Gestione del prezzo e del posizionamento competitivo su una struttura di grandi dimensioni. Breve panoramica delle tecniche di pricing utilizzate nei canali commercio per gestire la leva prezzo e regolare il posizionamento competitivo (by Fabio Bullita)
2. Cos’è il Pricing?
Il pricing è quel processo di definizione di quanto una
compagnia chiederà in cambio per un bene o servizio.
Le variabili che lo determinano sono i costi sostenuti, il
mercato di appartenenza, la competitività dei competitors, il
trend di mercato e la qualità o esclusività di prodotto.
Il prezzo è una delle famose 4P (product, price, promotion,
please) che stanno alla base delle variabili commerciali.
3. Processi di Pricing
A partire dalle variabili del pricing possiamo avere numerosi processi
che portano alla definizione del prezzo.
Elenchiamo di seguito i principali:
• Markup sul costo
• Posizionamento rispetto al competitor
• Scala prezzi
• Posizionamento in base all’elasticità della domanda
• Logiche di gestione della categoria
Ogni processo è più adatto a determinati canali, mercati o ‘epoche
storiche’.
4. Markup sul costo
A partire da un dato costo applichiamo delle percentuali di ricarico
definite in fase di budget per singola categoria di modo da ottenere
un dato prezzo di vendita.
Prezzo = Costo /((100-%Ricarico)/100)
5. Markup sul costo
Se conosciamo il Costo e la %Ricarico per esempio:
C=800
%R=20
P=C/((100−%R)/100)=800/0.8 =1000
E’ da precisare che il ricarico differisce dal margine in quanto le
formula per calcolare margine e ricarico utilizzano un differente
denominatore:
M% = Margine / Prezzo
R% = Margine / Costo
6. Markup sul costo
La pratica del Markup ha oggi un utilizzo limitato per via della
competitività raggiunta dai mercati più maturi, che non ci consente di
applicare il prezzo che vogliamo indipendentemente da altri fattori.
Il fattore più importante è appunto la concorrenza che fa leva nella
maggior parte dei casi proprio sul prezzo per spostare i clienti da
un’insegna all’altra.
Inoltre assortimenti complessi e ampi come quelli della grande
distribuzione o di alcune tipologie di specialisti portano a spostare il
punto di vista da un margine per singolo articolo ad uno per
categoria, introducendo pertanto il concetto di mix di margine.
7. Markup sul costo
Il mix di margine è quel concetto che implica la vendita di numerosi
prodotti sostituibili e succedanei a margini di guadagno differenti.
Il peso dei vari prodotti venduti determina pertanto una marginalità
variabile e avremo quindi interesse a vendere questo piuttosto che
quell’altro prodotto.
Esempio:
Prodotto A P=1 MRG%=30% PZ=20
Prodotto B P=1,1 MRG%=25% PZ=10
Prodotto C P=0,8 MRG%=34% PZ=5
Un mix di questo tipo determina un margine complessivo del 28,8%.
A seguito di una variazione dei pezzi venduti avremo invece:
Prodotto A P=1 MRG%=30% PZ=20
Prodotto B P=1,1 MRG%=25% PZ=8
Prodotto C P=0,8 MRG%=34% PZ=7
E di conseguenza un margine del 29,3%.
8. Markup sul costo
Riprendendo l’esempio precedente è necessario precisare che la
logica di margine in percentuale risulta ormai sorpassata entro certi
termini in quanto non da il giusto peso agli articoli venduti.
E’ preferibile ragionare in termini di marginalità in valore assoluto,
sia unitaria che di categoria.
Tornando all’esempio precedente infatti la marginalità in % è
cresciuta di mezzo punto ma in valore assoluto è diminuita, in quanto
abbiamo aumentato le vendite di un articolo di bassa battuta e quindi
di basso margine unitario.
9. Confronto su competitor
Altro processo adottato in fase di formulazione di prezzo è il
posizionamento rispetto al prezzo della concorrenza.
Tale processo è volto ad ottenere una percezione di convenienza da
parte del cliente, andando a posizionare i prezzi in linea o al di sotto
della concorrenza frequentata dal nostro cliente.
Occorre pertanto definire fondamentalmente due aspetti prima di
procedere con tale modello:
• Competitor
• Regole di posizionamento
10. Confronto su competitor
La definizione del competitor
Il competitor di formato è essenzialmente quella struttura simile
alla nostra (sia in termini di metratura che di assortimento)
frequentata alternativamente dai nostri cliente.
Possono essere più di una e per identificare il peso di ognuna si può
procedere tramite semplice indagine interna sui clienti.
Alternativamente esistono dei setting realizzati tramite tecniche di
Geomarketing che danno in maniera razionale un’indicazione della
‘forza’ dei vari competitor e in base a questi sceglierne uno di
riferimento.
11. Confronto su competitor
La definizione del competitor
Oltre al competitor di formato esistono degli altri format differenti dal
nostro che possono rappresentare comunque un’interessante
alternativa agli occhi del nostro cliente (es. profumeria per un
supermercato, oppure un discount per un iper). Qualora tale
competitor sia presente nel nostro bacino primario può essere utile
per alcune aree merceologiche confrontarsi con loro.
12. Confronto su competitor
La definizione delle regole di posizionamento
Una volta identificato il/i competitor di riferimento è necessario avere
le idee chiare su come posizionarsi rispetto ad essi e realizzare
quindi un insieme di regole dettagliate che scendano in maniera
indiretta a livello di singolo articolo.
Per fare questo è necessario partire da:
• Margine atteso
• Competitività dei competitor analizzati
• Ruoli delle categorie
• Sensibilità del cliente al brand
13. Confronto su competitor
Nel caso più semplice potremo definire di posizionarci 100 a 100 su
tutti i prodotti rispetto ad un dato competitor. In tal caso il nostro
prezzo sarà esattamente identico a quello del competitor:
Pvend=Pcomp
Può essere il caso di un mercato poco competitivo, molto spesso
sintomatico di un accordo sottobanco tra due o più competitor (vedi
stazioni di carburante).
In casi più evoluti e competitivi invece faremo delle scelte più oculate
e potremmo decidere per esempio di tenerci più bassi sui brand più
noti e in linea sugli altri:
PvendLeader = PcompLeader-5%
PvendFollow = PcompFollow
PvendPrivateLab = PcompPrivateLab+2%
In questo caso andremo ad agire sul percepito in maniera più
efficace.
14. Scala Prezzi
In questo caso si procede ad un distanziamento di prezzo tra i ruoli
all’interno della categoria, di modo da mantenere ben chiaro agli
occhi del cliente il posizionamento del singolo articolo.
Molto spesso è utilizzato anche in affiancamento ad altre logiche di
Pricing, per definire il prezzo dei soli prodotto a marchio e primo
prezzo.
I gap di prezzo possono essere differenziati per categoria.
15. Scala Prezzi
Il distanziamento viene definito solitamente dal prezzo medio del
leader indicato tipicamente a 100. Gli altri ruoli vengono prezzati con
dei gap incrementali per il prodotto premium o differenziali per gli
altri:
PREMIUM 100+(gap)
FOLLOWER 100-(gap)
PRODOTTO A MARCHIO 100-(gap)
PRIMO PREZZO 100-(gap)
LEADER 100
16. Scala Prezzi
Un tipico distanziamento può essere il seguente:
PREMIUM 120
FOLLOWER 80
PRODOTTO A MARCHIO 70
PRIMO PREZZO 50
Esempio detersivo piatti:
Nuncas 2,39
Nelsen 1,59
PM 1,39
PP 0,99
LEADER 100
Svelto 100
17. Elasticità della domanda
Un processo più moderno e analitico è legato dell’analisi della
domanda e della sua elasticità.
Sommariamente abbassando un prezzo dovrebbe corrispondere un
aumento dei pezzi venduti, viceversa aumentando il prezzo avremo
una riduzione dei pezzi venduti.
Elasticità = Δ Pezzi / Δ prezzo
18. Elasticità della domanda
La reazione del cliente non è uguale su tutti gli articoli, categorie o
mercati.
Una domanda solitamente considerata molto rigida è per esempio
quella delle sigarette. Per questo motivo la tassazione colpisce
spesso quel consumo.
Viceversa una domanda estremamente elastica è quella del Pellet. Il
cliente è disposto a fare la scorta in estate per uno sconto, malgrado
il consumo avvenga solo mesi dopo e qualora il prezzo dovesse
salire troppo verrebbe a stringersi il mercato, a vantaggio di altre
forme di consumo sostitutive.
19. Elasticità della domanda
Questi concetti possono essere applicati al pricing di prodotti o
servizi, cercando di massimizzare vendite o margini.
Nel caso di una massimizzazione delle vendite cercheremo quel
prezzo che consente di ottenere il maggior numero di pezzi venduti.
Questo modello è però molto estremo in quanto non tiene conto della
marginalità investita per abbassare il prezzo.
P
Q
p0
20. Elasticità della domanda
Molto più spesso è comune puntare su un principio di
massimizzazione della massa di margine. In questo caso si sceglierà
il prezzo in corrispondenza del punto massimo della marginalità in
valore assoluto, al di la della quale il valore del prodotto o della
categoria tende a scendere in quanto le quantità aumenteranno in
misura inferiore di quanto diminuisca il prezzo.
P
MARG.VAL
p1
21. Logiche di Categoria
All’interno di una analisi di categoria possono evidenziarsi necessità
di spingere un prodotto piuttosto che un altro, con il fine di migliorare
il mix di margine.
Pertanto si procede ad effettuare dei posizionamenti prezzo che
diano spazio a questo o quel prodotto. O magari abbassando il
prezzo di quest’ultimo per aumentarne le rotazioni.
Altre volte questi processi vengono affiancati da operazioni di vera e
propria pulizia assortimentale.
Molto spesso i risultati di questi processi si vedono solo nel lungo
termine.
22. Logiche di Categoria
PREMIUM 14,49
LEADER 9,99
FOLLOWER 7,99
PRODOTTO A MARCHIO 7,49
PRIMO PREZZO 6,99
PREMIUM 13,49
LEADER 9,99
FOLLOWER 8,49
PRODOTTO A MARCHIO 7,49
PRIMO PREZZO 6,99
Esempio:
Nella situazione iniziale avremo il seguente posizionamento.
Volendo accrescere le quote del premium e del prodotto a marchio
potremmo optare per le seguenti variazioni: