1. News 20/SA/2016
Lunedì, 16 maggio 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.20 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 74 (16 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Nessun caso di allerta segnalato dall'Italia mentre numerosi sono i casi di
respingimenti alle frontiere: migrazione di nickel e di manganese in barbecue dalla
Cina ; due casi di presenza di propargite, sostanza non autorizzata, nel tè nero da
India ; istamina in sgombri (Scomber scombrus) dal Marocco; aflatossine in granella
di nocciole ; permetrina, sostanza non autorizzata , nel peperoncino fresco dal
Vietnam; procimidone in peperoni verdi provenienti dalla Cina .
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo: istamina in tonno qualità pinna gialla proveniente dalla
Spagna; mercurio in orata refrigerata proveniente dal Marocco; Shiga-Escherichia
coli in carne refrigerate dall' Irlanda; mercurio in lombi di pesce spada regriferati
provenienti dalla Spagna; cadmio in polpo congelato dal Vietnam; nitrofurani
(metabolita) furazolidone (AOZ) in scampi refrigerata dalla Danimarca.
Questa settimana due le segnalazione aventi ad oggetto esportazioni italiane in altri
paesi: la Danimarca segnala la presenza di Campylobacter spp in rucola fresca da
Italia e la Svezia segnala la presenza di clorpirifos in carote provenienti da Italia .
Fonte: rasff.eu
Quando il vino è l’ingrediente di un cibo, I solfiti vanno sempre e comunque indicati
in etichetta?
La presenza di solfiti è soggetta a indicazione specifica obbligatoria in etichetta solo
laddove il loro tenore complessivo nel prodotto finale sia pari o superiore a 10mg/kg
o 10mg/l.
I solfiti sono infatti l’unica categoria di ingredienti cosiddetti allergenici – tra le
quattordici categorie previste in Allegato II del regolamento (UE) n. 1169/2011
(vedi e-Book L’etichetta) – soggetta a una soglia di tolleranza, al di sotto della quale
2. l’indicazione specifica con evidenza in etichetta non è prescritta.
Ne deriva che, quand’anche il vino rechi anidride solforosa in misura superiore a
10mg/l (e sia perciò soggetto dovere di scrivere “contiene solfiti” sull’etichetta della
bottiglia), il suo impiego quale ingrediente di altro prodotto – come i taralli, ad
esempio – non comporta di per sé l’obbligo di citare i solfiti. A meno che il tenore
complessivo dei solfiti nel prodotto finito, magari anche a causa del contributo di
altri ingredienti (es. frutta secca), risulti pari o superiore a 10mg/kg. (Articolo dell'Avv.
Dario Dongo)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Indagine dei Nas sulla qualità delle mense scolastiche. Iniziativa del Ministro della
Salute, dopo le segnalazioni di alcuni genitori.
I Nas dei Carabinieri stanno conducendo un’indagine sulle mense scolastiche, su
incarico del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che lo ha annunciato nel corso
di un’assemblea di Federalimentare, dove ha spiegato che l’operazione è già in
corso, perché “queste cose prima vengono fatte e poi annunciate”. L’indagine si
basa su controlli a campione ed è stata decisa in seguito alle segnalazioni di alcuni
genitori, che si lamentavano della qualità del cibo.
I Nas controllano, non si sa se solo nelle scuole pubbliche o anche in quelle private,
la qualità del cibo offerto ai bambini nelle mense scolastiche ma anche le scelte dei
tipi di cibo che vengono utilizzati nelle diete a seconda della fascia di età. Quindi, si
tratta di un controllo anche sull’appropriatezza nutrizionale nei vari momenti della
crescita. Ogni tre mesi verrà fatto il punto della situazione sui risultati emersi dai
controlli, perché, afferma il Ministro, “ci interessa andare a fondo per capire se esiste
veramente un problema e che tipo di problema è”.
Nel 2010, il Ministero della Salute aveva pubblicato le Linee di indirizzo nazionale per
la ristorazione scolastica. Due anni fa era stato predisposto un questionario on
lineper le mense scolastiche, pensato come strumento conoscitivo per interventi
diretti o indiretti utili a contrastare obesità e sovrappeso nei bambini e nei ragazzi.
Ora è partita l’indagine dei Nas. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
3. L’olio di palma contiene sostanze cancerogene. Allerta dell’EFSA per bambini e
adolescenti. In Italia consumi record.
L’olio di palma contiene tre sostanze tossiche (una delle quali classificata come
genotossica e cancerogena) per cui il consumo di prodotti alimentari con discrete
quantità di grasso tropicale viene sconsigliato soprattutto a bambini e adolescenti. È
quanto sostiene l’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) in un
corposo dossier di 160 pagine dove si valuta la presenza di tre contaminanti che si
formano nel processo di raffinazione ad alte temperature (200°C) di oli vegetali.
Stiamo parlando del glicidiolo, del 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e del 2-
monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi (GE, glicidil esteri
degli acidi grassi). Il problema riguarda anche altri oli vegetali e margarine, ma
l’aspetto saliente è che il grasso tropicale ne contiene da 6 a 10 volte di più (vedi
tabella 1 e 2) (*) . Gli alimenti sotto accusa sono prodotti da forno, dolci, torte, ma
anche cibi per l’infanzia che contengono il grasso tropicale.
È stata valutata la cancerogenicità del GE basandosi su quella del glicidolo, nel
quale il GE si trasforma dopo ingestione. La situazione è seria: non è stata stabilita
una soglia perché trattandosi di una sostanza cancerogena e genotossica non
deve essere presente negli alimenti. (**) Il gruppo ha concluso che i GE sono un
potenziale problema di salute soprattutto per i bambini e i giovani, e anche per
tutte quelle persone che assumono cibi ricchi di acidi grassi di palma. Le criticità si
pongono anche per i bambini che consumano esclusivamente alimenti per lattanti.
L’argomento non è nuovo. L’Efsa riferisce che la quantità di GE negli oli e grassi di
palma è stata dimezzata negli ultimi 5 anni grazie alle misure adottate durante il
processo produttivo. In Italia però il consumo di olio di palma negli ultimi 5 anni è
quadruplicato per cui questo miglioramento è stato praticamente vanificato (le
importazioni sono passate da 274 mila tonnellate del 2011, a 821 mila tonnellate del
2015 – Istat).
È stata invece fissata una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 0,8 microgrammi per
chilogrammo di peso corporeo al giorno per il 3-MCPD e i suoi esteri degli acidi
grassi, mentre non si hanno abbastanza dati tossicologici per stabilire un livello di
sicurezza per il 2-MCP ( Efsa aveva già pubblicato un dossier nel 2013). Anche per
queste due sostanze l’apporto più significativo deriva dall’olio di palma e il parere
dell’Efsa è altrettanto severo “le quantità per i bambini e gli adolescenti (fino a 18
anni) superano la dose giornaliera tollerabile e costituiscono un potenziale rischio
per la salute”. Contrariamente a quanto è successo per il GE, in questo caso, la
quantità dei contaminanti nell’olio di palma e negli altri grassi vegetali è rimasta
4. identica negli ultimi 5 anni.
Il consumo di olio di palma in Italia ha ormai raggiunto livelli record, siamo a 12
grammi al giorno pro capite, trattandosi del grasso preferito dalle aziende utilizzato
in: merendine, biscotti, grissini, cracker, fette biscottate, prodotti da forno e decine
di altri alimenti. Questa criticità è stata evidenziata anche due mesi fa in
un dossierdell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in cui si dice che i bambini italiani
assumono il 49% in più di grassi saturi rispetto a quanto consigliato dai Larn e
dall’Efsa. Buona parte di questo eccesso (41% della quantità massima) è dovuto al
consumo di olio di palma aggiunto in molti alimenti industriali.
Di fronte a due dossier firmati dalle massime autorità sanitarie italiane ed europee
c’è da chiedersi cosa potranno inventare le aziende aderenti all’Aidepi che hanno
investito 10 milioni in pubblicità per convincere i consumatori che l’olio di palma è
un ingrediente sano, naturale e rispettoso dell’ambiente. Per fortuna il fronte
industriale non è compatto e grazie alla petizione su Change.org avviata da Il Fatto
Alimentare eGreat Italian food Trade che ha raccolto oltre 176 mila firme, ormai sul
mercato ci sono più di 700 prodotti palm free.
(*) L’Efsa ha focalizzato l’attenzione sull’olio di palma perché secondo i dati presi in esame
le quantità presenti sono di gran lunga superiori rispetto agli altri grassi vegetali 6 – 7 volte
superiore rispetto all’olio di mais, alle miscele di olio per friggere e almeno 70 volte rispetto
all’olio di oliva per quanto riguarda il 3-MCPD e valori ancora più elevati per 2-MCPD e il
glicidioso indicato come estere glicidico (vedi tabella 2).
(**) Una definizione simile è stata attribuita qualche anno fa al colorante Sudan che veniva
aggiunto in modo fraudolento al peperoncino per migliorare la colorazione. Il problema del
GE sembra più simile alla questione acrilammide, una sostanza che si forma durante la
frittura delle patatine e considerata tossica. In questo caso la presenza nel cibo è stata
ridotta scegliendo patate di tipo diverso e modificando il sistema di preparazione.
5. I grafici mostrano l’evoluzione nel corso degli anni 2010-2015 del livello medio (lg/kg)
dei (3-MCPD) e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) da esteri e l’estere glicidico (tutti
espressi come libera frazione) in diversi tipi di oli e grassi
Fonte: ilfattoalimentare.it
6. Più alte concentrazioni di arsenico nelle urine dei bambini piccoli che mangiano
riso. Importante alternarlo con altri cereali.
Sebbene il riso e i prodotti a base di riso siano tra gli alimenti tipici per i bambini al di
sotto dei tre anni, uno studio condotto dalla statunitense Dartmouth College School
of Medicine e pubblicato dalla rivistaJama Pediatrics ha rilevato che i bambini che li
mangiano hanno concentrazioni di arsenico nelle urine superiori, fino al doppio,
rispetto ai bambini che non consumano alcun tipo di riso.
Questo, affermano i ricercatori, costituisce un fattore di preoccupazione, perché i
cereali di riso possono contenere concentrazioni di arsenico inorganico superiori a
quelle raccomandate.
Lo studio ha seguito 759 bambini, nati tra il 2011 e il 2014 nel New Hampshire, fino ai
12 mesi di età, associando la loro dieta alla concentrazione di arsenico nelle urine.
L’80% di questi bambini ha introdotto il riso nella dieta prima del compimento
dell’anno e il 64% di questi tra il quarto e il sesto mese di vita.
Alcuni studi epidemiologici indicano che l’esposizione all’arsenico inorganico
nell’utero e nei primi anni di vita può essere associata ad effetti negativi sulla
crescita fetale e a problemi immunitari e neurologici, anche quando l’esposizione è
a livelli relativamente bassi. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa)
stima che i bambini al di sotto dei tre anni assumano, rispetto al peso corporeo, una
quantità di arsenico inorganico due-tre volte maggiore degli adulti.
Per questo motivo, l’Europa ha deciso di abbassare progressivamente la
concentrazione di arsenico inorganico nei prodotti a base di riso destinati
all’infanzia. Fino al 2017 saranno tollerate dosi comprese tra 0,15 e 0,2 mg/kg di
riso, dopo la concentrazione dovrà necessariamente scendere a 0,1 mg/kg. All’inizio
di aprile, anche la statunitense Food and Drug Administration (FDA) ha sottoposto
alla consultazione pubblica la proposta di introdurre lo stesso sbarramento di 0,1
mg/kg.
In natura, esistono due tipi di arsenico: organico, naturalmente presente nel pesce e
nei frutti di mare, e inorganico, che è cancerogeno per gli umani. Se assunto per
lunghi periodi di tempo, anche in quantità ridotte, può portare a cambiamenti della
pelle, danni al sistema nervoso e problemi cardiovascolari. Il consiglio, soprattutto
7. con i bambini più piccoli, è di evitare il consumo esclusivo di alimenti a base di riso:
ad esempio, il latte di riso non deve essere sostituto del latte vaccino o materno e le
pappe di riso devono essere alternate con prodotti a base di altri cereali. (Articolo
di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Troppo cadmio nel polpo surgelato: ecco le partite di prodotto da non consumare.
Troppo cadmio, un metallo tossico, nel polpo surgelato. L’avviso di richiamo
precauzionale riguarda un prodotto marchio Simply di polpo eviscerato confezione
da mezzo chilogrammo, lotti di produzione Tms: 0026AB scadenza 31 luglio 2017,
0003CB scadenza 30 settembre 2017 e 0011DB scadenza 30 settembre /2017 Ean:
8033209033106. Il prodotto, secondo le valutazioni dello stesso servizio di qualità
Simply del gruppo francese Auchan, è «risultato non conforme per un parametro
chimico (cadmio)».
Il cadmio è un metallo pesante tossico che danneggia in particolare i reni, è
presente in molti alimenti, ma nel caso di quelle partite di polpo sergelato la
presenza è stata considerata a rischio. Se avete comprato confezioni delle partite
indicate non consumatele e possibilmente restituitele al supermercato per la
sostituzione o il rimborso.
Fonte:www.ilmessaggero.it