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L’ARTE DA ASSAGGIARE
progetto realizzato da Silvia Bosio per la manifestazione
«E se... la storia fosse cibo» progettata da Francesco Marino
ANTICAGRECIA
Nella Grecia antica (circa IX sec. a.C.) la cucina era ancora rozza, fatta
di più portate preparate in modo comunque sbrigativo. Nell’età classica
la diversificazione delle portate e la maggiore disponibilità degli
alimenti denotarono l’avvento di una vera e propria arte gastronomica,
appannaggio di cuochi professionisti ingaggiati a giornata o per brevi
periodi da ricchi committenti.
I Greci ripartivano i pasti della giornata in tre momenti, corrispondenti
alla colazione, al pranzo e alla cena di oggi; particolare era il pasto
serale (sympósion), caratterizzato da spettacoli di danza, poesie e
comici. Le ricette di quell’epoca giunte fino a noi erano quasi tutte a
base di pesce, e molto apprezzati divennero gli uccelli, la cacciagione e
le lepri in particolare.
I greci consideravano la carne, cotta essenzialmente alla brace o allo spiedo, un
cibo di lusso che compariva solo sulle tavole dei ricchi; la preferita era la carne di
maiale, anche perché il pollame fece la sua apparizione solo nell'età classica. Le
famiglie povere mangiavano principalmente pane e legumi, oppure pesci sotto
sale o affumicati. I pesci e le verdure erano invece destinati ai contadini, i quali le
accompagnavano con cereali, legumi, fichi freschi o essiccati. Molto praticata era
la pastorizia e ben conosciuta era la tecnica di fabbricazione del formaggio, specie
quello di capra, fatto anche stagionare.
Un pescivendolo taglia un pezzo di tonno
(periodo dell’antica Grecia).
Tra i romani, oltre alle solite carni come bue, agnello e vitello, si consumavano
anche quelle di asino, di ghiro, di cinghiale, di fagiano e di pavone. Nelle villae
si allevavano i pesci, la selvaggina e gli uccelli, che erano poi cucinati con maestria
dai cuochi: i funghi venivano cucinati col miele; i piccioni con datteri, pepe, miele,
aceto, vino, olio e senape; e le pesche venivano preparate con delle marinate.
La cucina dell'antica Roma deve molto ai Greci, i cui cuochi erano molto apprezzati; anche
tra i Romani il vino, l'olio d'oliva e il pane erano diffusissimi. I Romani conoscevano diverse
varietà di vini, sia bianchi che rossi e amavano berli quasi sempre impuri, cioè allungati con
neve oppure con acqua (calda o fredda).
Nella Roma arcaica (V e IV sec. a.C.) il modo di mangiare era piuttosto sobrio e frugale;
durante il pranzo meridiano il piatto forte sembrava fosse solo del pane, senza
companatico. Ma già nella Roma repubblicana troviamo abitudini alimentari più simili a
quelle odierne: una prima colazione, lo ientaculum, a base di pane e vino, accompagnato
da latte, uova, formaggi e frutti; il prandium di mezzogiorno, composto anche di pietanze
calde; la coena serale che rappresenta il pasto principale.
Nelle epoche successive, in particolare
in quella imperiale, vi fu invece un
grande cambiamento. I romani avevano
per la buona tavola un amore che non
risparmiava cure e non badava a spese.
Anche per loro il pane era alla base dei
pasti, però il suo uso si diffuse solo verso
il secondo secolo avanti Cristo. Prima si
mangiava una specie di pappa di farro e
grano, detta puls. Questa veniva
consumata con legumi come fave,
lenticchie e ceci, oppure con la carne
allo spiedo.
ROMA ANTICA
Nell'antica Grecia il pranzo era veloce:
olive, pesce fritto o formaggio e pane di
orzo. Vi erano tantissimi tipi diversi di
pane, addirittura 72, tra cui il daraton,
che era un pane senza lievito; il phaios,
un pane scuro; il semidelites, fatto con
fior di grano; il caibanites, un pane
composto da varie farine. E poi pani con
olive, uva passa e fichi secchi. Si trattava
di una cucina in cui sapori pungenti
erano mescolati e sapori dolciastri: nelle
stesse pietanze, accanto all'aceto e alla
menta, si usavano il miele, il mosto cotto
e la frutta ridotta a purè.
SAPORIFORTI
Tra le salse erano forse la nota più distintiva della
cucina dell'antica Roma; i cuochi romani erano soliti
mescolare i sapori, associando il dolce al salato e
l'amaro all'agro. Tra le salse più famose e più
"originali" va ricordato il garum o liquamen, una
salsa di pesce, aggiunta quasi a ogni cibo, ottenuta
dalla decomposizione di scarti e interiora di
pesce, che venivano esposti al sole e continuamente
rimescolati con l'aggiunta di sale ed erbe aromatiche.
Il garum era un liquido dal gusto difficilmente
immaginabile, si trattava in pratica di un esaltatore di
sapore impiegato come la salsa di soia nella cucina
cinese o il concentrato da brodo nella nostra cucina.
IL pesce è da sempre cibo delle
popolazioni mediterranee. Fenici,
Greci, Romani, e perciò immortalato fin
dalle origini nelle loro opere. Pitture
murali di Pompei ed Ercolano ricordano
come esso, assieme ai molluschi e
crostacei, fosse un cibo prelibato da
offrire agli ospiti
Un curioso mosaico pavimentale (I sec.
a.C.) detto «Non spazzato» (Xenia)
riproduce i resti di un banchetto, tra i
quali campeggiano diverse chele,
alcune conchiglie, una lisca
e delle code di pesce.
Uno dei gastronomi più famosi fu Marco
Gavio Apicio, al quale è stato attribuito
erroneamente il mitico "De re
coquinaria" ovvero "In tema di cucina",
una raccolta di ricette dell'antica Roma,
alcune delle quali sono ancor oggi
attuali!!
XENIA
Queste decorazioni avevano
valenza religiosa: solitamente
i romani mangiavano
nell'atrium, stanza sotto la
quale erano sepolti gli antenati.
I resti dei pasti lasciati, così
raffigurati, rappresentavano il cibo
lasciato alle ombre dei morti, che
popolavano la casa, ragione per cui era
sconsigliato raccogliere ciò che cadeva
o veniva gettato a terra e spazzare il
suolo appena alzati da tavola.
Ciliegie, uva e fragole erano molto comuni,
mentre le pesche, di origine persiana,
furono portate in Grecia dopo il IV secolo
avanti Cristo. Da bere, anche qui, c'era il
vino, che era la bevanda preferita, si beveva
caldo anche nei locali pubblici di mescita
(i thermopolia). Si beveva anche il kikeon,
bevanda a base di farina d'orzo, semi di
coriandolo e lino, vino, formaggio
grattugiato e foglioline di menta.
Essi amavano i banchetti, durante i quali i
partecipanti ricevevano la lista delle
pietanze che il padrone di casa avrebbe
servito (una prima forma di menù).

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Arte e cibo greci e romani

  • 1. L’ARTE DA ASSAGGIARE progetto realizzato da Silvia Bosio per la manifestazione «E se... la storia fosse cibo» progettata da Francesco Marino
  • 2. ANTICAGRECIA Nella Grecia antica (circa IX sec. a.C.) la cucina era ancora rozza, fatta di più portate preparate in modo comunque sbrigativo. Nell’età classica la diversificazione delle portate e la maggiore disponibilità degli alimenti denotarono l’avvento di una vera e propria arte gastronomica, appannaggio di cuochi professionisti ingaggiati a giornata o per brevi periodi da ricchi committenti. I Greci ripartivano i pasti della giornata in tre momenti, corrispondenti alla colazione, al pranzo e alla cena di oggi; particolare era il pasto serale (sympósion), caratterizzato da spettacoli di danza, poesie e comici. Le ricette di quell’epoca giunte fino a noi erano quasi tutte a base di pesce, e molto apprezzati divennero gli uccelli, la cacciagione e le lepri in particolare.
  • 3. I greci consideravano la carne, cotta essenzialmente alla brace o allo spiedo, un cibo di lusso che compariva solo sulle tavole dei ricchi; la preferita era la carne di maiale, anche perché il pollame fece la sua apparizione solo nell'età classica. Le famiglie povere mangiavano principalmente pane e legumi, oppure pesci sotto sale o affumicati. I pesci e le verdure erano invece destinati ai contadini, i quali le accompagnavano con cereali, legumi, fichi freschi o essiccati. Molto praticata era la pastorizia e ben conosciuta era la tecnica di fabbricazione del formaggio, specie quello di capra, fatto anche stagionare. Un pescivendolo taglia un pezzo di tonno (periodo dell’antica Grecia). Tra i romani, oltre alle solite carni come bue, agnello e vitello, si consumavano anche quelle di asino, di ghiro, di cinghiale, di fagiano e di pavone. Nelle villae si allevavano i pesci, la selvaggina e gli uccelli, che erano poi cucinati con maestria dai cuochi: i funghi venivano cucinati col miele; i piccioni con datteri, pepe, miele, aceto, vino, olio e senape; e le pesche venivano preparate con delle marinate.
  • 4. La cucina dell'antica Roma deve molto ai Greci, i cui cuochi erano molto apprezzati; anche tra i Romani il vino, l'olio d'oliva e il pane erano diffusissimi. I Romani conoscevano diverse varietà di vini, sia bianchi che rossi e amavano berli quasi sempre impuri, cioè allungati con neve oppure con acqua (calda o fredda). Nella Roma arcaica (V e IV sec. a.C.) il modo di mangiare era piuttosto sobrio e frugale; durante il pranzo meridiano il piatto forte sembrava fosse solo del pane, senza companatico. Ma già nella Roma repubblicana troviamo abitudini alimentari più simili a quelle odierne: una prima colazione, lo ientaculum, a base di pane e vino, accompagnato da latte, uova, formaggi e frutti; il prandium di mezzogiorno, composto anche di pietanze calde; la coena serale che rappresenta il pasto principale. Nelle epoche successive, in particolare in quella imperiale, vi fu invece un grande cambiamento. I romani avevano per la buona tavola un amore che non risparmiava cure e non badava a spese. Anche per loro il pane era alla base dei pasti, però il suo uso si diffuse solo verso il secondo secolo avanti Cristo. Prima si mangiava una specie di pappa di farro e grano, detta puls. Questa veniva consumata con legumi come fave, lenticchie e ceci, oppure con la carne allo spiedo. ROMA ANTICA Nell'antica Grecia il pranzo era veloce: olive, pesce fritto o formaggio e pane di orzo. Vi erano tantissimi tipi diversi di pane, addirittura 72, tra cui il daraton, che era un pane senza lievito; il phaios, un pane scuro; il semidelites, fatto con fior di grano; il caibanites, un pane composto da varie farine. E poi pani con olive, uva passa e fichi secchi. Si trattava di una cucina in cui sapori pungenti erano mescolati e sapori dolciastri: nelle stesse pietanze, accanto all'aceto e alla menta, si usavano il miele, il mosto cotto e la frutta ridotta a purè.
  • 5. SAPORIFORTI Tra le salse erano forse la nota più distintiva della cucina dell'antica Roma; i cuochi romani erano soliti mescolare i sapori, associando il dolce al salato e l'amaro all'agro. Tra le salse più famose e più "originali" va ricordato il garum o liquamen, una salsa di pesce, aggiunta quasi a ogni cibo, ottenuta dalla decomposizione di scarti e interiora di pesce, che venivano esposti al sole e continuamente rimescolati con l'aggiunta di sale ed erbe aromatiche. Il garum era un liquido dal gusto difficilmente immaginabile, si trattava in pratica di un esaltatore di sapore impiegato come la salsa di soia nella cucina cinese o il concentrato da brodo nella nostra cucina.
  • 6. IL pesce è da sempre cibo delle popolazioni mediterranee. Fenici, Greci, Romani, e perciò immortalato fin dalle origini nelle loro opere. Pitture murali di Pompei ed Ercolano ricordano come esso, assieme ai molluschi e crostacei, fosse un cibo prelibato da offrire agli ospiti Un curioso mosaico pavimentale (I sec. a.C.) detto «Non spazzato» (Xenia) riproduce i resti di un banchetto, tra i quali campeggiano diverse chele, alcune conchiglie, una lisca e delle code di pesce. Uno dei gastronomi più famosi fu Marco Gavio Apicio, al quale è stato attribuito erroneamente il mitico "De re coquinaria" ovvero "In tema di cucina", una raccolta di ricette dell'antica Roma, alcune delle quali sono ancor oggi attuali!! XENIA Queste decorazioni avevano valenza religiosa: solitamente i romani mangiavano nell'atrium, stanza sotto la quale erano sepolti gli antenati. I resti dei pasti lasciati, così raffigurati, rappresentavano il cibo lasciato alle ombre dei morti, che popolavano la casa, ragione per cui era sconsigliato raccogliere ciò che cadeva o veniva gettato a terra e spazzare il suolo appena alzati da tavola.
  • 7. Ciliegie, uva e fragole erano molto comuni, mentre le pesche, di origine persiana, furono portate in Grecia dopo il IV secolo avanti Cristo. Da bere, anche qui, c'era il vino, che era la bevanda preferita, si beveva caldo anche nei locali pubblici di mescita (i thermopolia). Si beveva anche il kikeon, bevanda a base di farina d'orzo, semi di coriandolo e lino, vino, formaggio grattugiato e foglioline di menta. Essi amavano i banchetti, durante i quali i partecipanti ricevevano la lista delle pietanze che il padrone di casa avrebbe servito (una prima forma di menù).