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HOMO SUM?
                                         RIFLESSIONI SUL
                                            TEMA DEI
                                         DIRITTI UMANI
                                         TRA IL MONDO
                                         CLASSICO E NOI


                                           Donatella Puliga
Hieronymus Bosch – Il Viandante, 1515.     Università di Siena
     Dal Trittico del Carro di Fieno.
      Museo del Prado, Madrid.
Introduzione


                       I diritti umani
               ‘Diritti umani’:
                concetto universale?
  Il concetto di ‘universale’:
   è indefinibile poiché varia da una cultura all’altra e da
    un’epoca storica all’altra,
   ma non è del tutto ‘relativo’ poiché i diritti
    sono“ripetuti nel tempo e riconosciuti in aree
    (culturali) anche lontane fra loro a sancire il loro
    carattere di ‘diritti della persona umana’”, e quindi in
    qualche modo universali.
Introduzione


                     I diritti umani

                Le differenti interpretazioni dei
                          diritti umani,
                generalmente basate su testi sacri,
                      sono accomunate da
il riconoscimento di un                   l’attribuzione di un
     elemento comune a                    particolare valore
    tutti gli esseri umani                all’essere umano in
                                          quanto tale.
Introduzione


    Legge degli dèi e legge degli uomini

      Vita dei Greci e Romani: fortemente intrisa
       di religiosità.
      I re, nella Grecia della monarchia, erano
       investiti di potere sacrale e interpretavano
       la volontà del dèi.
      Crimine = atto che infrangeva la pace con
       gli dèi.
Introduzione


                             I diritti umani
                                 teoria e pratica
    Distanza tra
                                 legislazione e vita reale
       Difficile analizzare situazioni distanti nel tempo
        attraverso la lente dei diritti umani ‘moderni’.
       Fondamentale tener conto della situazione storica e
        sociale che ne fu lo sfondo.
            Esempio: convivenza storica fra la dichiarazione che “tutti gli
             uomini sono per natura ugualmente liberi e hanno certi diritti
             innati” (Dichiarazione dei Diritti della Virginia, 1776) e
             l’istituto legale della schiavitù negli Stati Uniti, abolito quasi
             un secolo dopo.
In Grecia


            Bouzyges e l’aratura sacra
     Nell’ Atene arcaica, l’eroe   Bouzyges = colui che
     Bouzyges per primo            aggioga i buoi.
     aggioga dei tori ad un
     aratro.
     Capostipite di una famiglia
     di sacerdoti – i Bouzygai -
     incaricati di riti dedicati
     all’aratura.
     Durante i riti venivano
     lanciate maledizioni
     particolari.
                                          Mosaico III sec. d.C.
                                         Muséé des Antiquites
                                     Nationales, Saint-Germain-en-
In Grecia


                         Bouzyges
                                 Bouzyges “ […] lancia
      Qual è il contenuto di     molte maledizioni verso
       queste maledizioni?        coloro che non mettono in
      Contro chi?                comune nella vita l’acqua
      Perché?                    o il fuoco o non mostrano
      Cosa hanno a che           la strada a coloro che sono
       vedere con i ‘diritti      smarriti”
                                                 Appendix I.61, Corpus
       umani’ nell’antichità?            Paroemigraphorum Graecorum

                   Maledizioni, dunque, contro
                   chi viola i doveri reciproci dati
                   per assodati.
In Grecia


                              Difilo
     Difilo, comico ateniese:
     “tu ignori cosa c’è nelle
     maledizioni, se qualcuno
     non mostra la via
     rettamente, o non fa
     accendere il fuoco, o
     estinguere l’acqua, o
     impedisce di mangiare a
     chi sta per farlo.”
                 Diph.Ath., VI.238     Difilo, c. 360-290 a.C.
In Grecia


            La ragioni della maledizione
                           rifiutare
                           • l’acqua agli assetati,
     Azioni che attirano
                           • il cibo agli affamati,
     le maledizioni per
                           • di indicare la strada agli
     coloro che osano         smarriti,
     andare contro una     • di essere clementi verso
     legge non scritta:       i nemici,
                           • di seppellire i cadaveri.
In Grecia


                      I doveri ‘sacri’
   • Violare i doveri
     ‘sacri’, colloca i
     trasgressori all’esterno
     della comunità.
                      • I doveri si trasformano
                        in diritto per chi chiede
                        acqua, cibo, fuoco, la
                        strada …
                                      • I doveri ‘sacri’ si
                                        applicano anche nei
                                        confronti dello
                                        straniero.
In Grecia


             Il senso della maledizione
                                    ma ad un intervento
     Il rispetto dei doveri è       esterno, magico o
     affidato non solo a:           religioso, mediato dal
      la buona volontà,            sacerdote, esecutore della
                                    volontà divina.
      il senso della
           comunità,                Crimine = atto che infrange
                                    la pace con gli dèi.
      la responsabilità
           reciproca,   Non sono quindi le leggi e le
                         punizioni a determinare un
                        comportamento socialmente
                                corretto bensì
                         il timore della maledizione.
In Grecia
            Per amore di un corpo fraterno:
                  Antigone di Sofocle




Frederic Leighton (1830-1896), Antigone.
   Collezione privata Christie's Images.
                                           Frederic Leighton (1830-1896), Antigone.
                                              Collezione privata Christie's Images.
In Grecia: Antigone


                                     Antigone




         Morte di Eteocle e Polinice. Frontone del
         tempio di Talamone, arte etrusco-italica.
             Museo Archeologico, Firenze.
                                                     Giovanni Battista Tiepolo (1696–1770),
                                                               Eteocle e Polinice.
In Grecia
       Ou[toi sunevcqein, ajlla; sumfilei'n e[fun
        “non sono nata per condividere l’odio ma l’amore”
                      Contrapposizione tra:
   Creonte, re di Tebe      e Antigone, figlia di Edipo
   eroe                     e antieroe
   “legalità politica”      e “ordine divino”
   Propensione per l’odio e propensione per l’amore




                                                          Antigone alla tomba del
                                                           fratello. Vaso attico.
            Vaso del “pittore di Dolone“ raffigurante     Museo del Louvre, Parigi.
                 Antigone di fronte a Creonte.
In Grecia


                                     Antigone
                                                                    L’epilogo, con
                                                                    l’imprigionamen
                                                                    to di Antigone e
                                                                    il suo successivo
                                                                    suicidio nella
                                                                    grotta dove era
                                                                    tenuta, fa della
                                                                    protagonista la
                                                                    prima paladina
                                                                    dei diritti umani
                                                                    nella cultura
                                                                    greca.

Marie Stillman (1844-1927), Antigone dall’ 'Antigone' di Sofocle.
              Woodbridge, Simon Carter Gallery.
In Grecia


            Antigone

                Edmund Kanoldt (1845-
                1904), Antigone con un vaso
                di unguento accanto al corpo
                di Polinice, 1883
In Grecia


                            Antigone




              Nikiforos Lytras (1832–1904), Antigone dinanzi al
            cadavere di Polinice, 1865. Atene, Galleria Nazionale e
                         Museo Alexandros Soutzos.
In Grecia


                  Achille e il corpo di Ettore
            ajllÆ a[ge deu'ro qeou;" ejpidwvmeqa: toi; ga;r
            a[ristoi
            mavrturoi e[ssontai kai; ejpivskopoi
            aJrmoniavwn:
            ouj ga;r ejgwv sÆ e[kpaglon ajeikiw', ai[ ken
            ejmoi; Zeu;"
            dwvh/ kammonivhn, sh;n de; yuch;n ajfevlwmai:
            ajllÆ ejpei; a[r kev se sulhvsw kluta; teuvceÆ
            jAcilleu'
            nekro;n jAcaioi'sin dwvsw pavlin: w}" de; su;
            rJevzein.
                                                                 vv. 254-259

            Ma su, qui stesso invochiamo gli dèi; saranno loro
            i testimoni e garanti migliori dei nostri accordi:
            non ti sfregerò malamente, nel caso che Zeus
            dia a me la vittoria ed io ti tolga la vita;
In Grecia


                  Achille e il corpo di Ettore

                                              Ma Achille:

                                               se; me;n kuvne" hjdÆ
                                               oijwnoi;
                                               eJlkhvsousÆ
                                               aji>kw'", to;n de;
                                               kteriou'sin jAcaioiv.
                                             Questa forma di oltraggio al
                                                            Iliade, vv. 335-336
                                             cadavere costituiva un “rituale
                                             di annientamento” che i Greci
                   Da vaso attico,
                                             chiamavano αεικια =“perdita
            La lotta fra Ettore e Achille.   di somiglianza”.
In Grecia


               Achille e il corpo di Ettore

                                              Αεικια = rovesciamento del
                                              rituale funebre
                                              Rituale funebre: preserva ed
                                              eterna l’identità della
                                              persona.
                                              Αεικια: perdita identità e
                                              accesso negato al regno dei
                                              morti  “liminarità”
                                              dell’anima del defunto.
          Peter Paul Rubens (1577–1640),
             Achille vincitore di Ettore.
       Pau, Musée des Beaux-Arts (1630–35).
In Grecia


                Achille e il corpo di Ettore




                                                       “Bada piuttosto che
                                                       io non diventi per te
                                                       vendetta divina”

        Ettore trascinato da Achille. Pietra tombale
       proveniente da Virunum. Klagenfurt, Austria.
In Grecia


                Achille e il corpo di Ettore

                                                    Trasformazioni di:

                                                     Achille  metamorfosi
                                                      animale;
                                                     Ettore morente 
                                                      carne, pasto
                                                      dell’avversario.
        Achille con il cadavere di Ettore.
 Tondo di ciotola a figure rosse, c. 490-480 a.C.
proveniente da Atene. Museo del Louvre, Parigi.
In Grecia


                 Achille e il corpo di Ettore
                                            Achille risponde sprezzante che in
                                            nessun caso, e a nessuna condizione:
                                            sev ge povtnia mhvthr
                                            ejnqemevnh lecevessi
                                            gohvsetai o}n tevken aujthv,
                                            ajlla; kuvne" te kai; oijwnoi;
                                            kata; pavnta davsontai
                                                                          vv.349-52
                                            “la nobile madre potrà piangerti disteso
                                            sul letto, lei che ti ha partorito,
                                            ma tutto intero ti mangeranno cani e
       Ettore legato al carro di Achille.
                                            uccelli”
Incisione di J. Balthasar Probst (1673-1748).
      Fine Arts Museum, San Francisco.
In Grecia


            Achille e il corpo di Ettore




                       Achille trascina il cadavere di Ettore.
                                   Pettine di osso.
             Seconda metà del I secolo d.C. Reperto tombale. Oria, Italia.
In Grecia


                 Achille e il corpo di Ettore
  tou;" dÆ e[laqÆ eijselqw;n Privamo"
  mevga", a[gci dÆ a[ra sta;"
  cersi;n jAcillh'o" lavbe gouvnata kai; kuvse
  cei'ra"
  deina;" ajndrofovnou", ai{ oiJ poleva" ktavnon
  ui|a".                                    “Il grande Priamo entrò
                                                                 vv. 477-9
                                                               non visto, ed avvicinatosi
                                                                abbracciò le ginocchia di
                                                               Achille, baciò le sue mani
                                                               tremende, omicide, che a
                                                               lui tanti figli avevano
                                                               ucciso”.

          Gian Battista Ballanti Graziani (1762-1835).
                  Priamo alla tenda di Achille.
  Faenza, Palazzo Milzetti, Sala delle Feste o Galleria d’Achille.
In Grecia


                 Achille e il corpo di Ettore


                                                       “Su, Achille, rispetta gli dèi ed
                                                       abbi pietà di me,
                                                       nel ricordo di tuo padre. Ancora
                                                       più degno di pietà sono io,
                                                       ho sopportato quello che al
                                                       mondo nessun altro mortale,
                                                       di portare alla bocca la mano
                                                       dell’uccisore di mio figlio.”


Il riscatto del cadavere di Ettore: Priamo supplica Achille
In Grecia


                   Achille e il corpo di Ettore
             W" oi{ gÆ ajmfivepon tavfon {Ektoro" iJppodavmoio.
             “Davano così sepoltura ad Ettore domatore di cavalli”
                                                                   Iliade XXIV, v.804.




            Il cadavere di Ettore ricondotto a Troia. Dettaglio di bassorilievo ornamentale
             di sarcofago romano in marmo, c. 180–200 d.C. Collezione Borghese, Roma.
In Grecia


                     La memoria di Ettore
                                                        E tu onore di
                                                        pianti, Ettore, avrai
                                                        ove fia santo e
                                                        lacrimato il sangue
                                                        per la patria versato, e
                                                        finché il Sole
                                                        risplenderà su le
                                                        sciagure umane.
                                                              Ugo Foscolo, I Sepolcri




       Jacques-Louis David (1748-1825), Ettore, 1778.
                Musée Fabre, Montpellier.
In Grecia: Aiace


               … e di nuovo Sofocle: Aiace




                 Exekias (VI secolo a.C.),
          Aiace medita il suicidio, circa 540 a.C..
In Grecia


                                       Aiace




                    Artista sconosciuto, Il suicidio di Aiace Telamonio.
            Cratere etrusco (forse proveniente da Vulci) con figure rosse, circa
                        400/350 a.C. The British Museum, Londra.
In Grecia


            Aiace
                    Pittore di Brygos, Il cadavere
                    di Aiace coperto da
                    Tekmessa. circa 490 a.C..
In Grecia


                                La libertà

      La libertà è riferita principalmente alla comunità e
       solo di riflesso agli individui.
      La polis o la civitas si consideravano libere se si
       erano date le leggi da sé, non da un tiranno o da
       uno straniero.
      Poiché la libertà non era connaturata alla persona
       ma all’ordinamento politico, la schiavitù era
       ritenuta ammissibile.
               Per Aristotele è giusta perchè gli uomini erano diversi
                per caratteristiche fisiche, mentali e spirituali.
In Grecia


                   Cittadini a pieno titolo

            Nella categoria non rientravano:
             gli stranieri                       Greci
             gli schiavi                      Nordici: rozzi
             le donne                          ed irruenti
                                                 Asiatici:
                                               arrendevoli
Concezione antropologica basata sulla           Egiziani:
disuguaglianza ed anche ellenocentrica:          balordi
 solo i Greci avevano il massimo di
   intelligenza e coraggio.
In Grecia
            Cambia la situazione politica e
             con essa il concetto di libertà

   Spostamento da libertà collettiva a libertà interiore
   quando la Grecia passa sotto il giogo dello straniero.
   Per i Sofisti: comune biologia (physis) rende gli uomini
   uguali nonostante la diversità di costumi e leggi
   (nomos).
   Per gli Stoici: ogni uomo in quanto partecipe del logos
   (ragione universale) è uguale agli altri.
In Grecia


            La celebrazione del barbaro …




     Il Galata morente, Copia romana del I sec. a.C.
     da un originale bronzeo del 230-220 a.C. circa.
     Musei Capitolini, Roma.


    Le sculture evocano profonde sensazioni            Il Galata suicida, o Galata Ludovisi.
    di eroismo e pateticità, a evidenziare il          Copia romana del I sec. a.C. da un
    valore dei vinti e quindi, di riflesso, anche      originale bronzeo del 230-220 a.C.
    quello dei vincitori.                              circa. Palazzo Altemps, Roma.
A Roma




        Marco Tullio Cicerone, De Re Publica.
Edente Angelo Maio, Vaticanae Bibliothecae Praefecto.
  Romae in Collegio Urbano apud Burliaeum, 1822.
                                                        Marco Tullio Cicerone, De
                                                        Officiis, libri tres, 1512.
A Roma


                          Communia
  • Ennio (239 - 169 a.C.) colloca    Per delitti di estrema
    l’acqua e il fuoco fra i beni      gravità: Aqua et igni
    communia, non negabili a
    nessun uomo.                       interdictio
  • Per Cicerone (106 – 43 a.C.)                   
    , communia erano utili a          i colpevoli sono indegni di
    chi ne beneficiava e non           continuare a far parte della
    arrecavano danno a chi li          comunità romana.
    osservava.
  • Seneca (4 a.C.- 65 d.C.)          Comportava
    definiva i communia:               l’allontanamento dalla
    humanum                            comunità e la perdita della
    officium, ‘doveri degli            cittadinanza, anche se non
    uomini verso gli uomini’.          della libertà.
A Roma


                     Uguaglianza ?

     Cicerone: ogni uomo appartiene alla civitas maxima
      costituita da tutto il genere umano.
     Seneca: in De Clementia afferma la
      compartecipazione di tutti gli uomini alla ragione
      universale.
     Epitteto (50-120 d.C.): basa l’uguaglianza sulla comune
      filiazione da Dio.
A Roma


                   Philanthropìa …

 Philanthropìa = affetto per gli esseri umani (connotazione
                 sociale).
 Philéllenos     vede nei Greci il gruppo con cui avere
                 rapporti privilegiati;

 Philànthropos guarda a tutti gli esseri umani (ànthropos =
               uomo).
A Roma


                    … e Humanitas

  humanitas = comportamento
              umano, mite, equo, comprensivo, ma anche
              educazione e cultura (tratti distintivi dell’uomo
                rispetto agli altri essere viventi).
                                    Philànthro-
                                        pia
                                    Humanitas




                                                  Equità.
                            Uomo
                                                  Mitezza
Seneca
omne hoc quod vides, quo divina atque
humana conclusa sunt, unum est;
membra sumus corporis magni

“ogni cosa che vedi, in cui sono unite le
cose divine e le cose umane, è unico;
siamo membra di un grande corpo”
                   Epistulae ad Lucilium, 95.52.2
                                                        Lucio Anneo Seneca
                                                    (Corduba, 4 a.C. – Roma, 65)
magna[…] laus est si homo mansuetus
homini est
“è una grande lode se l’uomo è benevolo
verso l’altro uomo.
                     Epistulae ad Lucilium, 95.51.4
Seneca
“La natura ci ha generato parenti fra
noi, perché siamo stati generati dagli stessi
elementi e tendiamo verso lo stesso fine
[…] Ci stia sempre nel cuore e sulle labbra
quel verso famoso: homo sum: humani
nihil a me alienum puto. Convinciamoci di
questo, che siamo nati per stare insieme.
La nostra società è come una volta di
pietre, che sta su solo perché le pietre si
sostengono l’un l’altra, altrimenti
cadrebbe”
                    Epistulae ad Lucilium, 95.51.53
A Roma


                  Clementia e Indulgentia

                          Virtù romane, non
                          obbligatorie, che trattenevano dal
                          commettere atti esecrabili.



                            Il rispetto dei diritti deriva dalla
                          buona disposizione e qualità morali
                                      dell’individuo.
  Statue allegoriche di
  Iustitia e Clementia.
    Hofburg, Vienna
A Roma


                  Tutti uguali, ma …
   Cicerone: tutti gli uomini appartengono alla stessa
   societas, ma vincolati da doveri diversi a seconda della
   parentela. Elenca quattro forme di società fondate sulla
   vicinanza:
   1. Individui che parlano la stessa lingua e vantano la
      stessa origine;
   2. società formata dallo stato (patria);
   3. società formata dalla famiglia (genitori, figli, parenti);
   4. amici.
     Di conseguenza, nella pratica, i ‘diritti umani’ non si
         applicano indistintamente a tutti gli uomini!
In sintesi
        SFERA ETICA                       ORDINAMENTI
                                 ma         POLITICI E
        La filosofia stoica
     introdusse i principi di:              GIURIDICI
    libertà                             libertà
    uguaglianza                         uguaglianza
    dignità umana                       dignità umana
                                         rispetto della persona
    rispetto della persona



ELEMENTO CARATTERIZZANTE DEL PENSIERO GRECO-ROMANO:
     bene comune e utilità generale, non l’individuo.
Uno sguardo sul mondo moderno


                                       Voltaire




 Voltaire, Trattato sulla tolleranza, 1763.




                                                 François-Marie
                                              Arouet, Voltaire, 1694
                                                     – 1778.
Uno sguardo sul mondo moderno


                           Cesare Beccaria
                                “[…] Pochissimi hanno esaminata e combattuta la
                                crudeltà delle pene e l’irregolarità delle procedure
                                criminali, parte di legislazione così principale e così
                                trascurata in quasi tutta
                                l’Europa, pochissimi, rimontando ai principi
                                generali, annientarono gli errori accumulati di più
                                secoli, frenando almeno, con quella sola forza che
                                hanno le verità conosciute, il troppo libero corso della
                                mal diretta potenza, che ha dato finora un lungo e
                                autorizzato esempio di fredda atrocità. E pure i gemiti
                                dei deboli, sacrificati alla crudele ignoranza ed alla ricca
                                indolenza, i barbari tormenti con prodiga e inutile
                                severità moltiplicati per delitti o non provati, o
                                chimerici, la squallidezza e gli orrori di una
                                prigione, aumentati dal più crudele carnefice dei
 Cesare Beccaria, 1738 - 1794   miseri, l’incertezza, doveano scuotere quella sorta di
                                magistrati che guidano le opinioni delle menti umane”.
                                                 C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, 1763
Uno sguardo sul mondo moderno


                             Cesare Beccaria
 “ Il fine delle pene non è di tormentare e
 affliggere un essere sensibile, né di disfare
 un delitto già commesso. Può in un corpo
 politico albergare questa inutile crudeltà
 strumento del furore e del fanatismo o dei
 deboli tiranni? Le strida di un infelice
 richiamano forse dal tempo che non
 ritorna le azioni già consumate? Il fine
 dunque non è altro che di impedire il reo
 dal far nuovi danni ai suoi concittadini e di
 rimuovere gli altri dal farne uguali. Quelle
 pene dunque e quel metodo di infliggerle
 deve esser prescelto che, serbata la
 proporzione, farà una impressione più
 efficace e più durevole sugli animi degli        Cesare Beccaria, frontespizio di
 uomini, e la meno tormentosa sul corpo               Dei delitti e delle pene.
 del reo”                                          Harlem - Parigi, Molini, 1766.

    C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, 1763
Grazie dell’attenzione

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Diritti umani

  • 1. HOMO SUM? RIFLESSIONI SUL TEMA DEI DIRITTI UMANI TRA IL MONDO CLASSICO E NOI Donatella Puliga Hieronymus Bosch – Il Viandante, 1515. Università di Siena Dal Trittico del Carro di Fieno. Museo del Prado, Madrid.
  • 2. Introduzione I diritti umani ‘Diritti umani’:  concetto universale? Il concetto di ‘universale’:  è indefinibile poiché varia da una cultura all’altra e da un’epoca storica all’altra,  ma non è del tutto ‘relativo’ poiché i diritti sono“ripetuti nel tempo e riconosciuti in aree (culturali) anche lontane fra loro a sancire il loro carattere di ‘diritti della persona umana’”, e quindi in qualche modo universali.
  • 3. Introduzione I diritti umani Le differenti interpretazioni dei diritti umani, generalmente basate su testi sacri, sono accomunate da il riconoscimento di un l’attribuzione di un elemento comune a particolare valore tutti gli esseri umani all’essere umano in quanto tale.
  • 4. Introduzione Legge degli dèi e legge degli uomini  Vita dei Greci e Romani: fortemente intrisa di religiosità.  I re, nella Grecia della monarchia, erano investiti di potere sacrale e interpretavano la volontà del dèi.  Crimine = atto che infrangeva la pace con gli dèi.
  • 5. Introduzione I diritti umani teoria e pratica Distanza tra legislazione e vita reale  Difficile analizzare situazioni distanti nel tempo attraverso la lente dei diritti umani ‘moderni’.  Fondamentale tener conto della situazione storica e sociale che ne fu lo sfondo.  Esempio: convivenza storica fra la dichiarazione che “tutti gli uomini sono per natura ugualmente liberi e hanno certi diritti innati” (Dichiarazione dei Diritti della Virginia, 1776) e l’istituto legale della schiavitù negli Stati Uniti, abolito quasi un secolo dopo.
  • 6. In Grecia Bouzyges e l’aratura sacra Nell’ Atene arcaica, l’eroe Bouzyges = colui che Bouzyges per primo aggioga i buoi. aggioga dei tori ad un aratro. Capostipite di una famiglia di sacerdoti – i Bouzygai - incaricati di riti dedicati all’aratura. Durante i riti venivano lanciate maledizioni particolari. Mosaico III sec. d.C. Muséé des Antiquites Nationales, Saint-Germain-en-
  • 7. In Grecia Bouzyges  Bouzyges “ […] lancia  Qual è il contenuto di molte maledizioni verso queste maledizioni? coloro che non mettono in  Contro chi? comune nella vita l’acqua  Perché? o il fuoco o non mostrano  Cosa hanno a che la strada a coloro che sono vedere con i ‘diritti smarriti” Appendix I.61, Corpus umani’ nell’antichità? Paroemigraphorum Graecorum Maledizioni, dunque, contro chi viola i doveri reciproci dati per assodati.
  • 8. In Grecia Difilo Difilo, comico ateniese: “tu ignori cosa c’è nelle maledizioni, se qualcuno non mostra la via rettamente, o non fa accendere il fuoco, o estinguere l’acqua, o impedisce di mangiare a chi sta per farlo.” Diph.Ath., VI.238 Difilo, c. 360-290 a.C.
  • 9. In Grecia La ragioni della maledizione rifiutare • l’acqua agli assetati, Azioni che attirano • il cibo agli affamati, le maledizioni per • di indicare la strada agli coloro che osano smarriti, andare contro una • di essere clementi verso legge non scritta: i nemici, • di seppellire i cadaveri.
  • 10. In Grecia I doveri ‘sacri’ • Violare i doveri ‘sacri’, colloca i trasgressori all’esterno della comunità. • I doveri si trasformano in diritto per chi chiede acqua, cibo, fuoco, la strada … • I doveri ‘sacri’ si applicano anche nei confronti dello straniero.
  • 11. In Grecia Il senso della maledizione ma ad un intervento Il rispetto dei doveri è esterno, magico o affidato non solo a: religioso, mediato dal  la buona volontà, sacerdote, esecutore della volontà divina.  il senso della comunità, Crimine = atto che infrange la pace con gli dèi.  la responsabilità reciproca, Non sono quindi le leggi e le punizioni a determinare un comportamento socialmente corretto bensì il timore della maledizione.
  • 12. In Grecia Per amore di un corpo fraterno: Antigone di Sofocle Frederic Leighton (1830-1896), Antigone. Collezione privata Christie's Images. Frederic Leighton (1830-1896), Antigone. Collezione privata Christie's Images.
  • 13. In Grecia: Antigone Antigone Morte di Eteocle e Polinice. Frontone del tempio di Talamone, arte etrusco-italica. Museo Archeologico, Firenze. Giovanni Battista Tiepolo (1696–1770), Eteocle e Polinice.
  • 14. In Grecia Ou[toi sunevcqein, ajlla; sumfilei'n e[fun “non sono nata per condividere l’odio ma l’amore” Contrapposizione tra: Creonte, re di Tebe e Antigone, figlia di Edipo eroe e antieroe “legalità politica” e “ordine divino” Propensione per l’odio e propensione per l’amore Antigone alla tomba del fratello. Vaso attico. Vaso del “pittore di Dolone“ raffigurante Museo del Louvre, Parigi. Antigone di fronte a Creonte.
  • 15. In Grecia Antigone L’epilogo, con l’imprigionamen to di Antigone e il suo successivo suicidio nella grotta dove era tenuta, fa della protagonista la prima paladina dei diritti umani nella cultura greca. Marie Stillman (1844-1927), Antigone dall’ 'Antigone' di Sofocle. Woodbridge, Simon Carter Gallery.
  • 16. In Grecia Antigone Edmund Kanoldt (1845- 1904), Antigone con un vaso di unguento accanto al corpo di Polinice, 1883
  • 17. In Grecia Antigone Nikiforos Lytras (1832–1904), Antigone dinanzi al cadavere di Polinice, 1865. Atene, Galleria Nazionale e Museo Alexandros Soutzos.
  • 18. In Grecia Achille e il corpo di Ettore ajllÆ a[ge deu'ro qeou;" ejpidwvmeqa: toi; ga;r a[ristoi mavrturoi e[ssontai kai; ejpivskopoi aJrmoniavwn: ouj ga;r ejgwv sÆ e[kpaglon ajeikiw', ai[ ken ejmoi; Zeu;" dwvh/ kammonivhn, sh;n de; yuch;n ajfevlwmai: ajllÆ ejpei; a[r kev se sulhvsw kluta; teuvceÆ jAcilleu' nekro;n jAcaioi'sin dwvsw pavlin: w}" de; su; rJevzein. vv. 254-259 Ma su, qui stesso invochiamo gli dèi; saranno loro i testimoni e garanti migliori dei nostri accordi: non ti sfregerò malamente, nel caso che Zeus dia a me la vittoria ed io ti tolga la vita;
  • 19. In Grecia Achille e il corpo di Ettore Ma Achille: se; me;n kuvne" hjdÆ oijwnoi; eJlkhvsousÆ aji>kw'", to;n de; kteriou'sin jAcaioiv. Questa forma di oltraggio al Iliade, vv. 335-336 cadavere costituiva un “rituale di annientamento” che i Greci Da vaso attico, chiamavano αεικια =“perdita La lotta fra Ettore e Achille. di somiglianza”.
  • 20. In Grecia Achille e il corpo di Ettore Αεικια = rovesciamento del rituale funebre Rituale funebre: preserva ed eterna l’identità della persona. Αεικια: perdita identità e accesso negato al regno dei morti  “liminarità” dell’anima del defunto. Peter Paul Rubens (1577–1640), Achille vincitore di Ettore. Pau, Musée des Beaux-Arts (1630–35).
  • 21. In Grecia Achille e il corpo di Ettore “Bada piuttosto che io non diventi per te vendetta divina” Ettore trascinato da Achille. Pietra tombale proveniente da Virunum. Klagenfurt, Austria.
  • 22. In Grecia Achille e il corpo di Ettore Trasformazioni di:  Achille  metamorfosi animale;  Ettore morente  carne, pasto dell’avversario. Achille con il cadavere di Ettore. Tondo di ciotola a figure rosse, c. 490-480 a.C. proveniente da Atene. Museo del Louvre, Parigi.
  • 23. In Grecia Achille e il corpo di Ettore Achille risponde sprezzante che in nessun caso, e a nessuna condizione: sev ge povtnia mhvthr ejnqemevnh lecevessi gohvsetai o}n tevken aujthv, ajlla; kuvne" te kai; oijwnoi; kata; pavnta davsontai vv.349-52 “la nobile madre potrà piangerti disteso sul letto, lei che ti ha partorito, ma tutto intero ti mangeranno cani e Ettore legato al carro di Achille. uccelli” Incisione di J. Balthasar Probst (1673-1748). Fine Arts Museum, San Francisco.
  • 24. In Grecia Achille e il corpo di Ettore Achille trascina il cadavere di Ettore. Pettine di osso. Seconda metà del I secolo d.C. Reperto tombale. Oria, Italia.
  • 25. In Grecia Achille e il corpo di Ettore tou;" dÆ e[laqÆ eijselqw;n Privamo" mevga", a[gci dÆ a[ra sta;" cersi;n jAcillh'o" lavbe gouvnata kai; kuvse cei'ra" deina;" ajndrofovnou", ai{ oiJ poleva" ktavnon ui|a". “Il grande Priamo entrò vv. 477-9 non visto, ed avvicinatosi abbracciò le ginocchia di Achille, baciò le sue mani tremende, omicide, che a lui tanti figli avevano ucciso”. Gian Battista Ballanti Graziani (1762-1835). Priamo alla tenda di Achille. Faenza, Palazzo Milzetti, Sala delle Feste o Galleria d’Achille.
  • 26. In Grecia Achille e il corpo di Ettore “Su, Achille, rispetta gli dèi ed abbi pietà di me, nel ricordo di tuo padre. Ancora più degno di pietà sono io, ho sopportato quello che al mondo nessun altro mortale, di portare alla bocca la mano dell’uccisore di mio figlio.” Il riscatto del cadavere di Ettore: Priamo supplica Achille
  • 27. In Grecia Achille e il corpo di Ettore W" oi{ gÆ ajmfivepon tavfon {Ektoro" iJppodavmoio. “Davano così sepoltura ad Ettore domatore di cavalli” Iliade XXIV, v.804. Il cadavere di Ettore ricondotto a Troia. Dettaglio di bassorilievo ornamentale di sarcofago romano in marmo, c. 180–200 d.C. Collezione Borghese, Roma.
  • 28. In Grecia La memoria di Ettore E tu onore di pianti, Ettore, avrai ove fia santo e lacrimato il sangue per la patria versato, e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane. Ugo Foscolo, I Sepolcri Jacques-Louis David (1748-1825), Ettore, 1778. Musée Fabre, Montpellier.
  • 29. In Grecia: Aiace … e di nuovo Sofocle: Aiace Exekias (VI secolo a.C.), Aiace medita il suicidio, circa 540 a.C..
  • 30. In Grecia Aiace Artista sconosciuto, Il suicidio di Aiace Telamonio. Cratere etrusco (forse proveniente da Vulci) con figure rosse, circa 400/350 a.C. The British Museum, Londra.
  • 31. In Grecia Aiace Pittore di Brygos, Il cadavere di Aiace coperto da Tekmessa. circa 490 a.C..
  • 32. In Grecia La libertà  La libertà è riferita principalmente alla comunità e solo di riflesso agli individui.  La polis o la civitas si consideravano libere se si erano date le leggi da sé, non da un tiranno o da uno straniero.  Poiché la libertà non era connaturata alla persona ma all’ordinamento politico, la schiavitù era ritenuta ammissibile.  Per Aristotele è giusta perchè gli uomini erano diversi per caratteristiche fisiche, mentali e spirituali.
  • 33. In Grecia Cittadini a pieno titolo Nella categoria non rientravano:  gli stranieri Greci  gli schiavi Nordici: rozzi  le donne ed irruenti Asiatici: arrendevoli Concezione antropologica basata sulla Egiziani: disuguaglianza ed anche ellenocentrica: balordi  solo i Greci avevano il massimo di intelligenza e coraggio.
  • 34. In Grecia Cambia la situazione politica e con essa il concetto di libertà Spostamento da libertà collettiva a libertà interiore quando la Grecia passa sotto il giogo dello straniero. Per i Sofisti: comune biologia (physis) rende gli uomini uguali nonostante la diversità di costumi e leggi (nomos). Per gli Stoici: ogni uomo in quanto partecipe del logos (ragione universale) è uguale agli altri.
  • 35. In Grecia La celebrazione del barbaro … Il Galata morente, Copia romana del I sec. a.C. da un originale bronzeo del 230-220 a.C. circa. Musei Capitolini, Roma. Le sculture evocano profonde sensazioni Il Galata suicida, o Galata Ludovisi. di eroismo e pateticità, a evidenziare il Copia romana del I sec. a.C. da un valore dei vinti e quindi, di riflesso, anche originale bronzeo del 230-220 a.C. quello dei vincitori. circa. Palazzo Altemps, Roma.
  • 36. A Roma Marco Tullio Cicerone, De Re Publica. Edente Angelo Maio, Vaticanae Bibliothecae Praefecto. Romae in Collegio Urbano apud Burliaeum, 1822. Marco Tullio Cicerone, De Officiis, libri tres, 1512.
  • 37. A Roma Communia • Ennio (239 - 169 a.C.) colloca  Per delitti di estrema l’acqua e il fuoco fra i beni gravità: Aqua et igni communia, non negabili a nessun uomo. interdictio • Per Cicerone (106 – 43 a.C.)  , communia erano utili a  i colpevoli sono indegni di chi ne beneficiava e non continuare a far parte della arrecavano danno a chi li comunità romana. osservava. • Seneca (4 a.C.- 65 d.C.)  Comportava definiva i communia: l’allontanamento dalla humanum comunità e la perdita della officium, ‘doveri degli cittadinanza, anche se non uomini verso gli uomini’. della libertà.
  • 38. A Roma Uguaglianza ?  Cicerone: ogni uomo appartiene alla civitas maxima costituita da tutto il genere umano.  Seneca: in De Clementia afferma la compartecipazione di tutti gli uomini alla ragione universale.  Epitteto (50-120 d.C.): basa l’uguaglianza sulla comune filiazione da Dio.
  • 39. A Roma Philanthropìa … Philanthropìa = affetto per gli esseri umani (connotazione sociale). Philéllenos vede nei Greci il gruppo con cui avere rapporti privilegiati; Philànthropos guarda a tutti gli esseri umani (ànthropos = uomo).
  • 40. A Roma … e Humanitas humanitas = comportamento umano, mite, equo, comprensivo, ma anche educazione e cultura (tratti distintivi dell’uomo rispetto agli altri essere viventi). Philànthro- pia Humanitas Equità. Uomo Mitezza
  • 41. Seneca omne hoc quod vides, quo divina atque humana conclusa sunt, unum est; membra sumus corporis magni “ogni cosa che vedi, in cui sono unite le cose divine e le cose umane, è unico; siamo membra di un grande corpo” Epistulae ad Lucilium, 95.52.2 Lucio Anneo Seneca (Corduba, 4 a.C. – Roma, 65) magna[…] laus est si homo mansuetus homini est “è una grande lode se l’uomo è benevolo verso l’altro uomo. Epistulae ad Lucilium, 95.51.4
  • 42. Seneca “La natura ci ha generato parenti fra noi, perché siamo stati generati dagli stessi elementi e tendiamo verso lo stesso fine […] Ci stia sempre nel cuore e sulle labbra quel verso famoso: homo sum: humani nihil a me alienum puto. Convinciamoci di questo, che siamo nati per stare insieme. La nostra società è come una volta di pietre, che sta su solo perché le pietre si sostengono l’un l’altra, altrimenti cadrebbe” Epistulae ad Lucilium, 95.51.53
  • 43. A Roma Clementia e Indulgentia Virtù romane, non obbligatorie, che trattenevano dal commettere atti esecrabili. Il rispetto dei diritti deriva dalla buona disposizione e qualità morali dell’individuo. Statue allegoriche di Iustitia e Clementia. Hofburg, Vienna
  • 44. A Roma Tutti uguali, ma … Cicerone: tutti gli uomini appartengono alla stessa societas, ma vincolati da doveri diversi a seconda della parentela. Elenca quattro forme di società fondate sulla vicinanza: 1. Individui che parlano la stessa lingua e vantano la stessa origine; 2. società formata dallo stato (patria); 3. società formata dalla famiglia (genitori, figli, parenti); 4. amici. Di conseguenza, nella pratica, i ‘diritti umani’ non si applicano indistintamente a tutti gli uomini!
  • 45. In sintesi SFERA ETICA ORDINAMENTI ma POLITICI E La filosofia stoica introdusse i principi di: GIURIDICI  libertà  libertà  uguaglianza  uguaglianza  dignità umana  dignità umana  rispetto della persona  rispetto della persona ELEMENTO CARATTERIZZANTE DEL PENSIERO GRECO-ROMANO: bene comune e utilità generale, non l’individuo.
  • 46. Uno sguardo sul mondo moderno Voltaire Voltaire, Trattato sulla tolleranza, 1763. François-Marie Arouet, Voltaire, 1694 – 1778.
  • 47. Uno sguardo sul mondo moderno Cesare Beccaria “[…] Pochissimi hanno esaminata e combattuta la crudeltà delle pene e l’irregolarità delle procedure criminali, parte di legislazione così principale e così trascurata in quasi tutta l’Europa, pochissimi, rimontando ai principi generali, annientarono gli errori accumulati di più secoli, frenando almeno, con quella sola forza che hanno le verità conosciute, il troppo libero corso della mal diretta potenza, che ha dato finora un lungo e autorizzato esempio di fredda atrocità. E pure i gemiti dei deboli, sacrificati alla crudele ignoranza ed alla ricca indolenza, i barbari tormenti con prodiga e inutile severità moltiplicati per delitti o non provati, o chimerici, la squallidezza e gli orrori di una prigione, aumentati dal più crudele carnefice dei Cesare Beccaria, 1738 - 1794 miseri, l’incertezza, doveano scuotere quella sorta di magistrati che guidano le opinioni delle menti umane”. C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, 1763
  • 48. Uno sguardo sul mondo moderno Cesare Beccaria “ Il fine delle pene non è di tormentare e affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. Può in un corpo politico albergare questa inutile crudeltà strumento del furore e del fanatismo o dei deboli tiranni? Le strida di un infelice richiamano forse dal tempo che non ritorna le azioni già consumate? Il fine dunque non è altro che di impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi concittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali. Quelle pene dunque e quel metodo di infliggerle deve esser prescelto che, serbata la proporzione, farà una impressione più efficace e più durevole sugli animi degli Cesare Beccaria, frontespizio di uomini, e la meno tormentosa sul corpo Dei delitti e delle pene. del reo” Harlem - Parigi, Molini, 1766. C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, 1763

Editor's Notes

  1. Legge degli dèi e legge degli uominiIn origine la vita dei Greci e dei Romani era fortemente intrisa di religiosità. Nel mondo greco al tempo della monarchia i re erano investiti di potere sacrale e interpretavano la volontà degli dèi, le cui leggi erano sacre e, come tali, eterne e immutabili. Di conseguenza la preoccupazione maggiore della comunità era di preservare l’ armonia con gli dèi, e ciò creava quella commistione di religioso e giuridico tipica delle culture precristiane.Anche nel mondo romano i re e poi i pretori e i consoli erano in contatto con le divinità, sia consultandole prima di un’ impresa (traendo gli auspici) sia invocandole per chiederne la protezione o per ringraziarle per quella concessa. Lo stesso crimine era prima di tutto un atto che infrangeva la pace con gli dèi, e di conseguenza il reo era escluso dalla comunità e abbandonato all’ ira divina o addirittura sacrificato allo scopo di placarla.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html
  2. 1.1 Per amore di un corpo fraterno: Antigone Come dimenticare, del resto, che proprio intorno a un cadavere insepolto si dipana una delle tragedie più interessanti e più cariche di significato della letteratura greca, l’Antigone di Sofocle? Accanto a questo corpola cultura greca vede il contrapporsi della legge naturale, rappresentata non a caso da una donna, e della legge umana: se gli editti di Creonte ordinano ai cittadini di lasciare senza sepoltura il cadavere di Polinice traditore della patria, le leggi degli dèi, comuni a tutti gli uomini, prevedono al contrario che si debbano onorare i defunti.Riconoscere e cercare di far riconoscere ad ogni uomo uguale dignità nella morte, come tenta di fare Antigone a costo della propria vita, è comunque un primo passo che ha un enorme valore culturale e antropologico. Il rituale della sepoltura aveva dunque una grande rilevanza culturale, caratterizzata da alcuni elementi minimi ricorrenti all’interno delle cerimonie funebri, ma soprattutto, come emerge chiaramente nella tragedia sofoclea, volto a onorare la figura del defunto. Il decreto di Creonte che impedisce a chiunque di offrire onori funebri al nemico Polinice, è dunque particolarmente scandaloso e si colloca fra le caratteristiche- limite della sventura che colpisce la stirpe di Edipo, quasi a compimento della maledizione che lo sfortunato re di Tebe aveva lanciato contro se stesso e la propria discendenza. Ma neanche il far parte della stirpe incestuosa di Edipo è giustificazione sufficiente al diventare una salma abbandonata all’esterno della città: nessuno dovrebbe permettere un simile scempio e un simile oltraggio alle norme degli dei, e, soprattutto, non può permetterlo Antigone, legata al morto non solo dagli obblighi di umanità ma anche da quelli di parentela.Il personaggio di Antigone ha riscosso nel corso dei secoli un interesse e un successo straordinari. Imitata, riscritta, reinventata, l’eroina sofoclea è stata oggetto di numerosissimi studi, antropologici, letterari e storico-giuridici. Antigone è stata analizzata e interpretata attraverso modalità e punti di vista differenti: come esempio di contrapposizione fra legge divina e legge umana, come modello di ribellione contro un potere tirannico e ingiusto, come esempio delle tipologie di legami interni alla stirpe nel sistema culturale greco, come rappresentante di una contrapposizione fra la componente femminile e quella maschile della società, e l’elenco potrebbe continuare.Si pensi all’Antigone di Racine, a quella di Anouilh, all’Antigone messa in scena dal Living Theatre, fino ad arrivare a romanzi moderni e persino ad associazioni dedicate all’eroina sofoclea. Sulla riscrittura di Antigone, cfr. in particolare: G. Steiner, Le Antigoni, Milano, 1990Sulla ritualità connessa alla morte nel mondo antico è fondamentale il testo di E. de Martino, Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino, 1958.
  3. Quello che qui più interessa sottolineare, all’interno di questa tragedia sofoclea, nel contesto della nostra ricerca, è l’importanza che viene attribuita all’atto di seppellire i morti e il richiamo alle leggi non scritte, non tanto in relazione al legame di parentela fra Antigone e Polinice, quanto piuttosto alla validità universale che a tale regola viene attribuita, validità che, nonostante il timore nei confronti del tiranno, l’intera città di Tebe riconosce. Sofocle infatti si trova ad utilizzare l’esempio dell’obbligo di dare sepoltura ai morti, accettato da tutti in Grecia, per parlare dell’importanza delle leggi sacre la cui “universalità […] non è che il segno della loro origine divina”. Come è noto, il fulcro della tragedia si colloca nella contrapposizione netta e violenta fra i due personaggi principali, in qualche modo un eroe ed un antieroe:la giovane figlia di Edipo, Antigone, e il nuovo re di Tebe, Creonte, che della giovane è anche lo zio, nonché il futuro suocero. Da un punto di vista sociale dunque, se si esclude la differenza di età e soprattutto quella di genere, si tratta di due personaggi che rivestono all’interno della città di Tebe un importanza sociale simile. Ma (J. De Romilly, La legge nel pensiero greco (ed. orig. in francese), Les Belles Lettres, Paris p. 33.)questa “uguaglianza” di rango rende ancor più nette le differenze nelle posizioni teoriche e lo squilibrio di potere che si manifesta fra i due.Il contrasto fra i due personaggi è anche una polarizzazione di due aspetti diversi della cultura greca: la “legalità politica, incarnata da Creonte” e “un ordine del divino” rappresentato da Antigone.Nonostante il potere di cui è investito e l’autorità che manifesta, è Creonte a risultare sconfitto, tanto nel suo comportamento, quanto ancor di più nelle sue affermazioni di principio: neppure nel caso del tradimento della patria, e neppure se è il re stesso ad emanare le leggi queste possono contrapporsi alle leggi a[grapta kajsfalh' qew'n (“ non scritte e incrollabili degli dei”).Sofocle, però, non mette in scena soltanto una contrapposizione giuridico-filosofica ma anche e soprattutto un confronto di ordine morale: ciò che differenzia Antigone da Creonte è la propensione del secondo per l’odio e della prima per l’amore; un amore che, oltre ad essere amore fraterno e rispetto dei doveri sacri, potrebbe anche derivare dal riconoscere a ciascun uomo “morto o vivo la dignità di possedere una sorta di scintilla divina”. De Romilly, op. cit., p.34.Soph., Antigone, 454.Soph., Antigone, 454.Fabre, op. cit., p. 167.
  4. Il comportamento assunto da Antigone è dunque contemporaneamente frutto dell’adesione ad una comunità familiare, e insieme adesione ad un più ampio sistema di valori all’interno del quale il dare sepoltura ai defunti è tutelato da norme divine.Anche da un punto di vista espressivo la contrapposizione fra Creonte ed Antigone è molto netta e le parole che usano provengono da due mondi diversi. Per il primo prevale un aspetto che potremmo definire politico, o piuttosto guerriero, per cui ciò che è prioritario è la distinzione fra i nemici e gli alleati e di conseguenza Ou[toi poqÆ ouJcqrov", oujdÆ o{tan qavnh/, fivlo" (“il nemico non è mai, neppure da morto, un amico”); dall’altra parte il mondo di cui Antigone si fa portavoce è quello in cui l’interesse principale è rivolto alla dignità umana, ai legami all’interno della comunità e agli dei. La voce di Antigone, che dice di essere fatta per l’amore e non per l’odio:  Ou[toi sunevcqein, ajlla; sumfilei'n e[fun“non sono nata per condividere l’odio ma l’amore” esprime al tempo stesso il rispetto per gli dèi, che hanno dato agli uomini delle leggi sacre da rispettare, e il rispetto per gli uomini.La voce tonante di Creonte, forte del suo potere e del complice silenzio dei cittadini spaventati, non è sufficiente a fermare la parola di Antigone; il rifiuto di Creonte di riconoscere uguale “diritto” alla sepoltura a Eteocle e Polinice, diventa di fatto rifiuto di riconoscere loro uguale dignità umana.La posizione rappresentata da Antigone non è ancora - e sarebbe un grave anacronismo pensarlo - un discorso sui diritti. Ma questo comunque non ci impedisce di vedere dietro le parole dell’ eroina sofoclea un elemento di enorme rilevanza culturale che, pur riguardando ad un primo livello soltanto i doveri sacri nei confronti dei morti, si ispira a un sentimento condiviso e radicato di rispetto della dignità dell’uomo che si esprime, in questo caso, nei riti legati alla sepoltura, ma che vedremo essere presente anche in altre occasioni e contesti all’interno della cultura del mondo antico.Soph., Antigone, 522.Soph., Antigone, 523.
  5. Riconoscere e cercare di far riconoscere ad ogni uomo uguale dignità nella morte, come tenta di fare Antigone a costo della propria vita, per quanto non si possa trattare di un riconoscimento garantito dalla legge, che al contrario è in questo caso schierata dalla parte opposta (quella di Creonte che ha creato la propria legge su basi ben diverse), è comunque un primo passo che ha un enorme valore culturale e antropologico. Non si parla ancora certamente di uguaglianza giuridica, ma Antigone non rappresenta un punto di vista isolato se Sofocle la fa emergere come eroina “vincitrice”, sebbene condannata a morte e suicida. Di conseguenza nelle sue parole si condensa un’idea che sembra condivisa dai Greci nel loro complesso; i cittadini di Tebe obbediscono a Creonte solo per paura e, eij mh; glw'ssan ejgklhv/soi fovbo". (“se la paura non tappasse loro la bocca”) si unirebbero al discorso della giovane donna che si oppone al tiranno. Nel funzionamento del meccanismo doveri/diritti, è rilevante soprattutto il rapporto con il divino: nel momento in cui Antigone viola la legge decretata da Creonte viene giudicata da un tribunale umano presieduto da Creonte stesso; nel caso di Creonte che viola, come lui stesso finirà per riconoscere alla fine della tragedia, le leggi stabilite da un potere esterno e superiore, e pertanto più forti della legge umana ( devdoika ga;r mh; tou;" kaqestw'ta" novmou" a[riston h\\/ swv/zonta to;n bivon telei'n, (“temo infatti che sia meglio rispettare fino alla fine della vita le leggi stabilite”), invece, “ non ci sono tribunali né sacerdoti ” che possano esprimere un giudizio, ma la condanna è ancor più grave perché avrà come conseguenza un castigo divino, che nel caso di Creonte si concretizza nel suicidio del figlio e della moglie. Gli dèi dunque non permettono che le loro leggi vengano violate dall’empietà degli uomini. In assenza di un’eroina che ricordi agli uomini come bisogna comportarsi nei confronti di chi è stato sconfitto in battaglia, saranno gli dèi stessi- in un certo senso - a farsi carico di mettere un freno alla hybris degli eroi.  L’epilogo, con l’imprigionamento di Antigone e il suo successivo suicidio nella grotta dove era tenuta, farà della protagonista, per così dire, la prima paladina dei diritti umani nella cultura greca.Soph., Antigone, 505.Soph., Antigone, 1113-1114.De Romilly, op.cit., p. 33.
  6. 1.2 Un passo indietro: Achille e il corpo di Ettore La riflessione sulla sorte di un cadavere ha però, nella letteratura greca, cioè nella prima letteratura dell’Occidente, una data di nascita molto anteriore a quella della tragedia sofoclea. E’ quella del primo dei poemi omerici, l’Iliade. Fin dalle prime battute, l’episodio del duello tra Ettore e Achille che compare nel XXII libro appare dominato dalla preoccupazione per quella che sarà la sorte del cadavere dello sconfitto. Prima di dare inizio allo scontro, Ettore si rivolge all’avversario e lo invita a invocare gli dèi come garanti di un solenne giuramento: l’eroe troiano dichiara che non recherà offesa al cadavere del nemico, qualora sia lui a riportare la vittoria, e invita Achille ad impegnarsi nella stessa promessa:ajllÆ a[ge deu'ro qeou;" ejpidwvmeqa: toi; ga;r a[ristoi mavrturoi e[ssontai kai; ejpivskopoi aJrmoniavwn: ouj ga;r ejgwv sÆ e[kpaglon ajeikiw', ai[ ken ejmoi; Zeu;" dwvh/ kammonivhn, sh;n de; yuch;n ajfevlwmai: ajllÆ ejpei; a[r kev se sulhvsw kluta; teuvceÆ jAcilleu' nekro;n jAcaioi'sin dwvsw pavlin: w}" de; su; rJevzein. vv. 254-259 Ma su, qui stesso invochiamo gli dèi; saranno loro i testimoni e garanti migliori dei nostri accordi:non ti sfregerò malamente, nel caso che Zeus dia a me la vittoria ed io ti tolga la vita;ma dopo averti, Achille, predato le tue belle armi,restituirò il orto agli Achei; tu fa’ altrettanto Ma Achille rifiuta con disprezzo il patto proposto dall’avversario (v. 261) e, dopo averlo ferito a morte, infierisce contro di lui promettendogli che cani e uccelli faranno scempio del suo corpo senza vita se; me;n kuvne" hjdÆ oijwnoi; eJlkhvsousÆ aji>kw'", to;n de; kteriou'sin jAcaioiv. vv. 335-336Questa forma di oltraggio al cadavere costituiva un “rituale di annientamento” che i Greci chiamavano αεικια (letteralmente “perdita di somiglianza”). Lo scopo era quello di rendere irriconoscibile il cadavere, per privarlo della sua identità. In una società che, come quella greca, vedeva l’affermazione di sé come uno dei valori più alti, questa perdita di riconoscibilità del corpo costituiva una gravissima minaccia. L’ αεικια rappresentava perciò, in un certo senso, il rovescio del rito funebre, che aveva invece l’obiettivo di preservare ed eternare l’identità della persona, proprio attraverso un articolato rituale che prevedeva il compianto dei parenti e la ricomposizione del cadavere: esso veniva lavato, avvolto in vesti preziose e cosparso di unguenti profumati, in modo che l’immagine più bella e più integra della persona venisse offerta alla vista, e quindi al ricordo.Nell’avanzare questa richiesta, Ettore cerca di tutelarsi dal pericolo contro cui lo aveva meso in guardia la madre: per dissuadere il figlio dal combattere contro Achille, Ecuba si era detta certa che il eroe eroe non avrebbe restituito il cadavere ai familiari per il regolare rito funebre, ma lo avrebbe dato in pasto ai cani (XXII, vv. 86-89). Non si deve dimenticare che il rito funebre praticato nella società omerica è quello della cremazione, (dal verbo κρεμαννυμι che significa “bruciare”), durante la quale il corpo del defunto viene affidato al fuoco che lo distrugge rapidamente, con un passaggio immediato dalla piena integrità del corpo alla sua dissoluzione in cenere, senza che il cadavere conosca - come avviene nell’inumazione - il processo di disfacimento e putrefazione. A eternare il defunto è inoltre la costruzione del monumento funebre, luogo deputato alla prosecuzione di un rapporto tra i vivi e i morti nella dimensione della memoria.
  7. Il guerriero sottoposto ad αεικια non perde solo la sua identità; la mancata restituzione del cadavere ai parenti per una regolare sepoltura comporta una seconda e ancor più grave conseguenza: finché il corpo non aveva ricevuto gli onori funebri, all’anima del defunto era impedito l’accesso al regno dei morti. Senza un funerale che sancisca il passaggio della persona dal regno dei vivi all’oltretomba, l’anima del defunto resta, cioè, in una insostenibile situazione di “liminarità”, senza appartenere completamente a nessuno dei due mondi. Ma le anime di chi fosse rimasto privo di onori funebri potevano- nell’immaginario dei Greci- trasformarsi in dèmoni vendicatori: questa credenza è adombrata nelle stesse parole di Ettore morente. Nell’estremo tentativo di convincere Achille a restituire il suo corpo ai genitori, il guerriero troiano ammonisce l’avversario: fravzeo nu'n, mhv toiv ti qew'n mhvnima gevnwmai v. 358“Bada piuttosto che io non diventi per te vendetta divina”  Ma neppure questa minaccia può distogliere Achille dal suo desiderio di vendetta. Anzi, la ferocia del Pelide si spinge al desiderio di una forma estrema di αεικια, il cannibalismo: Achille rimpiange di non poter lui stesso sbranare il corpo dell’avversario, al posto dei cani e degli uccelli (vv. 346-47). Le parole di Achille suonano come umiliazione violenta del nemico: Ettore morente perde non solo la sua identità di guerriero, ma addirittura la connotazione di essere umano, per trasformarsi in semplice carne, pasto dell’avversario. Viceversa, Achille va incontro ad una metamorfosi animale: divenuto belva assetata di sangue, il guerriero greco non è più disposto a riconoscere le norme che regolano la guerra e la restituzione dei cadaveri al nemico. Achille preannuncia così a Ettore che rifiuterà ogni dono offerto da Priamo in cambio del corpo del figlio e che la madre Ecuba non potrà piangere su di lui il lamento funebre: alla supplica di Ettore, fatta in nome della vita, delle ginocchia, dei genitori (vv. 340-1), Achille risponderà sprezzante che in nessun caso, e a nessuna condizione sev ge povtnia mhvthr ejnqemevnh lecevessi gohvsetai o}n tevken aujthv, ajlla; kuvne" te kai; oijwnoi; kata; pavnta davsontai vv.349-52“la nobile madre potrà piangerti disteso sul letto, lei che ti ha partorito, ma tutto intero ti mangeranno cani e uccelli”
  8. 1.2.1“Ricordati del padre tuo, Achille pari agli dèi” Nel libro XXIV il re Priamo, sfidando la morte e la paura, si reca nell’accampamento greco per supplicare Achille di restituirgli il cadavere del figlio; il corpo, protetto da Apollo, non è stato del tutto sfigurato dalla violenza del Pelide che con immensa hybris si è accanito per giorni sul corpo di Ettore, trascinandolo dietro il suo cocchio. Se - come abbiamo visto - nell’Antigone è una donna ad osare sfidare le leggi degli uomini, qui è un vecchio che chiama a testimoni gli dèi: è come se nella “normalità”, quella del maschio adulto, non si potesse inscrivere il gesto della infrazione alle leggi irrevocabili della guerra e del trattamento dei nemici.tou;" dÆ e[laqÆ eijselqw;n Privamo" mevga", a[gci dÆ a[ra sta;"  “Il grande Priamo entrò non visto, ed avvicinatosi cersi;n jAcillh'o" lavbe gouvnata kai; kuvse cei'ra" abbracciò le ginocchia di Achille, baciò le sue manideina;" ajndrofovnou", ai{ oiJ poleva" ktavnon ui|a". tremende, omicide, che a lui tanti figli avevano ucciso” vv. 477-9 (…) ajllÆ aijdei'o qeou;" jAcileu', aujtovn tÆ ejlevhson “Su, Achille, rispetta gli dèi ed abbi pietà di me,mnhsavmeno" sou' patrov": ejgw; dÆ ejleeinovterov" per, nel ricordo di tuo padre. Ancora più degno di pietà sono io,e[tlhn dÆ oi|Æ ou[ pwv ti" ejpicqovnio" broto;" a[llo", ho sopportato quello che al mondo nessun altro mortale,ajndro;" paidofovnoio poti; stovma cei'rÆ ojrevgesqai. di portare alla bocca la mano dell’uccisore di mio figlio.” vv. 503 ss.  Tanto più dunque “è riprovevole chi si accanisce contro un morto” e tanto più di conseguenza diviene necessario che “in suo favore gli dèi intervengano”. Sono infatti gli dèi che, come in molte altre occasioni nei poemi omerici, si fanno giudici della disputa: Achille deve consegnare il corpo di Ettore o mantenerlo nell’accampamento? E’ soprattutto Apollo che si schiera a favore della restituzione del cadavere, ma stavolta non è una decisione “di parte” (il dio è in modo manifesto sostenitore dei troiani) quanto una presa di posizione contro la violenza e l’empietà di cui Achille si è macchiato. Quest’ultimo viene poi a conoscenza del verdetto per mezzo della madre Teti e stavolta nemmeno il Pelide potrà andare contro il volere divino (vv. 126-140). Così il vecchio Priamo riuscirà ad ottenere il corpo del suo amato figlio, dopo un toccante dialogo con l’eroe. E l’Iliade si chiude con un verso di straordinaria essenzialità, che ci parla di una conclusione drammaticamente pacificata della vicenda: }W" oi{ gÆ ajmfivepon tavfon {Ektoro" iJppodavmoio. “Davano così sepoltura ad Ettore domatore di cavalli”  Sono versi la cui eco ha risuonato attraverso i secoli, impigliandosi anche nella chiusa di quell’inno alla memoria attraverso la tomba (il monumentum, ciò che consente l’atto immortale del meminisse) che sono I Sepolcri di Ugo Foscolo: E tu onore di pianti, Ettore, avraiove fia santo e lacrimato il sangueper la patria versato, e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane. Iliade XXIV, v.804.
  9. 1.3 … e di nuovo a Sofocle  E’ ancora il campo di Troia a fare da sfondo alla vicenda narrata dalla tragedia di Sofocle Aiace, dove ancora una volta il tema del destino di un cadavere gioca un ruolo di primissimo piano. Si tratta, anche in questo caso, di un cadavere “eccellente”: è quello di Aiace, che nella tradizione omerica è il più forte eroe dopo Achille, l’unico che può tenere testa ad Ettore durante l’assenza del Pelide. E’ forse questa certezza di poter raccogliere l’eredità di colui che ha ucciso Ettore a generare, in contrasto con la delusione per non aver ricevuto le armi di Achille, la furia cieca del Telamonide: essa si è abbattuta sulle greggi dei Greci, da lui scambiati per gli Atridi, rei di aver privilegiato con quel dono Odisseo. Se la prima parte della tragedia è occupata dalla follia dell’eroe fino al suo suicidio, la seconda ruota esclusivamente attorno alla questione della sepoltura, da concedergli o da negargli; in questo caso proprio Odisseo si fa giudice in terra tra Teucro, fratello di Aiace, e gli Atridi. Secondo questi ultimi, infatti, non merita sepoltura un uomo che ha attentato alla vita di comandanti supremi dell’esercito greco, salvati solo dall’intervento di Atena; ma è Teucro stavolta che invoca le leggi divine e che pretende anche per il fratello il trattamento riservato non solo agli eroi, ma a tutti gli uomini. E - in modo molto significativo - riflette sul destino che ha legato Ettore e Aiace attraverso lo scambio delle loro armi:Iliade II, v. 768; Odissea, XI, 468.Iliade VII , 182.
  10. La libertàNel mondo antico la libertà era riferita principalmente alla comunità, e solo di riflesso agli individui. Innanzitutto veniva attribuito un ruolo decisivo nelle vicende umane al Fato o Destino, una forza suprema che guidava l’uomo e ne condizionava l’esistenza senza che questi potesse opporvisi. La forza del Fato era tale che le stesse divinità ne erano soggette.Dal punto di vista politico era invece la condizione della polis o della civitas a sancire se vi fosse libertà: se la comunità si era data da sé le leggi che la governavano e non le erano state imposte da un tiranno o dallo straniero, allora essa era considerata libera, e liberi erano anche i suoi cittadini. L’essenza della libertà era quindi l’ autodeterminazione della polis o della civitas.Dato che la libertà non era connaturata alla persona ma all’ordinamento politico, la schiavitù era ritenuta ammissibile. Anzi, per Aristotele era addirittura giusta, perché gli uomini erano diversi non solo in base a caratteristiche fisiche, ma anche mentali e spirituali: gli schiavi infatti avevano quel tanto di ragione per poter ubbidire agli ordini del padrone, ma di fatto ne erano privi, mentre disponevano di un corpo così robusto da sopportare bene la fatica; per converso i liberi avevano tutte le doti che servivano per la vita pubblica.La libertà infatti divenne il valore supremo che conferiva virtù, e di conseguenza il suicidio era l’atto supremo con cui lo stoico non più libero sanciva la propria dignità ultima, al tempo stesso necessità filosofica e dovere morale. E’ in ragione di questo sentire che Catone si uccise di fronte al crescente potere personale di Cesare, e Seneca giunse a teorizzare il suicidio in uno dei suoi trattati.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html
  11. Nei cittadini a pieno titolo non rientravano gli stranieri e gli schiavi, ma neppure le donne. A causa delle doti loro attribuite, infatti, non erano paragonabili agli uomini, e come tali venivano considerate mere abitanti della polis e di conseguenza indegne di partecipare alla vita pubblica. Non solo erano inadatte alla guerra e poco sagge, ma avevano un ruolo passivo persino nella procreazione, dato che si riteneva che l’embrione fosse generato dall’uomo.Essendo la concezione antropologica dei Greci fondata sulla disuguaglianza, non deve sorprendere che fosse anche ellenocentrica. Essa giustificava l’inferiorità degli stranieri, o barbari, sulla base dell’influenza che le condizioni ambientali e climatiche esercitavano sui popoli: solo i Greci avevano il massimo dell’intelligenza e del coraggio perché vivevano al centro della zona temperata, mentre i nordici erano rozzi e irruenti, gli asiatici arrendevoli anche se ingegnosi, gli egiziani balordi perché troppo ingentiliti. Questa classificazione gerarchica poneva i Greci al vertice, e di conseguenza sanciva il loro diritto a comandare su tutte le genti.Lo Stoicismo ebbe un forte influsso anche sul pensiero politico, che in seguito alle conquiste di Alessandro Magno spostò la propria riflessione dalla polis all’ intero cosmo. Ma è con gli Stoici romani che la dottrina sviluppò principi finalizzati alla prassi, stabilendo così uno stretto legame tra filosofia e politica.Cicerone riteneva che ogni uomo appartenesse alla civitas maxima costituita da tutto il genere umano dotato di ragione, e che per questo fosse in rapporto di uguaglianza con gli altri uomini, ai quali era legato anche mediante il diritto. Superiore alla legge positiva degli uomini era la lex naturae, voluta dagli dèi ed esistente da sempre, che nessun legislatore avrebbe mai potuto abrogare o ignorare. E’ quindi grazie a Cicerone che la legge di natura cessa di essere un argomento di mera riflessione filosofica e diviene oggetto di teoria e prassi giuridica.In nome della compartecipazione di tutti gli uomini alla ragione universale e della sacralità che ne derivava, Seneca nel De clementia esortò l’Imperatore ad agire per il bene della comunità, intendendo l’esercizio del potere come servizio reso al popolo. Epitteto invece basò l’uguaglianza di tutti gli uomini sulla comune filiazione da Dio. Nel I e II Secolo d.C. lo Stoicismo fu adottato come religione dalle classi più colte e influenti della società romana, e per questo ebbe modo di produrre risultati concreti in àmbito politico, come testimonia sopra tutte l’opera di Marco Aurelio, al termine di un periodo che si può a ragione definire di “assolutismo illuminato”.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html
  12. col tempo la sfera del diritto incominciò a staccarsi da quella del sacro, facendo emergere una distinzione tra la legge degli uomini e quella degli dèi. Ciò avvenne in Grecia nel V Secolo a.C. col consolidarsi della polis, e a Roma durante il periodo regio. Eppure la connotazione mista rimase sempre presente, al punto che è grazie a imperativi di carattere religioso che si pretendeva il rispetto dei communia, ossia di quegli obblighi generali comuni a tutti i popoli che secondo Cicerone erano utili a chi ne beneficiava e non arrecavano danno a chi li osservava, e che Seneca definiva come humanum officium, cioè “doveri degli uomini verso gli uomini”.Questi doveri consistevano nel dare acqua all’assetato e cibo all’affamato, nell’indicare la strada al viandante, nel seppellire i cadaveri, nell’essere clemente verso i nemici dichiarati, astenendosi dall’infierire sulle loro cose, sulle loro donne e su chi era stato fatto prigioniero.Lo StoicismoUna svolta decisiva scaturì dalle amare vicende che portarono la Grecia sotto il giogo dello straniero e quindi alla perdita della libertà tradizionalmente intesa. In un contesto nel quale non c’ era più libertà, fu necessario dare a questa un nuovo significato e un nuovo fondamento: divenuta impossibile la libertà collettiva, si puntò su quella interiore (e quindi individuale) emancipando così il valore del singolo da quello della comunità e dell’ordinamento giuridico che la governava.Già i Sofisti ritennero che la comune biologia (physis) rendesse gli uomini uguali, a dispetto della diversità dei costumi e delle leggi (nomos), ma è con la filosofia stoica che nacque una concezione non solo antropologica, ma anche etica che li riconoscesse tali. A fondamento di questa concezione era l’esistenza di un mondo della ragione a fianco del mondo sensibile, un mondo nel quale ogni uomo era partecipe del logos, ossia della ragione universale, e come tale fosse uguale agli altri per essere contraddistinto dalla medesima finalità etica.Non potrebbe essere più netta la cesura rispetto alla concezione più antica, che riteneva che un sentimento paritetico di amicizia (philia) non potesse nascere fra individui di valenza morale diversa. Un esempio suggestivo di questo nuovo atteggiamento sono le statue del Galata morente e del Galata suicida fatte erigere nell’acropoli di Pergamo nel 230 a.C. dopo la vittoria sui Galati, popolazione celtica stanziata in Asia Minore: in esse si celebra il vincitore mediante l’esaltazione delle virtù del barbaro vinto (forza, coraggio, grandezza morale), raffigurando rispettivamente un guerriero ferito, sofferente ma non sottomesso, e un guerriero che dà la morte a sé stesso e alla propria donna per non cadere nelle mani dei nemici.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html
  13. Non potrebbe essere più netta la cesura rispetto alla concezione più antica, che riteneva che un sentimento paritetico di amicizia (philia) non potesse nascere fra individui di valenza morale diversa. Un esempio suggestivo di questo nuovo atteggiamento sono le statue del Galata morente e del Galata suicida fatte erigere nell’acropoli di Pergamo nel 230 a.C. dopo la vittoria sui Galati, popolazione celtica stanziata in Asia Minore: in esse si celebra il vincitore mediante l’esaltazione delle virtù del barbaro vinto (forza, coraggio, grandezza morale), raffigurando rispettivamente un guerriero ferito, sofferente ma non sottomesso, e un guerriero che dà la morte a sé stesso e alla propria donna per non cadere nelle mani dei nemici.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html
  14. Philanthropìa e humanitasIl mutato atteggiamento ebbe riflessi anche in campo linguistico, dove la parola greca philanthropìa e quella latina humanitas legavano il concetto di “uomo” al concetto di “comportamento mite, equo, comprensivo”, preparando così il terreno a quella che col tempo sarebbe divenuta la nozione di “diritti umani”.Philanthropìa significava “affetto per gli uomini”, anche se si ritiene che qui phìlos (“caro”, “che ama”) avesse una connotazione più sociale che sentimentale, intendendo la propensione o la disposizione a riconoscere nell’uomo un altro appartenente al proprio gruppo sociale, e in virtù di questo a voler stabilire con lui relazioni di vicinanza analoghe a quelle intrattenute con la moglie, i figli, i parenti, l’ospite o la propria casa (tutti accomunati nella parola phìloi).Come il philéllenos vedeva nei Greci (Héllenes) il gruppo con cui intrattenere rapporti privilegiati, il philànthropos guardava invece a tutti gli uomini (ànthropos, “uomo”). Probabilmente non è un caso che l’uso di questa parola si diffonda a partire dal IV Secolo a.C., cioè dopo le esperienze dolorose vissute dal mondo greco alla fine del V Secolo.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.htmlContinua
  15. Invece a partire dal I Secolo a.C. i Romani usarono la parola humanitas, che indicava sia un comportamento “umano” sia l’educazione e la cultura, ritenendo che l’amore per la conoscenza fosse l’unico tratto veramente distintivo dell’uomo rispetto agli altri esseri viventi, l’unico tratto autenticamente “umano”, e quindi che l’educazione e la cultura rendessero l’uomo più uomo, cioè migliore. In questo modo tanto philanthropìa quanto humanitas, legando i concetti di “equità, mitezza” al concetto di “uomo”, facevano diventare i primi i tratti distintivi del secondo, per cui un uomo poteva dirsi veramente tale solo se avesse agito con generosità e mitezza.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html
  16. Tuttavia lo scarto con la concezione moderna è ancora netto. Infatti oltre a humanitas i Romani usarono anche clementia e indulgentia, virtù che trattenevano dal commettere atti esecrabili: di conseguenza il rispetto non scaturiva da diritti che si riteneva spettassero a tutti gl’individui, bensì dalla buona disposizione e dalle qualità morali di colui che agiva secondo humanitas. Un comportamento del genere era quindi lodevole, ma non obbligatorio, ed è in virtù di questo che Valerio Massimo può esaltare la clementia del console Marcello che piange alla vista dello scempio di Siracusa perpetrato nel 212 a.C dai suoi stessi soldati.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html
  17. Un altro esempio di questo scarto lo fornisce lo stesso Cicerone, il quale vedeva sì tutti gli uomini appartenenti alla medesima societas, ma li riteneva anche vincolati da doveri diversi in base alla relazione di vicinanza che esisteva fra loro. Cicerone enumerava quattro società parziali fondate sulla vicinanza, la prima delle quali era costituita dagli individui che parlavano la stessa lingua e vantavano le stesse origini, seguita poi da quelle create dallo stato, dalla famiglia e infine dagli amici.Una tale classificazione faceva venir meno ogni universalità poiché stabiliva una gerarchia tra i soggetti nei confronti dei quali si avevano obblighi, gerarchia nella quale venivano prima la patria e i genitori, poi i figli e il resto della famiglia, poi i parenti, e infine gli amici. Ribaltando la prospettiva e trasformando i doveri in diritti di coloro verso i quali si dovevano esercitare, è evidente che non si possa parlare di diritti genericamente “umani”, ossia appartenenti a tutti indistintamente.In sintesi, la ragione principale che induce a negare l’esistenza di diritti umani nell’età antica è proprio questa. E’ vero che la filosofia stoica introdusse i concetti di libertà, uguaglianza, dignità umana e rispetto della persona, ma essi rimasero confinati nella sfera etica e non influirono sugli ordinamenti politici e giuridici portando all’affermazione di diritti fondamentali per ogni individuo, dato che le finalità del pensiero greco-romano erano il bene comune e l’utilità generale, non l’individuo.http://www.sdfmagazine-amnestylombardia.org/wordpress/diritti-civili-e-politici/storia-dei-diritti-umani-leta-antica.html