1. News 13/A/2014
Lunedì, 16 giugno 2014
Sfalci e potature: rifiuti o non rifiuti? Una discutibile sentenza della
Cassazione
Con una recentissima sentenza (n. 11886 del 12 marzo 2014) la Corte di Cassazione
penale affronta il tema dell’esclusione, dall’ambito della disciplina sui rifiuti di cui alla
Parte IV del D.L.vo n. 3 aprile 2006, n. 152, di taluni residui di origine vegetale.
Il caso in oggetto, inerente un’ipotesi di abbandono di residui di piantagioni,
qualificato come abbandono di rifiuti organici, ha dato modo alla S.C. di
pronunciarsi nuovamente sul disposto dell’art. 185, comma 1, lett. f) del D.L.vo n.
152/2006, che prevede – a partire dal dicembre 2010 - l’esclusione dal novero dei
rifiuti, tra l’altro, di “paglia, sfalci e potature, nonché di altro materiale agricolo o
forestale non pericoloso, a condizione che non presentino caratteristiche di
pericolosità e che siano utilizzati in agricoltura, selvicoltura o per la produzione di
energia mediante processi che non danneggino l’ambiente né mettano in pericolo
la salute umana”
Nello specifico, i giudici hanno ritenuto che tali residui di piantagioni, che
colmavano il cassone di un veicolo sequestrato, non rientrassero nella nozione
individuata dal citato art. 185, comma 1, lett. f), in quanto tale lettera si limiterebbe
ad “escludere dall’applicabilità della parte quarta del decreto legislativo le materie
fecali, se non contemplate al comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché
altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura,
nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi
o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute
umana”: secondo la S.C., il materiale oggetto del caso di specie non poteva essere
qualificato come materiale utilizzato per agricoltura, selvicoltura o produzione di
energia, costituendo invece “residui di piantagione; il che non coincide con i tre
specifici tipi di residui (paglia, sfalci e potature) indicate dalla norma, esprimendo un
concetto chiaramente più ampio, e non comportando quindi la non qualificabilità
come rifiuti”.
Fonte:lexambiente.it
Sviluppo sostenibile. Autorizzazione unica come principio in materia di
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.
Il termine entro il quale deve concludersi, ex art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, il
procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica, oltre ad essere perentorio,
risponde a evidenti finalità di semplificazione e accelerazione, sicché esso può
essere qualificato come principio fondamentale in materia di produzione, trasporto
e distribuzione nazionale dell'energia.
2. Fonte:lexambiente.it
Terre da scavo, legittimo DM 161/2012 su riutilizzo
Il Tar Lazio ha respinto il ricorso per l'annullamento del Dm 161/2012 presentato da
alcune imprese edili e Associazioni di categoria, confermando la sua esclusiva
applicazione alle “grandi opere” e al materiale usato in siti diversi da quello di
escavazione.
Il Tar laziale (sentenza n. 6187 depositata il 10 giugno 2014) ha respinto tutti e i 12 i
motivi di ricorso, molti resi improcedibili a seguito dell'entrata in vigore del “Dl Fare”
(Dl 69/2013), che da un lato ha escluso i piccoli cantieri dal campo di applicazione
del regolamento sul riutilizzo, e dall'altro ha “profondamente inciso” la disciplina sui
materiali da riporto.
Poiché il Dm 161/2012 “trova applicazione unicamente al materiale da scavo
utilizzato in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati” (fatta eccezione per i siti
inquinati “naturalmente”), è stato dichiarato inammissibile il motivo di ricorso
secondo il quale il regolamento avrebbe inteso disciplinare i materiali da riporto che
rimangono in sito.
Sono invece pienamente giustificate nel merito, secondo il Tar, le prescrizioni
regolamentari su tempistica di presentazione del Pdu (Piano di utilizzo), verifica dei
materiali provenienti da siti sottoposti a bonifica e documentazione di trasporto.
Fonte:http://www.reteambiente.it
0 Ecolabel, nuovi criteri ecologici per tessili
La Commissione europea con decisione 5 giugno 2014, n. 2014/350/Ue ha
approvato i nuovi criteri ecologici per il marchio Ecolabel per i prodotti tessili,
mandando in soffitta quelli del 2009.
La decisione in parola, in vigore dal 13 giugno 2014, aggiorna e sostituisce i criteri
approvati con decisione 2009/567/Ce (e validi fino al 30 giugno 2014) per mettere al
passo i criteri Ecolabel con le novità tecnologiche e di mercato dei prodotti tessili. I
nuovi criteri Ecolabel per i prodotti tessili si applicano fino al 5 giugno 2018.
Per consentire un passaggio "soft" tra i criteri del 2009 e quelli approvati con la
decisione 2014/350/Ue le domande per ottenere il marchio Ecolabel per i prodotti
tessili presentate entro il 5 agosto 2014 potranno essere valutate o sulla base dei
criteri ecologici del 2009 o su quelli nuovi del 2014. I criteri Ecolabel sono approvati
dalla Commissione Ue in base al regolamento 66/2010/Ce.
Fonte:http://www.reteambiente.it
3. 1 Responsabilità "231" à legittimo sequestro beni società e proprietario
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni costituenti profitto del reato
può avvenire indifferentemente sui beni dell'imprenditore o su quelli della società.
Così la Cassazione, sentenza 26 maggio 2014, n. 21227.
Per i Supremi Giudici la misura cautelare può incidere contemporaneamente e
indifferentemente sui beni dell´ente che ha tratto vantaggio dal reato ex Dlgs
231/2001 sia su quelli della persona fisica che lo ha commesso. Da rigettare la
tesi che postulava una responsabilità esclusiva dell'Ente perché si avrebbe la
conseguenza paradossale che lo "schermo societario" metterebbe sempre al riparo
la persona fisica che ha commesso il reato, per tacere che la persona giuridica può
essere centro di imputazione di effetti giuridici solo grazie all'azione di chi la
rappresenta.
L'unico limite, chiarisce la Cassazione è che la misura cautelare del sequestro non
può superare il valore complessivo del profitto derivante dal reato.
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3 Sottoprodotti di origine animale, UE regola uso come combustibile
Si applicano dal 15 luglio 2014 le prescrizioni stabilite dalla Commissione europea
per l'utilizzo come combustibile negli impianti di combustione del grasso animale e
del letame di pollame.
Le condizioni e le prescrizioni sono dettate dal regolamento 592/2014/Ue,
pubblicato sulla Guue del 4 giugno 2014, che integra l'allegato III al regolamento
142/2011/Ue con i nuovi Capi IV (Prescrizioni generali per l'uso di sottoprodotti di
origine animale e di prodotti derivati come combustibile) e V (Tipi di impianti e di
combustibili che possono essere utilizzati per la combustione e prescrizioni specifiche
per determinati tipi di impianti), che riguardano i motori fissi a combustione interna
che utilizzano grasso animale (parte A) e gli impianti di combustione “in azienda” nei
quali è utilizzato il letame di pollame (parte B).
Le novità sono applicabili a partire dal 15 luglio 2014. Fino al 15 luglio 2016, tuttavia,
lo stesso regolamento 592/2014/Ue consente agli Stati membri di autorizzare il
funzionamento degli impianti di combustione, che utilizzano grassi fusi o letame di
pollame come combustibile, “che sono stati riconosciuti a norma della legislazione
nazionale”.
Fonte:http://www.reteambiente.it