L’attentato di Parigi riportare alla memoria quelli di Madrid e di New York ma a differenza di allora è inserito in un più complesso scenario di medio termine. Dal punto di vista economico la Francia e l’eurozona non sono in una fase di ripresa economica post recessione, come nel 2004/05, bensì in un contesto di rallentamento globale a cui potrebbe seguire un’analoga campagna di “guerra al terrore” ed i cui effetti potrebbero non essere così positivi per i mercati come nel post 11 settembre 2001.
Metodologia di comunicazione strategica da applicare in caso di rilevante dan...Ilaria Danesi
Lo studio mira a fornire alle Forze Armate italiane metodologie e strumenti utili a prevenire, affrontare e superare gli eventi critici in grado di provocare un danno d'immagine. La ricerca parte da un'analisi della disciplina nel nativo ramo della comunicazione aziendale, per estrapolare linee guida efficaci anche per la comunicazione istituzionale in generale e in particolare per il delicato settore della Difesa. Si offre quindi una panoramica delle dell'immagine delle Forze Armate italiane e del relativo gradimento negli anni da parte della cittadinanza, al fine di strutturare una comunicazione il più possibile puntuale ed efficace nel panorama nazionale. In ultimo si elencano alcuni suggerimenti generali per il miglioramento dell'immagine delle Forze Armate italiane. Una particolare attenzione è stata dedicata alla comunicazione online, alle sfide e alle opportunità che essa offre nel settore del crisis communication management per le istituzioni.
Analisi della situazione afghana e regionale all'indomani del voto che ha sancito le prime libere elezioni nel Paese dopo il conflitto e alla vigilia del ritiro delle truppe ISAF.
L’attentato di Parigi riportare alla memoria quelli di Madrid e di New York ma a differenza di allora è inserito in un più complesso scenario di medio termine. Dal punto di vista economico la Francia e l’eurozona non sono in una fase di ripresa economica post recessione, come nel 2004/05, bensì in un contesto di rallentamento globale a cui potrebbe seguire un’analoga campagna di “guerra al terrore” ed i cui effetti potrebbero non essere così positivi per i mercati come nel post 11 settembre 2001.
Metodologia di comunicazione strategica da applicare in caso di rilevante dan...Ilaria Danesi
Lo studio mira a fornire alle Forze Armate italiane metodologie e strumenti utili a prevenire, affrontare e superare gli eventi critici in grado di provocare un danno d'immagine. La ricerca parte da un'analisi della disciplina nel nativo ramo della comunicazione aziendale, per estrapolare linee guida efficaci anche per la comunicazione istituzionale in generale e in particolare per il delicato settore della Difesa. Si offre quindi una panoramica delle dell'immagine delle Forze Armate italiane e del relativo gradimento negli anni da parte della cittadinanza, al fine di strutturare una comunicazione il più possibile puntuale ed efficace nel panorama nazionale. In ultimo si elencano alcuni suggerimenti generali per il miglioramento dell'immagine delle Forze Armate italiane. Una particolare attenzione è stata dedicata alla comunicazione online, alle sfide e alle opportunità che essa offre nel settore del crisis communication management per le istituzioni.
Analisi della situazione afghana e regionale all'indomani del voto che ha sancito le prime libere elezioni nel Paese dopo il conflitto e alla vigilia del ritiro delle truppe ISAF.
Italia, Unione Europea e NATO per la sicurezza in Europa e nel MediterraneoIlaria Danesi
Analisi del rapporto tra Unione Europea e Nato e del rispettivo ruolo nelle prospettive di sicurezza future per Europa e Nato alla luce delle emergenze in atto (crisi libica, crisi ucraina, crisi siriana, emergenza clandestini, crisi economica, ISIS)
La questione Uigura. Lo Xinjiang cinese tra lotta al terrorismo e repressioneIlaria Danesi
Tesi di Master sulla politica del governo cinese nei confronti del popolo Uiguro alla luce dell'evoluzione del terrorismo regionale ed internazionale e dei progetti energetici che guardano all'Asia Centrale.
Rifugio europa. l’Unione Europea di fronte alla sfida dei flussi migratori, t...Ilaria Danesi
Tesina di fine corso seminari AESI 2016 sul tema Unione Europea.
Panoramica della crisi migratoria e delle annesse problematiche in ottica UE e italiana. Analisi dei dati, riassunto delle politiche comunitarie e ipotesi sui futuri scenari.
Il pensiero politico islamico: i Fratelli Musulmani nel Mondo AraboIlaria Danesi
tesi sul pensiero politico islamico con particolare riferimento alla filosofia politica dei fratelli musulmani egiziani. Ricostruzione della storia del movimento e delle sue radici culturali nel modernismo arabo; analisi delle peculiarità regionali dei movimenti affini nel mondo arabo; appendice sulle "primavere arabe" e sulla controrivoluzione egiziana.
Metodologia di comunicazione strategica da applicare in caso di rilevante dan...Ilaria Danesi
Metodologia di comunicazione strategica da applicare in caso di rilevante danno d'immagine. Proposta di strategie e tecniche di comunicazione per le Forze Armate italiane, da applicare per prevenire, gestire e superare un evento critico in grado di danneggiarne la reputazione. Casi studio riguardanti la comunicazione e marketing aziendale, note sulla normativa italiana e analisi del contesto istituzionale e sociale italiano. Si è cercato di offrire una panoramica volta al suggerire una comunicazione efficace in tutte le sue fasi all'interno dello specifico contesto per migliorare l'immagine delle Forze Armate.
Each month, join us as we highlight and discuss hot topics ranging from the future of higher education to wearable technology, best productivity hacks and secrets to hiring top talent. Upload your SlideShares, and share your expertise with the world!
Not sure what to share on SlideShare?
SlideShares that inform, inspire and educate attract the most views. Beyond that, ideas for what you can upload are limitless. We’ve selected a few popular examples to get your creative juices flowing.
SlideShare is a global platform for sharing presentations, infographics, videos and documents. It has over 18 million pieces of professional content uploaded by experts like Eric Schmidt and Guy Kawasaki. The document provides tips for setting up an account on SlideShare, uploading content, optimizing it for searchability, and sharing it on social media to build an audience and reputation as a subject matter expert.
Europa, Ucraina, Russia… genesi, scenario, e proiezioni futureGiulioTerzi
Una nuova cena rotariana è l'occasione per l'Ambasciatore Giulio Terzi, di approfondire riflessioni sullo scenario euroasiatico, dei rapporti tra Unione Europea e federazione Russa e non solo...
Italia, Unione Europea e NATO per la sicurezza in Europa e nel MediterraneoIlaria Danesi
Analisi del rapporto tra Unione Europea e Nato e del rispettivo ruolo nelle prospettive di sicurezza future per Europa e Nato alla luce delle emergenze in atto (crisi libica, crisi ucraina, crisi siriana, emergenza clandestini, crisi economica, ISIS)
La questione Uigura. Lo Xinjiang cinese tra lotta al terrorismo e repressioneIlaria Danesi
Tesi di Master sulla politica del governo cinese nei confronti del popolo Uiguro alla luce dell'evoluzione del terrorismo regionale ed internazionale e dei progetti energetici che guardano all'Asia Centrale.
Rifugio europa. l’Unione Europea di fronte alla sfida dei flussi migratori, t...Ilaria Danesi
Tesina di fine corso seminari AESI 2016 sul tema Unione Europea.
Panoramica della crisi migratoria e delle annesse problematiche in ottica UE e italiana. Analisi dei dati, riassunto delle politiche comunitarie e ipotesi sui futuri scenari.
Il pensiero politico islamico: i Fratelli Musulmani nel Mondo AraboIlaria Danesi
tesi sul pensiero politico islamico con particolare riferimento alla filosofia politica dei fratelli musulmani egiziani. Ricostruzione della storia del movimento e delle sue radici culturali nel modernismo arabo; analisi delle peculiarità regionali dei movimenti affini nel mondo arabo; appendice sulle "primavere arabe" e sulla controrivoluzione egiziana.
Metodologia di comunicazione strategica da applicare in caso di rilevante dan...Ilaria Danesi
Metodologia di comunicazione strategica da applicare in caso di rilevante danno d'immagine. Proposta di strategie e tecniche di comunicazione per le Forze Armate italiane, da applicare per prevenire, gestire e superare un evento critico in grado di danneggiarne la reputazione. Casi studio riguardanti la comunicazione e marketing aziendale, note sulla normativa italiana e analisi del contesto istituzionale e sociale italiano. Si è cercato di offrire una panoramica volta al suggerire una comunicazione efficace in tutte le sue fasi all'interno dello specifico contesto per migliorare l'immagine delle Forze Armate.
Each month, join us as we highlight and discuss hot topics ranging from the future of higher education to wearable technology, best productivity hacks and secrets to hiring top talent. Upload your SlideShares, and share your expertise with the world!
Not sure what to share on SlideShare?
SlideShares that inform, inspire and educate attract the most views. Beyond that, ideas for what you can upload are limitless. We’ve selected a few popular examples to get your creative juices flowing.
SlideShare is a global platform for sharing presentations, infographics, videos and documents. It has over 18 million pieces of professional content uploaded by experts like Eric Schmidt and Guy Kawasaki. The document provides tips for setting up an account on SlideShare, uploading content, optimizing it for searchability, and sharing it on social media to build an audience and reputation as a subject matter expert.
Europa, Ucraina, Russia… genesi, scenario, e proiezioni futureGiulioTerzi
Una nuova cena rotariana è l'occasione per l'Ambasciatore Giulio Terzi, di approfondire riflessioni sullo scenario euroasiatico, dei rapporti tra Unione Europea e federazione Russa e non solo...
ebook - Maurizio Parisi - La Tragedia dell'Occidente
Aprile 2014- Se l'Occidente si tira indietro
1. 1
A pochi giorni dalle libere elezioni che dovrebbero decretare il futuro democratico dell’Afghanistan,
le agenzie riportano le fredde cifre dei caduti negli scontri a fuoco tra Taliban e forze di sicurezza
che hanno accompagnato le operazioni di voto. La stridente dicotomia tra libera espressione
politica ed insicurezza è lo specchio di un Paese che affronta la più difficile delle transizioni, alla
vigilia della dipartita statunitense dopo tredici anni di occupazione militare: brutale manifesto
dell’inefficacia delle politiche messe in atto da Washington per esportare la democrazia e debellare
la piaga del terrorismo e al tempo stesso della necessità di una presenza forte, a mantenere quel
precario equilibrio faticosamente costruito e ancora non consolidato.
Kabul è in buona compagnia se è vero che le bandiere di al-Qaeda tornano a sventolare sulle
moschee di Falluja e Ramadi e in Libano gli attentati sembrano ripresi a ritmo serrato: giorno dopo
giorno il complesso conflitto siriano si allarga ai due Paesi vicini, in quella che è ormai diventata
una guerra di religione tra le due correnti dell’Islam, e di conseguenza tra le due principali potenze
musulmane regionali, Iran e Arabia Saudita, con Teheran decisa a mantenere i preziosi alleati di
Hezbollah e del regime siriano e Riyad impegnata ad arginare la rinnovata influenza dell’avversario
sciita, alla luce delle importanti trattative sul nucleare avanzate con gli Stati Uniti.
Washington sembra essere ben consapevole della situazione se anche il New York Times parla
apertamente di “quindici anni di vuoto di potere”1, che si leggono come quindici anni di politica
statunitense fallimentare. Il cuore nevralgico di al-Qaeda è stato tutt’altro che sconfitto con la morte
di Bin Laden, come enfaticamente annunciato da Obama nel suo discorso all’Università per la difesa
nazionale la scorsa estate, lasciando il posto a quello che nelle più realistiche analisi di Bruce Reidel,
ex consigliere anti terrorismo di Obama e direttore dell’”Intelligence Project” del Brookings
Istitution di Washington, è una “al-Qaeda 3.0”2 : un arcipelago jihadista-qaedista che ha cambiato
pelle, e che controlla complessivamente un territorio più ampio rispetto all’inizio della guerra al
terrore. Rimpolpate nelle proprie fila dai delusi delle rivoluzioni e foraggiate dalle potenze
regionali, le singole cellule di questa galassia islamista sono accorse da ogni latitudine per
combattere la propria jihad, dando vita ad una nebulosa caotica di scontri che va dal “nemico
lontano” al “nemico vicino”, financo alla guerra “fratricida” all’interno delle varie anime del
sunnismo e alla più pragmatica lotta per il potere tra guerriglieri stessi (l’ultima spaccatura si è
consumata tra vertici di al-Qaeda e fuoriuscito Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, il più radicale
tra i movimenti jihadisti operanti in Iraq e Siria, già osteggiato dal qaedista Jabhat al-Nusra ).
Obama rifiuta le etichette di disimpegno, ma è evidente che la maggiore potenza mondiale si sia
ripiegata in quello che è d’altronde un atteggiamento ciclicamente presente nella storia americana,
in cui a fasi di espansione egemonica seguono fasi di isolazionismo più o meno marcato. Le
motivazioni sono variegate e plausibili: dalla crisi economica, che giocoforza costringe Obama a
concentrarsi sugli affari interni e fare qualche calcolo; alla traumatica esperienza delle guerre in
Afghanistan ed Iran; dall’opinione pubblica, sempre più incline ad abbandonare gli interventi non
indispensabili al proprio tornaconto nelle zone calde del mondo; alla rivoluzione dello shale-gas,
che potrebbe in futuro esonerare Washington dalla “dipendenza energetica”; fino, ovviamente, al
1 http://www.nytimes.com/2014/01/05/world/middleeast/power-vacuum-in-middle-east-lifts-militants.html?_r=0
2 http://www.brookings.edu/research/opinions/2013/08/06-new-terror-generation-al-qaeda-version-3-riedel
SE L’OCCIDENTE SI TIRA INDIETRO.
Di fronte ad un Medioriente sempre più diviso ed esposto alla deriva jihadista la
maggior parte dei grandi attori internazionali sembra de-responsabilizzarsi. Tra
isolazionismo americano ed irrilevanza europea, gli errori e le scelte dell’Occidente
contribuiscono ad un grande vuoto di potere. Colmato dal caos.
2. 2
calcolo strategico più puro figlio dei nuovi equilibri globali, con la Cina che diventa il vero grande
avversario cui guardare, con buona pace degli alleati europei o mediorientali.
Sono molti gli alleati usa scontenti: Israele, che già mal sopporta i continui inviti della Casa Bianca al
dialogo coi palestinesi e che si era risentita per l’atteggiamento statunitense nei confronti dei
Fratelli Musulmani egiziani, è ora fisiologicamente spaventata dalle trattative sul nucleare con
l’arcinemico iraniano; i rapporti col Pakistan che arma i Taliban sono tesi; l’Arabia Saudita teme il
ritorno iraniano come e più di Tel Aviv e avrebbe auspicato un intervento statunitense contro
Assad. Come se non bastasse, lo scandalo delle intercettazioni ha adirato le cancellerie europee,
Germania in testa. Come sottolineato recentemente dal ministro degli esteri francese Laurent
Fabius, non sono altro che le conseguenze del mondo “zeropolare”, in cui nessuna potenza “è in
grado di imporre le sue soluzioni”3. Durante la Guerra Fredda Washington cercava di accontentare
gli alleati, che a loro volta si sforzavano di accettare determinate incongruenze, ora l’imperativo è
mantenere il passo cinese ed evitare la crisi economica, relegando in secondo piano qualsiasi
intervento non strettamente inerente agli interessi a stelle e strisce. I tagli alla difesa (46 miliardi di
dollari per il solo 2013 e 492 miliardi previsti per il prossimo decennio4) sono sintomatici del
cambio di rotta dell’amministrazione Obama, la cui politica estera è più pragmatica e prudente e
certamente meno ideologica rispetto al predecessore. Uno sguardo analitico alle vicende
mediorientali ha prodotto soluzioni opposte nelle diverse crisi, dall’immobilismo siriano, al leading
from behind in Libia, alla delega agli amici del Golfo nella gestione delle proteste sciite in Bahrein.
Oggi il Medioriente scopre che l’assenza di Washington è problematica quanto la sua onnipresenza,
senza per questo voler nascondere le ovvie responsabilità della regione stessa per la sua atavica
instabilità. E’ una regione altamente eterogenea, dove convivono sciiti, sunniti, curdi, cristiani, drusi
e tribù d’ogni sorta che per secoli sono state tenute insieme dal pugno di ferro della potenza
coloniale di riferimento, da re o dittatori, che hanno soffocato ogni pluralismo in nome di unità
nazionali posticce, decadute sotto la spinta di nuove generazioni che non hanno tuttavia trovato
soddisfazione alle proprie rivendicazioni in un’esperienza politica sufficientemente matura. Il vuoto
di potere autoritario non è stato ancora riempito da un potere autorevole perché è anche vuoto di
valori, valori che certamente non possono essere esportati, ma non possono nemmeno svilupparsi
ed attecchire con la stessa rapidità di una protesta di piazza propagata dai moderni mezzi
d’informazione.
Al mondo arabo servono tempo e volontà per un pieno pluralismo, ma la negligenza occidentale nel
momento in cui il controllo verticale è crollato ha acuito l’instabilità, lasciando campo allo scontro
tra vecchi poteri forti e altrettanto pericolosi radicalismi, a discapito della società civile moderata.
La Siria è ovviamente l’esempio più emblematico della cecità occidentale. Con l’eccezione della
Francia, americani ed europei si sono rifiutati di sostenere i ribelli, contribuendo alla loro sconfitta
e lasciando strada libera ai militanti jihadisti, armati dai fondi delle monarchie del Golfo. Assad ha
scientemente preso di mira democratici e laici, presentandosi come unica alternativa ad al-Qaeda,
ed è così che gradualmente si è fatta largo la solita vecchia scelta del male minore, un regime
dittatoriale, piuttosto che il caos jihadista5.
Le diatribe interne aiutano a comprendere l’atteggiamento ondivago americano rispetto
all’intervento armato contro Damasco. Da un lato il Dipartimento di Stato e la Cia già dal 2011
premevano per un intervento diretto, dall’altro la politica attendista che soppesa ogni mossa di
Obama suggeriva un più minimalista appoggio logistico e di intelligence ad Arabia Saudita e Qatar,
che già da mesi rifornivano gli insorti. Pur non essendo quello siriano uno scenario strategicamente
3 http://www.internazionale.it/opinioni/bernard-guetta/2013/11/14/il-mondo-zeropolare/
4 http://www.ispionline.it/it/articoli/articolo/usa-americhe-sicurezza-mediterraneo-medio-oriente/la-diplomazia-
usa-medio-oriente-2009-2013-background
5 http://www.internazionale.it/opinioni/bernard-guetta/2013/12/17/la-siria-sullorlo-dellabisso/
3. 3
importante, la caduta di Assad avrebbe potuto rappresentare un punto a favore USA nell’ottica dei
negoziati per il nucleare con l’Iran.6 L’inattesa esposizione del Presidente su una red-line legata
all’uso delle armi chimiche e il grande bluff dell’attacco col sarin a Gūta del 21 agosto 2013, con
tutta probabilità organizzato dagli stessi ribelli con l’appoggio di Ankara7, sembravano sul punto di
trascinare gli USA nel conflitto che tanto Obama desiderava evitare quanto il Segretario di Stato
Kerry considerava cruciale, proprio mentre Assad tornava a guadagnare posizioni. Ma il voto del
Congresso e soprattutto la mossa diplomatica di Putin hanno lanciato un salvagente al Presidente,
con la proposta di un disarmo chimico di Damasco che metteva d’accordo tutti, togliendo
dall’imbarazzante impasse la cerchia obamiana.
Il supporto occidentale all’opposizione siriana è stato insomma quasi immediato, ma anche
ambiguo, e d’altronde con il paese leader della Nato intenzionato a non intervenire si lasciava
giocoforza alle singole nazioni europee le eventuali iniziative umanitarie, purché queste non
trascinassero gli Usa in un intervento diretto. Solo Gran Bretagna e Francia potevano avere qualche
interesse nello scenario siriano ed hanno organizzato azioni coperte a favore dei ribelli tramite Iraq
e Turchia, fornendo equipaggiamenti “non letali”, mezzi di comunicazione e rifornimenti. Non è
detto che un eventuale intervento avrebbe facilitato la ricomposizione del conflitto, forse avrebbe
persino ridotto le possibilità di una soluzione pacifica, ma Occidente da un lato, Russia dall’altro,
anziché spingere verso la sospensione delle ostilità hanno alimentato, attraverso la fornitura di
armi ai fondamentalisti e il sostegno al regime di Damasco, la convinzione di ambo le parti di poter
prevalere militarmente nel conflitto.
Le iniziative diplomatiche, tardive e tutt’oggi tutt’altro che risolutive, mostrano la lenta e
progressiva erosione del soft-power di Europa e Stati Uniti, che appaiono capaci di esercitare un
ruolo soltanto ricorrendo allo strumento bellico, da cui per altro non sanno trarre vittorie politiche.
L’Europa in particolare fa sentire la sua mancanza, forse con l’eccezione di Parigi, che ha svolto
ruolo attivo nella legittimazione dei ribelli e nella loro inclusione al tavolo della pace. Durante il
secondo atto ginevrino, alla querelle dei rispettivi interessi s’è aggiunta la variabile iraniana, con
l’invito rivolto da Ban Ki-Moon a Teheran a sedersi al tavolo, nella speranza di concordare una
transizione senza Assad. Invito ritirato e declinato al tempo stesso, non senza qualche imbarazzo
per l’ONU.8
Il protrarsi dei negoziati senza risultati tangibili ha favorito le forze lealiste, Assad sta vincendo la
guerra per logoramento e la sensazione è che Europa e Stati Uniti sperino nella pressioni di Mosca
sull’alleato siriano, mentre non è ancora stata fissata una data per il prossimo incontro
multilaterale.
L’Europa? Non è stata è in grado di mostrarsi unita nelle faccende di casa propria, e manca
probabilmente di una visione d’insieme dello scenario mediorientale. Nonostante l’esistenza di un
servizio d’azione esterna e di un Alto Rappresentante comune la voce europea non arriva univoca, o
comunque non ha sufficiente peso, né sembra esserci volontà politica in questa direzione.
In generale l’Occidente sembra avere un doppio deficit, diplomatico ma forse anche cognitivo.
Europa e Stati Uniti sono passati dalla legittimazione dei vecchi regimi allo sdoganamento
dell’islam politico sulla scia dell’entusiasmo per le rivoluzioni, fino ad una altrettanto rapida
accettazione acritica o comunque rassegnata della “restaurazione” a seguito del fallimento della
Fratellanza Musulmana in Egitto e dell’infiltrazione jihadista in Siria. Quanto all’approccio agli
affari internazionali, la morale sembra essere: se ogni cambiamento dello status quo può portare ad
un peggioramento, meglio aspettare. In un mondo multipolare ed in tumulto forse non ce lo
possiamo permettere.
6 Cfr. DARIO FABBRI, Ilpotere discreto degli Obamians, in “Limes”, 9/10/13, pp. 91-98.
7 http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Siria-furono-i-ribelli-ad-usare-il-gas-per-convincere-gli-Usa-ad-
attaccare-2518df17-898d-4f14-96f3-d7e01057c74c.html?refresh_ce
8 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-01-21/siria-iran-non-partecipera-conferenza-pace-ginevra-ii-ban-ki-
moon-ha-ritirato-invito-090001.shtml?uuid=AB4ye7q