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Maggio2010
Introduzione
Fino a circa una decina di anni fa la ri-
cerca psicologica, nell’ambito delle emo-
zioni, si è occupata prevalentemente di
spiegarne le origini. Il dibattito teorico
ha visto contrapposte due principali teo-
rie: quella differenziale, sostenuta soprat-
tutto da Izard (1977), e quella della diffe-
renziazione, elaborata da Sroufe (2000).
La teoria differenziale ritiene che esista
un certo numero di emozioni innate e
universali, detto set di emozioni prima-
rie o di base, che comprende la paura, la
collera, la gioia, la tristezza e il disgusto.
Ritiene, inoltre, che le emozioni non di
base, o secondarie, come la vergogna,
la colpa, l’imbarazzo, l’orgoglio, l’odio
e così via, si presentino in relazione al-
l’emergere della consapevolezza di sé a
partire dalla fine del primo anno di vita.
Secondo la prospettiva differenziale, le
emozioni primarie emergono già strut-
turate come totalità, sulla base di un
programma maturativo innato e uni-
versale che con lo sviluppo dà luogo alle
espressioni emotive riconoscibili. Inol-
tre, fin dalla nascita le espressioni fac-
ciali costituiscono dirette e attendibili
manifestazioni delle esperienze emotive
in corso, sulla base di una concordanza
biunivoca e innata tra espressione fac-
ciale ed esperienza emotiva.
Per la teoria della differenziazione, in-
vece, le emozioni sono il risultato di
un processo di differenziazione da uno
stato iniziale di eccitazione. Secondo
Sroufe (2000), non è l’eccitazione da
sola a generare specifiche emozioni
con valenza negativa o positiva; risulta,
piuttosto, fondamentale come tale ecci-
tazione (arousal) venga valutata in sen-
so propriamente cognitivo. Per Sroufe,
nel neonato sarebbe possibile distin-
guere uno stato di maggiore o minore
eccitazione generalizzata, che si diffe-
renzierebbe nel corso del primo anno
di vita in stati emotivi di sconforto e di
piacere. Nel processo di differenziazio-
ne, che porta alle “emozioni vere e pro-
prie”, sarebbero individuabili fin dalla
nascita tre percorsi principali distinti: il
sistema del piacere-gioia, il sistema del-
la circospezione-paura e il sistema della
frustrazione-rabbia. È solo grazie allo
sviluppo cognitivo e alla socializzazione
emotiva presente in famiglia e nei con-
testi educativi che si attua il passaggio
dal precursore emotivo alla vera e pro-
pria emozione, ad esempio di collera o
di paura.
Quest’ultima teoria ha contribuito ad
alimentare l’interesse per il ruolo delle
emozioni negli scambi sociali quotidia-
ni, in particolare per il senso che assume
l’esperienza emotiva nelle transazioni
LO SVILUPPO DELLA
COMPETENZA EMOTIVA
NEI BAMBINI
Ilaria Grazzani Gavazzi
Professore associato di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione,
Università di Milano-Bicocca, Facoltà di Scienze della Formazione, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione
Dalla teoria
alla proposta
di attività pratiche.
36
Maggio2010
tra l’individuo e l’ambiente. Il costrut-
to di competenza emotiva, definito
da Saarni (1999) come l’insieme delle
abilità che consentono di mantenere o
cambiare le transazioni con l’ambiente
in modo efficace e socialmente appro-
priato, costituisce il punto di raccordo
di diverse linee di ricerca interessate ad
approfondire il ruolo delle specifiche
abilità e il loro legame con lo sviluppo
psicologico globalmente inteso.
La competenza emotiva
Che cosa significa, di fatto, essere emo-
tivamente competenti? Come si concre-
tizzano, nel corso dello sviluppo e in
rapporto a particolari circostanze, le di-
verse abilità che compongono l’insieme
della competenza emotiva?
Gli psicologici dello sviluppo ricondu-
cono tale competenza a tre componen-
ti principali (Tabella 1): l’espressione,
la comprensione e la regolazione delle
emozioni in sé e negli altri (Denham,
1998). Ciascuna di esse rappresenta un
aspetto rilevante dell’essere competenti
dal punto di vista emotivo; inoltre, cia-
scuna di esse intrattiene rapporti con le
altre due componenti.
Per quanto riguarda l’espressione delle
emozioni, essa rappresenta un aspetto
rilevante della comunicazione non ver-
bale. Gli esseri umani, infatti, produco-
no costantemente segnali non verbali
con i quali manifestano esteriormente,
in modo più o meno efficace, i loro stati
emotivi. Per esempio, lo stato di gioia di
un bambino, che vede la madre torna-
re dopo una separazione momentanea,
trapela dalla sua espressione del volto e
dalla gestualità; parimenti, la paura di
una bambina, di fronte a un adulto sco-
nosciuto che si presenta a lei con aria
minacciosa, emerge dallo sguardo e dal-
la postura rigida del corpo. L’espressio-
ne delle emozioni si realizza, dunque,
attraverso diversi canali comunicativi e
si avvale di precisi segnali non verbali,
che consentono la traduzione di uno
stato interno (ad esempio la collera)
in un quadro espressivo ben visibile e
riconoscibile dagli altri. L’espressione
delle emozioni consente di trasmettere i
propri vissuti emotivi ad altri, ma anche
di riconoscerli negli altri, traendo infor-
mazioni sullo scambio sociale in corso e
sui passi successivi da compiere.
Per quanto concerne la componente
detta comprensione delle emozioni, que-
sta riguarda la consapevolezza di esse
come stati interni o mentali che stanno
alla base delle motivazioni e delle azioni
individuali durante gli scambi sociali.
Saarni e Harris (1989) hanno utilizzato
l’espressione “teoria della mente emoti-
va” per riferirsi alla conoscenza consa-
pevole che un bambino possiede delle
emozioni come stati interni. Quando
i bambini si comportano in modo da
mostrare la loro consapevolezza che
l’adulto arrabbiato li castigherà o rim-
provererà, che il fratellino impaurito si
metterà a piangere attirando l’attenzio-
ne della madre, che l’adulto preoccupato
dirigerà l’attenzione nei loro confronti
significa che riconoscono nell’altro la
presenza di stati emotivi alla base delle
condotte manifeste o attese. Nel corso
dello sviluppo, i bambini vengono cono-
scendo in particolare, la natura e le cau-
se delle emozioni, grazie alle esperienze
personali, allo sviluppo cognitivo e alla
socializzazione emotiva. Per esempio,
già a 3 anni sanno che i desideri sono
alla base di molte esperienze emotive: si
aspettano che un amico si arrabbi se de-
sidera un giocattolo che un compagno
gli ha sottratto.
Infine, vi è la componente di regolazione
delle emozioni, che Thompson (1994)
ha definito come l’insieme dei proces-
si estrinseci e intrinseci coinvolti nel
monitoraggio, nella valutazione e nella
modifica delle reazioni emotive, in par-
ticolare focalizzandosi sull’intensità e la
durata. In generale, grazie a questi pro-
COMPONENTE DEL COSTRUTTO
DI COMPETENZA EMOTIVA
BREVE DEFINIZIONE DELLA COMPONENTE
Espressione
delle emozioni
Manifestazione esterna, visibile o udibile, delle
emozioni, che avviene tramite i canali della co-
municazione non verbale: sguardo, volto, voce,
postura e così via
Comprensione
delle emozioni
Conoscenza della natura delle emozioni, delle cau-
se che le provocano e delle strategie che si posso-
no utilizzare per controllarle o regolarle al meglio
in se stessi e/o negli altri
Regolazione
delle emozioni
Insieme dei processi estrinseci e intrinseci coin-
volti nel monitoraggio, nella valutazione e nella
modifica delle reazioni emotive, in particolare ri-
spetto all’intensità e alla durata
TABELLA 1 – LE COMPONENTI DELLA COMPETENZA EMOTIVA
37
Maggio2010
SVILUPPO DELLA COMPETENZA EMOTIVA: ESPRESSIONE, COMPRENSIONE, REGOLAZIONE
LO SVILUPPO DELL’ESPRESSIONE EMOTIVA
Prima fase evolutiva
(0-12 mesi circa)
Sorriso endogeno; attenzione precoce coatta; trasalimento; sconforto; disgusto
Sorriso sociale
Rabbia o suoi precursori
Gioia; tristezza; paura
Seconda fase evolutiva
(12/13 mesi-36 mesi circa)
Timidezza; disprezzo; imbarazzo
Orgoglio; vergogna; emozioni miste
LO SVILUPPO DELLA COMPRENSIONE EMOTIVA
Fase della comprensione delle cause esterne come determinanti delle emozioni
2 anni circa Uso del lessico psicologico emotivo
3-5 anni circa
Riconoscimento e categorizzazione di gioia, paura, tristezza, collera
Comprensione delle cause esterne (3 anni), del ruolo dei desideri (4 anni), dell’influenza dei
ricordi (5-6 anni)
LO SVILUPPO DELLA REGOLAZIONE EMOTIVA
Prima fase evolutiva (0-1 anno circa)
ETÀ STRATEGIA DI REGOLAZIONE COMPORTAMENTI
3 mesi Riorientamento dell’attenzione
Autoconsolazione
Ricerca dell’adulto
Uso di oggetti transizionali
Allontanamento dello sguardo dalla fonte di eccitamento
Suzione del dito; torsione dei capelli; cullarsi
Comportamenti di attaccamento per mantenere vicinanza e
contatto con l’adulto
Tenere e stringere oggetti morbidi con significato transizionale
nel primo
anno
Seconda fase evolutiva (1-3 anni circa)
ETÀ STRATEGIA DI REGOLAZIONE COMPORTAMENTI
nel secondo
anno Evitamento fisico
Gioco di finzione
Allontanamento dalla situazione che provoca disagio
Espressione delle emozioni nel gioco del far finta
2-3 anni
Terza fase evolutiva (3-5 anni circa)
ETÀ STRATEGIA DI REGOLAZIONE COMPORTAMENTI
3-5 anni Controllo verbale
Inibizione delle emozioni
Parlare delle emozioni
Non pensare alla fonte di sofferenza5 anni
TABELLA 2 – TAPPE DI SVILUPO DELLE COMPONENTI DELLA COMPETENZA EMOTIVA
cessi, i bambini possono attingere alle
risorse in loro possesso per far fronte a
svariate situazioni nel modo più effica-
ce possibile. Fra queste risorse alcune
sono comportamentali (ad esempio,
giocare per non rattristarsi), altre di ti-
po mentalistico (ad esempio, pensare a
un’esperienza piacevole per allontanare
la tristezza). Dal punto di vista evoluti-
vo, la regolazione delle emozioni è un
processo che inizialmente coinvolge il
bambino e chi si prende cura di lui at-
traverso una mutua regolazione guidata
principalmente dall’adulto. Questi offre
la struttura esterna affinché i proces-
si di regolazione possano basarsi, nel
corso dello sviluppo, non più solo sulla
regolazione reciproca ma anche sull’au-
toregolazione.
La Tabella 2 illustra i principali cambia-
menti evolutivi, durante l’infanzia, nello
sviluppo delle tre componenti di espres-
sione, comprensione e regolazione emo-
tiva (Grazzani Gavazzi, 2009).
L’educazione emotiva nella scuola
dell’infanzia
La competenza emotiva così definita
include abilità come: esprimere ade-
guatamente le proprie emozioni in base
alle circostanze, riconoscerle negli al-
tri, essere consapevoli di quello che si
prova, sapervi dare un nome, entrare in
risonanza empatica con le emozioni al-
trui senza esserne sopraffatti, utilizzare
strategie di regolazione per modulare la
propria esperienza così come la propria
espressione emotiva.
L’attenzione per l’educazione emotiva
nei contesti di crescita, in particolare
per quanto riguarda la scuola dell’in-
fanzia, è in questi ultimi anni partico-
larmente viva. L’educazione psico-emo-
tiva, a nostro avviso, può realizzarsi in
un duplice senso. Da un lato all’educa-
tore è riconosciuto sempre più il ruolo
importante che svolge nella “socializza-
zione emotiva” mediante meccanismi di
socializzazione diretta (Saarni 1999),
che comprendono strategie di tipo ver-
bale e non verbale finalizzate a regolare
l’espressione emotiva del bambino; e
meccanismi di socializzazione indiret-
ta, come il riferimento sociale (il bam-
bino utilizza l’espressione dell’adulto
per orientarsi nell’ambiente) o l’appren-
dimento imitativo, che possono influen-
zare il comportamento dei piccoli senza
che vi sia un’esplicita intenzione al ri-
guardo. L’educatore possiede una perso-
nale concezione delle emozioni almeno
in parte riconducibile alle classificazio-
ni proposte da Gottman per i genitori:
la concezione coaching a cui corrispon-
de uno stile educativo particolarmente
orientato a riconoscere e a sostenere
l’esperienza emotiva del bambino, tanto
a valenza positiva che negativa; la con-
cezione dismissing, meno consapevole
del significato delle emozioni in genera-
le e di quelle in corso in particolare, e
quindi meno in grado di regolarle quan-
do sarebbe necessario.
Dall’altro lato, l’educazione emotiva a
scuola può essere progettata attraverso
attività finalizzate a trattare con estre-
ma delicatezza il tema delle emozioni
insieme ai bambini (Grazzani Gavaz-
Denham S., Lo sviluppo emotivo nei
bambini, Astrolabio, Roma, 1998.
Grazzani Gavazzi I., Psicologia dello
sviluppo emotivo, Il Mulino, Bologna,
2009.
Grazzani Gavazzi I., Ornaghi V., An-
toniotti C., La competenza emotiva nei
bambini. Proposte psicoeducative per la
scuola dell’infanzia e il biennio di scuo-
la primaria, Erickson, Trento (in corso
di stampa).
Harris P.L., Il bambino e le emozioni,
Raffaello Cortina, Milano, 1989.
Izard C., Human emotions, Plenum
Press, New York, 1977.
Saarni C., The development of emotion-
al competence, Guilford Press, New
York, 1999.
Saarni C., Harris P.L., Children’s un-
derstanding of emotion, Cambridge
University Press, 1989.
Sroufe A., Lo sviluppo emotivo, Raf-
faello Cortina, Milano, 2000.
Thompson R., Emotion regulation: A
theme in search of definition, in The
development of emotion regulation:
Behavioral and biological considera-
tions, Monographs of the Society for
Research in Child Development, 59,
Serial n. 240, 1994, pp. 25-52.
indicazioni bibliografiche
zi, Ornaghi, Antoniotti, in corso di
stampa). Attività di gioco simbolico, di
drammatizzazione, di gioco linguistico,
di disegno, di ascolto e completamento
di storie, di racconto autobiografico
possono essere proposte per mettere in
gioco le abilità di espressione, compren-
sione e regolazione emotiva in un conte-
sto ludico in cui il ruolo dell’educatrice è
centrale. Le attività che propone, infatti,
in quanto condivise tra pari nel conte-
sto della vita quotidiana, consentono al
bambino di acquisire abilità socio-emo-
tive e costruire il proprio sé attraverso
una maggiore consapevolezza delle pro-
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Maggio2010

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Psicologia dello sviluppo emotivo - Grazzani

  • 1. 35 Maggio2010 Introduzione Fino a circa una decina di anni fa la ri- cerca psicologica, nell’ambito delle emo- zioni, si è occupata prevalentemente di spiegarne le origini. Il dibattito teorico ha visto contrapposte due principali teo- rie: quella differenziale, sostenuta soprat- tutto da Izard (1977), e quella della diffe- renziazione, elaborata da Sroufe (2000). La teoria differenziale ritiene che esista un certo numero di emozioni innate e universali, detto set di emozioni prima- rie o di base, che comprende la paura, la collera, la gioia, la tristezza e il disgusto. Ritiene, inoltre, che le emozioni non di base, o secondarie, come la vergogna, la colpa, l’imbarazzo, l’orgoglio, l’odio e così via, si presentino in relazione al- l’emergere della consapevolezza di sé a partire dalla fine del primo anno di vita. Secondo la prospettiva differenziale, le emozioni primarie emergono già strut- turate come totalità, sulla base di un programma maturativo innato e uni- versale che con lo sviluppo dà luogo alle espressioni emotive riconoscibili. Inol- tre, fin dalla nascita le espressioni fac- ciali costituiscono dirette e attendibili manifestazioni delle esperienze emotive in corso, sulla base di una concordanza biunivoca e innata tra espressione fac- ciale ed esperienza emotiva. Per la teoria della differenziazione, in- vece, le emozioni sono il risultato di un processo di differenziazione da uno stato iniziale di eccitazione. Secondo Sroufe (2000), non è l’eccitazione da sola a generare specifiche emozioni con valenza negativa o positiva; risulta, piuttosto, fondamentale come tale ecci- tazione (arousal) venga valutata in sen- so propriamente cognitivo. Per Sroufe, nel neonato sarebbe possibile distin- guere uno stato di maggiore o minore eccitazione generalizzata, che si diffe- renzierebbe nel corso del primo anno di vita in stati emotivi di sconforto e di piacere. Nel processo di differenziazio- ne, che porta alle “emozioni vere e pro- prie”, sarebbero individuabili fin dalla nascita tre percorsi principali distinti: il sistema del piacere-gioia, il sistema del- la circospezione-paura e il sistema della frustrazione-rabbia. È solo grazie allo sviluppo cognitivo e alla socializzazione emotiva presente in famiglia e nei con- testi educativi che si attua il passaggio dal precursore emotivo alla vera e pro- pria emozione, ad esempio di collera o di paura. Quest’ultima teoria ha contribuito ad alimentare l’interesse per il ruolo delle emozioni negli scambi sociali quotidia- ni, in particolare per il senso che assume l’esperienza emotiva nelle transazioni LO SVILUPPO DELLA COMPETENZA EMOTIVA NEI BAMBINI Ilaria Grazzani Gavazzi Professore associato di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Università di Milano-Bicocca, Facoltà di Scienze della Formazione, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione Dalla teoria alla proposta di attività pratiche.
  • 2. 36 Maggio2010 tra l’individuo e l’ambiente. Il costrut- to di competenza emotiva, definito da Saarni (1999) come l’insieme delle abilità che consentono di mantenere o cambiare le transazioni con l’ambiente in modo efficace e socialmente appro- priato, costituisce il punto di raccordo di diverse linee di ricerca interessate ad approfondire il ruolo delle specifiche abilità e il loro legame con lo sviluppo psicologico globalmente inteso. La competenza emotiva Che cosa significa, di fatto, essere emo- tivamente competenti? Come si concre- tizzano, nel corso dello sviluppo e in rapporto a particolari circostanze, le di- verse abilità che compongono l’insieme della competenza emotiva? Gli psicologici dello sviluppo ricondu- cono tale competenza a tre componen- ti principali (Tabella 1): l’espressione, la comprensione e la regolazione delle emozioni in sé e negli altri (Denham, 1998). Ciascuna di esse rappresenta un aspetto rilevante dell’essere competenti dal punto di vista emotivo; inoltre, cia- scuna di esse intrattiene rapporti con le altre due componenti. Per quanto riguarda l’espressione delle emozioni, essa rappresenta un aspetto rilevante della comunicazione non ver- bale. Gli esseri umani, infatti, produco- no costantemente segnali non verbali con i quali manifestano esteriormente, in modo più o meno efficace, i loro stati emotivi. Per esempio, lo stato di gioia di un bambino, che vede la madre torna- re dopo una separazione momentanea, trapela dalla sua espressione del volto e dalla gestualità; parimenti, la paura di una bambina, di fronte a un adulto sco- nosciuto che si presenta a lei con aria minacciosa, emerge dallo sguardo e dal- la postura rigida del corpo. L’espressio- ne delle emozioni si realizza, dunque, attraverso diversi canali comunicativi e si avvale di precisi segnali non verbali, che consentono la traduzione di uno stato interno (ad esempio la collera) in un quadro espressivo ben visibile e riconoscibile dagli altri. L’espressione delle emozioni consente di trasmettere i propri vissuti emotivi ad altri, ma anche di riconoscerli negli altri, traendo infor- mazioni sullo scambio sociale in corso e sui passi successivi da compiere. Per quanto concerne la componente detta comprensione delle emozioni, que- sta riguarda la consapevolezza di esse come stati interni o mentali che stanno alla base delle motivazioni e delle azioni individuali durante gli scambi sociali. Saarni e Harris (1989) hanno utilizzato l’espressione “teoria della mente emoti- va” per riferirsi alla conoscenza consa- pevole che un bambino possiede delle emozioni come stati interni. Quando i bambini si comportano in modo da mostrare la loro consapevolezza che l’adulto arrabbiato li castigherà o rim- provererà, che il fratellino impaurito si metterà a piangere attirando l’attenzio- ne della madre, che l’adulto preoccupato dirigerà l’attenzione nei loro confronti significa che riconoscono nell’altro la presenza di stati emotivi alla base delle condotte manifeste o attese. Nel corso dello sviluppo, i bambini vengono cono- scendo in particolare, la natura e le cau- se delle emozioni, grazie alle esperienze personali, allo sviluppo cognitivo e alla socializzazione emotiva. Per esempio, già a 3 anni sanno che i desideri sono alla base di molte esperienze emotive: si aspettano che un amico si arrabbi se de- sidera un giocattolo che un compagno gli ha sottratto. Infine, vi è la componente di regolazione delle emozioni, che Thompson (1994) ha definito come l’insieme dei proces- si estrinseci e intrinseci coinvolti nel monitoraggio, nella valutazione e nella modifica delle reazioni emotive, in par- ticolare focalizzandosi sull’intensità e la durata. In generale, grazie a questi pro- COMPONENTE DEL COSTRUTTO DI COMPETENZA EMOTIVA BREVE DEFINIZIONE DELLA COMPONENTE Espressione delle emozioni Manifestazione esterna, visibile o udibile, delle emozioni, che avviene tramite i canali della co- municazione non verbale: sguardo, volto, voce, postura e così via Comprensione delle emozioni Conoscenza della natura delle emozioni, delle cau- se che le provocano e delle strategie che si posso- no utilizzare per controllarle o regolarle al meglio in se stessi e/o negli altri Regolazione delle emozioni Insieme dei processi estrinseci e intrinseci coin- volti nel monitoraggio, nella valutazione e nella modifica delle reazioni emotive, in particolare ri- spetto all’intensità e alla durata TABELLA 1 – LE COMPONENTI DELLA COMPETENZA EMOTIVA
  • 3. 37 Maggio2010 SVILUPPO DELLA COMPETENZA EMOTIVA: ESPRESSIONE, COMPRENSIONE, REGOLAZIONE LO SVILUPPO DELL’ESPRESSIONE EMOTIVA Prima fase evolutiva (0-12 mesi circa) Sorriso endogeno; attenzione precoce coatta; trasalimento; sconforto; disgusto Sorriso sociale Rabbia o suoi precursori Gioia; tristezza; paura Seconda fase evolutiva (12/13 mesi-36 mesi circa) Timidezza; disprezzo; imbarazzo Orgoglio; vergogna; emozioni miste LO SVILUPPO DELLA COMPRENSIONE EMOTIVA Fase della comprensione delle cause esterne come determinanti delle emozioni 2 anni circa Uso del lessico psicologico emotivo 3-5 anni circa Riconoscimento e categorizzazione di gioia, paura, tristezza, collera Comprensione delle cause esterne (3 anni), del ruolo dei desideri (4 anni), dell’influenza dei ricordi (5-6 anni) LO SVILUPPO DELLA REGOLAZIONE EMOTIVA Prima fase evolutiva (0-1 anno circa) ETÀ STRATEGIA DI REGOLAZIONE COMPORTAMENTI 3 mesi Riorientamento dell’attenzione Autoconsolazione Ricerca dell’adulto Uso di oggetti transizionali Allontanamento dello sguardo dalla fonte di eccitamento Suzione del dito; torsione dei capelli; cullarsi Comportamenti di attaccamento per mantenere vicinanza e contatto con l’adulto Tenere e stringere oggetti morbidi con significato transizionale nel primo anno Seconda fase evolutiva (1-3 anni circa) ETÀ STRATEGIA DI REGOLAZIONE COMPORTAMENTI nel secondo anno Evitamento fisico Gioco di finzione Allontanamento dalla situazione che provoca disagio Espressione delle emozioni nel gioco del far finta 2-3 anni Terza fase evolutiva (3-5 anni circa) ETÀ STRATEGIA DI REGOLAZIONE COMPORTAMENTI 3-5 anni Controllo verbale Inibizione delle emozioni Parlare delle emozioni Non pensare alla fonte di sofferenza5 anni TABELLA 2 – TAPPE DI SVILUPO DELLE COMPONENTI DELLA COMPETENZA EMOTIVA cessi, i bambini possono attingere alle risorse in loro possesso per far fronte a svariate situazioni nel modo più effica- ce possibile. Fra queste risorse alcune sono comportamentali (ad esempio, giocare per non rattristarsi), altre di ti- po mentalistico (ad esempio, pensare a un’esperienza piacevole per allontanare la tristezza). Dal punto di vista evoluti- vo, la regolazione delle emozioni è un processo che inizialmente coinvolge il bambino e chi si prende cura di lui at- traverso una mutua regolazione guidata principalmente dall’adulto. Questi offre la struttura esterna affinché i proces- si di regolazione possano basarsi, nel corso dello sviluppo, non più solo sulla regolazione reciproca ma anche sull’au- toregolazione. La Tabella 2 illustra i principali cambia- menti evolutivi, durante l’infanzia, nello sviluppo delle tre componenti di espres- sione, comprensione e regolazione emo- tiva (Grazzani Gavazzi, 2009).
  • 4. L’educazione emotiva nella scuola dell’infanzia La competenza emotiva così definita include abilità come: esprimere ade- guatamente le proprie emozioni in base alle circostanze, riconoscerle negli al- tri, essere consapevoli di quello che si prova, sapervi dare un nome, entrare in risonanza empatica con le emozioni al- trui senza esserne sopraffatti, utilizzare strategie di regolazione per modulare la propria esperienza così come la propria espressione emotiva. L’attenzione per l’educazione emotiva nei contesti di crescita, in particolare per quanto riguarda la scuola dell’in- fanzia, è in questi ultimi anni partico- larmente viva. L’educazione psico-emo- tiva, a nostro avviso, può realizzarsi in un duplice senso. Da un lato all’educa- tore è riconosciuto sempre più il ruolo importante che svolge nella “socializza- zione emotiva” mediante meccanismi di socializzazione diretta (Saarni 1999), che comprendono strategie di tipo ver- bale e non verbale finalizzate a regolare l’espressione emotiva del bambino; e meccanismi di socializzazione indiret- ta, come il riferimento sociale (il bam- bino utilizza l’espressione dell’adulto per orientarsi nell’ambiente) o l’appren- dimento imitativo, che possono influen- zare il comportamento dei piccoli senza che vi sia un’esplicita intenzione al ri- guardo. L’educatore possiede una perso- nale concezione delle emozioni almeno in parte riconducibile alle classificazio- ni proposte da Gottman per i genitori: la concezione coaching a cui corrispon- de uno stile educativo particolarmente orientato a riconoscere e a sostenere l’esperienza emotiva del bambino, tanto a valenza positiva che negativa; la con- cezione dismissing, meno consapevole del significato delle emozioni in genera- le e di quelle in corso in particolare, e quindi meno in grado di regolarle quan- do sarebbe necessario. Dall’altro lato, l’educazione emotiva a scuola può essere progettata attraverso attività finalizzate a trattare con estre- ma delicatezza il tema delle emozioni insieme ai bambini (Grazzani Gavaz- Denham S., Lo sviluppo emotivo nei bambini, Astrolabio, Roma, 1998. Grazzani Gavazzi I., Psicologia dello sviluppo emotivo, Il Mulino, Bologna, 2009. Grazzani Gavazzi I., Ornaghi V., An- toniotti C., La competenza emotiva nei bambini. Proposte psicoeducative per la scuola dell’infanzia e il biennio di scuo- la primaria, Erickson, Trento (in corso di stampa). Harris P.L., Il bambino e le emozioni, Raffaello Cortina, Milano, 1989. Izard C., Human emotions, Plenum Press, New York, 1977. Saarni C., The development of emotion- al competence, Guilford Press, New York, 1999. Saarni C., Harris P.L., Children’s un- derstanding of emotion, Cambridge University Press, 1989. Sroufe A., Lo sviluppo emotivo, Raf- faello Cortina, Milano, 2000. Thompson R., Emotion regulation: A theme in search of definition, in The development of emotion regulation: Behavioral and biological considera- tions, Monographs of the Society for Research in Child Development, 59, Serial n. 240, 1994, pp. 25-52. indicazioni bibliografiche zi, Ornaghi, Antoniotti, in corso di stampa). Attività di gioco simbolico, di drammatizzazione, di gioco linguistico, di disegno, di ascolto e completamento di storie, di racconto autobiografico possono essere proposte per mettere in gioco le abilità di espressione, compren- sione e regolazione emotiva in un conte- sto ludico in cui il ruolo dell’educatrice è centrale. Le attività che propone, infatti, in quanto condivise tra pari nel conte- sto della vita quotidiana, consentono al bambino di acquisire abilità socio-emo- tive e costruire il proprio sé attraverso una maggiore consapevolezza delle pro- prie e altrui esperienze emotive. 38 Maggio2010