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Università Alma Mater Studiorum di Bologna



                      Facoltà di Lettere e Filosofia

                Corso di laurea in Storia Contemporanea




                           TESI DI LAUREA



            EDICOLE SACRE NEL TERRITORIO
     Aspetti di storia e religiosità popolare nel lughese


Candidato: DANESI ILARIA                       Relatore: PANCINO CLAUDIA




                             a.a. 2011/2012
INDICE


RINGRAZIAMENTI………………………………………………………………………………………………….p.4

  Cap.1 INTRODUZIONE……………………………………………………………………………………….p.5

  Cap.2 IL CUORE DEI PILASTRINI: LE TARGHE DEVOZIONALI……………………………………...p.15

  Cap.3 SULLE IMMAGINI DEVOZIONALI E SULLA DIFFUSIONE DEL CULTO
  MARIANO………………………………………………………………………………………………………p.39

  Cap.4 EDICOLE VOTIVE, ARTE E RELIGIOSITA’ POPOLARE………………………………………p.48

  Cap.5 EDICOLE VOTIVE DEL COMUNE DI LUGO……………………………………………………..p.68

         5.1 Le edicole del territorio lughese……………………………………………………………….p.69

         5.2 Appendice……………………………………………………………………………………...…p.72

         5.3 Catalogazione…………………………………………………………………………………...p.73

  Cap.6 CONCLUSIONI……………………………………………………………………….……............p.151

BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………………...…………...p.156




                                                                        3
RINGRAZIAMENTI



Desidero ringraziare innanzitutto la Prof.ssa Pancino, relatore di questa tesi, per la
grande disponibilità e cortesia dimostratemi, e per tutto l’aiuto fornito durante la stesura.

Ringrazio il Prof. Mengozzi, a cui si deve la proposta di un percorso online sul territorio,
appendice di questa tesi.

Un ringraziamento è rivolto a coloro i quali mi hanno supportato e consigliato durante il
corso della ricerca, e in particolare Don Antonio Renzi, Don Davide Sandrini, Giuseppe
Bellosi, Oriana Morelli, Giuseppe Martini, Giuliano Montanari, Gloria Pagani, per il tempo
che mi hanno dedicato.

Un ringraziamento particolare va a Nicola Pasi e Roberta Darchini, per aver
generosamente messo a disposizione la loro ricerca “I Segni della Memoria”, riferimento
di fondamentale importanza per la stesura della catalogazione qui presente.

Ringrazio familiari, parenti e amici che hanno accompagnato gli anni di studi di cui
questa tesi è corollario finale.

Ringrazio infine gli abitanti del Comune di Lugo che ho avuto modo di intervistare, e che
sono in fondo i veri protagonisti di questo lavoro.




                                                                                            4
INTRODUZIONE




         5
INTRODUZIONE                                                 si irradiava in un forese finalmente bonificato,
                                                             nuovamente centuriato, punteggiato di pievi.
Oggetto di questa tesi sono le edicole votive, quelle
particolari espressioni di religiosità privata e popolare    Per le grandi trasformazioni che il territorio ha subito
che con nomi diversi punteggiano tutto il territorio         (le deviazioni fluviali e le bonifiche idrauliche in età
italiano, urbano e soprattutto rurale, e che in              moderna, gli effetti del passaggio delle guerre, la
Romagna vengono più comunemente definite pilastrini          meccanizzazione dell'agricoltura, la nuova viabilità e
per la loro forma più diffusa: un pilastro quadrangolare     urbanizzazione, le grandi vie di comunicazione) si può
o rotondo, su cui poggia una piccola cella contenente        ipotizzare che un gran numero di queste piccole
un’immagine sacra, che in Romagna è con grande               strutture siano andate perdute, mentre quelle rimaste
frequenza in una targa ceramica, in un numero                spesso risultano vuote o non contengono più
abbastanza definito di temi iconografici.                    l'immagine originaria.

Lo studio si prefigge di individuare tutti i pilastrini      A ciò si affianca la modestissima rappresentazione
tuttora esistenti o comunque rintracciabili nei loro resti   storica di queste edicole, che le rende a tutti gli effetti
nel territorio del Comune di Lugo e di costruirne una        marginali, ai campi che delimitavano come alla storia
catalogazione; inoltre, di fornire un inquadramento          ufficiale.
generale di queste forme d’arte e devozione minore,
della loro storia e della loro fruizione.
                                                             PER UNA DEFINIZIONE DI EDICOLA VOTIVA
Catalogazioni delle edicole presenti in comuni limitrofi
della provincia di Ravenna sono state oggetto di             Per questi manufatti manca una definizione precisa,
pubblicazione anche recentemente, mentre mancava             ma è possibile individuare una categoria di monumenti
una descrizione relativa al territorio lughese; territorio   di ispirazione devota, voluti e posti in essere dalla
che, non lontano da Faenza e da Imola, ha potuto             gente comune, che si è soliti designare con termini di
attingere a targhe ceramiche delle due più fiorenti          derivazione di volta in volta popolare/dialettale oppure
fabbriche di produzione di immagini nei secoli di            colta, che variano da zona a zona e nell’arco del
massima diffusione di queste forme devozionali,              tempo.
soprattutto Seicento e Settecento, in coincidenza con
la fioritura del territorio, che dal suo centro cittadino,   Tra questi termini è bene ricordare quelli più diffusi e
divenuto un polo commerciale di grande importanza,           frequenti: capitello, cappella, celletta, cippo, edicola,




                                                                                                                   6
madonnina, maestà, nicchia,                   pilastrino,     sacello,   costruito all'uopo ma più comunemente è incavata
tabernacolo, targa, verginina. 1                                         nella parete di un edificio rivolta all'esterno. Il termine
                                                                         tabernacolo, il cui significato principale rimanda ad
Alcune denominazioni sono tipiche di aree specifiche                     uno specifico arredo sacro atto a contenere la pisside
del nostro paese: pinture o pinturette nelle Marche ( a                  e il Santissimo Sacramento 3, è di derivazione
identificarne il carattere di immagine dipinta),                         evidentemente colta, ma la somiglianza formale di
marginette in area pisana (con uno slittamento di                        alcune tabernacoli con gli oggetti studiati ha indotto a
significato da immagine a margine, a indicarne la                        parlare di tabernacolo anche in riferimento ai nostri
collocazione), cunnicelle a Bronte.                                      monumenti di devozione, usando il termine come
Il termine capitello è utilizzato con riferimento alla                   sinonimo di edicola. Appunto, l’edicola, nel significato
parola latina caput, cioè “capo”, “estremità”, “termine”,                traslato si configura come un piccolo tempio o nicchia
ed ha cioè diretta associazione con il luogo in cui i                    inquadrante un’immagine, dalla parola latina aedicula,
monumenti di questo tipo vengono edificati 2; il termine                 diminutivo di aedes (“casa” o “tempio”), adibita quindi
è tuttora il più usato in Veneto (capitei). Altri termini                in origine ad ospitare una statua con funzione cultuale
come madonnina, verginina , targa, fanno riferimento                     o sepolcrale 4 . Dal mondo classico deriva anche il
diretto all’immagine devozionale stessa, in relazione al
                                                                         3
tema iconografico o alla configurazione dell’oggetto.                        C.PISONI , “Tabernacolo”, in Enciclopedia dell’arte medievale, a
Pilastrino e cippo rinviano alla forma architettonica del                      cura di A.M. ROMANINI, vol. XI (2000), coll.55-57. Per i romani il
monumento, mentre nel caso di nicchia (cunnicella in                           tabernaculum era la tenda augurale, il luogo dove si
siciliano) si evidenzia lo spazio che ospita l’immagine                        conservavano gli auspici. Per gli ebrei, il Tabernacolo era la
devozionale; questa può far parte di un manufatto                              tenda dove, durante il lungo viaggio dall'Egitto alla terra
                                                                               Promessa, si conservavano le tavole della legge, il candelabro
1
  E. MORIGI, Le edicole devozionali. La terminologia, le forme, la             e gli arredi sacri. In epoca cristiana, a partire dal IV Concilio
fruizione , in (a cura di) E. MORIGI, B. VENTURI , Edicole devozionali         Lateranense del 1215, con il nome tabernacolo o ciborio si
del territorio ravennate. Comuni di Alfonsine, Bagnacavallo,                   indicò il luogo ove si conservava il SS. Sacramento, e in
Ravenna e Russi, Longo Editore, Ravenna 2004                                   seguito, per estensione, si cominciò a definire tabernacolo
                                                                               qualsiasi struttura, all'interno o all'esterno delle chiese, atta a
                                                                               contenere immagini sacre
2                                                                        4
    G. FRANCESCHETTO, I capitelli di Cittadella e Camposanpiero.         G. BENDINELLI, “Edicola”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e
      Indagini sul sacro nell’alto padovano, Roma, 1972 , cit. in M.        orientale, a cura di R. BANCHI BANDINELLI, vol.III(1960), coll.214-
      MORIGI, Le edicole devozionali...cit.,p.13                            216



                                                                                                                                             7
termine celletta, che riprende la parola cella, parte           espressero in monumenti dalle analogie formali e
interna del tempio, dove era custodita la statua della          sostanziali con le nostre edicole.          Già i romani
divinità. Così anche sacello (sacellum) indica un               usavano collocare all’incrocio tra cardo e decumano il
piccolo luogo chiuso consacrato, una piccola cappella           compitum, un cippo, quale segno identificativo del
o oratorio. Quanto al termine maestà, deriva dal                confine di proprietà: col passare del tempo questo
linguaggio colto in riferimento all’impostazione frontale       simbolo si coprì di un significato religioso. Le zone di
della figura rappresentata, che richiama un modello             confine erano infatti sguarnite dalla protezione dei lari,
dell’arte imperiale dall’Imperatore in trono in                 le divinità familiari, e come tali erano vulnerabili
maiestate 5.                                                    all’attacco di entità malevole, le più temute delle quali
                                                                erano gli spiriti dei trapassati. La religione romana era
Quanto detto sulla terminologia rende più semplice              fondata su un reciproco rispetto dei limiti e delle
un’identificazione     d’insieme       sulla    base      di    regole stabilite fra umano             e divino a cui
classificazioni strutturali e formali;         per quanto       corrispondeva la giusta protezione dei numina. 6 I punti
riguarda invece le motivazioni propriamente                     di confine, rappresentando concretamente il luogo di
ideologico-religiose, i nostri pilastrini si caratterizzano     passaggio tra mondo terreno e “altro”, erano perciò di
come espressione di devozione semplice e destinata              fondamentale importanza: i contadini usavano
a pubblica fruizione, che si manifesta nella                    appendere sugli alberi dei crocicchi o confinali delle
collocazione del manufatto.                                     maschere ornate di corna con valore apotropaico, e i
Ritroviamo questi segni del paesaggio sul ciglio delle          crocicchi stessi diventarono appannaggio della
strade, negli incroci, volti al pubblico passaggio in           protezione di specifici lares, i lares compitales,
cortili privati, più raramente in campi coltivati.              oggetto di offerte votive.

La locazione dei pilastrini non è ovviamente causale            Già nel periodo della tarda Repubblica questa usanza
e, benché il loro posizionamento attuale non possa              votiva cadde in disuso, ma il concetto di confine come
considerarsene conseguenza diretta, si riallaccia a             area di compenetrazione tra mondo dei vivi e mondo
tradizioni molto più antiche del cristianesimo, che si          dei morti rimase ben vivo nella mentalità della gente
                                                                comune: non per niente una figura negativa come
                                                                Ecate veniva definita “signora dei crocicchi”, e durante
5
 A. MAVILLA , Le maestà nell’alta Val Parma e Cedra, Ravenna,   il periodo in cui si credette alle opere nefande della
1996, p.29                                                      6
                                                                    Cfr. H.M.R. LEOPOLD , La religione di Roma, Genova, Fratelli
                                                                      Melita Editori, 1988



                                                                                                                                   8
stregoneria si ritenevano gli incroci luoghi frequentati                 morte e delle antiche usanze tutt’altro che
da streghe e maghi.                                                      spaventosa, resa tale solo durante l’età moderna
                                                                         anche per le pressioni culturali della Chiesa ufficiale,
Nel medioevo sopravvivevano infatti nelle campagne                       che fecero via via svanire il ricordo delle motivazioni
europee una serie di rituali cultuali precristiani che la                originarie dei riti stessi.
chiesa non si curava più di tanto di combattere,
considerandoli inizialmente innocui e gradualmente                       Non solo i crocicchi ma anche i boschi erano fulcro del
superabili. Così, e come si vedrà fino al Concilio di                    connubio tra nuovi e antichi culti: nido delle paure
Trento, le pratiche divinatorie, i riti agrari di fertilità e            ancestrali perché terreno del diverso; 8 ai rami dei loro
fecondità, gli interventi magico-terapeutici, non                        alberi si appendevano immagini sacre, traslando la
scomparvero. Vennero in qualche modo cristianizzati                      devozione dal legno stesso all’icona, che poteva col
attraverso una sorta di sovrapposizione, che li spinse                   tempo trovare altra collocazione in un’edicola o
progressivamente ai margini della legalità, senza però                   tempietto. Variate sono le raffigurazioni nella
che si potesse impedire la sopravvivenza di frange di                    religiosità popolare romagnola di apparizioni mariane
paganesimo a volte così intriso di simboli e formule                     tra le fronde di un albero, basti pensare alla Madonna
cristiane da generare forme di religiosità popolare                      del Bosco di Alfonsine, alla Madonna dell’Albero a
particolarissime.                                                        Ravenna, a quella del Piratello a Imola ecc.

Anche nella tradizione romagnola troviamo una serie                       Forse ancor più dei suoi corrispettivi più
di documenti che attestano la sopravvivenza di                           compiutamente architettonici, i tabernacoli arborei
pratiche magico-stregoniche rurali perpetuate nei                        sono espressione non solo dell’immediata religiosità
crocicchi, 7 descrizioni che riflettono una visione della                contadina, ma anche di un rapporto tra uomo e
                                                                         ambiente, sentito e personale. Era un rapporto
7
  Su stregoneria, culti pagani e tradizioni popolari in Romagna: N.      vissuto spesso in maniera tragica a causa della
MASSAROLI,  Diavoli, diavolesse e diavolerie nella tradizione            dipendenza dagli agenti atmosferici e degli
popolare romagnola. Alla noce di Benevento, in “La Piè”, n.7
(1923); M. PLACUCCI, Usi e pregiudizi dei contadini della Romagna,
Forlì 1818; P. TOSCHI, Romagna tradizionale, Bologna 1952;               8
G.G.BAGLI, Nuovo Saggio di Studi sui Proverbi, gli Usi, i Pregiudizi e
                                                                           V. FUMAGALLI, Il paesaggio dei morti. Luoghi d’incontro tra i morti
la Poesia Popolare in Romagna, in “Atti e Memorie della R.               e i vivi sulla terra nel Medioevo, in “Quaderni Storici”, n.50,
Deputazione di Storia patria per le Province di Romagna”, Ser.III,       Bologna ,1982, p. 419
vol, IV,1886, rist. an.Bologna, 1987; E. BALDINI , Paura e Maraviglia
in Romagna, Ravenna, Longo Editore, 1988.


                                                                                                                                         9
sconvolgimenti provocati da intemperie e terremoti.                       attribuzioni particolari, facilmente riconoscibili dai
Bisogno di protezione dagli agenti esterni che                            credenti, ognuno deputato ad una particolare
determinavano la vita contadina e preghiera                               funzione.
genericamente intesa compiutamente cristiana si
fondono in questi luoghi di confine.                                      L'invocazione alla protezione della Madonna e dei
                                                                          santi ebbe il culmine in occasione delle pestilenze
La presenza diffusa di manufatti con immagini sacre                       del Seicento; ne seguì una venerazione delle
si ha nella nostra regione a partire dal Quattrocento 9,                  immagini che da popolare divenne ufficiale: si pensi al
ma in tutto il Paese assume dimensioni ben più ampie                      culto della Madonna delle Grazie di Faenza , la cui
dopo la Controriforma, per l'impulso dato dalle                           effige fu rappresentata su moltissime case della città
gerarchie ecclesiastiche alla venerazione delle                           e si diffuse ben oltre i suoi confini.
immagini       di religiosità popolare     in funzione
antiprotestante, con una accentuazione del culto                          Sbiadita nella cultura ufficiale dell'età contemporanea
mariano, come vedremo, e una diversificazione a                           la fede nella capacità taumaturgiche dell'invocazione
seconda dei luoghi, ufficializzando tradizioni di culti                   religiosa e attenuate molte paure ancestrali grazie al
locali con le relative immagini che si diffusero grazie                   progresso scientifico, non si è tuttavia assistito al
alla riproduzione ceramica.                                               cessare della costruzione di edicole , poiché quasi tutti
                                                                          i pilastrini che vediamo attualmente sono di origine
Dal Cinquecento in poi c'è inoltre una fioritura degli                    otto o novecentesca.
Oratori, piccole chiese costruite nelle campagne dalle
Confraternite, che sorgono spesso nel luogo dove                          Sembra      pertanto   manifestarsi     una      generica
sorgeva precedentemente un tabernacolo con una                            disposizione d’animo che induce a sacralizzare i
immagine ritenuta miracolosa, collocata poi all'interno                   luoghi. L’immagine sacra, collocata in un crocicchio,
della chiesetta.                                                          un bivio, un guado, un crinale, proietta nella topografia
                                                                          del paesaggio naturale e architettonico il luogo di
Si sviluppano inoltre dei precisi cliché iconografici per i               passaggio tra aree diverse , ed ha valore di presidio,
santi: ogni santo è rappresentato con caratteristiche e                   data dalle implicazioni conflittuali che tali passaggi
                                                                          comportano sul piano simbolico 10 Questo scopo di
9                                                                         protezione è quel che resta dell’antico significato delle
    P. GUIDOTTI, Madonne e santi nelle ceramiche devozionali. Una
                                                                          edicole. E’ un senso religioso che nelle campagne, e
       spia sul mondo di ieri, 1982, cit., cap. I; M. CECCHETTI, Targhe
       devozionali devozionali dell’Emilia-Romagna, Silvana
                                                                          10
       Editoriale, Milano, 1984, cit., cap. II                             M.CECCHETTI, Targhe devozionali…, cit.,p.45



                                                                                                                             10
la ricerca sul territorio ha dato modo di attestarlo,        FORME E COLLOCAZIONI 11
risulta più vivo di quanto l’apparenza non indichi.
Defilate anche visivamente dai mutamenti del vivere          Ogni qualvolta troviamo un'edicola con un’immagine
moderno, queste edicole risultano spesso invisibili agli     sacra, non ci sfugge il dato comune di una
occhi del passante ignaro del loro significato.              collocazione su di un limite. E questo limite non è
                                                             tanto e solo fattuale, quanto psicologico : una svolta
Eppure nelle campagne si riscontra un perdurare di           che impone una scelta ; un varco che incute paura ;
questa religiosità semplice che ancora si esprime            una soglia che induce al rispetto. O ancora, la
nelle processioni del mese di maggio e nella                 scansione di uno spazio, che si misurava in ore di
committenza di targhe devozionali ceramiche. E’ una          cammino: la fine di una strada o la metà di essa.
forma di religiosità popolare che ha sicuramente in          Nell'esposizione (edicola è qualcosa di esposto) è
larga parte risentito del progresso e degli                  implicito un valore di messaggio: l'edicola (e
sconvolgimenti oltre che paesaggistici anche sociali e       implicitamente il suo costruttore) dice qualcosa a chi
del proprio sentire religioso, ma che non ha tuttavia        passa.
del tutto perso quelle connotazioni originarie di
legame col proprio vissuto quotidiano, col proprio           In questo sta la più intima differenza con l'immagine
territorio e con le proprie tradizioni, che questa ricerca   votiva all'interno dell'arredo domestico . La stessa
si propone di esprimere.                                     nicchia votiva sopra la soglia di casa, che pure
                                                             sembra esprimere in modo così domestico un
                                                             significato devozionale puro e privato, si colloca su un
                                                             diaframma fra il dentro e il fuori: un dentro protetto e

                                                             11
                                                                  Sulle specifiche tecniche delle edicole votive, diffusione,
                                                                   fruizione : M.CECCHETTI , Targhe devozionali… ; E. MORIGI, B.
                                                                   VENTURI, Le edicole devozionali…; F. S. CUMAN, La pietà popolare
                                                                   nelle edicole sacre, Padova, Centro Editoriale Cattolico
                                                                   Carroccio, 1994; G.TESEI, Le edicole sacre. Gli artistici simboli di
                                                                   devozione nelle vie della Capitale; Casa Editrice Anthropos,
                                                                   1988; P. GUIDOTTI, Madonne e santi…; (a cura di) P. GUIDOTTI, G. L.
                                                                   REGGI, A. TARACCHINI, Catalogo della Mostra Ceramiche
                                                                   Devozionali nell’Area Emiliano-Romagnola, Imola, Grafiche
                                                                   Galeati, 1976.



                                                                                                                                11
sicuro e un fuori imprevedibile e denso di rischi. La          arenaria, al centro è scavato lo spazio in profondità
protezione dalle volontà malefiche prosegue all'interno        per accogliere la targa in ceramica, attorno figurazioni
con la collocazione di un'immagine sacra, anche qui            simboliche o semplicemente decorative formano la
caratteristicamente, al pianerottolo della prima rampa         cornice.
di scale, come se anche il passaggio al piano di sopra
(passaggio un tempo oscuro, illuminabile con una               Slegata da un edificio, l'immagine doveva essere
candela che poteva spegnersi all'improvviso per lo             protetta; doveva esserle data una 'casa', in forma di
spiffero di una finestra colpevolmente mal chiusa)             piccola cella.. La forma più semplice e povera di
innescasse antiche paure, razionali (dei ladri) o meno         protezione era il tabernacolo ligneo . Artisticamente
(dei morti); mentre l'insieme delle nicchie esterne            certo non significativo, ha invece importanza storica
costituisce una cintura protettiva corale. Anche nel           perché rappresenta la forma più antica: la sua
nostro territorio, basta allontanarsi di poco dal centro       presenza nel paesaggio è documentata almeno dal
abitato per vedere apparire le antiche nicchie fin dalle       Cinquecento, con stampe che illustrano libri liturgici e
case della prima cintura cittadina, quasi a costituire         fogli volanti devozionali. La struttura del tabernacolo
una seconda cerchia di protezione, al di là delle              ligneo di norma consiste in un tempietto costruito con
vecchie mura scomparse. Si notano ancora, non a                poche assicelle di legno: una per il fondo, una per la
caso, nelle case d'angolo, o dove una strada a lungo           mensola, due per i fianchi e ancora due per il
sviluppo si immette in un'altra ( con significato del          tettuccio a spioventi. Ne risulta quella sorta di
tutto analogo , in questo caso, al pilastrino), spesso         “casetta”, aperta sulla fronte, molto tipica, fissata ad
nelle case coloniche di maggiore dimensione, perché,           un albero o issata su di un palo ai bordi di un campo o
quantunque povera, la targa ceramica non era alla              all'interno di un orto, o in molte altre, diverse,
portata di tutti. Si può dunque ipotizzare che la nicchia      sistemazioni. Per costruirla erano sufficienti le abilità
votiva domestica rappresenti una forma devozionale             più elementari esistenti all'interno della famiglia
di confine fra il privato e il pubblico.                       contadina ; una reticella metallica, una latta ritagliata e
                                                               verniciata potevano servire come protezione dal vento
Non molto presente in pianura, mentre ha una certa             e dalla pioggia. La povertà dei materiali e dei mezzi
diffusione      nell’Appennino        tosco-emiliano,      è   testimonia sull'origine popolare e spontanea non solo
l'esposizione definita “a frontale” . Si tratta di uno         del tabernacolo ligneo stesso, ma del tabernacolo
sviluppo della più semplice forma a nicchia e, come            devozionale in genere, di cui quello ligneo è da
quest’ultima, trova collocazione nelle parerti esterne         considerarsi la situazione originaria che di solito dà
delle stalle, dei fienili e soprattutto delle abitazioni. Di   poi vita a successivi, più solidi, insediamenti , e
solito il lavoro è ricavato da un blocco monolitico di         rappresenta la struttura elementare a cui si


                                                                                                                    12
richiamano le forme di tutti i tipi di tabernacolo                 santuari portano dedicazioni mariane che includono la
devozionale, anche quelle più complesse in muratura.               dedicazione “arborea” (dell’Olmo, del Faggio,
Ne abbiamo reperito, nel lughese, soltanto un                      dell’Acero, della Quercia, del Piratello, del Melo....) e
esempio.                                                           ciò fa comprendere come la scelta di un tabernacolo
                                                                   arboreo comporti una particolare convinzione di
Il tabernacolo arboreo rappresenta l'esposizione di                sacralità del luogo o dell'immagine in essa
un’immagine sacra in una architettura naturale e                   primitivamente esposta. Nella ricerca, abbiamo
struttura vivente, che richiama immediatamente                     reperito un piccolo numero di tabernacoli arborei,
l'albero sacro di tante religioni , e comunque si ritrova          particolarmente suggestivi, specialmente se osservati
sui confini , delle proprietà o di spazi territorialmente          al sorgere o al calare del sole.
significativi.
                                                                   Le cellette rappresentano una forma intermedia fra
L'albero confinale, rispetto al legno che regge il                 pietà privata e struttura di culto . Son piccoli tempietti
tabernacolo ligneo, è inamovibile, e garantisce la                 di modesta altezza, contenenti una piccola camera e
“stabilità” dell’esposizione nel tempo. Vengono scelti             un altare ; hanno quindi pietra consacrata e sono
quindi alberi perenni , per lo più querce, roveri, olmi,           soggette al diritto canonico. Possono rappresentare
frassini; se sono piante utilizzate per sorreggere filari,         l'evoluzione di un precedente tabernacolo per cui la
possono venire potate a fioriera, a nicchia , a                    devozione popolare ha raggiunto intensità tali da
padiglione. Se si tratta di grandi alberi, l'immagine è            coinvolgere     l'autorità    ecclesiastica.      Quando
posta alla prima biforcazione. Già nei primi tre secoli            raggiungono le dimensioni di un edificio ad una navata
dopo il Mille era frequentissimo che alberi venissero              vengono chiamati oratori.
consacrati con la croce, poi con le immagine sacre:
stampe, pitture e infine terrecotte.                                Alla parola pilastrino associamo          un piccolo
                                                                   manufatto, la cui altezza è in genere poco maggiore
La dedicazione mariana è sollecitata dal motivo                    di quella media di una persona,         le cui forme
iconografico dell'albero di Iesse 12, una figurazione              ricordano, in dimensioni ridotte, quelle di un
composita che risulta dall'albero genealogico di Cristo            campanile. E' costituito da uno zoccolo che sorregge
con il paleocristiano arbor vitae e che porta alla                 un fusto a sezione quadrata o rotonda, su cui poggia
sommità l'immagine della Vergine col Bambino . Molti               una cella o un tempietto con una nicchia ( a volte più
                                                                   di una) , coronato da una cuspide , a due o quattro
12
     H. DELEHAYE, Les légendes hagiographiques, Bruxelles ,1955,   spioventi o più raramente emisferica; sulla sommità è
      cit.p.167                                                    collocata una croce.


                                                                                                                       13
I materiali sono poveri e dipendono dalla zona; più            funzione di allontanamento di forze del male laddove
spesso di macigno scolpito sono quelli lungo le vie            l'edicola veniva collocata sul luogo di un fatto di
dell’Appennino tosco-emiliano, in muratura di laterizio        sangue. Un voto o una grazia ricevuta erano un altro
invece quelli della pianura, con molte eccezioni e non         motivo frequente che portava persone devote
rari casi di muratura mista. Sembrano ispirati ai              all'erezione di un pilastrino. Ma un ruolo importante
campanili e come questi evolvono nelle linee e nel             che il pilastrino acquisiva era quello di punto di
gusto, più sinuoso o più squadrato. In quelli del nostro       riferimento per segnalare strade e distanze nel mondo
territorio, la tipologia maggiormente frequente è una          preindustriale. Nel rintracciare i pilastrini ancora
costruzione a pilastro in mattoni, a fusto quadrato            esistenti, molte ricerche concordano nell’osservarne la
sormontato da una cella quadrangolare, anch'essa               collocazione su strade esistenti all’inizio del secolo
costruita semplicemente in mattoni o talora più                XIX o molto più antiche, 13 in particolare su strade un
raffinata. Spesso fra il fusto e la cella c'è una cintura in   tempo di rilevante importanza per i transiti e oggi
rilievo; gli spioventi del tetto possono essere scolpiti       relegate a un traffico locale e secondario; questi umili
oppure sormontati da coppi come la copertura delle             manufatti quindi possono dirci molto sulle
case. In alcuni casi la modesta cuspide è costruita con        modificazioni del territorio.
mattoni digradanti, che realizzano un profilo a spigoli.
La produzione dei materiali per i pilastrini doveva
coinvolgere le fornaci, che accanto al lavoro seriale
della produzione dei laterizi, dovevano riservare uno
spazio, più specialistico, per pezzi "su misura"
necessari ad assemblare un pilastrino, come cornici
variamente modanate, mensole, tempietti, cuspidi. Ma
in molti casi i pilastrini erano costruiti con materiali di
recupero, mattoni e coppi ricavati dalla costruzione o
demolizione di una casa, come ancora oggi ci viene
raccontato.

La dislocazione dei pilastrini nel territorio riflette i
criteri che abbiamo già ripetutamente indicato:
biforcazioni, incroci, ponti, margini; si possono
                                                               13
ritrovare in stretta vicinanza di un albero. La funzione            A. BOLOGNESI, Tabernacoli e religiosità popolare nel territorio di

protettiva generica delle immagini sacre si univa alla               Montale, Comune di Montale, 31 ottobre 2005



                                                                                                                                 14
IL CUORE DEI
PILASTRINI:
LE TARGHE
DEVOZIONALI




               15
IL CUORE DEI PILASTRINI: LE TARGHE                                     È stato detto che “la distinzione tra immagine di
DEVOZIONALI                                                            devozione e immagine di culto è resa
                                                                       dinamicamente possibile dall’intervento della
                                                                       categoria della popolarità” 2, è infatti attraverso il
                                                                       manifestarsi    dell’attenzione    collettiva     che
Intrinsecamente legata alla sacralità dell’edicola
                                                                       un’immagine di culto può divenire popolare e
votiva è l’immagine devozionale in essa
                                                                       quindi essere riprodotta e diffusa come oggetto di
contenuta. Generalmente rappresentata da una
                                                                       devozione privata; allo stesso modo è per pura
targa o da una scultura a tuttotondo
                                                                       forza popolare che un’immagine della devozione
appositamente realizzata, l’immagine devozionale                       privata può venire accolta ufficialmente in area
è destinataria delle preghiere dei fedeli e nella
                                                                       ecclesiastica come oggetto di pubblico culto3, dal
sua evoluzione storica e artistica è racchiuso il
                                                                       momento che dà vita per sua stessa natura a
senso proprio dell’edicola come emblema di
                                                                       manifestazioni rituali non solenni, che però
religiosità popolare: per questo motivo d’ora in                       richiamano la partecipazione della collettività
avanti col termine “edicola sacra” e relativi                          all’intorno.
sinonimi intenderemo indicare la struttura
architettonica e l’immagine ad esso connessa.                          La sua popolarità si esprime nella sostanziale
                                                                       limitatezza di archetipi stilistici: molto di rado
Come detto le edicole devozionali vere e proprie
                                                                       infatti,  l’immagine     sacra     della   targa    è
“si distinguono da altre immagini o strutture
                                                                       un’immagine originale, è al contrario prassi delle
devozionali di carattere privato, per la volontà di
                                                                       maestranze artigiane ricopiare su ceramica scene
dar luogo a un monumento destinato ad una
                                                                       e figure tratte da incisioni a stampa, in cui la
fruizione pubblica”, 1 anche qualora questo
                                                                       scelta del soggetto è in gran parte affidata alla
rappresentasse la commemorazione di un evento
                                                                       committenza. E’ facile notare come normalmente
privato.
                                                                       questa prediliga immagini tratte dalle devozioni
Questa fruizione pubblica non è sottolineata                           locali o archetipi iconografici particolarmente noti.
esclusivamente dalla loro locazione, ma anche
dalla scelta dell’immagine che essi custodiscono.                      2
                                                                         A. VECCHI , Il culto delle immagini nelle stampe popolari, p.39,
                                                                       Firenze 1968
1                                                                      3
    E. MORIGI E B. VENTURI (a cura di), Edicole devozionali…Cit.p.17     M. CECCHETTI , Targhe devozionali…cit.p.35


                                                                                                                                      16
Il grande rilievo che la targa ha avuto nel              BEATA VERGINE DEL MOLINO DI LUGO 6
paesaggio urbano e rurale ovviamente respinge
l’esclusività di cause prettamente tecniche ,come
il principio di “riproducibilità”,  e comporta una
riflessione sul “ricorso all’archetipo” come
carattere proprio della prospettiva popolare di
religiosità: come ogni altra immagine devozionale
la targa si propone infatti non come “strumento” o
“metodo di devozione”, ma come semplice
“oggetto” o “affermazione radicale di religiosità” 4.
Come osserva Maria Cecchetti, 5 la targa non
descrive il processo proprio dell’arte “alta”, in cui
l’autore esprime all’interno dell’opera la sua
individuale concezione del mondo, ma viceversa
un prodotto artistico che risponde ad un
“significato” univoco, precostituito, nei confronti di
ogni considerazione filosofica e teologica.              L’immagine della Madonna del Molino è una
Ecco che si rivela quindi particolarmente                tavola in gesso conservata nell’omonimo
interessante l’analisi degli archetipi che dominano      Santuario di Lugo a lei dedicato. La targa ha
la scena artistica della zona esaminata.                 origini sconosciute, ma è quasi certo che si tratti
                                                         di una copia da originale rinascimentale, come
                                                         attesterebbero alcuni elementi e stilemi tipici della
                                                         produzione     artistica   dell’epoca      presenti



                                                         6
                                                          Sulla Beata Vergine del Mulino di Lugo: A. GOLFIERI , La Madonna
                                                         del Molino protettrice della città di Lugo: sunto storico, Lugo
4
    A.VECCHI , Il culto delle immagini…cit. p.23         1896; Madonna del Molino: Lugo, (a cura di) DON T.
5
M.CECCHETTI,Caratteri popolari…cit.p.41                  CAVALLINI, G. MAGNANI , Imola, 1993



                                                                                                                    17
nell’immagine 7. La Vergine è raffigurata a tre                        duca Ercole d’Este, venuto a conoscenza dei
quarti, seduta, con il Bambino poggiato sulle                          numerosi miracoli, assecondò il desiderio dei
ginocchia frontalmente, entrambi preziosamente                         sudditi erigendo una cappella; tuttavia, quando si
ornati e incorniciati sullo sfondo da festoni floreali.                sparse la notizia che questa sarebbe stata
                                                                       costruita sul luogo del prodigio e affidata ai
L’origine del culto, risalente alla fine del XV
                                                                       Domenicani, incontrò l’opposizione della sua
secolo, ci è nota grazie alla cronaca di Gian
                                                                       stessa gente, in quanto la zona del Molinaccio
Battista Bolognesi8, notaio lughese dell’epoca al                      era ritenuta pericolosa, luogo di delitti e spiriti
servizio degli Estensi. Non è da escludere tuttavia                    maligni. Il popolo insistette per affidare la custodia
che il Bolognesi stesso sia stato influenzato nel                      della sacra immagine ai Frati Minori di Lugo, e un
suo narrare da credenze precedenti. Secondo la
                                                                       sostenitore della causa, Gian Paolo Rondinelli,
leggenda, in data 17 maggio 1496, un mercante
                                                                       decise con un atto di forza di trasportarla di
faentino di ritorno da Ferrara cadde con il suo
                                                                       persona nella cittadina; ma l’impresa gli fu
carro in un canale nella zona del Molinaccio, nei
                                                                       impedita dall’improvvisa ribellione al galoppo del
pressi di Lugo, infrangendo un’immagine in gesso
                                                                       proprio cavallo imbizzarrito e dalla contemporanea
di Vergine con Bambino che portava con se’.
                                                                       perdita di vista e udito, effetti miracolosi che
Ritenendo impossibile ripararla l’abbandonò sul
                                                                       terminarono altrettanto fulmineamente una volta
luogo dell’incidente, ma alcuni giovani pastorelli
                                                                       desistito dal suo intento. Il 27 aprile 1497
una volta trovatala ne rimisero insieme i pezzi, e
                                                                       l’immagine venne così affidata alla nuova chiesa
la     riposero    in     un   tabernacolo    ligneo
                                                                       di Santa Maria Nuova ,custodita dai Domenicani,
appositamente costruito. L’immagine, tornata a
                                                                       che vi edificarono vicino un piccolo convento.
nuova vita, improvvisamente cominciò a
                                                                       Venne poi incoronata nel 1856 da papa Pio IX,
risplendere di una luce tanto intensa da
                                                                       mentre nel 1939 iniziarono i lavori per la nuova
costringere i giovani alla fuga, attirando
                                                                       chiesa, terminata nel 1943.
immediatamente le attenzioni dei devoti dei paesi
limitrofi, che vi attribuirono poteri miracolosi. Il
7
  B. VENTURI , Edicole e immagini devozionali tra realtà storia e
tradizione in Edicole votive…(a cura di) MORIGI E VENTURI cit.,p. 43
8
  Cfr. A. GOLFIERI, in La Madonna del Molino protettrice…cit.,pp.
181-187


                                                                                                                       18
MADONNA DEL FUOCO DI FORLì 9                                 secoli: ancora oggi l’immagine è conservata nel
                                                                      duomo cittadino.

                                                                      La Madonna del Fuoco di Forlì è una xilografia
                                                                      impressa su carta tra la fine del XIV e gli inizi del
                                                                      XV, la più antica che si conosca in Italia 11.
                                                                      Secondo Sergio Fabbri 12 la sua nascita va
                                                                      attribuita per affinità stilistica al maestro Michele
                                                                      di Matteo, attivo a Bologna tra 1410 e 1469, oltre
                                                                      che a Venezia e Siena. La composizione ricalca
                                                                      lo schema del polittico gotico, con al centro la
                                                                      Vergine che tiene in braccio il Bambino sul
                                                                      proprio fianco destro, mentre intorno, all’interno di
                                                                      scomparti delimitati da colonne tortili, sono
                                                                      rappresentate      scene        tratte dal    Vangelo
                                                                      (l’Annunciazione e la Crocifissione), coppie di
Secondo quanto narrato da Giovanni di Mastro                          Santi e Martiri, gli Apostoli, Santa Dorotea e forse
Pedrino nella sua Cronica, 10 nella notte tra il 4 e                  la Vegine. Al centro la Madonna, coronata, ha alle
il 5 febbraio 1428, a Forlì, un incendio
                                                                      proprie spalle il sole e la luna antropomorfizzati.
distrusse una scuola lasciando intatti solo i muri e
un’immagine in carta della Madonna. Questa,                           Sovente si assiste ad una commistione
ritenuta miracolosa, fu trasportata in cattedrale la                  iconografica tra la Madonna del Fuoco di Forlì e
domenica seguente. Il 20 ottobre 1636 venne                           l’omonima Madonna di Faenza.
inaugurata, per la Madonna del Fuoco, una
grande cappella; divenuta poi patrona della città e
della diocesi di Forlì, fu oggetto di culto e
devozione per molti

9
  Sulla Madonna del Fuoco di Forlì: S.FABBRI, La Madonna del
Fuoco di Forlì fra storia, arte e devozione, Cesena, 2003
10
   S. FABBRI, La Madonna del fuoco di Forlì,. p.15 nota 1: GIOVANNI   11
                                                                           B. VENTURI, Edicole e immagini…cit.,p.38
DI MASTRO PEDRINO, Cronica, I (1411-1436), II (1437-1464)             12
                                                                           S. FABBRI, La Madonna del Fuoco…cit.,pp.13-50


                                                                                                                           19
MADONNA DEL FUOCO DI FAENZA13                                    distrutto: tutto tranne l’immagine sacra. La targa
                                                                       divenne immediatamente oggetto di devozione e
                                                                       le si attribuirono guarigioni miracolose, venne
                                                                       eretto un altare sul posto e la devozione della
                                                                       Madonna del Fuoco venne ufficializzata. Nel 1570
                                                                       si costruì una chiesa per ospitare i molti fedeli che
                                                                       giungevano in pellegrinaggio, chiesa oggi
                                                                       scomparsa. Dal 1609 la festa liturgica della
                                                                       Madonna del Fuoco di Faenza si celebra il 2
                                                                       agosto. L’immagine è stata spostata dal
                                                                       monastero di Santa Cecilia a quello di Santa
                                                                       Caterina      a     seguito  della    soppressione
                                                                       Napoleonica del primo nel 1798; quindi collocata
                                                                       nella sua odierna casa, la chiesa di San
                                                                       Domenico, nel 1811.

                                                                       Iconograficamente l’immagine originaria raffigura
Il 2 agosto 1567, in una casetta dell’oggi vicolo                      la Vergine con una stella sulla spalla sinistra, il
Ubaldini, nei pressi del monastero domenicano di                       Bambino alla propria destra con in mano un globo
Santa Cecilia, un incendio generato da una                             sormontato da croce. È un dipinto probabilmente
candela si espanse nella casa vicina. Nella                            risalente   al    XV-XVI     secolo,   di     stile
stanza dimorava una vedova, la quale conservava                        bizantineggiante, forse quindi di provenienza
un’immagine della Madonna con Bambino dipinta                          ravennate.
su legno appesa alla parete. L’incendio divampò                        E’ interessante sottolineare come l’essenza
tutta la notte, prima di essere spento l’indomani.                     miracolosa della Madonna del Fuoco venisse
Non fece vittime, ma tutto andò completamente                          confermata dalla Chiesa con particolare celerità
                                                                       rispetto alle tendenze del periodo storico, in cui si
13
  Sulla Madonna del fuoco di Faenza: A. DOLCINI , I sacri fuochi di    assiste ad una maggior regolamentazione da
Forlì e Faenza, Faenza, 1997; I sacri fuochi di Forlì e Faenza: arte
per la fede: immagini sacre antiche e moderne, Forlì, 1998.
                                                                       parte del governo ecclesiastico in tema di nuove


                                                                                                                      20
santità e devozioni. Sul fatto forse pesano anche                             BEATA VERGINE DELLE GRAZIE DI
le circostanze storiche: a Faenza era attivo un                                        FAENZA15
vivace movimento riformatore e antiecclesiastico
(e come tale contrario alla sacralizzazione delle
immagini), abbastanza compatto da sfuggire
almeno parzialmente al giogo dell’inquisizione. Il
miracolo venne quindi sfruttato per un definitivo
regolamento di conti con i riformatori faentini :da
un lato da parte delle autorità ecclesiastiche
cattoliche cittadine; dall’altro da parte delle masse
per isolare, subordinandolo al clero, quello che
era il gruppo dirigente cittadino. 14




                                                                       A Faenza il culto per la Beata Vergine delle
                                                                       Grazie risale ai primi del XV secolo. La
                                                                       Cronica Conventus Sancti Andreae de Faventia
                                                                       composta nel convento dei Domenicani verso la
                                                                       fine del XV secolo 16, riporta la leggenda della sua
                                                                       origine: nel 1412 , mentre la peste sconvolgeva la
                                                                       città, una matrona di nome Giovanna raccontò di

                                                                       15
                                                                          Sulla Beata Vergine delle Grazie di Faenza: A. SAVIOLI ,
                                                                       L’immagine della Beata Vergine delle Grazie di Faenza e le sue
14
  S. BOESCH GAJANO E L. SEBASTIANI (a cura di), Madonne di città e     derivazioni , Firenze 1962; La Madonna delle Grazie di Faenza:
Madonne di campagna. Per un’inchiesta sulle dinamiche del              notizie storiche, a cura dell’Arciconfraternita della Beata Vergine
sacro nell’Italia post-tridentina, in Culto dei santi. Istituzioni e   delle Grazie, Faenza, 2000
                                                                       16
classi sociali in età preindustriale, L’Aquila, Japadre, 1984, pp.        F. LANZONI , La Cronaca del Convento di Sant’Andrea di Faenza,
615-647                                                                Città di Castello 1911


                                                                                                                                     21
aver visto la Madonna che , con le braccia aperte     quale cercavano riparo i fedeli. 18 Alla Madonna
e stringendo tre frecce spezzate per mano, le         delle Grazie in questa sua nuova veste venne
disse che la collera divina si sarebbe ugualmente     consacrato un altare nella chiesa Di S.Andrea in
spezzata se il vescovo avesse indetto un digiuno      Vineis (l’attuale San Domenico) il 12 maggio
universale ed una processione penitenziale per        1420, e da qui il culto ha avviato la sua diffusione.
tre giorni consecutivi. La visione della donna
                                                      Molte volte ancora la città di Faenza si è rivolta
venne ascoltata e l’impegno immediatamente
                                                      alla Vergine delle Grazie. Dopo il 1630 , quando
assolto, liberando la città dal terribile morbo.
                                                      la città si salvò dalla peste, la Madonna venne
Al termine della pestilenza fu dipinta un’immagine    incoronata, proclamata patrona e protettrice della
della Madonna su un muro della chiesa di              città, di cui le furono offerte le chiavi in una
Sant’Andrea, come voto per la liberazione dalla       solenne cerimonia avvenuta il 18 maggio 1631.
calamità. L’affresco, di mano ignota ma               Ancora, in occasione del terribile terremoto che
apparentemente dipinto da maestro di cultura          colpì Faenza nel 1781, in cui vi furono gravissimi
tardogotica veneta, venne poi staccato dal muro e     danni ma non vittime, il Magistrato fece voto alla
trasportato in cattedrale, e probabilmente proprio    Madonna che per cinquant’anni, nell’anniversario
in quell’occasione andarono perse la metà             del terremoto (4 aprile), si sarebbe celebrata una
inferiore del corpo e gran parte delle braccia,       festa in suo onore (festa che si celebra ancor
senza che tuttavia questo possa far dubitare          oggi, in aggiunta alla festa omonima della
dell’iconografia tipica con sei frecce, in quanto     seconda domenica di maggio). A seguito
ampiamente attestata sin dal XVI secolo. 17           dell’epidemia di colera che andava diffondendosi
                                                      per l’Italia, nel 1836 una seduta consiliare decise
All’epoca, l’immagine della Madonna protettrice,      di esporre grandi rilievi in terracotta raffiguranti la
raffigurata secondo questa tipologia, era molto       Vergine sulle mura cittadine. L’immagine,
comune: veniva chiamata Madonna della                 riprodotta in sei copie e murata l’anno seguente
Misericordia    e   la  caratteristica   che     la   nelle porte della città, fu realizzata da Don
contraddistingueva erano le frecce dell’ira divina    Valenti, e presenta al centro un ovale raffigurante
che si spezzavano contro la sua veste, sotto alla     l’apparizione della Madonna a Giovanna, sullo

17                                                    18
     Ivi p.16 nota 5                                       B. VENTURI, Edicole e immagini, cit., p. 39


                                                                                                         22
sfondo una torre merlata del ponte romano oggi        BEATA VERGINE DEL PIRATELLO DI IMOLA20
non più presente, e agli angoli quattro medaglioni
con mezzobusto dei santi patroni faentini: Savino,
Pier Damiano, Emiliano e Terenzio. 19

L’immagine è ancor oggi una delle più diffuse,
tuttavia ci si imbatte spesso in una Madonna delle
Grazie, il cui attributo fondamentale rimangono le
sei       frecce       spezzate,      rappresentata
semplicemente a mezzobusto, o sorretta da una
nuvola.

E’ stata proclamata il 25 marzo 1931, in
occasione del III centenario della prima
incoronazione, “Patrona Principale della città e
della Diocesi”, titolo confermatole da Papa Pio XI
che la volle nuovamente incoronata a suo nome.        Principale fonte per la genesi di questo culto sono
L’antica immagine, riportata su tavola nel 1948, è    le Cronache Forlivesi di Andrea Bernardi 21,
oggi venerata nella cattedrale della città.           secondo cui il 27 marzo 1489 un’immagine della
                                                      Madonna, dipinta dentro la nicchia di un pilastro
                                                      costruito vicino ad un pero sulla via Emilia,
                                                      avrebbe parlato ad un pellegrino di passaggio, il
                                                      cremonese Stefano Mangelli, svelando il
                                                      desiderio di essere onorata in quel luogo.
                                                      20
                                                         Sulla Beata Vergine del Piratello di Imola: P. BEDESCHI, L’origine
                                                      del culto della Madonna del Piratello e le sue oscurità: note
                                                      critiche, Bologna 1965; B. VENTURI, Edicole ed
                                                      immagini…cit.,pp.46-47
                                                      21
                                                         Andrea Bernardi, Cronche Forlivesi dal 1476 al 1517,
                                                      pubblicare ora per la prima volta di su l’autografo, a cura di
19
     Ibid.                                            G.Mazzantini , Bologna , 1895-1897


                                                                                                                      23
Comandato quindi al pellegrino di diffondere tra le                   marzo 1483. Il pilastrino sarebbe stato quindi
 genti la sua volontà, lo indirizzò ad Imola,                          costruito successivamente sul luogo della visione,
 riempiendogli le braccia di rose di bellezza mai                      ad ospitare un’immagine più pregevole e non
 vista e rare in quella stagione, perché non                           deperibile. Questo affresco è tutt’ora conservato
 dubitassero della sua visione. Dopo che il                            nel Santuario del Piratello di Imola ed il suo
 Mangelli ebbe parlato col Governatore, una                            modello ha trovato larghissima diffusione nelle
 processione si recò al pilastrino, e molti prodigi si                 zone attorno alla città.
 verificarono, generando il culto per la Madonna
 del Piratello.

 Esistono tuttavia diverse lacune nella storia
 dell’origine di questa leggenda, a partire dallo
 stesso nome, rinvenuto in più versioni nei
 documenti      antichi:   Peradello,     Peradelle,
 Pyradello, Paradello, Paratello, Pradello, Pratello,
 Pradel (dialettale). E’ però probabile che esso
 derivi da “Peradello”, il nome di un fondo
 esistente nella stessa località già molto tempo
 prima del racconto del Mangelli. 22

 Anche la datazione è incerta, difatti alcuni cronisti
 di pochi anni successivi al Bernardi parlano di
 un’immagine di carta collocata sul pero
 precedentemente a quella che parlò al Mangelli
 dal pilastrino. Sulla base delle sue ricerche
Bedeschi ritiene di doversi riferire a questa prima
immagine, anticipando la data del miracolo al 27


 22
   P. BEDESCHI, L’origine del culto della Madonna del Piratello e le
 sue oscurità: note critiche, Bologna, 1965


                                                                                                                   24
MADONNA DEL BOSCO DI ALFONSINE 23                                  quell'Iddio, il quale è l'arbitro sì della vita, che della
                                                                   morte d'ogn'uno, che una di quelle piante che si
                                                                   tagliavano, investita nello stesso tempo da più
                                                                   gagliardi colpi venne a cadere come all'improvviso
                                                                   con tutto il corpo et un suo grosso ramo percosse così
                                                                   malam[en]te, in testa un povero contadino che con un
                                                                   altro compagno s'affaticava con la scure alla piè d'un
                                                                   albero vicino per atterrarlo che vi rimase morto sotto
                                                                   miseram[en]te. Chiamavasi egli Domenico poco in
                                                                   testa...”24

                                                                   Così esordisce nelle primissime pagine il “manoscritto
                                                                   Fiori”, documento oggi perduto di cui si conserva
                                                                   copia in due esemplari alla Biblioteca Classense di
                                                                   Ravenna , a cui dobbiamo le notizie sulla genesi della
                                                                   venerazione alla Madonna del Bosco, mentre la data la
                                                                   morte del bracciante, 10 aprile 1714, ci giunge dal
                                                                   registro dei morti della chiesa arcipretale di Alfonsine.

                                                                   La nascita del culto si lega dunque ad un evento
                                                                   luttuoso: durante la potatura nella tenuta “La
Si tratta, come per la B.V. Del Molino, di un caso di              Raspona” di Alfonsine di proprietà dei Marchesi
devozione popolare locale che è diventata oggetto di               Spreti, il contadino Domenico Pochintesta perse la
culto ufficiale. “Verso la fine di marzo dell'anno 1714 si         vita a causa della caduta di un grosso ramo. Come da
faceva taglio di pia[n]te per commando, e servizio de              usanza in questi casi, per allontanare la disgrazia e
Sig.ri Spreti nel bosco di una sua tenuta, detta la                commemorare il defunto, venne collocata su un albero
Raspona [...]. Accadde dunq[ue] per disposizione di                attiguo al luogo dell’incidente un’immagine sacra, su
23
                                                                   iniziativa del fattore dei marchesi, Matteo Camerani,
  Sulla Madonna del Bosco di Alfonsine: MARIA ELISABETTA
ANCARANI ,Per Grazia Ricevuta, Ed. Il Girasole maggio 2001; A.
                                                                   24
SAVIOLI, Catalogo degli ex-voto di Madonna del Bosco, in Studi       AGOSTINO ROMANO FIORI ,Origine e progresso della devozione e
Romagnoli, XIX (1968) pp.253-257; Il Sacro, Le Opere e i giorni:   concorso alla Immagine della B.V. del Bosco alle Alfonsine,
per una storia della devozione popolare nei dipinti votivi della   cosiddetto “Manoscritto Fiori”, 1715, cit. in M. ANCARANI, Per
Madonna del Bosco, Alfonsine, 1983                                 Grazia Ricevuta…”p.17


                                                                                                                              25
che donò una maiolica di sua proprietà raffigurante la                costruirono a venerazione dell'immagine un altare
Vergine col Bambino : “un quadretto di maiolica in                    artigianale e due strutture che raccoglievano “voti,
bassorilievo con doppia cornice ottagonale; la Vergine                tavolette, archibugi, pistole spezzate, grucce, vezzi di
vi era figurata seduta col Bambino in braccio,                        coralli, anella, ed altri ornamenti femminili. Né a
appena coperto da una benda a' lombi, e la madre con                  decorare il quadretto mancarono appresso bei doni,
manto arabescato a fiori e coronata siccome il                        fra' quali un cristallo da ricoprirlo che mandava la pietà
Bambino” 25.   Questa    immagine      col    Bambino                 della contessa Samaritani ravignana” 27.
semisdraiato corrisponde ad un archetipo diffusissimo,
in molteplici varianti,   che origina dal modello                     Ben presto cominciarono le controversie per il
rinascimentale di un anonimo scultore lombardo 26.                    possesso dell’immagine. La prima, fra la famiglia
                                                                      Spreti, proprietaria del fondo, e la Diocesi di Faenza, si
Il luogo era molto frequentato poiché da lì partiva “il               risolse in modo “miracoloso”. Infatti, nel luglio
Passetto”, il traghetto per attraversare il       Po di               1715 il Vescovo di Cervia Mons. Camillo Spreti, si
Primaro, ora Reno, e in breve si diffuse la convinzione               fece consegnare le offerte , comunicando al cardinale
delle virtù dell'immagine.      Nell’estate del 1714 ,                Piazza l'intenzione di dedicare alla Madonna una
Antonia Battaglia, di Piangipane, malata ed inabile ,                 chiesa. L'immagine fu richiesta dal Vicario generale di
chiese aiuto alla Vergine , ottenendo la guarigione;                  Faenza, Mons. Picarelli, tramite l'arciprete              di
allo stesso modo guarì l’anno seguente una giovane                    Fusignano e provicario di Alfonsine Don Francesco
alfonsinese. Camerani fu convinto a ricollocare                       Maria Rocchi. Quando il 16 agosto don Rocchi si
l’immagine,      dall'albero   su     cui   era    stata              presentò per portare con sé l'immagine a Faenza,
provvisoriamente installata, sull’albero originario,                  tentò invano di staccarla dall’albero natio. Molta gente
spoglio e pericolante: alla collocazione della sacra                  si era radunata all’intorno, e il fatto fu tramandato
effigie questo immediatamente tornò a nuova vita.                     come nuovo miracolo ed indiscutibile segno della
Una terza guarigione “miracolosa” si verificò nel                     volontà divina. Viste le ulteriori controversie sorte fra la
Luglio 1715 per la malattia del figlio del notaio                     famiglia Calcagnini, forte del giuspatronato sulla chiesa
ravennate Andrea Baldassarre Bonanzi , che si                         parrocchiale alfonsinese, e gli Spreti, la questione fu
affrettò ad “autenticare” la grazia. Si creò una grande               presentata a Roma, su richiesta di don Tosini parroco
affluenza di fedeli, che                                              di Alfonsine. La Sacra Congregazione dei Vescovi e
                                                                      dei Regolari di Roma il 17 giugno 1717 sentenziò che
25
   G. F. RAMBELLI, Notizie Historiche della Beata Vergine del Bosco
che si venera tre miglia lontano da Alfonsine, Imola 1834, cit. in    27
ANTONIO SAVIOLI, L’immagine della madonna del bosco e la sua            G.F. RAMBELLI, Notizie Historiche…,cit.,p.7, cit., in M. ANCARANI,
tradizione iconografica, in Il sacro, le opere e i giorni…cit.,p.11   Per grazia ricevuta…cit.,p.21
26
   Cfr. M.CECCHETTI, www.ceramichedevozionali.it
                                                                                                                                      26
la sacra immagine rimanesse dov'era, e che con le                         MADONNA DEL MONTICINO DI
offerte raccolte ,oltre al contributo dei marchesi Spreti,                     BRISIGHELLA28
le si erigesse una chiesa decorosa.

I lavori per la chiesa iniziarono nel 1717 e terminarono
nel 1721. Il culto fu ampio per tutto il secolo ma si
affievolì dal 1830 , per l’abbandono da parte dei
cappellani della residenza presso il santuario,
devastata dall’umidità ,e per il decadimento della
famiglia Spreti. Il santuario fu preda di svariati furti, in
aggiunta allo spoglio già subito dalle truppe
napoleoniche. Si salvarono tuttavia numerosi ex-voto,
tuttora conservati e visibili nella chiesa attuale. Dalla
fine dell’Ottocento in avanti, con il mutato clima
culturale e l’abbandono del “Passo” per la costruzione
di un ponte, il santuario decadde ulteriormente e nel
1910      venne ceduto dagli Spreti alla diocesi di
Faenza. In piena prima guerra mondiale gli alfonsinesi
decisero di costruire un nuovo tempio, approfittando di
un indennizzo dovuto alla demolizione dell’originario
per l’ampliamento dell’argine del fiume. La nuova
chiesa, edificata nel 1929, andò distrutta dai
bombardamenti del ’44. Ricostruita nel 1952 , al suo           Il culto nasce da un’edicola posta su una strada
interno conserva ancora l’immagine originaria,                 d’ingresso delle mura di Brisighella nel XVII, l’oggi
danneggiata ma nel complesso scampata ai                       scomparsa Porta Bonfante. La targa di Madonna
bombardamenti, grazie al parroco dell’epoca ,che la            con Bambino che racchiudeva , vantava poteri
nascose in un rifugio sotterraneo al di sotto della            miracolosi, generando l’attenzione degli abitanti.
Canonica, questa invece andata completamente                   Per questo motivo l’8 settembre 1662, giorno
distrutta.
                                                               28
                                                                  Sulla Madonna del Monticino di Brisighella: P. ALPI, L. MALPEZZI,
                                                               Il santuario del Monticino in Brisighella. Cenni storici- preghiere,
                                                               Faenza 1996; A. POMPIGNOLI, La Madonna del Monticino, Imola,
                                                               1996; B. VENTURI, Edicole e immagini...cit.,pp.44-45


                                                                                                                             27
dell’anno in cui tuttora se ne celebra la festività,            MADONNA DEI SETTE DOLORI 30
venne ricollocata in un piccolissimo oratorio
appositamente costruito nelle vicinanze. Il colle ,
chiamato fino a quel momento “Cozzolo” o
“Calvario” fu ribattezzato “il Monticino”. Nel 1759
al posto della piccola cappella venne inaugurato
un vero e proprio santuario, e quivi l’immagine fu
solennemente incoronata.

La tipologia d’immagine, una Madonna a
mezzobusto che con la destra tiene in piedi il
Bambino mentre con la sinistra lo abbraccia, è
tutt’ora molto diffusa in ambito emiliano-
romagnolo, e se ne conoscono numerose varianti
sempre sullo stesso modello, ma con nomi
differenti: Madonna del Conforto nella Chiesa dei
Cappuccini a       Imola      ;     Madonna della
Consolazione a Rocca delle Caminate a Forlì;
Madonna delle Grazie a Tredozio; Madonna della
Provvidenza o “Marconcina” a Imola, B.Vergine          Si tratta in questo caso di una devozione di
Auxilium Cristianorum a Castel d’Aiano; Beata          diffusione mondiale molto seguita anche in
Vergine della Salute a Solarolo; Beata Vergine         Romagna, la cui rappresentazione mostra La
del Soccorso a Bagnara di Romagna, e infine            Vergine Maria in atteggiamento afflitto, con il
Beata Vergine di Sulo a Filetto. 29                    cuore esposto sul petto, da cui si irradiano sette
                                                       spade.



                                                       30
                                                         Sulla Madonna dei Sette Dolori (Addolorata): G.D. GORDINI, La
                                                       festa dell’addolorata nella storia, in Ross zetar d’Rumagna, 1969;
29
     B. VENTURI, Edicole e immagini…cit.,p.45          B. VENTURI , Edicole e immagini…cit.,p.50


                                                                                                                   28
In epoca medievale, poiché erano state fissate a                               VERGINE IMMACOLATA33
sette le gioie, si decise di adottare il medesimo
numero, in ambito cristiano già denso di
significato, anche per la venerazione dei dolori di
Maria, corrispondenti alla profezia di Simeone 31
sul destino della Madre di Dio: fuga in Egitto;
smarrimento di Gesù dodicenne nel Tempio;
cattura di Gesù; flagellazione e coronazione di
spine; crocifissione; morte e trafittura del costato;
deposizione dalla croce e sepoltura. 32

 La patria del culto è l’Olanda, dove un sacerdote,
Giovanni de Counderberghe, istituì questa pia
pratica nel 1491 fondando un santuario. Alla sua
diffusione contribuì l’Ordine dei Servi di Maria ,
un cui convento si trovava anche , probabilmente
dalla fine del XV secolo, a Russi, poco distante
da Lugo, dove la festa dell’Ordine Servita si è
tramutato nell’odierna festa cittadina, celebrata la             Esistono       diverse      varianti   iconografiche
terza domenica di settembre.                                     dell’Immacolata, riconducibili a culti differenti. Tra
                                                                 le più diffuse, quelle dell’Immacolata Concezione,

                                                                 33
                                                                    Sulla Vergine Immacolata e sue derivazioni iconografiche : R.
                                                                 LAURENTIN, Maria, chiave del mistero cristiano: la più vicina agli
                                                                 uomini perché la più vicina a Dio, Cinisello Balsamo 1996; Breve
                                                                 storia della Beata Vergine Immacolata di Lourdes: con lode e
                                                                 litanie proprie, Vercelli 1889; Storia di Nostra Signora di Lourdes,
                                                                 narrata ai suoi devoti, Firenze 1890; R. LAURENTIN, Lourdes.Cronaca
                                                                 di un mistero, Milano 1996; P. GUIDA, Caterina Laboure e le
31
  “E anche a te una spada trafiggerà l’anima” Luca, 2, 34-35     apparizioni della Vergine alla Rue du Bac: per una rilettura del
32
  E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, I, Torino-Roma, 1933,   messaggio della Medaglia Miracolosa, Cinisello Balsamo, 1997.
pp.328-329.


                                                                                                                              29
della Madonna della Medaglia Miracolosa e della                preghiera, così come la vide vestita Bernadette, e
Vergine di Lourdes, spesso difficilmente                       la sua diffusione iconografica si accompagna a
distinguibili l’una dall’altra a causa delle                   quella del culto, indubbiamente tra i più sentiti a
contaminazioni reciproche, tutti riconducibili al              livello popolare. Sicuramente più riconoscibile la
culto dell’Immacolata.                                         Madonna della Medaglia Miracolosa, che stando
                                                               alla leggenda il 27 novembre 1830 apparve a
Fu il pittore spagnolo Francisco Pacheco del Rio               Santa Caterina Laboure nella Cappella di Rue du
a codificare nel Seicento gli attributi iconografici           Bac, a Parigi, e le diede il compito di far coniare
dell’Immacolata, precedentemente rappresentata                 una medaglia che indossata avrebbe elargito al
nell’atto di calpestare il serpente dell’Eden: la              portatore grandi grazie. La medaglia presenta da
Vergine Immacolata è una giovinetta vestita di                 un lato l’immagine della Madonna con il capo
bianco, coperta da un manto azzurro e con la vita              circondato da dodici stelle, le braccia aperte
cinta da un cordone francescano a tre nodi, le                 verso il basso e i palmi, da cui escono fasci di
mani sul petto o giunte in preghiera, il capo cinto            luce, rivolti al riguardante. Il serpente è ai piedi
da una corona di dodici stelle e sotto i piedi la              della Vergine mentre sul bordo della medaglia è
falce lunare con le punte rivolte verso il basso ,             riportata questa invocazione: ‘ O Maria concepita
simbolo di castità.34 Oggigiorno si assiste ad un              senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a
prevalere della versione iconografica di Lourdes,
                                                               Voi”. Sul retro, circondato da dodici stelle, sono
estrapolata dalle descrizione di Santa Bernadette
                                                               impresse la lettera M sormontata da una croce e
Soubirous. Come è noto, nel 1858 (11 febbraio –
                                                               due cuori, uno circondato di spine e l’altro trafitto
16 luglio ) la Vergine apparve ripetutamente a                 da una spada. Come detto, spesso si assiste ad
Bernadette in una grotta, a Lourdes, con queste
                                                               una commistione tra le tre figure, benché
sembianze: “ una veste bianca chiusa da un
                                                               l’immagine più diffusa rimanga quella di Lourdes,
nastro azzurro, un velo bianco sulla testa e una
                                                               nei casi più eclatanti raffigurata all’interno di una
rosa gialla su ogni piede…un rosario in mano” 35.              struttura architettonica che riprende la grotta della
Viene rappresentata con le mani giunte in
                                                               visione.

34
   J. HALL, Dizionario dei soggetti e dei simboli dell’arte,
Longanesi, 2007
35
   R. LAURENTIN, Lourdes. Cronaca, cit., p.78


                                                                                                              30
MADONNA DEL BUON CONSIGLIO 36                                        La devozione per questa Vergine risale almeno al
                                                                    1356 e si è sviluppata a partire dal Santuario di
                                                                    Genazzano a Roma, eretto su un'antica chiesa del X
                                                                    secolo. Nel 1630 papa Urbano VIII sostenne che
                                                                    l'immagine era venuta da paesi lontani e nel 1730
                                                                    si precisò la provenienza da Scutari, trasportata
                                                                    dagli angeli con al seguito i due pellegrini Giorgi e De
                                                                    Sclavis. Questa leggenda è nota presso gli albanesi
                                                                    che invocano questa madonna col titolo di Signora
                                                                    d'Albania.

                                                                    Il culto si è particolarmente diffuso in area fiorentina,
                                                                    da cui si è propagato fino all'Emilia Romagna
                                                                    attraverso la circolazione di stampe; è piuttosto
                                                                    frequente sull'Appennino.




 L'immagine della Madonna del Buon Consiglio
rappresenta la Madonna con il Bambino alla sua
sinistra che abbracciandola le cinge il collo col braccio
destro; entrambi sono sovrastati da un'ampia aureola.
Deriva da un affresco di autore ignoto, secondo alcuni
appartenente all'arte romana del XIII secolo, secondo
altri opera tardo bizantina con influssi di scuola
veneta.

36
  Sulla Madonna del Buon Consiglio: G..MALIZIA, Il Santuario del
Buon Consiglio a Genazzano, in A. RAVAIOLI ( a cura di ) Santuari
cristiani del Lazio, Roma 1991, pp 319-329; R. ARULI, Immagini
devozionali a Budrio, in Le tracce del sacro, pp.88-90
                                                                                                                       31
MADONNA DEL CARMINE O DEL CARMELO                                MADONNA DEL ROSARIO 37




                                                    Nell'iconografia originale è rappresentata seduta,
Culto legato ai Carmelitani, ordine mendicante,
                                                    sorretta da una nuvola e circondata di rose, con il
rappresentato dallo scapolare, dono della Vergine
                                                    Bambino in braccio alla propria sinistra e un rosario
all'ordine stesso, in una apparizione nel 1251.
                                                    nella mano destra. Spesso è accompagnata da san
Iconograficamente è rappresentata in piedi col
                                                    Domenico e santa Caterina da Siena., una delle piu'
Bambino in braccio, entrambi incoronati e con lo
                                                    importanti patrone dell'Ordine Domenicano, a cui il
scapolare in mano.
                                                    culto del rosario è intimamente legato.

                                                    La caratterizzazione data dall'oggetto ( lo scapolare, il
                                                    rosario) fa sì che qualsiasi effige della Madonna possa
                                                    definirsi Madonna del Carmine o del Rosario . Nelle

                                                    37
                                                      Sulla Madonna del Rosario: E.MORIGI , B.VENTURI, Edicole
                                                    devozionali.., cit, p. 37 e pag.47.


                                                                                                                 32
targhe che si rinvengono nelle edicole è sufficiente                    regge un libro, con l'altra sostiene il Bambino che, in
l'aggiunta pittorica di uno di questi oggetti per                       piedi, si protende in un abbraccio. Il modello , in
suggerire la dedicazione.                                               diversi tipi iconografici, ha avuto larga diffusione nel
                                                                        Seicento: analoga ad esempio è l'iconografia
                                                                        della Madonna del Rio. Le varianti sono molte e dal
                                                                        XVIII secolo spesso entrambe le figure sono
       BEATA VERGINE DELL’ARGININO 38
                                                                        incoronate. Per lo “slancio gotico” del Bambino, si
                                                                        vorrebbe vedervi una derivazione quattrocentesca 39,
                                                                        ma non si hanno notizie sicure sul prototipo.
                                                                        L'iconografia ha forti analogie con una Madonna col
                                                                        Bambino       in  alabastro di Diego de Siloe,
                                                                        cinquecentesca, conservata al Victoria Albert Museum
                                                                        di Londra.

                                                                        L’immagine originaria del Santuario dell'Arginino è
                                                                        stata arricchita da due corone d’oro, donate come ex-
                                                                        voto dalla comunità voltanese, con possibile maggior
                                                                        contributo di una famiglia, per la protezione durante la
                                                                        seconda guerra mondiale; di tale 'promessa' alla
                                                                        Vergine vi è traccia in un diario dell'allora parroco Don
                                                                        Proni conservato nella parrocchia di Voltana.

                                                                        Il Santuario dell’Arginino fu costruito in sei anni su un
Questa immagine è venerata nel Santuario                                terreno di proprietà dei conti Emaldi, col contributo del
dell’Arginino nei pressi di Voltana, dedicato alla                      conte capitano Marco e col concorso dei fedeli, e
Madonna della Consolazione. La Vergine è                                aperta il 2 novembre 1727. Il santuario è consacrato
rappresentata a mezza figura; con la mano sinistra                      alla Madonna della Consolazione, come attesta una
                                                                        tavola lignea commemorativa ancora conservatavi, e
38
  Sulla Beata Vergine dell’Arginino:                                    deve il suo nome al podere “Arginino” su cui sorse la
www.ceramichedevozionali.com a cura di MARIA CECCHETTI;
                                                                        chiesa, dal latino agger, argine, con evidente
ANTONIO SAVIOLI, L'immagine della Madonna dell'Arginino di
Voltana, in 250° Anniversario della Chiesa dell'Arginino 1727 -         riferimento alle antiche bonifiche del territorio. Tutta la
1977, n. unico; IVO TAMPIERI, Stradario forse di Lugo, Tipolitografia   zona sud del territorio lughese infatti origina da
Cortesi di W.Berti, Lugo 2000, cit.pp.126-127
                                                                        39
                                                                             M. CECCHETTI, Targhe devozionali.., cit., p.60
                                                                                                                              33
depositi alluvionali dei fiumi Senio e Santerno                      BEATA VERGINE DI SAN LUCA DI
nell'antica palude selvosa, costellata da alture su cui                      BOLOGNA40
sorsero le prime pievi, navigabile con barche a fondo
piatto; le bonifiche e le deviazioni dei corsi dei fiumi
(in particolare del Santerno, deviato più volte, l'ultima
nel 1783) nell'arco di quattro secoli hanno dato al
territorio l'assetto attuale. Il mancato sviluppo del
territorio circostante fece sì che il Santuario restasse
isolato nella campagna. Nel dopoguerra per iniziativa
del parroco Don Pier Ugo Poggi il Santuario fu
restaurato, con inaugurazione nel 1957, e fu
adempiuta la 'promessa' con la collocazione delle due
corone auree. La B.V. dell'Arginino viene celebrata
con una festa di alcuni giorni che si conclude il 15 di
agosto, giorno dell'Assunzione.




                                                            L’immagine della Madonna di San Luca di
                                                            Bologna è un dipinto in tela su legno, raffigurante
                                                            una Vergine con il Bambino in braccio,

                                                            40
                                                              Sulla Beata Vergine di San Luca: M. FANTI, La madonna di san
                                                            luca nella leggenda e nella tradizione bolognese, Il Carrobbio,
                                                            1977; M. CECCHETTI, Targhe devozionali…,cit.,p.219; M. BACCI, Il
                                                            pennello dell’evangelista: storia delle immagini sacre attribuite a
                                                            San Luca, Pisa 1998; G.L. MASETTI- ZANNINI, La Madonna di San
                                                            Luca; un santuario e una comunità, in Santuari locali e religiosità
                                                            popolare nelle diocesi di “Ravennatensia”, cit. pp. 205-217.


                                                                                                                          34
appartenente al tipo della Odighitria (colei che        scritto da Graziolo Accarisi 42in cui si riportano
indica la via), in cui la Vergine con la mano destra    tradizioni orali sul culto, già da tempo radicato. La
indica nel Bambino la via da seguire ai propri          divina immagine, dipinta da San Luca, sarebbe
fedeli. La tipologia è detta di “San Luca” ed           stata conservata precedentemente in Santa Sofia
identificata come tale a Bologna dalla metà del         a Costantinopoli e portava con se’ un’epigrafe
XVI secolo, in quanto, secondo, una tradizione          che ne richiedeva la collocazione in una chiesa
cristiana risalente al VI secolo, l’evangelista         dedicata all’evangelista sul Monte della Guardia.
Luca, patrono dei pittori, ne realizzò di sua mano      Un pellegrino chiese ed ottenne permesso di
una in questa posa. Alcune radiografie hanno            prendere l’immagine e cercare il Monte; giunto a
recentemente          scoperto    che      l’immagine   Roma incontrò il nobile bolognese Pascipovero
conservata nell’omonimo santuario Bolognese             dei Pascipoveri che lo indirizzò al Colle della
non è in realtà la prima, ma si sovrappone ad un        Guardia nei pressi di Bologna, dove l’immagine fu
modello bizantino appartenente allo stile               accolta. Il Santuario a lei dedicato fu fondato nel
metropolitano (fine IX-X secolo). La redazione          XII secolo da una giovane devota di nome
attuale si collocherebbe invece tra XII e XIII          Angelica che si era ritirata a vita eremitica sul
secolo , e sembra ascrivibile a mano occidentale,       colle e vi aveva fatto edificare una piccola chiesa.
forse italiana, probabilmente influenzata dalle         La comunità del colle si trasformò in monastica,
Madonne bizantineggianti dette “Madonne dei             mentre il culto rimase limitato sino al 1433,
Crociati”. Non si conosce l’anno in cui fu portata a    quando , nel timore di una carestia, il
Bologna, forse in occasione dei pellegrinaggi o         giureconsulto citato Graziolo Accarisi propose al
delle crociate a cui certamente i bolognesi             Consiglio degli Anziani di recare in processione
parteciparono; tuttavia quella che era solo una         solenne l’immagine, imitando quanto fatto dai
tradizione, l’origine orientale della Madonna,          fiorentini con una loro “Madonna di San Luca”. Il 4
sembrerebbe ora confermata dalle scoperte               luglio i confratelli di Santa Maria della Morte si
scientifiche. 41 Il documento più antico di cui siamo
in possesso risale soltanto al 1459 ed è un codice      42
                                                          G. ACCARISI, Historicus contextus trium Bononiensis Civitatis
                                                        gloriarum hoc est templi D.Marie Virginis de Monte divinitus
                                                        constructi, Imaginis eiusdem Deiparae quam D.pinxit Lucas
                                                        miraculose acquisitae, Vexillique Aureae flammae dono regio
41
     B. VENTURI, Edicole e Immagini...cit.,pp. 48-49    recepti, Bologna, 1665.


                                                                                                                      35
recarono al santuario per portare l’effigie in città,        MADONNA PATRONA DI FUSIGNANO 43
e la successiva processione coincise con il
termine delle piogge torrenziali. Da allora il culto
si diffuse, rinnovato ogni anno da una sentitissima
processione e da altre discese in città in caso di
particolari pericoli, e suggellato dall’incoronazione
del 1603 per opera dell’arcivescovo cittadino
Alfonso Paleotti. L’immagine oggigiorno diffusa
nelle targhe devozionali ha caratteri decisamente
più     occidentali    rispetto   all’originaria,  ma
l’impostazione iconografica rimane la stessa.
Vista la diffusione di questo modello nel Seicento
è assai probabile che l’iconografia sia stata
mediata nei secoli da alcune stampe.



                                                        Fino al 1570 patrono di Fusignano era S.Giovanni
                                                        Battista, ma dalle cronache apprendiamo che in
                                                        tali anni la città di si era ingrandita e perciò fu
                                                        ampliata      anche       la    chiesa arcipretale,
                                                        ampliamento che si accompagno ad un
                                                        incoraggiamento verso il culto della Vergine Maria
                                                        Immacolata, scevra dal peccato originale come
                                                        da istruzioni del Concilio di Trento. Gli abitanti di
                                                        Fusignano, attraverso il Consiglio generale
                                                        cittadino, decretarono la Vergine protettrice della

                                                        43
                                                          Catalogo del Museo Civico San Rocco di Fusignano, Arti
                                                        Grafiche Stibu, 2007


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Edicole Sacre nel territorio: aspetti di storia e religiosità popolare nel lughese

  • 1. Università Alma Mater Studiorum di Bologna Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Storia Contemporanea TESI DI LAUREA EDICOLE SACRE NEL TERRITORIO Aspetti di storia e religiosità popolare nel lughese Candidato: DANESI ILARIA Relatore: PANCINO CLAUDIA a.a. 2011/2012
  • 2.
  • 3. INDICE RINGRAZIAMENTI………………………………………………………………………………………………….p.4 Cap.1 INTRODUZIONE……………………………………………………………………………………….p.5 Cap.2 IL CUORE DEI PILASTRINI: LE TARGHE DEVOZIONALI……………………………………...p.15 Cap.3 SULLE IMMAGINI DEVOZIONALI E SULLA DIFFUSIONE DEL CULTO MARIANO………………………………………………………………………………………………………p.39 Cap.4 EDICOLE VOTIVE, ARTE E RELIGIOSITA’ POPOLARE………………………………………p.48 Cap.5 EDICOLE VOTIVE DEL COMUNE DI LUGO……………………………………………………..p.68 5.1 Le edicole del territorio lughese……………………………………………………………….p.69 5.2 Appendice……………………………………………………………………………………...…p.72 5.3 Catalogazione…………………………………………………………………………………...p.73 Cap.6 CONCLUSIONI……………………………………………………………………….……............p.151 BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………………...…………...p.156 3
  • 4. RINGRAZIAMENTI Desidero ringraziare innanzitutto la Prof.ssa Pancino, relatore di questa tesi, per la grande disponibilità e cortesia dimostratemi, e per tutto l’aiuto fornito durante la stesura. Ringrazio il Prof. Mengozzi, a cui si deve la proposta di un percorso online sul territorio, appendice di questa tesi. Un ringraziamento è rivolto a coloro i quali mi hanno supportato e consigliato durante il corso della ricerca, e in particolare Don Antonio Renzi, Don Davide Sandrini, Giuseppe Bellosi, Oriana Morelli, Giuseppe Martini, Giuliano Montanari, Gloria Pagani, per il tempo che mi hanno dedicato. Un ringraziamento particolare va a Nicola Pasi e Roberta Darchini, per aver generosamente messo a disposizione la loro ricerca “I Segni della Memoria”, riferimento di fondamentale importanza per la stesura della catalogazione qui presente. Ringrazio familiari, parenti e amici che hanno accompagnato gli anni di studi di cui questa tesi è corollario finale. Ringrazio infine gli abitanti del Comune di Lugo che ho avuto modo di intervistare, e che sono in fondo i veri protagonisti di questo lavoro. 4
  • 6. INTRODUZIONE si irradiava in un forese finalmente bonificato, nuovamente centuriato, punteggiato di pievi. Oggetto di questa tesi sono le edicole votive, quelle particolari espressioni di religiosità privata e popolare Per le grandi trasformazioni che il territorio ha subito che con nomi diversi punteggiano tutto il territorio (le deviazioni fluviali e le bonifiche idrauliche in età italiano, urbano e soprattutto rurale, e che in moderna, gli effetti del passaggio delle guerre, la Romagna vengono più comunemente definite pilastrini meccanizzazione dell'agricoltura, la nuova viabilità e per la loro forma più diffusa: un pilastro quadrangolare urbanizzazione, le grandi vie di comunicazione) si può o rotondo, su cui poggia una piccola cella contenente ipotizzare che un gran numero di queste piccole un’immagine sacra, che in Romagna è con grande strutture siano andate perdute, mentre quelle rimaste frequenza in una targa ceramica, in un numero spesso risultano vuote o non contengono più abbastanza definito di temi iconografici. l'immagine originaria. Lo studio si prefigge di individuare tutti i pilastrini A ciò si affianca la modestissima rappresentazione tuttora esistenti o comunque rintracciabili nei loro resti storica di queste edicole, che le rende a tutti gli effetti nel territorio del Comune di Lugo e di costruirne una marginali, ai campi che delimitavano come alla storia catalogazione; inoltre, di fornire un inquadramento ufficiale. generale di queste forme d’arte e devozione minore, della loro storia e della loro fruizione. PER UNA DEFINIZIONE DI EDICOLA VOTIVA Catalogazioni delle edicole presenti in comuni limitrofi della provincia di Ravenna sono state oggetto di Per questi manufatti manca una definizione precisa, pubblicazione anche recentemente, mentre mancava ma è possibile individuare una categoria di monumenti una descrizione relativa al territorio lughese; territorio di ispirazione devota, voluti e posti in essere dalla che, non lontano da Faenza e da Imola, ha potuto gente comune, che si è soliti designare con termini di attingere a targhe ceramiche delle due più fiorenti derivazione di volta in volta popolare/dialettale oppure fabbriche di produzione di immagini nei secoli di colta, che variano da zona a zona e nell’arco del massima diffusione di queste forme devozionali, tempo. soprattutto Seicento e Settecento, in coincidenza con la fioritura del territorio, che dal suo centro cittadino, Tra questi termini è bene ricordare quelli più diffusi e divenuto un polo commerciale di grande importanza, frequenti: capitello, cappella, celletta, cippo, edicola, 6
  • 7. madonnina, maestà, nicchia, pilastrino, sacello, costruito all'uopo ma più comunemente è incavata tabernacolo, targa, verginina. 1 nella parete di un edificio rivolta all'esterno. Il termine tabernacolo, il cui significato principale rimanda ad Alcune denominazioni sono tipiche di aree specifiche uno specifico arredo sacro atto a contenere la pisside del nostro paese: pinture o pinturette nelle Marche ( a e il Santissimo Sacramento 3, è di derivazione identificarne il carattere di immagine dipinta), evidentemente colta, ma la somiglianza formale di marginette in area pisana (con uno slittamento di alcune tabernacoli con gli oggetti studiati ha indotto a significato da immagine a margine, a indicarne la parlare di tabernacolo anche in riferimento ai nostri collocazione), cunnicelle a Bronte. monumenti di devozione, usando il termine come Il termine capitello è utilizzato con riferimento alla sinonimo di edicola. Appunto, l’edicola, nel significato parola latina caput, cioè “capo”, “estremità”, “termine”, traslato si configura come un piccolo tempio o nicchia ed ha cioè diretta associazione con il luogo in cui i inquadrante un’immagine, dalla parola latina aedicula, monumenti di questo tipo vengono edificati 2; il termine diminutivo di aedes (“casa” o “tempio”), adibita quindi è tuttora il più usato in Veneto (capitei). Altri termini in origine ad ospitare una statua con funzione cultuale come madonnina, verginina , targa, fanno riferimento o sepolcrale 4 . Dal mondo classico deriva anche il diretto all’immagine devozionale stessa, in relazione al 3 tema iconografico o alla configurazione dell’oggetto. C.PISONI , “Tabernacolo”, in Enciclopedia dell’arte medievale, a Pilastrino e cippo rinviano alla forma architettonica del cura di A.M. ROMANINI, vol. XI (2000), coll.55-57. Per i romani il monumento, mentre nel caso di nicchia (cunnicella in tabernaculum era la tenda augurale, il luogo dove si siciliano) si evidenzia lo spazio che ospita l’immagine conservavano gli auspici. Per gli ebrei, il Tabernacolo era la devozionale; questa può far parte di un manufatto tenda dove, durante il lungo viaggio dall'Egitto alla terra Promessa, si conservavano le tavole della legge, il candelabro 1 E. MORIGI, Le edicole devozionali. La terminologia, le forme, la e gli arredi sacri. In epoca cristiana, a partire dal IV Concilio fruizione , in (a cura di) E. MORIGI, B. VENTURI , Edicole devozionali Lateranense del 1215, con il nome tabernacolo o ciborio si del territorio ravennate. Comuni di Alfonsine, Bagnacavallo, indicò il luogo ove si conservava il SS. Sacramento, e in Ravenna e Russi, Longo Editore, Ravenna 2004 seguito, per estensione, si cominciò a definire tabernacolo qualsiasi struttura, all'interno o all'esterno delle chiese, atta a contenere immagini sacre 2 4 G. FRANCESCHETTO, I capitelli di Cittadella e Camposanpiero. G. BENDINELLI, “Edicola”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e Indagini sul sacro nell’alto padovano, Roma, 1972 , cit. in M. orientale, a cura di R. BANCHI BANDINELLI, vol.III(1960), coll.214- MORIGI, Le edicole devozionali...cit.,p.13 216 7
  • 8. termine celletta, che riprende la parola cella, parte espressero in monumenti dalle analogie formali e interna del tempio, dove era custodita la statua della sostanziali con le nostre edicole. Già i romani divinità. Così anche sacello (sacellum) indica un usavano collocare all’incrocio tra cardo e decumano il piccolo luogo chiuso consacrato, una piccola cappella compitum, un cippo, quale segno identificativo del o oratorio. Quanto al termine maestà, deriva dal confine di proprietà: col passare del tempo questo linguaggio colto in riferimento all’impostazione frontale simbolo si coprì di un significato religioso. Le zone di della figura rappresentata, che richiama un modello confine erano infatti sguarnite dalla protezione dei lari, dell’arte imperiale dall’Imperatore in trono in le divinità familiari, e come tali erano vulnerabili maiestate 5. all’attacco di entità malevole, le più temute delle quali erano gli spiriti dei trapassati. La religione romana era Quanto detto sulla terminologia rende più semplice fondata su un reciproco rispetto dei limiti e delle un’identificazione d’insieme sulla base di regole stabilite fra umano e divino a cui classificazioni strutturali e formali; per quanto corrispondeva la giusta protezione dei numina. 6 I punti riguarda invece le motivazioni propriamente di confine, rappresentando concretamente il luogo di ideologico-religiose, i nostri pilastrini si caratterizzano passaggio tra mondo terreno e “altro”, erano perciò di come espressione di devozione semplice e destinata fondamentale importanza: i contadini usavano a pubblica fruizione, che si manifesta nella appendere sugli alberi dei crocicchi o confinali delle collocazione del manufatto. maschere ornate di corna con valore apotropaico, e i Ritroviamo questi segni del paesaggio sul ciglio delle crocicchi stessi diventarono appannaggio della strade, negli incroci, volti al pubblico passaggio in protezione di specifici lares, i lares compitales, cortili privati, più raramente in campi coltivati. oggetto di offerte votive. La locazione dei pilastrini non è ovviamente causale Già nel periodo della tarda Repubblica questa usanza e, benché il loro posizionamento attuale non possa votiva cadde in disuso, ma il concetto di confine come considerarsene conseguenza diretta, si riallaccia a area di compenetrazione tra mondo dei vivi e mondo tradizioni molto più antiche del cristianesimo, che si dei morti rimase ben vivo nella mentalità della gente comune: non per niente una figura negativa come Ecate veniva definita “signora dei crocicchi”, e durante 5 A. MAVILLA , Le maestà nell’alta Val Parma e Cedra, Ravenna, il periodo in cui si credette alle opere nefande della 1996, p.29 6 Cfr. H.M.R. LEOPOLD , La religione di Roma, Genova, Fratelli Melita Editori, 1988 8
  • 9. stregoneria si ritenevano gli incroci luoghi frequentati morte e delle antiche usanze tutt’altro che da streghe e maghi. spaventosa, resa tale solo durante l’età moderna anche per le pressioni culturali della Chiesa ufficiale, Nel medioevo sopravvivevano infatti nelle campagne che fecero via via svanire il ricordo delle motivazioni europee una serie di rituali cultuali precristiani che la originarie dei riti stessi. chiesa non si curava più di tanto di combattere, considerandoli inizialmente innocui e gradualmente Non solo i crocicchi ma anche i boschi erano fulcro del superabili. Così, e come si vedrà fino al Concilio di connubio tra nuovi e antichi culti: nido delle paure Trento, le pratiche divinatorie, i riti agrari di fertilità e ancestrali perché terreno del diverso; 8 ai rami dei loro fecondità, gli interventi magico-terapeutici, non alberi si appendevano immagini sacre, traslando la scomparvero. Vennero in qualche modo cristianizzati devozione dal legno stesso all’icona, che poteva col attraverso una sorta di sovrapposizione, che li spinse tempo trovare altra collocazione in un’edicola o progressivamente ai margini della legalità, senza però tempietto. Variate sono le raffigurazioni nella che si potesse impedire la sopravvivenza di frange di religiosità popolare romagnola di apparizioni mariane paganesimo a volte così intriso di simboli e formule tra le fronde di un albero, basti pensare alla Madonna cristiane da generare forme di religiosità popolare del Bosco di Alfonsine, alla Madonna dell’Albero a particolarissime. Ravenna, a quella del Piratello a Imola ecc. Anche nella tradizione romagnola troviamo una serie Forse ancor più dei suoi corrispettivi più di documenti che attestano la sopravvivenza di compiutamente architettonici, i tabernacoli arborei pratiche magico-stregoniche rurali perpetuate nei sono espressione non solo dell’immediata religiosità crocicchi, 7 descrizioni che riflettono una visione della contadina, ma anche di un rapporto tra uomo e ambiente, sentito e personale. Era un rapporto 7 Su stregoneria, culti pagani e tradizioni popolari in Romagna: N. vissuto spesso in maniera tragica a causa della MASSAROLI, Diavoli, diavolesse e diavolerie nella tradizione dipendenza dagli agenti atmosferici e degli popolare romagnola. Alla noce di Benevento, in “La Piè”, n.7 (1923); M. PLACUCCI, Usi e pregiudizi dei contadini della Romagna, Forlì 1818; P. TOSCHI, Romagna tradizionale, Bologna 1952; 8 G.G.BAGLI, Nuovo Saggio di Studi sui Proverbi, gli Usi, i Pregiudizi e V. FUMAGALLI, Il paesaggio dei morti. Luoghi d’incontro tra i morti la Poesia Popolare in Romagna, in “Atti e Memorie della R. e i vivi sulla terra nel Medioevo, in “Quaderni Storici”, n.50, Deputazione di Storia patria per le Province di Romagna”, Ser.III, Bologna ,1982, p. 419 vol, IV,1886, rist. an.Bologna, 1987; E. BALDINI , Paura e Maraviglia in Romagna, Ravenna, Longo Editore, 1988. 9
  • 10. sconvolgimenti provocati da intemperie e terremoti. attribuzioni particolari, facilmente riconoscibili dai Bisogno di protezione dagli agenti esterni che credenti, ognuno deputato ad una particolare determinavano la vita contadina e preghiera funzione. genericamente intesa compiutamente cristiana si fondono in questi luoghi di confine. L'invocazione alla protezione della Madonna e dei santi ebbe il culmine in occasione delle pestilenze La presenza diffusa di manufatti con immagini sacre del Seicento; ne seguì una venerazione delle si ha nella nostra regione a partire dal Quattrocento 9, immagini che da popolare divenne ufficiale: si pensi al ma in tutto il Paese assume dimensioni ben più ampie culto della Madonna delle Grazie di Faenza , la cui dopo la Controriforma, per l'impulso dato dalle effige fu rappresentata su moltissime case della città gerarchie ecclesiastiche alla venerazione delle e si diffuse ben oltre i suoi confini. immagini di religiosità popolare in funzione antiprotestante, con una accentuazione del culto Sbiadita nella cultura ufficiale dell'età contemporanea mariano, come vedremo, e una diversificazione a la fede nella capacità taumaturgiche dell'invocazione seconda dei luoghi, ufficializzando tradizioni di culti religiosa e attenuate molte paure ancestrali grazie al locali con le relative immagini che si diffusero grazie progresso scientifico, non si è tuttavia assistito al alla riproduzione ceramica. cessare della costruzione di edicole , poiché quasi tutti i pilastrini che vediamo attualmente sono di origine Dal Cinquecento in poi c'è inoltre una fioritura degli otto o novecentesca. Oratori, piccole chiese costruite nelle campagne dalle Confraternite, che sorgono spesso nel luogo dove Sembra pertanto manifestarsi una generica sorgeva precedentemente un tabernacolo con una disposizione d’animo che induce a sacralizzare i immagine ritenuta miracolosa, collocata poi all'interno luoghi. L’immagine sacra, collocata in un crocicchio, della chiesetta. un bivio, un guado, un crinale, proietta nella topografia del paesaggio naturale e architettonico il luogo di Si sviluppano inoltre dei precisi cliché iconografici per i passaggio tra aree diverse , ed ha valore di presidio, santi: ogni santo è rappresentato con caratteristiche e data dalle implicazioni conflittuali che tali passaggi comportano sul piano simbolico 10 Questo scopo di 9 protezione è quel che resta dell’antico significato delle P. GUIDOTTI, Madonne e santi nelle ceramiche devozionali. Una edicole. E’ un senso religioso che nelle campagne, e spia sul mondo di ieri, 1982, cit., cap. I; M. CECCHETTI, Targhe devozionali devozionali dell’Emilia-Romagna, Silvana 10 Editoriale, Milano, 1984, cit., cap. II M.CECCHETTI, Targhe devozionali…, cit.,p.45 10
  • 11. la ricerca sul territorio ha dato modo di attestarlo, FORME E COLLOCAZIONI 11 risulta più vivo di quanto l’apparenza non indichi. Defilate anche visivamente dai mutamenti del vivere Ogni qualvolta troviamo un'edicola con un’immagine moderno, queste edicole risultano spesso invisibili agli sacra, non ci sfugge il dato comune di una occhi del passante ignaro del loro significato. collocazione su di un limite. E questo limite non è tanto e solo fattuale, quanto psicologico : una svolta Eppure nelle campagne si riscontra un perdurare di che impone una scelta ; un varco che incute paura ; questa religiosità semplice che ancora si esprime una soglia che induce al rispetto. O ancora, la nelle processioni del mese di maggio e nella scansione di uno spazio, che si misurava in ore di committenza di targhe devozionali ceramiche. E’ una cammino: la fine di una strada o la metà di essa. forma di religiosità popolare che ha sicuramente in Nell'esposizione (edicola è qualcosa di esposto) è larga parte risentito del progresso e degli implicito un valore di messaggio: l'edicola (e sconvolgimenti oltre che paesaggistici anche sociali e implicitamente il suo costruttore) dice qualcosa a chi del proprio sentire religioso, ma che non ha tuttavia passa. del tutto perso quelle connotazioni originarie di legame col proprio vissuto quotidiano, col proprio In questo sta la più intima differenza con l'immagine territorio e con le proprie tradizioni, che questa ricerca votiva all'interno dell'arredo domestico . La stessa si propone di esprimere. nicchia votiva sopra la soglia di casa, che pure sembra esprimere in modo così domestico un significato devozionale puro e privato, si colloca su un diaframma fra il dentro e il fuori: un dentro protetto e 11 Sulle specifiche tecniche delle edicole votive, diffusione, fruizione : M.CECCHETTI , Targhe devozionali… ; E. MORIGI, B. VENTURI, Le edicole devozionali…; F. S. CUMAN, La pietà popolare nelle edicole sacre, Padova, Centro Editoriale Cattolico Carroccio, 1994; G.TESEI, Le edicole sacre. Gli artistici simboli di devozione nelle vie della Capitale; Casa Editrice Anthropos, 1988; P. GUIDOTTI, Madonne e santi…; (a cura di) P. GUIDOTTI, G. L. REGGI, A. TARACCHINI, Catalogo della Mostra Ceramiche Devozionali nell’Area Emiliano-Romagnola, Imola, Grafiche Galeati, 1976. 11
  • 12. sicuro e un fuori imprevedibile e denso di rischi. La arenaria, al centro è scavato lo spazio in profondità protezione dalle volontà malefiche prosegue all'interno per accogliere la targa in ceramica, attorno figurazioni con la collocazione di un'immagine sacra, anche qui simboliche o semplicemente decorative formano la caratteristicamente, al pianerottolo della prima rampa cornice. di scale, come se anche il passaggio al piano di sopra (passaggio un tempo oscuro, illuminabile con una Slegata da un edificio, l'immagine doveva essere candela che poteva spegnersi all'improvviso per lo protetta; doveva esserle data una 'casa', in forma di spiffero di una finestra colpevolmente mal chiusa) piccola cella.. La forma più semplice e povera di innescasse antiche paure, razionali (dei ladri) o meno protezione era il tabernacolo ligneo . Artisticamente (dei morti); mentre l'insieme delle nicchie esterne certo non significativo, ha invece importanza storica costituisce una cintura protettiva corale. Anche nel perché rappresenta la forma più antica: la sua nostro territorio, basta allontanarsi di poco dal centro presenza nel paesaggio è documentata almeno dal abitato per vedere apparire le antiche nicchie fin dalle Cinquecento, con stampe che illustrano libri liturgici e case della prima cintura cittadina, quasi a costituire fogli volanti devozionali. La struttura del tabernacolo una seconda cerchia di protezione, al di là delle ligneo di norma consiste in un tempietto costruito con vecchie mura scomparse. Si notano ancora, non a poche assicelle di legno: una per il fondo, una per la caso, nelle case d'angolo, o dove una strada a lungo mensola, due per i fianchi e ancora due per il sviluppo si immette in un'altra ( con significato del tettuccio a spioventi. Ne risulta quella sorta di tutto analogo , in questo caso, al pilastrino), spesso “casetta”, aperta sulla fronte, molto tipica, fissata ad nelle case coloniche di maggiore dimensione, perché, un albero o issata su di un palo ai bordi di un campo o quantunque povera, la targa ceramica non era alla all'interno di un orto, o in molte altre, diverse, portata di tutti. Si può dunque ipotizzare che la nicchia sistemazioni. Per costruirla erano sufficienti le abilità votiva domestica rappresenti una forma devozionale più elementari esistenti all'interno della famiglia di confine fra il privato e il pubblico. contadina ; una reticella metallica, una latta ritagliata e verniciata potevano servire come protezione dal vento Non molto presente in pianura, mentre ha una certa e dalla pioggia. La povertà dei materiali e dei mezzi diffusione nell’Appennino tosco-emiliano, è testimonia sull'origine popolare e spontanea non solo l'esposizione definita “a frontale” . Si tratta di uno del tabernacolo ligneo stesso, ma del tabernacolo sviluppo della più semplice forma a nicchia e, come devozionale in genere, di cui quello ligneo è da quest’ultima, trova collocazione nelle parerti esterne considerarsi la situazione originaria che di solito dà delle stalle, dei fienili e soprattutto delle abitazioni. Di poi vita a successivi, più solidi, insediamenti , e solito il lavoro è ricavato da un blocco monolitico di rappresenta la struttura elementare a cui si 12
  • 13. richiamano le forme di tutti i tipi di tabernacolo santuari portano dedicazioni mariane che includono la devozionale, anche quelle più complesse in muratura. dedicazione “arborea” (dell’Olmo, del Faggio, Ne abbiamo reperito, nel lughese, soltanto un dell’Acero, della Quercia, del Piratello, del Melo....) e esempio. ciò fa comprendere come la scelta di un tabernacolo arboreo comporti una particolare convinzione di Il tabernacolo arboreo rappresenta l'esposizione di sacralità del luogo o dell'immagine in essa un’immagine sacra in una architettura naturale e primitivamente esposta. Nella ricerca, abbiamo struttura vivente, che richiama immediatamente reperito un piccolo numero di tabernacoli arborei, l'albero sacro di tante religioni , e comunque si ritrova particolarmente suggestivi, specialmente se osservati sui confini , delle proprietà o di spazi territorialmente al sorgere o al calare del sole. significativi. Le cellette rappresentano una forma intermedia fra L'albero confinale, rispetto al legno che regge il pietà privata e struttura di culto . Son piccoli tempietti tabernacolo ligneo, è inamovibile, e garantisce la di modesta altezza, contenenti una piccola camera e “stabilità” dell’esposizione nel tempo. Vengono scelti un altare ; hanno quindi pietra consacrata e sono quindi alberi perenni , per lo più querce, roveri, olmi, soggette al diritto canonico. Possono rappresentare frassini; se sono piante utilizzate per sorreggere filari, l'evoluzione di un precedente tabernacolo per cui la possono venire potate a fioriera, a nicchia , a devozione popolare ha raggiunto intensità tali da padiglione. Se si tratta di grandi alberi, l'immagine è coinvolgere l'autorità ecclesiastica. Quando posta alla prima biforcazione. Già nei primi tre secoli raggiungono le dimensioni di un edificio ad una navata dopo il Mille era frequentissimo che alberi venissero vengono chiamati oratori. consacrati con la croce, poi con le immagine sacre: stampe, pitture e infine terrecotte. Alla parola pilastrino associamo un piccolo manufatto, la cui altezza è in genere poco maggiore La dedicazione mariana è sollecitata dal motivo di quella media di una persona, le cui forme iconografico dell'albero di Iesse 12, una figurazione ricordano, in dimensioni ridotte, quelle di un composita che risulta dall'albero genealogico di Cristo campanile. E' costituito da uno zoccolo che sorregge con il paleocristiano arbor vitae e che porta alla un fusto a sezione quadrata o rotonda, su cui poggia sommità l'immagine della Vergine col Bambino . Molti una cella o un tempietto con una nicchia ( a volte più di una) , coronato da una cuspide , a due o quattro 12 H. DELEHAYE, Les légendes hagiographiques, Bruxelles ,1955, spioventi o più raramente emisferica; sulla sommità è cit.p.167 collocata una croce. 13
  • 14. I materiali sono poveri e dipendono dalla zona; più funzione di allontanamento di forze del male laddove spesso di macigno scolpito sono quelli lungo le vie l'edicola veniva collocata sul luogo di un fatto di dell’Appennino tosco-emiliano, in muratura di laterizio sangue. Un voto o una grazia ricevuta erano un altro invece quelli della pianura, con molte eccezioni e non motivo frequente che portava persone devote rari casi di muratura mista. Sembrano ispirati ai all'erezione di un pilastrino. Ma un ruolo importante campanili e come questi evolvono nelle linee e nel che il pilastrino acquisiva era quello di punto di gusto, più sinuoso o più squadrato. In quelli del nostro riferimento per segnalare strade e distanze nel mondo territorio, la tipologia maggiormente frequente è una preindustriale. Nel rintracciare i pilastrini ancora costruzione a pilastro in mattoni, a fusto quadrato esistenti, molte ricerche concordano nell’osservarne la sormontato da una cella quadrangolare, anch'essa collocazione su strade esistenti all’inizio del secolo costruita semplicemente in mattoni o talora più XIX o molto più antiche, 13 in particolare su strade un raffinata. Spesso fra il fusto e la cella c'è una cintura in tempo di rilevante importanza per i transiti e oggi rilievo; gli spioventi del tetto possono essere scolpiti relegate a un traffico locale e secondario; questi umili oppure sormontati da coppi come la copertura delle manufatti quindi possono dirci molto sulle case. In alcuni casi la modesta cuspide è costruita con modificazioni del territorio. mattoni digradanti, che realizzano un profilo a spigoli. La produzione dei materiali per i pilastrini doveva coinvolgere le fornaci, che accanto al lavoro seriale della produzione dei laterizi, dovevano riservare uno spazio, più specialistico, per pezzi "su misura" necessari ad assemblare un pilastrino, come cornici variamente modanate, mensole, tempietti, cuspidi. Ma in molti casi i pilastrini erano costruiti con materiali di recupero, mattoni e coppi ricavati dalla costruzione o demolizione di una casa, come ancora oggi ci viene raccontato. La dislocazione dei pilastrini nel territorio riflette i criteri che abbiamo già ripetutamente indicato: biforcazioni, incroci, ponti, margini; si possono 13 ritrovare in stretta vicinanza di un albero. La funzione A. BOLOGNESI, Tabernacoli e religiosità popolare nel territorio di protettiva generica delle immagini sacre si univa alla Montale, Comune di Montale, 31 ottobre 2005 14
  • 15. IL CUORE DEI PILASTRINI: LE TARGHE DEVOZIONALI 15
  • 16. IL CUORE DEI PILASTRINI: LE TARGHE È stato detto che “la distinzione tra immagine di DEVOZIONALI devozione e immagine di culto è resa dinamicamente possibile dall’intervento della categoria della popolarità” 2, è infatti attraverso il manifestarsi dell’attenzione collettiva che Intrinsecamente legata alla sacralità dell’edicola un’immagine di culto può divenire popolare e votiva è l’immagine devozionale in essa quindi essere riprodotta e diffusa come oggetto di contenuta. Generalmente rappresentata da una devozione privata; allo stesso modo è per pura targa o da una scultura a tuttotondo forza popolare che un’immagine della devozione appositamente realizzata, l’immagine devozionale privata può venire accolta ufficialmente in area è destinataria delle preghiere dei fedeli e nella ecclesiastica come oggetto di pubblico culto3, dal sua evoluzione storica e artistica è racchiuso il momento che dà vita per sua stessa natura a senso proprio dell’edicola come emblema di manifestazioni rituali non solenni, che però religiosità popolare: per questo motivo d’ora in richiamano la partecipazione della collettività avanti col termine “edicola sacra” e relativi all’intorno. sinonimi intenderemo indicare la struttura architettonica e l’immagine ad esso connessa. La sua popolarità si esprime nella sostanziale limitatezza di archetipi stilistici: molto di rado Come detto le edicole devozionali vere e proprie infatti, l’immagine sacra della targa è “si distinguono da altre immagini o strutture un’immagine originale, è al contrario prassi delle devozionali di carattere privato, per la volontà di maestranze artigiane ricopiare su ceramica scene dar luogo a un monumento destinato ad una e figure tratte da incisioni a stampa, in cui la fruizione pubblica”, 1 anche qualora questo scelta del soggetto è in gran parte affidata alla rappresentasse la commemorazione di un evento committenza. E’ facile notare come normalmente privato. questa prediliga immagini tratte dalle devozioni Questa fruizione pubblica non è sottolineata locali o archetipi iconografici particolarmente noti. esclusivamente dalla loro locazione, ma anche dalla scelta dell’immagine che essi custodiscono. 2 A. VECCHI , Il culto delle immagini nelle stampe popolari, p.39, Firenze 1968 1 3 E. MORIGI E B. VENTURI (a cura di), Edicole devozionali…Cit.p.17 M. CECCHETTI , Targhe devozionali…cit.p.35 16
  • 17. Il grande rilievo che la targa ha avuto nel BEATA VERGINE DEL MOLINO DI LUGO 6 paesaggio urbano e rurale ovviamente respinge l’esclusività di cause prettamente tecniche ,come il principio di “riproducibilità”, e comporta una riflessione sul “ricorso all’archetipo” come carattere proprio della prospettiva popolare di religiosità: come ogni altra immagine devozionale la targa si propone infatti non come “strumento” o “metodo di devozione”, ma come semplice “oggetto” o “affermazione radicale di religiosità” 4. Come osserva Maria Cecchetti, 5 la targa non descrive il processo proprio dell’arte “alta”, in cui l’autore esprime all’interno dell’opera la sua individuale concezione del mondo, ma viceversa un prodotto artistico che risponde ad un “significato” univoco, precostituito, nei confronti di ogni considerazione filosofica e teologica. L’immagine della Madonna del Molino è una Ecco che si rivela quindi particolarmente tavola in gesso conservata nell’omonimo interessante l’analisi degli archetipi che dominano Santuario di Lugo a lei dedicato. La targa ha la scena artistica della zona esaminata. origini sconosciute, ma è quasi certo che si tratti di una copia da originale rinascimentale, come attesterebbero alcuni elementi e stilemi tipici della produzione artistica dell’epoca presenti 6 Sulla Beata Vergine del Mulino di Lugo: A. GOLFIERI , La Madonna del Molino protettrice della città di Lugo: sunto storico, Lugo 4 A.VECCHI , Il culto delle immagini…cit. p.23 1896; Madonna del Molino: Lugo, (a cura di) DON T. 5 M.CECCHETTI,Caratteri popolari…cit.p.41 CAVALLINI, G. MAGNANI , Imola, 1993 17
  • 18. nell’immagine 7. La Vergine è raffigurata a tre duca Ercole d’Este, venuto a conoscenza dei quarti, seduta, con il Bambino poggiato sulle numerosi miracoli, assecondò il desiderio dei ginocchia frontalmente, entrambi preziosamente sudditi erigendo una cappella; tuttavia, quando si ornati e incorniciati sullo sfondo da festoni floreali. sparse la notizia che questa sarebbe stata costruita sul luogo del prodigio e affidata ai L’origine del culto, risalente alla fine del XV Domenicani, incontrò l’opposizione della sua secolo, ci è nota grazie alla cronaca di Gian stessa gente, in quanto la zona del Molinaccio Battista Bolognesi8, notaio lughese dell’epoca al era ritenuta pericolosa, luogo di delitti e spiriti servizio degli Estensi. Non è da escludere tuttavia maligni. Il popolo insistette per affidare la custodia che il Bolognesi stesso sia stato influenzato nel della sacra immagine ai Frati Minori di Lugo, e un suo narrare da credenze precedenti. Secondo la sostenitore della causa, Gian Paolo Rondinelli, leggenda, in data 17 maggio 1496, un mercante decise con un atto di forza di trasportarla di faentino di ritorno da Ferrara cadde con il suo persona nella cittadina; ma l’impresa gli fu carro in un canale nella zona del Molinaccio, nei impedita dall’improvvisa ribellione al galoppo del pressi di Lugo, infrangendo un’immagine in gesso proprio cavallo imbizzarrito e dalla contemporanea di Vergine con Bambino che portava con se’. perdita di vista e udito, effetti miracolosi che Ritenendo impossibile ripararla l’abbandonò sul terminarono altrettanto fulmineamente una volta luogo dell’incidente, ma alcuni giovani pastorelli desistito dal suo intento. Il 27 aprile 1497 una volta trovatala ne rimisero insieme i pezzi, e l’immagine venne così affidata alla nuova chiesa la riposero in un tabernacolo ligneo di Santa Maria Nuova ,custodita dai Domenicani, appositamente costruito. L’immagine, tornata a che vi edificarono vicino un piccolo convento. nuova vita, improvvisamente cominciò a Venne poi incoronata nel 1856 da papa Pio IX, risplendere di una luce tanto intensa da mentre nel 1939 iniziarono i lavori per la nuova costringere i giovani alla fuga, attirando chiesa, terminata nel 1943. immediatamente le attenzioni dei devoti dei paesi limitrofi, che vi attribuirono poteri miracolosi. Il 7 B. VENTURI , Edicole e immagini devozionali tra realtà storia e tradizione in Edicole votive…(a cura di) MORIGI E VENTURI cit.,p. 43 8 Cfr. A. GOLFIERI, in La Madonna del Molino protettrice…cit.,pp. 181-187 18
  • 19. MADONNA DEL FUOCO DI FORLì 9 secoli: ancora oggi l’immagine è conservata nel duomo cittadino. La Madonna del Fuoco di Forlì è una xilografia impressa su carta tra la fine del XIV e gli inizi del XV, la più antica che si conosca in Italia 11. Secondo Sergio Fabbri 12 la sua nascita va attribuita per affinità stilistica al maestro Michele di Matteo, attivo a Bologna tra 1410 e 1469, oltre che a Venezia e Siena. La composizione ricalca lo schema del polittico gotico, con al centro la Vergine che tiene in braccio il Bambino sul proprio fianco destro, mentre intorno, all’interno di scomparti delimitati da colonne tortili, sono rappresentate scene tratte dal Vangelo (l’Annunciazione e la Crocifissione), coppie di Secondo quanto narrato da Giovanni di Mastro Santi e Martiri, gli Apostoli, Santa Dorotea e forse Pedrino nella sua Cronica, 10 nella notte tra il 4 e la Vegine. Al centro la Madonna, coronata, ha alle il 5 febbraio 1428, a Forlì, un incendio proprie spalle il sole e la luna antropomorfizzati. distrusse una scuola lasciando intatti solo i muri e un’immagine in carta della Madonna. Questa, Sovente si assiste ad una commistione ritenuta miracolosa, fu trasportata in cattedrale la iconografica tra la Madonna del Fuoco di Forlì e domenica seguente. Il 20 ottobre 1636 venne l’omonima Madonna di Faenza. inaugurata, per la Madonna del Fuoco, una grande cappella; divenuta poi patrona della città e della diocesi di Forlì, fu oggetto di culto e devozione per molti 9 Sulla Madonna del Fuoco di Forlì: S.FABBRI, La Madonna del Fuoco di Forlì fra storia, arte e devozione, Cesena, 2003 10 S. FABBRI, La Madonna del fuoco di Forlì,. p.15 nota 1: GIOVANNI 11 B. VENTURI, Edicole e immagini…cit.,p.38 DI MASTRO PEDRINO, Cronica, I (1411-1436), II (1437-1464) 12 S. FABBRI, La Madonna del Fuoco…cit.,pp.13-50 19
  • 20. MADONNA DEL FUOCO DI FAENZA13 distrutto: tutto tranne l’immagine sacra. La targa divenne immediatamente oggetto di devozione e le si attribuirono guarigioni miracolose, venne eretto un altare sul posto e la devozione della Madonna del Fuoco venne ufficializzata. Nel 1570 si costruì una chiesa per ospitare i molti fedeli che giungevano in pellegrinaggio, chiesa oggi scomparsa. Dal 1609 la festa liturgica della Madonna del Fuoco di Faenza si celebra il 2 agosto. L’immagine è stata spostata dal monastero di Santa Cecilia a quello di Santa Caterina a seguito della soppressione Napoleonica del primo nel 1798; quindi collocata nella sua odierna casa, la chiesa di San Domenico, nel 1811. Iconograficamente l’immagine originaria raffigura Il 2 agosto 1567, in una casetta dell’oggi vicolo la Vergine con una stella sulla spalla sinistra, il Ubaldini, nei pressi del monastero domenicano di Bambino alla propria destra con in mano un globo Santa Cecilia, un incendio generato da una sormontato da croce. È un dipinto probabilmente candela si espanse nella casa vicina. Nella risalente al XV-XVI secolo, di stile stanza dimorava una vedova, la quale conservava bizantineggiante, forse quindi di provenienza un’immagine della Madonna con Bambino dipinta ravennate. su legno appesa alla parete. L’incendio divampò E’ interessante sottolineare come l’essenza tutta la notte, prima di essere spento l’indomani. miracolosa della Madonna del Fuoco venisse Non fece vittime, ma tutto andò completamente confermata dalla Chiesa con particolare celerità rispetto alle tendenze del periodo storico, in cui si 13 Sulla Madonna del fuoco di Faenza: A. DOLCINI , I sacri fuochi di assiste ad una maggior regolamentazione da Forlì e Faenza, Faenza, 1997; I sacri fuochi di Forlì e Faenza: arte per la fede: immagini sacre antiche e moderne, Forlì, 1998. parte del governo ecclesiastico in tema di nuove 20
  • 21. santità e devozioni. Sul fatto forse pesano anche BEATA VERGINE DELLE GRAZIE DI le circostanze storiche: a Faenza era attivo un FAENZA15 vivace movimento riformatore e antiecclesiastico (e come tale contrario alla sacralizzazione delle immagini), abbastanza compatto da sfuggire almeno parzialmente al giogo dell’inquisizione. Il miracolo venne quindi sfruttato per un definitivo regolamento di conti con i riformatori faentini :da un lato da parte delle autorità ecclesiastiche cattoliche cittadine; dall’altro da parte delle masse per isolare, subordinandolo al clero, quello che era il gruppo dirigente cittadino. 14 A Faenza il culto per la Beata Vergine delle Grazie risale ai primi del XV secolo. La Cronica Conventus Sancti Andreae de Faventia composta nel convento dei Domenicani verso la fine del XV secolo 16, riporta la leggenda della sua origine: nel 1412 , mentre la peste sconvolgeva la città, una matrona di nome Giovanna raccontò di 15 Sulla Beata Vergine delle Grazie di Faenza: A. SAVIOLI , L’immagine della Beata Vergine delle Grazie di Faenza e le sue 14 S. BOESCH GAJANO E L. SEBASTIANI (a cura di), Madonne di città e derivazioni , Firenze 1962; La Madonna delle Grazie di Faenza: Madonne di campagna. Per un’inchiesta sulle dinamiche del notizie storiche, a cura dell’Arciconfraternita della Beata Vergine sacro nell’Italia post-tridentina, in Culto dei santi. Istituzioni e delle Grazie, Faenza, 2000 16 classi sociali in età preindustriale, L’Aquila, Japadre, 1984, pp. F. LANZONI , La Cronaca del Convento di Sant’Andrea di Faenza, 615-647 Città di Castello 1911 21
  • 22. aver visto la Madonna che , con le braccia aperte quale cercavano riparo i fedeli. 18 Alla Madonna e stringendo tre frecce spezzate per mano, le delle Grazie in questa sua nuova veste venne disse che la collera divina si sarebbe ugualmente consacrato un altare nella chiesa Di S.Andrea in spezzata se il vescovo avesse indetto un digiuno Vineis (l’attuale San Domenico) il 12 maggio universale ed una processione penitenziale per 1420, e da qui il culto ha avviato la sua diffusione. tre giorni consecutivi. La visione della donna Molte volte ancora la città di Faenza si è rivolta venne ascoltata e l’impegno immediatamente alla Vergine delle Grazie. Dopo il 1630 , quando assolto, liberando la città dal terribile morbo. la città si salvò dalla peste, la Madonna venne Al termine della pestilenza fu dipinta un’immagine incoronata, proclamata patrona e protettrice della della Madonna su un muro della chiesa di città, di cui le furono offerte le chiavi in una Sant’Andrea, come voto per la liberazione dalla solenne cerimonia avvenuta il 18 maggio 1631. calamità. L’affresco, di mano ignota ma Ancora, in occasione del terribile terremoto che apparentemente dipinto da maestro di cultura colpì Faenza nel 1781, in cui vi furono gravissimi tardogotica veneta, venne poi staccato dal muro e danni ma non vittime, il Magistrato fece voto alla trasportato in cattedrale, e probabilmente proprio Madonna che per cinquant’anni, nell’anniversario in quell’occasione andarono perse la metà del terremoto (4 aprile), si sarebbe celebrata una inferiore del corpo e gran parte delle braccia, festa in suo onore (festa che si celebra ancor senza che tuttavia questo possa far dubitare oggi, in aggiunta alla festa omonima della dell’iconografia tipica con sei frecce, in quanto seconda domenica di maggio). A seguito ampiamente attestata sin dal XVI secolo. 17 dell’epidemia di colera che andava diffondendosi per l’Italia, nel 1836 una seduta consiliare decise All’epoca, l’immagine della Madonna protettrice, di esporre grandi rilievi in terracotta raffiguranti la raffigurata secondo questa tipologia, era molto Vergine sulle mura cittadine. L’immagine, comune: veniva chiamata Madonna della riprodotta in sei copie e murata l’anno seguente Misericordia e la caratteristica che la nelle porte della città, fu realizzata da Don contraddistingueva erano le frecce dell’ira divina Valenti, e presenta al centro un ovale raffigurante che si spezzavano contro la sua veste, sotto alla l’apparizione della Madonna a Giovanna, sullo 17 18 Ivi p.16 nota 5 B. VENTURI, Edicole e immagini, cit., p. 39 22
  • 23. sfondo una torre merlata del ponte romano oggi BEATA VERGINE DEL PIRATELLO DI IMOLA20 non più presente, e agli angoli quattro medaglioni con mezzobusto dei santi patroni faentini: Savino, Pier Damiano, Emiliano e Terenzio. 19 L’immagine è ancor oggi una delle più diffuse, tuttavia ci si imbatte spesso in una Madonna delle Grazie, il cui attributo fondamentale rimangono le sei frecce spezzate, rappresentata semplicemente a mezzobusto, o sorretta da una nuvola. E’ stata proclamata il 25 marzo 1931, in occasione del III centenario della prima incoronazione, “Patrona Principale della città e della Diocesi”, titolo confermatole da Papa Pio XI che la volle nuovamente incoronata a suo nome. Principale fonte per la genesi di questo culto sono L’antica immagine, riportata su tavola nel 1948, è le Cronache Forlivesi di Andrea Bernardi 21, oggi venerata nella cattedrale della città. secondo cui il 27 marzo 1489 un’immagine della Madonna, dipinta dentro la nicchia di un pilastro costruito vicino ad un pero sulla via Emilia, avrebbe parlato ad un pellegrino di passaggio, il cremonese Stefano Mangelli, svelando il desiderio di essere onorata in quel luogo. 20 Sulla Beata Vergine del Piratello di Imola: P. BEDESCHI, L’origine del culto della Madonna del Piratello e le sue oscurità: note critiche, Bologna 1965; B. VENTURI, Edicole ed immagini…cit.,pp.46-47 21 Andrea Bernardi, Cronche Forlivesi dal 1476 al 1517, pubblicare ora per la prima volta di su l’autografo, a cura di 19 Ibid. G.Mazzantini , Bologna , 1895-1897 23
  • 24. Comandato quindi al pellegrino di diffondere tra le marzo 1483. Il pilastrino sarebbe stato quindi genti la sua volontà, lo indirizzò ad Imola, costruito successivamente sul luogo della visione, riempiendogli le braccia di rose di bellezza mai ad ospitare un’immagine più pregevole e non vista e rare in quella stagione, perché non deperibile. Questo affresco è tutt’ora conservato dubitassero della sua visione. Dopo che il nel Santuario del Piratello di Imola ed il suo Mangelli ebbe parlato col Governatore, una modello ha trovato larghissima diffusione nelle processione si recò al pilastrino, e molti prodigi si zone attorno alla città. verificarono, generando il culto per la Madonna del Piratello. Esistono tuttavia diverse lacune nella storia dell’origine di questa leggenda, a partire dallo stesso nome, rinvenuto in più versioni nei documenti antichi: Peradello, Peradelle, Pyradello, Paradello, Paratello, Pradello, Pratello, Pradel (dialettale). E’ però probabile che esso derivi da “Peradello”, il nome di un fondo esistente nella stessa località già molto tempo prima del racconto del Mangelli. 22 Anche la datazione è incerta, difatti alcuni cronisti di pochi anni successivi al Bernardi parlano di un’immagine di carta collocata sul pero precedentemente a quella che parlò al Mangelli dal pilastrino. Sulla base delle sue ricerche Bedeschi ritiene di doversi riferire a questa prima immagine, anticipando la data del miracolo al 27 22 P. BEDESCHI, L’origine del culto della Madonna del Piratello e le sue oscurità: note critiche, Bologna, 1965 24
  • 25. MADONNA DEL BOSCO DI ALFONSINE 23 quell'Iddio, il quale è l'arbitro sì della vita, che della morte d'ogn'uno, che una di quelle piante che si tagliavano, investita nello stesso tempo da più gagliardi colpi venne a cadere come all'improvviso con tutto il corpo et un suo grosso ramo percosse così malam[en]te, in testa un povero contadino che con un altro compagno s'affaticava con la scure alla piè d'un albero vicino per atterrarlo che vi rimase morto sotto miseram[en]te. Chiamavasi egli Domenico poco in testa...”24 Così esordisce nelle primissime pagine il “manoscritto Fiori”, documento oggi perduto di cui si conserva copia in due esemplari alla Biblioteca Classense di Ravenna , a cui dobbiamo le notizie sulla genesi della venerazione alla Madonna del Bosco, mentre la data la morte del bracciante, 10 aprile 1714, ci giunge dal registro dei morti della chiesa arcipretale di Alfonsine. La nascita del culto si lega dunque ad un evento luttuoso: durante la potatura nella tenuta “La Si tratta, come per la B.V. Del Molino, di un caso di Raspona” di Alfonsine di proprietà dei Marchesi devozione popolare locale che è diventata oggetto di Spreti, il contadino Domenico Pochintesta perse la culto ufficiale. “Verso la fine di marzo dell'anno 1714 si vita a causa della caduta di un grosso ramo. Come da faceva taglio di pia[n]te per commando, e servizio de usanza in questi casi, per allontanare la disgrazia e Sig.ri Spreti nel bosco di una sua tenuta, detta la commemorare il defunto, venne collocata su un albero Raspona [...]. Accadde dunq[ue] per disposizione di attiguo al luogo dell’incidente un’immagine sacra, su 23 iniziativa del fattore dei marchesi, Matteo Camerani, Sulla Madonna del Bosco di Alfonsine: MARIA ELISABETTA ANCARANI ,Per Grazia Ricevuta, Ed. Il Girasole maggio 2001; A. 24 SAVIOLI, Catalogo degli ex-voto di Madonna del Bosco, in Studi AGOSTINO ROMANO FIORI ,Origine e progresso della devozione e Romagnoli, XIX (1968) pp.253-257; Il Sacro, Le Opere e i giorni: concorso alla Immagine della B.V. del Bosco alle Alfonsine, per una storia della devozione popolare nei dipinti votivi della cosiddetto “Manoscritto Fiori”, 1715, cit. in M. ANCARANI, Per Madonna del Bosco, Alfonsine, 1983 Grazia Ricevuta…”p.17 25
  • 26. che donò una maiolica di sua proprietà raffigurante la costruirono a venerazione dell'immagine un altare Vergine col Bambino : “un quadretto di maiolica in artigianale e due strutture che raccoglievano “voti, bassorilievo con doppia cornice ottagonale; la Vergine tavolette, archibugi, pistole spezzate, grucce, vezzi di vi era figurata seduta col Bambino in braccio, coralli, anella, ed altri ornamenti femminili. Né a appena coperto da una benda a' lombi, e la madre con decorare il quadretto mancarono appresso bei doni, manto arabescato a fiori e coronata siccome il fra' quali un cristallo da ricoprirlo che mandava la pietà Bambino” 25. Questa immagine col Bambino della contessa Samaritani ravignana” 27. semisdraiato corrisponde ad un archetipo diffusissimo, in molteplici varianti, che origina dal modello Ben presto cominciarono le controversie per il rinascimentale di un anonimo scultore lombardo 26. possesso dell’immagine. La prima, fra la famiglia Spreti, proprietaria del fondo, e la Diocesi di Faenza, si Il luogo era molto frequentato poiché da lì partiva “il risolse in modo “miracoloso”. Infatti, nel luglio Passetto”, il traghetto per attraversare il Po di 1715 il Vescovo di Cervia Mons. Camillo Spreti, si Primaro, ora Reno, e in breve si diffuse la convinzione fece consegnare le offerte , comunicando al cardinale delle virtù dell'immagine. Nell’estate del 1714 , Piazza l'intenzione di dedicare alla Madonna una Antonia Battaglia, di Piangipane, malata ed inabile , chiesa. L'immagine fu richiesta dal Vicario generale di chiese aiuto alla Vergine , ottenendo la guarigione; Faenza, Mons. Picarelli, tramite l'arciprete di allo stesso modo guarì l’anno seguente una giovane Fusignano e provicario di Alfonsine Don Francesco alfonsinese. Camerani fu convinto a ricollocare Maria Rocchi. Quando il 16 agosto don Rocchi si l’immagine, dall'albero su cui era stata presentò per portare con sé l'immagine a Faenza, provvisoriamente installata, sull’albero originario, tentò invano di staccarla dall’albero natio. Molta gente spoglio e pericolante: alla collocazione della sacra si era radunata all’intorno, e il fatto fu tramandato effigie questo immediatamente tornò a nuova vita. come nuovo miracolo ed indiscutibile segno della Una terza guarigione “miracolosa” si verificò nel volontà divina. Viste le ulteriori controversie sorte fra la Luglio 1715 per la malattia del figlio del notaio famiglia Calcagnini, forte del giuspatronato sulla chiesa ravennate Andrea Baldassarre Bonanzi , che si parrocchiale alfonsinese, e gli Spreti, la questione fu affrettò ad “autenticare” la grazia. Si creò una grande presentata a Roma, su richiesta di don Tosini parroco affluenza di fedeli, che di Alfonsine. La Sacra Congregazione dei Vescovi e dei Regolari di Roma il 17 giugno 1717 sentenziò che 25 G. F. RAMBELLI, Notizie Historiche della Beata Vergine del Bosco che si venera tre miglia lontano da Alfonsine, Imola 1834, cit. in 27 ANTONIO SAVIOLI, L’immagine della madonna del bosco e la sua G.F. RAMBELLI, Notizie Historiche…,cit.,p.7, cit., in M. ANCARANI, tradizione iconografica, in Il sacro, le opere e i giorni…cit.,p.11 Per grazia ricevuta…cit.,p.21 26 Cfr. M.CECCHETTI, www.ceramichedevozionali.it 26
  • 27. la sacra immagine rimanesse dov'era, e che con le MADONNA DEL MONTICINO DI offerte raccolte ,oltre al contributo dei marchesi Spreti, BRISIGHELLA28 le si erigesse una chiesa decorosa. I lavori per la chiesa iniziarono nel 1717 e terminarono nel 1721. Il culto fu ampio per tutto il secolo ma si affievolì dal 1830 , per l’abbandono da parte dei cappellani della residenza presso il santuario, devastata dall’umidità ,e per il decadimento della famiglia Spreti. Il santuario fu preda di svariati furti, in aggiunta allo spoglio già subito dalle truppe napoleoniche. Si salvarono tuttavia numerosi ex-voto, tuttora conservati e visibili nella chiesa attuale. Dalla fine dell’Ottocento in avanti, con il mutato clima culturale e l’abbandono del “Passo” per la costruzione di un ponte, il santuario decadde ulteriormente e nel 1910 venne ceduto dagli Spreti alla diocesi di Faenza. In piena prima guerra mondiale gli alfonsinesi decisero di costruire un nuovo tempio, approfittando di un indennizzo dovuto alla demolizione dell’originario per l’ampliamento dell’argine del fiume. La nuova chiesa, edificata nel 1929, andò distrutta dai bombardamenti del ’44. Ricostruita nel 1952 , al suo Il culto nasce da un’edicola posta su una strada interno conserva ancora l’immagine originaria, d’ingresso delle mura di Brisighella nel XVII, l’oggi danneggiata ma nel complesso scampata ai scomparsa Porta Bonfante. La targa di Madonna bombardamenti, grazie al parroco dell’epoca ,che la con Bambino che racchiudeva , vantava poteri nascose in un rifugio sotterraneo al di sotto della miracolosi, generando l’attenzione degli abitanti. Canonica, questa invece andata completamente Per questo motivo l’8 settembre 1662, giorno distrutta. 28 Sulla Madonna del Monticino di Brisighella: P. ALPI, L. MALPEZZI, Il santuario del Monticino in Brisighella. Cenni storici- preghiere, Faenza 1996; A. POMPIGNOLI, La Madonna del Monticino, Imola, 1996; B. VENTURI, Edicole e immagini...cit.,pp.44-45 27
  • 28. dell’anno in cui tuttora se ne celebra la festività, MADONNA DEI SETTE DOLORI 30 venne ricollocata in un piccolissimo oratorio appositamente costruito nelle vicinanze. Il colle , chiamato fino a quel momento “Cozzolo” o “Calvario” fu ribattezzato “il Monticino”. Nel 1759 al posto della piccola cappella venne inaugurato un vero e proprio santuario, e quivi l’immagine fu solennemente incoronata. La tipologia d’immagine, una Madonna a mezzobusto che con la destra tiene in piedi il Bambino mentre con la sinistra lo abbraccia, è tutt’ora molto diffusa in ambito emiliano- romagnolo, e se ne conoscono numerose varianti sempre sullo stesso modello, ma con nomi differenti: Madonna del Conforto nella Chiesa dei Cappuccini a Imola ; Madonna della Consolazione a Rocca delle Caminate a Forlì; Madonna delle Grazie a Tredozio; Madonna della Provvidenza o “Marconcina” a Imola, B.Vergine Si tratta in questo caso di una devozione di Auxilium Cristianorum a Castel d’Aiano; Beata diffusione mondiale molto seguita anche in Vergine della Salute a Solarolo; Beata Vergine Romagna, la cui rappresentazione mostra La del Soccorso a Bagnara di Romagna, e infine Vergine Maria in atteggiamento afflitto, con il Beata Vergine di Sulo a Filetto. 29 cuore esposto sul petto, da cui si irradiano sette spade. 30 Sulla Madonna dei Sette Dolori (Addolorata): G.D. GORDINI, La festa dell’addolorata nella storia, in Ross zetar d’Rumagna, 1969; 29 B. VENTURI, Edicole e immagini…cit.,p.45 B. VENTURI , Edicole e immagini…cit.,p.50 28
  • 29. In epoca medievale, poiché erano state fissate a VERGINE IMMACOLATA33 sette le gioie, si decise di adottare il medesimo numero, in ambito cristiano già denso di significato, anche per la venerazione dei dolori di Maria, corrispondenti alla profezia di Simeone 31 sul destino della Madre di Dio: fuga in Egitto; smarrimento di Gesù dodicenne nel Tempio; cattura di Gesù; flagellazione e coronazione di spine; crocifissione; morte e trafittura del costato; deposizione dalla croce e sepoltura. 32 La patria del culto è l’Olanda, dove un sacerdote, Giovanni de Counderberghe, istituì questa pia pratica nel 1491 fondando un santuario. Alla sua diffusione contribuì l’Ordine dei Servi di Maria , un cui convento si trovava anche , probabilmente dalla fine del XV secolo, a Russi, poco distante da Lugo, dove la festa dell’Ordine Servita si è tramutato nell’odierna festa cittadina, celebrata la Esistono diverse varianti iconografiche terza domenica di settembre. dell’Immacolata, riconducibili a culti differenti. Tra le più diffuse, quelle dell’Immacolata Concezione, 33 Sulla Vergine Immacolata e sue derivazioni iconografiche : R. LAURENTIN, Maria, chiave del mistero cristiano: la più vicina agli uomini perché la più vicina a Dio, Cinisello Balsamo 1996; Breve storia della Beata Vergine Immacolata di Lourdes: con lode e litanie proprie, Vercelli 1889; Storia di Nostra Signora di Lourdes, narrata ai suoi devoti, Firenze 1890; R. LAURENTIN, Lourdes.Cronaca di un mistero, Milano 1996; P. GUIDA, Caterina Laboure e le 31 “E anche a te una spada trafiggerà l’anima” Luca, 2, 34-35 apparizioni della Vergine alla Rue du Bac: per una rilettura del 32 E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, I, Torino-Roma, 1933, messaggio della Medaglia Miracolosa, Cinisello Balsamo, 1997. pp.328-329. 29
  • 30. della Madonna della Medaglia Miracolosa e della preghiera, così come la vide vestita Bernadette, e Vergine di Lourdes, spesso difficilmente la sua diffusione iconografica si accompagna a distinguibili l’una dall’altra a causa delle quella del culto, indubbiamente tra i più sentiti a contaminazioni reciproche, tutti riconducibili al livello popolare. Sicuramente più riconoscibile la culto dell’Immacolata. Madonna della Medaglia Miracolosa, che stando alla leggenda il 27 novembre 1830 apparve a Fu il pittore spagnolo Francisco Pacheco del Rio Santa Caterina Laboure nella Cappella di Rue du a codificare nel Seicento gli attributi iconografici Bac, a Parigi, e le diede il compito di far coniare dell’Immacolata, precedentemente rappresentata una medaglia che indossata avrebbe elargito al nell’atto di calpestare il serpente dell’Eden: la portatore grandi grazie. La medaglia presenta da Vergine Immacolata è una giovinetta vestita di un lato l’immagine della Madonna con il capo bianco, coperta da un manto azzurro e con la vita circondato da dodici stelle, le braccia aperte cinta da un cordone francescano a tre nodi, le verso il basso e i palmi, da cui escono fasci di mani sul petto o giunte in preghiera, il capo cinto luce, rivolti al riguardante. Il serpente è ai piedi da una corona di dodici stelle e sotto i piedi la della Vergine mentre sul bordo della medaglia è falce lunare con le punte rivolte verso il basso , riportata questa invocazione: ‘ O Maria concepita simbolo di castità.34 Oggigiorno si assiste ad un senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a prevalere della versione iconografica di Lourdes, Voi”. Sul retro, circondato da dodici stelle, sono estrapolata dalle descrizione di Santa Bernadette impresse la lettera M sormontata da una croce e Soubirous. Come è noto, nel 1858 (11 febbraio – due cuori, uno circondato di spine e l’altro trafitto 16 luglio ) la Vergine apparve ripetutamente a da una spada. Come detto, spesso si assiste ad Bernadette in una grotta, a Lourdes, con queste una commistione tra le tre figure, benché sembianze: “ una veste bianca chiusa da un l’immagine più diffusa rimanga quella di Lourdes, nastro azzurro, un velo bianco sulla testa e una nei casi più eclatanti raffigurata all’interno di una rosa gialla su ogni piede…un rosario in mano” 35. struttura architettonica che riprende la grotta della Viene rappresentata con le mani giunte in visione. 34 J. HALL, Dizionario dei soggetti e dei simboli dell’arte, Longanesi, 2007 35 R. LAURENTIN, Lourdes. Cronaca, cit., p.78 30
  • 31. MADONNA DEL BUON CONSIGLIO 36 La devozione per questa Vergine risale almeno al 1356 e si è sviluppata a partire dal Santuario di Genazzano a Roma, eretto su un'antica chiesa del X secolo. Nel 1630 papa Urbano VIII sostenne che l'immagine era venuta da paesi lontani e nel 1730 si precisò la provenienza da Scutari, trasportata dagli angeli con al seguito i due pellegrini Giorgi e De Sclavis. Questa leggenda è nota presso gli albanesi che invocano questa madonna col titolo di Signora d'Albania. Il culto si è particolarmente diffuso in area fiorentina, da cui si è propagato fino all'Emilia Romagna attraverso la circolazione di stampe; è piuttosto frequente sull'Appennino. L'immagine della Madonna del Buon Consiglio rappresenta la Madonna con il Bambino alla sua sinistra che abbracciandola le cinge il collo col braccio destro; entrambi sono sovrastati da un'ampia aureola. Deriva da un affresco di autore ignoto, secondo alcuni appartenente all'arte romana del XIII secolo, secondo altri opera tardo bizantina con influssi di scuola veneta. 36 Sulla Madonna del Buon Consiglio: G..MALIZIA, Il Santuario del Buon Consiglio a Genazzano, in A. RAVAIOLI ( a cura di ) Santuari cristiani del Lazio, Roma 1991, pp 319-329; R. ARULI, Immagini devozionali a Budrio, in Le tracce del sacro, pp.88-90 31
  • 32. MADONNA DEL CARMINE O DEL CARMELO MADONNA DEL ROSARIO 37 Nell'iconografia originale è rappresentata seduta, Culto legato ai Carmelitani, ordine mendicante, sorretta da una nuvola e circondata di rose, con il rappresentato dallo scapolare, dono della Vergine Bambino in braccio alla propria sinistra e un rosario all'ordine stesso, in una apparizione nel 1251. nella mano destra. Spesso è accompagnata da san Iconograficamente è rappresentata in piedi col Domenico e santa Caterina da Siena., una delle piu' Bambino in braccio, entrambi incoronati e con lo importanti patrone dell'Ordine Domenicano, a cui il scapolare in mano. culto del rosario è intimamente legato. La caratterizzazione data dall'oggetto ( lo scapolare, il rosario) fa sì che qualsiasi effige della Madonna possa definirsi Madonna del Carmine o del Rosario . Nelle 37 Sulla Madonna del Rosario: E.MORIGI , B.VENTURI, Edicole devozionali.., cit, p. 37 e pag.47. 32
  • 33. targhe che si rinvengono nelle edicole è sufficiente regge un libro, con l'altra sostiene il Bambino che, in l'aggiunta pittorica di uno di questi oggetti per piedi, si protende in un abbraccio. Il modello , in suggerire la dedicazione. diversi tipi iconografici, ha avuto larga diffusione nel Seicento: analoga ad esempio è l'iconografia della Madonna del Rio. Le varianti sono molte e dal XVIII secolo spesso entrambe le figure sono BEATA VERGINE DELL’ARGININO 38 incoronate. Per lo “slancio gotico” del Bambino, si vorrebbe vedervi una derivazione quattrocentesca 39, ma non si hanno notizie sicure sul prototipo. L'iconografia ha forti analogie con una Madonna col Bambino in alabastro di Diego de Siloe, cinquecentesca, conservata al Victoria Albert Museum di Londra. L’immagine originaria del Santuario dell'Arginino è stata arricchita da due corone d’oro, donate come ex- voto dalla comunità voltanese, con possibile maggior contributo di una famiglia, per la protezione durante la seconda guerra mondiale; di tale 'promessa' alla Vergine vi è traccia in un diario dell'allora parroco Don Proni conservato nella parrocchia di Voltana. Il Santuario dell’Arginino fu costruito in sei anni su un Questa immagine è venerata nel Santuario terreno di proprietà dei conti Emaldi, col contributo del dell’Arginino nei pressi di Voltana, dedicato alla conte capitano Marco e col concorso dei fedeli, e Madonna della Consolazione. La Vergine è aperta il 2 novembre 1727. Il santuario è consacrato rappresentata a mezza figura; con la mano sinistra alla Madonna della Consolazione, come attesta una tavola lignea commemorativa ancora conservatavi, e 38 Sulla Beata Vergine dell’Arginino: deve il suo nome al podere “Arginino” su cui sorse la www.ceramichedevozionali.com a cura di MARIA CECCHETTI; chiesa, dal latino agger, argine, con evidente ANTONIO SAVIOLI, L'immagine della Madonna dell'Arginino di Voltana, in 250° Anniversario della Chiesa dell'Arginino 1727 - riferimento alle antiche bonifiche del territorio. Tutta la 1977, n. unico; IVO TAMPIERI, Stradario forse di Lugo, Tipolitografia zona sud del territorio lughese infatti origina da Cortesi di W.Berti, Lugo 2000, cit.pp.126-127 39 M. CECCHETTI, Targhe devozionali.., cit., p.60 33
  • 34. depositi alluvionali dei fiumi Senio e Santerno BEATA VERGINE DI SAN LUCA DI nell'antica palude selvosa, costellata da alture su cui BOLOGNA40 sorsero le prime pievi, navigabile con barche a fondo piatto; le bonifiche e le deviazioni dei corsi dei fiumi (in particolare del Santerno, deviato più volte, l'ultima nel 1783) nell'arco di quattro secoli hanno dato al territorio l'assetto attuale. Il mancato sviluppo del territorio circostante fece sì che il Santuario restasse isolato nella campagna. Nel dopoguerra per iniziativa del parroco Don Pier Ugo Poggi il Santuario fu restaurato, con inaugurazione nel 1957, e fu adempiuta la 'promessa' con la collocazione delle due corone auree. La B.V. dell'Arginino viene celebrata con una festa di alcuni giorni che si conclude il 15 di agosto, giorno dell'Assunzione. L’immagine della Madonna di San Luca di Bologna è un dipinto in tela su legno, raffigurante una Vergine con il Bambino in braccio, 40 Sulla Beata Vergine di San Luca: M. FANTI, La madonna di san luca nella leggenda e nella tradizione bolognese, Il Carrobbio, 1977; M. CECCHETTI, Targhe devozionali…,cit.,p.219; M. BACCI, Il pennello dell’evangelista: storia delle immagini sacre attribuite a San Luca, Pisa 1998; G.L. MASETTI- ZANNINI, La Madonna di San Luca; un santuario e una comunità, in Santuari locali e religiosità popolare nelle diocesi di “Ravennatensia”, cit. pp. 205-217. 34
  • 35. appartenente al tipo della Odighitria (colei che scritto da Graziolo Accarisi 42in cui si riportano indica la via), in cui la Vergine con la mano destra tradizioni orali sul culto, già da tempo radicato. La indica nel Bambino la via da seguire ai propri divina immagine, dipinta da San Luca, sarebbe fedeli. La tipologia è detta di “San Luca” ed stata conservata precedentemente in Santa Sofia identificata come tale a Bologna dalla metà del a Costantinopoli e portava con se’ un’epigrafe XVI secolo, in quanto, secondo, una tradizione che ne richiedeva la collocazione in una chiesa cristiana risalente al VI secolo, l’evangelista dedicata all’evangelista sul Monte della Guardia. Luca, patrono dei pittori, ne realizzò di sua mano Un pellegrino chiese ed ottenne permesso di una in questa posa. Alcune radiografie hanno prendere l’immagine e cercare il Monte; giunto a recentemente scoperto che l’immagine Roma incontrò il nobile bolognese Pascipovero conservata nell’omonimo santuario Bolognese dei Pascipoveri che lo indirizzò al Colle della non è in realtà la prima, ma si sovrappone ad un Guardia nei pressi di Bologna, dove l’immagine fu modello bizantino appartenente allo stile accolta. Il Santuario a lei dedicato fu fondato nel metropolitano (fine IX-X secolo). La redazione XII secolo da una giovane devota di nome attuale si collocherebbe invece tra XII e XIII Angelica che si era ritirata a vita eremitica sul secolo , e sembra ascrivibile a mano occidentale, colle e vi aveva fatto edificare una piccola chiesa. forse italiana, probabilmente influenzata dalle La comunità del colle si trasformò in monastica, Madonne bizantineggianti dette “Madonne dei mentre il culto rimase limitato sino al 1433, Crociati”. Non si conosce l’anno in cui fu portata a quando , nel timore di una carestia, il Bologna, forse in occasione dei pellegrinaggi o giureconsulto citato Graziolo Accarisi propose al delle crociate a cui certamente i bolognesi Consiglio degli Anziani di recare in processione parteciparono; tuttavia quella che era solo una solenne l’immagine, imitando quanto fatto dai tradizione, l’origine orientale della Madonna, fiorentini con una loro “Madonna di San Luca”. Il 4 sembrerebbe ora confermata dalle scoperte luglio i confratelli di Santa Maria della Morte si scientifiche. 41 Il documento più antico di cui siamo in possesso risale soltanto al 1459 ed è un codice 42 G. ACCARISI, Historicus contextus trium Bononiensis Civitatis gloriarum hoc est templi D.Marie Virginis de Monte divinitus constructi, Imaginis eiusdem Deiparae quam D.pinxit Lucas miraculose acquisitae, Vexillique Aureae flammae dono regio 41 B. VENTURI, Edicole e Immagini...cit.,pp. 48-49 recepti, Bologna, 1665. 35
  • 36. recarono al santuario per portare l’effigie in città, MADONNA PATRONA DI FUSIGNANO 43 e la successiva processione coincise con il termine delle piogge torrenziali. Da allora il culto si diffuse, rinnovato ogni anno da una sentitissima processione e da altre discese in città in caso di particolari pericoli, e suggellato dall’incoronazione del 1603 per opera dell’arcivescovo cittadino Alfonso Paleotti. L’immagine oggigiorno diffusa nelle targhe devozionali ha caratteri decisamente più occidentali rispetto all’originaria, ma l’impostazione iconografica rimane la stessa. Vista la diffusione di questo modello nel Seicento è assai probabile che l’iconografia sia stata mediata nei secoli da alcune stampe. Fino al 1570 patrono di Fusignano era S.Giovanni Battista, ma dalle cronache apprendiamo che in tali anni la città di si era ingrandita e perciò fu ampliata anche la chiesa arcipretale, ampliamento che si accompagno ad un incoraggiamento verso il culto della Vergine Maria Immacolata, scevra dal peccato originale come da istruzioni del Concilio di Trento. Gli abitanti di Fusignano, attraverso il Consiglio generale cittadino, decretarono la Vergine protettrice della 43 Catalogo del Museo Civico San Rocco di Fusignano, Arti Grafiche Stibu, 2007 36