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Andrea Portante
10 Giugno 2018
Il Tevere e il Foro Italico
Dal Ponte della Musica al Ponte Flaminio



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1. Il Complesso del Foro Italico
2. Il Ponte Duca D’Aosta
3. Piazzale dell’Impero e Monolite
4. Accademia Fascista di Educazione Fisica
5. Stadio dei Marmi
6. Stadio
7. Foresterie
8. Campi tennis
9. Colonia Elioterapica
10. Casa delle Armi
11. Piscine
12. Accademia della Musica
13. Palazzo Littorio/Farnesina
14. Arengo della Nazione
15. GIL (Ponte Milvio)
16. Ponte Milvio
17. Ponte Flaminio
18. Quartiere Flaminio
19. Villaggio Olimpico
20. Ponte Bailey
21. Lungotevere Flaminio
4
Introduzione: Fascismo e Architettura
(Andrea Portante)
Da sempre l’architettura svolge un ruolo fondamentale nel processo formativo dell’identità:

• Identità “collettiva”

• Identità (anche) personale 

Un esempio chiarissimo di entrambi questi aspetti è l’Italia medievale, in cui i comuni
facevano a gara nell’edificare le belle città che conosciamo e le singole famiglie, anche le
più umili, mettevano particolare attenzione al “decoro” della propria casa. La casa era un
elemento centrale nel comune medievale: il suo possesso garantiva la cittadinanza, ed il
suo aspetto, la ricchezza e raffinatezza della sua architettura, connotava lo status del suo
proprietario.

Nelle mani di una dittatura l’architettura diviene strumento di governo, attraverso cui
ottenere il consenso.

• Nella prima metà del 900 nessuno stato ha investito politicamente nell’architettura
pubblica come l’Italia

• Anche nel confronto con la Germania nazista il fascismo esce vincente sul piano delle
realizzazioni

• La concretezza fisica, il risvolto sociale, il connotato funzionale attirano il consenso anche
delle persone più distanti dalla politica.

• L’entità degli interventi fiacca il dissenso dei critici verso il regime 

Ma l’architettura è anche strumento per educare le masse. Partecipa al processo di
totalitarizzazione della società, volto a modificare il carattere, le abitudini, le mentalità degli
italiani. Gli architetti italiani sono inseriti e protagonisti nel contesto internazionale. Si
fronteggiano due scuole:

• Razionalisti/Futuristi

• Novecento

A differenza della Germania nazista, fortemente ostile ad ogni avanguardia, all’inizio il
regime incoraggerà le correnti più moderniste, dopo il 36 si tenderà ad una
“normalizzazione” verso stile monumentale e “romanizzante”, per quanto recepisca in parte
alcune istanze moderne Il risultato è uno stile “aulico internazionale”.

Distinguiamo tre fasi, nel rapporto fra fascismo e Architettura:

• Fase 1: (1922-25) Sommaria Attenzione

• Fase 2: (1925-1936) Costruire per Durare

• Fase 3: (dopo il ’36) L’Impero-Osare per Educare e Plasmare 

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Fase 1: Si completa, ad esempio, la Stazione Centrale di Milano 1924-1931, secondo i
disegni di Ulisse Stacchini, vincitore del concorso del 1912 (e successive modifiche fino al
24)

Fase 2: L’Italia deve essere (e apparire) un grande cantiere. Architettura per durare: Si
lanciano massicce iniziative a carattere urbanistico che incidono profondamente sulla
struttura del territorio (sventramenti, città di fondazione). Sembra affermarsi, tra il 1933 e il
1936, il razionalismo, seppur filtrato, che trova forte impulso anche nella committenza dello
stato (es: Case del Fascio) • Dopo il 1936 il regime inizia a richiedere un’architettura più
“romana” e autenticamente fascista, rigettando stili troppo vicini a modelli internazionali
domenica.

Gli investimenti in opere pubbliche implicano un massiccio impiego di manodopera
disoccupata A celebrare l’azione governativa nei lavori pubblici provvedono i viaggi di
inaugurazione L’aspetto estetico gioca un ruolo decisivo:“il culto della bellezza e della forza
sono capisaldi fondamentali della concezione fascista” (Dizionario Mussoliniano, 1939) Tra il
1929 e il 1939 Mussolini visita tutte le regioni d’Italia e 70 capoluoghi di provincia su 89 e
320 località principali. Per rendere più incisiva l’operazione di edificazione del mito, il palco
spesso adotta forme simboliche (incudine a Torino, al Lingotto, prua di una nave a Genova)
Le Opere Pubbliche, sono parte di una strategia politica, ed hanno un ruolo di primo piano.

La costruzione della nuova Roma e della nuova Italia impegnò per 20 anni molti dei più
originali e dotati architetti italiani. La costruzione della “nuova civiltà” coinvolge e affascina
gli architetti Enrico del Debbio, Mario De Renzi, Adalberto Libera, Gaetano Minnucci, Luigi
Moretti, Giuseppe Pagano ,Mario Ridolfi, Mario Sironi, Marcello Piacentini- 

La Guerra d’Etiopia rappresenta una cesura. Costa 40 miliardi di lire, determina un aumento
del 20/25% nelle spese statali con un Impatto negativo sul finanziamento delle opere
pubbliche

Fase 3: Con la conquista dell’impero l’attenzione si sposta dalla valorizzazione dei ruderi
alla costruzione di una Roma autenticamente fascista. Già nel1934 19361935 Inizia la
costruzione del mito. La consacrazione della “continuità” fra Roma fascista e Roma antica
si ha nel 1937 con la mostra Augustea della Romanità.

La “conquista dell’Impero” costituisce un punto di svolta fondamentale 9 maggio 1936 •
Momento di massimo consenso, riconosciuto anche dagli oppositori • Mussolini pensa di
essere anche un grande capo militare • Inizia, e accelererà dopo lo scambio di visite con
Hitler, la costruzione del mito imperiale domenica.

Il ruolo “civilizzatore” dell’Italia fascista le deriverebbe “naturalmente” dall’essere erede
dallo spirito classico e universale della Roma antica • i (falsi) miti della romanità favoriscono
i processi di integrazione della società nello stato fascista • Nella fase 2 l’architettura
serviva a dimostrare che l’Italia è un grande cantiere, che il fascismo va verso il popolo,
veniva usata per glorificare il regime, costruire il consenso e quindi “durare”. • In quella fase
l’architettura può anche parlare linguaggi diversi, molto distanti fra loro • Nella terza fase
6
viene chiesto all’architettura di fare un passo ulteriore, di utilizzare un linguaggio più
consono all’elaborazione dei miti fondanti del fascismo della romanità e dell’impero. • La
nuova architettura (es. E42) per rispondere alle istanze di una politica totalitaria, deve
essere rivolta alle masse, comprensibile ai più e non selettiva. Non sono più accettabili
quindi i progetti “modernissimi”, i materiali diversi dalla pietra Fase 3: Osare domenica 15
febbraio 15

L’occasione per avviare la costruzione della nuova Roma sarebbe stata la candidatura
all’Expo 42 Il duce imperiale vuole una Roma imperiale domenica.

Per essere funzionale a questo programma politico l’architettura non può essere
espressione di tante singole personalità artistiche, distanti e spesso inconciliabili, ma deve
mostrare un indirizzo unitario • Con E42 è l’ufficio tecnico di Piacentini che realizza questa
operazione, ridisegnando le architetture, smussando le differenze, accentuando le
uniformità Per adempiere il nuovo ruolo, l’architettura deve essere “Collettiva”:

“unitario fu lo spirito che innalzò i templi greci, che elevò gli anfiteatri romani, che creò la
rifioritura classica del rinascimento”
(Piacentini, inaugurazione anno accademico, nov 1935) 

I marmi sostituiscono il semplice intonaco • Le proporzioni si fanno gigantesche • La
chiarezza iniziale delle composizioni viene sacrificata alla scenograficità dell’insieme.
Sempre più evidenti le “suggestioni” romane (es. i richiami al Colosseo del Palazzo della
Civiltà Italiana)

In 20 anni il regime aveva costruito una nuova Roma • Restava incompiuto il progetto di
creare i “nuovi romani” • Come gli sventramenti dovevano eliminare dalle vestigie della
Roma antica le incrostazioni accumulate nei secoli, così andavano eliminate dal carattere
degli italiani le incrostazioni che nei secoli lo avevano corrotto e degenerato. La guerra
blocca progressivamente tutti i grandi cantieri.

“Io non lascerò in pace gli Italiani fino a che non avrò due metri di terra sopra di me”

(Mussolini a Galeazzo Ciano) 

Mussolini ed il modernismo: un rapporto ondivago e strumentale
Alla Esposizione di Architettura Nazionale, 1931, Mussolini esamina la “Tavola degli Orrori”
e, nonostante tutto esprime soddisfazione, ammirazione ed entusiasmo per il MIAR Il suo
sostegno illude i giovani architetti, ma deriva più da calcolo politico Iniziale sostegno al
“moderno”.

“Mussolini viene mutando la sua opinione sull’architettura razionale” “v’è anche la
ripercussione della condanna di Hitler con questa architettura. Non vuole accogliere proprio
in Italia i rifiuti di Hitler (Alfredo Rocco, diario 1° maggio 1934)

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Il 10 Giugno 1934, a seguito delle polemiche sulla stazione di Firenze:, così scrive:

“tengo a precisare in modo inequivocabile che io sono per l’architettura moderna...mi
sarebbe immensamente dispiaciuto se voi aveste pensato che le vostre opere non mi
fossero piaciute...La stazione di Firenze è bellissima ed al popolo italiano la stazione di
Firenze piacerà. Darò ordine a tutti gli Enti, a tutti i Ministeri, a quello dell’Aria, dei Lavori
Pubblici, delle comunicazioni, dell’Educazione nazionale, a tutti gli Uffici perchè si facciano
costruzioni del nostro tempo”

..ma la trascrizione della conversazione non è destinata alla pubblicazione... Mussolini ha
atteggiamento ondivago e, vedremo, “tradirà” i modernisti.

Nel 1937 in Libia con Ojetti Mussolini matura la convinzione di un maggiore sostegno
dell’architettura alla politica • “Chi lo dice che io non amo le colonne? Io amo le colonne!” •
E’ anche un “messaggio” a Ojetti di cui non aveva condiviso, nella prima metà degli anni
30, le posizioni “classiciste”, e che ora assume maggior peso, sostituendo Margherita
Sarfatti come “consulente” sui temi estetici della romanità • In cambio, Ojetti abbandona la
difesa di temi come la tutela del patrimonio storico architettonico.

Molto importante nell’evoluzione del rapporto fra Mussolini e l’architettura è la visita di
Hitler in Italia, nel maggio del 38. Curata nei minimi dettagli con città (e campagne)
“allestite” lungo il percorso • Hitler è abbacinato dalle vestigia imperiali che egli venerava
come modello supremo • Si soffermò in particolare al Pantheon, che ispirò poi la
Volkshalle (Sala del Popolo), chiamata anche Große Halle di Berlino (Albert Speer) 

Anche per Hitler l’architettura è, come la guerra, uno strumento per nazionalizzare
totalmente le masse • A Monaco (1938) Hitler riferisce a Speer di aver detto a Mussolini che
“i progetti del suo architetto di stato, Piacentini, non avevano senso” Sicuramente Hitler
segue personalmente le tematiche di urbanistica e architettura, ma cosa ha visto? • Forse la
Città Universitaria di Piacentini, conclusa nel Dicembre 1935 • Forse i progetti per E42,
approvati dal duce nel 1937 ed apparsi sulla rivista Architettura di Piacentini: una città
moderna di vetro e acciaio, espressione di quella cultura artistica “giudaico-bolscevica” che
tanto detesta • Mussolini si muove in maniera indipendente, ma l’incontro contribuisce • a
rafforzare una “virata” verso uno stile più “classico” • a stringere i tempi in una “gara” con il
furher sul piano architettonico Si accende la competizione con Hitler.

“Mussolini adesso ordina a tutti romanità, monumentalità, italianità, grandiosità,
solidità” (Feb 1938, Cipriano Efisio Oppo a Alberto Alpago Novello, in giuria per E42) 

“bella differenza rispetto a tre o quattro anni fa, quando s’era fermi agli scatoloni
novecento, e Mussolini li chiamava architettura fascista perchè li credeva l’architettura
dell’avvenire. Hitler ha giovato; a qualche cosa” (Ugo Ojetti) 

“quando questi giovani capiranno che questa moderna non può essere l’architettura
dell’impero?” (Mussolini, riferita da Quaroni)

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I giudizi di Hitler contribuiscono quindi a radicalizzare la svolta imperiale e romaneggiante
del duce.

Il più delle volte, Mussolini non interviene direttamente, ma attraverso Marcello Piacentini •
Marcello Piacentini è la figura che più di ogni altro dominò l’architettura Italiana durante il
Regime Fascista, i maggiori incarichi pubblici sono suoi ed il suo stile influenzerà, o in
qualche modo verrà imposto non solo a molti architetti negli incarichi minori ma anche ai
maggiori razionalisti come Pagano , Libera , Michelucci. • Già nei primi mesi di governo
Mussolini individua in Piacentini un artista innovatore del clima culturale romano • Piacentini
è presente in giuria in 46 delle 270 gare (tutte le maggiori). I suoi sodali Calza Bini e Foschini
registrano 37 e 28 presenze.

Marcello Piacentini può considerarsi, per la sua parabola personale e professionale il vero
“Ritratto di un italiano”. Frammischia l’attività professionale con investimenti speculativi in
campo immobiliare. • Assieme a Brasini e Belluzzo (ex ministro economia) propone a
Mussolini una società mista per finanziare l’attuazione del Piano Regolatore nel centro di
Roma • Grande mediatore, grande organizzatore, sembra aver messo in piedi un sistema di
tangenti sui cantieri sia di Milano che di Roma. Mussolini era informato ma lasciava fare per
avere in mano un’arma di ricatto. Cerca senza successo di scalzare Pagano dalla direzione
di Domus e Casabella • Con il GAIU (Gruppo Architetti Ingegneri Urbanisti) cerca di
costituire una società nazionale di progettazione, sotto la sua presidenza. I progetti
avrebbero portato sempre la firma del presidente ed i proventi ripartiti in parti uguali fra tutti
i soci con eccezione del Presidente (tre volte maggiore) • Questa società avrebbe dovuto
sfruttare la nuova legge urbanistica che impone ai maggiori comuni lo sviluppo di in piano
regolatore .

Già nei primi anni 20, prima del regime, parla di “unità di composizione” fra la strada e la
casa, della necessità di far prevalere il collettivo sull’individuale, dell’esigenza di imporre
una restrizione alla libertà artistica del singolo. • Dopo il consolidamento della dittatura
cerca di riesumare (per se) la figura del “Dittatore edile”: Era da sempre grande teorico di
una architettura unitaria “io vagheggio addirittura un dittatore edile a Roma, una persona
che abbia come presso gli antichi l’abilità e sappia assumersi la responsabilità delle cose
ordinate”.

A fine 1942 Piacentini inizia a smarcarsi da Mussolini “divenuto un rammollito e contornato
da troppa gente assolutamente incompetente” • Attacca Claretta Petacci, fa commenti
“disfattisti” • Dopo l’8 settembre si rifiuta di andare al nord e aderire alla Repubblica
Sociale, per questo viene brevemente incarcerato e liberato per intercessione del futuro
Papa Montini • Nel processo di epurazione negherà di aver avuto “amicizia personale con
Mussolini”

Negli anni 50 Piacentini viene nominato sovrintendente all’urbanistica • Dopo il 1951
verranno completati: • Palazzo dei Congressi • Museo delle Civiltà Italiana • Chiesa SS.
Pietro e Paolo 

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Il Complesso del Foro Italico
(Edit da Wikipedia con integrazioni personali) 

Il Foro Mussolini, nato come Foro dello Sport, destinato ad ospitare le Olimpiadi, diverrà
luogo delle mobilitazioni di massa, assumendo una sempre più marcata valenza politica e
simbolica. • In anticipo sugli altri regimi totalitari il fascismo identifica nello sport un
catalizzatore di identificazione nazionale, un formidabile strumento di propaganda capace
di fare presa anche sulle coscienze più refrattarie alla politica giovedì 19 febbraio 15

Il Foro Mussolini un esempio del “sincretismo” fascista ed una delle opere più importanti
del regime. Realizzato su iniziativa di Renato Ricci, Presidente dell’Opera Nazionale Balilla,
per ospitare le istituzioni dove formare fisicamente e ideologicamente i nuovi dirigenti
dell’organizzazione. Doveva essere 

“una fucina di educatori e dirigenti politici destinati, o meglio votati, al più gigantesco
esperimento di educazione di Stato che la storia ricordi”

(Mulazzani, Casabella, 2004)

• Fra il 1927 e 1933 Enrico Del Debbio realizza la molteplicità di funzioni assegnata al Foro
Pedagogica

• Sportiva

• Politica

• Monumentale

• Simbolica 

Il nucleo centrale del Foro era l’edificio dell’Accademia Fascista di Educazione Fisica. Il
Foro fu inaugurato dal duce il 4 novembre 1932 • Sebbene ispirato alla romanità antica era
stato concepito e realizzato per essere in modello della nuova romanità fascista • Oltre che
essere 

“un complesso di edifici, di stadi, di campi soddisfacenti alle più moderne esigenze dello
sport, si è voluto che il Foro Mussolini avesse un significato più alto e più completo, quasi
una celebrazione solenne alla imperitura giovinezza e forza italica, quasi un inno al Fascismo
che questa giovinezza ha inquadrata, organizzata, animata per avviarla ai più alti,
immancabili destini.” (Mario Paniconi, 1933)

Il Foro continua ad ampliarsi dopo1932, modificandosi nella sua struttura, ma accentuando
la sua funzione simbolica e monumentale Palazzo delle Terme, 1933-37 

Nel 1926, con la fondazione dell’O.N.B. nasce il problema di creare a Roma un centro per la
formazione professionale degli istruttori sportivi. Nasce l’idea di creare l’Accademia di
Educazione Fisica, che Renato Ricci, presidente dell’O.N.B., affida al giovane Enrico del
Debbio. Ricci ha visitato l’inghilterra e gli USA, i grandi college, ha studiato a fondo Baden
Powell e gli Scout e conosciuto la Bauhaus in Germania. 

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1
Un aspetto poco conosciuto dell'Opera Balilla fu quello che riguarda i legami internazionali
anche con il mondo anglo sassone. Furono organizzate numerose crociere e viaggi
all'estero voluti da Ricci, perché i giovani italiani avessero contatti con i loro coetanei di altri
paesi e di altre civiltà. Furono organizzate crociere in U.S.A., Sud America, Africa, Oriente,
Nord Europa. Furono promosse tutte le attività all'aria aperta, campeggi, al mare e in
montagna. Fu istituita la prima scuola di Volo a vela cui potevano accedere giovani dall'età
di 16 anni.

Si trattava di trovare un'area con possibilità di sviluppo edilizio.

Furono scartate tre aree disponibili. la prima, quella dell'attuale sede della città
Universitaria, perché già occupata da servizi ospedalieri e destinata già in parte dal
Ministero dell'Educazione nazionale a espansioni per cliniche universitarie. La seconda area
scartata fu nella Zona di Casal Palocco, troppo distante da Roma. La terza zona scartata fu
quella dell'attuale  Villaggio Olimpico(campo di addestramento militare) perché gli studi
presenti al Ministero dell'E.N. prevedevano la presenza di reperti romani.

Rimaneva un'area pantanosa, soggetta alle piene
del Tevere, la attuale sede. Del Debbio favorisce
la zona attuale proprio perchè depressa e
convince la Presidenza. Consente infatti la
costruzione di impianti alla maniera greca, con gli
invasi interrati e senza strutture in elevazione per
le gradinate. Ricci accettò questa area purché
tutti gli scarichi delle demolizioni che si
prevedevano ed erano in corso a Roma venissero
dirottati in quell'area secondo le sue indicazioni.

Il 5 febbraio si posa la prima pietra. Già a fine
anno il progetto si amplia a “Scuola Superiore
Fascista e Foro dello Sport” (viale di
penetrazione, stadio dei marmi, tennis, pallavolo,
rugby etc.). Nel 1929 appare per la prima volta il
termine “Foro Mussolini”.

Si dovette elevare il terreno di 5,50 metri, con
800,000 metri cubi di terreno di riporto (obbligo di
scaricare lì tutte le macerie della città).

Si metteva al sicuro un’area naturalistica dal rischio della dilagante speculazione edilizia.

Il 4 novembre 1932 viene inaugurata l’Accademia di Educazione Fisica, lo stadio dei marmi,
lo stadio dei cipressi e l’obelisco. I lavori proseguono con nuove opera inaugurate nel 34
(foresteria sud, magazzini, tennis, Fontana a sfera).

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Nel 1935 a Del Debbio subentra Luigi Moretti. La proposta di candidare Roma per le
Olimpiadi del 1940 fa “crescere” il progetto. La candidature viene poi sostituita da quella
dell’E.42.

Nel 1937 terminato ponte Duca d’Aosta, Sala delle Armi, Piazzale dell’Impero, Palestra del
Duce, Foresteria Nord, stadio dei 100 mila, Colonia Elioterapica. 

Nel 1937 l’O.N.B. viene sostituita dalla G.I.L., dipendenza diretta del PNF.Di conseguenza
Moretti presenta un piano più ampio, non più solo a vocazione sportiva, che include
l’Arengo della Nazione da 400 mila persone. Nel 1938, sfumata l’ipotesi Arengo della
Nazione, Starace offre l’area del poligono al PNF per la costruzione del Palazzo Littorio
(prima previsto per la via Imperiale e, brevemente, per l’Aventino). Del Debbio si oppone,
invano, a queste modifiche che snaturano il progetto originario distruggendone
l’omogeneità. Dal 1932 al 1942 vengono piantati 5000 alberi (24 cedri del Libano, 4 camelie
del Giappone, 968 Lauri Nobilis, 1410 cipressi, 1450 lecci, 1140 Pini Pinea 1000 bocche da
presa e 1000 irrigatori che un solo manovratore poteva azionare in 60 minuti.

Nel 1939 e 41 due nuovi piani di Moretti, mai realizzati, che prevedono un ulteriore
ampliamento e addirittura la deviazione del Tevere per creare un’isola artificiale in zona Tor
di Quinto. La Guerra interrompe i lavori e annulla gli ultimi piani grandiosi.

Gli alleati entrano a Roma il 4 Giugno 1944 e si insediano nei vari spazi del Foro. Lo stadio
diviene parcheggio per I mezzi, e, come I civili sfollati, abitano gli edifici dell’accademia.

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Questo ha in un certo senso salvato il complesso (e certamente il monolite) da danni
conseguenti alla caduta del regime.

Nel 1960, in occasione delle Olimpiadi, si procede per interventi puntiformi, senza un piano
unitario. Si deroga al vincolo a parco dell’impianto e, con la costruzione della casa dello
studente, alla vocazione sportiva.

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Il Ponte Duca D’Aosta
(Edit da ArchiDiAP, con integrazioni personali)

E’ intitolato ad Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, comandante della III armata
durante la prima guerra mondiale. Perfettamente in asse all’obelisco di Mussolini, il
ponte rappresenta lo scenografico ingresso al Foro Italico, allora Foro Mussolini,
frutto dell’ingegno dell’architetto Enrico Del Debbio, che progettò l’intero complesso
sull’asse di un futuro ponte di collegamento al quartiere Flaminio.
Il Ministero dei Lavori Pubblici bandì, nel 1935, un concorso-appalto. Furono
presentati 18 progetti tra cui alcuni firmati da architetti del calibro di Morpurgo,
Aschieri, Vaccaro e Del Debbio, che evidentemente teneva a completare con il ponte
il complesso frutto del suo lavoro.
Vinse il concorso l’architetto Vincenzo Fasolo e si aggiudicò l’appalto l’impresa
Aureli. Il progetto consiste in un ponte in cemento armato ad arcata
unica,nonostante ne abbia tre, perché le due arcate laterali non poggiano sul
fiume,ma sulle sponde e fungono da sfiatatoi in caso di grandi piene. I lavori di
costruzione iniziarono nel Giugno 1936 e si conclusero nel 1939. La grande arcata in
cemento armato ha una lunghezza di 100 m ed è realizzata tramite costoloni di
altezza variabile (1,40 m all’imposta e 65 cm in chiave) e con una sezione piena per
circa 30 m nella parte centrale, in questo modo l’intera struttura,che di fatto è
piuttosto snella, risulta avere una linea molto elegante.
L’intera opera è rivestita in travertino di Tivoli ed è impreziosita alle testate da
cippi ,sempre in travertino, decorati con altorilievi narranti le gloriose gesta della III
14
2
armata sui fiumi Isonzo, Tagliamento, Sile e Piave e realizzate da quattro scultori:
Ercole Drei, Domenico Ponzi, Oddo Valenti e Vico Consorti. Il progetto di Fasolo non
si limita al solo disegno del ponte, ma propone anche delle monumentali gradinate
che invitano alla discesa verso il fiume e che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto
dar vita ad una passeggiata attrezzata per lo sport.
Dedicato a Emanuele Filiberto duca D’Aosta congiungeva idealmente le giovani
generazioni dell’Accademia con i veterani del Carso.


Difesa di Venezia e della Laguna	 	 Il Sile	 	 Arditi fra i canneti	 	 

Progetto alternativo Ponte Duca D’Aosta

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Progetto Del Debbio
16
Piazzale dell’Impero e Monolite
Architetto: Luigi Moretti
La centralità della piazza è esaltata dall’allineamento con il ponte Duca D’Aosta. La
prospettiva e la spina centrale che rende più imponente il monolite

Tramite la Sopraintendenza alle Belle Arti, lo stesso Ricci vincolò tutte le circostanti colline
di Monte Mario rendendole non edificabili in modo da favorire la nascita di quello che
ancora oggi è lo sfondo verde per il Foro diventando anche territorio altrettanto verde per
tutta la città di Roma. 

Nella parte orientale del piazzale, si eleva il simbolo della potenza del Regime, l’obelisco
conosciuto come Stele Mussolini, opera di Costantino Costantini. Un unico blocco di
marmo di Carrara poggiato su un’enorme base dello stesso materiale per un’altezza totale
di quasi 40 metri e 770 tonnellate di peso. Questo monolite è il più grande blocco di marmo
mai estratto dalle Alpi Apuane. Lo stesso Ricci ribadì a Mussolini questo primato:
“L’obelisco è il più grande blocco marmoreo che mai sia venuto alla luce dalle viscere
della Terra. E’ costato lire 2.343.792,60 oltre a mezzo milione per la cuspide di oro puro del
peso di kg. 32, indispensabile a proteggerlo contro le insidie del tempo”. Tuttavia, con la
caduta del regime la cuspide d’oro andò perduta. Il trasporto del monolite dai Monti
Lunensi fino a Roma, in parte via terra e in parte via mare e fiume, ha richiesto particolari
mezzi tecnici e singolare abilità di maestranze. I blocchi infatti vennero estratti dalla cava,
“lizzati” (venivano imbragati su dei tronchi di faggio, fino a formare una slitta, quindi la
17
3
stessa era assicurata con cavi e caposaldi disposti lungo la via di lizza – i pirri – veniva
mollata a poco a poco in modo che scivolassero su altri legni unti di sapone o di grasso
che le venivano posti sotto, trasversalmente), trainati da 60 coppie di buoi e caricati su delle
imbarcazioni realizzate appositamente che, una volta arrivati a Fiumicino, risalirono il
Tevere, passando sotto ponte Quattro Capi in prossimità dell’isola Tiberina, ponte Sisto e
ponte Sant’Angelo, ed infine all’attuale Foro furono posizionati attraverso l’utilizzo di
macchine appositamente realizzate. L’intero progetto portato a compimento descrive uno
spazio solenne e metafisico, costituisce il cuore dell’intero complesso del Foro, è la
dimostrazione di come Mussolini prendesse ispirazione dalle maestose architetture della
Roma imperiale per manifestare il potere fascista.

Alcuni dati in sintesi: il monolite misura 17 metri e 40 per 2,30 di lato alla base (2 alla
sommità). Ingabbiato in in una armature di 50 tonnellate di legno e 14 di ferro con 10 mila
metri di funi e 60 paia di buoi parte dalla cava sulle Apuane alle 13 del 25 Novembre 1928.
Viaggia per circa 2 anni. Solo il 6 maggio 1932 iniziano lavori per l’erezione. La platea di
cemento è composta da 8 blocchi (180 t) per la platea inferiore, 6 (310 t). il piedestallo è un
plinto cubico (80 t) e l’obelisco (300 t) raggiungono una altezza totale di 36,59 metri e 770
tonnellate. Per l’erezione ci si ispirò alla torre di legname di Domenico Fontana, usata per
erigere l’obelisco di S. Pietro (allora 900 operai 140 cavalli e 44 argani, qui macchine).

18
Cronologia della “Stele Mussolini” (1927-1932)


ESTRAZIONE:17 luglio 1928

LIZZATURA:25 novembre 1928

PARTENZA (Marina di Carrara):23 giugno 1929 

ARRIVO (Fiumicino):27 giugno 1929

ARRIVO AL FORO:6 maggio 1932

INNALZAMENTO:21 agosto 1932

INAUGURAZIONE:4 novembre 1932

RESTAURO:2006-2008
Ci si accorse presto che il monolite da solo era inadeguato.

Luigi Moretti, subentrato ad Enrico Del Debbio come architetto della città dello sport, fu
incaricato nel 1936 del progetto per la realizzazione del Piazzale dell’Impero. L’opera
prevede un misto fra lastre di marmo, erba e ampi spazi a mosaico.

Moretti realizzò uno spazio in cui “la funzione rappresentativa e commemorativa dell’Impero
ha la meglio” (Muntoni), un luogo deputato alle sfilate dell’intero Regime. Il piazzale copre
un’area di 7000 metri quadrati costituiti da mosaici realizzati da Gino Severini e raffiguranti
atleti, figure mitologiche e simboli sacri alla storia di Roma e alla vita fascista. I tasselli
utilizzati sono gli stessi in uso nell’antica Roma, dalla dimensione di circa un centimetro (ne
occorrono 700 per ricoprire un metro quadrato di superficie). Alcuni mosaici raffigurano la
pianta dell’intero complesso del foro, altri ripetono ossessivamente la scritta DUCE, oppure
DUCE a noi, o ancora Molti nemici molto onore. Ai lati del viale sono stati collocati dei
monoliti bianchi con incisi i passaggi fondamentali dell’Italia fascista. I lavori, iniziati nel
1927, sono stati portati a termine in molta rapidità da 400 fra scalpellini e mosaicisti dalla
scuola specializzata dell’Opera Nazionale Balilla. 

All’estremità occidentale del piazzale, in asse con il monolite, sorge la fontana della Sfera,
realizzata dagli architetti Giulio Pediconi e Mario Paniconi, costituita da un’ampia vasca
circolare di 3 metri di diametro e da una grande sfera, avente lo stesso diametro della vasca
e un peso di circa 42 tonnellate, realizzata da un unico blocco di marmo proveniente dalle
cave di Carrara. Il bacino anulare alla fontana è decorato con mosaico a tessere di marmo
bianche e nere, con soggetti marini, realizzati da disegni del pittore Giulio Rosso. 

Poggia su piatto di bronzo di soli 42 cm di diametro. Per via del terreno di riporto, profonde
fondazioni con massima pressione di 1 kg per cm quadrato. Il bacino ribassato è tipico del
giardino italiano dal Rinascimento ma richiama anche il “lacus” (specchio d’acqua di
Giuturna al Foro Romano, I bacini di villa Adriana a Tivoli).

Per i mosaici arrivano gli allievi della scuola di Spilambergo. Iniziano il lavoro il 14 febbraio
1937. Si tratta di 3500 mq di cui 1500 con figurazioni. Il 27 Aprile arrivano 157 cassoni con
7 mq ciascuno. Insieme a 300 allievi dell’accademia Littoria riescono a completare il viale il
7 maggio (2 giorni prima della prevista inaugurazione). I mosaici del piazzale hanno una
superficie di 7500 mq (più ampi di quelle delle terme di Caracalla) su un totale di 18 mila
metri. 11 mila sono lastricati in marmo. Gli autori dei cartoni dei mosaici sono:

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• Angelo Canevari

• Gino Severini

• Achille Capizzano

• Giulio Rosso

Ai bordi del viale, 11 blocchi con incise le date salienti della storia fascista. Dopo la guerra,
furono aggiunte tre iscrizioni (caduta regime, referendum repubblica, costituzione). Spostato
indietro il primo blocco (Mussolini fonda il Popolo d’Italia). Danni dai carri armati tedeschi e
americani. Poi a lungo vandalizzati e venduti come souvenir.

(Edit da ArchiDiAP, con integrazioni personali)
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Accademia Fascista di Educazione Fisica
L’Accademia Fascista di Educazione Fisica (nata nel 28 come Scuola Fascista di
Educazione Fisica), fu la prima opera costruita nel Foro. Venne proposta un’architettura
sobria e moderna, composta da due edifici laterali simmetrici, di color rosso pompeiano, a
richiamare la grandezza della Roma imperiale, nelle nicchie troneggiano statue di nudi
maschili di splendente marmo bianco. Statue raffiguranti atleti di diversi discipline adornano
anche lo Stadio dei Marmi, chiamato così per il marmo bianco di Carrara che fu utilizzato
per costruire gli otto gradoni destinati ad accogliere 20.000 persone. Tra gli scultori che
lavorarono a queste statue si ricordano tra i più prolifici: Aroldo Bellini, Tommaso Bertolino,
Aldo Buttini, Silvio Canevari e Carlo De Veroli. In una delle statue realizzate dal Bellini si può
riconoscere il volto di Renato Ricci.

L'istituto avrebbe dovuto svolgere una funzione essenziale: formare gli insegnanti di
educazione fisica delle scuole e gli istruttori ginnico-sportivi dell'Opera nazionale
balilla (ONB).

Le necessità contingenti però, ovvero la mancanza di dirigenti per l'organizzazione
giovanile, spinsero Renato Ricci, presidente dell'ONB, a compiere delle scelte diverse. La
Scuola assunse, infatti, il ruolo di centro per la formazione della dirigenza maschile delle
organizzazioni giovanili fasciste.A un anno dalla sua fondazione la scuola modificò nome
diventando l'«Accademia fascista di educazione fisica»[ Ricci voleva che essa fosse il
«più gigantesco esperimento di educazione di Stato» mai tentato sino ad allora per la
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4
formazione «in senso patriottico e unitario, cioè fascista», delle «classi più giovani di un
popolo»[5]. L'istituto doveva garantire all'organizzazione giovanile fascista la classe di
educatori-dirigenti di cui aveva bisogno.

Dal 1929 si evidenziò una maggiore politicizzazione della struttura, dei corsi e delle finalità.
Si stabilì che l'iscrizione al partito fosse un requisito essenziale per poter fare domanda
d'ammissione, che gli anni di «anzianità fascista», compresi quelli trascorsi nell'ONB, e
l'aver rivestito cariche dirigenziali locali fossero un importante criterio di valutazione nella
scelta finale dei candidati. Anche i programmi subirono delle modifiche. Venne dato, infatti,
maggiore spazio all'educazione politico-sociale, alla pedagogia e a tutte le materie
letterarie, filosofiche, storiche e giuridiche ritenute necessarie per formare dal punto di vista
politico-ideologico i futuri capi giovanili fascisti. 

A seguito del passaggio alla Gioventù Italiana del Littorio (GIL) si verificò una
politicizzazione sempre più profonda dell'istituto e divenne sempre più chiara l'intenzione di
utilizzarlo come centro di selezione per l'élite giovanile fascista

Progettato da Del Debbio, si tratta un’architettura sobria e moderna, composta da due
edifici laterali simmetrici, di color rosso pompeiano, a richiamare la grandezza della Roma
imperiale, nelle nicchie troneggiano statue di nudi maschili di splendente marmo bianco.
Statue raffiguranti atleti di diversi discipline adornano anche lo Stadio dei Marmi, chiamato
così per il marmo bianco di Carrara che fu utilizzato per costruire gli otto gradoni destinati
ad accogliere 20.000 persone. Tra gli scultori che lavorarono a queste statue si ricordano
tra i più prolifici: Aroldo Bellini, Tommaso Bertolino, Aldo Buttini, Silvio Canevari e Carlo De
Veroli. In una delle statue realizzate dal Bellini si può riconoscere il volto di Renato Ricci.

Una architettura che sa ancora della “Milano Deco” di Emilio Lancia e risente del
neoclassicismo di stampo austriaco. Le finestre riprendono ordini rinascimentali già in
versione manierista. Un misto di edilizia civile e pubblica. Aspetto da fabbrica e finestre da
villa lombarda di lusso in un curioso neoclassicismo che sembra uscito dall’Austria della
Wiener Werkstaette. Un edificio che potrebbe trovarsi in un paese anglosassone. Si noti il
primo esempio in Italia di “bow window”.

Orientamento nord nord ovest sud sud ovest per garantire insolazione dormitori.Al pian
terreno aula anfiteatro, 4 aule normali, gabinetto radiologico 4 gabinetti scientifici.Ala nord
refettorio (oggi agenzia BNL).

L’edificio ha subìto nel corso degli anni numerosi cambiamenti d'uso: da quartier generale
delle truppe di liberazione ad albergo vaticano per i pellegrini del giubileo (Albergo Felicx)
del 1950 per finire, dal 1951, a sede del CONI che ha sostituito i fasci con i cinque anelli
intrecciati. L'edificio è decorato esternamente da nicchie che accolgono sculture di atleti
realizzate da Carlo De Veroli e da Silvio Canevari.

(Edit da Wikipedia con integrazioni personali)

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Stadio dei Marmi
Lo stadio, progettato nel 1928 da Enrico Del Debbio insieme al primo piano generale
dell'allora Foro Mussolini, venne portato a termine e inaugurato nel 1932.

Le gradinate perimetrali in marmo bianco di Carrara furono ottenute sopraelevando il
terreno di 5,50 m. I due corpi di fabbrica affiancati che delimitano l'accesso al campo sono
destinati ai servizi e ai magazzini per gli attrezzi. Infine, sulle gradinate furono poste le 60
statue (in realtà 64) offerte dalle province d'Italia e rappresentanti le diverse attività sportive:
ad esempio, la statua dedicata al lancio del giavellotto, scolpita da Aldo Buttini, fu donata
dalla provincia di Perugia, mentre quella dedicata al pugilato si deve alla provincia di Ascoli
Piceno. Gli artisti prescelti per la progettazione dello stadio avrebbero anche dovuto
sovrintendere, dietro compenso di 10.000 lire, alle successive fasi della lavorazione. La sua
capienza è di circa 5.280 posti.

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Si tratta un’architettura sobria e moderna. Lo stadio è circondato di aitanti nudi maschili,
statue che richiamano lo stile propagandistico fascista ed esaltano le forme degli atleti. Lo
Stadio dei marmi è un campo di allenamento, non serviva a nessuno sport in particolare, e
avrebbe ospitato i saggi ginnici celebrativi del fascismo, che si svolgevano una volta
all’anno.

Lo Stadio dei Marmi fu realizzato con materiale ottenuto ritirando da Carrara tutti i blocchi
di scarto gratuitamente concessi dalle varie cave, perché non utilizzabili per la lavorazione.
Infatti si può ancora vedere che si tratta di blocchi appena sbozzati, o con tagli grezzi di
sega.

Forma a “diaulo ellenico” (due tratti diritti chiusi con due tratti semicircolari).

Disposizione non ottimale per le gare sportive, ma funzionale agli scopi di questa struttura
(allenamenti e manifestazioni). Rispettato l’ingresso con le “carceres” 

(Andrea Portante, edit RAIArte)

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Stadio dei Cipressi

Primo stadio “dei cipressi” (1928) di Enrico Del Debbio Verrà realizzato in tempi successivi
con molte varianti. Poi nel 1936/37 sono aggiunte gradinate al primo anello dello stadio dei
cipressi (stadio “olimpionico” o “dei centomila”).

Di 4 ordini, solo quella inferiore recingeva tutto il campo. Le altre erano solo lato monte e
decrescevano verso l’alto.

Tre nomi legano lo stadio Olimpico di Roma alla storia del calcio. Inizialmente noto
come stadio dei Cipressi, divenne Stadio dei Centomila poco tempo dopo, proprio
perché quella era l'iniziale capienza. Assunse l'attuale denominazione in occasione delle
olimpiadi capitoline del '60.

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L'impianto era stato inaugurato appena sette anni prima, nonostante i lavori fossero iniziati
addirittura nel '27, senza mai essere portati totalmente a termine. La sua struttura rimase la
stessa per parecchi anni, sino alla rassegna iridata del 1990. In occasione del mondiale lo
stadio subì profonde modifiche, poiché lo stesso si presentava come l'impianto principale.
Le ultime innovazioni risalgono al 2008: un restyling si rese necessario per ospitare la finale
di Champions del 2009, quella in cui il Barcellona di Messi batte il Manchester United di
CR7.

La storia degli stadi di Roma è lunga. Il CIO, nel congresso del 1904 invita Roma ad
organizzare le olimpiadi del 1908. Risposta fredda di governo e amministrazione comunale,
nonostante il favore del Re che offre un contributo personale di 50,000 lire. No definitivo
del sindaco Ernesto Nathan.

Le celebrazioni dei 50 anni dell’Unità sono l’occasione per costruire uno stadio, visti I
numerosi appuntamenti sportivi previsti. Si pensa a (ri)utilizzare alcune delle aree
archeologiche presenti (es. Circo Massimo o ricostruire Circo di Massenzio sulla via Appia
Antica), altri propendono per costruire ex novo. Dopo referendum fra urbanisti e uomini di
cultura. 

Prevale la costruzione ex novo. Nel 1910 l’incarico viene dato a Marcello Piacentini. L’area
è quella dell’attuale stadio Flaminio. La pianta riprendeva quelli degli stadi classici, con un
lato curvo ed uno rettilineo, con dimensioni di 200 per 112 metri.

La facciata era monumentale, all’interno piste podistiche e ciclistiche per uno sviluppo di
400 metri, una piscina di 100 metri per 8. Sotto le gradinate palestre, bagni, refettori,
dormitori, caffè, ristoranti. Nel 1927, passato sotto la responsabilità del PNF, lo stadio viene
ristrutturato: cambia la facciata e viene inserita la pensilina sopra la tribuna stampa.

Il nuovo stadio viene inaugurato il 20 ottobre 1928. Ma lo stadio non era sufficiente alle
esigenze di Roma. Pier Luigi Nervi e Cesare Valle, nel 1933, progettano uno stadio da 200
mila posti, mai costruito: un progetto nuovo, avveniristico, in cemento armato. 

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Nel 1947 il Maracanà si ispira a quel progetto, come ammesso dallo stesso studio Orlando
da Silva Azevedo ““como de sua autoria em colaboração com os engenheiros italianos Pier
Luigi Nervi e CesareValle.”

Anche il progetto alternativo per il Maracanà di Niemeyer... con arco….si ispira allo stile
Foro Mussolini/EUR come del resto Il Progetto del 1938 di Piacentini e Morpurgo per il
campus universitario di Rio.

Lo stadio PNF è stato demolito e ricostruito (Nervi e figlio) in quello che è oggi lo stadio
Flaminio, inaugurato nel 1959.

(Andrea Portante con alcuni edit da BlogCagliariCalcio) 

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Foresterie
Progetto Enrico del Debbio

Fra nord e sud capaci di ospitare 900 giovani. Se il programma fosse stato completato si
sarebbe arrivati a 3500/4000.

Edificio sud segue la curva del Tevere. Sotterraneo, seminterrato, piano rialzato cui si
aggiunse un nuovo piano. Prima color rosso poi, in occasione del rialzo, fu ricoperto in
marmo di Carrara.

Foresteria Nord costruita nel 35/36: ala principale leggermente curva, ala secondaria.
Anche qui ponte fa da portico ai due ingressi.

(Andrea Portante)

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Campi tennis
Il complesso per il “gioco della racchetta” viene realizzato nel 1933 – 34. Prima doveva
essere più ampio, poi ridotti a 9 campi. Anche qui, per via del terreno di riporto, furono
necessarie fondazioni molto ampie. 

Lo stadio olimpico del tennis è rettangolare, decorato con 18 statue. Il campo è sopra un
letto di 90 cm di scheggioni e calcinacci.

(Andrea Portante)

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Colonia Elioterapica
Costruita nel 1934, in soli 75 giorni, su progetto di Del Debbio, a quota 129 in cima a
Monte Mario. Accesso da via della Camilluccia, ma una strada scendeva direttamente al
Foro Mussolini ed un’altra raggiungeva Villa Madama.

Il fabbricato sfrutta il pianoro alla sommità del monte. Ne deriva un lungo fabbricato con
andamento sinuoso che termina con un tronco circolare. La lunghezza assiale totale in linea
retta supera I 360 metri.

Doveva ospitare 7/800 ragazzi, ma il 3 Aprile del 1936 l’ONB aprì il bando per 300 giovani
della nuova Accademia Littoria. Appena arrivati misero a dimora nel paesaggio brullo 100
cipressi e 30 pini marittimi. Nel 1937 con la creazione della GIL tutto passa alle dirette
dipendenze del PNF.

Con l’occupazione anglo Americana I locali furono presi dalla Fondazione Don Orione. Sulla
torre del belvedere, nel 1952, fu innalzata la statua della Madonna di Arrigo Minerbi, alta 9
metri.

Non va dimenticato che Ricci, Sottosegretario all'Educazione, nazionale, aveva il controllo
della Sopraintendenza alle Belle Arti e così, tramite il professor Ceschi della
Sopraintendenza, fece apporre il vincolo di inedificabilità a tutte le colline di Monte Mario
soprastanti il Foro, lasciando così a Roma il più grande polmone verde, quasi al centro della
città, come corona al suo Foro.

(Andrea Portante)

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Casa delle Armi
Costruita nel 1935 36 su progetto dei Luigi Moretti del 1933. Due corpi distinti
destinati originariamente a biblioteca e sala delle armi. A sud un muro cieco impedisce
eccessivo riberbero e scherma anche vista di nuove costruzioni disordinate. La parte nord è
tutta finestrata, con vista sul foro. Mosaico con temi atletici su cartoni di Angelo Canevari.

Anche l’altro corpo a piante rettangolare. Tetto con due semivolte ribassate, con feritoria
che proietta luce sulla volta superiore. Necessità di questi due “corpi” indipendenti per via
di un condotto che passa proprio sotto la sala

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.

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Piscine
Realizzato negli anni 1930 all'interno dell'allora Foro Mussolini su progetto
dell'architetto ed ingegnere Costantino Costantini, incarnò perfettamente i dettami
del monumentalismo, seppure nell'opera vi siano chiari elementi di ricerca della funzione
razionalista. 

Il progetto prevedeva tre piscine scoperte e due coperte. Uno stesso edificio racchiudeva le
due piscine coperte e, in una sola ala, l’Accademia della Musica.

L’edificio è posto in posizione simmetrica all’Accademia di E.F. di cui riprende I motivi.

L’ala meridionale fu completata nel Maggio 1936 e comprende le due piscine, la minore
25X8 metri con profondità da 0,4 a 1,,80 per avangiardisti e balilla, la maggiore, 50X18 con
profondità da 1,4 a 5 metri. La vasca ed I gradoni sono rivestiti di marmo di Carrara e
marmo grigio (bardiglio). Intorno alla vasca un mosaico con temi acquatici di Giulio Rosso e
Angelo Canevari.

Anche la parete di fondo ha mosaici di Canevari. C’era un trampolino idraulico a altezza
variabile, sostituito nel dopoguerra con uno fisso in cemento (opera di Nervi). Negli
spogliatoi posti per un totale di 1400 persone. Completavano l’opera terrazze e solarium
con lampade per l’irradiazione.

La seconda piscina, detta pensile, è nel blocco finestrato che unisce I due corpi del
complesso delle terme, sostenuta da 16 colonne di marmot bianco di Carrara. A terra
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mosaici di Giulio Rosso. Nella stessa ala, la palestra del Duce, di Moretti (oggi adibita a sala
convegni).

A Moretti fu affidato il progetto per le piscine scoperte, tre specchi d’acqua di diversa
profondità, che non furono però realizzati se non del dopoguerra.

La zona rimase a lungo una grossa fossa. Dopo la seconda guerra mondiale fu ampliato, in
occasione dei giochi olimpici di Roma 1960, attraverso la costruzione dello Stadio olimpico
del nuoto, su progetto degli architetti Enrico Del Debbio ed Annibale Vitellozzi. Lo stadio,
struttura completamente all'aperto, inaugurato nel 1959 con un torneo internazionale
di nuoto, pallanuoto e tuffi, fu dotato di 2 vasche e di vari servizi annessi (docce, ristoranti,
area per passeggiate). In previsione delle gare olimpiche, lo stadio venne dotato di un
grande quadro elettrico luminoso per la segnalazione dei risultati, di un sistema di
cronometraggio elettrico a frazione di secondo e di un sistema elettrico per le votazioni dei
giudici, considerate innovative per l’epoca.

Per rispettare il panorama gli invasi furono collocate 8,2 metri sotto il piano di campagna. 

(Andrea Portante)

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Accademia della Musica
Il programma prevedeva di integrare gli impianti sportivi con ambienti destinati
all’educazione musicale, all’esercizio della danza e alle coreografie. Annesso al palazzo
delle Terme è collegata con un corpo a pontile con il resto dell’edificio.

Il progetto di Costantino Costantini prevedeva un Auditorium, un teatro coperto e due
scoperti. L’auditorium è stato nel dopoguerra affidato alla RAI. I teatri, progettati da Luigi
Moretti, non sono mai stati realizzati: quello coperto doveva contenere 6000 posti, presso la
Foresteria Nord. Nei pressi una grossa cavea scoperta da 15,000 posti e, nella parte
meridionale, sotto Monte Mario, un teatro per la danza da 3000 posti.

Nel dopoguerra il neo eletto direttore di Santa Cecilia, Guido Guerrini, istituisce un collegio
di musica in continuità con la precedente accademia. Solo nel 52 il collegio potè prendere
possesso dei locali, che si erano dovuti risistemare dopo l’occupazione tedesca e alleata.
Nei piani inferiori 52 cabine insonorizzate e al secondo piano 20 più ampie con pianoforte.
All’interno anche un salone teatro. Alla scadenza della convenzione, nel gennaio 1967, gli
allievi occuparono I locali.

Gli allievi vennero poi spostati presso il CIVIS, casa internazionale dello student, davanti al
minister degli esteri, fino al 1970, anno in cui il collegio cessò ogni attività. L’edificio
dell’Accademia divenne sede dell’ISEF. La storia dell’ISEF comincia nel 1951 per dare
continuità a chi aveva iniziato l’accademia di E.F. Venne istituita nel 1958 e lo statuto
approvato nel 1960.

(Andrea Portante)

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Palazzo Littorio/Farnesina
L’edificio che ospita il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale fu progettato dagli architetti Enrico Del Debbio, Arnaldo Foschini e Vittorio
Ballio Morpurgo, e deve il suo nome di Farnesina agli antichi e preesistenti possedimenti
della famiglia Farnese nell’area che lo ospita.

Originariamente pensato come Palazzo del Littorio, cioè come sede di rappresentanza del
Partito Nazionale Fascista e degli organismi ad esso collegati, l’edificio avrebbe dovuto
sorgere sull’allora via dell’Impero, oggi dei Fori imperiali. Il primo bando di concorso,
pubblicato il 27 dicembre 1933, costituì un importante passaggio del dibattito architettonico
e urbanistico del Paese, sospeso fra istanze di apertura alle nuove ricerche internazionali e
la necessità del regime di disporre di un’architettura aulica di Stato, rappresentativa del
partito e ispirata alla tradizione italiana e alla romanità imperiale. 

Il concorso per il Palazzo del Littorio parte a ridosso delle polemiche per la Stazione di
Firenze 

Il Concorso è del 1934, la commissione è presieduta da Starace, ma domina Piacentini •
Eliminati 28 progetti, ne restano 79, esposti dal 23 settembre al 31 ottobre • Piacentini si
scontra con Bazzani che vuole scartare subito, oltre ai progetti peggiori, quelli di tendenza
“modernissima”.Mussolini deve figurare in modo determinante su questa scelta dal forte
valore simbolico. • Il 12 Novembre si reca a visionare i progetti ed i plastici • Convoca la
commissione per il 29 Dicembre, direttamente a PalazzoVenezia • Viene steso l’elenco dei
14 progetti selezionati per la gara di secondo livello • La scelta iniziale è alterata. Mussolini
si limita a 9 progetti 1. Vaccaro, De Renzi, Foschini (enumerato per primo, separato e
sottolineato) 2. Torres, Rapisardi, Moretti, Palanti, Ridolfi, Frezzotti • Gli altri 5 sono “progetti
aggiunti dalla commissione a quelli prescelti dal Duce”. Tra questi gli elaborati di Libera e
Terragni • Inutile il coinvolgimento di Margherita Sarfatti, sollecitato da Terragni • Mussolini,
che solo pochi mesi prima aveva pubblicamente dato il proprio sostegno ai giovani
architetti sceglie un accademico più anziano e scarta i due progetti più moderni e efficaci.

Quando viene pubblicato il bando del concorso di secondo grado (aprile 1937), il panorama
politico è significativamente mutato con la proclamazione dell’Impero, le sanzioni
internazionali, il regime autarchico, la nascita dell’Asse Roma-Berlino. Questi fattori hanno
importanti conseguenze sulle scelte architettoniche, in primis per gli edifici rappresentativi
del regime • Questi devono partecipare in maniera eloquente e risoluta al processo di
fascistizzazione integrale affidandosi a miti di immediata condivisione come quello, mai
tramontato e ora attualissimo, della romanità.

Nonostante il successo riscontrato dal concorso di primo grado, testimoniato dalla
presentazione di più di cento progetti, numerose critiche apparvero su riviste specializzate
circa la scelta dell’area a ridosso del Colosseo, ritenuta portatrice di valori storici non
compatibili urbanisticamente con l’edificio che vi sarebbe dovuto sorgere.

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Quello del 1937 è un bando più “prescrittivo” che fornisce precise indicazioni sulla “forma”
dell’edificio. Se il primo bando era piuttosto generico, limitandosi a chiedere caratteri di
monumentalità duraturi e universali, in continuità con la tradizione, nel 1937 si prescrive che 

1. “l’architettura, pur rispecchiando l’evoluzione artistica dell’attuale epoca storica, dovrà
collegarsi alle nobili tradizioni della grande arte italiana […] dovrà avere in pari tempo
caratteristiche di romana monumentalità“

2. “il concorso sarà giudicato insindacabilmente da S.E. il Segretario del Partito Nazionale
Fascista, sentito il parere di una Commissioneche sarà appositamente nominata da
S.E. il Segretario stesso“

L’area identificata inizialmente, fra via dell’Impero (Fori Imperiali) e Colosseo, si rivela troppo
angusta e tocca interessi privati • Per la gara di secondo livello viene prescelto uno spazio
in zona Porta San Paolo, vicino alla stazione Ostiense (Viale Aventino) • A fine agosto 1937
si riunisce la commissione che elimina dapprima i progetti di Libera,Terragni, Fasolo Palanti
e Samonà. Poi ne elimina altri sei, fra cui quelli di Moretti e Ridolfi. • Alla fine assegna la
vittoria al gruppo Foschini (De Debbio Morpurgo) con il determinante assenso di Piacentini,
del quale i tre architetti sono fedeli compagni • Mussolini interviene pesantemente anche in
questa seconda fase. Il 4 settembre a Giorgio Pini, che propone di pubblicare sul Popolo
d’Italia le foto dei progetti finalisti risponde “E’ inutile, perchè il vincitore è già stato scelto” •
A Ottobre il giornale comunica che a breve sarà comunicato il nome del vincitore e accenna
alla possibilità di un nuovo cambio dell’area interessata (Foro Mussolini) 

“Si ritorna alla severa e sana elementarità delle superfici, non più calcolando l’effetto sul
capriccioso e decorativo movimento dei volumi, ma sulla espressività di un’idea sola, logica
ed essenziale“ (Marcello Piacentini)

Critico Pagano: “convenzionale educazione scolastica” “si è giovato soltanto di una certa
semplicità schematica ed esteriore e di quell’uso di ritmi ripetuti, rimessi in circolazione dal
razionalismo” (Giuseppe Pagano, Casabella) 

Individuato nel 1937 il sito definitivo nell’area del Foro Mussolini, oggi Foro Italico, nello
stesso anno venne reso pubblico il verdetto della commissione giudicatrice, di cui era
segretario Marcello Piacentini, che premiò il progetto di Del Debbio, Foschini e Morpurgo
come opera “felice, altamente degna dell’ora presente”. Piacentini lodò in modo particolare
l’assenza di movimenti arbitrari di masse e di contrasti inutili di rapporti, in favore di un
ritorno “alla severa e sana elementarità delle superfici”, senza concedere spazio alla
decorazione ma puntando “sulla espressività di un’idea sola, logica ed essenziale”. 

Si tratta di un edificio di significativa imponenza, che si sviluppa su una lunghezza di 169
metri, un’altezza di 51 e una profondità di 132, intorno ad una larga corte centrale e due più
piccole laterali, per un volume complessivo di 720.000 metri cubi e 6,5 chilometri di
corridoi. In quei mesi si accende una vera gara, sulle dimensioni, fra Hitler Mussolini e Stalin 

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Il Palazzo dei Soviet a Mosca, 1931-37, ha una storia analoga a quella del Palazzo del
Littorio. Anche a Mosca il regime lancia un concorso: partecipano “archistar” come
LeCorbusier e Gropius. Anche qui viene prescelto un progetto ispirato al neoclassicismo
che poi evolve significativamente dal primo disegno del 1931 attraverso continui
rimaneggiamenti...La costruzione fu abbandonata nel 1941. Nel 1958 nel buco delle
fondamenta fu creata la più grande piscina riscaldata all’aperto domenica. Dopo il 1995, nel
sito della Piscina Moskva viene ricostruita la Cattedrale di Cristo Salvatore originariamente
abbattuta per avviare i lavori del palazzo.

Nel 1940, mentre il cantiere era in piena attività, l’edificio cambiò destinazione d’uso:
spostato a sud l’asse di espansione della città moderna attraverso il progetto dell’E42, oggi
EUR, il Palazzo della Farnesina venne destinato ad accogliere gli uffici del Ministero degli
Affari Esteri, fino al 1922 ospitato nel Palazzo della Consulta e successivamente presso
Palazzo Chigi. 

Al momento dell’interruzione dei lavori causata dallo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale, nell’estate del 1943, l’edificio era strutturalmente completato, così come il suo
rivestimento esterno. Alla ripresa del cantiere, furono gli stessi progettisti a seguire i lavori
di adattamento dell’edificio alla nuova sede, fino all’insediamento ufficiale del Ministero
degli Affari Esteri nel 1959. 

Scompare il porticato di recinzione delle grandi adunate e dei riti di massa scompaiono i
simboli monumentali del partito, la torre littoria e il sacrario dei martiri, lasciando la grande
mole biancheggiare solitaria e sprovvista di ormeggi visivi. Essendo l’edificio a uno stadio
piuttosto avanzato per quanto riguarda la parte strutturale, le modifiche non possono che
riguardare la disposizione degli spazi interni (con inevitabili demolizioni) e il completamento
in altezza. Nell’estate del 1943 i lavori di costruzione del nuovo Ministero degli Affari Esteri
si interrompono, come per il cantiere dell’E42. Nel1954 si decide di dare compimento
all’edificio Bruno Zevi si limita a esecrare il folle sperpero per “rifinire quell’obbrobrio“,
Secondo Venturoli, nefasta è la notizia che “il casermone al Foro Mussolini, […] sarà
ultimato contro ogni concetto di pratica utilità e di economia“ domenica 15 febbraio 15

Il carattere monumentale dei volumi esterni trovò puntuale riscontro nelle ampie quadrature
degli interni, per i quali, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, fu commissionato un
importante apparato artistico e decorativo. 

In particolare, risalgono agli anni Cinquanta i controsoffitti realizzati da Alberto Bevilacqua
(Sala dei Mosaici), Pietro Cascella (Sala delle Conferenze Internazionali), Francesco Coccia
(Anticamera degli Ambasciatori), Giorgio Quaroni (Studio del Ministro), Amerigo Tot (Sala
della Vittoria) e i grandi lampadari in vetro Venini di Venezia su disegno di Enrico Del Debbio
a partire da un modulo progettato da Carlo Scarpa. 

In occasione di due concorsi nazionali, banditi dal Ministero dei Lavori Pubblici e pubblicati
nel 1965 e 1968 sulla Gazzetta Ufficiale, furono eseguiti invece i blocchi murari della rampa
d’accesso (Pietro Cascella), i gruppi scultorei sui fondali degli atri (Osvaldo Calò e Pietro
Consagra), il rivestimento in travertino della fontana nel Cortile d’Onore (Pietro Consagra), i
mosaici del salone omonimo (Luigi Montanarini e Toti Scialoja), i tre arazzi per i saloni del
38
primo piano (Gastone Novelli, Sergio Selva e Antonio Scordia), la sfera sul piazzale (Arnaldo
Pomodoro), nonché opere pittoriche e scultoree destinate ad altri ambienti del Ministero.

La monumentalità dell’edificio si è inoltre rivelata un contenitore ideale per ospitare una
raccolta di opere d’arte: nel 2000 venne infatti formalizzato il carattere istituzionale della sua
collezione, la Collezione Farnesina d’arte contemporanea.

(Andrea Portante), edit MAE

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Arengo della Nazione
Il progetto del Foro fino al 1936 prevedeva un Arengo, su progetto di Luigi
Moretti: un trapezio con gli angoli smussati. Capacità 400 mila persone: 75,000 a sedere
nelle gradinate a valle, 65,000 in piedi nelle gradinate a monte e 260,000 schierate nel
piazzale interno. Sull’asse dell’arengo, verso la collina, il colosso di bronzo nell’atto del
salute romano. Altezza totale 128 metri circa…Verso il fiume un corpo di fabbrica lineare su
pilastri, come un gigantesco portico che fingeva da atrio per l’Arengo. 

Ma nel 1937 cambiano I piani essendo l’area destinata ad accogliere il Palazzo Littorio,
sede del PNF. Mussolini traccia il solco perimetrale il 28 Ottobre. Nel primo progetto era
ancora presente un grande piazzale con al centro una torre littoria. 14 volte piazza Venezia,
2 volte S Pietro. Ma I lavori si sospendono per via della Guerra.

Nel 1933 Ricci aveva pensato ad una “statua del Fascismo” di 80 metri su un basamento di
20 Avrebbe dovuto sovrastare l’arengo della nazione, un piazzale da 300,000 persone 

Gli ultimi piani di Luigi Moretti,(Forma Ultima Fori, 1941) prevedevano un Isola artificiale di
oltre 10 km quadrati con deviazione del Tevere. Comprende quartiere Flaminio 

La variante di piano del 1941 “impone” unitarietà “l’ubicazione, la forma e il colore (delle
costruzioni) siano da parte dell’autorità sottoposti, caso per caso, ad un controllo
rigidissimo” “nelle nuove zone destinate ad abitazione gli edifici non dovranno più avere
caratteri singoli, e individuali, rispondenti ai gusti dei vari proprietari e architetti, ma saranno
allineati secondo un rigoroso ordine prestabilito, in una generale armonia d’insieme. ...si
realizza il “dittatore edile”…

40
14
(Andrea Portante)

41
GIL (Ponte Milvio)
L'Accademia di educazione fisica della Farnesina, fondata nel 1928, avrebbe dovuto
svolgere una funzione essenziale: formare gli insegnanti di educazione fisica delle scuole
medie dell'Italia fascista e gli istruttori ginnico-sportivi dell'organizzazione giovanile del
regime. Ma le necessità contingenti portarono i fascisti a compiere delle scelte diverse.
Attraverso una serie di progetti, in parte realizzati e in parte rimasti sulla carta, la Farnesina
assunse, tra l'altro, il ruolo di istituto per la formazione della dirigenza maschile delle
organizzazioni giovanili fasciste.

L'esperimento totalitario, messo in atto per due decenni dall'Onb e dalla Gil, per creare
l'"italiano nuovo" e per indurre i giovani ad assumere dei modelli di comportamento
pienamente rispondenti alla cultura fascista non fu un aspetto marginale e accessorio del
sistema mussoliniano. Fu un esperimento serio di cui l'Accademia della Farnesina, come
mostra chiaramente il presente lavoro, rappresentò una delle punte di diamante. Il
complesso, sorto lungo le rive del Tevere nelle vicinanze di Ponte Milvio, fu l'inizio di un
grande progetto che, se portato alle sue estreme conseguenze, avrebbe garantito al regime
una schiera di esperti pedagoghi che avrebbe avuto l'unico obiettivo di trasformare in
senso pienamente fascista la gioventù italiana. 

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15
Mappa 1942
La fine del regime travolse l'Accademia. La Farnesina, centro liturgico e cuore ideale del
progetto pedagogico fascista, venne dimenticata, come se non fosse mai esistita. Il
presente volume vuole ripercorrerne le vicende dal prologo all'epilogo.

Il progetto è di Costantino Costantini

43
Biografie
(Edit da Wikipedia)

Renato Ricci
Creatore dello Stadio dei Marmi, fondatore dell'Opera Nazionale Balilla e della Guardia
Nazionale Repubblicana, Ministro delle Corporazioni, visse e lavorò senza posa accanto a
Mussolini

Renato Ricci nacque a Carrara il primo giugno del 1896 da una famiglia di cavatori, gente
rude abituata ad un lavoro duro e pericoloso. Il capo famiglia era un nonno garibaldino che
instillò l'amor patrio ai suoi nipoti sin dalla più tenera età. Dopo il diploma di ragioniere e
alcune traversie politiche per aver manifestato per la italianità di Trento e Trieste, mio padre
si arruolò volontario nei bersaglieri nel 1915 e partecipò a tutta la campagna meritandosi
due medaglie al valore ed una croce di guerra al merito, quale comandante di pattuglie di
Arditi per azioni compiute al di là delle nostre linee.

Fu il primo ufficiale italiano a entrare in Trieste liberata. Nel 1919 essendo di stanza a Monte
Nevoso, seguì D'Annunzio nell'impresa fiumana trascinando con sé un battaglione del suo
reggimento con tutto l'equipaggiamento. Durante l'impresa partecipò all'occupazione di
Zara al comando di una compagnia Bersaglieri della Legione del Carnaro. Strinse amicizia
con Marinetti, Paulucci di Calboli, Mascagni e Keller, con il quale volò più volte e per il cui
consiglio, pochi anni dopo, conseguì il brevetto di pilota.

Dopo il Natale di Sangue tornò a Carrara e fondò il Fascio di Combattimento. I primi fascisti
erano solo 17, ma ben presto il movimento si dilatò, tanto che Ricci s'impose da Livorno
fino a Genova e Firenze, collaborando alla organizzazione del Movimento con Perrone
Compagni a Firenze, e con Costanzo Ciano a Livorno. Le lotte furono durissime con molte
vittime, basti ricordare l'eccidio di Sarzana nel quale persero la vita 17 fascisti e più di 46
furono feriti. Il 29 ottobre dopo aver occupato la prefettura e la caserma Dogali,
disarmandone la guarigione, che d'altronde era quasi consenziente, nella notte fermò il
primo treno per Roma che passava per la stazione di Avenza, che era il treno di Mussolini.
Ricci fu cordialmente accolto e presentò 200 squadristi armati di tutto punto. Mussolini fece
agganciare un'altra vettura e si intrattenne con Ricci, e lo incaricò di prendere il comando di
tutte le squadre fasciste che si stavano concentrando a S. Marinella.

Tornato a Carrara viene nominato da Mussolini Alto Commissario del Partito con compiti
ispettivi e organizzativi. Si interessa in particolare della situazione economica del suo paese
e promuove la ristrutturazione dell'ospedale, la realizzazione di case popolari, il rinnovo
dell'Accademia di Belle Arti, e promuove iniziative a favore della industria marmifera locale.
Nel 1924 è eletto deputato e continua la sua attività, sia nel partito che a favore di Carrara,
fondando tra l'altro il Consorzio marmi. Nel 1926 viene chiamato a Roma e nominato
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Sottosegretario all'Educazione Nazionale, con il compito di riorganizzare la gioventù dal
punto di vista morale e fisico.

Immediatamente si reca in Inghilterra e prende contatto con Baden Powell, capo
dell'organizzazione scautistica, che gli dà preziosi consigli e lo esorta a tornare in America
per prendere visione delle grandi scuole americane. Torna in Italia e in volo si reca in
Germania dove prende contatto con la Bauhaus e il modernissimo movimento artistico e
architettonico di Gropious.

Nasce cosi L'Opera Nazionale Balilla, alla cui presidenza Renato Ricci resterà per 11 anni
dal 1926 al 1937; (naturalmente con il solo stipendio di Sottosegretario al Ministero
dell'Educazione nazionale).

Realizza 900 Case del Balilla e della Piccola Italiana, tutte con palestre, piscine, biblioteche
e sale di riunione, giardini, ecc. Queste case per la gioventù, che Ricci fece realizzare, sono
per la maggior parte ora abbandonate e ridotte in rovina. Realizza 12 Collegi, fra cui: il
Morosini di Venezia, il Collegio Aeronautico di Forlì, i Collegi Navali di Brindisi, Sabaudia e il
Collegio femminile di Orvieto. Mette in mare la nave scuola Palinuro per accogliere gli
scugnizzi napoletani.

Ma soprattutto, in questo periodo mette mano per primo alla realizzazione di quella che
sarà una delle più importanti opere del regime: Il Foro Mussolini, alla cui progettazione
chiamò Del Debbio. Chiamò a collaborare Costantini per le terme e le piscine, di cui una
pensile, Pintonello per l'obelisco. Quest'ultimo eseguì una accurata ricerca sul modo di
innalzare gli obelischi, e una ricerca storica su quelli innalzati dai Papi. Costantini e
Pintonello ebbero i primi incarichi a 24 anni, e Pintonello ebbe la responsabilità di dirigere
tutte le costruzioni che dal 1930 furono eseguite nel Foro. Ebbe anche l'incarico di
progettare il così detto stadio dei Cipressi insieme all'ingegner Frisa. Il progetto del piazzale
dell'Impero fu affidato all'architetto Moretti, e la fontana della Sfera agli architetti Pediconi e
Paniconi. Infine, nel 1934, fu affidata a Moretti la rielaborazione totale di tutto il sistema
urbanistico del Foro, con il progetto da lui realizzato della Accademia delle Armi e con
l'Arengo delle Nazioni e altri edifici non realizzati. Fu chiamato ancora una volta Del Debbio
che realizzò la Foresteria Nord, mentre Costantini realizzò la Foresteria Sud, nei pressi di
Ponte Milvio. Questo edificio è stato poi deturpato perché il bellissimo rivestimento di
marmo bianco è stato asportato e sostituito da una banale cortina di mattoni.

Nel 1937 Mussolini spostò Ricci alla guida di uno dei più delicati settori dell'attività
economica della Nazione, e cioè lo nominò prima come sottosegretario e poi come ministro
alla guida del Ministero delle Corporazioni.

Nel febbraio 1943 viene esonerato dall'incarico di Ministro e si ritira in campagna in
Toscana, presso amici, dove si trovava ancora il 25 luglio. Poco dopo, subisce una
perquisizione e viene piantonato in casa dai Carabinieri. Ricci proseguì per Roma dove
assunse il comando della Milizia che poi, con l'aggiunta di Carabinieri e di reparti della
Polizia Africa Italiana e molti giovani volontari, divenne la Guardia Nazionale Repubblicana.

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Ricci sostenne sempre che i reparti della R.S.I. dovevano essere tutti volontari, dal che
scaturirono non poche difficoltà con Graziani che voleva la coscrizione obbligatoria.

Nella notte del 25 Aprile fuggì da Milano con un carro armato. Ricci non viene ricercato
perché i giornali avevano pubblicato la notizia del suo suicidio con foto molto somiglianti.

Dopo tre mesi di latitanza venne catturato e subì cinque anni di carcere con due condanne
a trenta anni, finché usci con l'amnistia "Togliatti".

Uscito dal carcere si occupò di affari con la Germania. Morì a Roma il 22 gennaio 1956.

Enrico Del Debbio
Enrico Del Debbio (Carrara, 26 maggio 1891 – Roma, 12 luglio 1973)

Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Carrara con specializzazione in Architettura, si
trasferisce a Roma nel 1914 dove vince il Pensionato artistico nazionale di architettura.
Vince nel 1921 il 1º premio per l'architettura alla Prima Biennale d'Arte e inizia l'attività di
insegnamento presso la Scuola Superiore di Architettura di Roma.

Negli anni venti ricopre numerosi incarichi nelle istituzioni pubbliche quali la partecipazione
al Comitato organizzatore della Quadriennale Romana. Nel 1931 è consulente tecnico-
artistico del Palazzo delle Esposizioni per la Mostra del Decennale della Rivoluzione
Fascista, mentre come direttore dell'ufficio tecnico dell'Opera Nazionale Balilla si occupa
della realizzazione degli impianti tecnico-sportivi delle Case del Balilla in tutt'Italia sino al
1934. Nel 1923 realizza il Palazzo della FIAT a via Calabria a Roma. Nel 1927 inizia la
progettazione e realizzazione del Foro Mussolini (poi Foro Italico),(1927-1960).

In questo progetto si concretizzano molte delle sue opere più famose: l'Accademia di
Educazione Fisica (1927 - ora Palazzo IUSM - CONI), lo Stadio dei Marmi (1928), la
Foresteria Sud (1929 - ora Ostello della Gioventù), i Magazzini di Casermaggio, la Colonia
Elioterapica (1934), il Palazzo Littorio di Roma, poi Palazzo della Farnesina sede
del Ministero degli Affari Esteri(1935/1943) con Arnaldo Foschini e Vittorio Ballio Morpurgo. 

Dopo la guerra (1956-1960) completa la sede del Ministero degli Esteri, realizza per
le Olimpiadi di Roma lo Stadio del Nuoto (1956 - con A. Vitellozzi) e completa il piano
regolatore del Foro con tutta la sistemazione del verde, gli impianti d'illuminazione, le nuove
strade adiacenti e la Casa Internazionale dello Studente, sempre nel complesso del Foro
Italico.

Suo anche il progetto della Facoltà di Architettura di Roma Valle Giulia, situata nei pressi
della Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, che lo tiene impegnato dal 1932
al 1967.

È autore di molte opere a Roma e in varie parti d'Italia. Muore a Roma nel 1973.

46
Conclusioni
Ci si riferisce spesso, nel linguaggio comune, ad una “Architettura Fascista”, ma in quegli
anni uno stile analogo si affermava anche fuori dall’Italia: ad esempio in Francia.e negli Stati
Uniti

Con il nuovo stato le case del fascio diventano sedi della Questura, della Guardia di
Finanza, Uffici delle Imposte. I gruppi rionali fascisti diventano edifici scolastici,
commissariati, sedi RAI... • Il Ministero dell’Africa Italiana accoglia la sede della FAO • Il
Foro Italico torna alle sue funzioni “neutrali” di luogo per lo sport.

Proprio perchè ideate per durare, volute per primeggiare, le architetture del regime
riemergono dal continuum storico • Il fatto di essere state costruite in un arco di tempo
breve e di possedere una comune cifra figurativa determina una percezione dominante • Il
loro aspetto imponente tramanda automaticamente nella massa una idea di grandezza di
quel trascorso. Inculca una idea della potenza acquisita dalla nazione durante il ventennio. •
Questi edifici, strappati dall’arena della storia, sono proiettati in una visione del passato a
dir poco edulcorata.

L’archiettura è stata utilizzata dal fascismo in modo eccellente, come mai prima nessuna
nazione moderna aveva fatto. • Dopo un periodo di silenzio, quell’architettura monumentale
ha ripreso a svolgere la sua funzione più intima, di azione demagogica sulle masse. • Molti
italiani tornano a subire una rinnovata fascinazione per le città e i palazzi “costruiti dal
duce”, che li introduce verso un giudizio tendenzialmente assolutorio nei confronti del
passato. • Alla fine, il disegno di Mussolini di parlare ai posteri del fascismo attraverso
l’architettura appare dunque vincente.

(Andrea Portante)

47
Ponte Milvio
La prima menzione del ponte risale al 207 a.C., in relazione al ritorno delle legioni
dalla battaglia del Metauro nel corso della seconda guerra punica. Il ponte doveva essere a
quest'epoca ancora in legno e la sua costruzione deve essere attribuita ad
un Molvius (appartenente alla gens Molvia, attestata dalle fonti). Nel 110-109 a.C. il
censore Marco Emilio Scauro ricostruì il ponte in muratura.

Quattrocento anni dopo, nel 312, nelle campagne gravitanti verso il ponte, ebbe luogo la
battaglia tra Costantino I e Massenzio nota come battaglia di Ponte Milvio, quella in cui la
leggenda riporta che Costantino vide una croce recante la scritta: In hoc signo vinces.

Del ponte romano restano le tre arcate centrali. Il ponte era stato danneggiato dalle vicende
belliche medioevali ed era conosciuto come ponte Mollo. Nel 1429 si ebbero i primi restauri
sotto papa Martino V e i lavori furono affidati a Francesco di Gennazzano. Nel 1458 furono
eliminate delle parti in legno e fu demolita la fortificazione medioevale.

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16
Nel 1805, sotto Pio VII, altri lavori di restauro furono affidati a Giuseppe Valadier: questi
ricostruì le arcate alle estremità, che erano state sostituite da ponti levatoi in legno, ed
edificò all'imbocco settentrionale una torre in stile neoclassico.

Il ponte fu fatto saltare da Garibaldi nel 1849 per ostacolare l'avanzata delle truppe francesi
e fu restaurato sotto Pio IX nel 1850.Nel 1951 fu terminata la costruzione di ponte
Flaminio con riduzione di traffico veicolare che, nel 1978, fu completamente soppresso.

La torretta Valadier segna l’accesso a Ponte Milvio dal lato dell’omonimo piazzale.

In epoca medioevale sull’imboccatura settentrionale del ponte, allora conosciuto come
ponte Mollo, fu innalzata una fortificazione di forma triangolare, il “Tripizzone”, sulla base di
una torre difensiva del III secolo. Nel 1458 furono eliminate delle parti in legno e fu demolita
la fortificazione medioevale.

L’architetto Valadier diresse ulteriori e significativi lavori nel 1805, sotto papa Pio VII: a
questo restauro si deve l’edificazione, sempre all’imbocco settentrionale del ponte, della
torre in stile neoclassico che prende il nome dal suo celebre progettista.

Si noti la data in numeri “romani” della iscrizione sulla facciata della Torretta. Non si tratta di
numeri romani “ordinari”, come li conosciamo, ma di una convenzione arcaica della
numerazione, ripresa poi anche dopo secoli in particolari per le iscrizioni sugli edifici: Il
numero D (500) si ottiene per mezzo di I seguito da C in versione specchiata, che
rappresenta in modo stilizzato la lettera D. Analogamente, M (1000) formata a volte da C, I,
seguiti da una C specchiata (simile alla M nella scrittura onciale). Questo dovuto al fatto
che originariamente i numeri romani erano così costruiti..

Tuttavia, da alcuni anni la torretta Valadier ha assunto una sua funzione di catalizzatore di
iniziative artistiche e sociali, ospitando mostre fotografiche, quadri e sculture di artisti ed
amatori anche sconosciuti e non referenziati.

 

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(Edit da Eclipse Magazine con integrazioni personali)

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La presa di Roma, 1905

di Filoteo Alberini
"La presa di Roma" ( aka Bandiera bianca, aka La breccia di Porta Pia

di cui sopravvivono oggi solo circa cinque dei 10-12 minuti originari) è considerato
ufficialmente il primo film italiano a soggetto, o almeno il primo proiettato in
pubblico. Secondo alcune fonti, la prima proiezione avvenne proprio davanti a Porta
Pia, la sera del 20 settembre 1905, in occasione del 35° anniversario degli eventi
narrati (che dunque non erano così lontani nei ricordi!). Alberini è stato un vero e
proprio pioniere del cinema in Italia: impiegato presso l'Istituto Geografico Militare di
Firenze e affascinato dalle invenzioni di Edison e dei Lumière, nel 1899 aveva aperto
nel capoluogo toscano la prima sala cinematografica del nostro paese; e cinque
anni più tardi, trasferitosi a Roma, aveva fondato con un amico il primo studio di
produzione italiano, la Alberini & Santoni, che nel 1906 diventerà la Cines.
Attraverso una serie di quadri (il linguaggio è quello dei primordi: camera fissa,
didascalie introduttive, assenza totale di montaggio e di primi piani), "La presa di
Roma" mette in scena l'episodio conclusivo del Risorgimento e dell'Unità d'Italia. 

Assistiamo così all'arrivo del parlamentario Carchidio a Ponte Milvio, scena
girata non in esterna ma in un teatro di posa, al rifiuto del generale pontificio
Kanzler di firmare la resa, all'attacco dei Bersaglieri e all'apertura della breccia di
Porta Pia, con conseguente ingresso dei soldati a Roma; e infine, alla resa di Pio IX
e ai festeggiamenti delle truppe italiane (di tutto ciò, nei frammenti sopravvissuti e
restaurati, rimangono solo l'arrivo di Carchidio, il rifiuto di Kanzler, e l'ingresso dei
soldati attraverso la breccia; delle cannonate sulle mura c'è solo un fotogramma). Il
film si conclude con la scena più celebre, addirittura a colori, la "Apoteosi", in cui le
figure simbolo del Risorgimento (Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Mazzini) si
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ergono a fianco di una Italia incarnata come se si trattasse di una divinità, anche a
sottolineare come il patriottismo, una sorta di religione laica, dovesse sostituire la
religione cattolica. In ogni caso, al di là dell'importanza cronologica, rimane una
pellicola di tutto rispetto per lo sforzo produttivo (il film costò 500 lire), per l'impegno
nella messa in scena e per la ricostruzione storica (le scenografie si ispirarono a
fotografie del 1870 e l'esercito fornì armi e uniformi), specie se consideriamo che si
trattava di un'industria agli esordi. La scelta del tema trattato è significativa, volendo
legare in maniera simbolica la nascita della nazione a quella della settima arte. E
segnerà l'indirizzo che il cinema italiano continuerà a seguire nei suoi primi anni di
vita: ovvero quello della ricostruzione di eventi storici, di ispirazione a volte
patriottica e a volte letteraria. Nel giro di pochissimi anni si assisterà a una rapida
crescita dell'industria italiana che, nel tentativo di "mettersi in pari" con quella
francese e delle altre nazioni dove il cinema era già diffuso, arriverà a sfornare
pellicole di grande successo.

Quale trasformazione in società per azioni della Manifattura di pellicole per
cinematografi Alberini & Santoni, nacque la CINES nel 1906, con un capitale iniziale
di circa 250.000 lire e uno stabilimento in vicolo delle Tre Madonne, nel quartiere
San Giovanni. Filoteo Alberini assunse l'incarico di direttore tecnico e promosse la
realizzazione di film destinati a lasciare un segno sia sulla scena nazionale sia su
quella internazionale. Nel corso della sua storia, con vari cambi di proprietà, la
CINES produsse opere di un certo livello, come Gli uomini, che mascalzoni...
(1932) di Mario Camerini o La tavola dei poveri (1932) di Alessandro Blasetti, La
cena delle beffe (1942) o di Quattro passi fra le nuvole (1942) di Blasetti, ma anche
di La locandiera (1944) di Luigi Chiarini. Tra il febbraio 1944 e l'aprile 1945 vi fu la
fallimentare esperienza del cinema della Repubblica di Salò, che vide il
trasferimento degli stabilimenti della C. a Venezia. La Cines venne definitivamente
sciolta nel 1958.

Edit da Tomobiki blog, Treccani

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Ponte Flaminio
Negli anni 30 emerse l'insufficienza dell'antico ponte Milvio per l'uscita della città
sulla direttrice delle vie consolari della Cassia e della Flaminia, e si sviluppò la volontà di
realizzare un ingresso scenografico alla capitale per il traffico proveniente dal Nord. Si definì
una variante a monte della attuale via Cassia vecchia (da congiungersi a una variante alla
via Flaminia vecchia), e la costruzione di un nuovo ponte, che avrebbe dovuto chiamarsi
"XXVIII Ottobre" in memoria della data della marcia su Roma.

Fu chiamato a progettarlo Armando Brasini, che aveva già iniziato a realizzare nei dintorni
la chiesa di Piazza Euclide, villa Manzoni e la sua dimora presso ponte Milvio. Il progetto
presentato da Brasini a Mussolini prevedeva un enorme arco monumentale che emulava gli
archi di trionfo romani. Il Duce, che spesso interveniva sui disegni dei suoi progettisti,
tuttavia, fece eliminare l'arco e semplificò il progetto. Brasini sembrò accettare di buon
grado la modifica, asserendo che il progetto ne risultava migliorato quanto ad ampiezza ed
originalità (P. Nicoloso).

I lavori cominciarono nel 1938 e vennero sospesi nel 1943, quando alcune strutture già
realizzate subirono dei danni a causa degli eventi bellici, per riprendere solo nel 1947 e
finire nel 1951.

Con la Repubblica il ponte cambio nome in Ponte Flaminio. E’ il primo ponte monumentale
sul Tevere a nord di Roma, a servizio dello storico itinerario della via Flaminia; dal 1960 è
53
17
collegato al viadotto di corso di Francia, che dal quartiere Tor di Quinto si congiunge
ai Parioli sovrappassando il villaggio olimpico.

Nei primi anni sessanta il ponte fu chiuso al transito per un problema strutturale al quinto
pilone e riaperto nel 1964, quando però la realizzazione del grande Raccordo Anulare e
dell'aeroporto di Fiumicino avevano ridotto sensibilmente la sua funzione di ingresso
principale nella Città eterna.

(Edit da Wikipedia)

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Spiagge al Flaminio
Lungo la riva sinistra tra ponte Milvio e Ponte Risorgimento, lungo l’attuale Lungotevere
Flaminio, da sempre si è estesa una lingua di sabbia fluviale che costituiva l’arenile più bello
di tutto il Tevere nella zona di Roma.

Nei secoli, la gioventù’ romana ha sempre
mostrato una spiccata tendenza a
immergersi nelle acque. Con la
caduta dell’impero, le terme vanno in
disfacimento e in una città povera d’acqua,
l’antica passione per i bagni risorge con il
Rinascimento e prende piede nei secoli
successivi. Ma il progressivo tramutarsi
estivo delle rive tiberine in una vera e propria
stazione balneare è ritenuto dalle autorità
ecclesiastiche pericoloso e impudico e
fioccano editti papali con tanto di ammende
e pene severe pero i trasgressori. Comunque, nel secolare duello fra monsignori e fiumaroli,
ha finito per aver partita vinta il buonsenso, tant’è vero che sotto papa Gregorio XVI
(1831-1846) è riconosciuto il diritto al bagno a fiume, pur nelle dovute modalità. Il governo
di papa Pio IX, affinché i romani potessero giovarsi dei bagni del Tevere, salve la sicurezza
personale e la pubblica decenza, emanava nel 1855 un’ordinanza più conciliante e
permissiva dei precedenti editti. A partire da allora, alle porte dell’estate, ogni anno è affissa
agli ingressi delle capanne balneari un’ordinanza che proibiva la balneazione al di fuori degli
appositi stabilimenti. 

A dispetto dei divieti, tuttavia, i romani, soprattutto i più giovani, non rinunciano al richiamo
del fiume, incuranti dei regolamenti e delle eventuali sanzioni.

A inizio Novecento le spiagge iniziano dall’Albero
Bello (lungotevere Flaminio), dove arrivano i
Muraglioni del Tevere ancora in costruzione, fino ai
Sassi di San Giuliano (Villa Glori) e un nome che
ancora aleggia nei ricordi dei vecchi del Tevere è la
spiaggia dei Polverini. E’ sulla riva sinistra, dopo
Ponte Milvio, ed è caratterizzata da una spiaggia di
sabbia bianca e finissima.

La spiaggia Polverini inizia ad essere frequentata
dai romani nel 1895, quando i cantieri dei
Muraglioni del Tevere stanno distruggendo tutte le
spiagge che esistevano a Roma (basti pensare alla
mitica Renella giù a Trastevere), e vive fino agli anni
Trenta, quando concessioni date dal demanio a
iniziative pubbliche e private occupano stabilmente
55
Spiaggia Polverini
le rive e sfrattano fiumaroli e
bagnanti.

Altre spiagge tiberine sono
allora molto frequentate,
soprattutto dai più giovani:
Albero Bello, poco prima
dell’attuale Ponte
Risorgimento, quella davanti
all’attuale largo Antonio
Sarti, la Spiaggia Severino, a
poco meno di trecento metri
più a nord, e l’Isola dello Zibibbo
vicino all’attuale Ponte Duca
d’Aosta che si chiamava così per via
di una piattaforma sull’acqua così
estesa da sembrare un’isola. Sia
Polverini che Severino e Zibibbo
sono nomi di vecchi fiumaroli che si
adattano in quegli anni a
trasformarsi in gestori di stabilimenti
balneari. E’ una stagione ” mitica”,
in piena sintonia con la storia
profonda della città, in cui i romani
fanno quello che hanno sempre
fatto dalla notte dei tempi: fare il
bagno a fiume.

Per tutti gli appassionati del fiume l’anno più brutto è il 1932, quando a tutti è intimato di
andarsene per far posto ad una colonia estiva fascista. Sia i fiumaroli che i loro clienti con
qualche soldo in tasca si spostano sui barconi dei dopolavoro e dei circoli, altri frequentano
la chiatta de Er Ciriola, la barca di un pescatore di anguille che si cerca di sostituire la
spiaggia Polverini.

(Edit Roma2Pass con integrazioni personali)

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Spiaggia Largo Sarti
Spiaggia Severino
Circoli Canottieri
Quell’enorme opera che a fine Ottocento separa la città dal suo fiume, i muraglioni del
Tevere e gli argini di terra a monte di Ponte Risorgimento, non impediscono a numerosi
romani di continuare a frequentarlo. Sono chiamati “fiumaroli”. Anche nobili e borghesi non
disdegnano di trascorrere il tempo libero sul fiume. Nel 1867 alcuni membri della Società
Ginnastica Serny in gita sul fiume a bordo di un vecchio pattino, a causa delle loro maglie
rosse sono scambiati per garibaldini e presi a schioppettate dalle sentinelle pontificie a
Ponte Sant’Angelo.

Grazie ai circoli, negli anni ’70 dell’Ottocento il nuoto e il canottaggio sono state una le
prime discipline sportive moderne praticate nella città. Da allora inizia l’insediamento dei
circoli di canottieri si sviluppa lungo la riva sinistra a monte di Ripetta. Nel 1897 esistono
quattro club dediti alla voga sportiva. Il più prestigioso era il Reale Club Canottieri del
Tevere, filiazione del Serny, con un galleggiante a fiume e uno chalet a due piani sulla
“poetica” passeggiata di Ripetta.

Lungo il fiume, a partire dal ventennio fascista, ai circoli canottieri si aggiungono i circoli del
“dopolavoro”riservati a dipendenti di Ministeri e altre organizzazioni pubbliche. Tra di essi
citiamo il Circolo Ufficiali Marina Militare in lungotevere Flaminio, il Circolo Ministero degli
Esteri in lungotevere Thaon di Revel

(Edit Roma2Pass con integrazioni personali)

57
Quartiere Flaminio e il fiume
Per secoli i Prata Flaminia sono stati inondati dalle acque torbide del Tevere che, bloccate
da Ponte Milvio, esondavano e correvano su via Flaminia fino ad arrivare a premere con
forza alla Porta del Popolo (per questo motivo, per secoli, chiamata Porta Flumentana).

58
Inoltre nell’ansa del fiume a monte dell’attuale Ponte Risorgimento, la corrente corrode
senza sosta la riva sinistra minacciando la stessa via Flaminia e la chiesa di Sant’Andrea del
Vignola.

E questi problemi non vengono risolti dai Muraglione del Tevere costruiti a fine Ottocento né
dagli argini in terra costruiti a monte di Ponte Risorgimento. A dicembre del 1937 in città il
pelo dell’acqua è a pochi metri dalle spallette e le luci dei ponti sono completamente
nascoste dall’acqua limacciosa. In quei giorni il Tevere, anche se imprigionato, faceva
veramente paura. A nord un lago si estendeva a perdita d’occhio intorno a Ponte Milvio,
completamente circondato dall’acqua, e davanti a Villa Glori e Monte Antenne, verso la
Sabina. Solo le rotaie della linea Roma-Firenze affioravano appena dal velo dell’acqua
straripata e nessun treno elettrico poteva circolare. Quanto era successo porta il governo
fascista ad ampliare notevolmente il progetto già in attuazione dall’anno precedente, che
prevedeva importanti lavori di sbancamento a valle di Roma per facilitare il deflusso delle
acque. Tra l’altro, è previsto il taglio di un’ansa vicino a Spinaceto e la realizzazione di un
nuovo tratto rettilineo del fiume di circa un chilometro e mezzo, aumentando così in maniera
significativa la portata del fiume verso valle. Da allora nessuna inondazione ha interessato la
città di Roma.

Parallelamente ai lavori dei muraglioni, la navigazione sul Tevere si mantiene attiva. Lungo il
fiume, in corrispondenza degli attuali lungotevere Arnaldo da Brescia, lungotevere delle
Navi, lungotevere Flaminio, c’è via delle Barche, un viottolo sulle sponde del fiume che
serviva ai buoi, e spesso agli uomini, che trainavano i barconi di merci che risalivano il fiume
controcorrente. A partire dagli anni Venti, la navigazione va decadendo, per motivi sia legati
al fiume e ai nuovi lavori realizzati su di esso che alla concorrenza dei mezzi su gomma e
rotaia che diventavano sempre più vantaggiosi.

Ma un nuovo fenomeno si affaccia sulla scena romana. A partire dal 1870, la popolazione
della città cresce esponenzialmente e i cittadini di tutte le classi sociali cercano luoghi dove
trascorrere il tempo libero e difendersi dalla calura estiva. La gente incomincia a frequentare
la riva sinistra del fiume nei luoghi ancora non cementificarti dai muraglioni, a partire dalla
Passeggiata di Ripetta, a nord del porto di Ripetta, dove nascono i primi circoli canottieri (il
Reale Circolo Canottieri Tevere Remo e il Circolo Canottieri Aniene) , frequentati da nobili e
borghesi. Il popolo invece va a farsi il bagno sulle spiagge situate un poco più su, da Porta
del Popolo a Ponte Milvio, facilmente raggiungibili grazie a via delle Barche.

Testimonianza di questa abitudine è il nome della prima traversa a sinistra di via Flaminia,
approssimativamente dove oggi c’è via Francesca Carrara: era infatti un viottolo che si
chiamava via dei Bagni. Perno di queste attività sono alcuni fiumaroli, ex pescatori o
barcaroli ormai disoccupati che non vogliono abbandonare il fiume e si trasformano in
bagnini e gestori di stabilimenti balneari.

(Edit Roma2Pass con integrazioni personali)

59
Quartiere Flaminio
I piani regolatori del 1873 e del 1883 non si occupano di questa parte fuori delle mura, nella
quale dominano ancora grandi ville suburbane. 

Ma la nuova capitale d’Italia cresce demograficamente e già nelle carte del 1889 e del 1891
si vedono disegnate ipotesi di lottizzazioni a fini edificatori, in forma prima embrionale e poi
un poco più evoluta. La prima rappresentazione fa vedere una maglia continua di lotti che si
interrompe solo sulla sponda del fiume. Ci sono solo piccoli spazi destinati a piazze ottenuti
per sottrazione di singoli lotti. Tuttavia il raggio centrale del semicerchio dell’ansa già c’è e
finisce in una piazza più grande, ottenuta per sottrazione di due lotti. Una seconda
rappresentazione del 1891 è più raffinata e compiuta e compare per la prima volta l’asse
ortogonale che attraversa la Flaminia, oggi via Guido Reni viale De Coubertin. Da una parte
una lottizzazione, dall’altra un grande spazio a parco e per l’ippodromo.

Si tratta di disegni che anticipano solo di qualche anno l’impianto urbanistico del quartiere
Flaminio che verrà prefigurato, pressoché nella sua forma attuale, dal Piano Regolatore del
1909 dove si prende atto della attesa di edificazione delle aree fino ad allora libere, e si dà
loro un disegno all’interno del piano di crescita della intera città.

Il piano prevede non solo le edificazioni, ma anche le connessioni con l’altra sponda del
Tevere (prima rappresentazione dell’attuale Ponte della Musica) e disegna, anche se in
modo ancora approssimativo, le nuove aree trasformabili a villini dei Monti Parioli. Per la
prima volta il piano regolatore è disegnato sulla base di un rilievo altimetrico, prodotto
dall’Istituto Geografico Militare.

Il Piano regolatore del 1909 prevede anche una maglia di trasporti pubblici di superficie,
affidata ad ampliamenti della rete tranviaria allora già presente. C’è già la previsione del
60
18
passaggio del tram sul Ponte della
Musica. Ed è già pienamente colta
la importanza dell’asse ortogonale
alla Via Flaminia, che dall’attuale
Auditorium arriva a Piazza
Maresciallo Giardino. La
riconnessione dei nuovi quartieri
del Flaminio e dei Parioli con Prati
appena edificato e con il nascente
quartiere delle Vittorie è già
pensata anche con la previsione di
un secondo ponte di
collegamento di lungotevere
Flaminio con l’attuale Via Timavo.
Oltre che una chiara visione della
relazione tra Villa Glori e Monte
Mario, si prefigura una nuova
connessione tra i due assi storici di
Via Flaminia e Viale Angelico, che hanno da sempre segnato le due sponde del Tevere. Solo
in epoca fascista, con la costruzione del Ponte Duca d’Aosta, si è introdotta una nuova
direttrice per collegare con il centro il nuovo Foro Italico, direttrice mai completata che ha
determinato il nodo ancora non risolto di Piazza Mancini.

Il disegno del 1908 non è esattamente quello realizzato, ma gli elementi formali sono rimasti
gli stessi. Resta l’impianto basato su un triangolo con il lato lungo sulla Flaminia, resta il
verde della Villa Flaminia, resta la scelta della dimensione dei lotti, resta la grande piazza sul
Tevere in fondo a Via Guido Reni (piazza Gentile da Fabriano). Sulla base di questo disegno
si iniziano a tracciare le strade e si realizzano i primi interventi residenziali, peraltro di edilizia
pubblica.

61
Su questo impianto appena nato si incunea, durante gli anni della guerra, il complesso delle
Caserme. La foto aerea del 1919 del Tenente Umberto Nistri fa vedere una imponente
attrezzatura militare orientata secondo la Via Flaminia in un’area pressoché libera, salvo il
piccolo quartiere di edilizia pubblica (l’attuale “Piccola Londra”), di fronte allo stadio del
Partito Nazionale Fascista. Le Caserme hanno accesso dalla stessa via Flaminia e sono
nate e cresciute per esigenze militari, ancora più pressanti nel periodo della prima guerra
mondiale, senza tener conto del disegno di piano. La necessità di ricondurre ad ordine le
edificazioni esistenti e previste, tenendo conto del disegno del Sanjust, ha portato al
disegno attuale, comunque diverso dall’impianto di piano regolatore del 1909. L’asse del
Ponte Duca d’Aosta non ha un terminale e Piazza Mancini è uno spazio senza forma.

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62
Villaggio Olimpico: Le Olimpiadi del 1960
Le Olimpiadi di Roma 1960 sono uno spartiacque nella storia della Capitale sul piano
urbanistico. Per trasformare la città bastarono 5 anni: i Giochi erano stati assegnati nel 1955
e Roma aveva battuto Losanna nell´ultimo ballottaggio. L’Italia sta entrando nel boom
economico. Nascono nuovi quartieri, nuove strade, si moltiplicano le autovetture. A Roma
nel 1955 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi inaugura la metropolitana. Viene
completato il quartiere dell’Eur, che, dopo il prolungamento della via Cristoforo Colombo,
vede nascere la Fiera, il laghetto ed il “fungo“. Sulle pendici di Monte Mario viene edificato
l’Hotel Hilton. Roma modifica radicalmente la viabilità: il tram viene praticamente abolito.
Sono costruite nuove arterie come la Via Olimpica e Corso Francia, disegnato
dall’Architetto Pierluigi Nervi, che passa sopra il villaggio olimpico. Poco prima dell’inizio
delle Olimpiadi viene aperto lo scalo aereo di Fiumicino.

Tra le varie infrastrutture che fu necessario costruire da zero, ci fu, ad esempio, la via
Olimpica: una sorta di circonvallazione che collegava tra loro alcuni dei principali impianti
sportivi ed il villaggio degli atleti.

Dopo che Roma fu scelta come città per ospitare le Olimpiadi del 1960, fu necessario in soli
quattro anni dotare la capitale di tutti gli impianti e le attrezzature sportive per lo
svolgimento delle competizioni. Il problema più complesso fu quello di poter offrire alloggio
63
Passato e presente
Costruzione Impianti
19
a più di ottomila
persone tra atleti,
organizzatori, allenatori
e rappresentanti della
stampa. Proprio da
questa esigenza
nacque il Villaggio
Olimpico che
rappresenta uno degli
esempi più ampi,
organici e coerenti di
pianificazione
urbanistica-edilizia
attuata nella città di
Roma. L’ipotesi di
costruire attrezzature temporanee fu subito scartata, a favore della costruzione di un
villaggio con carattere stabile che avrebbe consentito, a Olimpiadi terminate, di alloggiare
1500 famiglie. Per evitare successive speculazioni si affidò la realizzazione ad un istituto di
interesse pubblico: l’ INCIS, (Istituto Nazionale per le Case agli Impiegati dello Stato ). Il
progetto fu commissionato ad alcuni tra i più autorevoli architetti dell’epoca: Vittorio
Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco e Luigi Moretti che
pianificarono, su una superficie di circa 35 ettari, un complesso di palazzine, in linea o a
croce, con altezza variabile da 2 a 5 piani, circondate da zone verdi e sollevate da terra su
pilastri di cemento armato che consentissero di lasciare libero e percorribile lo spazio alla
quota urbana. Oltre alla costruzione delle opere edilizie risultò necessario definire un nuovo
asse di scorrimento veloce che collegasse la Cassia e la Flaminia con Viale Tiziano e Viale
Parioli al centro di Roma. 

64
Vista Aerea
Blocchi Abitativi Villaggio Olimpico
Questo viadotto lungo circa un chilometro, il cui
progetto strutturale si deve a Pier Luigi ed
Antonio Nervi, prende il nome di Corso Francia.
Per evitare un’ inammissibile frattura tra il
settore orientale e quello occidentale del
comprensorio, compromettendone la continuità, il viadotto fu realizzato su pilastri
svincolando dunque il quartiere sottostante dal traffico di transito e salvandone l’organicità.
L’accesso principale al Villaggio Olimpico si trova sul grande piazzale di viale Tiziano.. 

(Edit da www.leolimpiadiditalia.it, ArchiDAP, 

65
Corso Francia Costruzione Corso Francia
Sottopasso Muro Torto
Confluenza Cassia e Flaminia
Il Tevere e il Foro Italico Dal Ponte della Musica al Ponte Flaminio
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Il Tevere e il Foro Italico Dal Ponte della Musica al Ponte Flaminio

  • 1. Andrea Portante 10 Giugno 2018 Il Tevere e il Foro Italico Dal Ponte della Musica al Ponte Flaminio 1
  • 2. 2
  • 4. 1. Il Complesso del Foro Italico 2. Il Ponte Duca D’Aosta 3. Piazzale dell’Impero e Monolite 4. Accademia Fascista di Educazione Fisica 5. Stadio dei Marmi 6. Stadio 7. Foresterie 8. Campi tennis 9. Colonia Elioterapica 10. Casa delle Armi 11. Piscine 12. Accademia della Musica 13. Palazzo Littorio/Farnesina 14. Arengo della Nazione 15. GIL (Ponte Milvio) 16. Ponte Milvio 17. Ponte Flaminio 18. Quartiere Flaminio 19. Villaggio Olimpico 20. Ponte Bailey 21. Lungotevere Flaminio 4
  • 5. Introduzione: Fascismo e Architettura (Andrea Portante) Da sempre l’architettura svolge un ruolo fondamentale nel processo formativo dell’identità: • Identità “collettiva” • Identità (anche) personale Un esempio chiarissimo di entrambi questi aspetti è l’Italia medievale, in cui i comuni facevano a gara nell’edificare le belle città che conosciamo e le singole famiglie, anche le più umili, mettevano particolare attenzione al “decoro” della propria casa. La casa era un elemento centrale nel comune medievale: il suo possesso garantiva la cittadinanza, ed il suo aspetto, la ricchezza e raffinatezza della sua architettura, connotava lo status del suo proprietario. Nelle mani di una dittatura l’architettura diviene strumento di governo, attraverso cui ottenere il consenso. • Nella prima metà del 900 nessuno stato ha investito politicamente nell’architettura pubblica come l’Italia • Anche nel confronto con la Germania nazista il fascismo esce vincente sul piano delle realizzazioni • La concretezza fisica, il risvolto sociale, il connotato funzionale attirano il consenso anche delle persone più distanti dalla politica. • L’entità degli interventi fiacca il dissenso dei critici verso il regime Ma l’architettura è anche strumento per educare le masse. Partecipa al processo di totalitarizzazione della società, volto a modificare il carattere, le abitudini, le mentalità degli italiani. Gli architetti italiani sono inseriti e protagonisti nel contesto internazionale. Si fronteggiano due scuole: • Razionalisti/Futuristi • Novecento A differenza della Germania nazista, fortemente ostile ad ogni avanguardia, all’inizio il regime incoraggerà le correnti più moderniste, dopo il 36 si tenderà ad una “normalizzazione” verso stile monumentale e “romanizzante”, per quanto recepisca in parte alcune istanze moderne Il risultato è uno stile “aulico internazionale”. Distinguiamo tre fasi, nel rapporto fra fascismo e Architettura: • Fase 1: (1922-25) Sommaria Attenzione • Fase 2: (1925-1936) Costruire per Durare • Fase 3: (dopo il ’36) L’Impero-Osare per Educare e Plasmare 5
  • 6. Fase 1: Si completa, ad esempio, la Stazione Centrale di Milano 1924-1931, secondo i disegni di Ulisse Stacchini, vincitore del concorso del 1912 (e successive modifiche fino al 24) Fase 2: L’Italia deve essere (e apparire) un grande cantiere. Architettura per durare: Si lanciano massicce iniziative a carattere urbanistico che incidono profondamente sulla struttura del territorio (sventramenti, città di fondazione). Sembra affermarsi, tra il 1933 e il 1936, il razionalismo, seppur filtrato, che trova forte impulso anche nella committenza dello stato (es: Case del Fascio) • Dopo il 1936 il regime inizia a richiedere un’architettura più “romana” e autenticamente fascista, rigettando stili troppo vicini a modelli internazionali domenica. Gli investimenti in opere pubbliche implicano un massiccio impiego di manodopera disoccupata A celebrare l’azione governativa nei lavori pubblici provvedono i viaggi di inaugurazione L’aspetto estetico gioca un ruolo decisivo:“il culto della bellezza e della forza sono capisaldi fondamentali della concezione fascista” (Dizionario Mussoliniano, 1939) Tra il 1929 e il 1939 Mussolini visita tutte le regioni d’Italia e 70 capoluoghi di provincia su 89 e 320 località principali. Per rendere più incisiva l’operazione di edificazione del mito, il palco spesso adotta forme simboliche (incudine a Torino, al Lingotto, prua di una nave a Genova) Le Opere Pubbliche, sono parte di una strategia politica, ed hanno un ruolo di primo piano. La costruzione della nuova Roma e della nuova Italia impegnò per 20 anni molti dei più originali e dotati architetti italiani. La costruzione della “nuova civiltà” coinvolge e affascina gli architetti Enrico del Debbio, Mario De Renzi, Adalberto Libera, Gaetano Minnucci, Luigi Moretti, Giuseppe Pagano ,Mario Ridolfi, Mario Sironi, Marcello Piacentini- La Guerra d’Etiopia rappresenta una cesura. Costa 40 miliardi di lire, determina un aumento del 20/25% nelle spese statali con un Impatto negativo sul finanziamento delle opere pubbliche Fase 3: Con la conquista dell’impero l’attenzione si sposta dalla valorizzazione dei ruderi alla costruzione di una Roma autenticamente fascista. Già nel1934 19361935 Inizia la costruzione del mito. La consacrazione della “continuità” fra Roma fascista e Roma antica si ha nel 1937 con la mostra Augustea della Romanità. La “conquista dell’Impero” costituisce un punto di svolta fondamentale 9 maggio 1936 • Momento di massimo consenso, riconosciuto anche dagli oppositori • Mussolini pensa di essere anche un grande capo militare • Inizia, e accelererà dopo lo scambio di visite con Hitler, la costruzione del mito imperiale domenica. Il ruolo “civilizzatore” dell’Italia fascista le deriverebbe “naturalmente” dall’essere erede dallo spirito classico e universale della Roma antica • i (falsi) miti della romanità favoriscono i processi di integrazione della società nello stato fascista • Nella fase 2 l’architettura serviva a dimostrare che l’Italia è un grande cantiere, che il fascismo va verso il popolo, veniva usata per glorificare il regime, costruire il consenso e quindi “durare”. • In quella fase l’architettura può anche parlare linguaggi diversi, molto distanti fra loro • Nella terza fase 6
  • 7. viene chiesto all’architettura di fare un passo ulteriore, di utilizzare un linguaggio più consono all’elaborazione dei miti fondanti del fascismo della romanità e dell’impero. • La nuova architettura (es. E42) per rispondere alle istanze di una politica totalitaria, deve essere rivolta alle masse, comprensibile ai più e non selettiva. Non sono più accettabili quindi i progetti “modernissimi”, i materiali diversi dalla pietra Fase 3: Osare domenica 15 febbraio 15 L’occasione per avviare la costruzione della nuova Roma sarebbe stata la candidatura all’Expo 42 Il duce imperiale vuole una Roma imperiale domenica. Per essere funzionale a questo programma politico l’architettura non può essere espressione di tante singole personalità artistiche, distanti e spesso inconciliabili, ma deve mostrare un indirizzo unitario • Con E42 è l’ufficio tecnico di Piacentini che realizza questa operazione, ridisegnando le architetture, smussando le differenze, accentuando le uniformità Per adempiere il nuovo ruolo, l’architettura deve essere “Collettiva”: “unitario fu lo spirito che innalzò i templi greci, che elevò gli anfiteatri romani, che creò la rifioritura classica del rinascimento” (Piacentini, inaugurazione anno accademico, nov 1935) I marmi sostituiscono il semplice intonaco • Le proporzioni si fanno gigantesche • La chiarezza iniziale delle composizioni viene sacrificata alla scenograficità dell’insieme. Sempre più evidenti le “suggestioni” romane (es. i richiami al Colosseo del Palazzo della Civiltà Italiana) In 20 anni il regime aveva costruito una nuova Roma • Restava incompiuto il progetto di creare i “nuovi romani” • Come gli sventramenti dovevano eliminare dalle vestigie della Roma antica le incrostazioni accumulate nei secoli, così andavano eliminate dal carattere degli italiani le incrostazioni che nei secoli lo avevano corrotto e degenerato. La guerra blocca progressivamente tutti i grandi cantieri. “Io non lascerò in pace gli Italiani fino a che non avrò due metri di terra sopra di me” (Mussolini a Galeazzo Ciano) Mussolini ed il modernismo: un rapporto ondivago e strumentale Alla Esposizione di Architettura Nazionale, 1931, Mussolini esamina la “Tavola degli Orrori” e, nonostante tutto esprime soddisfazione, ammirazione ed entusiasmo per il MIAR Il suo sostegno illude i giovani architetti, ma deriva più da calcolo politico Iniziale sostegno al “moderno”. “Mussolini viene mutando la sua opinione sull’architettura razionale” “v’è anche la ripercussione della condanna di Hitler con questa architettura. Non vuole accogliere proprio in Italia i rifiuti di Hitler (Alfredo Rocco, diario 1° maggio 1934) 7
  • 8. Il 10 Giugno 1934, a seguito delle polemiche sulla stazione di Firenze:, così scrive: “tengo a precisare in modo inequivocabile che io sono per l’architettura moderna...mi sarebbe immensamente dispiaciuto se voi aveste pensato che le vostre opere non mi fossero piaciute...La stazione di Firenze è bellissima ed al popolo italiano la stazione di Firenze piacerà. Darò ordine a tutti gli Enti, a tutti i Ministeri, a quello dell’Aria, dei Lavori Pubblici, delle comunicazioni, dell’Educazione nazionale, a tutti gli Uffici perchè si facciano costruzioni del nostro tempo” ..ma la trascrizione della conversazione non è destinata alla pubblicazione... Mussolini ha atteggiamento ondivago e, vedremo, “tradirà” i modernisti. Nel 1937 in Libia con Ojetti Mussolini matura la convinzione di un maggiore sostegno dell’architettura alla politica • “Chi lo dice che io non amo le colonne? Io amo le colonne!” • E’ anche un “messaggio” a Ojetti di cui non aveva condiviso, nella prima metà degli anni 30, le posizioni “classiciste”, e che ora assume maggior peso, sostituendo Margherita Sarfatti come “consulente” sui temi estetici della romanità • In cambio, Ojetti abbandona la difesa di temi come la tutela del patrimonio storico architettonico. Molto importante nell’evoluzione del rapporto fra Mussolini e l’architettura è la visita di Hitler in Italia, nel maggio del 38. Curata nei minimi dettagli con città (e campagne) “allestite” lungo il percorso • Hitler è abbacinato dalle vestigia imperiali che egli venerava come modello supremo • Si soffermò in particolare al Pantheon, che ispirò poi la Volkshalle (Sala del Popolo), chiamata anche Große Halle di Berlino (Albert Speer) Anche per Hitler l’architettura è, come la guerra, uno strumento per nazionalizzare totalmente le masse • A Monaco (1938) Hitler riferisce a Speer di aver detto a Mussolini che “i progetti del suo architetto di stato, Piacentini, non avevano senso” Sicuramente Hitler segue personalmente le tematiche di urbanistica e architettura, ma cosa ha visto? • Forse la Città Universitaria di Piacentini, conclusa nel Dicembre 1935 • Forse i progetti per E42, approvati dal duce nel 1937 ed apparsi sulla rivista Architettura di Piacentini: una città moderna di vetro e acciaio, espressione di quella cultura artistica “giudaico-bolscevica” che tanto detesta • Mussolini si muove in maniera indipendente, ma l’incontro contribuisce • a rafforzare una “virata” verso uno stile più “classico” • a stringere i tempi in una “gara” con il furher sul piano architettonico Si accende la competizione con Hitler. “Mussolini adesso ordina a tutti romanità, monumentalità, italianità, grandiosità, solidità” (Feb 1938, Cipriano Efisio Oppo a Alberto Alpago Novello, in giuria per E42) “bella differenza rispetto a tre o quattro anni fa, quando s’era fermi agli scatoloni novecento, e Mussolini li chiamava architettura fascista perchè li credeva l’architettura dell’avvenire. Hitler ha giovato; a qualche cosa” (Ugo Ojetti) “quando questi giovani capiranno che questa moderna non può essere l’architettura dell’impero?” (Mussolini, riferita da Quaroni) 8
  • 9. I giudizi di Hitler contribuiscono quindi a radicalizzare la svolta imperiale e romaneggiante del duce. Il più delle volte, Mussolini non interviene direttamente, ma attraverso Marcello Piacentini • Marcello Piacentini è la figura che più di ogni altro dominò l’architettura Italiana durante il Regime Fascista, i maggiori incarichi pubblici sono suoi ed il suo stile influenzerà, o in qualche modo verrà imposto non solo a molti architetti negli incarichi minori ma anche ai maggiori razionalisti come Pagano , Libera , Michelucci. • Già nei primi mesi di governo Mussolini individua in Piacentini un artista innovatore del clima culturale romano • Piacentini è presente in giuria in 46 delle 270 gare (tutte le maggiori). I suoi sodali Calza Bini e Foschini registrano 37 e 28 presenze. Marcello Piacentini può considerarsi, per la sua parabola personale e professionale il vero “Ritratto di un italiano”. Frammischia l’attività professionale con investimenti speculativi in campo immobiliare. • Assieme a Brasini e Belluzzo (ex ministro economia) propone a Mussolini una società mista per finanziare l’attuazione del Piano Regolatore nel centro di Roma • Grande mediatore, grande organizzatore, sembra aver messo in piedi un sistema di tangenti sui cantieri sia di Milano che di Roma. Mussolini era informato ma lasciava fare per avere in mano un’arma di ricatto. Cerca senza successo di scalzare Pagano dalla direzione di Domus e Casabella • Con il GAIU (Gruppo Architetti Ingegneri Urbanisti) cerca di costituire una società nazionale di progettazione, sotto la sua presidenza. I progetti avrebbero portato sempre la firma del presidente ed i proventi ripartiti in parti uguali fra tutti i soci con eccezione del Presidente (tre volte maggiore) • Questa società avrebbe dovuto sfruttare la nuova legge urbanistica che impone ai maggiori comuni lo sviluppo di in piano regolatore . Già nei primi anni 20, prima del regime, parla di “unità di composizione” fra la strada e la casa, della necessità di far prevalere il collettivo sull’individuale, dell’esigenza di imporre una restrizione alla libertà artistica del singolo. • Dopo il consolidamento della dittatura cerca di riesumare (per se) la figura del “Dittatore edile”: Era da sempre grande teorico di una architettura unitaria “io vagheggio addirittura un dittatore edile a Roma, una persona che abbia come presso gli antichi l’abilità e sappia assumersi la responsabilità delle cose ordinate”. A fine 1942 Piacentini inizia a smarcarsi da Mussolini “divenuto un rammollito e contornato da troppa gente assolutamente incompetente” • Attacca Claretta Petacci, fa commenti “disfattisti” • Dopo l’8 settembre si rifiuta di andare al nord e aderire alla Repubblica Sociale, per questo viene brevemente incarcerato e liberato per intercessione del futuro Papa Montini • Nel processo di epurazione negherà di aver avuto “amicizia personale con Mussolini” Negli anni 50 Piacentini viene nominato sovrintendente all’urbanistica • Dopo il 1951 verranno completati: • Palazzo dei Congressi • Museo delle Civiltà Italiana • Chiesa SS. Pietro e Paolo 9
  • 10. Il Complesso del Foro Italico (Edit da Wikipedia con integrazioni personali) Il Foro Mussolini, nato come Foro dello Sport, destinato ad ospitare le Olimpiadi, diverrà luogo delle mobilitazioni di massa, assumendo una sempre più marcata valenza politica e simbolica. • In anticipo sugli altri regimi totalitari il fascismo identifica nello sport un catalizzatore di identificazione nazionale, un formidabile strumento di propaganda capace di fare presa anche sulle coscienze più refrattarie alla politica giovedì 19 febbraio 15 Il Foro Mussolini un esempio del “sincretismo” fascista ed una delle opere più importanti del regime. Realizzato su iniziativa di Renato Ricci, Presidente dell’Opera Nazionale Balilla, per ospitare le istituzioni dove formare fisicamente e ideologicamente i nuovi dirigenti dell’organizzazione. Doveva essere “una fucina di educatori e dirigenti politici destinati, o meglio votati, al più gigantesco esperimento di educazione di Stato che la storia ricordi” (Mulazzani, Casabella, 2004) • Fra il 1927 e 1933 Enrico Del Debbio realizza la molteplicità di funzioni assegnata al Foro Pedagogica • Sportiva • Politica • Monumentale • Simbolica Il nucleo centrale del Foro era l’edificio dell’Accademia Fascista di Educazione Fisica. Il Foro fu inaugurato dal duce il 4 novembre 1932 • Sebbene ispirato alla romanità antica era stato concepito e realizzato per essere in modello della nuova romanità fascista • Oltre che essere “un complesso di edifici, di stadi, di campi soddisfacenti alle più moderne esigenze dello sport, si è voluto che il Foro Mussolini avesse un significato più alto e più completo, quasi una celebrazione solenne alla imperitura giovinezza e forza italica, quasi un inno al Fascismo che questa giovinezza ha inquadrata, organizzata, animata per avviarla ai più alti, immancabili destini.” (Mario Paniconi, 1933) Il Foro continua ad ampliarsi dopo1932, modificandosi nella sua struttura, ma accentuando la sua funzione simbolica e monumentale Palazzo delle Terme, 1933-37 Nel 1926, con la fondazione dell’O.N.B. nasce il problema di creare a Roma un centro per la formazione professionale degli istruttori sportivi. Nasce l’idea di creare l’Accademia di Educazione Fisica, che Renato Ricci, presidente dell’O.N.B., affida al giovane Enrico del Debbio. Ricci ha visitato l’inghilterra e gli USA, i grandi college, ha studiato a fondo Baden Powell e gli Scout e conosciuto la Bauhaus in Germania. 10 1
  • 11. Un aspetto poco conosciuto dell'Opera Balilla fu quello che riguarda i legami internazionali anche con il mondo anglo sassone. Furono organizzate numerose crociere e viaggi all'estero voluti da Ricci, perché i giovani italiani avessero contatti con i loro coetanei di altri paesi e di altre civiltà. Furono organizzate crociere in U.S.A., Sud America, Africa, Oriente, Nord Europa. Furono promosse tutte le attività all'aria aperta, campeggi, al mare e in montagna. Fu istituita la prima scuola di Volo a vela cui potevano accedere giovani dall'età di 16 anni. Si trattava di trovare un'area con possibilità di sviluppo edilizio. Furono scartate tre aree disponibili. la prima, quella dell'attuale sede della città Universitaria, perché già occupata da servizi ospedalieri e destinata già in parte dal Ministero dell'Educazione nazionale a espansioni per cliniche universitarie. La seconda area scartata fu nella Zona di Casal Palocco, troppo distante da Roma. La terza zona scartata fu quella dell'attuale  Villaggio Olimpico(campo di addestramento militare) perché gli studi presenti al Ministero dell'E.N. prevedevano la presenza di reperti romani. Rimaneva un'area pantanosa, soggetta alle piene del Tevere, la attuale sede. Del Debbio favorisce la zona attuale proprio perchè depressa e convince la Presidenza. Consente infatti la costruzione di impianti alla maniera greca, con gli invasi interrati e senza strutture in elevazione per le gradinate. Ricci accettò questa area purché tutti gli scarichi delle demolizioni che si prevedevano ed erano in corso a Roma venissero dirottati in quell'area secondo le sue indicazioni. Il 5 febbraio si posa la prima pietra. Già a fine anno il progetto si amplia a “Scuola Superiore Fascista e Foro dello Sport” (viale di penetrazione, stadio dei marmi, tennis, pallavolo, rugby etc.). Nel 1929 appare per la prima volta il termine “Foro Mussolini”. Si dovette elevare il terreno di 5,50 metri, con 800,000 metri cubi di terreno di riporto (obbligo di scaricare lì tutte le macerie della città). Si metteva al sicuro un’area naturalistica dal rischio della dilagante speculazione edilizia. Il 4 novembre 1932 viene inaugurata l’Accademia di Educazione Fisica, lo stadio dei marmi, lo stadio dei cipressi e l’obelisco. I lavori proseguono con nuove opera inaugurate nel 34 (foresteria sud, magazzini, tennis, Fontana a sfera). 11
  • 12. Nel 1935 a Del Debbio subentra Luigi Moretti. La proposta di candidare Roma per le Olimpiadi del 1940 fa “crescere” il progetto. La candidature viene poi sostituita da quella dell’E.42. Nel 1937 terminato ponte Duca d’Aosta, Sala delle Armi, Piazzale dell’Impero, Palestra del Duce, Foresteria Nord, stadio dei 100 mila, Colonia Elioterapica. Nel 1937 l’O.N.B. viene sostituita dalla G.I.L., dipendenza diretta del PNF.Di conseguenza Moretti presenta un piano più ampio, non più solo a vocazione sportiva, che include l’Arengo della Nazione da 400 mila persone. Nel 1938, sfumata l’ipotesi Arengo della Nazione, Starace offre l’area del poligono al PNF per la costruzione del Palazzo Littorio (prima previsto per la via Imperiale e, brevemente, per l’Aventino). Del Debbio si oppone, invano, a queste modifiche che snaturano il progetto originario distruggendone l’omogeneità. Dal 1932 al 1942 vengono piantati 5000 alberi (24 cedri del Libano, 4 camelie del Giappone, 968 Lauri Nobilis, 1410 cipressi, 1450 lecci, 1140 Pini Pinea 1000 bocche da presa e 1000 irrigatori che un solo manovratore poteva azionare in 60 minuti. Nel 1939 e 41 due nuovi piani di Moretti, mai realizzati, che prevedono un ulteriore ampliamento e addirittura la deviazione del Tevere per creare un’isola artificiale in zona Tor di Quinto. La Guerra interrompe i lavori e annulla gli ultimi piani grandiosi. Gli alleati entrano a Roma il 4 Giugno 1944 e si insediano nei vari spazi del Foro. Lo stadio diviene parcheggio per I mezzi, e, come I civili sfollati, abitano gli edifici dell’accademia. 12
  • 13. Questo ha in un certo senso salvato il complesso (e certamente il monolite) da danni conseguenti alla caduta del regime. Nel 1960, in occasione delle Olimpiadi, si procede per interventi puntiformi, senza un piano unitario. Si deroga al vincolo a parco dell’impianto e, con la costruzione della casa dello studente, alla vocazione sportiva. 13
  • 14. Il Ponte Duca D’Aosta (Edit da ArchiDiAP, con integrazioni personali) E’ intitolato ad Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, comandante della III armata durante la prima guerra mondiale. Perfettamente in asse all’obelisco di Mussolini, il ponte rappresenta lo scenografico ingresso al Foro Italico, allora Foro Mussolini, frutto dell’ingegno dell’architetto Enrico Del Debbio, che progettò l’intero complesso sull’asse di un futuro ponte di collegamento al quartiere Flaminio. Il Ministero dei Lavori Pubblici bandì, nel 1935, un concorso-appalto. Furono presentati 18 progetti tra cui alcuni firmati da architetti del calibro di Morpurgo, Aschieri, Vaccaro e Del Debbio, che evidentemente teneva a completare con il ponte il complesso frutto del suo lavoro. Vinse il concorso l’architetto Vincenzo Fasolo e si aggiudicò l’appalto l’impresa Aureli. Il progetto consiste in un ponte in cemento armato ad arcata unica,nonostante ne abbia tre, perché le due arcate laterali non poggiano sul fiume,ma sulle sponde e fungono da sfiatatoi in caso di grandi piene. I lavori di costruzione iniziarono nel Giugno 1936 e si conclusero nel 1939. La grande arcata in cemento armato ha una lunghezza di 100 m ed è realizzata tramite costoloni di altezza variabile (1,40 m all’imposta e 65 cm in chiave) e con una sezione piena per circa 30 m nella parte centrale, in questo modo l’intera struttura,che di fatto è piuttosto snella, risulta avere una linea molto elegante. L’intera opera è rivestita in travertino di Tivoli ed è impreziosita alle testate da cippi ,sempre in travertino, decorati con altorilievi narranti le gloriose gesta della III 14 2
  • 15. armata sui fiumi Isonzo, Tagliamento, Sile e Piave e realizzate da quattro scultori: Ercole Drei, Domenico Ponzi, Oddo Valenti e Vico Consorti. Il progetto di Fasolo non si limita al solo disegno del ponte, ma propone anche delle monumentali gradinate che invitano alla discesa verso il fiume e che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto dar vita ad una passeggiata attrezzata per lo sport. Dedicato a Emanuele Filiberto duca D’Aosta congiungeva idealmente le giovani generazioni dell’Accademia con i veterani del Carso. Difesa di Venezia e della Laguna Il Sile Arditi fra i canneti Progetto alternativo Ponte Duca D’Aosta 15
  • 17. Piazzale dell’Impero e Monolite Architetto: Luigi Moretti La centralità della piazza è esaltata dall’allineamento con il ponte Duca D’Aosta. La prospettiva e la spina centrale che rende più imponente il monolite Tramite la Sopraintendenza alle Belle Arti, lo stesso Ricci vincolò tutte le circostanti colline di Monte Mario rendendole non edificabili in modo da favorire la nascita di quello che ancora oggi è lo sfondo verde per il Foro diventando anche territorio altrettanto verde per tutta la città di Roma. Nella parte orientale del piazzale, si eleva il simbolo della potenza del Regime, l’obelisco conosciuto come Stele Mussolini, opera di Costantino Costantini. Un unico blocco di marmo di Carrara poggiato su un’enorme base dello stesso materiale per un’altezza totale di quasi 40 metri e 770 tonnellate di peso. Questo monolite è il più grande blocco di marmo mai estratto dalle Alpi Apuane. Lo stesso Ricci ribadì a Mussolini questo primato: “L’obelisco è il più grande blocco marmoreo che mai sia venuto alla luce dalle viscere della Terra. E’ costato lire 2.343.792,60 oltre a mezzo milione per la cuspide di oro puro del peso di kg. 32, indispensabile a proteggerlo contro le insidie del tempo”. Tuttavia, con la caduta del regime la cuspide d’oro andò perduta. Il trasporto del monolite dai Monti Lunensi fino a Roma, in parte via terra e in parte via mare e fiume, ha richiesto particolari mezzi tecnici e singolare abilità di maestranze. I blocchi infatti vennero estratti dalla cava, “lizzati” (venivano imbragati su dei tronchi di faggio, fino a formare una slitta, quindi la 17 3
  • 18. stessa era assicurata con cavi e caposaldi disposti lungo la via di lizza – i pirri – veniva mollata a poco a poco in modo che scivolassero su altri legni unti di sapone o di grasso che le venivano posti sotto, trasversalmente), trainati da 60 coppie di buoi e caricati su delle imbarcazioni realizzate appositamente che, una volta arrivati a Fiumicino, risalirono il Tevere, passando sotto ponte Quattro Capi in prossimità dell’isola Tiberina, ponte Sisto e ponte Sant’Angelo, ed infine all’attuale Foro furono posizionati attraverso l’utilizzo di macchine appositamente realizzate. L’intero progetto portato a compimento descrive uno spazio solenne e metafisico, costituisce il cuore dell’intero complesso del Foro, è la dimostrazione di come Mussolini prendesse ispirazione dalle maestose architetture della Roma imperiale per manifestare il potere fascista. Alcuni dati in sintesi: il monolite misura 17 metri e 40 per 2,30 di lato alla base (2 alla sommità). Ingabbiato in in una armature di 50 tonnellate di legno e 14 di ferro con 10 mila metri di funi e 60 paia di buoi parte dalla cava sulle Apuane alle 13 del 25 Novembre 1928. Viaggia per circa 2 anni. Solo il 6 maggio 1932 iniziano lavori per l’erezione. La platea di cemento è composta da 8 blocchi (180 t) per la platea inferiore, 6 (310 t). il piedestallo è un plinto cubico (80 t) e l’obelisco (300 t) raggiungono una altezza totale di 36,59 metri e 770 tonnellate. Per l’erezione ci si ispirò alla torre di legname di Domenico Fontana, usata per erigere l’obelisco di S. Pietro (allora 900 operai 140 cavalli e 44 argani, qui macchine). 18
  • 19. Cronologia della “Stele Mussolini” (1927-1932) 
 ESTRAZIONE:17 luglio 1928
 LIZZATURA:25 novembre 1928
 PARTENZA (Marina di Carrara):23 giugno 1929 
 ARRIVO (Fiumicino):27 giugno 1929
 ARRIVO AL FORO:6 maggio 1932
 INNALZAMENTO:21 agosto 1932
 INAUGURAZIONE:4 novembre 1932
 RESTAURO:2006-2008 Ci si accorse presto che il monolite da solo era inadeguato. Luigi Moretti, subentrato ad Enrico Del Debbio come architetto della città dello sport, fu incaricato nel 1936 del progetto per la realizzazione del Piazzale dell’Impero. L’opera prevede un misto fra lastre di marmo, erba e ampi spazi a mosaico. Moretti realizzò uno spazio in cui “la funzione rappresentativa e commemorativa dell’Impero ha la meglio” (Muntoni), un luogo deputato alle sfilate dell’intero Regime. Il piazzale copre un’area di 7000 metri quadrati costituiti da mosaici realizzati da Gino Severini e raffiguranti atleti, figure mitologiche e simboli sacri alla storia di Roma e alla vita fascista. I tasselli utilizzati sono gli stessi in uso nell’antica Roma, dalla dimensione di circa un centimetro (ne occorrono 700 per ricoprire un metro quadrato di superficie). Alcuni mosaici raffigurano la pianta dell’intero complesso del foro, altri ripetono ossessivamente la scritta DUCE, oppure DUCE a noi, o ancora Molti nemici molto onore. Ai lati del viale sono stati collocati dei monoliti bianchi con incisi i passaggi fondamentali dell’Italia fascista. I lavori, iniziati nel 1927, sono stati portati a termine in molta rapidità da 400 fra scalpellini e mosaicisti dalla scuola specializzata dell’Opera Nazionale Balilla. All’estremità occidentale del piazzale, in asse con il monolite, sorge la fontana della Sfera, realizzata dagli architetti Giulio Pediconi e Mario Paniconi, costituita da un’ampia vasca circolare di 3 metri di diametro e da una grande sfera, avente lo stesso diametro della vasca e un peso di circa 42 tonnellate, realizzata da un unico blocco di marmo proveniente dalle cave di Carrara. Il bacino anulare alla fontana è decorato con mosaico a tessere di marmo bianche e nere, con soggetti marini, realizzati da disegni del pittore Giulio Rosso. Poggia su piatto di bronzo di soli 42 cm di diametro. Per via del terreno di riporto, profonde fondazioni con massima pressione di 1 kg per cm quadrato. Il bacino ribassato è tipico del giardino italiano dal Rinascimento ma richiama anche il “lacus” (specchio d’acqua di Giuturna al Foro Romano, I bacini di villa Adriana a Tivoli). Per i mosaici arrivano gli allievi della scuola di Spilambergo. Iniziano il lavoro il 14 febbraio 1937. Si tratta di 3500 mq di cui 1500 con figurazioni. Il 27 Aprile arrivano 157 cassoni con 7 mq ciascuno. Insieme a 300 allievi dell’accademia Littoria riescono a completare il viale il 7 maggio (2 giorni prima della prevista inaugurazione). I mosaici del piazzale hanno una superficie di 7500 mq (più ampi di quelle delle terme di Caracalla) su un totale di 18 mila metri. 11 mila sono lastricati in marmo. Gli autori dei cartoni dei mosaici sono: 19
  • 20. • Angelo Canevari • Gino Severini • Achille Capizzano • Giulio Rosso Ai bordi del viale, 11 blocchi con incise le date salienti della storia fascista. Dopo la guerra, furono aggiunte tre iscrizioni (caduta regime, referendum repubblica, costituzione). Spostato indietro il primo blocco (Mussolini fonda il Popolo d’Italia). Danni dai carri armati tedeschi e americani. Poi a lungo vandalizzati e venduti come souvenir. (Edit da ArchiDiAP, con integrazioni personali) 20
  • 21. Accademia Fascista di Educazione Fisica L’Accademia Fascista di Educazione Fisica (nata nel 28 come Scuola Fascista di Educazione Fisica), fu la prima opera costruita nel Foro. Venne proposta un’architettura sobria e moderna, composta da due edifici laterali simmetrici, di color rosso pompeiano, a richiamare la grandezza della Roma imperiale, nelle nicchie troneggiano statue di nudi maschili di splendente marmo bianco. Statue raffiguranti atleti di diversi discipline adornano anche lo Stadio dei Marmi, chiamato così per il marmo bianco di Carrara che fu utilizzato per costruire gli otto gradoni destinati ad accogliere 20.000 persone. Tra gli scultori che lavorarono a queste statue si ricordano tra i più prolifici: Aroldo Bellini, Tommaso Bertolino, Aldo Buttini, Silvio Canevari e Carlo De Veroli. In una delle statue realizzate dal Bellini si può riconoscere il volto di Renato Ricci. L'istituto avrebbe dovuto svolgere una funzione essenziale: formare gli insegnanti di educazione fisica delle scuole e gli istruttori ginnico-sportivi dell'Opera nazionale balilla (ONB). Le necessità contingenti però, ovvero la mancanza di dirigenti per l'organizzazione giovanile, spinsero Renato Ricci, presidente dell'ONB, a compiere delle scelte diverse. La Scuola assunse, infatti, il ruolo di centro per la formazione della dirigenza maschile delle organizzazioni giovanili fasciste.A un anno dalla sua fondazione la scuola modificò nome diventando l'«Accademia fascista di educazione fisica»[ Ricci voleva che essa fosse il «più gigantesco esperimento di educazione di Stato» mai tentato sino ad allora per la 21 4
  • 22. formazione «in senso patriottico e unitario, cioè fascista», delle «classi più giovani di un popolo»[5]. L'istituto doveva garantire all'organizzazione giovanile fascista la classe di educatori-dirigenti di cui aveva bisogno. Dal 1929 si evidenziò una maggiore politicizzazione della struttura, dei corsi e delle finalità. Si stabilì che l'iscrizione al partito fosse un requisito essenziale per poter fare domanda d'ammissione, che gli anni di «anzianità fascista», compresi quelli trascorsi nell'ONB, e l'aver rivestito cariche dirigenziali locali fossero un importante criterio di valutazione nella scelta finale dei candidati. Anche i programmi subirono delle modifiche. Venne dato, infatti, maggiore spazio all'educazione politico-sociale, alla pedagogia e a tutte le materie letterarie, filosofiche, storiche e giuridiche ritenute necessarie per formare dal punto di vista politico-ideologico i futuri capi giovanili fascisti. A seguito del passaggio alla Gioventù Italiana del Littorio (GIL) si verificò una politicizzazione sempre più profonda dell'istituto e divenne sempre più chiara l'intenzione di utilizzarlo come centro di selezione per l'élite giovanile fascista Progettato da Del Debbio, si tratta un’architettura sobria e moderna, composta da due edifici laterali simmetrici, di color rosso pompeiano, a richiamare la grandezza della Roma imperiale, nelle nicchie troneggiano statue di nudi maschili di splendente marmo bianco. Statue raffiguranti atleti di diversi discipline adornano anche lo Stadio dei Marmi, chiamato così per il marmo bianco di Carrara che fu utilizzato per costruire gli otto gradoni destinati ad accogliere 20.000 persone. Tra gli scultori che lavorarono a queste statue si ricordano tra i più prolifici: Aroldo Bellini, Tommaso Bertolino, Aldo Buttini, Silvio Canevari e Carlo De Veroli. In una delle statue realizzate dal Bellini si può riconoscere il volto di Renato Ricci. Una architettura che sa ancora della “Milano Deco” di Emilio Lancia e risente del neoclassicismo di stampo austriaco. Le finestre riprendono ordini rinascimentali già in versione manierista. Un misto di edilizia civile e pubblica. Aspetto da fabbrica e finestre da villa lombarda di lusso in un curioso neoclassicismo che sembra uscito dall’Austria della Wiener Werkstaette. Un edificio che potrebbe trovarsi in un paese anglosassone. Si noti il primo esempio in Italia di “bow window”. Orientamento nord nord ovest sud sud ovest per garantire insolazione dormitori.Al pian terreno aula anfiteatro, 4 aule normali, gabinetto radiologico 4 gabinetti scientifici.Ala nord refettorio (oggi agenzia BNL). L’edificio ha subìto nel corso degli anni numerosi cambiamenti d'uso: da quartier generale delle truppe di liberazione ad albergo vaticano per i pellegrini del giubileo (Albergo Felicx) del 1950 per finire, dal 1951, a sede del CONI che ha sostituito i fasci con i cinque anelli intrecciati. L'edificio è decorato esternamente da nicchie che accolgono sculture di atleti realizzate da Carlo De Veroli e da Silvio Canevari. (Edit da Wikipedia con integrazioni personali) 22
  • 23. Stadio dei Marmi Lo stadio, progettato nel 1928 da Enrico Del Debbio insieme al primo piano generale dell'allora Foro Mussolini, venne portato a termine e inaugurato nel 1932. Le gradinate perimetrali in marmo bianco di Carrara furono ottenute sopraelevando il terreno di 5,50 m. I due corpi di fabbrica affiancati che delimitano l'accesso al campo sono destinati ai servizi e ai magazzini per gli attrezzi. Infine, sulle gradinate furono poste le 60 statue (in realtà 64) offerte dalle province d'Italia e rappresentanti le diverse attività sportive: ad esempio, la statua dedicata al lancio del giavellotto, scolpita da Aldo Buttini, fu donata dalla provincia di Perugia, mentre quella dedicata al pugilato si deve alla provincia di Ascoli Piceno. Gli artisti prescelti per la progettazione dello stadio avrebbero anche dovuto sovrintendere, dietro compenso di 10.000 lire, alle successive fasi della lavorazione. La sua capienza è di circa 5.280 posti. 23 5
  • 24. Si tratta un’architettura sobria e moderna. Lo stadio è circondato di aitanti nudi maschili, statue che richiamano lo stile propagandistico fascista ed esaltano le forme degli atleti. Lo Stadio dei marmi è un campo di allenamento, non serviva a nessuno sport in particolare, e avrebbe ospitato i saggi ginnici celebrativi del fascismo, che si svolgevano una volta all’anno. Lo Stadio dei Marmi fu realizzato con materiale ottenuto ritirando da Carrara tutti i blocchi di scarto gratuitamente concessi dalle varie cave, perché non utilizzabili per la lavorazione. Infatti si può ancora vedere che si tratta di blocchi appena sbozzati, o con tagli grezzi di sega. Forma a “diaulo ellenico” (due tratti diritti chiusi con due tratti semicircolari). Disposizione non ottimale per le gare sportive, ma funzionale agli scopi di questa struttura (allenamenti e manifestazioni). Rispettato l’ingresso con le “carceres” (Andrea Portante, edit RAIArte) 24
  • 25. Stadio dei Cipressi Primo stadio “dei cipressi” (1928) di Enrico Del Debbio Verrà realizzato in tempi successivi con molte varianti. Poi nel 1936/37 sono aggiunte gradinate al primo anello dello stadio dei cipressi (stadio “olimpionico” o “dei centomila”). Di 4 ordini, solo quella inferiore recingeva tutto il campo. Le altre erano solo lato monte e decrescevano verso l’alto. Tre nomi legano lo stadio Olimpico di Roma alla storia del calcio. Inizialmente noto come stadio dei Cipressi, divenne Stadio dei Centomila poco tempo dopo, proprio perché quella era l'iniziale capienza. Assunse l'attuale denominazione in occasione delle olimpiadi capitoline del '60. 25 6
  • 26. L'impianto era stato inaugurato appena sette anni prima, nonostante i lavori fossero iniziati addirittura nel '27, senza mai essere portati totalmente a termine. La sua struttura rimase la stessa per parecchi anni, sino alla rassegna iridata del 1990. In occasione del mondiale lo stadio subì profonde modifiche, poiché lo stesso si presentava come l'impianto principale. Le ultime innovazioni risalgono al 2008: un restyling si rese necessario per ospitare la finale di Champions del 2009, quella in cui il Barcellona di Messi batte il Manchester United di CR7. La storia degli stadi di Roma è lunga. Il CIO, nel congresso del 1904 invita Roma ad organizzare le olimpiadi del 1908. Risposta fredda di governo e amministrazione comunale, nonostante il favore del Re che offre un contributo personale di 50,000 lire. No definitivo del sindaco Ernesto Nathan. Le celebrazioni dei 50 anni dell’Unità sono l’occasione per costruire uno stadio, visti I numerosi appuntamenti sportivi previsti. Si pensa a (ri)utilizzare alcune delle aree archeologiche presenti (es. Circo Massimo o ricostruire Circo di Massenzio sulla via Appia Antica), altri propendono per costruire ex novo. Dopo referendum fra urbanisti e uomini di cultura. Prevale la costruzione ex novo. Nel 1910 l’incarico viene dato a Marcello Piacentini. L’area è quella dell’attuale stadio Flaminio. La pianta riprendeva quelli degli stadi classici, con un lato curvo ed uno rettilineo, con dimensioni di 200 per 112 metri. La facciata era monumentale, all’interno piste podistiche e ciclistiche per uno sviluppo di 400 metri, una piscina di 100 metri per 8. Sotto le gradinate palestre, bagni, refettori, dormitori, caffè, ristoranti. Nel 1927, passato sotto la responsabilità del PNF, lo stadio viene ristrutturato: cambia la facciata e viene inserita la pensilina sopra la tribuna stampa. Il nuovo stadio viene inaugurato il 20 ottobre 1928. Ma lo stadio non era sufficiente alle esigenze di Roma. Pier Luigi Nervi e Cesare Valle, nel 1933, progettano uno stadio da 200 mila posti, mai costruito: un progetto nuovo, avveniristico, in cemento armato. 26
  • 27. Nel 1947 il Maracanà si ispira a quel progetto, come ammesso dallo stesso studio Orlando da Silva Azevedo ““como de sua autoria em colaboração com os engenheiros italianos Pier Luigi Nervi e CesareValle.” Anche il progetto alternativo per il Maracanà di Niemeyer... con arco….si ispira allo stile Foro Mussolini/EUR come del resto Il Progetto del 1938 di Piacentini e Morpurgo per il campus universitario di Rio. Lo stadio PNF è stato demolito e ricostruito (Nervi e figlio) in quello che è oggi lo stadio Flaminio, inaugurato nel 1959. (Andrea Portante con alcuni edit da BlogCagliariCalcio) 27
  • 28. Foresterie Progetto Enrico del Debbio Fra nord e sud capaci di ospitare 900 giovani. Se il programma fosse stato completato si sarebbe arrivati a 3500/4000. Edificio sud segue la curva del Tevere. Sotterraneo, seminterrato, piano rialzato cui si aggiunse un nuovo piano. Prima color rosso poi, in occasione del rialzo, fu ricoperto in marmo di Carrara. Foresteria Nord costruita nel 35/36: ala principale leggermente curva, ala secondaria. Anche qui ponte fa da portico ai due ingressi. (Andrea Portante) 28 7
  • 29. Campi tennis Il complesso per il “gioco della racchetta” viene realizzato nel 1933 – 34. Prima doveva essere più ampio, poi ridotti a 9 campi. Anche qui, per via del terreno di riporto, furono necessarie fondazioni molto ampie. Lo stadio olimpico del tennis è rettangolare, decorato con 18 statue. Il campo è sopra un letto di 90 cm di scheggioni e calcinacci. (Andrea Portante) 29 8
  • 30. Colonia Elioterapica Costruita nel 1934, in soli 75 giorni, su progetto di Del Debbio, a quota 129 in cima a Monte Mario. Accesso da via della Camilluccia, ma una strada scendeva direttamente al Foro Mussolini ed un’altra raggiungeva Villa Madama. Il fabbricato sfrutta il pianoro alla sommità del monte. Ne deriva un lungo fabbricato con andamento sinuoso che termina con un tronco circolare. La lunghezza assiale totale in linea retta supera I 360 metri. Doveva ospitare 7/800 ragazzi, ma il 3 Aprile del 1936 l’ONB aprì il bando per 300 giovani della nuova Accademia Littoria. Appena arrivati misero a dimora nel paesaggio brullo 100 cipressi e 30 pini marittimi. Nel 1937 con la creazione della GIL tutto passa alle dirette dipendenze del PNF. Con l’occupazione anglo Americana I locali furono presi dalla Fondazione Don Orione. Sulla torre del belvedere, nel 1952, fu innalzata la statua della Madonna di Arrigo Minerbi, alta 9 metri. Non va dimenticato che Ricci, Sottosegretario all'Educazione, nazionale, aveva il controllo della Sopraintendenza alle Belle Arti e così, tramite il professor Ceschi della Sopraintendenza, fece apporre il vincolo di inedificabilità a tutte le colline di Monte Mario soprastanti il Foro, lasciando così a Roma il più grande polmone verde, quasi al centro della città, come corona al suo Foro. (Andrea Portante) 30 9
  • 31. Casa delle Armi Costruita nel 1935 36 su progetto dei Luigi Moretti del 1933. Due corpi distinti destinati originariamente a biblioteca e sala delle armi. A sud un muro cieco impedisce eccessivo riberbero e scherma anche vista di nuove costruzioni disordinate. La parte nord è tutta finestrata, con vista sul foro. Mosaico con temi atletici su cartoni di Angelo Canevari. Anche l’altro corpo a piante rettangolare. Tetto con due semivolte ribassate, con feritoria che proietta luce sulla volta superiore. Necessità di questi due “corpi” indipendenti per via di un condotto che passa proprio sotto la sala 31 10
  • 33. Piscine Realizzato negli anni 1930 all'interno dell'allora Foro Mussolini su progetto dell'architetto ed ingegnere Costantino Costantini, incarnò perfettamente i dettami del monumentalismo, seppure nell'opera vi siano chiari elementi di ricerca della funzione razionalista. Il progetto prevedeva tre piscine scoperte e due coperte. Uno stesso edificio racchiudeva le due piscine coperte e, in una sola ala, l’Accademia della Musica. L’edificio è posto in posizione simmetrica all’Accademia di E.F. di cui riprende I motivi. L’ala meridionale fu completata nel Maggio 1936 e comprende le due piscine, la minore 25X8 metri con profondità da 0,4 a 1,,80 per avangiardisti e balilla, la maggiore, 50X18 con profondità da 1,4 a 5 metri. La vasca ed I gradoni sono rivestiti di marmo di Carrara e marmo grigio (bardiglio). Intorno alla vasca un mosaico con temi acquatici di Giulio Rosso e Angelo Canevari. Anche la parete di fondo ha mosaici di Canevari. C’era un trampolino idraulico a altezza variabile, sostituito nel dopoguerra con uno fisso in cemento (opera di Nervi). Negli spogliatoi posti per un totale di 1400 persone. Completavano l’opera terrazze e solarium con lampade per l’irradiazione. La seconda piscina, detta pensile, è nel blocco finestrato che unisce I due corpi del complesso delle terme, sostenuta da 16 colonne di marmot bianco di Carrara. A terra 33 11
  • 34. mosaici di Giulio Rosso. Nella stessa ala, la palestra del Duce, di Moretti (oggi adibita a sala convegni). A Moretti fu affidato il progetto per le piscine scoperte, tre specchi d’acqua di diversa profondità, che non furono però realizzati se non del dopoguerra. La zona rimase a lungo una grossa fossa. Dopo la seconda guerra mondiale fu ampliato, in occasione dei giochi olimpici di Roma 1960, attraverso la costruzione dello Stadio olimpico del nuoto, su progetto degli architetti Enrico Del Debbio ed Annibale Vitellozzi. Lo stadio, struttura completamente all'aperto, inaugurato nel 1959 con un torneo internazionale di nuoto, pallanuoto e tuffi, fu dotato di 2 vasche e di vari servizi annessi (docce, ristoranti, area per passeggiate). In previsione delle gare olimpiche, lo stadio venne dotato di un grande quadro elettrico luminoso per la segnalazione dei risultati, di un sistema di cronometraggio elettrico a frazione di secondo e di un sistema elettrico per le votazioni dei giudici, considerate innovative per l’epoca. Per rispettare il panorama gli invasi furono collocate 8,2 metri sotto il piano di campagna.  (Andrea Portante) 34
  • 35. Accademia della Musica Il programma prevedeva di integrare gli impianti sportivi con ambienti destinati all’educazione musicale, all’esercizio della danza e alle coreografie. Annesso al palazzo delle Terme è collegata con un corpo a pontile con il resto dell’edificio. Il progetto di Costantino Costantini prevedeva un Auditorium, un teatro coperto e due scoperti. L’auditorium è stato nel dopoguerra affidato alla RAI. I teatri, progettati da Luigi Moretti, non sono mai stati realizzati: quello coperto doveva contenere 6000 posti, presso la Foresteria Nord. Nei pressi una grossa cavea scoperta da 15,000 posti e, nella parte meridionale, sotto Monte Mario, un teatro per la danza da 3000 posti. Nel dopoguerra il neo eletto direttore di Santa Cecilia, Guido Guerrini, istituisce un collegio di musica in continuità con la precedente accademia. Solo nel 52 il collegio potè prendere possesso dei locali, che si erano dovuti risistemare dopo l’occupazione tedesca e alleata. Nei piani inferiori 52 cabine insonorizzate e al secondo piano 20 più ampie con pianoforte. All’interno anche un salone teatro. Alla scadenza della convenzione, nel gennaio 1967, gli allievi occuparono I locali. Gli allievi vennero poi spostati presso il CIVIS, casa internazionale dello student, davanti al minister degli esteri, fino al 1970, anno in cui il collegio cessò ogni attività. L’edificio dell’Accademia divenne sede dell’ISEF. La storia dell’ISEF comincia nel 1951 per dare continuità a chi aveva iniziato l’accademia di E.F. Venne istituita nel 1958 e lo statuto approvato nel 1960. (Andrea Portante) 35 12
  • 36. Palazzo Littorio/Farnesina L’edificio che ospita il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale fu progettato dagli architetti Enrico Del Debbio, Arnaldo Foschini e Vittorio Ballio Morpurgo, e deve il suo nome di Farnesina agli antichi e preesistenti possedimenti della famiglia Farnese nell’area che lo ospita. Originariamente pensato come Palazzo del Littorio, cioè come sede di rappresentanza del Partito Nazionale Fascista e degli organismi ad esso collegati, l’edificio avrebbe dovuto sorgere sull’allora via dell’Impero, oggi dei Fori imperiali. Il primo bando di concorso, pubblicato il 27 dicembre 1933, costituì un importante passaggio del dibattito architettonico e urbanistico del Paese, sospeso fra istanze di apertura alle nuove ricerche internazionali e la necessità del regime di disporre di un’architettura aulica di Stato, rappresentativa del partito e ispirata alla tradizione italiana e alla romanità imperiale.  Il concorso per il Palazzo del Littorio parte a ridosso delle polemiche per la Stazione di Firenze Il Concorso è del 1934, la commissione è presieduta da Starace, ma domina Piacentini • Eliminati 28 progetti, ne restano 79, esposti dal 23 settembre al 31 ottobre • Piacentini si scontra con Bazzani che vuole scartare subito, oltre ai progetti peggiori, quelli di tendenza “modernissima”.Mussolini deve figurare in modo determinante su questa scelta dal forte valore simbolico. • Il 12 Novembre si reca a visionare i progetti ed i plastici • Convoca la commissione per il 29 Dicembre, direttamente a PalazzoVenezia • Viene steso l’elenco dei 14 progetti selezionati per la gara di secondo livello • La scelta iniziale è alterata. Mussolini si limita a 9 progetti 1. Vaccaro, De Renzi, Foschini (enumerato per primo, separato e sottolineato) 2. Torres, Rapisardi, Moretti, Palanti, Ridolfi, Frezzotti • Gli altri 5 sono “progetti aggiunti dalla commissione a quelli prescelti dal Duce”. Tra questi gli elaborati di Libera e Terragni • Inutile il coinvolgimento di Margherita Sarfatti, sollecitato da Terragni • Mussolini, che solo pochi mesi prima aveva pubblicamente dato il proprio sostegno ai giovani architetti sceglie un accademico più anziano e scarta i due progetti più moderni e efficaci. Quando viene pubblicato il bando del concorso di secondo grado (aprile 1937), il panorama politico è significativamente mutato con la proclamazione dell’Impero, le sanzioni internazionali, il regime autarchico, la nascita dell’Asse Roma-Berlino. Questi fattori hanno importanti conseguenze sulle scelte architettoniche, in primis per gli edifici rappresentativi del regime • Questi devono partecipare in maniera eloquente e risoluta al processo di fascistizzazione integrale affidandosi a miti di immediata condivisione come quello, mai tramontato e ora attualissimo, della romanità. Nonostante il successo riscontrato dal concorso di primo grado, testimoniato dalla presentazione di più di cento progetti, numerose critiche apparvero su riviste specializzate circa la scelta dell’area a ridosso del Colosseo, ritenuta portatrice di valori storici non compatibili urbanisticamente con l’edificio che vi sarebbe dovuto sorgere. 36 13
  • 37. Quello del 1937 è un bando più “prescrittivo” che fornisce precise indicazioni sulla “forma” dell’edificio. Se il primo bando era piuttosto generico, limitandosi a chiedere caratteri di monumentalità duraturi e universali, in continuità con la tradizione, nel 1937 si prescrive che 1. “l’architettura, pur rispecchiando l’evoluzione artistica dell’attuale epoca storica, dovrà collegarsi alle nobili tradizioni della grande arte italiana […] dovrà avere in pari tempo caratteristiche di romana monumentalità“ 2. “il concorso sarà giudicato insindacabilmente da S.E. il Segretario del Partito Nazionale Fascista, sentito il parere di una Commissioneche sarà appositamente nominata da S.E. il Segretario stesso“ L’area identificata inizialmente, fra via dell’Impero (Fori Imperiali) e Colosseo, si rivela troppo angusta e tocca interessi privati • Per la gara di secondo livello viene prescelto uno spazio in zona Porta San Paolo, vicino alla stazione Ostiense (Viale Aventino) • A fine agosto 1937 si riunisce la commissione che elimina dapprima i progetti di Libera,Terragni, Fasolo Palanti e Samonà. Poi ne elimina altri sei, fra cui quelli di Moretti e Ridolfi. • Alla fine assegna la vittoria al gruppo Foschini (De Debbio Morpurgo) con il determinante assenso di Piacentini, del quale i tre architetti sono fedeli compagni • Mussolini interviene pesantemente anche in questa seconda fase. Il 4 settembre a Giorgio Pini, che propone di pubblicare sul Popolo d’Italia le foto dei progetti finalisti risponde “E’ inutile, perchè il vincitore è già stato scelto” • A Ottobre il giornale comunica che a breve sarà comunicato il nome del vincitore e accenna alla possibilità di un nuovo cambio dell’area interessata (Foro Mussolini) “Si ritorna alla severa e sana elementarità delle superfici, non più calcolando l’effetto sul capriccioso e decorativo movimento dei volumi, ma sulla espressività di un’idea sola, logica ed essenziale“ (Marcello Piacentini) Critico Pagano: “convenzionale educazione scolastica” “si è giovato soltanto di una certa semplicità schematica ed esteriore e di quell’uso di ritmi ripetuti, rimessi in circolazione dal razionalismo” (Giuseppe Pagano, Casabella) Individuato nel 1937 il sito definitivo nell’area del Foro Mussolini, oggi Foro Italico, nello stesso anno venne reso pubblico il verdetto della commissione giudicatrice, di cui era segretario Marcello Piacentini, che premiò il progetto di Del Debbio, Foschini e Morpurgo come opera “felice, altamente degna dell’ora presente”. Piacentini lodò in modo particolare l’assenza di movimenti arbitrari di masse e di contrasti inutili di rapporti, in favore di un ritorno “alla severa e sana elementarità delle superfici”, senza concedere spazio alla decorazione ma puntando “sulla espressività di un’idea sola, logica ed essenziale”. 
 Si tratta di un edificio di significativa imponenza, che si sviluppa su una lunghezza di 169 metri, un’altezza di 51 e una profondità di 132, intorno ad una larga corte centrale e due più piccole laterali, per un volume complessivo di 720.000 metri cubi e 6,5 chilometri di corridoi. In quei mesi si accende una vera gara, sulle dimensioni, fra Hitler Mussolini e Stalin 37
  • 38. Il Palazzo dei Soviet a Mosca, 1931-37, ha una storia analoga a quella del Palazzo del Littorio. Anche a Mosca il regime lancia un concorso: partecipano “archistar” come LeCorbusier e Gropius. Anche qui viene prescelto un progetto ispirato al neoclassicismo che poi evolve significativamente dal primo disegno del 1931 attraverso continui rimaneggiamenti...La costruzione fu abbandonata nel 1941. Nel 1958 nel buco delle fondamenta fu creata la più grande piscina riscaldata all’aperto domenica. Dopo il 1995, nel sito della Piscina Moskva viene ricostruita la Cattedrale di Cristo Salvatore originariamente abbattuta per avviare i lavori del palazzo. Nel 1940, mentre il cantiere era in piena attività, l’edificio cambiò destinazione d’uso: spostato a sud l’asse di espansione della città moderna attraverso il progetto dell’E42, oggi EUR, il Palazzo della Farnesina venne destinato ad accogliere gli uffici del Ministero degli Affari Esteri, fino al 1922 ospitato nel Palazzo della Consulta e successivamente presso Palazzo Chigi. 
 Al momento dell’interruzione dei lavori causata dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nell’estate del 1943, l’edificio era strutturalmente completato, così come il suo rivestimento esterno. Alla ripresa del cantiere, furono gli stessi progettisti a seguire i lavori di adattamento dell’edificio alla nuova sede, fino all’insediamento ufficiale del Ministero degli Affari Esteri nel 1959. Scompare il porticato di recinzione delle grandi adunate e dei riti di massa scompaiono i simboli monumentali del partito, la torre littoria e il sacrario dei martiri, lasciando la grande mole biancheggiare solitaria e sprovvista di ormeggi visivi. Essendo l’edificio a uno stadio piuttosto avanzato per quanto riguarda la parte strutturale, le modifiche non possono che riguardare la disposizione degli spazi interni (con inevitabili demolizioni) e il completamento in altezza. Nell’estate del 1943 i lavori di costruzione del nuovo Ministero degli Affari Esteri si interrompono, come per il cantiere dell’E42. Nel1954 si decide di dare compimento all’edificio Bruno Zevi si limita a esecrare il folle sperpero per “rifinire quell’obbrobrio“, Secondo Venturoli, nefasta è la notizia che “il casermone al Foro Mussolini, […] sarà ultimato contro ogni concetto di pratica utilità e di economia“ domenica 15 febbraio 15 Il carattere monumentale dei volumi esterni trovò puntuale riscontro nelle ampie quadrature degli interni, per i quali, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, fu commissionato un importante apparato artistico e decorativo. 
 In particolare, risalgono agli anni Cinquanta i controsoffitti realizzati da Alberto Bevilacqua (Sala dei Mosaici), Pietro Cascella (Sala delle Conferenze Internazionali), Francesco Coccia (Anticamera degli Ambasciatori), Giorgio Quaroni (Studio del Ministro), Amerigo Tot (Sala della Vittoria) e i grandi lampadari in vetro Venini di Venezia su disegno di Enrico Del Debbio a partire da un modulo progettato da Carlo Scarpa. 
 In occasione di due concorsi nazionali, banditi dal Ministero dei Lavori Pubblici e pubblicati nel 1965 e 1968 sulla Gazzetta Ufficiale, furono eseguiti invece i blocchi murari della rampa d’accesso (Pietro Cascella), i gruppi scultorei sui fondali degli atri (Osvaldo Calò e Pietro Consagra), il rivestimento in travertino della fontana nel Cortile d’Onore (Pietro Consagra), i mosaici del salone omonimo (Luigi Montanarini e Toti Scialoja), i tre arazzi per i saloni del 38
  • 39. primo piano (Gastone Novelli, Sergio Selva e Antonio Scordia), la sfera sul piazzale (Arnaldo Pomodoro), nonché opere pittoriche e scultoree destinate ad altri ambienti del Ministero. La monumentalità dell’edificio si è inoltre rivelata un contenitore ideale per ospitare una raccolta di opere d’arte: nel 2000 venne infatti formalizzato il carattere istituzionale della sua collezione, la Collezione Farnesina d’arte contemporanea. (Andrea Portante), edit MAE 39
  • 40. Arengo della Nazione Il progetto del Foro fino al 1936 prevedeva un Arengo, su progetto di Luigi Moretti: un trapezio con gli angoli smussati. Capacità 400 mila persone: 75,000 a sedere nelle gradinate a valle, 65,000 in piedi nelle gradinate a monte e 260,000 schierate nel piazzale interno. Sull’asse dell’arengo, verso la collina, il colosso di bronzo nell’atto del salute romano. Altezza totale 128 metri circa…Verso il fiume un corpo di fabbrica lineare su pilastri, come un gigantesco portico che fingeva da atrio per l’Arengo. Ma nel 1937 cambiano I piani essendo l’area destinata ad accogliere il Palazzo Littorio, sede del PNF. Mussolini traccia il solco perimetrale il 28 Ottobre. Nel primo progetto era ancora presente un grande piazzale con al centro una torre littoria. 14 volte piazza Venezia, 2 volte S Pietro. Ma I lavori si sospendono per via della Guerra. Nel 1933 Ricci aveva pensato ad una “statua del Fascismo” di 80 metri su un basamento di 20 Avrebbe dovuto sovrastare l’arengo della nazione, un piazzale da 300,000 persone Gli ultimi piani di Luigi Moretti,(Forma Ultima Fori, 1941) prevedevano un Isola artificiale di oltre 10 km quadrati con deviazione del Tevere. Comprende quartiere Flaminio La variante di piano del 1941 “impone” unitarietà “l’ubicazione, la forma e il colore (delle costruzioni) siano da parte dell’autorità sottoposti, caso per caso, ad un controllo rigidissimo” “nelle nuove zone destinate ad abitazione gli edifici non dovranno più avere caratteri singoli, e individuali, rispondenti ai gusti dei vari proprietari e architetti, ma saranno allineati secondo un rigoroso ordine prestabilito, in una generale armonia d’insieme. ...si realizza il “dittatore edile”… 40 14
  • 42. GIL (Ponte Milvio) L'Accademia di educazione fisica della Farnesina, fondata nel 1928, avrebbe dovuto svolgere una funzione essenziale: formare gli insegnanti di educazione fisica delle scuole medie dell'Italia fascista e gli istruttori ginnico-sportivi dell'organizzazione giovanile del regime. Ma le necessità contingenti portarono i fascisti a compiere delle scelte diverse. Attraverso una serie di progetti, in parte realizzati e in parte rimasti sulla carta, la Farnesina assunse, tra l'altro, il ruolo di istituto per la formazione della dirigenza maschile delle organizzazioni giovanili fasciste. L'esperimento totalitario, messo in atto per due decenni dall'Onb e dalla Gil, per creare l'"italiano nuovo" e per indurre i giovani ad assumere dei modelli di comportamento pienamente rispondenti alla cultura fascista non fu un aspetto marginale e accessorio del sistema mussoliniano. Fu un esperimento serio di cui l'Accademia della Farnesina, come mostra chiaramente il presente lavoro, rappresentò una delle punte di diamante. Il complesso, sorto lungo le rive del Tevere nelle vicinanze di Ponte Milvio, fu l'inizio di un grande progetto che, se portato alle sue estreme conseguenze, avrebbe garantito al regime una schiera di esperti pedagoghi che avrebbe avuto l'unico obiettivo di trasformare in senso pienamente fascista la gioventù italiana.  42 15 Mappa 1942
  • 43. La fine del regime travolse l'Accademia. La Farnesina, centro liturgico e cuore ideale del progetto pedagogico fascista, venne dimenticata, come se non fosse mai esistita. Il presente volume vuole ripercorrerne le vicende dal prologo all'epilogo. Il progetto è di Costantino Costantini 43
  • 44. Biografie (Edit da Wikipedia) Renato Ricci Creatore dello Stadio dei Marmi, fondatore dell'Opera Nazionale Balilla e della Guardia Nazionale Repubblicana, Ministro delle Corporazioni, visse e lavorò senza posa accanto a Mussolini Renato Ricci nacque a Carrara il primo giugno del 1896 da una famiglia di cavatori, gente rude abituata ad un lavoro duro e pericoloso. Il capo famiglia era un nonno garibaldino che instillò l'amor patrio ai suoi nipoti sin dalla più tenera età. Dopo il diploma di ragioniere e alcune traversie politiche per aver manifestato per la italianità di Trento e Trieste, mio padre si arruolò volontario nei bersaglieri nel 1915 e partecipò a tutta la campagna meritandosi due medaglie al valore ed una croce di guerra al merito, quale comandante di pattuglie di Arditi per azioni compiute al di là delle nostre linee. Fu il primo ufficiale italiano a entrare in Trieste liberata. Nel 1919 essendo di stanza a Monte Nevoso, seguì D'Annunzio nell'impresa fiumana trascinando con sé un battaglione del suo reggimento con tutto l'equipaggiamento. Durante l'impresa partecipò all'occupazione di Zara al comando di una compagnia Bersaglieri della Legione del Carnaro. Strinse amicizia con Marinetti, Paulucci di Calboli, Mascagni e Keller, con il quale volò più volte e per il cui consiglio, pochi anni dopo, conseguì il brevetto di pilota. Dopo il Natale di Sangue tornò a Carrara e fondò il Fascio di Combattimento. I primi fascisti erano solo 17, ma ben presto il movimento si dilatò, tanto che Ricci s'impose da Livorno fino a Genova e Firenze, collaborando alla organizzazione del Movimento con Perrone Compagni a Firenze, e con Costanzo Ciano a Livorno. Le lotte furono durissime con molte vittime, basti ricordare l'eccidio di Sarzana nel quale persero la vita 17 fascisti e più di 46 furono feriti. Il 29 ottobre dopo aver occupato la prefettura e la caserma Dogali, disarmandone la guarigione, che d'altronde era quasi consenziente, nella notte fermò il primo treno per Roma che passava per la stazione di Avenza, che era il treno di Mussolini. Ricci fu cordialmente accolto e presentò 200 squadristi armati di tutto punto. Mussolini fece agganciare un'altra vettura e si intrattenne con Ricci, e lo incaricò di prendere il comando di tutte le squadre fasciste che si stavano concentrando a S. Marinella. Tornato a Carrara viene nominato da Mussolini Alto Commissario del Partito con compiti ispettivi e organizzativi. Si interessa in particolare della situazione economica del suo paese e promuove la ristrutturazione dell'ospedale, la realizzazione di case popolari, il rinnovo dell'Accademia di Belle Arti, e promuove iniziative a favore della industria marmifera locale. Nel 1924 è eletto deputato e continua la sua attività, sia nel partito che a favore di Carrara, fondando tra l'altro il Consorzio marmi. Nel 1926 viene chiamato a Roma e nominato 44
  • 45. Sottosegretario all'Educazione Nazionale, con il compito di riorganizzare la gioventù dal punto di vista morale e fisico. Immediatamente si reca in Inghilterra e prende contatto con Baden Powell, capo dell'organizzazione scautistica, che gli dà preziosi consigli e lo esorta a tornare in America per prendere visione delle grandi scuole americane. Torna in Italia e in volo si reca in Germania dove prende contatto con la Bauhaus e il modernissimo movimento artistico e architettonico di Gropious. Nasce cosi L'Opera Nazionale Balilla, alla cui presidenza Renato Ricci resterà per 11 anni dal 1926 al 1937; (naturalmente con il solo stipendio di Sottosegretario al Ministero dell'Educazione nazionale). Realizza 900 Case del Balilla e della Piccola Italiana, tutte con palestre, piscine, biblioteche e sale di riunione, giardini, ecc. Queste case per la gioventù, che Ricci fece realizzare, sono per la maggior parte ora abbandonate e ridotte in rovina. Realizza 12 Collegi, fra cui: il Morosini di Venezia, il Collegio Aeronautico di Forlì, i Collegi Navali di Brindisi, Sabaudia e il Collegio femminile di Orvieto. Mette in mare la nave scuola Palinuro per accogliere gli scugnizzi napoletani. Ma soprattutto, in questo periodo mette mano per primo alla realizzazione di quella che sarà una delle più importanti opere del regime: Il Foro Mussolini, alla cui progettazione chiamò Del Debbio. Chiamò a collaborare Costantini per le terme e le piscine, di cui una pensile, Pintonello per l'obelisco. Quest'ultimo eseguì una accurata ricerca sul modo di innalzare gli obelischi, e una ricerca storica su quelli innalzati dai Papi. Costantini e Pintonello ebbero i primi incarichi a 24 anni, e Pintonello ebbe la responsabilità di dirigere tutte le costruzioni che dal 1930 furono eseguite nel Foro. Ebbe anche l'incarico di progettare il così detto stadio dei Cipressi insieme all'ingegner Frisa. Il progetto del piazzale dell'Impero fu affidato all'architetto Moretti, e la fontana della Sfera agli architetti Pediconi e Paniconi. Infine, nel 1934, fu affidata a Moretti la rielaborazione totale di tutto il sistema urbanistico del Foro, con il progetto da lui realizzato della Accademia delle Armi e con l'Arengo delle Nazioni e altri edifici non realizzati. Fu chiamato ancora una volta Del Debbio che realizzò la Foresteria Nord, mentre Costantini realizzò la Foresteria Sud, nei pressi di Ponte Milvio. Questo edificio è stato poi deturpato perché il bellissimo rivestimento di marmo bianco è stato asportato e sostituito da una banale cortina di mattoni. Nel 1937 Mussolini spostò Ricci alla guida di uno dei più delicati settori dell'attività economica della Nazione, e cioè lo nominò prima come sottosegretario e poi come ministro alla guida del Ministero delle Corporazioni. Nel febbraio 1943 viene esonerato dall'incarico di Ministro e si ritira in campagna in Toscana, presso amici, dove si trovava ancora il 25 luglio. Poco dopo, subisce una perquisizione e viene piantonato in casa dai Carabinieri. Ricci proseguì per Roma dove assunse il comando della Milizia che poi, con l'aggiunta di Carabinieri e di reparti della Polizia Africa Italiana e molti giovani volontari, divenne la Guardia Nazionale Repubblicana. 45
  • 46. Ricci sostenne sempre che i reparti della R.S.I. dovevano essere tutti volontari, dal che scaturirono non poche difficoltà con Graziani che voleva la coscrizione obbligatoria. Nella notte del 25 Aprile fuggì da Milano con un carro armato. Ricci non viene ricercato perché i giornali avevano pubblicato la notizia del suo suicidio con foto molto somiglianti. Dopo tre mesi di latitanza venne catturato e subì cinque anni di carcere con due condanne a trenta anni, finché usci con l'amnistia "Togliatti". Uscito dal carcere si occupò di affari con la Germania. Morì a Roma il 22 gennaio 1956. Enrico Del Debbio Enrico Del Debbio (Carrara, 26 maggio 1891 – Roma, 12 luglio 1973) Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Carrara con specializzazione in Architettura, si trasferisce a Roma nel 1914 dove vince il Pensionato artistico nazionale di architettura. Vince nel 1921 il 1º premio per l'architettura alla Prima Biennale d'Arte e inizia l'attività di insegnamento presso la Scuola Superiore di Architettura di Roma. Negli anni venti ricopre numerosi incarichi nelle istituzioni pubbliche quali la partecipazione al Comitato organizzatore della Quadriennale Romana. Nel 1931 è consulente tecnico- artistico del Palazzo delle Esposizioni per la Mostra del Decennale della Rivoluzione Fascista, mentre come direttore dell'ufficio tecnico dell'Opera Nazionale Balilla si occupa della realizzazione degli impianti tecnico-sportivi delle Case del Balilla in tutt'Italia sino al 1934. Nel 1923 realizza il Palazzo della FIAT a via Calabria a Roma. Nel 1927 inizia la progettazione e realizzazione del Foro Mussolini (poi Foro Italico),(1927-1960). In questo progetto si concretizzano molte delle sue opere più famose: l'Accademia di Educazione Fisica (1927 - ora Palazzo IUSM - CONI), lo Stadio dei Marmi (1928), la Foresteria Sud (1929 - ora Ostello della Gioventù), i Magazzini di Casermaggio, la Colonia Elioterapica (1934), il Palazzo Littorio di Roma, poi Palazzo della Farnesina sede del Ministero degli Affari Esteri(1935/1943) con Arnaldo Foschini e Vittorio Ballio Morpurgo. Dopo la guerra (1956-1960) completa la sede del Ministero degli Esteri, realizza per le Olimpiadi di Roma lo Stadio del Nuoto (1956 - con A. Vitellozzi) e completa il piano regolatore del Foro con tutta la sistemazione del verde, gli impianti d'illuminazione, le nuove strade adiacenti e la Casa Internazionale dello Studente, sempre nel complesso del Foro Italico. Suo anche il progetto della Facoltà di Architettura di Roma Valle Giulia, situata nei pressi della Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, che lo tiene impegnato dal 1932 al 1967. È autore di molte opere a Roma e in varie parti d'Italia. Muore a Roma nel 1973. 46
  • 47. Conclusioni Ci si riferisce spesso, nel linguaggio comune, ad una “Architettura Fascista”, ma in quegli anni uno stile analogo si affermava anche fuori dall’Italia: ad esempio in Francia.e negli Stati Uniti Con il nuovo stato le case del fascio diventano sedi della Questura, della Guardia di Finanza, Uffici delle Imposte. I gruppi rionali fascisti diventano edifici scolastici, commissariati, sedi RAI... • Il Ministero dell’Africa Italiana accoglia la sede della FAO • Il Foro Italico torna alle sue funzioni “neutrali” di luogo per lo sport. Proprio perchè ideate per durare, volute per primeggiare, le architetture del regime riemergono dal continuum storico • Il fatto di essere state costruite in un arco di tempo breve e di possedere una comune cifra figurativa determina una percezione dominante • Il loro aspetto imponente tramanda automaticamente nella massa una idea di grandezza di quel trascorso. Inculca una idea della potenza acquisita dalla nazione durante il ventennio. • Questi edifici, strappati dall’arena della storia, sono proiettati in una visione del passato a dir poco edulcorata. L’archiettura è stata utilizzata dal fascismo in modo eccellente, come mai prima nessuna nazione moderna aveva fatto. • Dopo un periodo di silenzio, quell’architettura monumentale ha ripreso a svolgere la sua funzione più intima, di azione demagogica sulle masse. • Molti italiani tornano a subire una rinnovata fascinazione per le città e i palazzi “costruiti dal duce”, che li introduce verso un giudizio tendenzialmente assolutorio nei confronti del passato. • Alla fine, il disegno di Mussolini di parlare ai posteri del fascismo attraverso l’architettura appare dunque vincente. (Andrea Portante) 47
  • 48. Ponte Milvio La prima menzione del ponte risale al 207 a.C., in relazione al ritorno delle legioni dalla battaglia del Metauro nel corso della seconda guerra punica. Il ponte doveva essere a quest'epoca ancora in legno e la sua costruzione deve essere attribuita ad un Molvius (appartenente alla gens Molvia, attestata dalle fonti). Nel 110-109 a.C. il censore Marco Emilio Scauro ricostruì il ponte in muratura. Quattrocento anni dopo, nel 312, nelle campagne gravitanti verso il ponte, ebbe luogo la battaglia tra Costantino I e Massenzio nota come battaglia di Ponte Milvio, quella in cui la leggenda riporta che Costantino vide una croce recante la scritta: In hoc signo vinces. Del ponte romano restano le tre arcate centrali. Il ponte era stato danneggiato dalle vicende belliche medioevali ed era conosciuto come ponte Mollo. Nel 1429 si ebbero i primi restauri sotto papa Martino V e i lavori furono affidati a Francesco di Gennazzano. Nel 1458 furono eliminate delle parti in legno e fu demolita la fortificazione medioevale. 48 16
  • 49. Nel 1805, sotto Pio VII, altri lavori di restauro furono affidati a Giuseppe Valadier: questi ricostruì le arcate alle estremità, che erano state sostituite da ponti levatoi in legno, ed edificò all'imbocco settentrionale una torre in stile neoclassico. Il ponte fu fatto saltare da Garibaldi nel 1849 per ostacolare l'avanzata delle truppe francesi e fu restaurato sotto Pio IX nel 1850.Nel 1951 fu terminata la costruzione di ponte Flaminio con riduzione di traffico veicolare che, nel 1978, fu completamente soppresso. La torretta Valadier segna l’accesso a Ponte Milvio dal lato dell’omonimo piazzale. In epoca medioevale sull’imboccatura settentrionale del ponte, allora conosciuto come ponte Mollo, fu innalzata una fortificazione di forma triangolare, il “Tripizzone”, sulla base di una torre difensiva del III secolo. Nel 1458 furono eliminate delle parti in legno e fu demolita la fortificazione medioevale. L’architetto Valadier diresse ulteriori e significativi lavori nel 1805, sotto papa Pio VII: a questo restauro si deve l’edificazione, sempre all’imbocco settentrionale del ponte, della torre in stile neoclassico che prende il nome dal suo celebre progettista. Si noti la data in numeri “romani” della iscrizione sulla facciata della Torretta. Non si tratta di numeri romani “ordinari”, come li conosciamo, ma di una convenzione arcaica della numerazione, ripresa poi anche dopo secoli in particolari per le iscrizioni sugli edifici: Il numero D (500) si ottiene per mezzo di I seguito da C in versione specchiata, che rappresenta in modo stilizzato la lettera D. Analogamente, M (1000) formata a volte da C, I, seguiti da una C specchiata (simile alla M nella scrittura onciale). Questo dovuto al fatto che originariamente i numeri romani erano così costruiti.. Tuttavia, da alcuni anni la torretta Valadier ha assunto una sua funzione di catalizzatore di iniziative artistiche e sociali, ospitando mostre fotografiche, quadri e sculture di artisti ed amatori anche sconosciuti e non referenziati.   49
  • 50. (Edit da Eclipse Magazine con integrazioni personali) 50
  • 51. La presa di Roma, 1905
 di Filoteo Alberini "La presa di Roma" ( aka Bandiera bianca, aka La breccia di Porta Pia
 di cui sopravvivono oggi solo circa cinque dei 10-12 minuti originari) è considerato ufficialmente il primo film italiano a soggetto, o almeno il primo proiettato in pubblico. Secondo alcune fonti, la prima proiezione avvenne proprio davanti a Porta Pia, la sera del 20 settembre 1905, in occasione del 35° anniversario degli eventi narrati (che dunque non erano così lontani nei ricordi!). Alberini è stato un vero e proprio pioniere del cinema in Italia: impiegato presso l'Istituto Geografico Militare di Firenze e affascinato dalle invenzioni di Edison e dei Lumière, nel 1899 aveva aperto nel capoluogo toscano la prima sala cinematografica del nostro paese; e cinque anni più tardi, trasferitosi a Roma, aveva fondato con un amico il primo studio di produzione italiano, la Alberini & Santoni, che nel 1906 diventerà la Cines. Attraverso una serie di quadri (il linguaggio è quello dei primordi: camera fissa, didascalie introduttive, assenza totale di montaggio e di primi piani), "La presa di Roma" mette in scena l'episodio conclusivo del Risorgimento e dell'Unità d'Italia. Assistiamo così all'arrivo del parlamentario Carchidio a Ponte Milvio, scena girata non in esterna ma in un teatro di posa, al rifiuto del generale pontificio Kanzler di firmare la resa, all'attacco dei Bersaglieri e all'apertura della breccia di Porta Pia, con conseguente ingresso dei soldati a Roma; e infine, alla resa di Pio IX e ai festeggiamenti delle truppe italiane (di tutto ciò, nei frammenti sopravvissuti e restaurati, rimangono solo l'arrivo di Carchidio, il rifiuto di Kanzler, e l'ingresso dei soldati attraverso la breccia; delle cannonate sulle mura c'è solo un fotogramma). Il film si conclude con la scena più celebre, addirittura a colori, la "Apoteosi", in cui le figure simbolo del Risorgimento (Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Mazzini) si 51
  • 52. ergono a fianco di una Italia incarnata come se si trattasse di una divinità, anche a sottolineare come il patriottismo, una sorta di religione laica, dovesse sostituire la religione cattolica. In ogni caso, al di là dell'importanza cronologica, rimane una pellicola di tutto rispetto per lo sforzo produttivo (il film costò 500 lire), per l'impegno nella messa in scena e per la ricostruzione storica (le scenografie si ispirarono a fotografie del 1870 e l'esercito fornì armi e uniformi), specie se consideriamo che si trattava di un'industria agli esordi. La scelta del tema trattato è significativa, volendo legare in maniera simbolica la nascita della nazione a quella della settima arte. E segnerà l'indirizzo che il cinema italiano continuerà a seguire nei suoi primi anni di vita: ovvero quello della ricostruzione di eventi storici, di ispirazione a volte patriottica e a volte letteraria. Nel giro di pochissimi anni si assisterà a una rapida crescita dell'industria italiana che, nel tentativo di "mettersi in pari" con quella francese e delle altre nazioni dove il cinema era già diffuso, arriverà a sfornare pellicole di grande successo. Quale trasformazione in società per azioni della Manifattura di pellicole per cinematografi Alberini & Santoni, nacque la CINES nel 1906, con un capitale iniziale di circa 250.000 lire e uno stabilimento in vicolo delle Tre Madonne, nel quartiere San Giovanni. Filoteo Alberini assunse l'incarico di direttore tecnico e promosse la realizzazione di film destinati a lasciare un segno sia sulla scena nazionale sia su quella internazionale. Nel corso della sua storia, con vari cambi di proprietà, la CINES produsse opere di un certo livello, come Gli uomini, che mascalzoni... (1932) di Mario Camerini o La tavola dei poveri (1932) di Alessandro Blasetti, La cena delle beffe (1942) o di Quattro passi fra le nuvole (1942) di Blasetti, ma anche di La locandiera (1944) di Luigi Chiarini. Tra il febbraio 1944 e l'aprile 1945 vi fu la fallimentare esperienza del cinema della Repubblica di Salò, che vide il trasferimento degli stabilimenti della C. a Venezia. La Cines venne definitivamente sciolta nel 1958. Edit da Tomobiki blog, Treccani 52
  • 53. Ponte Flaminio Negli anni 30 emerse l'insufficienza dell'antico ponte Milvio per l'uscita della città sulla direttrice delle vie consolari della Cassia e della Flaminia, e si sviluppò la volontà di realizzare un ingresso scenografico alla capitale per il traffico proveniente dal Nord. Si definì una variante a monte della attuale via Cassia vecchia (da congiungersi a una variante alla via Flaminia vecchia), e la costruzione di un nuovo ponte, che avrebbe dovuto chiamarsi "XXVIII Ottobre" in memoria della data della marcia su Roma. Fu chiamato a progettarlo Armando Brasini, che aveva già iniziato a realizzare nei dintorni la chiesa di Piazza Euclide, villa Manzoni e la sua dimora presso ponte Milvio. Il progetto presentato da Brasini a Mussolini prevedeva un enorme arco monumentale che emulava gli archi di trionfo romani. Il Duce, che spesso interveniva sui disegni dei suoi progettisti, tuttavia, fece eliminare l'arco e semplificò il progetto. Brasini sembrò accettare di buon grado la modifica, asserendo che il progetto ne risultava migliorato quanto ad ampiezza ed originalità (P. Nicoloso). I lavori cominciarono nel 1938 e vennero sospesi nel 1943, quando alcune strutture già realizzate subirono dei danni a causa degli eventi bellici, per riprendere solo nel 1947 e finire nel 1951. Con la Repubblica il ponte cambio nome in Ponte Flaminio. E’ il primo ponte monumentale sul Tevere a nord di Roma, a servizio dello storico itinerario della via Flaminia; dal 1960 è 53 17
  • 54. collegato al viadotto di corso di Francia, che dal quartiere Tor di Quinto si congiunge ai Parioli sovrappassando il villaggio olimpico. Nei primi anni sessanta il ponte fu chiuso al transito per un problema strutturale al quinto pilone e riaperto nel 1964, quando però la realizzazione del grande Raccordo Anulare e dell'aeroporto di Fiumicino avevano ridotto sensibilmente la sua funzione di ingresso principale nella Città eterna. (Edit da Wikipedia) 54
  • 55. Spiagge al Flaminio Lungo la riva sinistra tra ponte Milvio e Ponte Risorgimento, lungo l’attuale Lungotevere Flaminio, da sempre si è estesa una lingua di sabbia fluviale che costituiva l’arenile più bello di tutto il Tevere nella zona di Roma. Nei secoli, la gioventù’ romana ha sempre mostrato una spiccata tendenza a immergersi nelle acque. Con la caduta dell’impero, le terme vanno in disfacimento e in una città povera d’acqua, l’antica passione per i bagni risorge con il Rinascimento e prende piede nei secoli successivi. Ma il progressivo tramutarsi estivo delle rive tiberine in una vera e propria stazione balneare è ritenuto dalle autorità ecclesiastiche pericoloso e impudico e fioccano editti papali con tanto di ammende e pene severe pero i trasgressori. Comunque, nel secolare duello fra monsignori e fiumaroli, ha finito per aver partita vinta il buonsenso, tant’è vero che sotto papa Gregorio XVI (1831-1846) è riconosciuto il diritto al bagno a fiume, pur nelle dovute modalità. Il governo di papa Pio IX, affinché i romani potessero giovarsi dei bagni del Tevere, salve la sicurezza personale e la pubblica decenza, emanava nel 1855 un’ordinanza più conciliante e permissiva dei precedenti editti. A partire da allora, alle porte dell’estate, ogni anno è affissa agli ingressi delle capanne balneari un’ordinanza che proibiva la balneazione al di fuori degli appositi stabilimenti.  A dispetto dei divieti, tuttavia, i romani, soprattutto i più giovani, non rinunciano al richiamo del fiume, incuranti dei regolamenti e delle eventuali sanzioni. A inizio Novecento le spiagge iniziano dall’Albero Bello (lungotevere Flaminio), dove arrivano i Muraglioni del Tevere ancora in costruzione, fino ai Sassi di San Giuliano (Villa Glori) e un nome che ancora aleggia nei ricordi dei vecchi del Tevere è la spiaggia dei Polverini. E’ sulla riva sinistra, dopo Ponte Milvio, ed è caratterizzata da una spiaggia di sabbia bianca e finissima. La spiaggia Polverini inizia ad essere frequentata dai romani nel 1895, quando i cantieri dei Muraglioni del Tevere stanno distruggendo tutte le spiagge che esistevano a Roma (basti pensare alla mitica Renella giù a Trastevere), e vive fino agli anni Trenta, quando concessioni date dal demanio a iniziative pubbliche e private occupano stabilmente 55 Spiaggia Polverini
  • 56. le rive e sfrattano fiumaroli e bagnanti. Altre spiagge tiberine sono allora molto frequentate, soprattutto dai più giovani: Albero Bello, poco prima dell’attuale Ponte Risorgimento, quella davanti all’attuale largo Antonio Sarti, la Spiaggia Severino, a poco meno di trecento metri più a nord, e l’Isola dello Zibibbo vicino all’attuale Ponte Duca d’Aosta che si chiamava così per via di una piattaforma sull’acqua così estesa da sembrare un’isola. Sia Polverini che Severino e Zibibbo sono nomi di vecchi fiumaroli che si adattano in quegli anni a trasformarsi in gestori di stabilimenti balneari. E’ una stagione ” mitica”, in piena sintonia con la storia profonda della città, in cui i romani fanno quello che hanno sempre fatto dalla notte dei tempi: fare il bagno a fiume. Per tutti gli appassionati del fiume l’anno più brutto è il 1932, quando a tutti è intimato di andarsene per far posto ad una colonia estiva fascista. Sia i fiumaroli che i loro clienti con qualche soldo in tasca si spostano sui barconi dei dopolavoro e dei circoli, altri frequentano la chiatta de Er Ciriola, la barca di un pescatore di anguille che si cerca di sostituire la spiaggia Polverini. (Edit Roma2Pass con integrazioni personali) 56 Spiaggia Largo Sarti Spiaggia Severino
  • 57. Circoli Canottieri Quell’enorme opera che a fine Ottocento separa la città dal suo fiume, i muraglioni del Tevere e gli argini di terra a monte di Ponte Risorgimento, non impediscono a numerosi romani di continuare a frequentarlo. Sono chiamati “fiumaroli”. Anche nobili e borghesi non disdegnano di trascorrere il tempo libero sul fiume. Nel 1867 alcuni membri della Società Ginnastica Serny in gita sul fiume a bordo di un vecchio pattino, a causa delle loro maglie rosse sono scambiati per garibaldini e presi a schioppettate dalle sentinelle pontificie a Ponte Sant’Angelo. Grazie ai circoli, negli anni ’70 dell’Ottocento il nuoto e il canottaggio sono state una le prime discipline sportive moderne praticate nella città. Da allora inizia l’insediamento dei circoli di canottieri si sviluppa lungo la riva sinistra a monte di Ripetta. Nel 1897 esistono quattro club dediti alla voga sportiva. Il più prestigioso era il Reale Club Canottieri del Tevere, filiazione del Serny, con un galleggiante a fiume e uno chalet a due piani sulla “poetica” passeggiata di Ripetta. Lungo il fiume, a partire dal ventennio fascista, ai circoli canottieri si aggiungono i circoli del “dopolavoro”riservati a dipendenti di Ministeri e altre organizzazioni pubbliche. Tra di essi citiamo il Circolo Ufficiali Marina Militare in lungotevere Flaminio, il Circolo Ministero degli Esteri in lungotevere Thaon di Revel (Edit Roma2Pass con integrazioni personali) 57
  • 58. Quartiere Flaminio e il fiume Per secoli i Prata Flaminia sono stati inondati dalle acque torbide del Tevere che, bloccate da Ponte Milvio, esondavano e correvano su via Flaminia fino ad arrivare a premere con forza alla Porta del Popolo (per questo motivo, per secoli, chiamata Porta Flumentana). 58
  • 59. Inoltre nell’ansa del fiume a monte dell’attuale Ponte Risorgimento, la corrente corrode senza sosta la riva sinistra minacciando la stessa via Flaminia e la chiesa di Sant’Andrea del Vignola. E questi problemi non vengono risolti dai Muraglione del Tevere costruiti a fine Ottocento né dagli argini in terra costruiti a monte di Ponte Risorgimento. A dicembre del 1937 in città il pelo dell’acqua è a pochi metri dalle spallette e le luci dei ponti sono completamente nascoste dall’acqua limacciosa. In quei giorni il Tevere, anche se imprigionato, faceva veramente paura. A nord un lago si estendeva a perdita d’occhio intorno a Ponte Milvio, completamente circondato dall’acqua, e davanti a Villa Glori e Monte Antenne, verso la Sabina. Solo le rotaie della linea Roma-Firenze affioravano appena dal velo dell’acqua straripata e nessun treno elettrico poteva circolare. Quanto era successo porta il governo fascista ad ampliare notevolmente il progetto già in attuazione dall’anno precedente, che prevedeva importanti lavori di sbancamento a valle di Roma per facilitare il deflusso delle acque. Tra l’altro, è previsto il taglio di un’ansa vicino a Spinaceto e la realizzazione di un nuovo tratto rettilineo del fiume di circa un chilometro e mezzo, aumentando così in maniera significativa la portata del fiume verso valle. Da allora nessuna inondazione ha interessato la città di Roma. Parallelamente ai lavori dei muraglioni, la navigazione sul Tevere si mantiene attiva. Lungo il fiume, in corrispondenza degli attuali lungotevere Arnaldo da Brescia, lungotevere delle Navi, lungotevere Flaminio, c’è via delle Barche, un viottolo sulle sponde del fiume che serviva ai buoi, e spesso agli uomini, che trainavano i barconi di merci che risalivano il fiume controcorrente. A partire dagli anni Venti, la navigazione va decadendo, per motivi sia legati al fiume e ai nuovi lavori realizzati su di esso che alla concorrenza dei mezzi su gomma e rotaia che diventavano sempre più vantaggiosi. Ma un nuovo fenomeno si affaccia sulla scena romana. A partire dal 1870, la popolazione della città cresce esponenzialmente e i cittadini di tutte le classi sociali cercano luoghi dove trascorrere il tempo libero e difendersi dalla calura estiva. La gente incomincia a frequentare la riva sinistra del fiume nei luoghi ancora non cementificarti dai muraglioni, a partire dalla Passeggiata di Ripetta, a nord del porto di Ripetta, dove nascono i primi circoli canottieri (il Reale Circolo Canottieri Tevere Remo e il Circolo Canottieri Aniene) , frequentati da nobili e borghesi. Il popolo invece va a farsi il bagno sulle spiagge situate un poco più su, da Porta del Popolo a Ponte Milvio, facilmente raggiungibili grazie a via delle Barche. Testimonianza di questa abitudine è il nome della prima traversa a sinistra di via Flaminia, approssimativamente dove oggi c’è via Francesca Carrara: era infatti un viottolo che si chiamava via dei Bagni. Perno di queste attività sono alcuni fiumaroli, ex pescatori o barcaroli ormai disoccupati che non vogliono abbandonare il fiume e si trasformano in bagnini e gestori di stabilimenti balneari. (Edit Roma2Pass con integrazioni personali) 59
  • 60. Quartiere Flaminio I piani regolatori del 1873 e del 1883 non si occupano di questa parte fuori delle mura, nella quale dominano ancora grandi ville suburbane. Ma la nuova capitale d’Italia cresce demograficamente e già nelle carte del 1889 e del 1891 si vedono disegnate ipotesi di lottizzazioni a fini edificatori, in forma prima embrionale e poi un poco più evoluta. La prima rappresentazione fa vedere una maglia continua di lotti che si interrompe solo sulla sponda del fiume. Ci sono solo piccoli spazi destinati a piazze ottenuti per sottrazione di singoli lotti. Tuttavia il raggio centrale del semicerchio dell’ansa già c’è e finisce in una piazza più grande, ottenuta per sottrazione di due lotti. Una seconda rappresentazione del 1891 è più raffinata e compiuta e compare per la prima volta l’asse ortogonale che attraversa la Flaminia, oggi via Guido Reni viale De Coubertin. Da una parte una lottizzazione, dall’altra un grande spazio a parco e per l’ippodromo. Si tratta di disegni che anticipano solo di qualche anno l’impianto urbanistico del quartiere Flaminio che verrà prefigurato, pressoché nella sua forma attuale, dal Piano Regolatore del 1909 dove si prende atto della attesa di edificazione delle aree fino ad allora libere, e si dà loro un disegno all’interno del piano di crescita della intera città. Il piano prevede non solo le edificazioni, ma anche le connessioni con l’altra sponda del Tevere (prima rappresentazione dell’attuale Ponte della Musica) e disegna, anche se in modo ancora approssimativo, le nuove aree trasformabili a villini dei Monti Parioli. Per la prima volta il piano regolatore è disegnato sulla base di un rilievo altimetrico, prodotto dall’Istituto Geografico Militare.
 Il Piano regolatore del 1909 prevede anche una maglia di trasporti pubblici di superficie, affidata ad ampliamenti della rete tranviaria allora già presente. C’è già la previsione del 60 18
  • 61. passaggio del tram sul Ponte della Musica. Ed è già pienamente colta la importanza dell’asse ortogonale alla Via Flaminia, che dall’attuale Auditorium arriva a Piazza Maresciallo Giardino. La riconnessione dei nuovi quartieri del Flaminio e dei Parioli con Prati appena edificato e con il nascente quartiere delle Vittorie è già pensata anche con la previsione di un secondo ponte di collegamento di lungotevere Flaminio con l’attuale Via Timavo. Oltre che una chiara visione della relazione tra Villa Glori e Monte Mario, si prefigura una nuova connessione tra i due assi storici di Via Flaminia e Viale Angelico, che hanno da sempre segnato le due sponde del Tevere. Solo in epoca fascista, con la costruzione del Ponte Duca d’Aosta, si è introdotta una nuova direttrice per collegare con il centro il nuovo Foro Italico, direttrice mai completata che ha determinato il nodo ancora non risolto di Piazza Mancini. Il disegno del 1908 non è esattamente quello realizzato, ma gli elementi formali sono rimasti gli stessi. Resta l’impianto basato su un triangolo con il lato lungo sulla Flaminia, resta il verde della Villa Flaminia, resta la scelta della dimensione dei lotti, resta la grande piazza sul Tevere in fondo a Via Guido Reni (piazza Gentile da Fabriano). Sulla base di questo disegno si iniziano a tracciare le strade e si realizzano i primi interventi residenziali, peraltro di edilizia pubblica. 61
  • 62. Su questo impianto appena nato si incunea, durante gli anni della guerra, il complesso delle Caserme. La foto aerea del 1919 del Tenente Umberto Nistri fa vedere una imponente attrezzatura militare orientata secondo la Via Flaminia in un’area pressoché libera, salvo il piccolo quartiere di edilizia pubblica (l’attuale “Piccola Londra”), di fronte allo stadio del Partito Nazionale Fascista. Le Caserme hanno accesso dalla stessa via Flaminia e sono nate e cresciute per esigenze militari, ancora più pressanti nel periodo della prima guerra mondiale, senza tener conto del disegno di piano. La necessità di ricondurre ad ordine le edificazioni esistenti e previste, tenendo conto del disegno del Sanjust, ha portato al disegno attuale, comunque diverso dall’impianto di piano regolatore del 1909. L’asse del Ponte Duca d’Aosta non ha un terminale e Piazza Mancini è uno spazio senza forma. (Edit Roma2Pass con integrazioni personali) 62
  • 63. Villaggio Olimpico: Le Olimpiadi del 1960 Le Olimpiadi di Roma 1960 sono uno spartiacque nella storia della Capitale sul piano urbanistico. Per trasformare la città bastarono 5 anni: i Giochi erano stati assegnati nel 1955 e Roma aveva battuto Losanna nell´ultimo ballottaggio. L’Italia sta entrando nel boom economico. Nascono nuovi quartieri, nuove strade, si moltiplicano le autovetture. A Roma nel 1955 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi inaugura la metropolitana. Viene completato il quartiere dell’Eur, che, dopo il prolungamento della via Cristoforo Colombo, vede nascere la Fiera, il laghetto ed il “fungo“. Sulle pendici di Monte Mario viene edificato l’Hotel Hilton. Roma modifica radicalmente la viabilità: il tram viene praticamente abolito. Sono costruite nuove arterie come la Via Olimpica e Corso Francia, disegnato dall’Architetto Pierluigi Nervi, che passa sopra il villaggio olimpico. Poco prima dell’inizio delle Olimpiadi viene aperto lo scalo aereo di Fiumicino. Tra le varie infrastrutture che fu necessario costruire da zero, ci fu, ad esempio, la via Olimpica: una sorta di circonvallazione che collegava tra loro alcuni dei principali impianti sportivi ed il villaggio degli atleti. Dopo che Roma fu scelta come città per ospitare le Olimpiadi del 1960, fu necessario in soli quattro anni dotare la capitale di tutti gli impianti e le attrezzature sportive per lo svolgimento delle competizioni. Il problema più complesso fu quello di poter offrire alloggio 63 Passato e presente Costruzione Impianti 19
  • 64. a più di ottomila persone tra atleti, organizzatori, allenatori e rappresentanti della stampa. Proprio da questa esigenza nacque il Villaggio Olimpico che rappresenta uno degli esempi più ampi, organici e coerenti di pianificazione urbanistica-edilizia attuata nella città di Roma. L’ipotesi di costruire attrezzature temporanee fu subito scartata, a favore della costruzione di un villaggio con carattere stabile che avrebbe consentito, a Olimpiadi terminate, di alloggiare 1500 famiglie. Per evitare successive speculazioni si affidò la realizzazione ad un istituto di interesse pubblico: l’ INCIS, (Istituto Nazionale per le Case agli Impiegati dello Stato ). Il progetto fu commissionato ad alcuni tra i più autorevoli architetti dell’epoca: Vittorio Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco e Luigi Moretti che pianificarono, su una superficie di circa 35 ettari, un complesso di palazzine, in linea o a croce, con altezza variabile da 2 a 5 piani, circondate da zone verdi e sollevate da terra su pilastri di cemento armato che consentissero di lasciare libero e percorribile lo spazio alla quota urbana. Oltre alla costruzione delle opere edilizie risultò necessario definire un nuovo asse di scorrimento veloce che collegasse la Cassia e la Flaminia con Viale Tiziano e Viale Parioli al centro di Roma. 64 Vista Aerea Blocchi Abitativi Villaggio Olimpico
  • 65. Questo viadotto lungo circa un chilometro, il cui progetto strutturale si deve a Pier Luigi ed Antonio Nervi, prende il nome di Corso Francia. Per evitare un’ inammissibile frattura tra il settore orientale e quello occidentale del comprensorio, compromettendone la continuità, il viadotto fu realizzato su pilastri svincolando dunque il quartiere sottostante dal traffico di transito e salvandone l’organicità. L’accesso principale al Villaggio Olimpico si trova sul grande piazzale di viale Tiziano..  (Edit da www.leolimpiadiditalia.it, ArchiDAP, 65 Corso Francia Costruzione Corso Francia Sottopasso Muro Torto Confluenza Cassia e Flaminia