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Scienza delle Finanze                    Visto su: Profland




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            Scienza delle Finanze




                        Autore: Oskare


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                        IL SETTORE PUBBLICO IN UN ECONOMIA MISTA
L’Italia, come gli USA, è un paese ad economia mista,in cui cioè sia il settore pubblico che quello
privato svolgono un ruolo importante nell’economia; in Italia comunque l’intervento dello Stato è
molto più radicato che negli USA e ciò è dovuto a storie politiche ed economiche decisamente
diverse.
Il ruolo economico dello Stato e le opinioni degli economisti su quale esso debba essere,è cambiato
molto nel corso del tempo,e alcune idee centrali del 18° e 19° sec. continuano ad essere importanti
ancora oggi. Tra queste idee ricordiamo quelle di Smith secondo il quale l’economia si regola da sola
grazie alla concorrenza,concetto poi ripreso nella teoria laissez faire di Mill e Senior,e quelle di
Marx secondo il quale lo Stato doveva controllare direttamente la produzione.
Oggi si ritiene che il settore privato giochi un ruolo fondamentale nell’economia ma che lo Stato
comunque svolga un ruolo complementare al mercato.
Una importante motivazione all’intervento dello Stato nell’economia risiede nei fallimenti effettivi o
presunti del mercato. La convinzione negli economisti della necessità di un intervento statale
nell’economia prese corpo negli anni 30’ durante la grande crisi anche se oggi si può affermare che
nonostante l’intervento dello Stato abbia migliorato decisamente la situazione dell’economia negli
anni seguenti alla grande crisi,la crisi petrolifera che si verificò negli anni ’70-’80 ha invece messo in
luce i problemi che comunque lo Stato non era riuscito o non può risolvere. In Italia per esempio il
divario tra Nord e Sud non fu ridotto e anzi negli ultimi anni tale divario sembra aumentato
ulteriormente.
Oggi c’è un crescente riconoscimento dei limiti del settore pubblico che derivano principalmente da:
•   informazione incompleta→lo Stato non dispone dell’informazione che sarebbe necessaria per
    fare ciò che vorrebbe;
•   controllo limitato delle reazioni del settore privato→ossia il settore pubblico può controllare in
    modo limitato gli effetti dei suoi programmi sul settore privato;
•   controllo limitato della burocrazia→lo Stato disegna le norme ma poi demanda la loro attuazione
    agli enti pubblici e a volte la regolamentazione emanata da tali enti per il rispetto della legge
    originaria differisce molto dalle effettive intenzioni del legislatore;
•   limitazioni imposte dal processo politico→anche se lo Stato disponesse di un informazione
    perfetta sulle conseguenze di tutti i possibili interventi,il processo politico attraverso cui le
    decisioni su tali interventi vengono prese darebbe comunque difficoltà ulteriori.


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L’identificazione dei limiti dell’intervento pubblico implica che lo Stato debba rivolgere le sue
energie solo a quelle aree in cui le carenze del mercato sono più significative e dove c’è evidente
bisogno dell’intervento pubblico,quindi Stato e settore privato devono lavorare insieme cercando di
rafforzarsi a vicenda.
L’attuale ripensamento del ruolo economico dello Stato si riflette in due fenomeni:
•   deregulation→riduzione del ruolo dello Stato nella regolamentazione economica(ex.eliminazione
    delle regolamentazioni sui prezzi delle linee aeree e dei trasporti merci su lunghe distanze)
•   privatizzazione→si cedono al settore privato attività precedentemente svolte dallo Stato.
Ma cosa distingue le organizzazioni pubbliche da quelle private? Vi sono due importanti differenze:
        1. i responsabili della gestione di enti pubblici sono eletti o nominati da qualcuno che è stato
            eletto
        2. lo Stato è dotato di u potere di imperio che gli enti privati non hanno né possono
            conceder ad altri,per contro però tutte le relazioni tra privati sono libere.
Gli economisti del settore pubblico studiano le scelte allocative tra il settore pubblico e privato e
quelle all’interno del settore pubblico concentrandosi su 4 questioni fondamentali:
•   Cosa produrre→ossia quali risorse complessive del paese devono essere destinate alla
    produzione di beni o servizi pubblici. Questo problema viene illustrato con la curva delle
    possibilità di produzione che indica le diverse quantità dei beni pubblici e privati che è possibile
    produrre in modo efficiente, data la tecnologia e le risorse disponibili
•   Come produrre→ossia in che modo devono essere impiegate le risorse;
•   Per chi produrre→ossia a vantaggio di chi devono andare le politiche pubbliche e per chi devono
    essere prodotti i beni pubblici
•   In che modo vengono prese le decisioni collettive→capire come si formano le scelte collettive e
    riconoscere l’esistenza di opinioni divergenti.


Nell’analizzare ciascuna fondamentale scelta del settore pubblico,si possono distinguere quattro fasi
generali di analisi:
        1. Sapere quali azioni sono intraprese dallo Stato e in che modo sono organizzate
        2. Capire e prevedere le conseguenze di queste attività pubbliche
        3. Valutare politiche alternative
        4. Interpretare il processo politico.


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Riguardo ai punti due e tre,cioè le conseguenze delle attività pubbliche e la valutazione delle
politiche alternative c’è da dire che gli economisti si servono di modelli. La scelta degli aspetti su cui
incentrare la costruzione di un modello dipende dagli obbiettivi dell’analisi. Di solito i modelli si
basano su ipotesi semplificatrici per poi risalire al caso nella sua complessità.
Quando i modelli descrivono come l’economia cambierà o quali effetti produrranno le politiche
diverse si sta facendo un analisi di economia positiva;quando i modelli valutano le politiche
alternative,soppesandone benefici e costi, si sta facendo un analisi di economia normativa.
L’economia normativa si basa su quella positiva,infatti non si possono dare giudizi su una politica se
non si hanno chiare prima le sue conseguenze.
Oggi gli economisti,anche riconducendo uno stesso effetto ad una politica pubblica,hanno spesso
opinioni diverse su quale sia il modello migliore per descrivere la realtà economica; un modello
standard per molti è quello della informazione completa e della concorrenza perfetta(le scelte fatte da
ogni soggetto economico non influenzano assolutamente il mercato),ma la maggior parte degli
economisti ritiene che informazione e concorrenza siano imperfette.
N.B. Risolvere queste differenze di opinione è impossibile, si possono solamente studiare i diversi
modelli.




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                          IL TRADE-OFF TRA EFFICIENZA ED EQUITA’
Si consideri un economia semplice costituita solo da due individui.
Per analizzare le scelte sociali gli economisti utilizzano lo stesso schema utilizzato per individuare le
scelte del consumatore. In questo caso però.
•   il vincolo di bilancio è sostituito dalla curva delle possibili utilità che indica di quanto si deve
    ridurre l’utilità di un individuo se si aumenta quella di un altro;
•   le curve di indifferenza individuali sono sostituite dalle curve di indifferenza sociali che indicano
    di quanto la collettività è disposta a diminuire l’utilità di una persona in cambio di un dato
    incremento dell’utilità di un'altra;.
La curva delle possibili utilità si spiega attraverso la funzione di utilità[U=U(C 1,C2,C3…dove Cn
rappresentano il consumo dei vari beni]:ossia la relazione che c’è tra la quantità di un bene che un
soggetto consuma e l’utilità che ne ricava:l’utilità in più generata da una variazione unitaria nel
consumo del bene è detta utilità marginale. In generale man mano che un individuo consuma una
quantità maggiore di un qualsiasi bene,il beneficio aggiuntivo(utilità marginale)che ottiene
consumendone un’unità in più diviene sempre più piccolo. Tale fenomeno è indicato con
l’espressione utilità marginale decrescente. Analogamente sottraendo un bene ad un soggetto la sua
utilità diminuisce;e man mano che togliamo tale bene,l’utilità aggiuntiva cui egli rinuncia in seguito
ad ogni perdita addizionale di un bene diventa progressivamente più grande. L’utilità marginale
indica l’inclinazione della funzione di utilità. Ciò spiega perchè la curva delle possibili utilità ha tale
forma:




•   SPOSTANDOCI NELLA DIREZIONE DELLA FRECCIA(DA E VS C) VEDIAMO COME L’UTILITA’ DI A AUMENTI AL DIMINUIRE DI
    QUELLA DI B


Un altro fattore che influenza la forma della curva delle possibili utilità è l’efficienza con cui è
possibile trasferire risorse:ossia se i trasferimenti sono costosi o no .



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La    curva    di       indifferenza   sociale   è   invece   descritta   attraverso   la   funzione     di
benessere(W=min(U1,U2,..):ossia il livello di benessere sociale corrispondente a un particolare
insieme di livelli di utilità raggiunti dai membri della collettività;e la curva di indifferenza sociale è
l’insieme delle combinazioni di utilità di individui(o gruppi)diversi che producono lo stesso livello di
benessere per la società:per i quali cioè la funzione di benessere sociali assume lo stesso valore;il
benessere sociale è maggiore su una curva di indifferenza sociale più alta quindi i programmi sociale
devono mirare a questo.




Le curve di indifferenza sociale possono,a seconda delle diverse concezioni,assumere diverse forme:
•    Linea retta,nella concezione utilitarista→all’utilità di un individuo si deve attribuire lo stesso
     peso dato a quello di un altro individuo
•    Curve →le società per compensare la diminuzione di utilità di un soggetto povero
     richiederebbero un incremento maggiore dell’utilità di un ricco(concezione da noi adottata).
•    Forma ad L→nessun incremento del benessere del ricco può compensare una diminuzione del
     benessere del povero,la società migliora solo incrementando il benessere di quest’ultimo.




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N.B. Il punto della curva delle possibili utilità preferito dalla società è quello in cui essa è tangente
alla curva di indifferenza sociale.



In realtà i funzionari pubblici non derivano le curve di indifferenza sociale ne quella delle possibili
utilità,in primo luogo essi cercano di individuare i benefici netti che i diversi gruppi ottengono dalla
realizzazione del progetto. In secondo luogo si accertano se esso determina un miglioramento
paretiano (tutti traggono beneficio dal progetto o comunque non ne traggono un pregiudizio). Se il
progetto non determina n miglioramento paretiano lo Stato dovrà giungere ad un giudizio d’insieme.
A questo riguardo l’approccio più utilizzato fa riferimento a due indicatori:
    •    efficienza→si misura sommando guadagni o perdite
    •    equità→si misura facendo riferimento a una qualche misura complessiva del grado di
         disuguaglianza nella società
Nella maggior parte dei casi un progetto aumenta l’efficienza e diminuisce l’uguaglianza o viceversa
in questo caso ci si trova in presenza di un trade-off.
Ma come si misurano efficienza e disuguaglianza?
Per poter scegliere però bisogna come già detto misurare sia l’efficienza che l’equità.
Il primo problema riguarda la misurazione dei benefici per particolari individui di un determinato
programma pubblico. Il modo standard per farlo è in termini di disponibilità a pagare,quanto un
individuo sarebbe disposto a pagare in più per trovarsi in una certa situazione piuttosto che in
un’altra. Quanto una persona è disposta a pagare non è lo stesso di quanto deve pagare. Ciò che
dovrà pagare dipende dai prezzi di mercato,ciò che è disposta a pagare riflette le sue preferenze. La
disponibilità a pagare coincide con il concetto di utilità marginale e valgono le stesse considerazioni
fatte in precedenza:sono disposto a pagare di più per ottenere un beneficio maggiore;più il beneficio
aumenta e meno è quello che io sono disposto a pagare in più per aumentarlo ulteriormente.




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Attraverso la il concetto di disponibilità a pagare si può costruire una curva di domanda,si tratta però
di una curva di domanda particolare definita curva di domanda compensata:indica la quantità
domandata di un bene nell’ipotesi che al variare del prezzo si sottragga o si aggiunga reddito
all’individuo,in modo da lasciarlo sullo stesso livello di utilità che aveva prima della variazione di
prezzo. Questa curva misura quindi soltanto l’effetto sostituzione(come variano le scelte del bene da
consumare al variare del prezzo di un altro bene) associato al variare del prezzo.
La differenza tra ciò che un individuo è disposto a pagare e ciò che invece deve pagare è il c.d.
surplus del consumatore. Quindi il surplus del consumatore indica quanto un individuo è disposto a
pagare per un programma pubblico oltre a quanto effettivamente deve pagare ecco perché il surplus è
utilizzato per indicare i benefici che un individuo ottiene da un determinato programma.(il surplus
corrisponde all’area sotto la curva di domanda compensata grafico A).
N.B. La somma dei benefici di ogni singolo individuo mi da la disponibilità a pagare della
collettività. Se a tale somma si sottraggono tutti i costi del progetto pubblico si ottiene il valore
dell’efficienza di un progetto.
Per misurare l’inefficienza di un progetto pubblico è utilizzato il concetto di perdita di benessere o
eccesso di pressione:se si considera un’imposta non fissa esso individua la differenza tra il gettito
fiscale che potrebbe essere generato da un’imposta in somma fissa che l’individuo sarebbe disposto a
pagare e quello ottenuto con l’imposta non fissa. Una imposta non fissa infatti origina una perdita di
benessere in quanto induce gli individui a rinunciare al consumo dei beni maggiormente preferiti in
favore del consumo di beni preferiti al fine esclusivo di evitare l’imposta(la perdita di benessere è
misurata dall’area sotto la curva di domanda grafico B).




    •   IL GRAFICO A INDICA I BENEFICI CHE SI OTTENGONO DALLA COSTRUZIONE DI UN PONTE PER CUI NON E’ RICHIESTO
        UN PEDAGGIO
    •   IL GRAFICO B INDICA L’INEFFICIENZA DI UNA IMPOSTA NON FISSA SULLE SIGARETTE RISPETTO A QUELLO DI UNA
        FISSA INFATTI SE IMPOSTA FOSSE FISSA IL CONSUMO AUMENTEREBBE DAL PUNTO B(IMPOSTA NON FISSA) AL C .
    •   IL TRANGOLO ABC DEL GRAFICO B E’ ANCHE DETTO TRIANGOLO DI HARBERG



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Gli effetti di un progetto pubblico oltre che attraverso l’efficienza,possono essere sintetizzati anche
descrivendo l’impatto del progetto su una qualche misura di disuguaglianza(o gruppi sociali ben
identificati). In particolare si considera:
    •   l’indice di povertà,ossia il numero di persone che si trovano al disotto della soglia di povertà
        e si valuta se dopo il progetto tale numero è aumentato.
    •   l’intensità di povertà,ci dice quanto reddito dovremmo trasferire ai poveri per portarli tutti
        sopra la soglia e si valuta se dopo il progetto tale reddito è aumentato.
Una volta misurata l’efficienza è l’equità si deve valutare il trade-off e vi sono 3 approcci diversi:
1)Principio di compensazione:se la disponibilità a pagare aggregata è superiore ai costi del progetto
esso si intraprende. Tale progetto è criticato perché non considera gli aspetti distributivi.
2)Trade-off tra gli indicatori:ossia si considera sia un indicatore di efficienza(benefici) che di
disuguaglianza e si valuta il progetto considerando se l’incremento di efficienza vale l’incremento di
disuguaglianza o viceversa. Tali indicatori però sono sintetici e non racchiudono informazioni
dettagliate.
3)Approccio dei benefici ponderati:ossia si sceglie il progetto che da un beneficio netto aggregato
positivo,e se il beneficio è positivo solo per i poveri significa che il progetto fa aumentare sia
l’efficienza che l’equità. Di solito in tal caso la valutazione viene fatta dopo che si è attribuito un
peso ai guadagni netti dei diversi gruppi sociali. Dando un peso maggiore agli effetti sulle classi
sociale meno abbienti. L’utilizzo dei pesi distributivi si basa su tre ipotesi:
    •   utilità marginale decrescente
    •   individui diversi hanno la stessa relazione tra reddito ed utilità
    •   società è interessata all’utilità totale




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                   BENI PUBBLICI E PRIVATI FORNITI DAL SETTORE PUBBLICO
I beni pubblici sono i beni forniti dallo Stato e se sono puri presentano contemporaneamente due
caratteristiche:
    •   non rivalità→ossia il consumo di una persona no ne va ad impedire l’uso da parte di
        un’altra,quindi il costo marginale del godimento di un bene da parte di un soggetto
        addizionale è nullo.
    •   non escludibilità→non è possibile escludere nessuno dai benefici del bene e quindi tali beni
        devono essere forniti gratuitamente.


I beni pubblici puri sono rarissimi(difesa nazionale)infatti la maggior parte dei beni forniti dal settore
pubblico sono escludibili ma a sua volta l’esclusione non è desiderabile infatti:
    1. far pagare un prezzo per il consumo di un bene pubblico implica un minor consumo dello
        stesso da parte di chi non può permetterselo causando un sottoconsumo e perciò una
        inefficienza.
    2. se un bene è non escludibile e non rivale non si ha incentivo a produrlo e quindi l’offerta di
        tale bene sarà insufficiente causando una inefficienza del mercato.
Quindi si può dire che esistono sempre due forme di fallimento del mercato associate ai beni
pubblici.


Tuttavia lo Stato a volte realizza l’esclusione dei beni pubblici e lo fa attraverso l’imposizione di
tariffe sul consumo. Le tariffe infatti sono viste come una soluzione equa per aumentare le entrate
poiché coloro che utilizzano di più il bene pagano in misura maggiore. In ogni modo la tariffa causa
un’inefficienza infatti se si fa l’esempio di un ponte a pedaggio:
→ il numero degli attraversamenti sarà sempre minore rispetto a quello che effettivamente ci sarebbe
se il pedaggio non ci fosse o fosse minore. Considerando il caso di un privato,esso costruirebbe il
ponte solo se il pedaggio e il numero degli attraversamenti gli farebbe recuperare i costi sostenuti per
realizzare il ponte,nel caso dello Stato il ponte deve comunque essere costruito ma il pedaggio
causerebbe un minor consumo dello stesso e quindi i costi di costruzione del ponte non verranno mai
coperti e lo Stato dovrà chiedere un finanziamento ad altri ed indebitarsi….
N.B. ogni metodo che limita il consumo di un bene è un sistema di razionamento;le tariffe sono un
sistema di razionamento.


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I beni pubblici ovviamente non possono essere offerti dai privati ma anche se lo fossero si verrebbe a
creare un problema di free-rider→ossia molti soggetti,ritenendo che beneficerà del bene a
prescindere dal pagamento,non pagherà per la fornitura del servizio(un soggetto non pagherà mai per
avere una difesa nazionale in quanto se tale servizio è già pagato da altri ne godrà comunque anche
lui);quindi il free-rider consiste nella riluttanza degli individui a contribuire volontariamente al
finanziamento dei beni pubblici.


Molti beni pubblici non sono puri ma presentano soltanto una delle due caratteristiche in una certa
misura Tali beni sono detti misti e ne è un esempio la protezione contro gli incendi in quanto
l’esclusione è relativamente realizzabile,infatti non pagando non si è protetti dal servizio. Tuttavia la
protezione contro gli incendi è un bene pubblico per il fatto che il costo marginale è prossimo allo
zero in quanto i pompieri nella maggior parte del tempo non sono impegnati e quindi il costo per la
protezione di un individuo aggiuntivo è bassissimo.
I beni pubblici misti sono visti come un esternalità in quanto il consumo aggiuntivo di un soggetto
del bene implica un influenza sul consumo degli altri individui,ma non necessariamente per lo stesso
ammontare.
L’escludibilità di un bene,sia esso pubblico o privato,implica sempre e comunque un costo. I costi
associatati all’esclusione sono detti costi di transazione. E’ il caso per esempio del servizio televisivo
via etere:costi marginali nulli ma escludibilità costosa(segnali criptati).


Vi sono poi beni forniti dal settore pubblico che sono escludibili e che sono rivali,ossia hanno un
elevato costo marginale derivante dal consumo di un individuo addizionale; tali beni sono detti beni
privati forniti dal settore pubblico. Questi beni sono forniti dal settore pubblico perchè presentano
costi di gestione del mercato elevati(imprese ne farebbero un offerta insufficiente)e poi perché la
produzione di tali beni può portare miglioramenti per la collettività. Tali beni privati devono però
essere razionati in quanto se un bene privato è offerto gratuitamente ce ne sarebbe un sovra-
consumo. Per tali beni lo Stato può utilizzare diversi metodi di razionamento oltre alle
tariffe/prezzi/imposte un altro metodo è quello dell’offerta uniforme:fornire a tutti la stessa quantità
del bene (es. l’istruzione è fornita gratis fin ad un livello), il vantaggio di tale metodo è che si




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risparmia in termini di costi di transazione,il limite è che esso non soddisfa i bisogni di tutta la
collettività.
Un terzo sistema di razionamento impiegato comunemente nel settore pubblico sono le code:
piuttosto che chiedere un prezzo per il consumo del bene, si impone di sopportare un costo in termini
di tempo di attesa,le code infatti scoraggerebbero coloro che non hanno bisogno del bene a vantaggio
di chi ne necessita,il vantaggio di tale metodo è che i beni non vengono allocati in base alla ricchezza
dell’individuo, il limite è che criteri di allocazione alternativi non possono essere desiderabili in
quanto il tempo impiegato nelle code è comunque sprecato.


Condizione di efficienza per i beni pubblici:
L’efficienza paretiana richiede che un bene pubblico venga offerto fino al punto in cui la somma dei
saggi marginali di sostituzione sia uguale al saggio marginale di trasformazione.
Il saggio marginale di sostituzione di un bene pubblico indica l’ammontare di un bene privato cui un
individuo è disposto per ottenere un’unità aggiuntiva del bene pubblico.
Il saggio marginale di trasformazione(fisica)indica l’ammontare di bene privato che occorre
impiegare per ottenere un unità aggiuntiva del bene pubblico
L’efficienza richiede quindi che l’ammontare complessivo cui gli individui sono disposti a rinunciare
sia pari all’ammontare cui essi devono rinunciare.
Graficamente la produzione efficiente corrisponde al punto di tangenza tra la curva di domanda
collettiva e la curva di offerta.
La domanda di collettiva si ottiene sommando verticalmente le curve di domanda individuale.
Il vincolo di bilancio di un individuo è dato dalla seguente equazione: C-pG=Y dove Y è il reddito,C
il consumo di beni privati e G il consumo dei beni pubblici. G sua volta varia se viene fatto pagare
un prezzo/imposta sul consumo.
Il livello ottimale di spesa per un individuo è dato dal punto di tangenza tra la curva di indifferenza è
il vincolo di bilancio. Il sms costituisce la pendenza della curva di indifferenza di un individuo. Il
smt costituisce la pendenza del vincolo di bilancio. Nel punto di spesa ottimale sms=smt. Al variare
del prezzo imposta varia anche il vincolo di bilancio e perciò anche i livelli di spesa ottimale e quindi
si può derivare la curva di domanda dell’individuo e quindi quella collettiva. L’offerta di beni
pubblici totale è decisa dallo Stato




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C’è da dire però che un bene pubblico deve essere fornito nella stessa quantità a tutti gli individui e
quindi il lo Stato decide il prezzo/imposta a seconda della capacità di reddito di ciascun individuo. Si
può quindi affermare che il livello efficiente di spesa per beni pubblici dipende dalla distribuzione
totale del reddito. Al variare della distribuzione del reddito varia il livello pareto-efficiente di
consumo dei beni pubblici. Ed in particolare se il livello ottimale di consumo è aumentato significa
che c’è un aumento della distribuzione del reddito e quindi un aumento del consumo implica un
aumento delle imposte.
Si definisce curva della fattibilità la curva che indica,per un dato sistema tributario,il livello massimo
di consumo di beni privati compatibile con ciascun livello di offerta dei beni pubblici.
La quantità di beni privati cui si deve rinunciare per ottenere un unità addizionale di beni pubblici
tenendo conto delle imposte è chiamato saggio marginale di trasformazione economica.


Quindi la condizione di efficienza ora è data dall’uguaglianza del saggio marginale di sostituzione
collettivo e quello collettivo di trasformazione economica.


N.B. L’amministrazione efficiente dello Stato è anche essa stessa un bene pubblico.




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                                       LE SCELTE PUBBLICHE
Le decisioni collettive,come quelle per determinare il livello dei beni pubblici,differiscono dalle
decisioni normali prese nell’ambito di una famiglia,per due motivi principali. In primo luogo esiste
un problema di indurre la rivelazione delle preferenze infatti se ciò che gli individui devono pagare
dipende dalle loro dichiarazioni,essi presumibilmente tenderanno a sottorappresentare le loro vere
preferenze. Se invece ciò che devono pagare non dipende dalle loro dichiarazioni,essi tenderanno a
sovra-rappresentare le loro vere preferenze. In secondo luogo c’è un problema di risoluzione delle
differenti preferenze individuali. Le differenze tra gli individui possono dipendere da tre motivi:
    1. differenze nei gusti
    2. differenze nel reddito
    3. differenze nelle imposte da pagare.
Generalmente individui con reddito più alto spendono di più in beni pubblici. Ma più è alta la
richiesta allo Stato di tali beni da parte dei più abbienti tanto maggiore saranno le imposte per essi.
Il prezzo-imposta è l’ammontare addizionale che un individuo deve pagare quando la spesa pubblica
aumenta di 1 €.
Il prezzo-imposta moltiplicato per la spesa pubblica totale dà l’imposta totale pagata da un individuo.
Più è alto il prezzo-imposta e maggiore sarà la tassazione per un individuo che quindi anche se ricco
ridurrà il consumo di beni pubblici.
Se si ha un’imposta è uniforme e gli individui sono N il prezzo-imposta è dato dal rapporto 1/N e il
gettito totale d’imposta è G/N²,con un imposta proporzionale ognuno paga la stessa percentuale del
reddito, e in tal caso il prezzo-imposta è dato dal rapporto Y/NŶ dove Y è il reddito dell’individuo e
Ŷ è il reddito medio.
Con un imposta progressiva l’imposta pagata aumenta più che proporzionalmente rispetto al
reddito,con un imposta regressiva aumenta meno che proporzionalmente.
Con un imposta proporzionale i prezzi-imposta sono più alti per i ricchi e più bassi per i poveri,la
quantità di beni pubblici domandata i poveri è comunque bassa in quanto essi hanno un reddito
basso ma tale domanda sarà comunque superiore a quella dei ricchi. Si hanno in tal caso un effetto
reddito e un effetto sostituzione(prezzo-imposta più baso)
Con un imposta uniforme si ha un solo effetto reddito,con un imposta progressiva i poveri hanno un
imposta ancora più bassa del caso in cui fosse proporzionale e sarà ancora maggiore la domanda di
beni pubblici da parte di questi. Per livelli di spesa più elevati,il beneficio marginale della maggiore


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spesa pubblica è inferiore al costo marginale che l’individuo deve sopportare in termini di maggior
imposta da pagare,il contrario accade per livelli di spesa inferiori al livello preferito.
Nel settore pubblico le decisioni sono prese su base collettiva,e ogni volta si deve affrontare il
problema di riconciliare posizioni divergenti. Sono state cercate soluzioni al problema senza mai
riuscirne a trovare una. Nella maggior parte dei casi il problema viene risolto attraverso la
maggioranza semplice. A volte però può non esistere un equilibrio del voto di maggioranza in quanto
si incappa nel c.d. paradosso del voto ossia un ciclo di votazioni ripetuto che non porta mai ad un
risultato definitivi.
Secondo Arrow si riesce sempre a raggiungere una decisione di maggioranza ogni qual volta ci si
trovi di fronte ad un meccanismo politico che presenti contemporaneamente queste 4 caratteristiche:
•   transitività,se la regola mostra che A è preferito a B e B è preferito a C allora A è preferito a C.
•   scelta non dittatoriale,tutti i poteri spettano ad un solo individuo,che però decide in modo
    coerente
•   indipendenza da alternative,irrilevanti. L’esito della votazione è indipendente da alternative
    irrilevanti,per esempio la scelta tra una piscina e da un campo da tennis non deve dipendere dalla
    presenza di una biblioteca.
•   dominio non ristretto,il meccanismo deve funzionare indipendentemente dall’insieme delle
    preferenze e dalla gamma di alternative tra cui si deve scegliere.
Oggi non esiste una regola che soddisfa tutte e 4 le proprietà→teorema dell’impossibilità di Arrow
Una eccezione a tale teorema si ha nel caso di preferenze uni-modali,ossia quando un individuo ha
un profilo delle preferenze con una sola punta. In tal caso si ha sempre un equilibrio di maggioranza
e tale equilibrio riflette le preferenze dell’elettore mediano.
Quando ci si trova di fonte ad una preferenza uni-modale è sempre possibile ordinare gli individuali.
L’individuo mediano è colui che si trova esattamente a metà dell’ordinamento. Le preferenze
riguardanti un singolo bene pubblico sono di solito uni-modali.
Non sono uni-modali se:
•   c’è più di un bene pubblico e la votazione riguarda pacchetti di beni
•   la votazione riguarda un bene privato fornito dal settore pubblico per il quale esiste un alternativa
    privata
•   la votazione riguarda questioni distributive,come la struttura delle aliquote d’imposta sul reddito.




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N.B. In un sistema bipartitico le posizioni dei due partiti tendono a convergere vero quella
dell’elettore mediano.
L’equilibrio del voto a maggioranza non da luogo,in generale,ad un offerta efficiente di beni
pubblici;l’offerta risultante può essere sia eccessiva sia inadeguata.


Oltre al voto di maggioranza si sono cercati sistemi di equilibrio efficienti ed uno di tali sistemi fu
trovato da Lindahl.
L. si è ispirato all’equilibrio del mercato privato. In particolare l’equilibrio di L. corrisponde al
livello di offerta dei beni pubblici per il quale la somma dei prezzi-imposta è uguale al costo
marginale di produzione. Tale equilibrio è efficiente ma comunque rimane il problema che gli
individui non sono incentivati a rivelare sinceramente le proprie preferenze. L’equilibrio di L. esiste
sempre.


In molte elezioni il tasso di partecipazione è basso. In realtà gli economisti trovano difficile capire
perché gli individui votino,dato che il beneficio privato(stante la bassa probabilità che un singolo
voto possa influenzare il risultato finale) tipicamente inferiore al costo privato.
Al contrario i gruppi di interesse spesso esercitano una forte influenza sul processo politico. Essi
possono esercitare potere in 3 modi:
•   rendono disponibili informazioni e quindi non implicano la ricerca per gli individui votanti delle
    stesse
•   danno informazioni anche ai politici sulle preferenze degli elettori del loro collegio
•   meccanismo di corruzione diretta ed indiretta dei politici.
Tuttavia si può anche pensare che esistano politici non egoisti,disinteressanti alle proprie preferenze




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                           PRODUZIONE PUBBLICA E BUROCRAZIA
In Italia il settore pubblico svolge ancora un ruolo molto importante in numerosi settori della
produzione,sebbene negli ultimi anni si sia avuto un progressivo processo di privatizzazione di molte
imprese di proprietà pubblica. I fallimenti del mercato forniscono una giustificazione per l’intervento
pubblico,ma di per se non giustificano la produzione di beni privati da parte del settore pubblico.
Una delle ragioni principali della produzione pubblica dei beni privati è la mancanza di concorrenza
che si ha nel caso di monopolio naturale→essi sono industrie in cui il costo medio di produzione
diminuisce all’aumentare della quantità prodotta e quindi è efficiente la presenza di un unico
produttore che garantisce prezzi molto bassi.(es.poste,telecomunicazioni acqua..). L’aggettivo
naturale sta ad indicare che il monopolio è dovuto alla natura del bene in questione: esso deve essere
fondamentale per la comunità.
I monopoli naturali a gestione pubblica operano in corrispondenza del punto di intersezione tra la
curva di domanda e quella del costo medio. Questo punto è detto punto di profitto nullo→esso è
esattamente il punto in cui i monopoli naturali possono operare nell’ipotesi che vi sia concorrenza
potenziale. In tal punto il prezzo del bene è uguale al costo di produzione. Ma ciò comunque non
implica la posizione di monopolio. La posizione di monopolio e data dal fatto che tutti i monopoli
naturali implicano la presenza di costi non recuperabili,costi che un impresa che esce dal mercato
non può recuperare,il che significa che un impresa già presente nel mercato nel caso in cui un
impresa decida di entrare nel mercato non uscirà da esso, proprio a causa di tali costi,ma abbasserà il
prezzo del bene che sarà inferiore a quello di produzione e di conseguenza l’impresa che vuole
entrare non entrerà più in quanto se entrasse dovrebbe attuare dei prezzi che non gli garantiscono un
incentivo all’entrata quindi i costi non recuperabili fungono anche da barriera all’entrata del mercato.
Lo Stato produce i beni in questione in quanto sono fondamentali per la comunità e non può
permettere che un impresa privata controlli da sola un intero settore e che quindi possa sfruttare i
consumatori.
I monopoli naturali possono produrre più beni e i prezzi sono fissati dallo Stato a seconda che la
domanda del bene in questione sia elastica o meno. Nel caso di domanda inelastica il prezzo
maggiore rispetto al costo marginale causa una diminuzione del consumo del bene tale diminuzione è
però minore rispetto a quella che si avrebbe se la domanda è elastica;quindi lo Stato per rimanere in
equilibrio deve cercare un prezzo tale da rendere la diminuzione del consumo dei beni causata




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dall’aumento del prezzo uguali per tutti i tipi di bene ciò significa aumentare il prezzo dei beni con
domanda inelastica e diminuire quello dei beni con domanda elastica.


Lo Stato in casi di monopolio naturale può dunque comportarsi in questi modi:
    •   produrre in prima persona il bene
    •   attuare una regolamentazione della produzione privata ed utilizzare dei sussidi per
        incoraggiare le imprese private a produrre il bene che altrimenti non avrebbe prodotto perché
        non profittevole.


Per regolamentazione si intende un insieme di norme di condotta che garantiscano a tutti i
consumatori l’accesso ad un determinato bene prodotto in regime di monopolio naturale da un
impresa privata.
Secondo alcuni il rimedio della regolamentazione e sussidi dia 3 vantaggi rispetto alla produzione
pubblica:
    •   consente un politica più coerente ed efficiente
    •   consente una stima più chiara dei costi associati al perseguimento di un dato obbiettivo
    •   un impresa privata anche se regolamentata ha maggiori incentivi all’efficienza.
La regolamentazione ed i sussidi hanno comunque anche degli svantaggi:
    •   elevati costi amministrativi
    •   quasi sempre gli schemi regolatori danno origine a distorsioni(es investimenti eccessivi o
        distorsione nelle scelte di investimento)


Esiste una certa evidenza empirica ,per quanto limitata,di una minore efficienza del settore pubblico
rispetto alle imprese private,nell’offerta di servizi con caratteristiche analoghe.
I motivi che causano una minore efficienza delle imprese pubbliche rispetto alle private si
ricollegano a differenze tra la natura delle organizzazioni          che poi,conseguentemente,causano
differenze anche negli incentivi individuali:
Differenze organizzative:
•   le organizzazioni private massimizzano i profitti,quelle pubbliche possono perseguire anche altri
    obbiettivi



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•   le imprese pubbliche devono fronteggiare una concorrenza limitata e spesso hanno un vincolo di
    bilancio soffice:in alcuni paesi le imprese pubbliche possono non preoccuparsi delle perdite in
    quanto per esse non esiste fallimento e le perdite vengono ripianate nel bilancio pubblico
•   mancanza di concorrenza
•   le società pubbliche hanno più vincoli di quelle private nella politica del personale e degli
    acquisti in tal caso si parla di restrizioni:
        1. Restrizioni nelle politiche del personale→sono create per evitare che i dipendenti pubblici
            abusino della loro posizione e potere a scapito dei contribuenti. Tali restrizioni sono
            imposte dalle regole sul pubblico impiego.
        2. Restrizioni nelle politiche degli acquisti→sono state create procedure per evitare abusi
            negli acquisti e di raggiri nei confronti dello Stato.


N.B. Burocrazia:insieme dei dipendenti pubblici e delle regole procedurali che essi devono sostenere
nello svolgere la loro attività


Differenze di incentivi individuali:
•   il dipendente pubblico non può essere licenziato e non ha premi per i buoni risultati conseguiti
    quindi non è stimolato ad essere efficiente.
•   la retribuzione del dipendente pubblico non è legata ai risultati ma alla promozione che invece si
    ottiene con i buoni risultati;per evitare che vengano notati i suoi errori quindi la burocrazia si
    affida ad una serie di procedure e di controlli,ecco perché si dice che i burocrati sono avversi al
    rischio e i dipendenti privati invece no.
•   gli incentivi dei dipendenti pubblici sono quindi di solito di tipo politico:i burocrati spesso
    mirano a massimizzare la dimensione del loro ente.


Al tempo stesso le organizzazioni pubbliche e quelle private devono entrambe affrontare il problema
noto come quello del principale-agente:come garantire che i propri dipendenti agiscano negli
interessi dell’organizzazione o,in senso più ampio che i manager e i lavoratori delle imprese seguano
comportamenti coerenti con gli interessi degli azionisti e che i dipendenti pubblici (agenti)agiscano
secondo modalità coerenti con gli interessi dei cittadini(principale).




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Vi è un certo numero di forme organizzative che si collocano in una posizione intermedia tra i
tradizionali enti pubblici e quelli privati quali sono per esempio le società per azioni di proprietà
pubblica e varie forme di agenzie pubbliche. Queste società come le normali imprese private
traggono le loro entrate dalla vendita dei beni e servizi che producono. La cosa più importante però è
che esse non sono soggette alla maggior parte delle restrizioni imposte agli enti pubblici:esse
operano in modo molto simile alle imprese private.
Generalmente un impresa pubblica prima di essere privatizzata passa attraverso la fase intermedia
della trasformazione in società per azioni. In tale periodo si hanno i maggiori guadagni in termini di
efficienza perché:
    •   si possono misurare i risultati
    •   si possono affrontare in modo soddisfacente le questioni di interesse pubblico
Comunque non tutte le imprese pubbliche possono essere privatizzate in quanto ci sono obbiettivi
pubblici che non possono essere conseguiti adeguatamente dai privati neanche attraverso una
regolamentazione e l’obbiettivo futuro sarà appunto quello di capire quali sono i limiti
nell’utilizzazione di tali forme organizzative.




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                                        IL SISTEMA TRIBUTARIO
Le cinque caratteristiche desiderabili per un sistema tributario
Le imposte sono prestazioni in denaro obbligatorie ed è inevitabile che rappresentino una questione
dolente.
La maggior parte delle persone vorrebbe vedere ridotte le proprie imposte, allo stesso modo
s’ingegna a trovare il modo per dimostrare che gli altri dovrebbero pagare di più.
Gli stati, nel decidere quale sia il modo migliore per recepire le entrate necessarie al loro
funzionamento, si ispirano ad alcuni principi generali ed in particolare vi sono 5 caratteristiche
comunemente accettate per un buon sistema tributario:
    •   Efficienza economica (il sistema tributario non dovrebbe essere distorsivo, ma dovrebbe
        essere utilizzato per migliorare l’efficienza economica);
    •   Semplicità amministrativa (il sistema tributario dovrebbe essere semplice e poco costoso
        soprattutto per quanto riguarda i costi d’amministrazione e d’adempimento);
    •   Flessibilità (il sist trib dovrebbe adattarsi con facilità al mutamento delle condizioni
        economiche);
    •   Trasparenza politica (il sist trib dovrebbe essere trasparente, vale a dire fare in modo che i
        contribuenti siano consapevoli delle imposte che pagano e possano valutare se il sistema
        riflette le loro preferenze);
    •   Equità (il sist trib dovrebbe essere equo e in altre parole trattare in modo simile quei soggetti
        che si trovano in condizioni simili e richiedere imposte maggiori a chi può sopportare meglio
        il peso della tassazione).


EFFICIENZA ECONOMICA
Effetti delle imposte sul comportamento individuale e delle imprese
  La maggior parte delle imposte fa cambiare i prezzi relativi e di conseguenza, i segnali forniti dai
  prezzi vengono distorti e l’allocazione delle risorse viene alterata.
  La maggior parte degli effetti delle imposte sull’efficienza sono sottili e difficili da valutare.
  Ad esempio, le imposte possono influenzare le decisioni riguardanti il lavoro, il risparmio,
  l’istruzione e il consumo, gli investimenti delle imprese, lo sfruttamento delle risorse naturali.
  Nel sistema economico, insomma, non c’è decisione importante d’allocazione di risorse che non
  sia influenzata dal sistema tributario.


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Effetti finanziari delle imposte
  A volte, le imposte hanno effetti più sulla forma che sulla sostanza delle transazioni economiche.
  Non fa molta differenza se decido direttamente l’impiego del mio risparmio al fine di assicurarmi
  in futuro un reddito con cui integrare la mia pensione pubblica o se, allo stesso fine, aderisco ad un
  fondo integrativo aziendale.
  Le implicazioni fiscali, invece, possono essere alquanto diverse, inducendomi a risparmiare
  attraverso il fondo piuttosto che direttamente.
  Questi effetti possono avere, a loro volta, effetti sull’economia: è possibile che i gestori dei fondi, a
  causa della tassazione alla quale è soggetta la loro attività, facciano scelte d’investimento diverse
  da quelle che avrebbero fatto i singoli.
Effetti organizzativi delle imposte
  Le imposte influenzano il modo in cui è organizzata la nostra economia e molti degli effetti
  organizzativi hanno conseguenze reali sull’allocazione di risorse.
  Spesso gli effetti organizzativi e quelli finanziari sono interconnessi: il sistema tributario può
  decidere se avvantaggiare le banche rispetto alle altre istituzioni finanziarie e questo può indurre le
  imprese ad aumentare o diminuire il denaro raccolto tramite le banche.
  Studi recenti hanno dimostrato che le imprese che raccolgono fondi tramite le banche presentano
  una minore volatilità negli investimenti. Al contrario, le imprese ce si affidano al mercato dei
  capitali, per raccogliere fondi incontrano maggiori difficoltà.
Effetti d’equilibrio generale
L’introduzione di un’imposta modifica l’equilibrio del sistema economico.
Le ripercussioni che comportano le imposte sono noti come “effetti d’equilibrio generale” ed hanno
importanti conseguenze distributive, a volte nella direzione opposta rispetto all’intendimento della
legge istitutiva dell’imposta.
Effetti d’annuncio e capitalizzazione
L’aggiustamento dell’economia, dopo l’introduzione dell’imposta, non è istantaneo.
Nel breve periodo, le distorsioni sono meno intense che non nel lungo periodo, quando l’economia è
in grado di rispondere in modo più completo alla nuova situazione.
Gli effetti della nuova imposta su un bene patrimoniale possono farsi sentire anche prima della sua
introduzione, cioè al momento del suo annuncio e questo può dar luogo a gravi problemi di equità e
provocare un effetto distorsivo sull’offerta di beni patrimoniali. Ad esempio se nel mercato si forma


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la convinzione che un particolare bene patrimoniale capitalizzato sta per essere assoggettato ad una
maggiore tassazione, questo ha un impatto immediato sul valore di quel bene e sarà il possessore del
bene, al momento dell’annuncio, a sopportare la maggiore imposta.
Imposte distorsive e neutrali
Un’imposta è distorsiva e non neutrale se il soggetto colpito non può far nulla per modificare e
quindi diminuire il suo debito d’imposta e questa è detta “imposta in somma fissa”.
Tutte le imposte utilizzate nei sistemi moderni sono distorsive, tranne quelle capitarie (che tutti
devono pagare -in somma fissa- indipendentemente dalla propria ricchezza.
Qualsiasi imposta sui beni di consumo è distorsiva, modificabile dai consumatori riducendo la
quantità acquistata del bene tassato. Lo stesso vale per le imposte sul reddito, ciascuno può ridurla
semplicemente lavorando meno o risparmiando meno.
Imposte correttive
L’imposizione, a volte, può essere utilizzata in modo positivo per correggere qualche insufficienza
del mercato. Queste imposte procurano gettito e migliorano l’efficienza dell’allocazione delle
risorse.


COSTI AMMINISTRATIVI
Esistono costi diretti e indiretti supportati dai contribuenti.
Questi costi dipendono da una serie di fattori:
    •      il tipo di registrazioni che sarebbero tenute in assenza d’obblighi tributari, infatti, le imprese
           hanno l’obbligo di effettuare registrazioni contabili e nel caso delle grandi imprese, l’avvento
           dei computer ha ridotto notevolmente i costi di mantenimento di tali registrazioni.
All’estremo opposto, molte piccole imprese impiegano collaboratori e trovano molto gravoso
raccogliere e registrare le informazioni.
Particolarmente oneroso è il mantenimento delle registrazioni richieste dalle imposte sui guadagni di
capitali in quanto è necessario conservare le documentazioni per periodi di tempo molto lunghi.
    •      dalla complessità della normativa tributaria o meglio dalle disposizioni contenute in essa.
La differenziazione delle aliquote tra individui o tra categorie di reddito dà origine al trasferimento
del reddito tra i vari componenti, al fine di minimizzare l’imposta totale da pagare.
    •      l’imposizione di alcune categorie di reddito può essere più costosa di quella d’altre categorie.




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Analogamente i costi amministrativi connessi all’aumento delle imposte sulle piccole imprese
possono essere più alti rispetto a quelli che riguardano le grandi imprese.


FLESSIBILITA’
Nel caso di rotture d’imposta, gli aggiustamenti sono facilmente realizzabili, in altri casi richiedono
un ampio dibattito politico ed in altri casi ancora avvengono automaticamente.
Stabilizzazione automatica
Quando ci si trova in una fase di recessione, può essere utile ridurre le entrate fiscali infatti se il
livello dei prezzi si mantiene stabile, una struttura di imposta progressiva consentirà un elevato grado
di stabilizzazione automatica. Quando, durante una fase di recessione, il reddito diminuisce,
l’aliquota media si riduce mentre in periodi di stagflazione (si verificano contemporaneamente
recessione e inflazione), l’aliquota aumenta
Difficoltà politiche di una modifica delle aliquote
Quando si decide per una modifica delle aliquote, questo è spesso fonte di accesi dibattiti politici.
La difficoltà di modificare le aliquote dell’imposta dovrebbe essere confrontata, per esempio, con
quella dell’imposta sulla proprietà.
Velocità d’aggiustamento
Un aspetto importante della flessibilità del sistema economico è la velocità con la quale si effettuano
le modifiche della normativa. Esiste sempre il pericolo che a causa dello sfasamento temporale, le
imposte vengano aumentate quando l’economia necessita di una riduzione dell’imposizione e
viceversa.


RESPONSABILITA’/TRASPARENZA POLITICA
Un principio politico condiviso è che lo Stato non debba approfittare della disinformazione dei
contribuenti ma, anzi, introdurre nuove imposte per le quali risulti chiaro l’onere del pagamento
(imposte trasparenti).
L’impressione è che a volte, lo Stato tenda a nascondere il vero costo dei servizi pubblici o su quali
soggetti esso ricade.
Un sistema d’imposta, per essere politicamente trasparente, deve ance prevedere che le singole
imposte possano essere modificate solo per effetto di nuove leggi, in altre parole, lo Stato dovrebbe
chiedere alla collettività di valutare se il settore pubblico stia spendendo troppo o troppo poco.


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EQUITA’
La maggior parte delle critiche rivolte ai sistemi tributari riguarda la loro equità.
Possiamo parlare di equità orizzontale e verticale.
Parliamo di equità orizzontale quando individui identici sono trattati tutti alla stessa maniera. Questo
principio è tanto importante da essere inserito nella Costituzione, art. 3.
Il principio dell’equità verticale, invece, afferma che se alcuni sono in grado di pagare imposte
superiori rispetto ad altri, dovrebbero farlo. In merito vi sono tre problemi: individuare questi
soggetti, mettere in pratica questo principio e decidere quanto questi soggetti dovrebbero pagare più
degli altri. La decisione viene presa in base a tre criteri: valutare se possiede una maggiore capacità
contributiva, valutare se gode di un più elevato livello di benessere economico e riceve di un
beneficio maggiore dall’attività dello Stato.
Il reddito come base di imposizione
Il reddito è la base più comunemente utilizzata per la tassazione in quanto è visto come un buon
indicatore della capacità contributiva. Più è alto il reddito e più sono alte le tasse che si dovrebbero
pagare.
Fino al ventesimo secolo i governi si sono affidati alle imposte dirette per aumentare le entrate.
Soltanto quando i governi hanno assunto un ruolo economico più ampio, necessitano di un gettito più
ampio, sono ricorsi ad imposte fondate su basi più ampie, in special modo quelle sul reddito.
Economisti e filosofi hanno ampiamente criticato questa imposta fino a farla diventare meno
importante. Ora, infatti, è stata rimpiazzata dall’imposta sul valore aggiunto, concepita per tassare
solo il consumo.
Il consumo come base di imposizione
Una delle argomentazioni più forti contro l’idea che il reddito sia una base corretta per l’imposizione
è che il reddito corrisponde al contributo dell’individuo alla società.
La differenza tra reddito e consumo è costituita dal risparmio;il reddito può essere consumato (Y) e
risparmiato (S): C+S=Y ovvero C=Y-S.
Il reddito percepito nell’arco della vita come base d’imposizione
Il contrasto tra reddito e consumo non è così netto come si può credere. La base di imposizione che
appare più appropriata ora, sarebbe il reddito percepito durante l’arco della vita (somma dei valori
annuali) considerando anche che le entrate future vengono scontate per tener conto del loro minor


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valore. Assumere come base d’imposizione il reddito percepito nell’arco della vita equivale ad
assumere come base d’imposizione il consumo effettuato durante l’intero arco della vita, in quanto il
valore attuale del consumo di un individuo nell’arco della sua vita deve essere uguale al valore
attuale del suo reddito.
Le critiche al reddito come base per l’imposizione
Alcuni ritengono che né reddito né consumo possano costituire una base corretta per l’imposizione in
quanto lo Stato non ha modo di valutare in modo preciso gli insiemi delle opportunità economiche
dei soggetti. Secondo alcuni, i saggi di salario possono costituire un indicatore migliore del reddito
pur se influenzati anch’essi dalle scelte dell’individuo.
In pratica gli Stati utilizzano reddito o consumo come base imponibile, anche se imperfette sia dal
lato della capacità contributiva sia del benessere dell’individuo.
Il principio del beneficio
Alcuni economisti hanno sostenuto che ciascuno dovrebbe contribuire a finanziare lo Stato
proporzionalmente al beneficio che trae dai servizi pubblici ed in alcuni casi il principio del
beneficio viene adottato esplicitamente.
Altri economisti invece, non considerano attraente questo principio per vari motivi: è impossibile
determinare la dimensione del beneficio ricevuto dai singoli, le imposte basato su di esso sarebbero
distorsive ed inoltre si verificherebbe un trade-off tra equità ed efficienza.
Uno schema generale per la scelta tra sistemi impositivi
Tornando ad analizzare l’efficienza possiamo affermare che i sistemi d’imposta sono definiti
efficienti (in senso paretiano) quando hanno al loro interno strutture d’imposta tali che nessuno può
migliorare la propria condizione senza peggiorare quella di qualcun altro. Si cerca di scegliere tra le
strutture d’imposta efficienti, ricorrendo ad una funzione del benessere sociale che indica l’attitudine
della società verso il benessere dei diversi individui.
Gli economisti hanno utilizzato due particolari funzioni del benessere sociale, quella utilitaristica e
quella rawlsiana. Nella prima, il benessere sociale è dato dalla somma delle utilità di tutti i membri
della collettività; nell’altra, il benessere coincide con l’utilità della persona che sta peggio.
Utilitarismo: si tendeva a tassare i ricchi con aliquote più elevate di quelle applicate ai poveri.
Secondo l’utilitarismo, l’imposta dovrebbe essere tale da rendere uguale l’utilità marginale (perdita
di utilità provocate da una diminuzione del reddito) del reddito di tutti i contribuenti.




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Nell’analisi tradizionale si assumeva che il reddito lordo non si sarebbe modificato per effetto delle
imposte, ora il criterio richiede che il rapporto “variazione dell’utilità/variazione del gettito” sia lo
stesso per tutti i contribuenti.
Funzione rwlsiana: Jhon Rawls, invece, credeva ce la collettività dovrebbe preoccuparsi unicamente
del benessere di chi si trova nella peggiore condizione. Lo Stato dovrebbe modellare il sistema
tributario in modo da massimizzare l’utilità di quella persona. L’adozione di questa funzione
porterebbe l’aumento delle aliquote per tutti i membri della collettività (tranne che per la persona più
infelice) fino al punto in cui il gettito raggiunga il suo livello massimo.
I limiti dell’approccio della funz. del benessere sociale
Sebbene la funzione del benessere sociale è considerata estremamente utile nell’analizzare i trade-off
esistenti nelle strutture fiscali, le debolezze fondamentali della capacità contributiva restano.
Se tutti fossero uguali potremmo, secondo l’utilitarismo, sommare le utilità di ciascuno. Ma gli
individui sono diversi e nello scegliere una struttura impositiva dovremmo eguagliare per tutti gli
individui la variazione di utilità e quella di gettito.
Il possibile contributo degli economisti al dibattito sull’equità
Secondo gli economisti, è importante essere in grado di descrivere completamente gli effetti di
un’imposta. Si può tentare di esaminare in che modo i vari gruppi della popolazione siano influenzati
da diverse imposte. I sistemi tributari dovrebbero basarsi su grandezze osservabili, come il reddito e
la spesa. Molte delle apparenti ingiustizie presenti nei sist. trib. sono una conseguenza della difficoltà
di tradurre quelli che sembrano concetti ben definiti, nel linguaggio giuridico richiesto dalle norme
tributarie.




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                        LA TRASLAZIONE E L’INCIDENZA DELLE IMPOSTE
Quando il Parlamento discute l’introduzione di una nuova imposta, affronta anche il problema della
distribuzione del suo onere e di chi debba pagare per finanziare l’attività o il programma cui è
destinata la forma di prelievo in esame. L’onere è il vero costo di un’imposta ed è dato dalla
differenza tra il reddito reale di un individuo prima e dopo l’imposta, e non sempre viene sopportato
da chi materialmente la versa allo Stato.
Gli economisti distinguono tra contribuenti di fatto, su cui grava effettivamente l’imposta, e di
diritto, coloro per cui l’imposta è stabilita e sui quali è prelevata legalmente. Questi si chiedono quale
sia l’incidenza di un’imposta, chi la paga effettivamente e quindi subisce una diminuzione del
proprio reddito reale.
Un’imposta può essere traslata in avanti (sui consumatori) aumentando i prezzi e all’indietro (sul
lavoro) diminuendo i salari. Anche se il legislatore stabilisce che solo parte dei contributi deve
gravare sui lavoratori, questi ne sostengono l’intero onere per mezzo della diminuzione dei salari.


L’INCIDENZA DELLE IMPOSTE NEI MERCATI PERFETTAMENTE CONCORRENZIALI
Non vi è alcuna differenza se a pagare le imposte siano i produttori o i consumatori, l’unica cosa che
conta è la curva di offerta e di domanda del bene.
-Se l’imposta è fatta gravare sull’impresa, è questa a scegliere il livello di produzione per cui il
prezzo uguaglia i costi marginali. Il suo costo di produzione effettivo aumenta di un ammontare pari
alla suddetta imposta e la quantità del bene che sarà disposta ad offrire ad un determinato prezzo p0
sarà inferiore. (grafico10. 1 pag291)
La curve di offerta dell’impresa individua la quantità del bene che questa è disposta ad offrire ad un
determinato prezzo; la curva di offerta dell’intero mercato individua l’ammontare totale che tutte le
imprese sono disposte ad offrire per ciascun livello del prezzo
Quando l’imposta grava sui produttori (grafico 10.2 pag292), la curva di offerta si sposta verso l’alto
di un ammontare pari a quello dell’imposta e il prezzo cresce. I produttori non possono traslare sui
consumatori l’intero costo dell’imposta, perché questo provocherebbe un diminuzione della
domanda, e per evitare questo, aumentano il bene di un importo leggermente inferiore al valore
dell’imposta. Le imprese arrivano a produrre meno, ma più di quanto produrrebbero se i consumatori
non sostenessero parte del costo aggiuntivo.




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- Se il Parlamento stabilisse che devono essere i consumatori a pagare l’intera imposta su un bene di
consumo, in realtà non cambierebbe niente e i produttori non dovrebbero preoccuparsi direttamente
di tale imposta. Gli effetti di un’imposta possono essere visti sia come uno spostamento verso il
basso della curva di domanda esattamente pari al valore dell’imposta, quando consideriamo il prezzo
come ricevuto dal produttore, che uno spostamento verso l’alto della curva di offerta quando lo
consideriamo pagato dal consumatore (grafico 10.3 pag293).
Come è irrilevante se il soggetto che paga l’imposta sia il produttore o il consumatore, similmente,
non fa alcuna differenza se l’imposta è prelevata in una data percentuale del prezzo (ad valorem) o in
ammontare fisso per ciascuna unità di output (imposta specifica). In entrambi i casi, infatti, i
produttori ottengono una percentuale fissa del prezzo pagato dai consumatori e i due effetti, in
corrispondenza dell’equilibrio, sono gli stessi (grafico 10.4 pag296).
Le due imposte spesso differiscono tra loro, in quanto le autorità fiscali non sono in grado di regolare
adeguatamente le imposte specifiche in modo da considerare le differenze nelle qualità dei beni, ma
l’incidenze di una e dell’altra sono equivalenti..
Elasticità della domanda e dell’offerta
La parte dell’imposta sostenuta dai consumatori dipende dalla forma delle curve di dom e di off.
Quando la curva di off è orizzontale o quella di dom è verticale, il P aumenta di un importo pari
all’imposta cosicché è interamente sostenuta dai consumatori (fig10. 5 pag298).
Quando la curva di off è verticale e quella di dom è orizzontale, il P non aumenta e l’imposta è
interamente sopportata dai produttori (fig 10.6 pag 299).
Più in generale, quanto più è inclinata la curva di dom o più è piatta quella di off, tanto più l’imposta
sarà sopportata dai consumatori e viceversa per i produttori.
L’inclinazione delle curve è misurata rispettivamente dall’elasticità della domanda e dell’offerta
La prima indica la variazione del consumo di un bene al variare del prezzo, la seconda indica la
variazione della quantità prodotta al variare del prezzo, entrambe espresse in termini percentuali.
L’elasticità è pari a zero quando abbiamo una curva di domanda o di offerta verticale, dove non si
modificano al variare del prezzo; nel caso di curve orizzontali, parliamo di curve infinitamente
elastiche.
Le imposte sui fattori produttivi (grafici 10.7-10.8)
L’incidenza di un’imposta su un fattore produttivo, ad esempio il lavoro, dipende dall’elasticità della
dom e dell’off di quel fattore. Se l’off di lavoro è inelastica, l’imposta ricadrà maggiormente sui


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lavoratori ed è inoltre dimostrato che la curva è leggermente inclinata negativamente, questo vuol
dire che all’aumentare dei salari diminuisce l’off di lavoro.
L’incidenza di un’imposta su un fattore la cui off è inelastica, è sopportata interamente dal fattore
stesso mentre se l’off è elastica, l’imposta viene completamente traslata.


L’INCIDENZA DELLE IMPOSTE NEI MK NON PERFETTAMENTE CONCORRENZIALI
Se l’industria in questione fosse il monopolio o una simile, l’incidenza dell’imposta sarebbe molto
diversa. In assenza di imposte, il monopolista sceglierà di produrre a un livello tale che il costo di un
aumento ulteriore dell’output sia esattamente uguale al beneficio (max : Cm=Rm). Il monopolista
sceglierà il livello di output corrispondente al punto d’intersezione tra la curva del Cm e quella del
Rm (figura 10.9 pag307). Un’imposta su un bene può essere vista semplicemente come un
incremento del costo di produzione e ciò avrà come effetto una riduzione dell’output e un aumento
del prezzo pagato dai consumatori.
RM = p(1-1/ηd) dove ηd rappresenta l’elasticità costante della domanda rispetto al prezzo;
RM = CM
p(1-1/ηd) = CM
p = CM/(1-1/ηd)
p = (CM+ t)/(1-1/ηd).


Un’altra differenza tra mercati concorrenziali e non concorrenziali è rappresentata dalla scelta tra
imposta specifica e ad valorem, mentre nei mercati concorrenziali la scelta è irrilevante, nel
monopolio gli effetti delle due imposte sono differenti. In un mercato monopolistico, a parità di
gettito, un’imposta ad valorem dà luogo a un livello di produzione maggiore rispetto ad un’imposta
specifica.
Un’altra forma di mercato non concorrenziale è l’oligopolio, qui ciascun produttore interagisce
strategicamente con tutti gli altri. Se uno modifica il prezzo o la quantità prodotta, è possibile che
anche gli altri lo facciano. Nel caso di un aumento delle imposte, tutti aumenteranno i loro prezzi,
traslando l’onere sui consumatori.
Imposte equivalenti




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Sono quelle imposte che all’apparenza sono diverse ma nella realtà sono simili o equivalenti in
quanto la loro incidenza è la stessa (es. imposte pagate dai datori di lavoro e dai lavoratori, imposte
pagate dai consumatori e dai produttori).
Altre imposte che devono essere equivalenti sono l’imposta sul reddito, che colpisce tutti i tipi di
reddito con la stessa aliquota, e quella sul valore aggiunto, applicata a ciascuna fase del processo
produttivo e che grava su tutti i tipi di prodotto con la stessa aliquota.
Ci sono, poi, le imposte sui consumi che sono equivalenti alle imposte sul reddito da lavoro dalla
quale siano esenti i redditi da capitale/lasciti o eredità (fig 10.10 pag312).
Risultano, inoltre, equivalenti le imposte sul consumo e quella sul salario.
Il fatto che due imposte siano tra loro equivalenti non significa che non vi siano effetti nel caso si
passi dall’una all’altra. L’equivalenza implica semplicemente che due imposte producano
esattamente gli stessi effetti nel lungo periodo; nel breve periodo gli effetti connessi alla scelta di
un’imposta piuttosto che dell’altra possono essere sostanzialmente diversi.
Altri fattori che influenzano l’analisi dell’incidenza delle imposte
Bisogna distinguere se l’analisi è fatta in condizioni di equilibrio parziale o generale. Nel primo tipo
di analisi si ipotizza che tutti i prezzi e le remunerazioni dei fattori rimangono costanti, e quindi non
vengono modificati dall’imposta. Nella realtà molte imposte influenzano contemporaneamente molte
industrie e l’analisi dell’impatto di tale imposta richiede un’analisi dell’equilibrio dell’intera
economia, equilibrio generale, e non solo delle industrie su cui grava quell’imposta. In molti casi gli
effetti delle due analisi non coincidono ed anche in questo caso, l’incidenza complessiva di
un’imposta sui redditi dipende dall’elasticità delle curve di dom e off (fig 10.11 pag316).
L’introduzione dell’imposta determina un aumento del costo del capitale nel settore societario, il
prezzo dei prodotti realizzati aumenta e le imprese per produrre utilizzano più lavoro e meno
capitale. Parte dell’imposta viene traslata sui lavoratori e parte sui consumatori.
Da tutto ciò emerge che:
    1. le società, in quanto tali, non sopportano l’onere delle imposte, poiché sono le persone a
        farlo.
    2. a causa degli effetti dell’equilibrio generale, l’impatto delle imposte sulle società non si
        esaurisce all’interno del settore societario ma investe l’intera economia.
    3. gli effetti possono variare         seconda che del periodo dell’analisi e della struttura
        dell’economia.


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Una distinzione analoga va fatta tra l’incidenza dell’imposta nel breve e nel lungo periodo.
Nel breve, molte cose che nel lungo possono variare sono date. Il capitale utilizzato oggi in una data
industria non può essere trasferito ad un’altra, nel lungo invece è sempre possibile in dirizzare i
propri investimenti. L’effetto della tassazione del risparmio può essere minimo nel breve periodo
mentre può scoraggiare il risparmio nel lungo periodo e provocare la diminuzione della domanda di
lavoro, il che porterà ad un abbassamento dei salari. Da ciò deriva che l’incidenza di lungo periodo
sul risparmio ricada sui lavoratori.
Altro fattore di notevole importanza è l’apertura dell’economia. Se un economia è aperta, la curva di
offerta risulta infinitamente elastica.
 L’ultimo aspetto riguarda le politiche d’intervento dello Stato. Esiste un particolare vincolo di
bilancio che dice che “entrate + disavanzo = spese pubbliche”. Se lo Stato aumenta un’aliquota
d’imposta ne dovrà ridurre un’altra (analisi dell’incidenza differenziale delle imposte) oppure ridurre
l’indebitamento oppure aumentare la spesa (analisi dell’incidenza delle imposte con bilancio a
pareggio). Quando si ritiene che altri strumenti possano essere utilizzati per controbilanciare gli
effetti indiretti, si può considerare un’insieme di politiche tali da lasciare immutata l’accumulazione
di capitale: analisi dell’incidenza a parità di crescita.


Gli studi empirici, volti a stimare la distribuzione del carico tributario, mostrano che il grado di
progressività del sistema dipende in modo cruciale dalle ipotesi in merito all’incidenza delle singole
imposte. Sotto un particolare gruppo di ipotesi, l’attuale sistema tributario degli Stati Uniti presenta
un certo grado di progressività, sebbene inferiore rispetto a quanto non appaia “sulla carta”.




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                              IMPOSTE ED EFFICIENZA ECONOMICA
Tutte le imposte hanno un effetto sul comportamento economico.
Poiché trasferiscono risorse dagli individui allo Stato, i primi devono modificare i loro
comportamenti. Un aumento delle imposte fa necessariamente diminuire il benessere dei contribuenti
ed è la politica tributaria che si prefigge di scegliere la struttura impositiva che renda minima la
perdita di quel benessere.
    •   L’effetto di imposte sopportate dai consumatori
Il consumatore dispone di un reddito e può scegliere tra due beni. Se viene introdotta un’imposta su
un bene ed, in questo caso, il prezzo è interamente pagato dal consumatore, il bene risulta più costoso
e quindi ne acquisterà meno rispetto a prima (fig. 11.11 pag334).
L’introduzione di un’imposta su un bene di consumo causa l’effetto reddito o l’effetto sostituzione.
Effetto reddito: un’imposta causa il peggioramento della situazione economica dell’individuo, in
quanto riduce la quantità di denaro da spendere e questo sarà portato a consumare una quantità
inferiore del bene tassato.
Effetto sostituzione: quando un bene diventa più caro, si tende a sostituirlo con uno meno caro.(fig.
11.2 pag 338).
Abbiamo parlato, in precedenza, delle imposte in somma fissa (imposte che devono pagare tutti,
indipendentemente dai consumi). Quando sono presenti queste imposte, il VB cambia:
spese per il consumo dei beni = reddito –imposta in somma fissa.
La perdita eccessiva di benessere (fig. 11.4 pag 339) è detta eccesso di pressione e tra le cause
troviamo aliquote d’imposta elevate o l’aumentare dell’elasticità delle curve di dom compensata.
Altrettanto importante è il gettito fiscale ottenuto da un’imposta a somma fissa piuttosto che da
un’imposta su un qualsiasi bene di consumo e la differenza di gettito ottenuto dallo Stato rappresenta
la misura della perdita di benessere generata da un’imposta.
    •   Effetti di imposte sopportate dai produttori
In realtà l’onere di un’eventuale imposta è parzialmente sopportato dai produttori. Si ha, in tal caso,
un eccesso di pressione sui produttori (con l’eccezione del caso in cui la curva di off sia è verticale e
quindi l’elasticità è pari a zero). Anche in questo caso, l’eccesso di pressione è dato dalla differenza
del gettito di un’imposta fissa ed un’imposta applicate su un bene utilizzato nel processo produttivo.




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Se l’impresa non può sostituire quel bene con un altro, l’imposta su questo bene non avrà effetti
diversi da quelli di un’imposta su un bene finale ed in tal caso non si avrebbe nessun eccesso di
pressione
    •   Le imposte sul risparmio
L’allocazione del reddito di un individuo tra consumo nel periodo corrente e nel periodo futuro è un
problema del tutto simile a quello dell’allocazione del reddito tra due beni diversi nello stesso
periodo. Considerando l’effetto di un’imposta sul reddito da interesse (la quale produce un effetto
negativo sul risparmio) ne deriva che l’imposta è distorsiva se spinge il consumatore a sostituire tra
loro consumo corrente e futuro. Si può confrontare l’effetto dell’imposta sugli interessi con quello di
un imposta in somma fissa e ne deriva che questa ultima darebbe un gettito maggiore, in altre parole,
a parità di gettito l’imposta fissa provocherebbe una diminuzione di utilità minore di quella
determinata dall’imposta sugli interessi.
La dimensione della distorsione dipende dall’ampiezza dell’effetto sostituzione, che dipende a sua
volta dal grado di sostituibilità reciproca tra consumo corrente e futuro.
    •   Le imposte sul reddito da lavoro
Come per il risparmio, possiamo modellare l’offerta di lavoro in termini di scelta tra due beni di
consumo. In questo caso i beni sono tempo libero e l’acquisto di beni e servizi ed anche in questo
caso siamo in presenza di effetto reddito ed effetto sostituzione. L’effetto sostituzione spinge
l’individuo a lavorare meno, mentre l’effetto reddito lo spinge a lavorare di più; i due effetti agiscono
in direzioni opposte.
Anche questo tipo d’imposta è distorsiva ed in particolare, lo è finché si ha l’effetto sostituzione.
Le imposte trattate fino ad ora sono tutte proporzionali (se aumenta il consumo del bene tassato,
aumenta anche l’ammontare dei pagamenti dovuti all’imposta) ma non vi rientra, ad esempio,
l’imposta sul reddito individuale.
Negli Stati Uniti si applica il credito d’imposta per redditi da lavoro, è una detrazione effettuata sui
redditi che non superano un certo ammontare. Tale detrazione viene ridotta, o soppressa, quando il
reddito da lavoro supera il limite stabilito. Un esempio è rappresentato da un lavoratore che
percepisce un salario basso e che riceve un sussidio salariale (credito d’imposta) fino ad un certo
livello del salario, e deve invece pagare un’imposta quando i salari superano un determinato livello
(fig 11.14 pag355).




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Per molti individui, gli incentivi a lavorare diminuiscono con l’introduzione di un credito d’imposta,
ma gli incentivi ad entrare a far parte della forza lavoro aumentano. In presenza di un credito
d’imposta per redditi da lavoro, l’individuo che sarebbe stato contento di ricevere il trasferimento
assistenziale, adesso preferisce lavorare. Non meno importante della partecipazione alla forza lavoro,
è il numero delle ore di lavoro, le quali si aggiustano in risposta all’andamento delle forze
economiche. Individui ad alto reddito (fig 11.15).
    •    Imposte sull’offerta di lavoro
Esistono due metodi per studiare questo problema: l’analisi statica dei dati campionari e gli
esperimenti.
La prima analisi utilizza tecniche statistiche per analizzare l’effetto di variazioni dei salari netti.
I dati disponibili riguardano il numero di ore lavorate da individui con salari diversi. Un primo esame
rivela che chi ha un salario più elevato tende a lavorare di più (correlazione tra due variabili
economiche). Con l’introduzione di un’imposta, invece, si verificherebbe una diminuzione dei salari
(inferenza).
Tra i lavoratori esistono numerose differenze, oltre al salario, e le analisi più sofisticate cercano di
tener conto del maggior numero di tali differenze tentando di verificare se risulti effettivamente che
lavorano di più quelli che ricevono un salario più elevato. Dalle varie analisi, però, ne è risultato che
non sono gli individui ad alto reddito ad aumentare l’offerta di lavoro ma bensì quelli con un reddito
inferiore.
Gli esperimenti, invece, sono i sondaggi d’opinione che forniscono stime abbastanza accurate del
voto degli elettori, intervistando soltanto un piccolo campione di popolazione. Un piccolo campione
potrebbe dare un’indicazione affidabile di quale sarebbe la reazione del resto della popolazione
davanti ad una struttura di imposta alternativa.
Ci sono, però, delle limitazioni:
  1. il fenomeno noto come effetto di Hawthorne, presente in tutti i lavori sperimentali che
        coinvolgono esseri umani: chi viene incluso in un esperimento e sa che il suo comportamento è
        oggetto di analisi tende a modificare quel comportamento;
  2. poiché la partecipazione all’esperimento è volontaria, un errore sistematico potrebbe essere
        associato al tipo di persone che si rifiutano di partecipare;
  3. le reazioni individuali di fronte a variazioni di breve periodo dell’ambiente economico
        circostante possono differire da quelle che si verificherebbero se le stesse variazioni fossero di


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      lungo periodo. Da un lato, una modifica temporanea della struttura di imposta fa aumentare il
      reddito dei partecipanti per la durata degli esperimenti, ma ha un effetto più modesto sul loro
      reddito permanente, minore rispetto a quello che avrebbe la stesa modifica se fosse definitiva.
      Dall’altro, spesso l’esperimento implica per i partecipanti una più elevata aliquota marginale di
      imposta, vale a dire una riduzione temporanea del saggio del salario netto che può avere effetti
      diversi rispetto a quelli di una riduzione permanente. Gli individui ridurranno la quantità di
      lavoro più di quanto avrebbero fatto se la diminuzione del salario fosse stata permanente.
E’ possibile che molti tra i partecipanti ad un dato esperimento abbiano un potere discrezionale
limitato sulla scelta del numero di ore di lavoro; se però tutta la popolazione avesse di fronte la
nuova struttura di imposta, potrebbe determinarsi una pressione al cambiamento delle consuetudini
istituzionali al fine di renderle maggiormente conformi alle preferenze individuali.
Il costo elevato e l’ambiguità dei risultati degli esperimenti portati a termine in questi anni hanno
fatto sì che ce ne siano stati pochi altri della stessa entità e con la stessa finalità. E’ stata invece posta
maggiore attenzione nella progettazione dei programmi pilota, in modo da poter effettuare
valutazioni più robuste su ciò che funziona e ciò che deve essere rivisto.




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                                    LA TASSAZIONE OTTIMALE
Una struttura delle imposte è pareto-efficiente quando non esistono strutture d’imposta alternative in
grado di migliorare la situazione di qualche individuo senza peggiorare quella di qualche altro tutte
le imposte non pareto-efficienti sono distorsive. Data una particolare funzione del benessere sociale
la struttura ottimale delle imposte(sistema d’imposta)è la struttura pareto-efficiente che massimizza
quella funzione del benessere sociale.
Se tutti gli individui fossero uguali e fossero considerati allo stesso modo per quanto concerne la
finalità della tassazione,un imposta in somma fissa sarebbe la sola imposta efficiente;tutte le altre
imposte sono distorsive. Ma lo Stato non ha informazioni perfette su tutti gli individui della
collettività ecco perché deve ricorre all’uso delle imposte discorsive. Se avesse informazioni perfette
riuscirebbe a tassare di più chi ha capacità superiori e meno chi è meno abbiente. Un imposta sul
reddito(tipica imposta adottata dallo Stato)per esempio tratta nello stesso modo i meno e i più
abbienti e quindi è necessariamente un imposta distorsiva. L’utilizzo di tale imposte è dovuto alla
necessità di redistribuire il reddito senza avere perfetta informazione.


Le strutture di imposta efficiente vanno a minimizzare le distorsioni.
Se si considera un imposta sul reddito di tipo progressivo non si può far a meno di considerare il
trade-off che ne scaturisce:tanto maggiore è la perdita di benessere,cioè l’inefficienza generata
dall’imposta,tanto più basso è il grado di disuguaglianza.
Gli economisti a riguardo dell’entità di tale trade-off si dividono in:
    •   elasticity optimists,che le distorsioni derivanti da tale tipo di sistema di imposte siano minime
    •   elasticity pessimists,che ritengono invece che le distorsioni siano elevate.


Le imposte progressive provocano una perdita di benessere perché?
Innanzi tutto un imposta è progressiva quando il rapporto tra debito di imposta aumenta
all’aumentare del reddito mentre un imposta è costante quando l’imposta addizionale che un
individuo paga o riceve quando il suo reddito aumenta di un euro è costante.
Si sa che la perdita di benessere aumenta con aliquota d’imposta marginale:l’entità dell’eccesso di
pressione dipende dall’effetto sostituzione e l’entità di quest’ultimo dipende dall’aliquota marginale
d’imposta. Le imposte più progressive hanno aliquote marginali più elevate,e perciò generano una
perdita maggiore di benessere rispetto alle imposte con aliquote costanti inoltre tanto più progressiva


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l’imposta tanto più elevata è la probabilità di avere un offerta di lavoro e un PIL basso il che rende
necessaria una aliquota ancora più alta.
I meno abbienti sono avvantaggiati da un aliquota d’imposta progressiva ma non è detto però che il
valore sociale del benessere ottenuto dai poveri superi il valore sociale delle perdite subite dai ricchi.
Ciò dipende dalla funzione del benessere sociale.
Fino ad ora si è ipotizzato che l’imposta sul reddito non venga traslata:ossia non abbia effetti sul
reddito al lordo dell’imposta stessa anche se comunque molti economisti ritengono che le imposte sul
reddito producano un notevole grado di traslazione.


N.B. Poiché l’imposta progressiva        prevede un trasferimento a favore di chi abbia un reddito
inferiore al livello critico,talvolta la parte della curva di imposta corrispondente a un reddito inferiore
a quello della soglia critica Ŷ viene indicata con l’espressione imposta negativa sul reddito
Accrescere i benefici dei poveri?
Progettare le modalità dei trasferimenti /sussidi ai poveri molto complesso infatti non si ottengono
più traasferimenti solo aumentando le imposte,bisogna progettare anche la fase della graduale perdita
del diritto a seconda dell’aumentare del reddito. Il procedimento di progettazione è detto phaseout.
Si hanno due tipi di phaseout:
    •   rapido,con un elevata aliquota marginale di imposta(si riducono i trasferimenti in forte misura
        per ogni euro in più di reditto)e ciò indebolisce gli incentivi al lavoro
    •   lento,riduce l’effetto disincentivante ma consente anche ad altri individui di beneficiare dei
        trasferimenti,determinando a parità di trasferimenti per i più poveri un aumento della
        tassazione per finanziarli.
Quindi bisogna scegliere il programma che concili l’obbiettivo di rendere selettivi i trasferimenti con
adeguati incentivi al lavoro.


Fino ad ora si è ipotizzato un sistema di imposte con aliquota costante ma la maggior parte degli stati
adoperano una struttura delle imposte sul reddito non lineare. I caratteri fondamentali di un tale
sistema sono:
    •   imporre aliquote medie elevate e aliquote marginali basse per le persone più ricche
    •   fare in modo che il minor numero possibile di persone sia gravato da aliquote marginali
        elevate


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    •   imporre aliquote marginali elevate su coloro per cui l’imposizione è meno distorsiva ossia per
        i poveri..


Ridurre le aliquote marginali di imposte per le classi più abbienti può produrre un miglioramento del
benessere per tale gruppo senza alcuna riduzione del gettito fiscale per lo Stato(fig pag 386).
Lo Stato impone una vasta gamma di imposte su vari beni di consumo in tal caso si parla di imposte
differenziate(es quella sui biglietti aerei).
Alcune di queste imposte sono progettate come imposte:
    •   per il servizio usufruito
    •   correttive
    •   sui beni di lusso.
La regola di Ramsey definisce l’insieme di imposte sui beni che rende minimo l’eccesso di
pressione,dato il gettito. Tale regola è sintetizzata dall’espressione:

                                          t/p=k(1/ndu + 1/ns )
dove:
    •   t è l’imposta per unità di prodotto
    •   p è il prezzo del bene al lordo dell’imposta
    •   ndu l’elasticità della domanda
    •   ns l’elasticità dell’offerta.


Se l’elasticità dell’offerta è infinita,la regola richiede semplicemente che l’imposta sia inversamente
proporzionale all’elasticità compensata della domanda.
Nel semplice caso di indipendenza delle funzioni di domanda e offerta,tanto più elevate sono le
elasticità dell’offerta e della domanda compensata di un bene,tanto più bassa dovrebbero essere le
aliquote su quel bene.
L’opportunità di tassare i beni con aliquote differenti dipende dagli strumenti impositivi a
disposizione dello Stato. Sotto ipotesi ragionevoli si può dimostrare che se lo Stato già utilizza un
imposta ottimale sul reddito non è desiderabile introdurre alcuna imposta sui beni e per gli stessi
motivi,non si dovrebbero tassare gli interessi. Anche nel caso in cui gli strumenti a disposizione dello




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Stato siano limitati a un’imposta sul reddito ad aliquota costante,si può presumere in una certa
misura l’inopportunità di una tassazione differenziata dei beni.


Se il settore privato non realizza profitti(le imprese operano in regime di concorrenza perfetta oppure
lo Stato è in grado di tassare i profitti con un aliquota del 100%)e in assenza di altre limitazioni alla
capacità dello Stato di applicare imposte non è desiderabile introdurre imposte che ostacolino
l’efficienza produttiva dell’economia. Se si abbandonano queste ipotesi forti,può essere desiderabile
introdurre imposte che interferiscano sull’efficienza produttiva.




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                    Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland:
                                        http://profland.altervista.org


                                            sezione Profstudio
                           http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm


                                     oppure da qualche mirror, come:
                               www.profland.cjb.net www.profland.135.it


                                o dalla pagina dedicata su slideshare.net:
                                        www.slideshare.net/profman




                                                                                                        42/42

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  • 1. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Appunti di Scienza delle Finanze Autore: Oskare 1/42
  • 2. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Si ricorda che: • l'uso degli appunti qui presenti è consentito per solo uso personale e di studio; • la consultazione è gratuita ed ogni forma atta a ricavarne lucro è vietata! • gli appunti sono fatti da studenti che non possono assumersi nessuna responsabilità in merito; • il materiale qui presente non è sostitutivo ma complementare ai libri di testo: - devi (e ti consiglio) di consultare e comprare i libri di testo; • il materiale qui presente è distribuito con licenza Creative Commons Ti ricordo che se vuoi contribuire mandando degli appunti o quant'altro possa essere utile ad altri puoi farlo inviando il materiale tramite: http://profland.altervista.org/mail.htm Profman Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland: http://profland.altervista.org sezione Profstudio http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm oppure da qualche mirror, come: www.profland.cjb.net www.profland.135.it o dalla pagina dedicata su slideshare.net: www.slideshare.net/profman 2/42
  • 3. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland IL SETTORE PUBBLICO IN UN ECONOMIA MISTA L’Italia, come gli USA, è un paese ad economia mista,in cui cioè sia il settore pubblico che quello privato svolgono un ruolo importante nell’economia; in Italia comunque l’intervento dello Stato è molto più radicato che negli USA e ciò è dovuto a storie politiche ed economiche decisamente diverse. Il ruolo economico dello Stato e le opinioni degli economisti su quale esso debba essere,è cambiato molto nel corso del tempo,e alcune idee centrali del 18° e 19° sec. continuano ad essere importanti ancora oggi. Tra queste idee ricordiamo quelle di Smith secondo il quale l’economia si regola da sola grazie alla concorrenza,concetto poi ripreso nella teoria laissez faire di Mill e Senior,e quelle di Marx secondo il quale lo Stato doveva controllare direttamente la produzione. Oggi si ritiene che il settore privato giochi un ruolo fondamentale nell’economia ma che lo Stato comunque svolga un ruolo complementare al mercato. Una importante motivazione all’intervento dello Stato nell’economia risiede nei fallimenti effettivi o presunti del mercato. La convinzione negli economisti della necessità di un intervento statale nell’economia prese corpo negli anni 30’ durante la grande crisi anche se oggi si può affermare che nonostante l’intervento dello Stato abbia migliorato decisamente la situazione dell’economia negli anni seguenti alla grande crisi,la crisi petrolifera che si verificò negli anni ’70-’80 ha invece messo in luce i problemi che comunque lo Stato non era riuscito o non può risolvere. In Italia per esempio il divario tra Nord e Sud non fu ridotto e anzi negli ultimi anni tale divario sembra aumentato ulteriormente. Oggi c’è un crescente riconoscimento dei limiti del settore pubblico che derivano principalmente da: • informazione incompleta→lo Stato non dispone dell’informazione che sarebbe necessaria per fare ciò che vorrebbe; • controllo limitato delle reazioni del settore privato→ossia il settore pubblico può controllare in modo limitato gli effetti dei suoi programmi sul settore privato; • controllo limitato della burocrazia→lo Stato disegna le norme ma poi demanda la loro attuazione agli enti pubblici e a volte la regolamentazione emanata da tali enti per il rispetto della legge originaria differisce molto dalle effettive intenzioni del legislatore; • limitazioni imposte dal processo politico→anche se lo Stato disponesse di un informazione perfetta sulle conseguenze di tutti i possibili interventi,il processo politico attraverso cui le decisioni su tali interventi vengono prese darebbe comunque difficoltà ulteriori. 3/42
  • 4. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland L’identificazione dei limiti dell’intervento pubblico implica che lo Stato debba rivolgere le sue energie solo a quelle aree in cui le carenze del mercato sono più significative e dove c’è evidente bisogno dell’intervento pubblico,quindi Stato e settore privato devono lavorare insieme cercando di rafforzarsi a vicenda. L’attuale ripensamento del ruolo economico dello Stato si riflette in due fenomeni: • deregulation→riduzione del ruolo dello Stato nella regolamentazione economica(ex.eliminazione delle regolamentazioni sui prezzi delle linee aeree e dei trasporti merci su lunghe distanze) • privatizzazione→si cedono al settore privato attività precedentemente svolte dallo Stato. Ma cosa distingue le organizzazioni pubbliche da quelle private? Vi sono due importanti differenze: 1. i responsabili della gestione di enti pubblici sono eletti o nominati da qualcuno che è stato eletto 2. lo Stato è dotato di u potere di imperio che gli enti privati non hanno né possono conceder ad altri,per contro però tutte le relazioni tra privati sono libere. Gli economisti del settore pubblico studiano le scelte allocative tra il settore pubblico e privato e quelle all’interno del settore pubblico concentrandosi su 4 questioni fondamentali: • Cosa produrre→ossia quali risorse complessive del paese devono essere destinate alla produzione di beni o servizi pubblici. Questo problema viene illustrato con la curva delle possibilità di produzione che indica le diverse quantità dei beni pubblici e privati che è possibile produrre in modo efficiente, data la tecnologia e le risorse disponibili • Come produrre→ossia in che modo devono essere impiegate le risorse; • Per chi produrre→ossia a vantaggio di chi devono andare le politiche pubbliche e per chi devono essere prodotti i beni pubblici • In che modo vengono prese le decisioni collettive→capire come si formano le scelte collettive e riconoscere l’esistenza di opinioni divergenti. Nell’analizzare ciascuna fondamentale scelta del settore pubblico,si possono distinguere quattro fasi generali di analisi: 1. Sapere quali azioni sono intraprese dallo Stato e in che modo sono organizzate 2. Capire e prevedere le conseguenze di queste attività pubbliche 3. Valutare politiche alternative 4. Interpretare il processo politico. 4/42
  • 5. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Riguardo ai punti due e tre,cioè le conseguenze delle attività pubbliche e la valutazione delle politiche alternative c’è da dire che gli economisti si servono di modelli. La scelta degli aspetti su cui incentrare la costruzione di un modello dipende dagli obbiettivi dell’analisi. Di solito i modelli si basano su ipotesi semplificatrici per poi risalire al caso nella sua complessità. Quando i modelli descrivono come l’economia cambierà o quali effetti produrranno le politiche diverse si sta facendo un analisi di economia positiva;quando i modelli valutano le politiche alternative,soppesandone benefici e costi, si sta facendo un analisi di economia normativa. L’economia normativa si basa su quella positiva,infatti non si possono dare giudizi su una politica se non si hanno chiare prima le sue conseguenze. Oggi gli economisti,anche riconducendo uno stesso effetto ad una politica pubblica,hanno spesso opinioni diverse su quale sia il modello migliore per descrivere la realtà economica; un modello standard per molti è quello della informazione completa e della concorrenza perfetta(le scelte fatte da ogni soggetto economico non influenzano assolutamente il mercato),ma la maggior parte degli economisti ritiene che informazione e concorrenza siano imperfette. N.B. Risolvere queste differenze di opinione è impossibile, si possono solamente studiare i diversi modelli. 5/42
  • 6. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland IL TRADE-OFF TRA EFFICIENZA ED EQUITA’ Si consideri un economia semplice costituita solo da due individui. Per analizzare le scelte sociali gli economisti utilizzano lo stesso schema utilizzato per individuare le scelte del consumatore. In questo caso però. • il vincolo di bilancio è sostituito dalla curva delle possibili utilità che indica di quanto si deve ridurre l’utilità di un individuo se si aumenta quella di un altro; • le curve di indifferenza individuali sono sostituite dalle curve di indifferenza sociali che indicano di quanto la collettività è disposta a diminuire l’utilità di una persona in cambio di un dato incremento dell’utilità di un'altra;. La curva delle possibili utilità si spiega attraverso la funzione di utilità[U=U(C 1,C2,C3…dove Cn rappresentano il consumo dei vari beni]:ossia la relazione che c’è tra la quantità di un bene che un soggetto consuma e l’utilità che ne ricava:l’utilità in più generata da una variazione unitaria nel consumo del bene è detta utilità marginale. In generale man mano che un individuo consuma una quantità maggiore di un qualsiasi bene,il beneficio aggiuntivo(utilità marginale)che ottiene consumendone un’unità in più diviene sempre più piccolo. Tale fenomeno è indicato con l’espressione utilità marginale decrescente. Analogamente sottraendo un bene ad un soggetto la sua utilità diminuisce;e man mano che togliamo tale bene,l’utilità aggiuntiva cui egli rinuncia in seguito ad ogni perdita addizionale di un bene diventa progressivamente più grande. L’utilità marginale indica l’inclinazione della funzione di utilità. Ciò spiega perchè la curva delle possibili utilità ha tale forma: • SPOSTANDOCI NELLA DIREZIONE DELLA FRECCIA(DA E VS C) VEDIAMO COME L’UTILITA’ DI A AUMENTI AL DIMINUIRE DI QUELLA DI B Un altro fattore che influenza la forma della curva delle possibili utilità è l’efficienza con cui è possibile trasferire risorse:ossia se i trasferimenti sono costosi o no . 6/42
  • 7. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland La curva di indifferenza sociale è invece descritta attraverso la funzione di benessere(W=min(U1,U2,..):ossia il livello di benessere sociale corrispondente a un particolare insieme di livelli di utilità raggiunti dai membri della collettività;e la curva di indifferenza sociale è l’insieme delle combinazioni di utilità di individui(o gruppi)diversi che producono lo stesso livello di benessere per la società:per i quali cioè la funzione di benessere sociali assume lo stesso valore;il benessere sociale è maggiore su una curva di indifferenza sociale più alta quindi i programmi sociale devono mirare a questo. Le curve di indifferenza sociale possono,a seconda delle diverse concezioni,assumere diverse forme: • Linea retta,nella concezione utilitarista→all’utilità di un individuo si deve attribuire lo stesso peso dato a quello di un altro individuo • Curve →le società per compensare la diminuzione di utilità di un soggetto povero richiederebbero un incremento maggiore dell’utilità di un ricco(concezione da noi adottata). • Forma ad L→nessun incremento del benessere del ricco può compensare una diminuzione del benessere del povero,la società migliora solo incrementando il benessere di quest’ultimo. 7/42
  • 8. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland N.B. Il punto della curva delle possibili utilità preferito dalla società è quello in cui essa è tangente alla curva di indifferenza sociale. In realtà i funzionari pubblici non derivano le curve di indifferenza sociale ne quella delle possibili utilità,in primo luogo essi cercano di individuare i benefici netti che i diversi gruppi ottengono dalla realizzazione del progetto. In secondo luogo si accertano se esso determina un miglioramento paretiano (tutti traggono beneficio dal progetto o comunque non ne traggono un pregiudizio). Se il progetto non determina n miglioramento paretiano lo Stato dovrà giungere ad un giudizio d’insieme. A questo riguardo l’approccio più utilizzato fa riferimento a due indicatori: • efficienza→si misura sommando guadagni o perdite • equità→si misura facendo riferimento a una qualche misura complessiva del grado di disuguaglianza nella società Nella maggior parte dei casi un progetto aumenta l’efficienza e diminuisce l’uguaglianza o viceversa in questo caso ci si trova in presenza di un trade-off. Ma come si misurano efficienza e disuguaglianza? Per poter scegliere però bisogna come già detto misurare sia l’efficienza che l’equità. Il primo problema riguarda la misurazione dei benefici per particolari individui di un determinato programma pubblico. Il modo standard per farlo è in termini di disponibilità a pagare,quanto un individuo sarebbe disposto a pagare in più per trovarsi in una certa situazione piuttosto che in un’altra. Quanto una persona è disposta a pagare non è lo stesso di quanto deve pagare. Ciò che dovrà pagare dipende dai prezzi di mercato,ciò che è disposta a pagare riflette le sue preferenze. La disponibilità a pagare coincide con il concetto di utilità marginale e valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza:sono disposto a pagare di più per ottenere un beneficio maggiore;più il beneficio aumenta e meno è quello che io sono disposto a pagare in più per aumentarlo ulteriormente. 8/42
  • 9. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Attraverso la il concetto di disponibilità a pagare si può costruire una curva di domanda,si tratta però di una curva di domanda particolare definita curva di domanda compensata:indica la quantità domandata di un bene nell’ipotesi che al variare del prezzo si sottragga o si aggiunga reddito all’individuo,in modo da lasciarlo sullo stesso livello di utilità che aveva prima della variazione di prezzo. Questa curva misura quindi soltanto l’effetto sostituzione(come variano le scelte del bene da consumare al variare del prezzo di un altro bene) associato al variare del prezzo. La differenza tra ciò che un individuo è disposto a pagare e ciò che invece deve pagare è il c.d. surplus del consumatore. Quindi il surplus del consumatore indica quanto un individuo è disposto a pagare per un programma pubblico oltre a quanto effettivamente deve pagare ecco perché il surplus è utilizzato per indicare i benefici che un individuo ottiene da un determinato programma.(il surplus corrisponde all’area sotto la curva di domanda compensata grafico A). N.B. La somma dei benefici di ogni singolo individuo mi da la disponibilità a pagare della collettività. Se a tale somma si sottraggono tutti i costi del progetto pubblico si ottiene il valore dell’efficienza di un progetto. Per misurare l’inefficienza di un progetto pubblico è utilizzato il concetto di perdita di benessere o eccesso di pressione:se si considera un’imposta non fissa esso individua la differenza tra il gettito fiscale che potrebbe essere generato da un’imposta in somma fissa che l’individuo sarebbe disposto a pagare e quello ottenuto con l’imposta non fissa. Una imposta non fissa infatti origina una perdita di benessere in quanto induce gli individui a rinunciare al consumo dei beni maggiormente preferiti in favore del consumo di beni preferiti al fine esclusivo di evitare l’imposta(la perdita di benessere è misurata dall’area sotto la curva di domanda grafico B). • IL GRAFICO A INDICA I BENEFICI CHE SI OTTENGONO DALLA COSTRUZIONE DI UN PONTE PER CUI NON E’ RICHIESTO UN PEDAGGIO • IL GRAFICO B INDICA L’INEFFICIENZA DI UNA IMPOSTA NON FISSA SULLE SIGARETTE RISPETTO A QUELLO DI UNA FISSA INFATTI SE IMPOSTA FOSSE FISSA IL CONSUMO AUMENTEREBBE DAL PUNTO B(IMPOSTA NON FISSA) AL C . • IL TRANGOLO ABC DEL GRAFICO B E’ ANCHE DETTO TRIANGOLO DI HARBERG 9/42
  • 10. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Gli effetti di un progetto pubblico oltre che attraverso l’efficienza,possono essere sintetizzati anche descrivendo l’impatto del progetto su una qualche misura di disuguaglianza(o gruppi sociali ben identificati). In particolare si considera: • l’indice di povertà,ossia il numero di persone che si trovano al disotto della soglia di povertà e si valuta se dopo il progetto tale numero è aumentato. • l’intensità di povertà,ci dice quanto reddito dovremmo trasferire ai poveri per portarli tutti sopra la soglia e si valuta se dopo il progetto tale reddito è aumentato. Una volta misurata l’efficienza è l’equità si deve valutare il trade-off e vi sono 3 approcci diversi: 1)Principio di compensazione:se la disponibilità a pagare aggregata è superiore ai costi del progetto esso si intraprende. Tale progetto è criticato perché non considera gli aspetti distributivi. 2)Trade-off tra gli indicatori:ossia si considera sia un indicatore di efficienza(benefici) che di disuguaglianza e si valuta il progetto considerando se l’incremento di efficienza vale l’incremento di disuguaglianza o viceversa. Tali indicatori però sono sintetici e non racchiudono informazioni dettagliate. 3)Approccio dei benefici ponderati:ossia si sceglie il progetto che da un beneficio netto aggregato positivo,e se il beneficio è positivo solo per i poveri significa che il progetto fa aumentare sia l’efficienza che l’equità. Di solito in tal caso la valutazione viene fatta dopo che si è attribuito un peso ai guadagni netti dei diversi gruppi sociali. Dando un peso maggiore agli effetti sulle classi sociale meno abbienti. L’utilizzo dei pesi distributivi si basa su tre ipotesi: • utilità marginale decrescente • individui diversi hanno la stessa relazione tra reddito ed utilità • società è interessata all’utilità totale 10/42
  • 11. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland BENI PUBBLICI E PRIVATI FORNITI DAL SETTORE PUBBLICO I beni pubblici sono i beni forniti dallo Stato e se sono puri presentano contemporaneamente due caratteristiche: • non rivalità→ossia il consumo di una persona no ne va ad impedire l’uso da parte di un’altra,quindi il costo marginale del godimento di un bene da parte di un soggetto addizionale è nullo. • non escludibilità→non è possibile escludere nessuno dai benefici del bene e quindi tali beni devono essere forniti gratuitamente. I beni pubblici puri sono rarissimi(difesa nazionale)infatti la maggior parte dei beni forniti dal settore pubblico sono escludibili ma a sua volta l’esclusione non è desiderabile infatti: 1. far pagare un prezzo per il consumo di un bene pubblico implica un minor consumo dello stesso da parte di chi non può permetterselo causando un sottoconsumo e perciò una inefficienza. 2. se un bene è non escludibile e non rivale non si ha incentivo a produrlo e quindi l’offerta di tale bene sarà insufficiente causando una inefficienza del mercato. Quindi si può dire che esistono sempre due forme di fallimento del mercato associate ai beni pubblici. Tuttavia lo Stato a volte realizza l’esclusione dei beni pubblici e lo fa attraverso l’imposizione di tariffe sul consumo. Le tariffe infatti sono viste come una soluzione equa per aumentare le entrate poiché coloro che utilizzano di più il bene pagano in misura maggiore. In ogni modo la tariffa causa un’inefficienza infatti se si fa l’esempio di un ponte a pedaggio: → il numero degli attraversamenti sarà sempre minore rispetto a quello che effettivamente ci sarebbe se il pedaggio non ci fosse o fosse minore. Considerando il caso di un privato,esso costruirebbe il ponte solo se il pedaggio e il numero degli attraversamenti gli farebbe recuperare i costi sostenuti per realizzare il ponte,nel caso dello Stato il ponte deve comunque essere costruito ma il pedaggio causerebbe un minor consumo dello stesso e quindi i costi di costruzione del ponte non verranno mai coperti e lo Stato dovrà chiedere un finanziamento ad altri ed indebitarsi…. N.B. ogni metodo che limita il consumo di un bene è un sistema di razionamento;le tariffe sono un sistema di razionamento. 11/42
  • 12. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland I beni pubblici ovviamente non possono essere offerti dai privati ma anche se lo fossero si verrebbe a creare un problema di free-rider→ossia molti soggetti,ritenendo che beneficerà del bene a prescindere dal pagamento,non pagherà per la fornitura del servizio(un soggetto non pagherà mai per avere una difesa nazionale in quanto se tale servizio è già pagato da altri ne godrà comunque anche lui);quindi il free-rider consiste nella riluttanza degli individui a contribuire volontariamente al finanziamento dei beni pubblici. Molti beni pubblici non sono puri ma presentano soltanto una delle due caratteristiche in una certa misura Tali beni sono detti misti e ne è un esempio la protezione contro gli incendi in quanto l’esclusione è relativamente realizzabile,infatti non pagando non si è protetti dal servizio. Tuttavia la protezione contro gli incendi è un bene pubblico per il fatto che il costo marginale è prossimo allo zero in quanto i pompieri nella maggior parte del tempo non sono impegnati e quindi il costo per la protezione di un individuo aggiuntivo è bassissimo. I beni pubblici misti sono visti come un esternalità in quanto il consumo aggiuntivo di un soggetto del bene implica un influenza sul consumo degli altri individui,ma non necessariamente per lo stesso ammontare. L’escludibilità di un bene,sia esso pubblico o privato,implica sempre e comunque un costo. I costi associatati all’esclusione sono detti costi di transazione. E’ il caso per esempio del servizio televisivo via etere:costi marginali nulli ma escludibilità costosa(segnali criptati). Vi sono poi beni forniti dal settore pubblico che sono escludibili e che sono rivali,ossia hanno un elevato costo marginale derivante dal consumo di un individuo addizionale; tali beni sono detti beni privati forniti dal settore pubblico. Questi beni sono forniti dal settore pubblico perchè presentano costi di gestione del mercato elevati(imprese ne farebbero un offerta insufficiente)e poi perché la produzione di tali beni può portare miglioramenti per la collettività. Tali beni privati devono però essere razionati in quanto se un bene privato è offerto gratuitamente ce ne sarebbe un sovra- consumo. Per tali beni lo Stato può utilizzare diversi metodi di razionamento oltre alle tariffe/prezzi/imposte un altro metodo è quello dell’offerta uniforme:fornire a tutti la stessa quantità del bene (es. l’istruzione è fornita gratis fin ad un livello), il vantaggio di tale metodo è che si 12/42
  • 13. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland risparmia in termini di costi di transazione,il limite è che esso non soddisfa i bisogni di tutta la collettività. Un terzo sistema di razionamento impiegato comunemente nel settore pubblico sono le code: piuttosto che chiedere un prezzo per il consumo del bene, si impone di sopportare un costo in termini di tempo di attesa,le code infatti scoraggerebbero coloro che non hanno bisogno del bene a vantaggio di chi ne necessita,il vantaggio di tale metodo è che i beni non vengono allocati in base alla ricchezza dell’individuo, il limite è che criteri di allocazione alternativi non possono essere desiderabili in quanto il tempo impiegato nelle code è comunque sprecato. Condizione di efficienza per i beni pubblici: L’efficienza paretiana richiede che un bene pubblico venga offerto fino al punto in cui la somma dei saggi marginali di sostituzione sia uguale al saggio marginale di trasformazione. Il saggio marginale di sostituzione di un bene pubblico indica l’ammontare di un bene privato cui un individuo è disposto per ottenere un’unità aggiuntiva del bene pubblico. Il saggio marginale di trasformazione(fisica)indica l’ammontare di bene privato che occorre impiegare per ottenere un unità aggiuntiva del bene pubblico L’efficienza richiede quindi che l’ammontare complessivo cui gli individui sono disposti a rinunciare sia pari all’ammontare cui essi devono rinunciare. Graficamente la produzione efficiente corrisponde al punto di tangenza tra la curva di domanda collettiva e la curva di offerta. La domanda di collettiva si ottiene sommando verticalmente le curve di domanda individuale. Il vincolo di bilancio di un individuo è dato dalla seguente equazione: C-pG=Y dove Y è il reddito,C il consumo di beni privati e G il consumo dei beni pubblici. G sua volta varia se viene fatto pagare un prezzo/imposta sul consumo. Il livello ottimale di spesa per un individuo è dato dal punto di tangenza tra la curva di indifferenza è il vincolo di bilancio. Il sms costituisce la pendenza della curva di indifferenza di un individuo. Il smt costituisce la pendenza del vincolo di bilancio. Nel punto di spesa ottimale sms=smt. Al variare del prezzo imposta varia anche il vincolo di bilancio e perciò anche i livelli di spesa ottimale e quindi si può derivare la curva di domanda dell’individuo e quindi quella collettiva. L’offerta di beni pubblici totale è decisa dallo Stato 13/42
  • 14. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland C’è da dire però che un bene pubblico deve essere fornito nella stessa quantità a tutti gli individui e quindi il lo Stato decide il prezzo/imposta a seconda della capacità di reddito di ciascun individuo. Si può quindi affermare che il livello efficiente di spesa per beni pubblici dipende dalla distribuzione totale del reddito. Al variare della distribuzione del reddito varia il livello pareto-efficiente di consumo dei beni pubblici. Ed in particolare se il livello ottimale di consumo è aumentato significa che c’è un aumento della distribuzione del reddito e quindi un aumento del consumo implica un aumento delle imposte. Si definisce curva della fattibilità la curva che indica,per un dato sistema tributario,il livello massimo di consumo di beni privati compatibile con ciascun livello di offerta dei beni pubblici. La quantità di beni privati cui si deve rinunciare per ottenere un unità addizionale di beni pubblici tenendo conto delle imposte è chiamato saggio marginale di trasformazione economica. Quindi la condizione di efficienza ora è data dall’uguaglianza del saggio marginale di sostituzione collettivo e quello collettivo di trasformazione economica. N.B. L’amministrazione efficiente dello Stato è anche essa stessa un bene pubblico. 14/42
  • 15. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland LE SCELTE PUBBLICHE Le decisioni collettive,come quelle per determinare il livello dei beni pubblici,differiscono dalle decisioni normali prese nell’ambito di una famiglia,per due motivi principali. In primo luogo esiste un problema di indurre la rivelazione delle preferenze infatti se ciò che gli individui devono pagare dipende dalle loro dichiarazioni,essi presumibilmente tenderanno a sottorappresentare le loro vere preferenze. Se invece ciò che devono pagare non dipende dalle loro dichiarazioni,essi tenderanno a sovra-rappresentare le loro vere preferenze. In secondo luogo c’è un problema di risoluzione delle differenti preferenze individuali. Le differenze tra gli individui possono dipendere da tre motivi: 1. differenze nei gusti 2. differenze nel reddito 3. differenze nelle imposte da pagare. Generalmente individui con reddito più alto spendono di più in beni pubblici. Ma più è alta la richiesta allo Stato di tali beni da parte dei più abbienti tanto maggiore saranno le imposte per essi. Il prezzo-imposta è l’ammontare addizionale che un individuo deve pagare quando la spesa pubblica aumenta di 1 €. Il prezzo-imposta moltiplicato per la spesa pubblica totale dà l’imposta totale pagata da un individuo. Più è alto il prezzo-imposta e maggiore sarà la tassazione per un individuo che quindi anche se ricco ridurrà il consumo di beni pubblici. Se si ha un’imposta è uniforme e gli individui sono N il prezzo-imposta è dato dal rapporto 1/N e il gettito totale d’imposta è G/N²,con un imposta proporzionale ognuno paga la stessa percentuale del reddito, e in tal caso il prezzo-imposta è dato dal rapporto Y/NŶ dove Y è il reddito dell’individuo e Ŷ è il reddito medio. Con un imposta progressiva l’imposta pagata aumenta più che proporzionalmente rispetto al reddito,con un imposta regressiva aumenta meno che proporzionalmente. Con un imposta proporzionale i prezzi-imposta sono più alti per i ricchi e più bassi per i poveri,la quantità di beni pubblici domandata i poveri è comunque bassa in quanto essi hanno un reddito basso ma tale domanda sarà comunque superiore a quella dei ricchi. Si hanno in tal caso un effetto reddito e un effetto sostituzione(prezzo-imposta più baso) Con un imposta uniforme si ha un solo effetto reddito,con un imposta progressiva i poveri hanno un imposta ancora più bassa del caso in cui fosse proporzionale e sarà ancora maggiore la domanda di beni pubblici da parte di questi. Per livelli di spesa più elevati,il beneficio marginale della maggiore 15/42
  • 16. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland spesa pubblica è inferiore al costo marginale che l’individuo deve sopportare in termini di maggior imposta da pagare,il contrario accade per livelli di spesa inferiori al livello preferito. Nel settore pubblico le decisioni sono prese su base collettiva,e ogni volta si deve affrontare il problema di riconciliare posizioni divergenti. Sono state cercate soluzioni al problema senza mai riuscirne a trovare una. Nella maggior parte dei casi il problema viene risolto attraverso la maggioranza semplice. A volte però può non esistere un equilibrio del voto di maggioranza in quanto si incappa nel c.d. paradosso del voto ossia un ciclo di votazioni ripetuto che non porta mai ad un risultato definitivi. Secondo Arrow si riesce sempre a raggiungere una decisione di maggioranza ogni qual volta ci si trovi di fronte ad un meccanismo politico che presenti contemporaneamente queste 4 caratteristiche: • transitività,se la regola mostra che A è preferito a B e B è preferito a C allora A è preferito a C. • scelta non dittatoriale,tutti i poteri spettano ad un solo individuo,che però decide in modo coerente • indipendenza da alternative,irrilevanti. L’esito della votazione è indipendente da alternative irrilevanti,per esempio la scelta tra una piscina e da un campo da tennis non deve dipendere dalla presenza di una biblioteca. • dominio non ristretto,il meccanismo deve funzionare indipendentemente dall’insieme delle preferenze e dalla gamma di alternative tra cui si deve scegliere. Oggi non esiste una regola che soddisfa tutte e 4 le proprietà→teorema dell’impossibilità di Arrow Una eccezione a tale teorema si ha nel caso di preferenze uni-modali,ossia quando un individuo ha un profilo delle preferenze con una sola punta. In tal caso si ha sempre un equilibrio di maggioranza e tale equilibrio riflette le preferenze dell’elettore mediano. Quando ci si trova di fonte ad una preferenza uni-modale è sempre possibile ordinare gli individuali. L’individuo mediano è colui che si trova esattamente a metà dell’ordinamento. Le preferenze riguardanti un singolo bene pubblico sono di solito uni-modali. Non sono uni-modali se: • c’è più di un bene pubblico e la votazione riguarda pacchetti di beni • la votazione riguarda un bene privato fornito dal settore pubblico per il quale esiste un alternativa privata • la votazione riguarda questioni distributive,come la struttura delle aliquote d’imposta sul reddito. 16/42
  • 17. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland N.B. In un sistema bipartitico le posizioni dei due partiti tendono a convergere vero quella dell’elettore mediano. L’equilibrio del voto a maggioranza non da luogo,in generale,ad un offerta efficiente di beni pubblici;l’offerta risultante può essere sia eccessiva sia inadeguata. Oltre al voto di maggioranza si sono cercati sistemi di equilibrio efficienti ed uno di tali sistemi fu trovato da Lindahl. L. si è ispirato all’equilibrio del mercato privato. In particolare l’equilibrio di L. corrisponde al livello di offerta dei beni pubblici per il quale la somma dei prezzi-imposta è uguale al costo marginale di produzione. Tale equilibrio è efficiente ma comunque rimane il problema che gli individui non sono incentivati a rivelare sinceramente le proprie preferenze. L’equilibrio di L. esiste sempre. In molte elezioni il tasso di partecipazione è basso. In realtà gli economisti trovano difficile capire perché gli individui votino,dato che il beneficio privato(stante la bassa probabilità che un singolo voto possa influenzare il risultato finale) tipicamente inferiore al costo privato. Al contrario i gruppi di interesse spesso esercitano una forte influenza sul processo politico. Essi possono esercitare potere in 3 modi: • rendono disponibili informazioni e quindi non implicano la ricerca per gli individui votanti delle stesse • danno informazioni anche ai politici sulle preferenze degli elettori del loro collegio • meccanismo di corruzione diretta ed indiretta dei politici. Tuttavia si può anche pensare che esistano politici non egoisti,disinteressanti alle proprie preferenze 17/42
  • 18. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland PRODUZIONE PUBBLICA E BUROCRAZIA In Italia il settore pubblico svolge ancora un ruolo molto importante in numerosi settori della produzione,sebbene negli ultimi anni si sia avuto un progressivo processo di privatizzazione di molte imprese di proprietà pubblica. I fallimenti del mercato forniscono una giustificazione per l’intervento pubblico,ma di per se non giustificano la produzione di beni privati da parte del settore pubblico. Una delle ragioni principali della produzione pubblica dei beni privati è la mancanza di concorrenza che si ha nel caso di monopolio naturale→essi sono industrie in cui il costo medio di produzione diminuisce all’aumentare della quantità prodotta e quindi è efficiente la presenza di un unico produttore che garantisce prezzi molto bassi.(es.poste,telecomunicazioni acqua..). L’aggettivo naturale sta ad indicare che il monopolio è dovuto alla natura del bene in questione: esso deve essere fondamentale per la comunità. I monopoli naturali a gestione pubblica operano in corrispondenza del punto di intersezione tra la curva di domanda e quella del costo medio. Questo punto è detto punto di profitto nullo→esso è esattamente il punto in cui i monopoli naturali possono operare nell’ipotesi che vi sia concorrenza potenziale. In tal punto il prezzo del bene è uguale al costo di produzione. Ma ciò comunque non implica la posizione di monopolio. La posizione di monopolio e data dal fatto che tutti i monopoli naturali implicano la presenza di costi non recuperabili,costi che un impresa che esce dal mercato non può recuperare,il che significa che un impresa già presente nel mercato nel caso in cui un impresa decida di entrare nel mercato non uscirà da esso, proprio a causa di tali costi,ma abbasserà il prezzo del bene che sarà inferiore a quello di produzione e di conseguenza l’impresa che vuole entrare non entrerà più in quanto se entrasse dovrebbe attuare dei prezzi che non gli garantiscono un incentivo all’entrata quindi i costi non recuperabili fungono anche da barriera all’entrata del mercato. Lo Stato produce i beni in questione in quanto sono fondamentali per la comunità e non può permettere che un impresa privata controlli da sola un intero settore e che quindi possa sfruttare i consumatori. I monopoli naturali possono produrre più beni e i prezzi sono fissati dallo Stato a seconda che la domanda del bene in questione sia elastica o meno. Nel caso di domanda inelastica il prezzo maggiore rispetto al costo marginale causa una diminuzione del consumo del bene tale diminuzione è però minore rispetto a quella che si avrebbe se la domanda è elastica;quindi lo Stato per rimanere in equilibrio deve cercare un prezzo tale da rendere la diminuzione del consumo dei beni causata 18/42
  • 19. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland dall’aumento del prezzo uguali per tutti i tipi di bene ciò significa aumentare il prezzo dei beni con domanda inelastica e diminuire quello dei beni con domanda elastica. Lo Stato in casi di monopolio naturale può dunque comportarsi in questi modi: • produrre in prima persona il bene • attuare una regolamentazione della produzione privata ed utilizzare dei sussidi per incoraggiare le imprese private a produrre il bene che altrimenti non avrebbe prodotto perché non profittevole. Per regolamentazione si intende un insieme di norme di condotta che garantiscano a tutti i consumatori l’accesso ad un determinato bene prodotto in regime di monopolio naturale da un impresa privata. Secondo alcuni il rimedio della regolamentazione e sussidi dia 3 vantaggi rispetto alla produzione pubblica: • consente un politica più coerente ed efficiente • consente una stima più chiara dei costi associati al perseguimento di un dato obbiettivo • un impresa privata anche se regolamentata ha maggiori incentivi all’efficienza. La regolamentazione ed i sussidi hanno comunque anche degli svantaggi: • elevati costi amministrativi • quasi sempre gli schemi regolatori danno origine a distorsioni(es investimenti eccessivi o distorsione nelle scelte di investimento) Esiste una certa evidenza empirica ,per quanto limitata,di una minore efficienza del settore pubblico rispetto alle imprese private,nell’offerta di servizi con caratteristiche analoghe. I motivi che causano una minore efficienza delle imprese pubbliche rispetto alle private si ricollegano a differenze tra la natura delle organizzazioni che poi,conseguentemente,causano differenze anche negli incentivi individuali: Differenze organizzative: • le organizzazioni private massimizzano i profitti,quelle pubbliche possono perseguire anche altri obbiettivi 19/42
  • 20. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland • le imprese pubbliche devono fronteggiare una concorrenza limitata e spesso hanno un vincolo di bilancio soffice:in alcuni paesi le imprese pubbliche possono non preoccuparsi delle perdite in quanto per esse non esiste fallimento e le perdite vengono ripianate nel bilancio pubblico • mancanza di concorrenza • le società pubbliche hanno più vincoli di quelle private nella politica del personale e degli acquisti in tal caso si parla di restrizioni: 1. Restrizioni nelle politiche del personale→sono create per evitare che i dipendenti pubblici abusino della loro posizione e potere a scapito dei contribuenti. Tali restrizioni sono imposte dalle regole sul pubblico impiego. 2. Restrizioni nelle politiche degli acquisti→sono state create procedure per evitare abusi negli acquisti e di raggiri nei confronti dello Stato. N.B. Burocrazia:insieme dei dipendenti pubblici e delle regole procedurali che essi devono sostenere nello svolgere la loro attività Differenze di incentivi individuali: • il dipendente pubblico non può essere licenziato e non ha premi per i buoni risultati conseguiti quindi non è stimolato ad essere efficiente. • la retribuzione del dipendente pubblico non è legata ai risultati ma alla promozione che invece si ottiene con i buoni risultati;per evitare che vengano notati i suoi errori quindi la burocrazia si affida ad una serie di procedure e di controlli,ecco perché si dice che i burocrati sono avversi al rischio e i dipendenti privati invece no. • gli incentivi dei dipendenti pubblici sono quindi di solito di tipo politico:i burocrati spesso mirano a massimizzare la dimensione del loro ente. Al tempo stesso le organizzazioni pubbliche e quelle private devono entrambe affrontare il problema noto come quello del principale-agente:come garantire che i propri dipendenti agiscano negli interessi dell’organizzazione o,in senso più ampio che i manager e i lavoratori delle imprese seguano comportamenti coerenti con gli interessi degli azionisti e che i dipendenti pubblici (agenti)agiscano secondo modalità coerenti con gli interessi dei cittadini(principale). 20/42
  • 21. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Vi è un certo numero di forme organizzative che si collocano in una posizione intermedia tra i tradizionali enti pubblici e quelli privati quali sono per esempio le società per azioni di proprietà pubblica e varie forme di agenzie pubbliche. Queste società come le normali imprese private traggono le loro entrate dalla vendita dei beni e servizi che producono. La cosa più importante però è che esse non sono soggette alla maggior parte delle restrizioni imposte agli enti pubblici:esse operano in modo molto simile alle imprese private. Generalmente un impresa pubblica prima di essere privatizzata passa attraverso la fase intermedia della trasformazione in società per azioni. In tale periodo si hanno i maggiori guadagni in termini di efficienza perché: • si possono misurare i risultati • si possono affrontare in modo soddisfacente le questioni di interesse pubblico Comunque non tutte le imprese pubbliche possono essere privatizzate in quanto ci sono obbiettivi pubblici che non possono essere conseguiti adeguatamente dai privati neanche attraverso una regolamentazione e l’obbiettivo futuro sarà appunto quello di capire quali sono i limiti nell’utilizzazione di tali forme organizzative. 21/42
  • 22. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland IL SISTEMA TRIBUTARIO Le cinque caratteristiche desiderabili per un sistema tributario Le imposte sono prestazioni in denaro obbligatorie ed è inevitabile che rappresentino una questione dolente. La maggior parte delle persone vorrebbe vedere ridotte le proprie imposte, allo stesso modo s’ingegna a trovare il modo per dimostrare che gli altri dovrebbero pagare di più. Gli stati, nel decidere quale sia il modo migliore per recepire le entrate necessarie al loro funzionamento, si ispirano ad alcuni principi generali ed in particolare vi sono 5 caratteristiche comunemente accettate per un buon sistema tributario: • Efficienza economica (il sistema tributario non dovrebbe essere distorsivo, ma dovrebbe essere utilizzato per migliorare l’efficienza economica); • Semplicità amministrativa (il sistema tributario dovrebbe essere semplice e poco costoso soprattutto per quanto riguarda i costi d’amministrazione e d’adempimento); • Flessibilità (il sist trib dovrebbe adattarsi con facilità al mutamento delle condizioni economiche); • Trasparenza politica (il sist trib dovrebbe essere trasparente, vale a dire fare in modo che i contribuenti siano consapevoli delle imposte che pagano e possano valutare se il sistema riflette le loro preferenze); • Equità (il sist trib dovrebbe essere equo e in altre parole trattare in modo simile quei soggetti che si trovano in condizioni simili e richiedere imposte maggiori a chi può sopportare meglio il peso della tassazione). EFFICIENZA ECONOMICA Effetti delle imposte sul comportamento individuale e delle imprese La maggior parte delle imposte fa cambiare i prezzi relativi e di conseguenza, i segnali forniti dai prezzi vengono distorti e l’allocazione delle risorse viene alterata. La maggior parte degli effetti delle imposte sull’efficienza sono sottili e difficili da valutare. Ad esempio, le imposte possono influenzare le decisioni riguardanti il lavoro, il risparmio, l’istruzione e il consumo, gli investimenti delle imprese, lo sfruttamento delle risorse naturali. Nel sistema economico, insomma, non c’è decisione importante d’allocazione di risorse che non sia influenzata dal sistema tributario. 22/42
  • 23. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Effetti finanziari delle imposte A volte, le imposte hanno effetti più sulla forma che sulla sostanza delle transazioni economiche. Non fa molta differenza se decido direttamente l’impiego del mio risparmio al fine di assicurarmi in futuro un reddito con cui integrare la mia pensione pubblica o se, allo stesso fine, aderisco ad un fondo integrativo aziendale. Le implicazioni fiscali, invece, possono essere alquanto diverse, inducendomi a risparmiare attraverso il fondo piuttosto che direttamente. Questi effetti possono avere, a loro volta, effetti sull’economia: è possibile che i gestori dei fondi, a causa della tassazione alla quale è soggetta la loro attività, facciano scelte d’investimento diverse da quelle che avrebbero fatto i singoli. Effetti organizzativi delle imposte Le imposte influenzano il modo in cui è organizzata la nostra economia e molti degli effetti organizzativi hanno conseguenze reali sull’allocazione di risorse. Spesso gli effetti organizzativi e quelli finanziari sono interconnessi: il sistema tributario può decidere se avvantaggiare le banche rispetto alle altre istituzioni finanziarie e questo può indurre le imprese ad aumentare o diminuire il denaro raccolto tramite le banche. Studi recenti hanno dimostrato che le imprese che raccolgono fondi tramite le banche presentano una minore volatilità negli investimenti. Al contrario, le imprese ce si affidano al mercato dei capitali, per raccogliere fondi incontrano maggiori difficoltà. Effetti d’equilibrio generale L’introduzione di un’imposta modifica l’equilibrio del sistema economico. Le ripercussioni che comportano le imposte sono noti come “effetti d’equilibrio generale” ed hanno importanti conseguenze distributive, a volte nella direzione opposta rispetto all’intendimento della legge istitutiva dell’imposta. Effetti d’annuncio e capitalizzazione L’aggiustamento dell’economia, dopo l’introduzione dell’imposta, non è istantaneo. Nel breve periodo, le distorsioni sono meno intense che non nel lungo periodo, quando l’economia è in grado di rispondere in modo più completo alla nuova situazione. Gli effetti della nuova imposta su un bene patrimoniale possono farsi sentire anche prima della sua introduzione, cioè al momento del suo annuncio e questo può dar luogo a gravi problemi di equità e provocare un effetto distorsivo sull’offerta di beni patrimoniali. Ad esempio se nel mercato si forma 23/42
  • 24. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland la convinzione che un particolare bene patrimoniale capitalizzato sta per essere assoggettato ad una maggiore tassazione, questo ha un impatto immediato sul valore di quel bene e sarà il possessore del bene, al momento dell’annuncio, a sopportare la maggiore imposta. Imposte distorsive e neutrali Un’imposta è distorsiva e non neutrale se il soggetto colpito non può far nulla per modificare e quindi diminuire il suo debito d’imposta e questa è detta “imposta in somma fissa”. Tutte le imposte utilizzate nei sistemi moderni sono distorsive, tranne quelle capitarie (che tutti devono pagare -in somma fissa- indipendentemente dalla propria ricchezza. Qualsiasi imposta sui beni di consumo è distorsiva, modificabile dai consumatori riducendo la quantità acquistata del bene tassato. Lo stesso vale per le imposte sul reddito, ciascuno può ridurla semplicemente lavorando meno o risparmiando meno. Imposte correttive L’imposizione, a volte, può essere utilizzata in modo positivo per correggere qualche insufficienza del mercato. Queste imposte procurano gettito e migliorano l’efficienza dell’allocazione delle risorse. COSTI AMMINISTRATIVI Esistono costi diretti e indiretti supportati dai contribuenti. Questi costi dipendono da una serie di fattori: • il tipo di registrazioni che sarebbero tenute in assenza d’obblighi tributari, infatti, le imprese hanno l’obbligo di effettuare registrazioni contabili e nel caso delle grandi imprese, l’avvento dei computer ha ridotto notevolmente i costi di mantenimento di tali registrazioni. All’estremo opposto, molte piccole imprese impiegano collaboratori e trovano molto gravoso raccogliere e registrare le informazioni. Particolarmente oneroso è il mantenimento delle registrazioni richieste dalle imposte sui guadagni di capitali in quanto è necessario conservare le documentazioni per periodi di tempo molto lunghi. • dalla complessità della normativa tributaria o meglio dalle disposizioni contenute in essa. La differenziazione delle aliquote tra individui o tra categorie di reddito dà origine al trasferimento del reddito tra i vari componenti, al fine di minimizzare l’imposta totale da pagare. • l’imposizione di alcune categorie di reddito può essere più costosa di quella d’altre categorie. 24/42
  • 25. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Analogamente i costi amministrativi connessi all’aumento delle imposte sulle piccole imprese possono essere più alti rispetto a quelli che riguardano le grandi imprese. FLESSIBILITA’ Nel caso di rotture d’imposta, gli aggiustamenti sono facilmente realizzabili, in altri casi richiedono un ampio dibattito politico ed in altri casi ancora avvengono automaticamente. Stabilizzazione automatica Quando ci si trova in una fase di recessione, può essere utile ridurre le entrate fiscali infatti se il livello dei prezzi si mantiene stabile, una struttura di imposta progressiva consentirà un elevato grado di stabilizzazione automatica. Quando, durante una fase di recessione, il reddito diminuisce, l’aliquota media si riduce mentre in periodi di stagflazione (si verificano contemporaneamente recessione e inflazione), l’aliquota aumenta Difficoltà politiche di una modifica delle aliquote Quando si decide per una modifica delle aliquote, questo è spesso fonte di accesi dibattiti politici. La difficoltà di modificare le aliquote dell’imposta dovrebbe essere confrontata, per esempio, con quella dell’imposta sulla proprietà. Velocità d’aggiustamento Un aspetto importante della flessibilità del sistema economico è la velocità con la quale si effettuano le modifiche della normativa. Esiste sempre il pericolo che a causa dello sfasamento temporale, le imposte vengano aumentate quando l’economia necessita di una riduzione dell’imposizione e viceversa. RESPONSABILITA’/TRASPARENZA POLITICA Un principio politico condiviso è che lo Stato non debba approfittare della disinformazione dei contribuenti ma, anzi, introdurre nuove imposte per le quali risulti chiaro l’onere del pagamento (imposte trasparenti). L’impressione è che a volte, lo Stato tenda a nascondere il vero costo dei servizi pubblici o su quali soggetti esso ricade. Un sistema d’imposta, per essere politicamente trasparente, deve ance prevedere che le singole imposte possano essere modificate solo per effetto di nuove leggi, in altre parole, lo Stato dovrebbe chiedere alla collettività di valutare se il settore pubblico stia spendendo troppo o troppo poco. 25/42
  • 26. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland EQUITA’ La maggior parte delle critiche rivolte ai sistemi tributari riguarda la loro equità. Possiamo parlare di equità orizzontale e verticale. Parliamo di equità orizzontale quando individui identici sono trattati tutti alla stessa maniera. Questo principio è tanto importante da essere inserito nella Costituzione, art. 3. Il principio dell’equità verticale, invece, afferma che se alcuni sono in grado di pagare imposte superiori rispetto ad altri, dovrebbero farlo. In merito vi sono tre problemi: individuare questi soggetti, mettere in pratica questo principio e decidere quanto questi soggetti dovrebbero pagare più degli altri. La decisione viene presa in base a tre criteri: valutare se possiede una maggiore capacità contributiva, valutare se gode di un più elevato livello di benessere economico e riceve di un beneficio maggiore dall’attività dello Stato. Il reddito come base di imposizione Il reddito è la base più comunemente utilizzata per la tassazione in quanto è visto come un buon indicatore della capacità contributiva. Più è alto il reddito e più sono alte le tasse che si dovrebbero pagare. Fino al ventesimo secolo i governi si sono affidati alle imposte dirette per aumentare le entrate. Soltanto quando i governi hanno assunto un ruolo economico più ampio, necessitano di un gettito più ampio, sono ricorsi ad imposte fondate su basi più ampie, in special modo quelle sul reddito. Economisti e filosofi hanno ampiamente criticato questa imposta fino a farla diventare meno importante. Ora, infatti, è stata rimpiazzata dall’imposta sul valore aggiunto, concepita per tassare solo il consumo. Il consumo come base di imposizione Una delle argomentazioni più forti contro l’idea che il reddito sia una base corretta per l’imposizione è che il reddito corrisponde al contributo dell’individuo alla società. La differenza tra reddito e consumo è costituita dal risparmio;il reddito può essere consumato (Y) e risparmiato (S): C+S=Y ovvero C=Y-S. Il reddito percepito nell’arco della vita come base d’imposizione Il contrasto tra reddito e consumo non è così netto come si può credere. La base di imposizione che appare più appropriata ora, sarebbe il reddito percepito durante l’arco della vita (somma dei valori annuali) considerando anche che le entrate future vengono scontate per tener conto del loro minor 26/42
  • 27. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland valore. Assumere come base d’imposizione il reddito percepito nell’arco della vita equivale ad assumere come base d’imposizione il consumo effettuato durante l’intero arco della vita, in quanto il valore attuale del consumo di un individuo nell’arco della sua vita deve essere uguale al valore attuale del suo reddito. Le critiche al reddito come base per l’imposizione Alcuni ritengono che né reddito né consumo possano costituire una base corretta per l’imposizione in quanto lo Stato non ha modo di valutare in modo preciso gli insiemi delle opportunità economiche dei soggetti. Secondo alcuni, i saggi di salario possono costituire un indicatore migliore del reddito pur se influenzati anch’essi dalle scelte dell’individuo. In pratica gli Stati utilizzano reddito o consumo come base imponibile, anche se imperfette sia dal lato della capacità contributiva sia del benessere dell’individuo. Il principio del beneficio Alcuni economisti hanno sostenuto che ciascuno dovrebbe contribuire a finanziare lo Stato proporzionalmente al beneficio che trae dai servizi pubblici ed in alcuni casi il principio del beneficio viene adottato esplicitamente. Altri economisti invece, non considerano attraente questo principio per vari motivi: è impossibile determinare la dimensione del beneficio ricevuto dai singoli, le imposte basato su di esso sarebbero distorsive ed inoltre si verificherebbe un trade-off tra equità ed efficienza. Uno schema generale per la scelta tra sistemi impositivi Tornando ad analizzare l’efficienza possiamo affermare che i sistemi d’imposta sono definiti efficienti (in senso paretiano) quando hanno al loro interno strutture d’imposta tali che nessuno può migliorare la propria condizione senza peggiorare quella di qualcun altro. Si cerca di scegliere tra le strutture d’imposta efficienti, ricorrendo ad una funzione del benessere sociale che indica l’attitudine della società verso il benessere dei diversi individui. Gli economisti hanno utilizzato due particolari funzioni del benessere sociale, quella utilitaristica e quella rawlsiana. Nella prima, il benessere sociale è dato dalla somma delle utilità di tutti i membri della collettività; nell’altra, il benessere coincide con l’utilità della persona che sta peggio. Utilitarismo: si tendeva a tassare i ricchi con aliquote più elevate di quelle applicate ai poveri. Secondo l’utilitarismo, l’imposta dovrebbe essere tale da rendere uguale l’utilità marginale (perdita di utilità provocate da una diminuzione del reddito) del reddito di tutti i contribuenti. 27/42
  • 28. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Nell’analisi tradizionale si assumeva che il reddito lordo non si sarebbe modificato per effetto delle imposte, ora il criterio richiede che il rapporto “variazione dell’utilità/variazione del gettito” sia lo stesso per tutti i contribuenti. Funzione rwlsiana: Jhon Rawls, invece, credeva ce la collettività dovrebbe preoccuparsi unicamente del benessere di chi si trova nella peggiore condizione. Lo Stato dovrebbe modellare il sistema tributario in modo da massimizzare l’utilità di quella persona. L’adozione di questa funzione porterebbe l’aumento delle aliquote per tutti i membri della collettività (tranne che per la persona più infelice) fino al punto in cui il gettito raggiunga il suo livello massimo. I limiti dell’approccio della funz. del benessere sociale Sebbene la funzione del benessere sociale è considerata estremamente utile nell’analizzare i trade-off esistenti nelle strutture fiscali, le debolezze fondamentali della capacità contributiva restano. Se tutti fossero uguali potremmo, secondo l’utilitarismo, sommare le utilità di ciascuno. Ma gli individui sono diversi e nello scegliere una struttura impositiva dovremmo eguagliare per tutti gli individui la variazione di utilità e quella di gettito. Il possibile contributo degli economisti al dibattito sull’equità Secondo gli economisti, è importante essere in grado di descrivere completamente gli effetti di un’imposta. Si può tentare di esaminare in che modo i vari gruppi della popolazione siano influenzati da diverse imposte. I sistemi tributari dovrebbero basarsi su grandezze osservabili, come il reddito e la spesa. Molte delle apparenti ingiustizie presenti nei sist. trib. sono una conseguenza della difficoltà di tradurre quelli che sembrano concetti ben definiti, nel linguaggio giuridico richiesto dalle norme tributarie. 28/42
  • 29. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland LA TRASLAZIONE E L’INCIDENZA DELLE IMPOSTE Quando il Parlamento discute l’introduzione di una nuova imposta, affronta anche il problema della distribuzione del suo onere e di chi debba pagare per finanziare l’attività o il programma cui è destinata la forma di prelievo in esame. L’onere è il vero costo di un’imposta ed è dato dalla differenza tra il reddito reale di un individuo prima e dopo l’imposta, e non sempre viene sopportato da chi materialmente la versa allo Stato. Gli economisti distinguono tra contribuenti di fatto, su cui grava effettivamente l’imposta, e di diritto, coloro per cui l’imposta è stabilita e sui quali è prelevata legalmente. Questi si chiedono quale sia l’incidenza di un’imposta, chi la paga effettivamente e quindi subisce una diminuzione del proprio reddito reale. Un’imposta può essere traslata in avanti (sui consumatori) aumentando i prezzi e all’indietro (sul lavoro) diminuendo i salari. Anche se il legislatore stabilisce che solo parte dei contributi deve gravare sui lavoratori, questi ne sostengono l’intero onere per mezzo della diminuzione dei salari. L’INCIDENZA DELLE IMPOSTE NEI MERCATI PERFETTAMENTE CONCORRENZIALI Non vi è alcuna differenza se a pagare le imposte siano i produttori o i consumatori, l’unica cosa che conta è la curva di offerta e di domanda del bene. -Se l’imposta è fatta gravare sull’impresa, è questa a scegliere il livello di produzione per cui il prezzo uguaglia i costi marginali. Il suo costo di produzione effettivo aumenta di un ammontare pari alla suddetta imposta e la quantità del bene che sarà disposta ad offrire ad un determinato prezzo p0 sarà inferiore. (grafico10. 1 pag291) La curve di offerta dell’impresa individua la quantità del bene che questa è disposta ad offrire ad un determinato prezzo; la curva di offerta dell’intero mercato individua l’ammontare totale che tutte le imprese sono disposte ad offrire per ciascun livello del prezzo Quando l’imposta grava sui produttori (grafico 10.2 pag292), la curva di offerta si sposta verso l’alto di un ammontare pari a quello dell’imposta e il prezzo cresce. I produttori non possono traslare sui consumatori l’intero costo dell’imposta, perché questo provocherebbe un diminuzione della domanda, e per evitare questo, aumentano il bene di un importo leggermente inferiore al valore dell’imposta. Le imprese arrivano a produrre meno, ma più di quanto produrrebbero se i consumatori non sostenessero parte del costo aggiuntivo. 29/42
  • 30. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland - Se il Parlamento stabilisse che devono essere i consumatori a pagare l’intera imposta su un bene di consumo, in realtà non cambierebbe niente e i produttori non dovrebbero preoccuparsi direttamente di tale imposta. Gli effetti di un’imposta possono essere visti sia come uno spostamento verso il basso della curva di domanda esattamente pari al valore dell’imposta, quando consideriamo il prezzo come ricevuto dal produttore, che uno spostamento verso l’alto della curva di offerta quando lo consideriamo pagato dal consumatore (grafico 10.3 pag293). Come è irrilevante se il soggetto che paga l’imposta sia il produttore o il consumatore, similmente, non fa alcuna differenza se l’imposta è prelevata in una data percentuale del prezzo (ad valorem) o in ammontare fisso per ciascuna unità di output (imposta specifica). In entrambi i casi, infatti, i produttori ottengono una percentuale fissa del prezzo pagato dai consumatori e i due effetti, in corrispondenza dell’equilibrio, sono gli stessi (grafico 10.4 pag296). Le due imposte spesso differiscono tra loro, in quanto le autorità fiscali non sono in grado di regolare adeguatamente le imposte specifiche in modo da considerare le differenze nelle qualità dei beni, ma l’incidenze di una e dell’altra sono equivalenti.. Elasticità della domanda e dell’offerta La parte dell’imposta sostenuta dai consumatori dipende dalla forma delle curve di dom e di off. Quando la curva di off è orizzontale o quella di dom è verticale, il P aumenta di un importo pari all’imposta cosicché è interamente sostenuta dai consumatori (fig10. 5 pag298). Quando la curva di off è verticale e quella di dom è orizzontale, il P non aumenta e l’imposta è interamente sopportata dai produttori (fig 10.6 pag 299). Più in generale, quanto più è inclinata la curva di dom o più è piatta quella di off, tanto più l’imposta sarà sopportata dai consumatori e viceversa per i produttori. L’inclinazione delle curve è misurata rispettivamente dall’elasticità della domanda e dell’offerta La prima indica la variazione del consumo di un bene al variare del prezzo, la seconda indica la variazione della quantità prodotta al variare del prezzo, entrambe espresse in termini percentuali. L’elasticità è pari a zero quando abbiamo una curva di domanda o di offerta verticale, dove non si modificano al variare del prezzo; nel caso di curve orizzontali, parliamo di curve infinitamente elastiche. Le imposte sui fattori produttivi (grafici 10.7-10.8) L’incidenza di un’imposta su un fattore produttivo, ad esempio il lavoro, dipende dall’elasticità della dom e dell’off di quel fattore. Se l’off di lavoro è inelastica, l’imposta ricadrà maggiormente sui 30/42
  • 31. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland lavoratori ed è inoltre dimostrato che la curva è leggermente inclinata negativamente, questo vuol dire che all’aumentare dei salari diminuisce l’off di lavoro. L’incidenza di un’imposta su un fattore la cui off è inelastica, è sopportata interamente dal fattore stesso mentre se l’off è elastica, l’imposta viene completamente traslata. L’INCIDENZA DELLE IMPOSTE NEI MK NON PERFETTAMENTE CONCORRENZIALI Se l’industria in questione fosse il monopolio o una simile, l’incidenza dell’imposta sarebbe molto diversa. In assenza di imposte, il monopolista sceglierà di produrre a un livello tale che il costo di un aumento ulteriore dell’output sia esattamente uguale al beneficio (max : Cm=Rm). Il monopolista sceglierà il livello di output corrispondente al punto d’intersezione tra la curva del Cm e quella del Rm (figura 10.9 pag307). Un’imposta su un bene può essere vista semplicemente come un incremento del costo di produzione e ciò avrà come effetto una riduzione dell’output e un aumento del prezzo pagato dai consumatori. RM = p(1-1/ηd) dove ηd rappresenta l’elasticità costante della domanda rispetto al prezzo; RM = CM p(1-1/ηd) = CM p = CM/(1-1/ηd) p = (CM+ t)/(1-1/ηd). Un’altra differenza tra mercati concorrenziali e non concorrenziali è rappresentata dalla scelta tra imposta specifica e ad valorem, mentre nei mercati concorrenziali la scelta è irrilevante, nel monopolio gli effetti delle due imposte sono differenti. In un mercato monopolistico, a parità di gettito, un’imposta ad valorem dà luogo a un livello di produzione maggiore rispetto ad un’imposta specifica. Un’altra forma di mercato non concorrenziale è l’oligopolio, qui ciascun produttore interagisce strategicamente con tutti gli altri. Se uno modifica il prezzo o la quantità prodotta, è possibile che anche gli altri lo facciano. Nel caso di un aumento delle imposte, tutti aumenteranno i loro prezzi, traslando l’onere sui consumatori. Imposte equivalenti 31/42
  • 32. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Sono quelle imposte che all’apparenza sono diverse ma nella realtà sono simili o equivalenti in quanto la loro incidenza è la stessa (es. imposte pagate dai datori di lavoro e dai lavoratori, imposte pagate dai consumatori e dai produttori). Altre imposte che devono essere equivalenti sono l’imposta sul reddito, che colpisce tutti i tipi di reddito con la stessa aliquota, e quella sul valore aggiunto, applicata a ciascuna fase del processo produttivo e che grava su tutti i tipi di prodotto con la stessa aliquota. Ci sono, poi, le imposte sui consumi che sono equivalenti alle imposte sul reddito da lavoro dalla quale siano esenti i redditi da capitale/lasciti o eredità (fig 10.10 pag312). Risultano, inoltre, equivalenti le imposte sul consumo e quella sul salario. Il fatto che due imposte siano tra loro equivalenti non significa che non vi siano effetti nel caso si passi dall’una all’altra. L’equivalenza implica semplicemente che due imposte producano esattamente gli stessi effetti nel lungo periodo; nel breve periodo gli effetti connessi alla scelta di un’imposta piuttosto che dell’altra possono essere sostanzialmente diversi. Altri fattori che influenzano l’analisi dell’incidenza delle imposte Bisogna distinguere se l’analisi è fatta in condizioni di equilibrio parziale o generale. Nel primo tipo di analisi si ipotizza che tutti i prezzi e le remunerazioni dei fattori rimangono costanti, e quindi non vengono modificati dall’imposta. Nella realtà molte imposte influenzano contemporaneamente molte industrie e l’analisi dell’impatto di tale imposta richiede un’analisi dell’equilibrio dell’intera economia, equilibrio generale, e non solo delle industrie su cui grava quell’imposta. In molti casi gli effetti delle due analisi non coincidono ed anche in questo caso, l’incidenza complessiva di un’imposta sui redditi dipende dall’elasticità delle curve di dom e off (fig 10.11 pag316). L’introduzione dell’imposta determina un aumento del costo del capitale nel settore societario, il prezzo dei prodotti realizzati aumenta e le imprese per produrre utilizzano più lavoro e meno capitale. Parte dell’imposta viene traslata sui lavoratori e parte sui consumatori. Da tutto ciò emerge che: 1. le società, in quanto tali, non sopportano l’onere delle imposte, poiché sono le persone a farlo. 2. a causa degli effetti dell’equilibrio generale, l’impatto delle imposte sulle società non si esaurisce all’interno del settore societario ma investe l’intera economia. 3. gli effetti possono variare seconda che del periodo dell’analisi e della struttura dell’economia. 32/42
  • 33. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Una distinzione analoga va fatta tra l’incidenza dell’imposta nel breve e nel lungo periodo. Nel breve, molte cose che nel lungo possono variare sono date. Il capitale utilizzato oggi in una data industria non può essere trasferito ad un’altra, nel lungo invece è sempre possibile in dirizzare i propri investimenti. L’effetto della tassazione del risparmio può essere minimo nel breve periodo mentre può scoraggiare il risparmio nel lungo periodo e provocare la diminuzione della domanda di lavoro, il che porterà ad un abbassamento dei salari. Da ciò deriva che l’incidenza di lungo periodo sul risparmio ricada sui lavoratori. Altro fattore di notevole importanza è l’apertura dell’economia. Se un economia è aperta, la curva di offerta risulta infinitamente elastica. L’ultimo aspetto riguarda le politiche d’intervento dello Stato. Esiste un particolare vincolo di bilancio che dice che “entrate + disavanzo = spese pubbliche”. Se lo Stato aumenta un’aliquota d’imposta ne dovrà ridurre un’altra (analisi dell’incidenza differenziale delle imposte) oppure ridurre l’indebitamento oppure aumentare la spesa (analisi dell’incidenza delle imposte con bilancio a pareggio). Quando si ritiene che altri strumenti possano essere utilizzati per controbilanciare gli effetti indiretti, si può considerare un’insieme di politiche tali da lasciare immutata l’accumulazione di capitale: analisi dell’incidenza a parità di crescita. Gli studi empirici, volti a stimare la distribuzione del carico tributario, mostrano che il grado di progressività del sistema dipende in modo cruciale dalle ipotesi in merito all’incidenza delle singole imposte. Sotto un particolare gruppo di ipotesi, l’attuale sistema tributario degli Stati Uniti presenta un certo grado di progressività, sebbene inferiore rispetto a quanto non appaia “sulla carta”. 33/42
  • 34. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland IMPOSTE ED EFFICIENZA ECONOMICA Tutte le imposte hanno un effetto sul comportamento economico. Poiché trasferiscono risorse dagli individui allo Stato, i primi devono modificare i loro comportamenti. Un aumento delle imposte fa necessariamente diminuire il benessere dei contribuenti ed è la politica tributaria che si prefigge di scegliere la struttura impositiva che renda minima la perdita di quel benessere. • L’effetto di imposte sopportate dai consumatori Il consumatore dispone di un reddito e può scegliere tra due beni. Se viene introdotta un’imposta su un bene ed, in questo caso, il prezzo è interamente pagato dal consumatore, il bene risulta più costoso e quindi ne acquisterà meno rispetto a prima (fig. 11.11 pag334). L’introduzione di un’imposta su un bene di consumo causa l’effetto reddito o l’effetto sostituzione. Effetto reddito: un’imposta causa il peggioramento della situazione economica dell’individuo, in quanto riduce la quantità di denaro da spendere e questo sarà portato a consumare una quantità inferiore del bene tassato. Effetto sostituzione: quando un bene diventa più caro, si tende a sostituirlo con uno meno caro.(fig. 11.2 pag 338). Abbiamo parlato, in precedenza, delle imposte in somma fissa (imposte che devono pagare tutti, indipendentemente dai consumi). Quando sono presenti queste imposte, il VB cambia: spese per il consumo dei beni = reddito –imposta in somma fissa. La perdita eccessiva di benessere (fig. 11.4 pag 339) è detta eccesso di pressione e tra le cause troviamo aliquote d’imposta elevate o l’aumentare dell’elasticità delle curve di dom compensata. Altrettanto importante è il gettito fiscale ottenuto da un’imposta a somma fissa piuttosto che da un’imposta su un qualsiasi bene di consumo e la differenza di gettito ottenuto dallo Stato rappresenta la misura della perdita di benessere generata da un’imposta. • Effetti di imposte sopportate dai produttori In realtà l’onere di un’eventuale imposta è parzialmente sopportato dai produttori. Si ha, in tal caso, un eccesso di pressione sui produttori (con l’eccezione del caso in cui la curva di off sia è verticale e quindi l’elasticità è pari a zero). Anche in questo caso, l’eccesso di pressione è dato dalla differenza del gettito di un’imposta fissa ed un’imposta applicate su un bene utilizzato nel processo produttivo. 34/42
  • 35. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Se l’impresa non può sostituire quel bene con un altro, l’imposta su questo bene non avrà effetti diversi da quelli di un’imposta su un bene finale ed in tal caso non si avrebbe nessun eccesso di pressione • Le imposte sul risparmio L’allocazione del reddito di un individuo tra consumo nel periodo corrente e nel periodo futuro è un problema del tutto simile a quello dell’allocazione del reddito tra due beni diversi nello stesso periodo. Considerando l’effetto di un’imposta sul reddito da interesse (la quale produce un effetto negativo sul risparmio) ne deriva che l’imposta è distorsiva se spinge il consumatore a sostituire tra loro consumo corrente e futuro. Si può confrontare l’effetto dell’imposta sugli interessi con quello di un imposta in somma fissa e ne deriva che questa ultima darebbe un gettito maggiore, in altre parole, a parità di gettito l’imposta fissa provocherebbe una diminuzione di utilità minore di quella determinata dall’imposta sugli interessi. La dimensione della distorsione dipende dall’ampiezza dell’effetto sostituzione, che dipende a sua volta dal grado di sostituibilità reciproca tra consumo corrente e futuro. • Le imposte sul reddito da lavoro Come per il risparmio, possiamo modellare l’offerta di lavoro in termini di scelta tra due beni di consumo. In questo caso i beni sono tempo libero e l’acquisto di beni e servizi ed anche in questo caso siamo in presenza di effetto reddito ed effetto sostituzione. L’effetto sostituzione spinge l’individuo a lavorare meno, mentre l’effetto reddito lo spinge a lavorare di più; i due effetti agiscono in direzioni opposte. Anche questo tipo d’imposta è distorsiva ed in particolare, lo è finché si ha l’effetto sostituzione. Le imposte trattate fino ad ora sono tutte proporzionali (se aumenta il consumo del bene tassato, aumenta anche l’ammontare dei pagamenti dovuti all’imposta) ma non vi rientra, ad esempio, l’imposta sul reddito individuale. Negli Stati Uniti si applica il credito d’imposta per redditi da lavoro, è una detrazione effettuata sui redditi che non superano un certo ammontare. Tale detrazione viene ridotta, o soppressa, quando il reddito da lavoro supera il limite stabilito. Un esempio è rappresentato da un lavoratore che percepisce un salario basso e che riceve un sussidio salariale (credito d’imposta) fino ad un certo livello del salario, e deve invece pagare un’imposta quando i salari superano un determinato livello (fig 11.14 pag355). 35/42
  • 36. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Per molti individui, gli incentivi a lavorare diminuiscono con l’introduzione di un credito d’imposta, ma gli incentivi ad entrare a far parte della forza lavoro aumentano. In presenza di un credito d’imposta per redditi da lavoro, l’individuo che sarebbe stato contento di ricevere il trasferimento assistenziale, adesso preferisce lavorare. Non meno importante della partecipazione alla forza lavoro, è il numero delle ore di lavoro, le quali si aggiustano in risposta all’andamento delle forze economiche. Individui ad alto reddito (fig 11.15). • Imposte sull’offerta di lavoro Esistono due metodi per studiare questo problema: l’analisi statica dei dati campionari e gli esperimenti. La prima analisi utilizza tecniche statistiche per analizzare l’effetto di variazioni dei salari netti. I dati disponibili riguardano il numero di ore lavorate da individui con salari diversi. Un primo esame rivela che chi ha un salario più elevato tende a lavorare di più (correlazione tra due variabili economiche). Con l’introduzione di un’imposta, invece, si verificherebbe una diminuzione dei salari (inferenza). Tra i lavoratori esistono numerose differenze, oltre al salario, e le analisi più sofisticate cercano di tener conto del maggior numero di tali differenze tentando di verificare se risulti effettivamente che lavorano di più quelli che ricevono un salario più elevato. Dalle varie analisi, però, ne è risultato che non sono gli individui ad alto reddito ad aumentare l’offerta di lavoro ma bensì quelli con un reddito inferiore. Gli esperimenti, invece, sono i sondaggi d’opinione che forniscono stime abbastanza accurate del voto degli elettori, intervistando soltanto un piccolo campione di popolazione. Un piccolo campione potrebbe dare un’indicazione affidabile di quale sarebbe la reazione del resto della popolazione davanti ad una struttura di imposta alternativa. Ci sono, però, delle limitazioni: 1. il fenomeno noto come effetto di Hawthorne, presente in tutti i lavori sperimentali che coinvolgono esseri umani: chi viene incluso in un esperimento e sa che il suo comportamento è oggetto di analisi tende a modificare quel comportamento; 2. poiché la partecipazione all’esperimento è volontaria, un errore sistematico potrebbe essere associato al tipo di persone che si rifiutano di partecipare; 3. le reazioni individuali di fronte a variazioni di breve periodo dell’ambiente economico circostante possono differire da quelle che si verificherebbero se le stesse variazioni fossero di 36/42
  • 37. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland lungo periodo. Da un lato, una modifica temporanea della struttura di imposta fa aumentare il reddito dei partecipanti per la durata degli esperimenti, ma ha un effetto più modesto sul loro reddito permanente, minore rispetto a quello che avrebbe la stesa modifica se fosse definitiva. Dall’altro, spesso l’esperimento implica per i partecipanti una più elevata aliquota marginale di imposta, vale a dire una riduzione temporanea del saggio del salario netto che può avere effetti diversi rispetto a quelli di una riduzione permanente. Gli individui ridurranno la quantità di lavoro più di quanto avrebbero fatto se la diminuzione del salario fosse stata permanente. E’ possibile che molti tra i partecipanti ad un dato esperimento abbiano un potere discrezionale limitato sulla scelta del numero di ore di lavoro; se però tutta la popolazione avesse di fronte la nuova struttura di imposta, potrebbe determinarsi una pressione al cambiamento delle consuetudini istituzionali al fine di renderle maggiormente conformi alle preferenze individuali. Il costo elevato e l’ambiguità dei risultati degli esperimenti portati a termine in questi anni hanno fatto sì che ce ne siano stati pochi altri della stessa entità e con la stessa finalità. E’ stata invece posta maggiore attenzione nella progettazione dei programmi pilota, in modo da poter effettuare valutazioni più robuste su ciò che funziona e ciò che deve essere rivisto. 37/42
  • 38. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland LA TASSAZIONE OTTIMALE Una struttura delle imposte è pareto-efficiente quando non esistono strutture d’imposta alternative in grado di migliorare la situazione di qualche individuo senza peggiorare quella di qualche altro tutte le imposte non pareto-efficienti sono distorsive. Data una particolare funzione del benessere sociale la struttura ottimale delle imposte(sistema d’imposta)è la struttura pareto-efficiente che massimizza quella funzione del benessere sociale. Se tutti gli individui fossero uguali e fossero considerati allo stesso modo per quanto concerne la finalità della tassazione,un imposta in somma fissa sarebbe la sola imposta efficiente;tutte le altre imposte sono distorsive. Ma lo Stato non ha informazioni perfette su tutti gli individui della collettività ecco perché deve ricorre all’uso delle imposte discorsive. Se avesse informazioni perfette riuscirebbe a tassare di più chi ha capacità superiori e meno chi è meno abbiente. Un imposta sul reddito(tipica imposta adottata dallo Stato)per esempio tratta nello stesso modo i meno e i più abbienti e quindi è necessariamente un imposta distorsiva. L’utilizzo di tale imposte è dovuto alla necessità di redistribuire il reddito senza avere perfetta informazione. Le strutture di imposta efficiente vanno a minimizzare le distorsioni. Se si considera un imposta sul reddito di tipo progressivo non si può far a meno di considerare il trade-off che ne scaturisce:tanto maggiore è la perdita di benessere,cioè l’inefficienza generata dall’imposta,tanto più basso è il grado di disuguaglianza. Gli economisti a riguardo dell’entità di tale trade-off si dividono in: • elasticity optimists,che le distorsioni derivanti da tale tipo di sistema di imposte siano minime • elasticity pessimists,che ritengono invece che le distorsioni siano elevate. Le imposte progressive provocano una perdita di benessere perché? Innanzi tutto un imposta è progressiva quando il rapporto tra debito di imposta aumenta all’aumentare del reddito mentre un imposta è costante quando l’imposta addizionale che un individuo paga o riceve quando il suo reddito aumenta di un euro è costante. Si sa che la perdita di benessere aumenta con aliquota d’imposta marginale:l’entità dell’eccesso di pressione dipende dall’effetto sostituzione e l’entità di quest’ultimo dipende dall’aliquota marginale d’imposta. Le imposte più progressive hanno aliquote marginali più elevate,e perciò generano una perdita maggiore di benessere rispetto alle imposte con aliquote costanti inoltre tanto più progressiva 38/42
  • 39. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland l’imposta tanto più elevata è la probabilità di avere un offerta di lavoro e un PIL basso il che rende necessaria una aliquota ancora più alta. I meno abbienti sono avvantaggiati da un aliquota d’imposta progressiva ma non è detto però che il valore sociale del benessere ottenuto dai poveri superi il valore sociale delle perdite subite dai ricchi. Ciò dipende dalla funzione del benessere sociale. Fino ad ora si è ipotizzato che l’imposta sul reddito non venga traslata:ossia non abbia effetti sul reddito al lordo dell’imposta stessa anche se comunque molti economisti ritengono che le imposte sul reddito producano un notevole grado di traslazione. N.B. Poiché l’imposta progressiva prevede un trasferimento a favore di chi abbia un reddito inferiore al livello critico,talvolta la parte della curva di imposta corrispondente a un reddito inferiore a quello della soglia critica Ŷ viene indicata con l’espressione imposta negativa sul reddito Accrescere i benefici dei poveri? Progettare le modalità dei trasferimenti /sussidi ai poveri molto complesso infatti non si ottengono più traasferimenti solo aumentando le imposte,bisogna progettare anche la fase della graduale perdita del diritto a seconda dell’aumentare del reddito. Il procedimento di progettazione è detto phaseout. Si hanno due tipi di phaseout: • rapido,con un elevata aliquota marginale di imposta(si riducono i trasferimenti in forte misura per ogni euro in più di reditto)e ciò indebolisce gli incentivi al lavoro • lento,riduce l’effetto disincentivante ma consente anche ad altri individui di beneficiare dei trasferimenti,determinando a parità di trasferimenti per i più poveri un aumento della tassazione per finanziarli. Quindi bisogna scegliere il programma che concili l’obbiettivo di rendere selettivi i trasferimenti con adeguati incentivi al lavoro. Fino ad ora si è ipotizzato un sistema di imposte con aliquota costante ma la maggior parte degli stati adoperano una struttura delle imposte sul reddito non lineare. I caratteri fondamentali di un tale sistema sono: • imporre aliquote medie elevate e aliquote marginali basse per le persone più ricche • fare in modo che il minor numero possibile di persone sia gravato da aliquote marginali elevate 39/42
  • 40. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland • imporre aliquote marginali elevate su coloro per cui l’imposizione è meno distorsiva ossia per i poveri.. Ridurre le aliquote marginali di imposte per le classi più abbienti può produrre un miglioramento del benessere per tale gruppo senza alcuna riduzione del gettito fiscale per lo Stato(fig pag 386). Lo Stato impone una vasta gamma di imposte su vari beni di consumo in tal caso si parla di imposte differenziate(es quella sui biglietti aerei). Alcune di queste imposte sono progettate come imposte: • per il servizio usufruito • correttive • sui beni di lusso. La regola di Ramsey definisce l’insieme di imposte sui beni che rende minimo l’eccesso di pressione,dato il gettito. Tale regola è sintetizzata dall’espressione: t/p=k(1/ndu + 1/ns ) dove: • t è l’imposta per unità di prodotto • p è il prezzo del bene al lordo dell’imposta • ndu l’elasticità della domanda • ns l’elasticità dell’offerta. Se l’elasticità dell’offerta è infinita,la regola richiede semplicemente che l’imposta sia inversamente proporzionale all’elasticità compensata della domanda. Nel semplice caso di indipendenza delle funzioni di domanda e offerta,tanto più elevate sono le elasticità dell’offerta e della domanda compensata di un bene,tanto più bassa dovrebbero essere le aliquote su quel bene. L’opportunità di tassare i beni con aliquote differenti dipende dagli strumenti impositivi a disposizione dello Stato. Sotto ipotesi ragionevoli si può dimostrare che se lo Stato già utilizza un imposta ottimale sul reddito non è desiderabile introdurre alcuna imposta sui beni e per gli stessi motivi,non si dovrebbero tassare gli interessi. Anche nel caso in cui gli strumenti a disposizione dello 40/42
  • 41. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Stato siano limitati a un’imposta sul reddito ad aliquota costante,si può presumere in una certa misura l’inopportunità di una tassazione differenziata dei beni. Se il settore privato non realizza profitti(le imprese operano in regime di concorrenza perfetta oppure lo Stato è in grado di tassare i profitti con un aliquota del 100%)e in assenza di altre limitazioni alla capacità dello Stato di applicare imposte non è desiderabile introdurre imposte che ostacolino l’efficienza produttiva dell’economia. Se si abbandonano queste ipotesi forti,può essere desiderabile introdurre imposte che interferiscano sull’efficienza produttiva. 41/42
  • 42. Appunti di Scienza delle Finanze Visto su: Profland Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland: http://profland.altervista.org sezione Profstudio http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm oppure da qualche mirror, come: www.profland.cjb.net www.profland.135.it o dalla pagina dedicata su slideshare.net: www.slideshare.net/profman 42/42