio ha continuato a perdere terreno, salvo qualche breve sosta, fino a toccare i mini- mi a oltre cinque anni. Uno scenario appesantito dalle tensioni in Russia con il rublo che è crolla- to ai minimi storici. Mosca paga principalmente proprio la caduta dei prezzi del petrolio che ha acuito i timori di una recessione nel 2015. Nel frattempo in Europa si attende con rinnovato in- teresse la prossima riunione della Bce (22 gen- naio). Dal 2015 la Bce terrà, infatti, i suoi meeting ogni sei settimane e non più a inizio mese. A gen- naio potrebbero arrivare indicazioni più puntuali sulle nuove possibili misure non convenzionali da attuare per contrastare il rischio deflazione.
In questo numero sono toccate le seguenti tematiche:
CINA: Anche nel 2016 l'economia cinese in linea con gli obiettivi;
BRASILE: Mercato azionario nel 2016 molto forte, ma tanti "elogi prematuri";
INDIA: Nel 2016 le azioni indiane hanno ceduto contrariamente al trend dei Paesi Emergenti;
RUSSIA: Agricoltura in crescita la Russia fa di necessitá virtú.
Relazione al bilancio di previsione 2014 - Città di TorinoGianguido Passoni
Relazione di accompagnamento al bilancio di previsione 2014 della Città di Torino. Documento approvato dall'aula il 30 settembre.
Il bilancio di previsione 2014 della Città di Torino pareggia a 1 miliardo 356 milioni di euro, 27 in meno rispetto al previsionale assestato del 2013. In particolare le entrate tributarie ammontano a 899 milioni di euro, in leggero aumento rispetto al 2013, ampiamente compensate da una riduzione di quelle extratributarie (canoni, concessioni, interessi e fitti attivi, mense e contravvenzioni) che ammontano a 263 milioni di euro.
La spesa per personale continua a ridursi. Nel 2014 rispetto al 2013 questa scende di oltre 5,5 milioni di euro, incidendo sul totale della spesa corrente per il 33,99%. Negli ultimi sei anni, i dipendenti sono diminuiti di 1.419 unità pari a circa il 12%, mentre i dirigenti sono scesi a 123 unità con una riduzione di oltre il 25% e quelli a contratto sono passati dalle 27 unità del 2008 alle 6 attualmente in servizio.
Confermate anche per il 2014 misure destinate ad alleggerire il peso delle imposte sui redditi delle famiglie torinesi. Nel dettaglio, per il pagamento della Tasi sono state previste detrazioni di 110 euro per immobili con rendita catastale fino a 700 euro e di 30 euro per ogni figlio di età inferiore ai 26 anni. Sempre per la tassa sui servizi indivisibili è stato istituito di un fondo di sostegno di un milione e 300mila euro per pensionati e lavoratori dipendenti proprietari esclusivamente di prima casa, che dichiarano un reddito Isee inferiore a 17mila euro. Di una analoga misura nel 2013 hanno beneficiato quasi 10.000 nuclei. Per il pagamento della Tari le agevolazioni prevedono una riduzione del 50% per i redditi sino a 13mila euro, del 35% per quelli da 13mila a 17mila e per i redditi da 17mila a 24mila euro l’importo sarà ridotto del 25%.
Anche nel 2014 - così come già fatto nel 2013 – la Città di Torino ha aderito al decreto sbloccacrediti con l’obiettivo di diminuire il debito verso i fornitori e ridare così ossigeno ad un sistema che sconta una ormai endemica mancanza di liquidità. Risultati apprezzabili anche sul fronte del debito complessivo che diminuisce di altri 112 milioni.
Mentre prosegue l’attività di risanamento, Torino deve tornare a crescere: aumentano, dopo anni di contrazione, le risorse destinate al Piano degli investimenti che passano dai 177 milioni del 2013 ai 201 di quest’anno.
Testo per la Scuola di formazione politica Giovani Ferrara - LeG Pavia, 11 marzo 2009 Autori: Giacomo Vaciago (Introduzione), Flavia Ambrosanio e
Massimo Bordignon (cap. 1), Domenico Delli Gatti e Giovanni Verga (cap. 2). Ha
collaborato: Giovanni Barone
Direzione e coordinamento: Marco Lossani. Segreteria: Nicoletta Vaccaro.
Il rapporto è stato redatto sulla base delle informazioni disponibili a fine febbraio 2007.
Convegno scientifico Imprese che guardano al futuro tra opportunità e nuove sfide
I primi risultati del censimento permanente delle imprese 2019
Milano, 7 febbraio 2020
Piazza degli Affari Palazzo Mezzanotte – Sala parterre
Sono una minoranza (il 38%) gli Italiani disposti a sacrificarsi per sostenere il rilancio del Paese. I sacrifici più duri da accettare sarebbero quelli relativi al welfare, all’aumento dell’età pensionabile e al peggioramento delle condizioni di lavoro, sia in termini di contratto, che di salario. In generale, viene preferita una riduzione di tasse su imprese e lavoro a fronte di un aumento di quelle su consumi e ricchezza patrimoniale. E anche l’ipotesi dell’Iva al 25% risulta più digeribile, sempre a patto che l’imposizione fiscale sul lavoro e sulle attività produttive venga mitigata. Quanto al grado di fiducia, il suo livello resta stabile: a ottobre si è attestato a 3,45 punti, contro i 3,54 del mese precedente. Sul tema del risparmio, negli ultimi 30 giorni si registra un calo della propensione, con il 14,2% degli Italiani che si dice pronto ad aumentare la quota di risorse messe da parte, contro il 15,5 di settembre.
In presenza di un contesto economico divenuto estremamente complesso l’Ocse già
prima dello scoppio della crisi dei mutui subprima suggeriva di introdurre
l’educazione finanziaria nei programmi scolastici. Solo dopo il 2007 tuttavia
l’esigenza di dotare le giovani generazioni di un bagaglio utile in campo finanziario ha
spinto molti paesi ad adottare programmi di educazione specifici. A metà 2014 erano
circa 50 i governi che avevano intrapreso programmi di educazione finanziaria o che
avevano in progetto di avviarne
Settore auto: un andamento a più velocità
Il settore automotiv e a livello globale sembra essere tornato su valori di crescita interessanti. I dati sulla produzione di nuovi veicoli evidenziano un incremento del 4% nel 2013 che potrebbe confermarsi anche per il 2014. Gli Stati Uniti nel 2013 sono tornati ai livelli produttivi pre-crisi. Il mercato europeo, pur avendo registrato nei primi nove mesi del 2014 un incremento del 5,8% delle immatricolazioni, rimane 25 punti percentuali sotto il livello del 2007 con ampie differenze tra i paesi. Ponendo pari a 100 le auto immatricolate nel 2007, la Germania nel 2013 ha raggiunto quota 92, il Regno Unito 91, la Spagna 75, la Francia 58; l’Italia si è fermata a 52.
E’ l’immigrazione la grande preoccupazione delle famiglie Italiane. Una su due, la ritiene la criticità più rilevante: le notizie che da mesi arrivano dal Canale di Sicilia angosciano in profondità il Paese, per i loro drammatici risvolti umanitari. Sul fronte interno, il 44% degli Italiani nei prossimi 12 mesi si aspetta che vengano approvate le riforme di cui tanto si è discusso: da quella del lavoro a quella della pubblica amministrazione; da quella della giustizia a quella della scuola. Per quanto riguarda il grado di fiducia, il dato resta stabile sui valori dei mesi precedenti: 3,54 punti, contro i 3,53 di agosto e i 3,55 di luglio.
Risale la propensione al risparmio: il 15,5 degli italiani lo aumenterà nei prossimi 12 mesi. A settembre, si era impegnato in questa direzione il 13,1.
Le famiglie italiane spenderanno in media 710 € per l’istruzione dei figli, circa 10 € in più rispetto allo scorso anno. E il 5% di queste dovrà ricorrere a un prestito per farvi fronte.
Il risparmio gestito nel corso del 2014 ha continuato ad evidenziare una dinamica di sviluppo molto positiva. Il patrimonio a luglio ha toccato un nuovo massimo pari a 1.480 mld di euro, un valore dell’11% superiore a quello di dicembre 2013. Nei primi sette mesi del 2014 la raccolta netta ha raggiunto i 75,7 miliardi, un valore superiore a quello relativo all'intero 2013 (62 mld di euro) che già costituiva il miglior risultato dal 1999. Nel 2014 sono stati i fondi comuni a trainare la raccolta del risparmio gestito.
In controtendenza rispetto al calo di oltre venti punti percentuali segnato dal totale della
manifattura, la produzione italiana di birra supera oggi di tre punti percentuali i
volumi ante-crisi. Allo stesso modo, le esportazioni italiane di birra sono oggi oltre il
doppio di quelle di sette anni fa. Pur avendo un peso assai limitato sull’economia
nazionale, la performance del comparto brassicolo italiano offre spunti interessanti di
riflessione sulle leve per svilupparsi anche in tempi di crisi: innovazione, investimenti,
domanda interna.
Un Mese di Borsa è il magazine di BNP Paribas – BNL che contiene approfondimenti sui mercati, accurate analisi dei sottostanti, interviste esclusive ad economisti.
Il generale rallentamento del credito che si protrae da tempo nell’area euro ha interessato i prestiti ipotecari in misura più contenuta rispetto alle altre tipologie di finanziamenti alle famiglie. A giugno scorso solo in Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro e Lettonia si rileva una contrazione superiore al 3%.
Negli Stati Uniti la ripresa delle quotazioni immobiliari e delle compravendite non ha determinato una sostanziale ripresa dei mutui ipotecari. Ai fattori congiunturali, quali il rialzo dei tassi di interesse e le sfavorevoli condizioni climatiche dello scorso inverno, si aggiungono anche fattori strutturali. Tra questi, di particolare importanza quello demografico: i figli dei baby boomers, i cosiddetti Millennials, hanno allungato i tempi di uscita dalla famiglia di origine e le incertezze legate all’inserimento nel mondo del lavoro e della costanza di reddito frenano i potenziali acquirenti.
In Italia si scorgono segnali di miglioramento del credito ipotecario dal punto di vista sia della domanda sia dell’offerta. Nel primo trimestre le erogazioni per mutui alle famiglie sono aumentate dell’8,4% a/a. Nel confronto con gli anni pre-crisi emerge una crescita dei nuclei indebitati nelle fasce meno a rischio, fattore che, insieme ai provvedimenti per la sospensione del pagamento delle rate per le famiglie più disagiate, ha determinato il contenimento dei prestiti ipotecari deteriorati.
Nei mesi di maggio e di giugno l’attenzione degli investitori è stata catalizzata dalle vicende europee: le elezioni, ma soprattutto le mosse della Banca centrale europea (BCE). Nell’attesa riunione di giugno l’Eurotower è entrata in azione su più fronti: oltre a tagliare i tassi sono state annunciate una serie di misure per contenere il rischio deflazione e dare slancio alla ripresa della zona euro. E un contesto di tassi ai minimi storici ha favorito l’azionario, in particolare il settore bancario.
L’azione della Bce ha inoltre influenzato indirettamente il mercato obbligazionario: i titoli di Stato dei Paesi periferici dell’Eurozona, come Italia e Spagna, hanno aggiornato i minimi storici dei rendimenti offerti. Eurozona a parte, sul fronte geopolitico nel mese di giugno sono tornate ad accendersi le tensioni tra Russia e Ucraina sul prezzo del gas, e quelle in Iraq (secondo produttore di greggio all’interno dell’Opec). I timori legati alla possibile crisi irachena hanno spinto al rialzo le quotazioni del Petrolio.
Il 2013 ha segnato un recupero dei flussi mondiali di investimenti diretti esteri: gli IDE in entrata a livello mondiale sono cresciuti del 9% a/a, di 1,45 trilioni di dollari, portando lo stock a 25,5 trilioni di dollari. L’aumento dei flussi in entrata ha riguardato tutte le principali aree del pianeta compresa l’Europa, grazie al recupero di Germania, Italia e soprattutto Spagna.
Nel 2013 i titoli obbligazionari detenuti direttamente dalle famiglie ammontano al 16% delle attività finanziarie totali, un valore molto elevato se confrontato con quello di Germania (4,2%), Francia (1,4%) e Spagna (1,1%). Considerando anche le obbligazioni detenute in modo indiretto attraverso investimenti assicurativi, previdenziali e di risparmio gestito, il peso delle obbligazioni sale a circa il 39% delle attività finanziarie.
Si tratta per la quasi totalità di titoli pubblici, bancari o emessi da società di grandi dimensioni. Le Pmi si finanziano invece quasi esclusivamente attraverso il canale del credito bancario. Un canale di apertura delle Pmi alla raccolta di capitale obbligazionario è costituito dai mini bond , introdotti dal decreto Sviluppo del governo Monti, che offrono l’opportunità di ottenere finanziamenti a tasso fisso o variabile con scadenze superiori ai 36 mesi. Tra novembre 2012 e giugno 2014 sono stati emessi mini bond per un importo di 5,7 miliardi da parte di 36 imprese non finanziarie italiane.
1. 33
16 ottobre
2014
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
giovanni.ajassa@bnlmail.com
Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.
Negli anni più recenti le imprese di maggiore dimensione hanno fortemente accentuato la propensione a detenere riserve di liquidità. Per l’intensità raggiunta questa propensione alla liquidità viene indicata tra i fattori corresponsabili (e non in misura marginale) della sterilizzazione degli stimoli monetari adottati dalle autorità dei principali paesi per favorire una più rapida uscita dalla crisi.
Nel 2000 le riserve liquide delle società non finanziarie venivano stimate a livello globale a circa $1.200 mld, importo salito nel 2008 al di sopra dei $2.000 mld. Negli anni successivi la crescita accelera sensibilmente (+ 12% circa in media annua). In termini assoluti tra fine 2008 e fine 2013 aumentano di circa $1.500 mld, portandosi oltre i $3.500 mld. Alcune circostanze spingono a ritenere che la dimensione e forse anche la dinamica del fenomeno potrebbero essere maggiori.
Questa più forte propensione alla liquidità ha una diffusione globale ma è riconducibile in ampia misura alle società statunitensi; si concentra in un ristretto numero di imprese e si accompagna con un indebolimento della propensione ad investire.
Liquidità finanziaria delle imprese
(mld $ S&P Global 1200)
0500100015002000250030003500400020002001200220032004200520062007200820092010201120122013
Fonte: Deloitte Review, The cash paradox, n. 15, 2014
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16 ottobre 2014
La ripresa economica frenata (anche) dall’accumulazione di liquidità da parte delle grandi imprese?
S. Carletti 06-47028440 – silvano.carletti@bnlmail.com
Il Fondo Monetario Internazionale ha di nuovo sottolineato la fragilità dello scenario globale. La congiuntura economica offre comunque anche indicazioni di segno favorevole. Tra esse, la ripresa degli investimenti non residenziali negli Stati Uniti; la più intensa dinamica dell’attività di fusione e acquisizione.
Oltre che per la loro importanza intrinseca, l’interesse per questi due fenomeni deriva dal legame che essi hanno con la propensione delle grandi imprese a detenere ampie riserve di liquidità. Per l’intensità raggiunta questa propensione alla liquidità viene indicata tra i fattori corresponsabili (e non in misura marginale) della sterilizzazione degli stimoli monetari adottati dalle autorità dei principali paesi per favorire una più rapida uscita dalla crisi.
Secondo una recente ricerca, infatti, nel 2000 le riserve liquide delle società non finanziarie ammontavano a livello globale a circa $1.200 mld, importo salito nel 2008 al di sopra dei $2.000 mld, con un incremento annuo quindi inferiore al 7%. Negli anni successivi la crescita accelera sensibilmente arrivando a sfiorare in media annua il 12%. In termini assoluti tra fine 2008 e fine 2013 le riserve liquide delle imprese aumentano di circa $1.500 mld, portandosi oltre i $3.500 mld. Alcune circostanze spingono a ritenere che la dimensione globale e forse anche la dinamica del fenomeno siano superiori a quanto appena indicato.
Il fenomeno ha una diffusione globale ma è riconducibile in ampia misura alle imprese statunitensi. Il settore di attività di gran lunga più importante è quello individuato con l’acronimo TMT (Technology, Media & Telecommunication). Il fenomeno si concentra in un ristretto numero di imprese e si accompagna con un indebolimento della propensione ad investire.
Qualche indicazione dallo scenario economico globale
Lo scenario economico globale continua a presentarsi fragile. Secondo il recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale, la crescita mondiale dovrebbe fermarsi al 3,3% nel 2014 e salire al 3,8% nel 2015. Dopo un primo semestre ancora al di sotto del 3%, l’economia mondiale sembra aver accelerato sensibilmente nel semestre in corso (stima +3,7%), progresso che si ritiene possa essere consolidato nel 2015. La revisione rispetto a quanto ipotizzato sei mesi fa (-0,3 e +0,1 punti percentuali nel 2014 e 2015, rispettivamente) è dovuta in larga parte alle economie emergenti (-0,5 e -0,3 punti percentuali). Il trend di crescita di lungo termine sperimentato prima della crisi finanziaria internazionale (dal 1996 al 2007) appare ancora un riferimento lontano per la maggior parte dei paesi1.
L’area euro rappresenta una delle aree di maggiore debolezza dello scenario. Nel 2014 la crescita dovrebbe fermarsi allo 0,8% e tornare sopra l’1% solo nell’anno successivo, certamente meglio del negativo biennio 2012-13 ma comunque lontano da qualunque ipotesi di sostenuta ripresa. Inoltre, il rischio di una revisione in senso negativo di questa previsione si presenta consistente: viene stimata al 40% la probabilità di una nuova recessione (sarebbe la terza dal 2007) e al 30% quella di una deflazione (due trimestri consecutivi di variazione negativa dei prezzi).
1 Il tasso medio annuo di crescita nel periodo 1996-2007 è pari a 4,2% a livello globale, a 2,8% per i paesi avanzati, a 5,7% per le economie emergenti.
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La congiuntura economica internazionale offre anche qualche indicazione di segno più favorevole. Tra esse è opportuno prenderne in considerazione due: la ripresa degli investimenti non residenziali negli Stati Uniti; la più intensa dinamica dell’attività di fusione e acquisizione. Oltre che per la loro importanza intrinseca, l’interesse per questi due fenomeni deriva dal legame che essi hanno con la forte propensione delle imprese (soprattutto grandi) a detenere liquidità, un’attitudine che per l’intensità raggiunta viene (probabilmente con ragione) indicata tra i fattori che ostacolano in misura significativa il superamento dell’attuale impasse economica.
La crescita economica nel mondo
(var. %)
-4.0-2.00.02.04.06.08.020082009201020112012201320142015mondopaesi avanzatipaesi emergenti
Fonte: Fmi
Gli investimenti non residenziali negli Stati Uniti
Nello scenario di previsione disegnato dal Fmi gli Stati Uniti costituiscono uno dei pochi punti favorevoli. Nella seconda metà dell’anno in corso la crescita dovrebbe posizionarsi al 3% a/a, una dinamica poi confermata nel 2015. Gli investimenti non residenziali sono uno dei principali fattori a supporto di questa accelerazione. Infatti, diversamente da quanto segnalato per molti altri paesi sviluppati, la loro dinamica è da tempo sostenuta: in termini reali, +9,7% t/t annualizzato nel secondo trimestre di quest’anno, +6,8% nella media degli ultimi quattro trimestri. Impianti e macchinari sono le componenti più dinamiche dell’aggregato con una crescita a/a nel trimestre più recente poco al di sotto dell’8%; gli altri investimenti (software, ricerca e sviluppo, etc) si fermano al +4,1%. Il dato più recente conferma un trend in atto da tempo, seppure con intensità discontinua. Orientativamente circa un terzo della crescita registrata nell’ultimo anno dagli Stati Uniti è riconducibile alla dinamica di questi investimenti.
Pur tenuto conto che negli Stati Uniti è notoriamente limitato il contributo del circuito bancario al finanziamento dell’economia, il tono favorevole degli investimenti produttivi trova riscontro nella dinamica dei finanziamenti bancari. Ad agosto, infatti, la consistenza dei prestiti bancari risulta aumentata del 6,2% a/a, conferma di un trend in atto dagli ultimi mesi del 2013. Il dinamismo delle diverse componenti dell’aggregato risulta piuttosto differenziato con l’aumento più consistente (+12,1%) nel caso dei prestiti alle imprese non finanziarie (commercial and industrial loans).
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Crescono le operazioni di fusione e acquisizione
Una seconda indicazione ugualmente promettente per l’evoluzione congiunturale si ricava dal consuntivo a livello globale delle operazioni di fusione e acquisizione. Nei primi nove mesi dell’anno risultavano avviate o perfezionate a livello mondiale operazioni per un controvalore di quasi $2.700 mld, il 60% in più rispetto all’anno precedente e l’ammontare più alto rilevato negli ultimi sei anni. La crescita dell’aggregato ha registrato nel corso dell’anno una progressiva accelerazione, con un controvalore prossimo o superiore al trilione di dollari in ciascuno degli ultimi due trimestri.
Al di là del volume complessivo, l’intensificarsi delle operazioni M&A presenta aspetti di rilievo che è opportuno evidenziare. In primo luogo, dopo un avvio più intenso negli Stati Uniti, il fenomeno si è esteso anche a Europa e Asia. In secondo luogo, il 40% circa delle operazioni è di carattere cross-border: nei primi nove mesi dell’anno le operazioni transfrontaliere hanno superato $1.000 mld, un livello non più raggiunto dal 2008. Nell’ambito di queste operazioni si individuano due filoni. Il primo è alimentato dalle società europee orientate ad accrescere la loro presenza nel mercato americano (operazioni nei primi tre trimestri del 2014 per un totale di $260 mld). Nel loro ambito da evidenziare l’accresciuto interesse delle imprese tedesche (il 60% delle loro operazioni transfrontaliere si è concretizzato negli Stati Uniti, con sette acquisizioni multimiliardarie). Un secondo filone è quello che vede protagoniste le società statunitensi: per eludere alcune novità della normativa fiscale nazionale, alcuni gruppi hanno acquisito società con sede legale fuori dal paese per trasferire loro la funzione di capogruppo. Alcuni tentativi di questo tipo hanno trovato spazio sulla stampa anche perché di importo molto rilevante; nell’insieme però il loro peso nell’aggregato sarebbe contenuto.
Un ultimo aspetto da segnalare è la significativa ripresa delle operazioni di carattere ostile, raddoppiate sotto il profilo numerico (da 19 a 38) e cresciute in misura ben più cospicua in termini di controvalore complessivo (da $8 a oltre 150 mld)2.
È scontato che la possibilità di finanziarsi a condizioni particolarmente convenienti abbia stimolato una maggiore frequenza di operazioni di fusione e acquisizione. Nelle operazioni di importo più rilevante e/o di quelle transfrontaliere si intravede spesso il prevalere di una strategia imprenditoriale, la realizzazione di ipotesi di sviluppo elaborate da tempo. Se questa percezione fosse corretta se ne potrebbe ricavare che per almeno una parte delle imprese il quadro delle aspettative si è modificato in senso favorevole.
Le riserve di liquidità delle imprese
Come già anticipato, al di là del loro rilievo specifico, i due fenomeni appena illustrati sono importanti perché possibile indizio di un rallentamento della crescita (se non addirittura di un ridimensionamento della consistenza) delle ingenti riserve di liquidità evidenziate dai bilanci delle imprese, soprattutto di rilevante dimensione. Oltre alla cassa, in questo aggregato sono inclusi i titoli con scadenza particolarmente ravvicinata e con un rischio emittente praticamente nullo (buoni del tesoro, certificati di deposito, etc).
Le riserve di liquidità delle imprese sono argomento rilevante per la dimensione assoluta raggiunta. La loro intensa crescita nel recente passato le segnala come
2 I dati relativi a questa tipologia di operazioni sono relativi alla sola prima metà dell’anno.
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corresponsabili (e non in misura marginale) della sterilizzazione degli stimoli monetari adottati dalle autorità dei principali paesi per favorire una più rapida uscita dalla crisi.
Tranne che nel caso di qualche realtà nazionale, per lo studio del fenomeno ci si deve riferire ad analisi condotte da istituzioni private, analisi comunque parziali e basate su dati che si fermano al 2013. Una recente ricerca della società di consulenza Deloitte3 ha quantificato il fenomeno assumendo come riferimento le società non finanziarie incluse nell’indice S&P Global 1200. Si tratta di poco meno di mille imprese localizzate in tutte le aree del mondo. Le indicazioni contenute in questo studio sono sostanzialmente in linea con quelle prodotte da precedenti indagini.
Nel 2000 le riserve liquide delle società non finanziarie inserite nell’indice S&P Global 1200 ammontavano a circa $1.200 mld, importo salito nel 2008 al di sopra di $2.000 mld, con una crescita annua quindi inferiore al 7%. Negli anni successivi la crescita accelera sensibilmente arrivando a sfiorare in media annua il 12%. In termini assoluti tra fine 2008 e fine 2013 le riserve liquide di queste società aumentano di circa $1.500 mld, portandosi oltre i $3.500 mld.
Liquidità finanziaria delle imprese
(mld $ S&P Global 1200)
0500100015002000250030003500400020002001200220032004200520062007200820092010201120122013
Fonte: Deloitte Review, The cash paradox, n. 15, 2014
La dimensione globale e forse anche la dinamica del fenomeno sono quasi certamente superiori a quanto appena indicato. Lo prova il caso delle società canadesi che deterrebbero riserve liquide per $630 mld o anche quello della Corea del Sud ove le riserve liquide dei gruppi maggiori si aggirerebbero intorno a $400 mld; in entrambi i casi si tratta di importi ben più rilevanti di quanto evidenziato dalla ricerca della Deloitte. Nell’insieme negli anni post-crisi 2 trilioni di dollari (forse anche di più) sarebbero affluiti alle tesorerie delle grandi imprese (dead money) piuttosto che impiegati per finanziare attività.
Avendo come riferimento l’indagine prima citata, le imprese statunitensi sono quelle che contribuiscono in misura più importante al fenomeno sia sotto il profilo delle consistenze (45% dell’ammontare totale nel 2013) sia sotto il profilo dinamico (nel quinquennio 2008-13 la loro crescita cumulata è di quasi 30 punti percentuali superiore
3 Deloitte Review, The cash paradox, n. 15, 2014
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a quella media delle società dell’indice). I gruppi giapponesi pesano per il 14%; i gruppi europei (francesi, tedeschi e inglesi) contribuiscono complessivamente per il 18%, con un rilievo abbastanza simile. Per le imprese inglesi la crescita è in linea con quella media dell’aggregato, per le imprese tedesche e francesi è invece circa la metà. La crescita delle riserve liquide nel quinquennio 2008-13 è fenomeno quasi assente in Svizzera, mentre è esplosivo in paesi come la Corea del Sud (oltre il 25% l’anno).
Sotto il profilo del settore di attività quello di gran lunga il più importante è individuato con l’acronimo TMT (Technology, Media & Telecommunication). Si sostiene che in questo caso una forte prudenza finanziaria è indotta dalla facile reversibilità dei successi aziendali. Il peso di questo settore (31%) è superiore a quello dell’intero manifatturiero (29%). Nel periodo 2008-13 la crescita annua delle riserve liquide delle imprese TMT è stimata pari al 16%. Al comparto sanitario, energetico e a quello dei prodotti di largo consumo sono attribuite quote comprese tra il 10% e il 16%.
Una circostanza che emerge da tutte le analisi è che queste riserve liquide non sono detenute dalle imprese nella stessa misura. Il 32% delle imprese non finanziarie considerate nell’indice S&P Global 1200 risultano titolari dell’81% delle riserve totali (quasi $2.900 mld), mentre al restante 68% sarebbero attribuibili appena $600 mld. Inoltre, la dinamica di queste due consistenze nel quinquennio 2008-13 risulta piuttosto diversa, con una crescita complessiva del 78% nel primo caso, del 52% nel secondo.
Merita sottolineare che le imprese incluse nei due insiemi hanno mostrato negli anni post-crisi finanziaria una propensione ad investire ben diversa: le prime (quelle che detengono le riserve più ampie) non solo investono meno di quanto da loro evidenziato in precedenza ma riservano alla crescita dell’attività una quota minore di quanto investono; indicazioni di segno opposto per le imprese con minori riserve liquide in bilancio.
Sul mantenimento di più ampie risorse finanziarie liquide da parte delle imprese tutti concordano. L’inizio della fase di intensificazione del fenomeno viene posizionato nel 2008-09 quando il funzionamento dei circuiti finanziari risultò particolarmente alterato. Sorprese e preoccupate da questa evoluzione dei mercati finanziari molte imprese si sono da allora orientate verso una gestione finanziaria decisamente prudente, con un rilevante aumento delle riserve liquide.
Una parte degli osservatori dissente però sul successivo sviluppo del fenomeno ritenendo che su di esso abbia influito in misura importante il comportamento delle società statunitensi con una rilevante presenza all’estero: per evitare una tassazione del 35% dei profitti prodotti all’estero, queste società ne avrebbero evitato il rimpatrio e parallelamente incrementato il loro indebitamento per pagare dividendi, procedere al riacquisto di azioni proprie sul mercato (share buy-back)4, effettuare investimenti in patria, etc. L’accumulo di profitti all’estero e il parallelo incremento dell’esposizione debitoria in patria è stato definito synthetic cash repatriation. Che questo tipo di percorso finanziario abbia avuto una certa diffusione tra le imprese statunitensi è testimoniato da alcuni casi aziendali documentati dalla stampa; molto difficile è invece stabilire quanto parte della crescita delle riserve liquide delle imprese possa essere attribuito a questo tipo di comportamenti.
4 Secondo un recente articolo del Financial Times (15 ottobre 2014) le operazioni di riacquisto di azioni proprie da parte delle imprese americane a partire dal 2009 ammonterebbe $2 trilioni, dei quali $1,6 dal 2011. Dopo un’intensificazione a cavallo tra il 2013-14, il fenomeno avrebbe registrato segnali di indebolimento verso metà 2014. Tra le imprese dell’indice S&P 500, la quota di cash flow assegnata a queste operazioni rispetto al 2002 sarebbe raddoppiata (al 30%) mentre quella impiegata in investimenti sarebbe parallelamente diminuita di oltre 10 punti percentuali (al 40% circa).
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Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
Indice Itraxx Eu Financial
Indice Vix
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Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
I premi al rischio passano da 59 a 61.
L’indice Vix nell’ultima settimana passa da 17 a 26.
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent
(Usd per barile)
Prezzo dell’oro
(Usd l’oncia)
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1.1001.2001.3001.4001.5001.6001.7001.8001.9002.000 gen-11mar-11mag-11lug-11set-11nov-11gen-12mar-12mag-12lug-12set-12nov-12gen-13mar-13mag-13lug-13set-13nov-13gen-14mar-14mag-14lug-14set-14
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ a 1,27. Il petrolio di qualità Brent quota $84 al barile.
Il prezzo dell’oro quota 1.241 dollari l’oncia.
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Borsa italiana: indice Ftse Mib
Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania
(punti base)
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ItaliaSpagnaIrlandaPortogallo050100150200250300350400450gen-14mar-14mag-14lug-14set-14
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Thomson Reuters
Il Ftse Mib nell’ultima settimana scende da 19.645 a 18.305.
I differenziali con il Bund sono pari a 257 pb per il Portogallo, 98 pb per l’Irlanda, 138 pb per la Spagna e 168 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry
Euribor 3 mesi
(val. %)
02.0004.0006.0008.00010.00012.000 gen-08lug-08gen-09lug-09gen-10lug-10gen-11lug-11gen-12lug-12gen-13lug-13gen-14lug-14
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Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana resta sotto quota 1.000.
L’euribor 3m resta sotto lo 0,10%.
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL- Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.