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News 15/SA/2017
Lunedì, 10 Aprile 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.14 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 78 (10 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificati dall’Italia per condizioni di
trasporto non idonee (umidità) per i piselli spil verdi provenienti dal Canada, per
migrazione di cromo da affettatrici provenienti dalla Cina, per operatore non
autorizzato per petti di tacchino congelati a metà provenienti dal Brasile e per
aflatossine in semi di melone provenienti dal Togo; dalla Spagna per contenuto
troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dalla Polonia per
more dalla Serbia infestate da muffe; dal Regno Unito per aflatossine in arachidi in
guscio provenienti dall’India; dalla Grecia per Salmonella enterica subsp. salamae
(II) in semi di sesamo provenienti dalla Nigeria; da Cipro per aflatossine in burro di
arachidi provenienti dagli Stati Uniti; dalla Bulgaria per tebuconazolo in peperoni
dolci provenienti dalla Turchia.
Allerta notificati dall’Italia: per aflatossine e glutine non dichiarato in polenta
proveniente dall’ Italia, per mercurio in fette di squalo blu congelato (Prionace
Glauca) proveniente dal Portogallo, per norovirus (GII) in ostriche vive (Crassostrea
gigas) provenienti dalla Francia, per pezzi di legno in caramelle provenienti dalla
Spagna e per mercurio in pesce spada surgelato (Xiphias gladius) proveniente dalla
Spagna.
Allerta notificati dall’ Austria per Listeria monocytogenes in formaggio a pasta mole
con basilico proveniente dall’ Austria; dalla Francia per Salmonella in formaggio di
latte crudo di capra proveniente dalla Francia; dall’Olanda per Salmonella in rotoli
di salsiccia congelati provenienti dall’Olanda e per aflatossine in zenzero secco
diviso proveniente dalla Nigeria; dalla Danimarca per Listeria monocytogenes in
prosciutto affumicato refrigerato proveniente dalla Danimarca e per frammenti di
vetro in muesli provenienti dalla Danimarca; dall’Austria per benzo(a)pirene in
manzo affumicato proveniente dall’ Austria; dalla Germania per aflatossine in semi
di melone di terra di origine sconosciuta, via Olanda.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’Italia per Salmonella enterica
ser. Derby in cibo per cani congelato proveniente dall’Olanda; dalla Svezia per
trattamento al monossido di carbonio di filetti di tonno congelato proveniente
dall’Indonesia, via Olanda; dalla Germania per Salmonella in torta di colza
proveniente dalla Germania; dalla Spagna per cadmio in polpo intero congelato
proveniente dall’India; dall’Estonia per verme (corpo estraneo) (nematodi morti ~5
cm /g) in sgombro in scatola in succo proprio (Scomber japonicus) proveniente da
Latvia .
Fonte: rasff.eu
Scandalo carni brasiliane: il Ministero della Salute interviene e rafforza I controlli, la
Commissione europea esita.
“Alla riunione di emergenza con gli Stati membri, il 27 marzo, – spiega l’avvocato
Dario Dongo – la Commissione ha fatto sapere che non intende adottare misure
sulle carni brasiliane già importate (dal Brasile) prima dell’emersione della notizia
sull’operazione denominata “carne fraca”. Ciascuno a casa sua decida che farne
(1).” (Leggi l’articolo)
Il Ministero della Salute in Italia procede intanto di buona lena, per la migliore
garanzia della sicurezza alimentare e la salute dei cittadini. Con una nota diramata
il 31 marzo, la Direzione Generale per l’Igiene e Sicurezza degli Alimenti e la
Nutrizione (2) ha offerto le istruzioni operative.
Le carni fresche brasiliane importate in Italia saranno sottoposte a maggiori controlli
Tutte le carni brasiliane fresche che siano provenute in Italia dagli stabilimenti
oggetto di inchiesta devono perciò venire sottoposte ai controlli che seguono:
– verifica di identità, etichettatura, condizioni igieniche e stato di conservazione,
– analisi su Salmonella (enteritidis, tiphymurium e avariante monofasica) ed
Escherichia coli produttore di tossina Shiga (STEC),
– analisi per la ricerca di acido ascorbico e acido sorico. (3)
Qualora l’esito sia sfavorevole, la partita deve ritenersi non conforme ai parametri di
sicurezza alimentare prescritti dalla normativa vigente. (4) E perciò esclusa
dall’impiego nella filiera della nutrizione umana. (Articolo di Dario Dongo)
Note
(1) Alla riunione 27.3.17 dello Standing Committee for the Food Chain and Animal Health la
Commissione ha fornito indicazioni armonizzate solo sui controlli sull’importazione delle carni fresche
dall’intero territorio del Brasile. Lasciando ai singoli Stati membri la scelta di eventuali provvedimenti
sulla carni già importate prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive prese a seguito delle prime
notizie sull’operazione “carne fraca”
(2) Direttore Generale Dr. Giuseppe Ruocco. Ufficio 2, Igiene degli alimenti ed esportazione,
Responsabile Dr. Pietro Noè
(3) Analisi non richieste laddove gli stessi parametri siano già stati analizzati in sede di controllo del PIF
al momento dell’importazione
(4) Ai sensi del reg. CE 178/02, articolo 14
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Riduzione volontaria dello zucchero del 20% entro il 2020 per nove categorie di
alimenti. L’industria respinge l’obiettivo posto dal governo inglese.
In Gran Bretagna, l’industria alimentare ha dichiarato di non essere in grado di
raggiungere l’obiettivo posto dal governo di una riduzione volontaria del 20% dello
zucchero contenuto in nove categorie di alimenti (biscotti, torte, budini, cereali,
cioccolatini, caramelle, yogurt, creme e gelati) il gruppo non comprende le
bevande, per le quali si applica già una tassa. La riduzione del 20%, rispetto al 2015,
dovrebbe essere raggiunta entro il 2020. Il primo passo è una diminuzione del 5% da
realizzare entro il 2017 considerato “arbitrario” dall’industria, che chiede soluzioni
alternative.
Secondo Tim Rycroft, della Food and Drink Federation, un taglio del 20% entro il 2020
non sarà tecnicamente possibile o accettabile per i consumatori del Regno Unito. La
posizione dell’industria ha sollevato la reazione delle organizzazioni dei consumatori
e di quelle che operano nel campo della salute. Le associazioni hanno anche
accusato la Premier Theresa May di lassismo nella lotta all’obesità, che
richiederebbe norme vincolanti e non iniziative volontarie.
L’industria alimentare ha dichiarato di non essere in grado di raggiungere la riduzione volontaria del
20% dello zucchero
Come riferisce il Times, secondo l’industria alimentare il dibattito si sta concentrando
troppo sullo zucchero, trascurando il ruolo di altri nutrienti nella dieta, e sarebbe
sbagliato mantenere un obiettivo non realistico, mettendo poi alla gogna le
industrie che non lo dovessero raggiungere. Al contrario, bisognerebbe seguire la
strategia di una riduzione graduale, come è stato fatto per il sale, diminuito di un
terzo in un decennio. Il network Action on Sugar, però, accusa l’industria alimentare
di nascondere la testa sotto la sabbia e fa notare che anche per il programma di
riduzione del sale si accampavano motivazioni simili a quelle portate avanti ora per
lo zucchero e si diceva che erano proposte impossibili da conseguire e invece è
stato fatto, senza difficoltà. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Esportare in Iran, istruzioni per l’uso.
Esportare in Iran è un obiettivo a portata di mano. A patto di conoscere le regole di
quel mercato.
Un paese giovane e ricco di risorse, come l’Iran, merita senza dubbio di venire
esplorato dalle imprese alimentari italiane che intendano ampliare il proprio
mercato. A dispetto di quanto alcuni potrebbero credere, oltretutto, le regole di
Tehran non sono dissimili da quelle vigenti in altri Paesi dell’area mediorientale.
Ogni prodotto alimentare in ingresso nel Paese deve venire preventivamente
registrato presso l’IFDA (Food And Drug Administration of The Islamic Republic of
Iran). Nella prassi peraltro, sono gli importatori in loco a occuparsi delle procedure di
registrazione e/o autorizzazione del prodotto.
I documenti necessari per l’esportazione dei prodotti alimentari in Iran, da
predisporre in lingua inglese, sono i seguenti:
1) contratto di vendita o di fornitura (con i riferimenti di produttore e
dell’importatore, nome e natura delle merci, durata dell’accordo),
2) proforma di fattura (con dettagli, oltreché su nome e quantità del prodotto,
anche sul luogo di partenza del carico),
3) autorizzazione sanitaria dello stabilimento di produzione, rilasciata dalle
competenti autorità in loco e asseverata dall’ambasciata iraniana di riferimento,
4) certificato di libera vendita delle merci (c.d. free sale), rilasciato
dalle competenti autorità nel Paese d’origine e vidimato dall’ambasciata iraniana
nello stesso Paese,
5) rapporto di analisi, sottoscritto dal produttore,
6) modulo PMF (Plant and Product Master File), firmato da produttore sulla carta
intestata,
7) copia di eventuali certificazioni di sistemi di gestione della sicurezza alimentare.
(1)
La nostra squadra è a disposizione degli operatori interessati a esportare alimenti,
bevande e altri prodotti sul mercato iraniano, anche per quanto concerne la
redazione di etichette conformi al diritto alimentare locale.
Dario Dongo
Note
(1) FSMS, Food Safety Management System, es. ISO22000/FSSC22000, BRC, IFS, etc.
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
Gli odori di cucina molesti costituiscono reato, secondo la Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione (1) ha dichiarato la punibilità in sede penale degli odori di
cucina molesti. Sebbene il caso di specie andrà a risolversi con l’estinzione del resto
per intervenuta prescrizione, la pronuncia costituisce un precedente degno di nota
per le attività di ‘fast-food‘, ‘take-away‘, friggitorie ed esercizi di ristorazione che
diffondano ‘odori molesti’ nell’area circostante.
Il giudice di legittimità ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Trieste,
nella parte in cui qualifica le ‘emissioni olfattive moleste’ come fattispecie materiale
del reato di cui all’articolo 674 del codice penale. Al pari di altre ipotesi di ‘getto
pericoloso di cose’, (2) come già precisato in precedente giurisprudenza. (3)
Il reato si configura a prescindere dalla natura delle attività – professionali o
domestiche – da cui le ‘molestie olfattive’ provengano. Nel caso precedente,
la Cassazione si era occupata di odori da stalla. Quello in esame riguarda invece gli
effluvi di una cucina domestica al piano terra di un edificio. Una lite condominiale
sfociata in un processo penale con tre gradi di giudizio.
Quanto alla prova dei fatti, la Suprema Corte ha ritenuto sufficiente la
testimonianza delle persone offese, ‘definite come chiare, precise, logicamente
strutturare, ribadite in sede dibattimentale senza alcuna contraddizione ed esposte
senza inutili enfatizzazioni, marcatura o sottolineature di qualche aspetto della
vicenda oltre il necessario e l’essenziale’. Senza perciò ritenersi necessaria una
perizia professionale.
In difetto di una soglia legale predefinita delle emissioni consentite – che sarebbe
ben arduo stabilire, senza strumenti idonei a misurazioni obiettive (4) – ‘si deve avere
riguardo (…) al criterio della normale tollerabilità’. (5).
La colpa – negligenza, imprudenza o imperizia (6) – va in ogni caso accertata,
quale elemento psicologico che accompagna o comunque causa l’evento
proibito.
Dario Dongo
Note
(1) Sezione III Penale, sentenza 24.3.17 n. 14467, v. Allegato
(2) ‘Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di
altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti
dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con
l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206′.
(3) Cass. Pen., Sezione III, sentenza n. 45230/2014 (Rv. 260980)
(4) Come gli strumenti per il rilevamento delle emissioni sonore, spesso impiegati per la fase istruttoria
dei procedimenti penali che spesso coinvolgono i titolari di bar e locali notturni
(5) Ai sensi dell’art. 844 c.c. (Sez. III, n. 34896 del 14.7.11, Ferrara, Rv. 250868)
(6) Salva la esigibilità di un livello professionale di attenzione, nel caso di emissioni che derivino da
attività lavorative.
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
Il giudice di legittimità ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Trieste,
nella parte in cui qualifica le ‘emissioni olfattive moleste’ come fattispecie materiale
del reato di cui all’articolo 674 del codice penale. Al pari di altre ipotesi di ‘getto
pericoloso di cose’, (2) come già precisato in precedente giurisprudenza. (3)
Il reato si configura a prescindere dalla natura delle attività – professionali o
domestiche – da cui le ‘molestie olfattive’ provengano. Nel caso precedente,
la Cassazione si era occupata di odori da stalla. Quello in esame riguarda invece gli
effluvi di una cucina domestica al piano terra di un edificio. Una lite condominiale
sfociata in un processo penale con tre gradi di giudizio.
Quanto alla prova dei fatti, la Suprema Corte ha ritenuto sufficiente la
testimonianza delle persone offese, ‘definite come chiare, precise, logicamente
strutturare, ribadite in sede dibattimentale senza alcuna contraddizione ed esposte
senza inutili enfatizzazioni, marcatura o sottolineature di qualche aspetto della
vicenda oltre il necessario e l’essenziale’. Senza perciò ritenersi necessaria una
perizia professionale.
In difetto di una soglia legale predefinita delle emissioni consentite – che sarebbe
ben arduo stabilire, senza strumenti idonei a misurazioni obiettive (4) – ‘si deve avere
riguardo (…) al criterio della normale tollerabilità’. (5).
La colpa – negligenza, imprudenza o imperizia (6) – va in ogni caso accertata,
quale elemento psicologico che accompagna o comunque causa l’evento
proibito.
Dario Dongo
Note
(1) Sezione III Penale, sentenza 24.3.17 n. 14467, v. Allegato
(2) ‘Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di
altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti
dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con
l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206′.
(3) Cass. Pen., Sezione III, sentenza n. 45230/2014 (Rv. 260980)
(4) Come gli strumenti per il rilevamento delle emissioni sonore, spesso impiegati per la fase istruttoria
dei procedimenti penali che spesso coinvolgono i titolari di bar e locali notturni
(5) Ai sensi dell’art. 844 c.c. (Sez. III, n. 34896 del 14.7.11, Ferrara, Rv. 250868)
(6) Salva la esigibilità di un livello professionale di attenzione, nel caso di emissioni che derivino da
attività lavorative.
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com

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  • 1. News 15/SA/2017 Lunedì, 10 Aprile 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.14 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 78 (10 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificati dall’Italia per condizioni di trasporto non idonee (umidità) per i piselli spil verdi provenienti dal Canada, per migrazione di cromo da affettatrici provenienti dalla Cina, per operatore non autorizzato per petti di tacchino congelati a metà provenienti dal Brasile e per aflatossine in semi di melone provenienti dal Togo; dalla Spagna per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dalla Polonia per more dalla Serbia infestate da muffe; dal Regno Unito per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dall’India; dalla Grecia per Salmonella enterica subsp. salamae (II) in semi di sesamo provenienti dalla Nigeria; da Cipro per aflatossine in burro di arachidi provenienti dagli Stati Uniti; dalla Bulgaria per tebuconazolo in peperoni dolci provenienti dalla Turchia. Allerta notificati dall’Italia: per aflatossine e glutine non dichiarato in polenta proveniente dall’ Italia, per mercurio in fette di squalo blu congelato (Prionace Glauca) proveniente dal Portogallo, per norovirus (GII) in ostriche vive (Crassostrea gigas) provenienti dalla Francia, per pezzi di legno in caramelle provenienti dalla Spagna e per mercurio in pesce spada surgelato (Xiphias gladius) proveniente dalla Spagna. Allerta notificati dall’ Austria per Listeria monocytogenes in formaggio a pasta mole con basilico proveniente dall’ Austria; dalla Francia per Salmonella in formaggio di latte crudo di capra proveniente dalla Francia; dall’Olanda per Salmonella in rotoli di salsiccia congelati provenienti dall’Olanda e per aflatossine in zenzero secco diviso proveniente dalla Nigeria; dalla Danimarca per Listeria monocytogenes in prosciutto affumicato refrigerato proveniente dalla Danimarca e per frammenti di vetro in muesli provenienti dalla Danimarca; dall’Austria per benzo(a)pirene in
  • 2. manzo affumicato proveniente dall’ Austria; dalla Germania per aflatossine in semi di melone di terra di origine sconosciuta, via Olanda. Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’Italia per Salmonella enterica ser. Derby in cibo per cani congelato proveniente dall’Olanda; dalla Svezia per trattamento al monossido di carbonio di filetti di tonno congelato proveniente dall’Indonesia, via Olanda; dalla Germania per Salmonella in torta di colza proveniente dalla Germania; dalla Spagna per cadmio in polpo intero congelato proveniente dall’India; dall’Estonia per verme (corpo estraneo) (nematodi morti ~5 cm /g) in sgombro in scatola in succo proprio (Scomber japonicus) proveniente da Latvia . Fonte: rasff.eu Scandalo carni brasiliane: il Ministero della Salute interviene e rafforza I controlli, la Commissione europea esita. “Alla riunione di emergenza con gli Stati membri, il 27 marzo, – spiega l’avvocato Dario Dongo – la Commissione ha fatto sapere che non intende adottare misure sulle carni brasiliane già importate (dal Brasile) prima dell’emersione della notizia sull’operazione denominata “carne fraca”. Ciascuno a casa sua decida che farne (1).” (Leggi l’articolo) Il Ministero della Salute in Italia procede intanto di buona lena, per la migliore garanzia della sicurezza alimentare e la salute dei cittadini. Con una nota diramata il 31 marzo, la Direzione Generale per l’Igiene e Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione (2) ha offerto le istruzioni operative. Le carni fresche brasiliane importate in Italia saranno sottoposte a maggiori controlli
  • 3. Tutte le carni brasiliane fresche che siano provenute in Italia dagli stabilimenti oggetto di inchiesta devono perciò venire sottoposte ai controlli che seguono: – verifica di identità, etichettatura, condizioni igieniche e stato di conservazione, – analisi su Salmonella (enteritidis, tiphymurium e avariante monofasica) ed Escherichia coli produttore di tossina Shiga (STEC), – analisi per la ricerca di acido ascorbico e acido sorico. (3) Qualora l’esito sia sfavorevole, la partita deve ritenersi non conforme ai parametri di sicurezza alimentare prescritti dalla normativa vigente. (4) E perciò esclusa dall’impiego nella filiera della nutrizione umana. (Articolo di Dario Dongo) Note (1) Alla riunione 27.3.17 dello Standing Committee for the Food Chain and Animal Health la Commissione ha fornito indicazioni armonizzate solo sui controlli sull’importazione delle carni fresche dall’intero territorio del Brasile. Lasciando ai singoli Stati membri la scelta di eventuali provvedimenti sulla carni già importate prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive prese a seguito delle prime notizie sull’operazione “carne fraca” (2) Direttore Generale Dr. Giuseppe Ruocco. Ufficio 2, Igiene degli alimenti ed esportazione, Responsabile Dr. Pietro Noè (3) Analisi non richieste laddove gli stessi parametri siano già stati analizzati in sede di controllo del PIF al momento dell’importazione (4) Ai sensi del reg. CE 178/02, articolo 14 Fonte: www.ilfattoalimentare.it Riduzione volontaria dello zucchero del 20% entro il 2020 per nove categorie di alimenti. L’industria respinge l’obiettivo posto dal governo inglese. In Gran Bretagna, l’industria alimentare ha dichiarato di non essere in grado di raggiungere l’obiettivo posto dal governo di una riduzione volontaria del 20% dello zucchero contenuto in nove categorie di alimenti (biscotti, torte, budini, cereali, cioccolatini, caramelle, yogurt, creme e gelati) il gruppo non comprende le bevande, per le quali si applica già una tassa. La riduzione del 20%, rispetto al 2015, dovrebbe essere raggiunta entro il 2020. Il primo passo è una diminuzione del 5% da realizzare entro il 2017 considerato “arbitrario” dall’industria, che chiede soluzioni alternative. Secondo Tim Rycroft, della Food and Drink Federation, un taglio del 20% entro il 2020 non sarà tecnicamente possibile o accettabile per i consumatori del Regno Unito. La posizione dell’industria ha sollevato la reazione delle organizzazioni dei consumatori e di quelle che operano nel campo della salute. Le associazioni hanno anche
  • 4. accusato la Premier Theresa May di lassismo nella lotta all’obesità, che richiederebbe norme vincolanti e non iniziative volontarie. L’industria alimentare ha dichiarato di non essere in grado di raggiungere la riduzione volontaria del 20% dello zucchero Come riferisce il Times, secondo l’industria alimentare il dibattito si sta concentrando troppo sullo zucchero, trascurando il ruolo di altri nutrienti nella dieta, e sarebbe sbagliato mantenere un obiettivo non realistico, mettendo poi alla gogna le industrie che non lo dovessero raggiungere. Al contrario, bisognerebbe seguire la strategia di una riduzione graduale, come è stato fatto per il sale, diminuito di un terzo in un decennio. Il network Action on Sugar, però, accusa l’industria alimentare di nascondere la testa sotto la sabbia e fa notare che anche per il programma di riduzione del sale si accampavano motivazioni simili a quelle portate avanti ora per lo zucchero e si diceva che erano proposte impossibili da conseguire e invece è stato fatto, senza difficoltà. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: ilfattoalimentare.it Esportare in Iran, istruzioni per l’uso. Esportare in Iran è un obiettivo a portata di mano. A patto di conoscere le regole di quel mercato. Un paese giovane e ricco di risorse, come l’Iran, merita senza dubbio di venire esplorato dalle imprese alimentari italiane che intendano ampliare il proprio mercato. A dispetto di quanto alcuni potrebbero credere, oltretutto, le regole di Tehran non sono dissimili da quelle vigenti in altri Paesi dell’area mediorientale. Ogni prodotto alimentare in ingresso nel Paese deve venire preventivamente
  • 5. registrato presso l’IFDA (Food And Drug Administration of The Islamic Republic of Iran). Nella prassi peraltro, sono gli importatori in loco a occuparsi delle procedure di registrazione e/o autorizzazione del prodotto. I documenti necessari per l’esportazione dei prodotti alimentari in Iran, da predisporre in lingua inglese, sono i seguenti: 1) contratto di vendita o di fornitura (con i riferimenti di produttore e dell’importatore, nome e natura delle merci, durata dell’accordo), 2) proforma di fattura (con dettagli, oltreché su nome e quantità del prodotto, anche sul luogo di partenza del carico), 3) autorizzazione sanitaria dello stabilimento di produzione, rilasciata dalle competenti autorità in loco e asseverata dall’ambasciata iraniana di riferimento, 4) certificato di libera vendita delle merci (c.d. free sale), rilasciato dalle competenti autorità nel Paese d’origine e vidimato dall’ambasciata iraniana nello stesso Paese, 5) rapporto di analisi, sottoscritto dal produttore, 6) modulo PMF (Plant and Product Master File), firmato da produttore sulla carta intestata, 7) copia di eventuali certificazioni di sistemi di gestione della sicurezza alimentare. (1) La nostra squadra è a disposizione degli operatori interessati a esportare alimenti, bevande e altri prodotti sul mercato iraniano, anche per quanto concerne la redazione di etichette conformi al diritto alimentare locale. Dario Dongo Note (1) FSMS, Food Safety Management System, es. ISO22000/FSSC22000, BRC, IFS, etc. Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com Gli odori di cucina molesti costituiscono reato, secondo la Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione (1) ha dichiarato la punibilità in sede penale degli odori di cucina molesti. Sebbene il caso di specie andrà a risolversi con l’estinzione del resto per intervenuta prescrizione, la pronuncia costituisce un precedente degno di nota per le attività di ‘fast-food‘, ‘take-away‘, friggitorie ed esercizi di ristorazione che diffondano ‘odori molesti’ nell’area circostante.
  • 6. Il giudice di legittimità ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Trieste, nella parte in cui qualifica le ‘emissioni olfattive moleste’ come fattispecie materiale del reato di cui all’articolo 674 del codice penale. Al pari di altre ipotesi di ‘getto pericoloso di cose’, (2) come già precisato in precedente giurisprudenza. (3) Il reato si configura a prescindere dalla natura delle attività – professionali o domestiche – da cui le ‘molestie olfattive’ provengano. Nel caso precedente, la Cassazione si era occupata di odori da stalla. Quello in esame riguarda invece gli effluvi di una cucina domestica al piano terra di un edificio. Una lite condominiale sfociata in un processo penale con tre gradi di giudizio. Quanto alla prova dei fatti, la Suprema Corte ha ritenuto sufficiente la testimonianza delle persone offese, ‘definite come chiare, precise, logicamente strutturare, ribadite in sede dibattimentale senza alcuna contraddizione ed esposte senza inutili enfatizzazioni, marcatura o sottolineature di qualche aspetto della vicenda oltre il necessario e l’essenziale’. Senza perciò ritenersi necessaria una perizia professionale. In difetto di una soglia legale predefinita delle emissioni consentite – che sarebbe ben arduo stabilire, senza strumenti idonei a misurazioni obiettive (4) – ‘si deve avere riguardo (…) al criterio della normale tollerabilità’. (5). La colpa – negligenza, imprudenza o imperizia (6) – va in ogni caso accertata, quale elemento psicologico che accompagna o comunque causa l’evento proibito. Dario Dongo Note (1) Sezione III Penale, sentenza 24.3.17 n. 14467, v. Allegato (2) ‘Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206′. (3) Cass. Pen., Sezione III, sentenza n. 45230/2014 (Rv. 260980) (4) Come gli strumenti per il rilevamento delle emissioni sonore, spesso impiegati per la fase istruttoria dei procedimenti penali che spesso coinvolgono i titolari di bar e locali notturni (5) Ai sensi dell’art. 844 c.c. (Sez. III, n. 34896 del 14.7.11, Ferrara, Rv. 250868) (6) Salva la esigibilità di un livello professionale di attenzione, nel caso di emissioni che derivino da attività lavorative. Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
  • 7. Il giudice di legittimità ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Trieste, nella parte in cui qualifica le ‘emissioni olfattive moleste’ come fattispecie materiale del reato di cui all’articolo 674 del codice penale. Al pari di altre ipotesi di ‘getto pericoloso di cose’, (2) come già precisato in precedente giurisprudenza. (3) Il reato si configura a prescindere dalla natura delle attività – professionali o domestiche – da cui le ‘molestie olfattive’ provengano. Nel caso precedente, la Cassazione si era occupata di odori da stalla. Quello in esame riguarda invece gli effluvi di una cucina domestica al piano terra di un edificio. Una lite condominiale sfociata in un processo penale con tre gradi di giudizio. Quanto alla prova dei fatti, la Suprema Corte ha ritenuto sufficiente la testimonianza delle persone offese, ‘definite come chiare, precise, logicamente strutturare, ribadite in sede dibattimentale senza alcuna contraddizione ed esposte senza inutili enfatizzazioni, marcatura o sottolineature di qualche aspetto della vicenda oltre il necessario e l’essenziale’. Senza perciò ritenersi necessaria una perizia professionale. In difetto di una soglia legale predefinita delle emissioni consentite – che sarebbe ben arduo stabilire, senza strumenti idonei a misurazioni obiettive (4) – ‘si deve avere riguardo (…) al criterio della normale tollerabilità’. (5). La colpa – negligenza, imprudenza o imperizia (6) – va in ogni caso accertata, quale elemento psicologico che accompagna o comunque causa l’evento proibito. Dario Dongo Note (1) Sezione III Penale, sentenza 24.3.17 n. 14467, v. Allegato (2) ‘Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206′. (3) Cass. Pen., Sezione III, sentenza n. 45230/2014 (Rv. 260980) (4) Come gli strumenti per il rilevamento delle emissioni sonore, spesso impiegati per la fase istruttoria dei procedimenti penali che spesso coinvolgono i titolari di bar e locali notturni (5) Ai sensi dell’art. 844 c.c. (Sez. III, n. 34896 del 14.7.11, Ferrara, Rv. 250868) (6) Salva la esigibilità di un livello professionale di attenzione, nel caso di emissioni che derivino da attività lavorative. Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com