Torre Velasca & Seagram Building Simbolo milanese Landmark americano
1. Luca Masiello
Matr: 915099
Corso di Laurea Magistrale in Architettura e
Disegno Urbano
Corso di Teoria della Progettazione
Architettonica Contemporanea
Proff. Enrico Bordogna, Tommaso Brighenti
Anno accademico 2018-2019
Scuola di Architettura Urbanistica
Ingegneria delle Costruzioni
Torre Velasca &
Seagram Building
Simbolo milanese
Landmark
americano
Esiti diversi di due
espressioni del
moderno
2. Sommario
Introduzione
Il contesto (Milano – New York)
La Committenza
Forma e funzione
Materiali scelti (innovazione e memoria)
Architettura e spazio di lavoro
Conclusioni
Scatti celebri
Bibliografia
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Introduzione
Torre, grattacielo, landmark, simbolo. Questi termini hanno da sem-
pre identificato la tipologia e il carattere di un’architettura in elevazio-
ne proiettata verso il cielo. All’interno delle architetture descritte da
questi termini troviamo la Torre Velasca e il Seagram Building, espres-
sioni del moderno che hanno avuto un esito differente nella cultura
architettonica.
Il primo, nato con l’etichetta di “Grattacielo più discusso d’Europa”,
rappresenta una tra le più grandi espressioni del movimento moderno
calato in un contesto storico; il secondo è nato dalla piena maturazio-
ne professionale e consapevolezza da parte del suo progettista di voler
far diventare il Seagram la più grande espressione del monumenta-
lismo strutturale. Nel panorama architettonico milanese il grattacielo
compare nel 1937 con il completamento dell’edificio Snia Viscosa ad
opera di Alessandro Rimini in piazza San Babila.
La tipologia della torre andrà con il tempo a fondersi con il linguaggio
americano a partire dalla scuola di Chicago fino all’ International Sty-
le e alla modularità ripetuta del piano tipo. Questa logica si contrap-
pone fortemente a idee progettuali che vedevano l’edificio in altezza
ricco di plasticità e con un volume non regolare come il progetto per
la nuova sede del Chicago Tribune di Walter Gropius.
La Torre, in Italia negli anni 30, continua ad assumere caratteri di forte
legame con la cultura architettonica e le sue tradizioni.
Testimone di questa logica è Casa-Torre Rasini di Gio Ponti nei pressi
dei bastioni di Porta Venezia. Con il boom economico avvenuto nel se-
condo dopo guerra Milano cambia il proprio profilo con la comparsa,
in rapida successione, di grandi progetti di architettura in elevazione
come: la Casa Albergo di Luigi Moretti in via Corridoni del 1946-
1951, la torre per il Centro Svizzero di Armin Meili in piazza Cavour
del 1947-1952, la Torre Tirrena di Eugenio ed Ermenegildo Soncini in
piazza Liberty del 1955-1957;
la già citata Torre Velasca dei BBPR del 1951-1958; la Torre Breda
di Luigi Mattioni in piazza Repubblica del 1950-1955 e il grattacielo
Pirelli di Gio Ponti in piazza Duca d’Aosta del 1956-1959.
Grandi esempi di logiche progettuali opposte solo il Grattacielo Pi-
relli e la Torre Velasca da sempre in contrapposizione sul tema della
città verticale. Il grattacielo Pirelli rappresenta la modernità che, dopo
una forte ricerca stilistica, Giò Ponti è riuscito a calare nel contesto
milanese. Il radicamento al suolo del Pirelli rappresenta la volontà
dell’architetto di svettare verso l’alto ma allo stesso tempo di non se-
pararsi mai dal suolo. Il Pirelli fa parte di quei grattacieli cosmopoliti
che posso essere replicati in qualunque parte del mondo. Testimone di
questo processo è il MetLife Building (già PanAm Building) progettato
da Emery Roth & Sons insieme a Walter Gropius e Pietro Belluschi o
la torre del Banco Atlantico di Barcellona che si ispirano al design del
Pirelli pur essendo i collocate in un contesto completamente diverso.
Casa-Torre Rasini (1933-1934) di
Gio Ponti ed Emilio Lancia
Walter Gropius e la nuova sede del
Chicago Tribune
4. 4
Casa Albergo di Luigi Moretti Torre Tirrena di Eugenio ed Ermenegildo
Soncini
Grattacielo Pirelli di Giò Ponti
5. 5
pubblici aperti al piano terra così da poter creare un dialogo tra spa-
zio pubblico e spazio privato. Il Seagram Building di Mies e Johnson
e la Lever House di Skidmore, Owings and Merrill hanno cambiato
lo skyline di Manhattan e lo stile architettonico del grattacielo ameri-
cano: curtain wall, vetro, versatilità interna e rapporto con il contesto
sono diventati i nuovi canoni del grattacielo perfetto negli Stati Uniti e
a livello mondiale.
municipalità newyorkese del Zoning Resolution, il primo codice di zo-
nizzazione americano. La creazione del codice servì per evitare che lo
sviluppo in altezza a cui tendeva l’architettura americana privasse di
luce e aria intere strade e quartieri. La legge non imponeva un limite
di sviluppo verticale bensì che il volume dell’edificio si rastremasse in
altezza. Dagli anni 50 il codice cambiò adattandosi al cambiamento
dello stile architettonico e alla forte diffusione dell’International Style.
La nuova soluzione al codice di zonizzazione fu quella di inserire spazi
tire dalla scuola di Chicago l’architettura americana ha sempre avuto
la tendenza allo sviluppo verticale.
L’emblema del cambiamento della logica architettonica è rappresen-
tato dal Equitable Building al 120 Broadway a Lower Manhattan dove,
il 25 luglio del 1916, un interno lotto fu estruso in verticale per 41
piani con un’altezza totale di 164 m. L’immenso volume dell’edificio
privò di luce e ricambio d’aria alcune parti dei lotti circostanti. Que-
sta situazione portò, sempre nel 1916, alla creazione da parte della
La Torre Velasca appare come la più forte idea di regionalismo, di
architettura legata al contesto ma in realtà dietro alle sue molteplici
facce vi sono storie diverse. Le prime ipotesi descrivono la Velasca
come una torre che rappresentava in pieno i canoni International Sty-
le. L’evoluzione del progetto ha portato a forme sempre più forti fino
al completo abbandono del curtain wall a favore di un’architettura
plastica fatta di pieni e vuoti.
La storia del grattacielo americano ha origini ben più lontane, a par-
Seagram Building e Lever House, Life
Magazine 1958
Il contesto (Milano – New York)
Il contesto in cui si colloca la Torre Velasca è quello di una Milano
dilaniata dalla Seconda Guerra Mondiale. L’area scelta è Piazza Ve-
lasca, in pieno centro storico tra Corso di Porta Romana e Via Panteo.
Dal punto di vista delle preesistenze, tema che Rogers affronterà in
fase di progettazione, la superficie di edificazione era posta in li-
nea d’area, tra la Basilica dei Santi Apostoli e Nazzaro Maggiore,
l’ala filaretiana della Cà Grande e il Duomo di Milano.
La prima presentazione dell’opera dei BBPR venne pubblicata
sull’Architectural Forum nel mese di febbraio del 1958 con un
articolo titolato: New Tower in old Milan; questo frase riassume
a pieno le scelte progettuali, scelte dettate anche dalla collocazio-
ne come se si volesse far emergere e spiccare in altezza quelle for-
me tipicamente milanesi: la facciata ritmata, la copertura a falde,
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Torre Velasca vista dalle guglie del Duomo
i camini e i fine corsa degli ascensori che emergono dalla copertura.
Secondo Rogers il progetto dell’edificio: è il risultato di un metodo
funzionale che determina la forma desumendola delle determinanti
dell’ambiente circostante e dalle ragioni distributive dell’organismo.
La costruzione del Seagram si colloca in un contesto completamen-
tediverso. Mies a New York, come a Chicago, non ha mai affron-
tato il tema delle preesistenze ambientali bensì in un’area della pe-
nisola di Manhattan lungo Park Avenue, che a fine anni 50 vede
la propria espansione. L’area era caratterizzata dalla modalità co-
struttiva della Wedding-cake style per sfruttare il massimo volume
edificabile. La forza del progetto di Mies e Johnson fu nell’arretra-
re il volume principale creando la plaza di accesso così da por-
re un filtro tra Park Avenue e il grande androne ci accesso vetrato.
In entrambi i casi sta nella figura del progettista la scelta per far
spiccare la propria architettura e, nel caso di torre o skyscraper,
determinante scelte sono ancora più importanti perché ridisegnano
il profilo in un caso: della città storica nell’altro di una città a forte
sviluppo verticale.
Nel caso emblematico della Torre Velasca il moderno si fonde con
l’antico, le guglie del Duomo, la Torre di Bona di Savoia, presente
nel retaggio dei BBPR dopo il restauro del Castello Sforzesco e più in
generale con l’aria e la cultura della Milano rinascimentale.
A New York gli aspetti storici sono meno rilevanti, proprio da questa
libertà espressiva il progetto di Mies prende forza e si assume la re-
sponsabilità di diventare esso stesso storia, testimonianza del moderno
e delle sue forme espressive.
La Committenza
I grandi progetti nascono da una serie di vicende e situazione stori-
co culturali che portano le committenze a dimostrare la forza eco-
nomica attraverso imponenti sviluppi verticali. Le vicende progettuali
della Velasca iniziano nel 1948 quando la società RICE delineò un
progetto di ricostruzione del lotto compreso tra Porta Romana, via
Velasca e via Panteo. Il progetto venne assegnato ai BBPR nel 1950.
Partendo da un planivolumetrico comunale a cortile di circa 30
m di elevazione i BBPR elaborarono una variante che compren-
deva due edifici di cortina su via Panteo e corso di Porta Romana
di altezza tra i 20 e i 30 m. Oltre a questi edifici la piazza centra-
le doveva ospitare la Torre. Riducendo leggermente la volume-
tria totale lo studio capeggiato da Roger riuscì a convincere il
comune a permettere la costruzione di una torre di 100 m comples-
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sivi in pieno centro storico a poche centinaia di metri da Duomo.
La nascita del Seagram nasce qualche anno dopo rispetto alla Ve-
lasca, in particolare nella primavera del 1954 quando Phyllis Bron-
fman Lambert, figlia di Samuel Bronfman, amministratore delega-
to della Seagram & Sons Corporation, visitò Alfred Barr al MoMa
di New York per informarlo che la società di alcolici canadese era
interessata alla costruzione di un grattacielo nel cuore di Manhat-
tan che potesse ospitare gli uffici americani della Corporation.
L’edificio doveva essere completato entro il 1958 così da po-
ter assumere anche il valore celebrativo per il centesimo an-
niversario dalla fondazione della multinazionale canadese.
Barr consigliò alla Lambert di trattare di questo argomento con Phi-
lip Johnson. L’architettura doveva rappresentare la forma più alta di
modernismo. La maggiore ispirazione Johnson e Lambert la presero
dalla vicina Lever House progettata da Skidmore, Owings & Merrill.
Insieme iniziarono una serie di colloqui, tra i candidati spic-
cano i nomi di: Paul Rudolph, Eero Saarinen, Marcel Breuer e
Louis Kahn. Tutti grandissimi esponenti del moderno ma nes-
suno con la necessaria esperienza per un progetto simile.
Infine, la lista dei candidati si restrinse così a Le Corbusier e Mies van
der Rohe. Data da distanza dall’idea di progetto e quella fisica dello
studio di Parigi, Le Corbusier fu scartato così il progetto venne affidato
a Mies van der Rohe. Con l’inizio del lavori Mies si trasferì da Chicago
a New York. Dove condividerà lo studio proprio con Philip Johnson.
Mies van der Rohe, Philip Johnson e
Phyllis Lambert
Torre Velasca durante la fase di costruzione
Forma e funzione
La Torre Velasca misura fuori terra 87.50 m che, sommati ai volumi
tecnici, raggiungono i 99.00 m di altezza. Le prime ipotesi costruttive
dimostrano come la logica dei BBPR fosse influenzata dalla cultura
architettonica dei primi anni 50. Di fatto il primo progetto prevede-
va una torre in struttura metallica e curtain wall vetrato. Il volume
complessivo sarebbe stato l’insieme di due parallelepipedi sovrap-
porti; il secondo di area maggiore sarebbe stato a sbalzo suppor-
tato, in una prima ipotesi, da una serie di mensole poi eliminate in
una seconda rielaborazione della facciata. La struttura metallica,
secondo lo studio Edwards di New York, che effettuò la consulenza
strutturale, sarebbe costata il 25% in più di una in cemento armato
così il progetto definitivo virò su quest’ultima tipologia di struttura.
La forma della Velasca è unica nel panorama architettonico mon-
diale, si distacca completamente dalla logica di replicabilità del
grattacielo International Style. La Velasca, come commenterà Alvar
Aalto, It’s so milanese; raffigura e racconta lo spirito della Milano
rinascimentale, filaretiana. La facciata rappresenta un dialogo con-
tinuo tra tre elementi fondamentali: pilastri sagomati portanti in ag-
getto, muratura forata dalla sequenza irregolare di finestre e logge
e dalla struttura secondaria composta da pilastrini. I pilastri, distan-
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ziati 1.58 m l’uno dall’altro, hanno il compito formale di scandire
verticalmente e orizzontalmente la facciata. La muratura forata dal-
la serie irregolare di aperture fornisce, come dirà Samonà nel n.
40 de “L’architettura. Cronaca e storia”, l’idea di casa, residenza.
Il Seagram Building nasce dopo un’estenuante ricerca da parte di
Mies della perfezione geometrica e formale unita all’affinata tec-
nica industriale che si stava sviluppando in quel periodo. Parten-
do dal zoning code e dai piani urbanistici newyorkesi Mies van der
Rohe creò il piano tipo da replicare su tutta l’altezza dell’edificio
Il grattacielo, visto da Park Avenue, risulta come un prisma a base
rettangolare, una geometria unica ma in realtà nasconde un volume
di proporzioni 3:1 che collega Il volume di 157 m con il corpo poste-
riore inserito, in fase avanza di progetto, per aumentare la superficie
utile senza però modificare le proporzioni e le scelte compositive del
volume principale. La pianta rettangolare ha proporzione di 5:3; tra il
corpo principale e Park Avenue è posta la plaza che occupa 1/3 del
lotto permettendo così al Seagram di distaccarsi dal fronte stradale ed
emergere, nonostante la modesta altezza, dalla fitta cortina edilizia di
Midtown East.
Materiali scelti (innovazione e memoria)
Anche nella scelta dei materiali che compongono la facciata, Rogers
ha una forte attenzione il problema di costruire nelle preesistenze am-
bientali. Questa attenzione è testimoniata dall’utilizzo di pannelli di
tamponamento gettati fuori opera con tonalità che possano conferire
alla Velasca la capacità di legarsi ai toni caldi delle preesistenze che
la circondano. Tutti gli elementi strutturali in c.a. sono rivestiti in into-
naco di cemento e graniglia di marmi veronesi semilevigato; i pannelli
sopracitati sono composti da cemento di graniglia e ciottoli di klinker
rosa.
La scelta del materiale per il Seagram building nacque dalla volontà
di Bronfman di fornire monumentalità e prestigio al grattacielo. Il ma-
teriale scelto da Mies per fornire questi caratteri fu il bronzo. Vennero
usate due leghe di rame e zinco mentre le IPE monumentali poste in
Studio e verifica delle proporzioni per il
prospetto sulla base dei rapporti geometrici
facciata furono realizzate con una minore percentuale di rame e una
maggiore di zinco con aggiunta di piombo. Per gli interni fu scelto il
travertino di Frosinone mentre per i tamponamenti vetrati vennero pre-
feriti vetri di colore arancione. I parapetti furono realizzati in marmo
verde.
La Torre Velasca attinge dalle preesistenze le guide per le scelte sti-
listiche dei suoi spazi interni e della facciata rendendola un unicum
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non replicabile in nessun’altra parte del mondo. Questa operazione
non è svolta da Mies e Philip Johnson in quanto il Seagram è un cam-
pionario di materiali pregiati in pieno International Style. Nonostante
queste conclusioni anche nel grattacielo newyorkese i progettisti han-
no cercato, come fece Rogers, attraverso la fine lavorazione di questi
materiali di assegnare al Seagram un’unicità legata solo e soltanto a
quel tratta di Park Avenue come se potesse essere di ispirazione ma
mai replicabile.
Architettura e spazio di lavoro
Gli uffici nella Velasca sono presenti dal 2° al 10° piano e dal 11° al
17° nella formula di studi con abitazione. La pianta si articola ponen-
do gli spazi dedicati agli uffici lungo il perimetro dell’edificio. Questa
collocazione nasce per volontà dei BBPR di porre la distribuzione ver-
ticale e i condotti degli impianti nel nucleo centrale così da lasciare lo
spazio compreso tra il nucleo e il perimetro esterno libero da elementi
strutturali e impianti di risalita che avrebbero potuto condizionare la
pianta degli uffici.
La distribuzione verticale è composta da due coppie di ascensori desti-
nati ai soli uffici funzionanti fino al 18° piano mentre sul pianerottolo
delle due scale è presente un altro ascensore di dimensioni minori che
raggiunge anche le abitazioni dal piano terra al 25° piano. La collo-
cazione dei 16 pilastri sul perimetro esterno dell’edificio ha permesso
di non avere elementi strutturali all’interno degli uffici.
Dettaglio facciata Torre Velasca e Seagram
Building. Architettura massiva e
Curtain Wall
L’accesso agli uffici avviene tramite l’atrio dopo aver superatole pareti
in calcestruzzo continue che hanno inoltre la funzione di controventi
della Torre. Tutti gli uffici sono dotati di aperture verso l’esterno.
La soluzione attuata da Mies nel Seagram Building è stata quella di
rendere gli interni totalmente versatili. Una serie di pannelli mobili
compone il sistema di partizione e permette di modificare la pianta de-
gli uffici o rendere gli ambienti open-space. Questa scelta compositiva
è consentita anche dal progetto di illuminazione interna realizzato da
Richard Kelly che pone delle celle luminose a pavimento lungo tutto il
perimetro. Durante le ore di luce l’illuminazione puntata sulle finestre
evita l’abbagliamento mentre di notte valorizza la scelta di vetri colo-
rati realizzata da Mies e Johnson.
“Ambienti di lavoro luminosi, ampi, non suddivisi, ma solo articolati
come l’organismo aziendale. I materiali sono il calcestruzzo armato, il
ferro, il vetro.“ così Mies descriveva gli spazi di lavoro nel 1923.
19. 19
Conclusioni
Il panorama architettonico moderno ha subito forti influenze dal se-
condo dopoguerra in poi, partendo dal rigore e dalla perfezione cor-
buseriana fino all’architettura High-Tech e al parametricismo. In que-
sto insieme di correnti, personaggi e scelte stilistiche è certo che la
Velasca occupa una posizione unica e superiore ad ogni contestazione
formale o stilistica.
Le parole espresse da Aldo Rossi nel 1970 vengono in soccorso se si
vogliono superare i banali commenti e giudizi che circondano l’opera
dei BBPR fin dalla prima presentazione nel 1958.
“Quest’ultima [Torre Velasca] ha saputo in modo eccezionale interpre-
tare i climi e suggestioni diverse che - comunque la si voglia giudicare
– coinvolge tutta l’architettura moderna ed è singolarmente legata al
paesaggio milanese. Di fronte a opere di questo è irrilevante soffer-
marsi sul brutto dettaglio, su innesti non omogenei, sullo storicismo in
architettura ecc.: l’idea dell’architettura, e anche di una singola ope-
ra, è la questione decisiva. Così un’opera può anche staccarsi dalla
tendenza da cui nasce”.
Passeggiando attraverso la plaza al 375 di Park Avenue è impossibile
non cogliere la ricchezza e la peculiarità dell’opera di Mies van der
Rohe. Le fontane, il bronzo delle IPE, le vetrate ambrate e persino gli
interno del ristorante The Four Season raccontano la ricerca della per-
fezione per la costruzione del simbolo della modernità.
Proprio nella modernità è possibile unire queste opere così diverse ma
legate indissolubilmente dal volere aprire nuove frontiere di riorganiz-
zazione della città. Da una parte la città storica pronta ad accogliere il
cambiamento in modo meno traumatico e rivedendo nell’architettura
il proprio spirito, dall’altra, la città che ospita 5818 grattacieli dove
la bellezza sta nell’insieme delle opere, il Seagram Building fuoriesce
da questa giugla urbana e ricerca la bellezza nelle composizione delle
sue parti.
Le scelte stilistiche passano in secondo piano dopo un’attenta analisi
che dimostra come le due opere abbiano avuto alla base gli stessi
intenti e abbiano contribuito alla costruzione della città e ad arricchire
il movimento moderno.
24. 24
Bibliografia Torre Velasca, BBPR
Enrico Bordogna
La torre Velasca dei BBPR a Milano, simbolo e monumento
dell’architettura italiana del dopoguerra
CLEAN, Napoli 2017
Ezio Bonfanti, Marco Porta
Città, Museo e Architettura
HOEPLI, Milano 1973
Lisa Licitra Ponti
Giò Ponti e Milano
Quodlibet, Macerata 2018
Oscar Newman
CIAM ‘59 in Otterlo
KARL KRÄMER VERLAG, Stoccarda 1961
AA. VV.
BBPR La Torre Velasca
ABITARE SEGESTA, Milano 1982
25. 25
Bibliografia Seagram Building, Mies van der Rohe
Franz Schulze
Philip Johnson life and work
ALFRED A. KNOPF, New York 1994
Ludwing Mies van der Rohe
Gli scritti e le parole
PICCOLA BIBLIOTECA EINAUDI, Torino 2010
Jean-Louis Cohen
Mies van der Rohe
TAYLOR & FRANCIS 1995
Phyllis Lambert
Building Seagram
YALE UNIVERSITY PRESS, New Haven 2013
Pierluigi Nicolin
Atlante Metropolitano
ELECTA, Milano 1991
26. 26
Architectural F o r u m / the magazine of building / February 1958
L’architettura. Cronaca e Storia, 40 (febbraio 1959)
Casabella Continuità, 232 (giugno 1959)
Casabella Continuità, 223 (gennaio 1959)
The Architectural Review, 125 (Aprile 1959)
The Architectural Forum, 2 (febbraio 1958)
Bibliografia riviste