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La trascrizione: dal DNA all’mRNA
La trascrizione del DNA è la prima delle due fasi del processo di sintesi proteica.
Alla trascrizione segue la traduzione. La sintesi proteica è il processo attraverso cui
l’informazione genetica passa dal DNA all’RNA. Durante la trascrizione, le
molecole di RNA messaggero sono assemblate a partire da uno dei due filamenti
del DNA in base allo stesso principio dell’appaiamento delle basi della replicazione
del DNA. Ogni filamento di RNA possiede un’estremità 5’ e una 3’. Durante la
trascrizione, i nucleotidi che si trovano liberi nel nucleo, si aggiungono di volta in
volta alla catena di RNA in via di formazione perdendo due gruppi fosfato. La
molecola di mRNA complementare prodotta prende il nome di trascritto o pre-
mRNA. Nei procarioti l’inizio della trascrizione avviene quando l’enzima RNA
polimerasi si lega ad una specifica sequenza di DNA detta promotore in prossimità
dell’estremità 5’. I promotori forniscono all’enzima tre informazioni: dove iniziare
la trascrizione, quale filamento di DNA trascrivere e in quale direzione procedere.
Dopo che l’enzima si è legato al promotore, la doppia elica di DNA si apre e ha
inizio la fase di allungamento. La RNA polimerasi si sposa in un’unica direzione
lungo il filamento stampo (filamento antisenso) trascrivendo RNA in direzione
5’-3’. La composizione della catena di RNA è complementare al filamento stampo
(filamento senso) ed è uguale alla composizione del filamento stampo se non per
presentare l’uracile al posto della timina.
Le proteine che si devono sintetizzare sono costituite da sequenze di 20 amminoacidi differenti, ma il DNA e
l’RNA presentano solamente quattro diversi nucleotidi; ciò significa che i nucleotidi, per costituite gli
amminoacidi, devono possedere un codice genetico ovvero un sistema di segnali che assume un preciso
significato allo scopo di trasmettere un messaggio e che deve essere decodificato per sintetizzare la sequenza
precisa di amminoacidi. La struttura primaria di una proteina è formata da una specifica disposizione lineare
di 20 differenti amminoacidi, se dunque ogni amminoacido codificasse un solo amminoacido, non sarebbe
possibile costituirli tutti. Analogamente, se ogni amminoacido fosse codificato da 2 nucleotidi, si potrebbero
sintetizzare un massimo di 42 amminoacidi. Procedendo con questo ragionamento, si arriva a dire che ogni
amminoacido è codificato da una sequenza di tre nucleotidi arrivando in questo modo a 64 combinazioni. Un
amminoacido è quindi codificato sul DNA da una combinazione di tre nucleotidi, ovvero una tripletta che sul
filamento di mRNA prende il nome di codone e che tutti insieme formano il codice genetico. Alcuni
amminoacidi possono essere codificati da più triplette, mentre altri da solamente una tripletta. Ad esempio la
metionina è rappresentata da una sola tripletta, AUG, che rappresenta il codone d’inizio mentre esistono tre
codoni di stop che segnalano la terminazione della traduzione (UAA, UAG, UGA).
La RNA polimerasi, a differenza della DNA polimerasi, non ha sistemi di controllo, dunque gli errori sono molto
più frequenti, ma dato che le copie di RNA sono molto numerose e hanno vita breve, gli errori non comportano
danni. Così come il promotore segna l’inizio, sul filamento stampo del DNA sono presenti particolari sequenze di
basi chiamati terminatori che stabiliscono il termine della trascrizione.
A seguito dei vari esperimenti, tutti i codoni del’mRNA
corrispondenti agli amminoacidi, vennero decifrati portando alla
conclusione che 61 codoni codificano i 20 amminoacidi mentre 3
codoni fungono da codoni di stop. Da questa conclusione, il
codice genetico viene definito degenerato, ovvero ridondante in
quanto esistono più modi per codificare un solo amminoacido. Il
codice genetico non è però ambiguo in quanto ogni amminoacido
può essere codificato da più triplette, ma una tripletta può
codificare un solo amminoacido. Il codice genetico è, inoltre,
universale perché è praticamente identico in tutti gli organismi se
non per alcune eccezioni che riguardano i batteri o i mitocondri.
L’esistenza di un codice genetico universale indica che il
linguaggio dell’evoluzione è unico, ma è soprattutto utile
nell’ingegneria genetica in quanto ne deriva che un gene umano
è scritto nello stesso codice di un gene batterico

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