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La Cappella Sistina
          come spazio museale…
1. Sistema museale nel quale è inserito

      I Musei Vaticani costituiscono un complesso di eccezionale importanza sia per la ricchezza e il valore delle
      opere che vi sono riunite, sia per la bellezza degli ambienti che le ospitano. Fu Giulio II, nel 1506, a dare
      inizio alla collezione, arricchita poi nel corso del tempo da molti altri papi.

      I Musei sono divisi in varie sezioni che comprendono tesori artistici di ogni epoca: l’antico Egitto, la civiltà
      etrusca, la Grecia, la Roma classica. La Pinacoteca Vaticana e la Collezione d’arte religiosa moderna
      presentano opere dei grandi maestri del passato (come Giotto, Beato Angelico, Leonardo, Tiziano) ma anche
      del presente (come Carrà, Guttuso, Morandi, De Chirico). Altre sale ospitano arazzi, carte geografiche,
                                                                candelabri, persino le carrozze usate da papi e
                                                                cardinali. I due autentici "gioielli" dei Musei sono
                                                                però la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello.

                                                        2. La storia della Cappella e la sua struttura
                                                           architettonica

                                                                 La Cappella Sistina deve il nome al suo
                                                                 committente, il papa Sisto IV della Rovere
                                                                 (1471-1484), che volle edificare un nuovo grande
                                                                 ambiente sul luogo dove già sorgeva la "Cappella
                                                                 Magna", aula fortificata di età medioevale,
                                                                 destinata ad accogliere le riunioni della corte
                                                                 papale. Quest’ultima al tempo contava circa 200
                                                                 membri ed era composta di un collegio di 20
                                                                 cardinali, di rappresentanti degli ordini religiosi e
                                                                 delle grandi famiglie, del complesso dei cantori, di
                                                                 un gran numero di laici e di servi. La costruzione
                                                                 Sistina doveva rispondere inoltre ad esigenze
                                                                 difensive nei confronti di due pericoli incombenti:
                                                                 la Signoria di Firenze, retta dalla famiglia dei
                                                                 Medici, con i quali il papa era in continua tensione,
                                                                 e i turchi di Maometto II, che proprio in quegli
                                                                 anni minacciavano le coste orientali dell’Italia.

                                                                  La sua realizzazione ebbe inizio nel 1475, anno del
      Giubileo indetto da Sisto IV, e si concluse nel 1483 quando, il 15 agosto, la Cappella, dedicata alla Vergine
      Assunta, venne inaugurata con solennità dal papa. L’edificio della Sistina fu costruito da Giovannino de
      Dolci, secondo progetto del Vasari. Questo comprende un sotterraneo, un ammezzato e la cappella sopra la
      quale uno spazio soffittone con all’esterno il ballatoio per gli uomini di guardia. La Sistina ha un impianto
      semplicissimo. L’aula rettangolare non absidata misura 40.23m in lunghezza e 13.41m in larghezza , ed è
      alta 20.70m. La copertura è costituita da una volta a botte ribassata con voltine laterali di scarico in
      corrispondenza delle dodici finestre che danno luce all’ambiente. L’ingresso principale della Cappella, che si
      trova sul lato opposto della piccola entrata che costituisce oggi l’accesso usuale, è preceduto dalla grandiosa
      Sala Regia, destinata alle udienze. Finestre centinate (arcuate superiormente) ne assicurano l’illuminazione e
      una copertura con volta a botte si raccorda alle pareti laterali con lunette e vele triangolari. La cantoria sul
      lato destro ospitava un tempo i componenti del coro, mentre il sedile in pietra posto su tre lati del salone, con
      esclusione di quello dell’altare, era destinato alla corte papale. La balaustra quattrocentesca sormontata da
      candelabri divide l’ambiente riservato al clero da quello destinato al pubblico: fu arretrata alla fine del
Cinquecento per rendere il primo spazio più
      ampio. La pavimentazione a mosaico,
      rimasta ancor oggi intatta, risale al 1400 e fu
      realizzata su modelli medioevali.




3. Le decorazione della seconda metà del
   Quattrocento



        •    Artisti, programma iconografico e
             significati iconologici

      Ultimata nel 1481 la struttura architettonica,
      il papa Sisto IV chiamò a lavorare nella
      Cappella famosi pittori fiorentini, come
      Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli e
      Signorelli, nonché umbri, quali Perugino e
      Pinturicchio.

      Essi decorarono le pareti laterali, divise in
      tre fasce orizzontali e scandite verticalmente
      da eleganti lesene. Nella parte inferiore
      furono realizzati ad affresco finti drappi
      damascati con le insegne del pontefice;
      sopra di essi venivano appesi arazzi (alcuni,
      eseguiti da Raffaello e suoi aiuti nel secondo
      decennio del Cinquecento, si trovano oggi
      nella sala a lui dedicata della Pinacoteca
      Vaticana); nella fascia mediana, la più
      importante, furono dipinte scene di Storie
      bibliche con episodi della vita di Mosè e di
      Cristo, parallelismo in cui entrambi sono
      concepiti quali liberatori dell’umanità; in quella superiore, all’altezza delle finestre, furono fatti realizzare da
      Sisto IV, i ritratti dei primi pontefici, inseriti entro nicchie monocrome, per dimostrare la continuità del suo
      mandato con i suoi predecessori.Il soffitto della Cappella, come mostra un famoso disegno del Cinquecento
      oggi agli Uffizi, era stato infine decorato fino alle lunette con stelle dorate su fondo azzurro ad opera del
      pittore Pier Matteo d’Amelia.

        •    Lettura d’opera: “La consegna delle chiavi” del Perugino

      Tra gli affreschi del Perugino nella Cappella, quello del “Cristo che consegna le chiavi a San Pietro” è
      stilisticamente più importante. La scena fa riferimento al vangelo di Matteo, nel quale le “chiavi del regno
      del cielo” sono consegnate a San Pietro. Queste chiavi rappresentano il potere di perdonare e di diffondere la
      parola di Dio cosicché verrà data loro la possibilità di far accedere gli altri nel paradiso. Le figure principali
      sono organizzate come in un fregio in file strette, vicino alla superficie della pittura e ben al di sotto
      dell’orizzonte. Il gruppo principale, che mostra Cristo nell’atto di consegnare le chiavi a San Pietro
      inginocchiato, è circondato dagli altri apostoli, incluso Giuda (quinta figura a sinistra di Cristo), tutte con le
      aureole, insieme a ritratti di contemporanei , tra cui uno forse autoritratto dell’autore stesso. Lo spazio è
      diviso da pietre colorate, ma nonostante questo non serve alla definizione spaziale del piano. Il Tempio di
      Salomone domina lo spazio alle spalle dei personaggi, facendo da sfondo ad altri due episodi della vita di
      Cristo, . Il Perugino dedica molta attenzione nella realizzazione dei personaggi, con la complessità del
      drappeggio, i capelli lunghi e gli attributi degli apostoli. Osservando la posizione dei soggetti, si può
      ipotizzare che l’artista abbia usato lo stesso cartone per la parte destra e sinistra, differenziando con piccoli
      dettagli. Il tempio ottagonale di Gerusalemme e i suoi portici, che fanno da asso centrale, sono il progetto di
      un architetto, da cui il Perugino si ispirò avendo a disposizione un modellino in legno.L’artista diede un
      grande contributo nella resa del paesaggio. Il senso di mondo infinito che oltrepassa l’orizzonte è molto più
      forte che nei lavori dei suoi contemporanei: gli alberi sullo sfondo di un cielo nuvoloso e di colline
      grigiastre rappresentarono una maggior resa naturalista, che infatti fu più tardi ripresa da altri artisti.
L’affresco fu considerato di buon auspicio per ospitare la corte papale. La superstizione vuole che il
        cardinale che sia seduto nella cella sotto l’affresco abbia la maggior probabilità di essere eletto papa.




4.   L’intervento michelangiolesco



          •    1508-1512 programma iconografico della volta

      Toccò al nipote di Sisto IV, l’intraprendente Giuliano della Rovere, divenuto papa con il nome di Giulio II
      (1503-1513), far completare le decorazioni pittoriche all’interno della Cappella. Egli nell’ambito di grandioso
      rinnovamento della città, chiamò a Roma Michelangelo Buonarroti (1475-1564), artista già famoso a Firenze
      e al quale aveva in precedenza affidato altri incarichi, che accettò, non senza iniziali polemiche, di decorare "a
      fresco" la volta. L’opera venne compiuta in quattro anni di duro lavoro (dal 1508 al 1512) ed ha come tema la
      storia dell’umanità nel periodo che precede la venuta di Cristo.

      Con i suoi 800 metri quadrati di pittura "a buon fresco", è il grande capolavoro di Michelangelo. L’opera fu
      iniziata nel maggio del 1508, subendo un’interruzione di circa un anno, dal settembre del 1510 all’agosto del
      1511 per mancanza di fondi. La Cappella venne inaugurata solennemente da Giulio II il primo novembre del
      1512.

      Il programma iconografico si riconnette ai temi dipinti sulle pareti laterali, illustrando la lunga attesa
      dell’umanità per la venuta di Cristo, le profezie che preannunciarono questo evento e la genesi della Creazione
      del mondo. Tutte le figure sono inserite entro una monumentale struttura architettonica dipinta che si
      sovrappone alla volta reale. La lettura dei dipinti si può quindi articolare in tre parti.

          •    Prima parte: nelle vele triangolari e nelle lunette sopra le finestre sono collocati gli Antenati di
               Cristo. Costretti entro spazi angusti e poco profondi, uomini e donne, che rappresentano l’umanità e
               il succedersi delle generazioni, attendono, con pose e atteggiamenti diversi, il grande evento della
               Rivelazione: appaiono stanchi, affranti, spesso sofferenti per l’inattività ed esasperati per il trascorrere
               lentissimo del tempo che li separa dalla nascita di Cristo.




          •    Seconda parte: nella fascia esterna, seduti su possenti troni delimitati da putti nudi monocromi su
               plinti, si trovano le figure dei sette Profeti biblici e delle cinque Sibille pagane: hanno in comune
               l’aver preannunciato la venuta di Cristo. I vari personaggi sono accompagnati, in secondo piano, da
               angeli o putti che ne sottolineano la funzione. Ognuno è ripreso nell’atto di leggere un libro o
               srotolare una pergamena, impegnato in uno straordinario sforzo spirituale e fisico al tempo stesso.




          •    Terza parte: nei rettangoli centrali sono nove scene, quattro più grandi e cinque più piccole, tratte dal
               libro della Genesi, con tre episodi che concernono la creazione del Mondo, tre la storia di Adamo e
               tre le vicende di Noè. Michelangelo iniziò a dipingere la volta da questi ultimi episodi riservandosi,
               forse volutamente, per un secondo tempo le scene in cui appare il Creatore.
•    1536 – 1541 storia del Giudizio Universale nel tempo, istanze storiche e restauro del 1980 – 1994

La pittura della parete con il "Giudizio Universale" fu eseguita invece dallo stesso artista più tardi: dal 1536 al 1541, su
commissione del papa Paolo III Farnese (1534-1549), il quale aveva a sua volta confermato l’incarico del precedente
papa Clemente VII (1523-1534). Il tema rappresentato questa volta è il Fato ineluttabile che incombe su tutti gli uomini,
del cui destino Dio è arbitro assoluto. Seppure ispirata ai testi biblici, in particolare al libro dell’Apocalisse, prevale
nell’opera di Michelangelo la tragica visione filosofica dell’artista: al centro è Cristo che, affiancato dalla Madonna, con
un semplice movimento delle braccia decide l’ineluttabile destino ultraterreno degli uomini; per alcuni vi sarà la
salvezza (rappresentata dalle figure, a sinistra, che salgono verso il cielo), per i più vi sarà la condanna alla dannazione
(i nudi, a destra, che precipitano verso l’Inferno). Le figure si muovono come in un turbine, sullo sfondo di un cielo
azzurro privo di supporto architettonico. I defunti, in basso a sinistra, i cui scheletri riacquistano progressivamente
consistenza fino alla completa reincarnazione, sono svegliati dal lungo sonno dalle trombe degli angeli. Questi ultimi,
privi di ali, sono posizionati al centro del dipinto e mostrano due libri: uno, più piccolo, tenuto in mano dall’Arcangelo
Michele, che contiene i nomi dei beati, l’altro più grande, con l’elenco dei dannati. Lo stile di Michelangelo è qui
profondamente diverso da quello della volta ed esprime il suo mutato sentimento nei confronti della vita: Dio è il
giudice severo che nessuno può contrastare, né la Madonna né tanto meno l’uomo. Per questo i corpi sono come
appesantiti dal dolore, quasi portassero in sé le tracce dell’esperienza terrena. I colori spiccano sull’azzurro intenso
dominante, e dalla gamma dei rossi passano, con poche eccezioni, alle tonalità del bruno e del verde fino al nero, a
sottolineare la lettura tragica degli eventi. Soltanto dietro le figure di Cristo e della Madonna che ha il manto celeste, lo
sfondo è ravvivato dal giallo intenso per sottolineare la potenza del braccio levato.

A causa delle decisioni del Concilio di Trento, chiusosi nel 1563 con la raccomandazione di fare eseguire negli
ambienti sacri soltanto opere che avessero decoro e fossero conformi alle sacre scritture, gli affreschi del "Giudizio
Universale" vennero nel 1565 ritoccati da un allievo di Michelangelo, Daniele da Volterra, che applicò veli e perizomi
per coprire le nudità delle figure, venendo per questo soprannominato "il braghettone". Altri interventi furono eseguiti
per lo stesso motivo alla fine del Cinquecento e nei due secoli successivi.




Nel 1980, cominciarono dei lavori di restauro della Cappella Sistina. Michelangelo impiegò soltanto nove anni per
dipingerla. Per i restauratori ci vollero invece tredici anni per riportare alla luce i colori originali dei dipinti. In effetti
tutto era coperto con uno spesso strato di polvere, fumo e colla animale a causa di secoli di uso di candele e bracieri
Alcune parti sono state lasciate non pulite e ci fanno capire cosa ricoprisse questo capolavoro. E’ stata un’impresa
titanica che ha richiesto grande cura ed esperienza.
Per quest'opera Michelangelo aveva costruito un ponteggio di sua invenzione. Il modello del ponteggio utilizzato per il
restauro è molto simile a quello di Michelangelo. Infatti durante il suo montaggio i restauratori si sono accorti che
c'erano delle cosiddette buche pontali dove agganciarsi per sostenere la struttura; le stesse che aveva utilizzato
Michelangelo. In questo modo sotto il ponteggio era tutto libero e si poteva continuare ad officiare la messa.

    1. Fase preparatoria Lo studio del metodo più idoneo per effettuare la pulitura. Ha richiesto più di un anno di
         indagini di laboratorio e sul luogo.




    2. Pulitura                 Si cercò di non modificare il livello della pittura, il quale doveva rimanere omogeneo e
         costante su tutta la superficie. Si cercò anche di equilibrare al massimo il risultato della pulitura, eventualmente
         conservando nella misura voluta un velo di sostanze estranee. C’è stato un lavaggio preliminare con sola
         acqua demonizzata e un successivo trattamento di acqua e ammonio carbonato al 25% alternato a una fase
         con diluente nitro. A 24ore di distanza venne eseguita una seconda applicazione di ammonio carbonato, dato
         attraverso fogli di carta giapponese. Dopo 10minuti,la carta è stata rimossa per ripulire la parte interessata.
         Per il cielo si è fatto uso di un tampone con la stessa soluzione per non corrodere il colore.




    3. Istanza storica     Al termine della pulitura si è deciso di conservare le “braghe” di Daniele da Volterra. Per
         norma oggi universale, tutto ciò che costituisce un documento di natura storia e non cronachistica andrebbe
         conservato.
4. Prevenzione            Nessun protettivo è stato applicato sulla superficie dipinta per non aggiungere materie
         estranee. E’ stato però istallato un impianto per il filtraggio dell’aria e la regolazione del microclima della
         cappella.

Il risultato ha provocato stupore presso gli studiosi e gli amanti dell'arte poiché sono stati portati alla luce colori e
particolari che la patina scura aveva nascosto per secoli. Dopo questi restauri, è stato dichiarato che "ogni libro su
Michelangelo dovrebbe essere riscritto". Altri, come lo storico dell'arte James Beck dell'ArtWatch International, hanno
assunto una posizione estremamente critica sui restauri, affermando che i restauratori non hanno restituito le vere
intenzioni dell'artista. Queste argomentazioni sono al centro di continui dibattiti.

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La Cappella Sistina come spazio museale

  • 1. La Cappella Sistina come spazio museale… 1. Sistema museale nel quale è inserito I Musei Vaticani costituiscono un complesso di eccezionale importanza sia per la ricchezza e il valore delle opere che vi sono riunite, sia per la bellezza degli ambienti che le ospitano. Fu Giulio II, nel 1506, a dare inizio alla collezione, arricchita poi nel corso del tempo da molti altri papi. I Musei sono divisi in varie sezioni che comprendono tesori artistici di ogni epoca: l’antico Egitto, la civiltà etrusca, la Grecia, la Roma classica. La Pinacoteca Vaticana e la Collezione d’arte religiosa moderna presentano opere dei grandi maestri del passato (come Giotto, Beato Angelico, Leonardo, Tiziano) ma anche del presente (come Carrà, Guttuso, Morandi, De Chirico). Altre sale ospitano arazzi, carte geografiche, candelabri, persino le carrozze usate da papi e cardinali. I due autentici "gioielli" dei Musei sono però la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello. 2. La storia della Cappella e la sua struttura architettonica La Cappella Sistina deve il nome al suo committente, il papa Sisto IV della Rovere (1471-1484), che volle edificare un nuovo grande ambiente sul luogo dove già sorgeva la "Cappella Magna", aula fortificata di età medioevale, destinata ad accogliere le riunioni della corte papale. Quest’ultima al tempo contava circa 200 membri ed era composta di un collegio di 20 cardinali, di rappresentanti degli ordini religiosi e delle grandi famiglie, del complesso dei cantori, di un gran numero di laici e di servi. La costruzione Sistina doveva rispondere inoltre ad esigenze difensive nei confronti di due pericoli incombenti: la Signoria di Firenze, retta dalla famiglia dei Medici, con i quali il papa era in continua tensione, e i turchi di Maometto II, che proprio in quegli anni minacciavano le coste orientali dell’Italia. La sua realizzazione ebbe inizio nel 1475, anno del Giubileo indetto da Sisto IV, e si concluse nel 1483 quando, il 15 agosto, la Cappella, dedicata alla Vergine Assunta, venne inaugurata con solennità dal papa. L’edificio della Sistina fu costruito da Giovannino de Dolci, secondo progetto del Vasari. Questo comprende un sotterraneo, un ammezzato e la cappella sopra la quale uno spazio soffittone con all’esterno il ballatoio per gli uomini di guardia. La Sistina ha un impianto semplicissimo. L’aula rettangolare non absidata misura 40.23m in lunghezza e 13.41m in larghezza , ed è alta 20.70m. La copertura è costituita da una volta a botte ribassata con voltine laterali di scarico in corrispondenza delle dodici finestre che danno luce all’ambiente. L’ingresso principale della Cappella, che si trova sul lato opposto della piccola entrata che costituisce oggi l’accesso usuale, è preceduto dalla grandiosa Sala Regia, destinata alle udienze. Finestre centinate (arcuate superiormente) ne assicurano l’illuminazione e una copertura con volta a botte si raccorda alle pareti laterali con lunette e vele triangolari. La cantoria sul lato destro ospitava un tempo i componenti del coro, mentre il sedile in pietra posto su tre lati del salone, con esclusione di quello dell’altare, era destinato alla corte papale. La balaustra quattrocentesca sormontata da candelabri divide l’ambiente riservato al clero da quello destinato al pubblico: fu arretrata alla fine del
  • 2. Cinquecento per rendere il primo spazio più ampio. La pavimentazione a mosaico, rimasta ancor oggi intatta, risale al 1400 e fu realizzata su modelli medioevali. 3. Le decorazione della seconda metà del Quattrocento • Artisti, programma iconografico e significati iconologici Ultimata nel 1481 la struttura architettonica, il papa Sisto IV chiamò a lavorare nella Cappella famosi pittori fiorentini, come Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli e Signorelli, nonché umbri, quali Perugino e Pinturicchio. Essi decorarono le pareti laterali, divise in tre fasce orizzontali e scandite verticalmente da eleganti lesene. Nella parte inferiore furono realizzati ad affresco finti drappi damascati con le insegne del pontefice; sopra di essi venivano appesi arazzi (alcuni, eseguiti da Raffaello e suoi aiuti nel secondo decennio del Cinquecento, si trovano oggi nella sala a lui dedicata della Pinacoteca Vaticana); nella fascia mediana, la più importante, furono dipinte scene di Storie bibliche con episodi della vita di Mosè e di Cristo, parallelismo in cui entrambi sono concepiti quali liberatori dell’umanità; in quella superiore, all’altezza delle finestre, furono fatti realizzare da Sisto IV, i ritratti dei primi pontefici, inseriti entro nicchie monocrome, per dimostrare la continuità del suo mandato con i suoi predecessori.Il soffitto della Cappella, come mostra un famoso disegno del Cinquecento oggi agli Uffizi, era stato infine decorato fino alle lunette con stelle dorate su fondo azzurro ad opera del pittore Pier Matteo d’Amelia. • Lettura d’opera: “La consegna delle chiavi” del Perugino Tra gli affreschi del Perugino nella Cappella, quello del “Cristo che consegna le chiavi a San Pietro” è stilisticamente più importante. La scena fa riferimento al vangelo di Matteo, nel quale le “chiavi del regno del cielo” sono consegnate a San Pietro. Queste chiavi rappresentano il potere di perdonare e di diffondere la parola di Dio cosicché verrà data loro la possibilità di far accedere gli altri nel paradiso. Le figure principali sono organizzate come in un fregio in file strette, vicino alla superficie della pittura e ben al di sotto dell’orizzonte. Il gruppo principale, che mostra Cristo nell’atto di consegnare le chiavi a San Pietro inginocchiato, è circondato dagli altri apostoli, incluso Giuda (quinta figura a sinistra di Cristo), tutte con le aureole, insieme a ritratti di contemporanei , tra cui uno forse autoritratto dell’autore stesso. Lo spazio è diviso da pietre colorate, ma nonostante questo non serve alla definizione spaziale del piano. Il Tempio di Salomone domina lo spazio alle spalle dei personaggi, facendo da sfondo ad altri due episodi della vita di Cristo, . Il Perugino dedica molta attenzione nella realizzazione dei personaggi, con la complessità del drappeggio, i capelli lunghi e gli attributi degli apostoli. Osservando la posizione dei soggetti, si può ipotizzare che l’artista abbia usato lo stesso cartone per la parte destra e sinistra, differenziando con piccoli dettagli. Il tempio ottagonale di Gerusalemme e i suoi portici, che fanno da asso centrale, sono il progetto di un architetto, da cui il Perugino si ispirò avendo a disposizione un modellino in legno.L’artista diede un grande contributo nella resa del paesaggio. Il senso di mondo infinito che oltrepassa l’orizzonte è molto più forte che nei lavori dei suoi contemporanei: gli alberi sullo sfondo di un cielo nuvoloso e di colline grigiastre rappresentarono una maggior resa naturalista, che infatti fu più tardi ripresa da altri artisti.
  • 3. L’affresco fu considerato di buon auspicio per ospitare la corte papale. La superstizione vuole che il cardinale che sia seduto nella cella sotto l’affresco abbia la maggior probabilità di essere eletto papa. 4. L’intervento michelangiolesco • 1508-1512 programma iconografico della volta Toccò al nipote di Sisto IV, l’intraprendente Giuliano della Rovere, divenuto papa con il nome di Giulio II (1503-1513), far completare le decorazioni pittoriche all’interno della Cappella. Egli nell’ambito di grandioso rinnovamento della città, chiamò a Roma Michelangelo Buonarroti (1475-1564), artista già famoso a Firenze e al quale aveva in precedenza affidato altri incarichi, che accettò, non senza iniziali polemiche, di decorare "a fresco" la volta. L’opera venne compiuta in quattro anni di duro lavoro (dal 1508 al 1512) ed ha come tema la storia dell’umanità nel periodo che precede la venuta di Cristo. Con i suoi 800 metri quadrati di pittura "a buon fresco", è il grande capolavoro di Michelangelo. L’opera fu iniziata nel maggio del 1508, subendo un’interruzione di circa un anno, dal settembre del 1510 all’agosto del 1511 per mancanza di fondi. La Cappella venne inaugurata solennemente da Giulio II il primo novembre del 1512. Il programma iconografico si riconnette ai temi dipinti sulle pareti laterali, illustrando la lunga attesa dell’umanità per la venuta di Cristo, le profezie che preannunciarono questo evento e la genesi della Creazione del mondo. Tutte le figure sono inserite entro una monumentale struttura architettonica dipinta che si sovrappone alla volta reale. La lettura dei dipinti si può quindi articolare in tre parti. • Prima parte: nelle vele triangolari e nelle lunette sopra le finestre sono collocati gli Antenati di Cristo. Costretti entro spazi angusti e poco profondi, uomini e donne, che rappresentano l’umanità e il succedersi delle generazioni, attendono, con pose e atteggiamenti diversi, il grande evento della Rivelazione: appaiono stanchi, affranti, spesso sofferenti per l’inattività ed esasperati per il trascorrere lentissimo del tempo che li separa dalla nascita di Cristo. • Seconda parte: nella fascia esterna, seduti su possenti troni delimitati da putti nudi monocromi su plinti, si trovano le figure dei sette Profeti biblici e delle cinque Sibille pagane: hanno in comune l’aver preannunciato la venuta di Cristo. I vari personaggi sono accompagnati, in secondo piano, da angeli o putti che ne sottolineano la funzione. Ognuno è ripreso nell’atto di leggere un libro o srotolare una pergamena, impegnato in uno straordinario sforzo spirituale e fisico al tempo stesso. • Terza parte: nei rettangoli centrali sono nove scene, quattro più grandi e cinque più piccole, tratte dal libro della Genesi, con tre episodi che concernono la creazione del Mondo, tre la storia di Adamo e tre le vicende di Noè. Michelangelo iniziò a dipingere la volta da questi ultimi episodi riservandosi, forse volutamente, per un secondo tempo le scene in cui appare il Creatore.
  • 4.
  • 5. 1536 – 1541 storia del Giudizio Universale nel tempo, istanze storiche e restauro del 1980 – 1994 La pittura della parete con il "Giudizio Universale" fu eseguita invece dallo stesso artista più tardi: dal 1536 al 1541, su commissione del papa Paolo III Farnese (1534-1549), il quale aveva a sua volta confermato l’incarico del precedente papa Clemente VII (1523-1534). Il tema rappresentato questa volta è il Fato ineluttabile che incombe su tutti gli uomini, del cui destino Dio è arbitro assoluto. Seppure ispirata ai testi biblici, in particolare al libro dell’Apocalisse, prevale nell’opera di Michelangelo la tragica visione filosofica dell’artista: al centro è Cristo che, affiancato dalla Madonna, con un semplice movimento delle braccia decide l’ineluttabile destino ultraterreno degli uomini; per alcuni vi sarà la salvezza (rappresentata dalle figure, a sinistra, che salgono verso il cielo), per i più vi sarà la condanna alla dannazione (i nudi, a destra, che precipitano verso l’Inferno). Le figure si muovono come in un turbine, sullo sfondo di un cielo azzurro privo di supporto architettonico. I defunti, in basso a sinistra, i cui scheletri riacquistano progressivamente consistenza fino alla completa reincarnazione, sono svegliati dal lungo sonno dalle trombe degli angeli. Questi ultimi, privi di ali, sono posizionati al centro del dipinto e mostrano due libri: uno, più piccolo, tenuto in mano dall’Arcangelo Michele, che contiene i nomi dei beati, l’altro più grande, con l’elenco dei dannati. Lo stile di Michelangelo è qui profondamente diverso da quello della volta ed esprime il suo mutato sentimento nei confronti della vita: Dio è il giudice severo che nessuno può contrastare, né la Madonna né tanto meno l’uomo. Per questo i corpi sono come appesantiti dal dolore, quasi portassero in sé le tracce dell’esperienza terrena. I colori spiccano sull’azzurro intenso dominante, e dalla gamma dei rossi passano, con poche eccezioni, alle tonalità del bruno e del verde fino al nero, a sottolineare la lettura tragica degli eventi. Soltanto dietro le figure di Cristo e della Madonna che ha il manto celeste, lo sfondo è ravvivato dal giallo intenso per sottolineare la potenza del braccio levato. A causa delle decisioni del Concilio di Trento, chiusosi nel 1563 con la raccomandazione di fare eseguire negli ambienti sacri soltanto opere che avessero decoro e fossero conformi alle sacre scritture, gli affreschi del "Giudizio Universale" vennero nel 1565 ritoccati da un allievo di Michelangelo, Daniele da Volterra, che applicò veli e perizomi per coprire le nudità delle figure, venendo per questo soprannominato "il braghettone". Altri interventi furono eseguiti per lo stesso motivo alla fine del Cinquecento e nei due secoli successivi. Nel 1980, cominciarono dei lavori di restauro della Cappella Sistina. Michelangelo impiegò soltanto nove anni per dipingerla. Per i restauratori ci vollero invece tredici anni per riportare alla luce i colori originali dei dipinti. In effetti tutto era coperto con uno spesso strato di polvere, fumo e colla animale a causa di secoli di uso di candele e bracieri Alcune parti sono state lasciate non pulite e ci fanno capire cosa ricoprisse questo capolavoro. E’ stata un’impresa titanica che ha richiesto grande cura ed esperienza. Per quest'opera Michelangelo aveva costruito un ponteggio di sua invenzione. Il modello del ponteggio utilizzato per il restauro è molto simile a quello di Michelangelo. Infatti durante il suo montaggio i restauratori si sono accorti che c'erano delle cosiddette buche pontali dove agganciarsi per sostenere la struttura; le stesse che aveva utilizzato Michelangelo. In questo modo sotto il ponteggio era tutto libero e si poteva continuare ad officiare la messa. 1. Fase preparatoria Lo studio del metodo più idoneo per effettuare la pulitura. Ha richiesto più di un anno di indagini di laboratorio e sul luogo. 2. Pulitura Si cercò di non modificare il livello della pittura, il quale doveva rimanere omogeneo e costante su tutta la superficie. Si cercò anche di equilibrare al massimo il risultato della pulitura, eventualmente conservando nella misura voluta un velo di sostanze estranee. C’è stato un lavaggio preliminare con sola acqua demonizzata e un successivo trattamento di acqua e ammonio carbonato al 25% alternato a una fase con diluente nitro. A 24ore di distanza venne eseguita una seconda applicazione di ammonio carbonato, dato attraverso fogli di carta giapponese. Dopo 10minuti,la carta è stata rimossa per ripulire la parte interessata. Per il cielo si è fatto uso di un tampone con la stessa soluzione per non corrodere il colore. 3. Istanza storica Al termine della pulitura si è deciso di conservare le “braghe” di Daniele da Volterra. Per norma oggi universale, tutto ciò che costituisce un documento di natura storia e non cronachistica andrebbe conservato.
  • 6. 4. Prevenzione Nessun protettivo è stato applicato sulla superficie dipinta per non aggiungere materie estranee. E’ stato però istallato un impianto per il filtraggio dell’aria e la regolazione del microclima della cappella. Il risultato ha provocato stupore presso gli studiosi e gli amanti dell'arte poiché sono stati portati alla luce colori e particolari che la patina scura aveva nascosto per secoli. Dopo questi restauri, è stato dichiarato che "ogni libro su Michelangelo dovrebbe essere riscritto". Altri, come lo storico dell'arte James Beck dell'ArtWatch International, hanno assunto una posizione estremamente critica sui restauri, affermando che i restauratori non hanno restituito le vere intenzioni dell'artista. Queste argomentazioni sono al centro di continui dibattiti.