Questi documenti sono stati realizzati nell’anno scolastico 2016-2017 dagli alunni delle classi 3E, 3C, 4A e 4D del Liceo Linguistico Salvatore Quasimodo di Magenta con il progetto di Alternanza Scuola Lavoro e sono il frutto della consultazione, analisi ed elaborazione di documenti dell’archivio storico del Museo Martinitt e Stelline di Milano. Rappresentano fonti scritte di memoria del lavoro.
Esame di Stato 2024 - Materiale conferenza online 09 aprile 2024
Liceo Quasimodo 3E 3C 4A 4D 2016-2017
1. MUSEO MARTINITT E STELLINE
Benedetto Giulia, Castro Giulia, Goi Marta,
Pastori Vittorio, Popa Lavinia, Sansotera
Alessia, Squillace Michela, Tansi Alice,
Ziade Gaelle.
2. Il museo
Il Museo Martinitt e Stelline,
con le sue installazioni
multimediali e interattive,
racconta la storia di Milano e dei
due orfanotrofi dei Martinitt e
delle Stelline attraverso
documenti, immagini e
testimonianze che costituiscono
l’archivio storico di queste
istituzioni plurisecolari. La
sezione didattica propone al
pubblico laboratori a cadenza
regolare. L’esperienza potrà
essere conclusa con una visita
guidata alle sale del Museo
Martinitt e Stelline, in cui i
documenti d’archivio, legati alla
storia dei due antichi orfanotrofi
milanesi, sono esposti
virtualmente al pubblico.
3. STORIA DELL’ORFANOTROFIO
Milano, durante il Rinascimento, era flagellata da guerre, pestilenze e fame
e gli abbandoni di minori erano all’ordine del giorno. Il frate Gerolamo
Emiliani aveva fondato un ospizio maschile per fanciulli orfani o
abbandonati con l’aiuto del duca Francesco II Sforza . I bambini accolti
venivano chiamati Martinitt ovvero “piccoli Martini” dal nome della chiesa
di San Martino. Successivamente la sede è stata spostata nel monastero di
San Pietro in Gessate.
6. MARTINITT
Nel corso del soggiorno
nell’orfanotrofio maschile dei
Martinitt, gli orfani venivano
mantenuti, educati moralmente e
istruiti sia in campo intellettuale,
sia in quello pratico, affinché
avessero la possibilità di essere
inseriti nella società, dando loro
una sorta di riscatto sociale.
Per apprendere il mestiere,
inizialmente, gli orfani si recavano
nelle botteghe sparse in città con
le quali l’orfanotrofio aveva
precisi accordi; successivamente
furono attivate all’interno
dell’istituto apposite officine
dove gli allievi operai potevano
imparare il mestiere. Le officine
erano di svariato tipo:
meccaniche, tipografiche,
fabbriche di pianoforti, fabbro
ferraio, calzolerie, orologerie…
7. Requisiti necessari per
l’ammissione
• Essere orfano di entrambi i genitori o almeno di
padre
• Presentare l’attestato di miserabilità della
famiglia
• Avere minimo 6 o 7 anni
• Appartenere alla Diocesi di Milano
• Godere di ottima salute
8. Angelo Rizzoli
Angelo Rizzoli era un
Martinin.
Imparò il mestiere
di tipografo proprio
in orfanotrofio. A vent'anni
decise di mettersi in proprio:
insieme a un altro operaio
aprì una tipografia a Milano
in via Cerva. La ditta,
registrata nel 1911, prese il
nome di «A. Rizzoli & C.».
9. La nostra esperienza
Inizialmente abbiamo analizzato i fascicoli dei
Martinitt, concentrandoci sui dati riguardanti la
famiglia e il lavoro.
Abbiamo poi riportato i dati raccolti su Excel,
creato dei grafici e, infine, abbiamo intervistato
due persone che ci hanno raccontato la loro
esperienza lavorativa.
20. Antonio Panella
Prima ha lavorato come ricercatore per le università nei campi dell’inquinamento
acustico e atmosferico. Successivamente si è occupato di informatica per un ente
privato.
“C’era disparità tra uomo e donna, basandosi sulle sue esperienze lavorative?”
“In generale, dove ho lavorato io, no: al Politecnico, c’era qualche ragazza che era
ricercatrice; nell’azienda pubblica invece c’erano moltissime donne che lavoravano e lì
non ho mai riscontrato alcun tipo di discriminazione e nell’azienda privata le donne erano
tenute molto in considerazione infatti molti dirigenti erano donne”.
“L’istruzione che ha ricevuto le è stata utile durante il suo percorso lavorativo?”
“Solo in piccola parte perché ho frequentato una scuola tecnologica però poi mi sono
concentrato più che altro sull’informatica quindi sviluppo dei software”.
21. Viviana Rocco
“L’istruzione che ha ricevuto a scuola le è servita nel corso del suo lavoro?”
“Sì, mi serve ancora adesso. Io ho fatto il liceo scientifico e ho quindi studiato il latino,
che non solo mi ricordo ancora ora, a distanza di vent’anni, ma mi è anche servito.
Sono nozioni che ti formano la mente. Ne sono tassativamente convinta, ti aiutano a
ragionare, sono uno strumento per imparare e capire con logica, per risolvere anche i
problemi lavorativi”.
E’ laureata in biologia e ha iniziato la sua carriera lavorativa come biologa; successivamente
ha lavorato come archivista dato che era esperta di fotografia. Attualmente lavora come
volontaria al museo Martinitt e Stelline, essendo in pensione.
“C’era disparità tra uomo e donna, basandosi sulle sue esperienze lavorative?”
“Il rapporto uomo donna rimane all’interno di un’azienda una parte molto ostica. Per la
mia esperienza, devo dire che ho vissuto molto sulla mia pelle la differenza con gli altri
colleghi maschi perché ero trattata peggio rispetto a loro. Questo sempre, forse negli
ultimi anni meno. Però lo stipendio è sempre rimasto più basso di quello dei miei pari
maschi. Sì, ero trattata allo stesso modo, ma fino ad un certo punto. Ho vissuto questo
fino all’ultimo giorno e poi sono stata mandata in un’altra unità, ma il trattamento finale
era lo stesso”.
22. Ulteriori approfondimenti ...
• Numero dei componenti della famiglia
• Cause di morte dei genitori
• Causa delle dimissioni anticipate
Curiosità …
• Ambizioni lavorative più frequenti
• Mancanze dei beni materiali più ricorrenti nel
contesto famigliare