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4 FACCIATE
L
a tendenza ad ispirarsi a fonti storiche
diverse, cogliendo in ciascuna di esse
gli elementi ritenuti migliori, ha carat-
terizzato l’architettura della seconda metà
del diciannovesimo secolo, portando alla
realizzazione di edifici in cui si combinano
elementi diversi, tratti da stili precedenti.
Con il termine “eclettico” si identifica per-
tanto quel periodo storico, immediata-
mente successivo al neo-Gotico o Gothic
Revival, in cui si cercava tra gli stili del pas-
sato quello più consono alla destinazione
dell’edificio da progettare ed erigere. Si
studiava scrupolosamente l’architettura di
epoche precedenti per trarne precisi sug-
gerimenti, soprattutto per l’aspetto ester-
no1 degli edifici, nell’illusoria fiducia che
dalla rievocazione degli stili passati potesse
scaturire un’architettura italiana autentica-
mente innovativa.
Questo atteggiamento, che si diffuse ulte-
rirormente nei primi anni del secolo vente-
simo, fu senza dubbio favorito dal fatto
che l’architettura della seconda metà del-
l’Ottocento non seppe trovare un proprio
peculiare linguaggio, atto a proporre nuo-
ve soluzioni funzionali alle esigenze edilizie del
proprio tempo. Viene così comunemente defini-
ta “architettura eclettica” quello stile di costruzio-
ne che non segue un determinato sistema o in-
dirizzo, ma sceglie ed armonizza “principi” di
scuole ed indirizzi architettonici diversi, produ-
cendo edifici che, anziché rappresentare il frutto
di un’ispirazione unitaria, appaiono piuttosto co-
me la sintesi di stili diversi ecletticamente fusi. Sti-
li antichi accorpati con spirito moderno.
Il riferimento al Medioevo
Il filone neo-eclettico di fantasia con reintegra-
zioni in stile e ricostruzioni medievali (soprattut-
to di ispirazione toscana) si affermò in particola-
re dopo il 1910, nel recedere del liberty, accen-
tuando i caratteri individualistici della ricerca del
pezzo unico eccezionale, con forme irripetibili su
larga scala. Il Medioevo divenne il periodo storico
di riferimento e venne rivalutato come il regno
della libertà estetica. L’amore di artisti e architetti
per quest’epoca storica, soprattutto per i modelli
tre e quattrocenteschi, occupa il posto principale
del rinnovamento estetico di questo periodo.
L’architettura medievale, infatti, era considerata
più libera, con i suoi volumi asimmetrici, ricchi di
I N P R I M O P I A N O
Con questa definizione viene
identificata quell’architettura
che, a partire da metà Ottocento,
ripropone i repertori della
tradizione in una visione
di personale rappresentazione,
quasi teatrale
Lo stile
eclettico
1. In troppi casi si avverte la forte disomogeneità
tra esterno ed interno dove la facciata viene
concepita pressochè indipendente dall’organi-
smo architettonico.
FACCIATE 5
svariatissimi particolari e le sue decorazioni poli-
crome, il cui fascino non poteva non catturare il
vero architetto artista.
In questo senso l’eclettismo, con la sua indifferen-
za per le ricostruzioni filologiche, lasciò ampio
spazio alla libertà e all’audacia interpretativa degli
artisti. Il clima culturale del periodo è ben rappre-
sentato da un’affermazione dello storico Alfredo
Melani, che nel 1900 scriveva: “….Il nostro paese è
tanto ricco di arte antica da scoraggiare i più ardi-
ti sognatori di forme nuove….Quando si hanno
delle tradizioni così alte, è difficile abbandonare il
vecchio per il nuovo.”2
La disinvoltura e la libertà degli architetti eclettici
ha prodotto un’architettura estetica di epidermi-
de, che nei materiali predilige il mattone e le pie-
tre caratteristiche locali (proprio come si usava nel
Medioevo), oltre che ai materiali decorativi propri
del brillante artigianato su cui si appoggia. Altre
volte, invece, si utilizza l’amalgama di cemento.
La decorazione è parte essenziale nel definire i
prospetti degli edifici, con una grande ricchezza
e varietà degli elementi a sporto (alla “fiorenti-
La varietà della
decorazione
è la principale
caratteristica
dell’architettura
eclettica.
Mattone,
pietra,
amalgama
di cemento
bianco,
cementi
decorativi a
imitazione
di lastre lapidee
si alternano
in un disegno
libero
da schemi
2. In “Arte Italiana Decorativa e Industriale”, IX,1900
n.12, pp.93-98
D I F A B I O C A R R I A
6 FACCIATE
na”), con loggiati e merlature di coronamento e
cornici marcapiano dalle sagome classiche. Dai
bugnati a bozze in “granitone” della zoccolatura
del piano terreno si passa al finto bugnato dipin-
to o in cemento dei piani superiori. Varie applica-
zioni in ferro battuto completano gli edifici che,
nel contrasto con la rustica edilizia circostante,
trovano senz’altro la specificità della funzione
rappresentativa.
Attorno all’impresa architettonica e alla figura to-
talizzante dell’architetto-artista si organizza un
grande numero di operai ed eccellenti artigiani
che, con elevato livello qualitativo, mettono in
pratica i dettami e le indicazioni ricevute, attra-
verso la cura maniacale del dettaglio nell’esecu-
zione di ogni singolo elemento, mantenendo al-
ta la dignità e la forza del manufatto ed assecon-
dando lo stile eclettico.
In questo senso l’architettura eclettica può esse-
re considerata certamente un’architettura di lus-
so o comunque di grande impegno economico,
perché rivolta a una clientela ricca, con edifici di
personale abitazione dell’alta borghesia, specie
quella imprenditoriale, già committente elettiva
del liberty. Per questo ceto abbiente, che stava
aumentando via via in ricchezza, prestigio e pote-
re, adottando schemi e modi sempre più propri
dell’aristocrazia, non mancò anche un neo-Baroc-
co con facciate disegnate su ispirazione dei palaz-
zi nobiliari del Settecento, da ostentare quale sta-
tus simbol.
Nella città di Milano furono numerose le realizza-
zioni architettoniche frutto di questa tendenza,
tanto da renderla una sorta di museo a cielo
aperto dell’architettura eclettica. Un caso a sé è
quello dei fratelli Coppedè, Gino e Adolfo, che
hanno dato vita a prodotti stravaganti, suadenti
ed anomali, ma per nulla isolati nel panorama
dell’architettura italiana ed europea di quegli an-
ni. Un’architettura iperbolica, spesso utopica e
visionaria che coniuga monumentalismi nostrani
con recuperi medievali e rinascimentali come
nell’edificio oggetto del restauro che viene de-
scritto nell’articolo seguente. "
I N P R I M O P I A N O
Il tema del
loggiato viene
liberamente
interpretato
riproponendo
lo schema
medievale,
arricchito da
decorazioni
ricercate e
abbondanti
Cenni storici
Il palazzo, edificato in una delle zone più
centrali di Milano, tra il Castello Sforzesco e
la basilica di S.Ambrogio, fu commissionato
da Novalinda Viviani Cova e realizzato con
alcune modifiche rispetto al progetto origi-
nario presentato dall’architetto Adolfo
Coppedè il 1 febbraio 19101.
Situato all’incrocio delle vie Carducci e San
Vittore, questo edificio è contraddistinto
da una costruzione a forma di torre di cin-
que piani e da un’architettura chiaramente
ispirata all’eclettico tono neo-medievale
dei castelli disegnati da Gino Coppedè, fra-
tello di Adolfo, il progettista di palazzo Co-
va. Il segno di Adolfo Coppedè, però, è as-
sai più marcato e pesante e conferisce a
tutta la struttura una corposa dimensione
I L C A N T I E R E
Pulitura, consolidamento
e protezione
sono le principali
fasi operative
di questo intervento
di manutenzione
ordinaria su un
importante palazzo
milanese
8 FACCIATE8 FACCIATE
Il restauro
di Palazzo Cova
a Milano
Il restauro
di Palazzo Cova
a Milano
1. Il fascicolo relativo al Palazzo Cova è conserva-
to presso L’Archivio Storico del Castello Sforze-
sco di Milano , Ornato Fabbriche II, n.596.
volumetrica, che non lascia spazio alle fantasiose
ed azzardate combinazioni tipiche delle realizza-
zioni del più famoso fratello2. Rispetto agli altri ar-
chitetti che lavorano su uno stile analogo, come
Giuseppe Mancini e Giulio Ulisse Arata, i Coppedè
caratterizzano i loro edifici con particolari minu-
ziosi e abbondanti decorazioni.
Uno degli aspetti più caratterizzanti è la ricchezza
e la varietà degli elementi di sporto, che accen-
tuano caratteri individualistici e peculiari del sin-
golo manufatto, non certo ripetibili su vasta sca-
la, che fanno di ogni loro edificio una sorta di pez-
zo unico ed eccezionale.
La posizione di Palazzo Cova richiedeva un’accu-
rata decorazione di entrambe le facciate, che ri-
sultano egualmente rifinite, con una particolare
cura della zona d’angolo, impreziosita da un bel-
Palazzo Cova,
all’incrocio tra
via Carducci e
via San Vittore
a Milano.
Vista delle
facciate dopo
i lavori di
manutenzione
FACCIATE 9
2. Del resto la coincidenza del linguaggio tra i due fratelli
indusse già nel 1933 lo storico Raffaele Calzini ad at-
tribuire questo edificio a Gino Coppedè anziché ad
Adolfo ritenendolo, unitamente alla casa Berri Mere-
galli, realizzata da Arata sempre a Milano, una delle ar-
chitetture emblematiche dell’anno 1914.
D I F A B I O C A R R I A
10 FACCIATE
I L C A N T I E R E
Vista della facciata
di Palazzo Cova sul lato
di Via San Vittore
prima (1) e dopo (2)
i lavori.
Effetto della pulitura
del rivestimento di
facciata in mattoni.
Confrontando le
immagine riprese
prima (3) e dopo (4) i
lavori eseguiti si nota
come l’amalgama di
cemento bianco della
colonna, dei contorni e
della fascia marcapiano
ha ripreso la sua
lucentezza originale.
Il rivestimento in
mattoni prima (5)
e dopo (6) la pulitura
e la stilatura dei giunti
di accosto.
1 2
3
4
5
6
FACCIATE 11
lissimo loggiato sporgente e da una copertura
spiovente sovrastante il piano terreno adibito a
negozi.
Il rivestimento a bugnato arriva fino alla cornice
del primo piano, poi il rivestimento del resto del
paramento architettonico prosegue con il matto-
ne rosso, ad eccezione della parte ad intonaco
proprio nella loggia d’angolo. Elementi in finta
pietra si trovano nelle ali del quarto piano, an-
Cantiere Via Carducci 36 a Milano
Progetto, DL, 494 Carria, Centini, Levi
Architetti Associati
Impresa Teco s.r.l. – Milano
Restauratori Panta res - Milano
Progetto rinforzi Polis Engineering s.r.l.
strutturali In acciaio Milano
SCHEDA DELL’INTERVENTO
Esempi
del degrado
delle superfici
lapidee che
presentavano
numerose
esfoliazioni
superficiali
dovute
all’inquinamento
atmosferico
e all’assenza
di protezione.
ch’esse protette da tetto spiovente con copertu-
ra in coppi e travature portanti in legno squadra-
to. Altri elementi decorativi sono realizzati in
amalgama cementizio bianco, come le profilature
degli archi attorno alle finestre e dei merli, le co-
lonnine e i trafori delle balaustre, i doccioni, le ca-
ditoie della torre, che risulta impostata a partire
dal quarto livello sul lato di via San Vittore.
La costruzione dell’edificio fu affidata all’impresa
Luigi Arienti, che già collaborava con l’architetto
Adolfo Coppedè, e nel 1915 venne rilasciata l’abi-
tabilità per il piano aggiunto.
Attualmente il palazzo si presenta con un’ulterio-
re e recente sopraelevazione in corrispondenza
del lato di via Carducci, che non è stata oggetto
d’intervento.
Il cantiere
Il restauro effettuato sulle facciate esterne ha
previsto un insieme di interventi, che possono es-
sere compresi nell’accezione di manutenzione or-
dinaria. Si è trattato di una semplice ma attenta
pulitura con sistemi assolutamente rispettosi di
tutti i materiali esistenti; inoltre si è operato il con-
solidamento, dove strettamente necessario, e la
ricostruzione delle parti rimosse perché realizzate
con materiali non idonei a preservarne la conser-
vazione; si è proceduto alla messa in sicurezza
delle situazioni inaffidabili di alcuni sporti ed infi-
ne all’indispensabile protezione finale dei mate-
riali, operazione irrinunciabile di ogni intervento
di conservazione.
L’intervento sui laterizi faccia a vista. Il para-
mento esterno “faccia a vista” (cioè senza il rive-
stimento dello strato protettivo dell’intonaco) è
ottenuto dall’accostamento dei classici mattoni
da costruzione posati in opera con giunti regolari
di malta. Per questo motivo le cause che deter-
minano il loro degrado riguardano due materiali
distinti: i laterizi e la malta. I fattori di degrado più
comuni sono di tipo chimico (dovuto all’atmosfe-
ra inquinata ed all’umidità) e di tipo fisico, e si ma-
nifestano con fratture, esfoliazioni, sgretolamen-
ti; a questi fenomeni nel tempo si può aggiunge-
re degrado delle malte di giunzione e allettamen-
to al supporto.
Nel caso in esame è stato effettuato un primo in-
tervento di pulitura con idropulitura, secondo
tempi e modalità in relazione allo sporco da ri-
muovere nelle diverse zone, e successiva spazzo-
latura generale.
I L C A N T I E R E
12 FACCIATE
Un successivo intervento ha comportato la rico-
struzione di parti mancanti per impedire l’infiltra-
zione di acqua piovana e di stilatura dei giunti, ri-
muovendo quelli non idonei, effettuati con malte
cementizie e sostituiti con nuove malte a base di
grassello di calce.
La protezione dei laterizi è stata ottenuta attra-
verso l’applicazione di un prodotto a base di or-
ganosilossani.
L’intervento sulle superfici lapidee. Analoga-
mente a quanto effettuato sulle parti a mattone,
le superfici lapidee esistenti a formare la zoccola-
tura a bugnato dell’edificio sono state ripulite
con acqua deionizzata nebulizzata. Sebbene fos-
sero presenti alcune esfoliazioni, è stato deciso di
non effettuare un trattamento preconsolidante
delle superfici prima della pulitura perché ciò
avrebbe ulteriormente fissato lo sporco renden-
do più difficoltosa la sua rimozione con sicura
perdita di materiale. Numerose stuccature sono
state effettuate tra le lastre nel controllo dei
giunti di accosto, sempre con idonei impasti a
base calce.
L’applicazione di idoneo protettivo finale ha inte-
ressato tutte le superfici della zoccolatura, men-
tre le parti più basse sono state interessate anche
da un intervento ulteriore di protezione con si-
stema antigraffiti per monumenti a base di un’e-
mulsione acquosa di polimeri paraffinici.
L’intervento sulle superfici a cemento deco-
rativo. Dando per scontato che l’approccio fon-
damentale che deve essere adottato nel caso del
recupero dei cementi decorativi, soprattutto
quelli del periodo liberty, è simile a quello delle
facciate lapidee, e scartando quindi a priori qual-
siasi soluzione di pitture uniformanti e coprenti
nel preciso intento di mantenere l’aspetto origi-
nale dei manufatti, le superfici esistenti sono sta-
te ripulite con una leggerissima idrosabbiatura
umida a pressione controllata con inerti di granu-
lometria e durezza differenziata in relazione al ti-
po di superficie e allo sporco da rimuovere.
Alcune parti gravemente lesionate, in fase di
sgretolamento o di distacco, sono state rimesse
in sicurezza integrando parti mancanti mediante
malte sempre a base calce e inerti simili e compa-
tibili con gli originali, ancorandole con reti, perni e
morsettature.
Data la perfetta somiglianza all’originale raggiun-
ta dalla ricostruzione, sia morfologicamente che
1
2
FACCIATE 13
La pietra a formazione
della zoccolatura sul
lato di via San Vittore
prima (1) e dopo la
pulitura (2).
Il rivestimento esterno
esistente sulla facciata
del lato di via Carducci
è composto da
cemento decorativo
colorato a imitazione
delle lastre di pietra
della zoccolatura.
Nelle immagini si
vedono i materiali citati
prima (3) e dopo (4)
i lavori di pulitura e di
stuccatura dei giunti.
3
4
matericamente, è stato deciso di dare riconosci-
bilità alle parti aggiunte attraverso una lavorazio-
ne superficiale leggermente diversa da quella ori-
ginale.
Importante cura è stata data a quella zona sul la-
to della via Carducci in cui esiste un rivestimento
14 FACCIATE
Immagini dal
cantiere
1. Intervento di pulitura della pietra con
acqua nebulizzata.
2. Risultato dell’operazione di pulitura sui
mattoni a vista.
3. Esempio di stuccature cementizie ri-
mosse e poi sostituite con altre a base
calce.
4a. Leone in cemento esistente sullo spi-
golo del fabbricato.
4b. Particolare dello spessore delle croste
nere ritrovate nei punti più protetti
4c. Risultato della pulitura finale.
5. Condizione della maggioranza dei ce-
menti con fessure e crepe diffuse.
6. Particolare del sistema di rinforzo stu-
diato per i travetti del loggiato.
7. Trattamento di ripulitura e del legno
8. Rinforzo in acciaio di una trave portan-
te della copertura.
9. Particolare dell’intonaco dipinto recu-
perato a sottogronda.
1 2 3
4a
4b
4c
567
8
9
I L C A N T I E R E
di facciata in cemento che fintamente rievoca
l’immagine delle lastre lapidee. In questo caso le
stuccature e la ripresa di parti inaffidabili o crepe
e fessurazioni sono state eseguite ricreando le
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utilizzati originariamente. "

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Stle ecclettico

  • 1. 4 FACCIATE L a tendenza ad ispirarsi a fonti storiche diverse, cogliendo in ciascuna di esse gli elementi ritenuti migliori, ha carat- terizzato l’architettura della seconda metà del diciannovesimo secolo, portando alla realizzazione di edifici in cui si combinano elementi diversi, tratti da stili precedenti. Con il termine “eclettico” si identifica per- tanto quel periodo storico, immediata- mente successivo al neo-Gotico o Gothic Revival, in cui si cercava tra gli stili del pas- sato quello più consono alla destinazione dell’edificio da progettare ed erigere. Si studiava scrupolosamente l’architettura di epoche precedenti per trarne precisi sug- gerimenti, soprattutto per l’aspetto ester- no1 degli edifici, nell’illusoria fiducia che dalla rievocazione degli stili passati potesse scaturire un’architettura italiana autentica- mente innovativa. Questo atteggiamento, che si diffuse ulte- rirormente nei primi anni del secolo vente- simo, fu senza dubbio favorito dal fatto che l’architettura della seconda metà del- l’Ottocento non seppe trovare un proprio peculiare linguaggio, atto a proporre nuo- ve soluzioni funzionali alle esigenze edilizie del proprio tempo. Viene così comunemente defini- ta “architettura eclettica” quello stile di costruzio- ne che non segue un determinato sistema o in- dirizzo, ma sceglie ed armonizza “principi” di scuole ed indirizzi architettonici diversi, produ- cendo edifici che, anziché rappresentare il frutto di un’ispirazione unitaria, appaiono piuttosto co- me la sintesi di stili diversi ecletticamente fusi. Sti- li antichi accorpati con spirito moderno. Il riferimento al Medioevo Il filone neo-eclettico di fantasia con reintegra- zioni in stile e ricostruzioni medievali (soprattut- to di ispirazione toscana) si affermò in particola- re dopo il 1910, nel recedere del liberty, accen- tuando i caratteri individualistici della ricerca del pezzo unico eccezionale, con forme irripetibili su larga scala. Il Medioevo divenne il periodo storico di riferimento e venne rivalutato come il regno della libertà estetica. L’amore di artisti e architetti per quest’epoca storica, soprattutto per i modelli tre e quattrocenteschi, occupa il posto principale del rinnovamento estetico di questo periodo. L’architettura medievale, infatti, era considerata più libera, con i suoi volumi asimmetrici, ricchi di I N P R I M O P I A N O Con questa definizione viene identificata quell’architettura che, a partire da metà Ottocento, ripropone i repertori della tradizione in una visione di personale rappresentazione, quasi teatrale Lo stile eclettico 1. In troppi casi si avverte la forte disomogeneità tra esterno ed interno dove la facciata viene concepita pressochè indipendente dall’organi- smo architettonico.
  • 2. FACCIATE 5 svariatissimi particolari e le sue decorazioni poli- crome, il cui fascino non poteva non catturare il vero architetto artista. In questo senso l’eclettismo, con la sua indifferen- za per le ricostruzioni filologiche, lasciò ampio spazio alla libertà e all’audacia interpretativa degli artisti. Il clima culturale del periodo è ben rappre- sentato da un’affermazione dello storico Alfredo Melani, che nel 1900 scriveva: “….Il nostro paese è tanto ricco di arte antica da scoraggiare i più ardi- ti sognatori di forme nuove….Quando si hanno delle tradizioni così alte, è difficile abbandonare il vecchio per il nuovo.”2 La disinvoltura e la libertà degli architetti eclettici ha prodotto un’architettura estetica di epidermi- de, che nei materiali predilige il mattone e le pie- tre caratteristiche locali (proprio come si usava nel Medioevo), oltre che ai materiali decorativi propri del brillante artigianato su cui si appoggia. Altre volte, invece, si utilizza l’amalgama di cemento. La decorazione è parte essenziale nel definire i prospetti degli edifici, con una grande ricchezza e varietà degli elementi a sporto (alla “fiorenti- La varietà della decorazione è la principale caratteristica dell’architettura eclettica. Mattone, pietra, amalgama di cemento bianco, cementi decorativi a imitazione di lastre lapidee si alternano in un disegno libero da schemi 2. In “Arte Italiana Decorativa e Industriale”, IX,1900 n.12, pp.93-98 D I F A B I O C A R R I A
  • 3. 6 FACCIATE na”), con loggiati e merlature di coronamento e cornici marcapiano dalle sagome classiche. Dai bugnati a bozze in “granitone” della zoccolatura del piano terreno si passa al finto bugnato dipin- to o in cemento dei piani superiori. Varie applica- zioni in ferro battuto completano gli edifici che, nel contrasto con la rustica edilizia circostante, trovano senz’altro la specificità della funzione rappresentativa. Attorno all’impresa architettonica e alla figura to- talizzante dell’architetto-artista si organizza un grande numero di operai ed eccellenti artigiani che, con elevato livello qualitativo, mettono in pratica i dettami e le indicazioni ricevute, attra- verso la cura maniacale del dettaglio nell’esecu- zione di ogni singolo elemento, mantenendo al- ta la dignità e la forza del manufatto ed assecon- dando lo stile eclettico. In questo senso l’architettura eclettica può esse- re considerata certamente un’architettura di lus- so o comunque di grande impegno economico, perché rivolta a una clientela ricca, con edifici di personale abitazione dell’alta borghesia, specie quella imprenditoriale, già committente elettiva del liberty. Per questo ceto abbiente, che stava aumentando via via in ricchezza, prestigio e pote- re, adottando schemi e modi sempre più propri dell’aristocrazia, non mancò anche un neo-Baroc- co con facciate disegnate su ispirazione dei palaz- zi nobiliari del Settecento, da ostentare quale sta- tus simbol. Nella città di Milano furono numerose le realizza- zioni architettoniche frutto di questa tendenza, tanto da renderla una sorta di museo a cielo aperto dell’architettura eclettica. Un caso a sé è quello dei fratelli Coppedè, Gino e Adolfo, che hanno dato vita a prodotti stravaganti, suadenti ed anomali, ma per nulla isolati nel panorama dell’architettura italiana ed europea di quegli an- ni. Un’architettura iperbolica, spesso utopica e visionaria che coniuga monumentalismi nostrani con recuperi medievali e rinascimentali come nell’edificio oggetto del restauro che viene de- scritto nell’articolo seguente. " I N P R I M O P I A N O Il tema del loggiato viene liberamente interpretato riproponendo lo schema medievale, arricchito da decorazioni ricercate e abbondanti
  • 4. Cenni storici Il palazzo, edificato in una delle zone più centrali di Milano, tra il Castello Sforzesco e la basilica di S.Ambrogio, fu commissionato da Novalinda Viviani Cova e realizzato con alcune modifiche rispetto al progetto origi- nario presentato dall’architetto Adolfo Coppedè il 1 febbraio 19101. Situato all’incrocio delle vie Carducci e San Vittore, questo edificio è contraddistinto da una costruzione a forma di torre di cin- que piani e da un’architettura chiaramente ispirata all’eclettico tono neo-medievale dei castelli disegnati da Gino Coppedè, fra- tello di Adolfo, il progettista di palazzo Co- va. Il segno di Adolfo Coppedè, però, è as- sai più marcato e pesante e conferisce a tutta la struttura una corposa dimensione I L C A N T I E R E Pulitura, consolidamento e protezione sono le principali fasi operative di questo intervento di manutenzione ordinaria su un importante palazzo milanese 8 FACCIATE8 FACCIATE Il restauro di Palazzo Cova a Milano Il restauro di Palazzo Cova a Milano 1. Il fascicolo relativo al Palazzo Cova è conserva- to presso L’Archivio Storico del Castello Sforze- sco di Milano , Ornato Fabbriche II, n.596.
  • 5. volumetrica, che non lascia spazio alle fantasiose ed azzardate combinazioni tipiche delle realizza- zioni del più famoso fratello2. Rispetto agli altri ar- chitetti che lavorano su uno stile analogo, come Giuseppe Mancini e Giulio Ulisse Arata, i Coppedè caratterizzano i loro edifici con particolari minu- ziosi e abbondanti decorazioni. Uno degli aspetti più caratterizzanti è la ricchezza e la varietà degli elementi di sporto, che accen- tuano caratteri individualistici e peculiari del sin- golo manufatto, non certo ripetibili su vasta sca- la, che fanno di ogni loro edificio una sorta di pez- zo unico ed eccezionale. La posizione di Palazzo Cova richiedeva un’accu- rata decorazione di entrambe le facciate, che ri- sultano egualmente rifinite, con una particolare cura della zona d’angolo, impreziosita da un bel- Palazzo Cova, all’incrocio tra via Carducci e via San Vittore a Milano. Vista delle facciate dopo i lavori di manutenzione FACCIATE 9 2. Del resto la coincidenza del linguaggio tra i due fratelli indusse già nel 1933 lo storico Raffaele Calzini ad at- tribuire questo edificio a Gino Coppedè anziché ad Adolfo ritenendolo, unitamente alla casa Berri Mere- galli, realizzata da Arata sempre a Milano, una delle ar- chitetture emblematiche dell’anno 1914. D I F A B I O C A R R I A
  • 6. 10 FACCIATE I L C A N T I E R E Vista della facciata di Palazzo Cova sul lato di Via San Vittore prima (1) e dopo (2) i lavori. Effetto della pulitura del rivestimento di facciata in mattoni. Confrontando le immagine riprese prima (3) e dopo (4) i lavori eseguiti si nota come l’amalgama di cemento bianco della colonna, dei contorni e della fascia marcapiano ha ripreso la sua lucentezza originale. Il rivestimento in mattoni prima (5) e dopo (6) la pulitura e la stilatura dei giunti di accosto. 1 2 3 4 5 6
  • 7. FACCIATE 11 lissimo loggiato sporgente e da una copertura spiovente sovrastante il piano terreno adibito a negozi. Il rivestimento a bugnato arriva fino alla cornice del primo piano, poi il rivestimento del resto del paramento architettonico prosegue con il matto- ne rosso, ad eccezione della parte ad intonaco proprio nella loggia d’angolo. Elementi in finta pietra si trovano nelle ali del quarto piano, an- Cantiere Via Carducci 36 a Milano Progetto, DL, 494 Carria, Centini, Levi Architetti Associati Impresa Teco s.r.l. – Milano Restauratori Panta res - Milano Progetto rinforzi Polis Engineering s.r.l. strutturali In acciaio Milano SCHEDA DELL’INTERVENTO Esempi del degrado delle superfici lapidee che presentavano numerose esfoliazioni superficiali dovute all’inquinamento atmosferico e all’assenza di protezione. ch’esse protette da tetto spiovente con copertu- ra in coppi e travature portanti in legno squadra- to. Altri elementi decorativi sono realizzati in amalgama cementizio bianco, come le profilature degli archi attorno alle finestre e dei merli, le co- lonnine e i trafori delle balaustre, i doccioni, le ca- ditoie della torre, che risulta impostata a partire dal quarto livello sul lato di via San Vittore. La costruzione dell’edificio fu affidata all’impresa Luigi Arienti, che già collaborava con l’architetto Adolfo Coppedè, e nel 1915 venne rilasciata l’abi- tabilità per il piano aggiunto. Attualmente il palazzo si presenta con un’ulterio- re e recente sopraelevazione in corrispondenza del lato di via Carducci, che non è stata oggetto d’intervento. Il cantiere Il restauro effettuato sulle facciate esterne ha previsto un insieme di interventi, che possono es- sere compresi nell’accezione di manutenzione or- dinaria. Si è trattato di una semplice ma attenta pulitura con sistemi assolutamente rispettosi di tutti i materiali esistenti; inoltre si è operato il con- solidamento, dove strettamente necessario, e la ricostruzione delle parti rimosse perché realizzate con materiali non idonei a preservarne la conser- vazione; si è proceduto alla messa in sicurezza delle situazioni inaffidabili di alcuni sporti ed infi- ne all’indispensabile protezione finale dei mate- riali, operazione irrinunciabile di ogni intervento di conservazione. L’intervento sui laterizi faccia a vista. Il para- mento esterno “faccia a vista” (cioè senza il rive- stimento dello strato protettivo dell’intonaco) è ottenuto dall’accostamento dei classici mattoni da costruzione posati in opera con giunti regolari di malta. Per questo motivo le cause che deter- minano il loro degrado riguardano due materiali distinti: i laterizi e la malta. I fattori di degrado più comuni sono di tipo chimico (dovuto all’atmosfe- ra inquinata ed all’umidità) e di tipo fisico, e si ma- nifestano con fratture, esfoliazioni, sgretolamen- ti; a questi fenomeni nel tempo si può aggiunge- re degrado delle malte di giunzione e allettamen- to al supporto. Nel caso in esame è stato effettuato un primo in- tervento di pulitura con idropulitura, secondo tempi e modalità in relazione allo sporco da ri- muovere nelle diverse zone, e successiva spazzo- latura generale.
  • 8. I L C A N T I E R E 12 FACCIATE Un successivo intervento ha comportato la rico- struzione di parti mancanti per impedire l’infiltra- zione di acqua piovana e di stilatura dei giunti, ri- muovendo quelli non idonei, effettuati con malte cementizie e sostituiti con nuove malte a base di grassello di calce. La protezione dei laterizi è stata ottenuta attra- verso l’applicazione di un prodotto a base di or- ganosilossani. L’intervento sulle superfici lapidee. Analoga- mente a quanto effettuato sulle parti a mattone, le superfici lapidee esistenti a formare la zoccola- tura a bugnato dell’edificio sono state ripulite con acqua deionizzata nebulizzata. Sebbene fos- sero presenti alcune esfoliazioni, è stato deciso di non effettuare un trattamento preconsolidante delle superfici prima della pulitura perché ciò avrebbe ulteriormente fissato lo sporco renden- do più difficoltosa la sua rimozione con sicura perdita di materiale. Numerose stuccature sono state effettuate tra le lastre nel controllo dei giunti di accosto, sempre con idonei impasti a base calce. L’applicazione di idoneo protettivo finale ha inte- ressato tutte le superfici della zoccolatura, men- tre le parti più basse sono state interessate anche da un intervento ulteriore di protezione con si- stema antigraffiti per monumenti a base di un’e- mulsione acquosa di polimeri paraffinici. L’intervento sulle superfici a cemento deco- rativo. Dando per scontato che l’approccio fon- damentale che deve essere adottato nel caso del recupero dei cementi decorativi, soprattutto quelli del periodo liberty, è simile a quello delle facciate lapidee, e scartando quindi a priori qual- siasi soluzione di pitture uniformanti e coprenti nel preciso intento di mantenere l’aspetto origi- nale dei manufatti, le superfici esistenti sono sta- te ripulite con una leggerissima idrosabbiatura umida a pressione controllata con inerti di granu- lometria e durezza differenziata in relazione al ti- po di superficie e allo sporco da rimuovere. Alcune parti gravemente lesionate, in fase di sgretolamento o di distacco, sono state rimesse in sicurezza integrando parti mancanti mediante malte sempre a base calce e inerti simili e compa- tibili con gli originali, ancorandole con reti, perni e morsettature. Data la perfetta somiglianza all’originale raggiun- ta dalla ricostruzione, sia morfologicamente che 1 2
  • 9. FACCIATE 13 La pietra a formazione della zoccolatura sul lato di via San Vittore prima (1) e dopo la pulitura (2). Il rivestimento esterno esistente sulla facciata del lato di via Carducci è composto da cemento decorativo colorato a imitazione delle lastre di pietra della zoccolatura. Nelle immagini si vedono i materiali citati prima (3) e dopo (4) i lavori di pulitura e di stuccatura dei giunti. 3 4
  • 10. matericamente, è stato deciso di dare riconosci- bilità alle parti aggiunte attraverso una lavorazio- ne superficiale leggermente diversa da quella ori- ginale. Importante cura è stata data a quella zona sul la- to della via Carducci in cui esiste un rivestimento 14 FACCIATE Immagini dal cantiere 1. Intervento di pulitura della pietra con acqua nebulizzata. 2. Risultato dell’operazione di pulitura sui mattoni a vista. 3. Esempio di stuccature cementizie ri- mosse e poi sostituite con altre a base calce. 4a. Leone in cemento esistente sullo spi- golo del fabbricato. 4b. Particolare dello spessore delle croste nere ritrovate nei punti più protetti 4c. Risultato della pulitura finale. 5. Condizione della maggioranza dei ce- menti con fessure e crepe diffuse. 6. Particolare del sistema di rinforzo stu- diato per i travetti del loggiato. 7. Trattamento di ripulitura e del legno 8. Rinforzo in acciaio di una trave portan- te della copertura. 9. Particolare dell’intonaco dipinto recu- perato a sottogronda. 1 2 3 4a 4b 4c 567 8 9 I L C A N T I E R E di facciata in cemento che fintamente rievoca l’immagine delle lastre lapidee. In questo caso le stuccature e la ripresa di parti inaffidabili o crepe e fessurazioni sono state eseguite ricreando le specifiche colorazioni degli impasti di cemento utilizzati originariamente. "