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News 34/SA/2017
Lunedì, 21 Agosto 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.33 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 44 (9 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’ Italia per migrazione di
manganese da un piatto di acciaio proveniente dalla Cina e per aflatossine in
mandorle sgusciate provenienti dagli Stati Uniti; dalla Germania per aflatossine in
pistacchi tostati e salati provenienti dalla Turchia e per deterioramento di filetti di
pesce persico congelati (Sebastes alutus) provenienti dalla Cina; dal Regno Unito
per tentativo di importare illegalmente e assenza di certificati sanitari per noci di
pistacchio provenienti dall’Iran, per assenza di certificati sanitari per semi di sesamo
provenienti dall’India, per Salmonella in foglie di betel provenienti dall’India, per
tentativo di importare illegalmente (ingrediente lattiero-caseario fornito da un paese
terzo non autorizzato alla fornitura di latte o di prodotti a base di latte) pollo
marinato cotto a vapore tagliato a dadini congelato contenente yogurt
proveniente dalla Tailandia, per E 425 – konjac non autorizzato in bevanda di
gelatina con bolle proveniente dalla Cina e per sostanza proibita nitrofurano
(metabolito) nitrufurazone (SEM) in pesce gatto nero essiccato affumicato
proveniente dalla Tailandia; dalla Spagna per scarso controllo della temperatura –
rottura della catena del freddo - di carne cruda di aragosta trasformata congelata
e capesante provenienti dagli Stati Uniti; dall’Olanda per Salmonella in mezzi petti di
pollo salato congelato proveniente dal Brasile; dalla Finlandia per sostanze non
autorizzate methamidophos e acephate in peperoncino verde proveniente dal
Pakistan; dalla Bulgaria per clorpirifos in peperoni provenienti dalla Turchia.
Allerta notificati dall’ Italia per: presenza di soia in semolino di grano saraceno
proveniente dall’Italia e per Salmonella in kebab di pollo congelato proveniente
dalla Germania.
Allerta notificati: dall’Irlanda per scorretta etichettatura (sedano, latte, orzo e
senape non etichettati in inglese) su risotto vegetale pronto congelato, gnocchi e
pasti di polenta provenienti dalla Germania; dal Belgio per Listeria monocytogenes
in prodotti di anatra cucinati refrigerati provenienti dal Belgio; dalla Germania per
rischio di soffocamento a causa del consumo di E 407 carragenina non autorizzato
nelle mini tazze di gelatina provenienti dalla Malesia; dal Regno Unito per uova non
dichiarate in porro cremoso e salsa da cottura con pancetta proveniente dal Regno
Unito e conta troppo alta di Escherichia coli in fasolari comuni vivi (Cerastoderma
edule) provenienti dal Regno Unito; dalla Finlandia per Salmonella enterica ser.
Infantis in nuggets di pollo congelati e salsa proveniente dalla Polonia e per
benzo(a)pyrene e idrocarburi policiclici aromatici in caspule omega-3 provenienti
dalla Cina; dalla Polonia per ocratossina A in uva passa proveniente dall’Uzbekistan,
via Repubblica Ceca; dall’Olanda per mercurio in bistecche di pesce spada
congelate (Xiphias gladius) provenienti dal Vietnam, per Salmonella in preparazioni
di carne di pollame congelata proveniente dalla Tailandia e per glutine non
dichiarato e soia in noce e miscela di semi di zucca ricoperta provenienti
dall’Olanda.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’Italia per Listeria
monocytogenes in salmone affumicato sottovuoto refrigerato proveniente dalla
Spagna, per mercurio in filetti di pesce spada refrigerato (Xiphias gladius)
provenienti dallo Sri Lanka, per Salmonella enterica ser. Montevideo in pastiglie di
semi di lino provenienti dall’Argentina, per mercurio in pesce spada refrigerato
(Xiphias gladius) proveniente dalla Spagna e per infestazione parassitaria da
Anisakis di nasello refrigerato (Merluccius merluccius) proveniente dalla Spagna;
dalla Slovenia per conta troppo alta di Escherichia coli in cozze vive (Mytilus
galloprovincialis) provenienti dalla Slovenia; dal Regno Unito per alto contenuto di
cianuro in mandorle di albicocche amare provenienti dalla Cina; dalla Germania
per flunixin non autorizzato in involucri di pecora provenienti dalla Siria; dall’Irlanda
per Salmonella enterica ser. Kentucky e Salmonella enterica ser. Senftenberg in
pasto di soia proveniente dal Regno Unito; dalla Svezia per uso non autorizzato di
colorante E 122 – azorubina in rape in salamoia provenienti dalla Siria via Emirati
Arabi Uniti, per uso non autorizzato di colorante E 124 – Ponceau 4R rosso cochinale
A in rape rosse provenienti dal Libano; dalla Danimarca per pietre in funghi secchi
provenienti dalla Bosnia e Herzegovina.
Fonte: rasff.eu
I deputati chiedono trasparenza nella filiera del pomodoro. Risoluzione unitaria della
commissione agricoltura della Camera.
La commissione agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione unitaria sulla
filiera del pomodoro, in particolare per quello del Centro-Sud Italia, con cui si chiede
al governo di “assumere celermente iniziative al fine di garantire un’informazione
completa e la massima trasparenza nei confronti dei consumatori e una più
efficace difesa della qualità e distintività del prodotto nazionale che rappresenta il
55% della produzione europea”.
La risoluzione, primo firmatario Giuseppe Romanini (Pd), impegna il governo a
convocare con la massima sollecitudine un tavolo di confronto con tutti i soggetti
della filiera del pomodoro da industria. L’obbiettivo è quello di adottare i
provvedimenti necessari al fine di estendere anche a questo settore l’obbligo di
indicare in etichetta il paese di produzione e l’origine della materia prima, sulla
falsariga di quanto già fatto per i il latte e i prodotti lattiero-caseari, ma anche a farsi
parte attiva affinché sia esteso a livello comunitario l’obbligo di utilizzare
esclusivamente pomodoro fresco per la produzione di passata, così come già
avviene in Italia. Per quanto riguarda l’indicazione di origine del pomodoro in
etichetta, va detto che quasi tutte le aziende già lo fanno in modo volontario.
La risoluzione affronta, in particolare, i problemi della filiera del pomodoro da
industria del Centro-Sud, il più rilevante dei quali viene identificato nella mancanza
di programmazione della coltivazione e nei contratti con l’industria di
trasformazione, che determinano condizioni che consentono alla parte industriale di
“imporre prezzi spesso non remunerativi alla parte agricola. Quest’ultima è
particolarmente debole, perché esposta alle manovre speculative che alcune
industrie attuano, riducendo le quantità di prodotto ritirato”. Per far fronte a questa
situazione, i deputati chiedono al governo di favorire la costituzione e il
riconoscimento di un’organizzazione interprofessionale del settore per l’area centro-
meridionale, con l’obiettivo di promuovere “le migliori prassi e la trasparenza del
mercato”. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Allergeni al ristorante, Francia-Italia-Slovenia.
Caro Dario,
Sono tornato or ora dalla Francia dove ho passato 10 giorni visitando tutta la parte
Sud – dalla Costa Azzurra ai Pirenei orientali. Ho mangiato sempre in ristoranti
e boulangerie. Mi sarei aspettato un’applicazione delle leggi europee (in particolare
il reg. UE 1169/11) molto piu attenta e stringente di quanto fatto nel nostro Paese.
Mi sono stupito invece di quanto, rispetto al mondo francese, ai miei occhi la
ristorazione italiana appare avanti in quanto a trasparenza e avvisi (e qui è tutto
dire).
Nei locali non vi sono cartelli degli ingredienti facilmente visibili, sui menu non è
ovviamente riportata alcuna indicazione allergenica di sorta, non esiste la dicitura di
avviso che “in caso di allergie e intolleranze” invita il consumatore a rivolgersi al
personale, insomma mi sembra il disastro più assoluto.
Sono andato sul sito dell’Autorità francese per capire quali implementazioni
avessero imposto, e ho capito che è obbligatorio avere un documento più o meno
nascosto da mostrare alla bisogna.
La domanda, quindi, è se è possibile che vi sia una così ampia, e diversa,
interpretazione nell’applicazione di una legge che indica chiaramente come il
consumatore debba essere informato in modo esplicito e trasparente?
Un abbraccio
Giuseppe
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo
Caro Giuseppe,
la tutela dei consumatori allergici in Europa rimane purtroppo assai carente.
In Italia, come abbiamo evidenziato, i gestori dei pubblici esercizi sono tenuti a
esporre in un registro scritto facilmente visibile e disponibile agli avventori notizie
precise in merito alla presenza di ingredienti allergenici nei prodotti alimentari
venduti sfusi come pure nei piatti offerti.
L’impunità purtroppo però regna sovrana anche nel nostro Paese, poiché il
legislatore non ha ancora istituito un regime sanzionatorio atto a punire le violazioni
delle prescrizioni stabilite nel regolamento UE 1169/11. A riprova di ciò si annota la
diffusione di menù di ristoranti ove è illegittimamente riportato l’elenco di tutti gli
ingredienti allergenici, (1) con invito a rivolgersi al personale in caso di allergie.
Nella foto, un esempio di informazione vietata
L’origine del problema risiede nel regolamento ‘Food Information to Consumers‘,
laddove si rimette agli Stati membri la definizione delle regole di dettaglio su come i
consumatori devono venire informati, nei casi di vendita di alimenti sfusi e
preincartati nonché di somministrazione dei cibi, incluso il catering. (2)
La Commissione europea dovrebbe quindi definire apposite linee guida, al preciso
scopo di garantire un livello uniforme di protezione dei consumatori allergici e celiaci
nel Mercato interno. A fronte di una palese asimmetria dei livelli di tutela nei diversi
Stati membri, che non è compatibile con gli obiettivi del regolamento stesso.
La vicina Slovenia – a differenza di Italia e Francia – ha recepito con tempestività e
accuratezza i criteri europei d’informazione specifica sugli allergeni presenti nei cibi
offerti nei pubblici esercizi. Al punto da garantire notizie precise anche nei rifugi
alpini e nelle baite di montagna (v. foto). Ed è questo l’esempio da seguire, non in
uno o pochi più Paesi ma nei 28 che tuttora compongono l’Unione Europea. Una
ragione in più per richiamare la Commissione a fare il suo lavoro.
Dario Dongo
Note
(1) Cfr. regolamento UE 1169/11, Allegato II
(2) V. reg. citato, articolo 44
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
Denominazione dell’alimento, risponde l’avvocato Dario Dongo.
Caro Dario buongiorno,
Devo predisporre la grafica per le scatole di nuovi biscotti. Sono palline chiamate
‘tartufi’, all’apparenza potrebbero sembrare cioccolatini ma non lo sono. Sono
invece biscotti sbriciolati amalgamati con cioccolato e ricoperti con cioccolato e
granella di nocciole o cacao. Come chiamarli, che nome usare?
Un caro saluto
Maria
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare
Cara Maria buongiorno,
la parola ‘tartufo’ può valere a esprimere l’apparenza di un prodotto e venire
utilizzata come suo nome commerciale. Vale a dire, la dicitura che identifica e
distingue quel prodotto rispetto ad altri, anche della stessa azienda, nella pubblicità
come negli ordini.
È un caso simile a quello delle ‘uova’ Kinder di Ferrero, che abbiamo già affrontato.
(1). Anche in tale caso, l’operatore attribuisce al prodotto un nome commerciale di
fantasia che riflette la sua apparenza e ne rende così immediata la riconoscibilità
nei contesti promozionali e di vendita.
In entrambi i casi tuttavia, il nome commerciale non può valere
come denominazione dell’alimento. Quest’ultima ha invero la precisa funzione di
informare il consumatore in merito all’identità del prodotto in vendita. E non può
certo venire assolta mediante l’impiego di nomi (tartufo, uova) che sono invece
propri di alimenti diversi rispetto a quelli di che trattasi. Né mediante richiamo a
forme (es. uovo, barretta, cubetto) di per sé inidonee a esprimere la natura del
prodotto.
La denominazione dell’alimento è la prima informazione obbligatoria da riportare in
etichetta. Nello stesso campo visivo di altra notizia essenziale per il consumatore, la
quantità del prodotto. La denominazione deve venire apposta seguendo un preciso
ordine, dettato dal regolamento UE 1169/11 all’articolo 17:
1) la denominazione legale va utilizzata in tutti i casi nei quali la normativa europea
(2) – o in subordine, quella nazionale (3) – regoli l’impiego di un determinato nome.
Al preciso scopo di identificare le caratteristiche qualitative di determinati alimenti,
attraverso la disciplina di composizione (4) e/o metodo di lavorazione,
2) la denominazione usuale può venire impiegata, laddove l’alimento sia privo di
una definizione legale di cui sopra. A condizione che il consumatore medio sul
mercato ove il prodotto è distribuito (regionale, inter-regionale, nazionale) possa
facilmente identificare l’alimento grazie a tale nome. (5) E che vi sia effettiva
corrispondenza tra la natura del cibo e l’appellativo impiegato, (6)
3) la denominazione descrittiva è indispensabile ogni qualvolta l’alimento sia privo di
apposita disciplina (v. punto 1) e non risponda ad alcun nome usuale (v. punto 2).
Nel caso in esame ad esempio, i ‘tartufi’ dovranno venire descritti come ‘biscotti
con nocciole e granella di cacao’. Con l’attenzione di riportare la quantità degli
ingredienti evidenziati, dopo la citazione di ciascuno di essi. Nella stessa
denominazione, o in elenco ingredienti. (7)
Cordialmente
Dario
Note
(1) V. http://www.ilfattoalimentare.it/kinder-gransorpresa-denominazione.html
(2) Es. olio extra-vergine di oliva, ‘olio d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive
e unicamente mediante procedimenti meccanici‘. Le cui caratteristiche qualitative sono definite nel
reg. CEE 2568/1991 e successive modifiche, in Allegato 1
(3) Il prosciutto crudo venduto come tale in Italia, ad esempio, è soggetto ai requisiti previsti nel
decreto interministeriale 21.9.05, ‘concernente la disciplina della produzione e della vendita di taluni
prodotti di salumeria‘ (come modificato da decreto 26.5.16)
(4) Vedasi gli esempi di chinotto e cedrata,
su http://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/chinotto-cedrata-bibite-più-contraffatte-16-prodotti-
a-confronto
(5) NB: i nomi di alimenti tipici dei territori regionali – se pure riconosciuti come DOP o IGP a livello
europeo – possono risultare enigmatici in altre aree della Penisola. In tali casi, quand’anche si utilizzi
l’appellativo usuale, dovrà seguire un’apposita descrizione del prodotto
(6) Qualora sia riferito un nome usuale, ma l’alimento non vi corrisponda, si può configurare una frode
in commercio (art. 515 c.p.), al ricorrere delle relative condizioni
(7) Secondo la regola del QUID (Quantity of Ingredients Declaration) di cui al reg. UE 1169/11, articolo
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  • 1. News 34/SA/2017 Lunedì, 21 Agosto 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.33 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 44 (9 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’ Italia per migrazione di manganese da un piatto di acciaio proveniente dalla Cina e per aflatossine in mandorle sgusciate provenienti dagli Stati Uniti; dalla Germania per aflatossine in pistacchi tostati e salati provenienti dalla Turchia e per deterioramento di filetti di pesce persico congelati (Sebastes alutus) provenienti dalla Cina; dal Regno Unito per tentativo di importare illegalmente e assenza di certificati sanitari per noci di pistacchio provenienti dall’Iran, per assenza di certificati sanitari per semi di sesamo provenienti dall’India, per Salmonella in foglie di betel provenienti dall’India, per tentativo di importare illegalmente (ingrediente lattiero-caseario fornito da un paese terzo non autorizzato alla fornitura di latte o di prodotti a base di latte) pollo marinato cotto a vapore tagliato a dadini congelato contenente yogurt proveniente dalla Tailandia, per E 425 – konjac non autorizzato in bevanda di gelatina con bolle proveniente dalla Cina e per sostanza proibita nitrofurano (metabolito) nitrufurazone (SEM) in pesce gatto nero essiccato affumicato proveniente dalla Tailandia; dalla Spagna per scarso controllo della temperatura – rottura della catena del freddo - di carne cruda di aragosta trasformata congelata e capesante provenienti dagli Stati Uniti; dall’Olanda per Salmonella in mezzi petti di pollo salato congelato proveniente dal Brasile; dalla Finlandia per sostanze non autorizzate methamidophos e acephate in peperoncino verde proveniente dal Pakistan; dalla Bulgaria per clorpirifos in peperoni provenienti dalla Turchia. Allerta notificati dall’ Italia per: presenza di soia in semolino di grano saraceno proveniente dall’Italia e per Salmonella in kebab di pollo congelato proveniente dalla Germania. Allerta notificati: dall’Irlanda per scorretta etichettatura (sedano, latte, orzo e
  • 2. senape non etichettati in inglese) su risotto vegetale pronto congelato, gnocchi e pasti di polenta provenienti dalla Germania; dal Belgio per Listeria monocytogenes in prodotti di anatra cucinati refrigerati provenienti dal Belgio; dalla Germania per rischio di soffocamento a causa del consumo di E 407 carragenina non autorizzato nelle mini tazze di gelatina provenienti dalla Malesia; dal Regno Unito per uova non dichiarate in porro cremoso e salsa da cottura con pancetta proveniente dal Regno Unito e conta troppo alta di Escherichia coli in fasolari comuni vivi (Cerastoderma edule) provenienti dal Regno Unito; dalla Finlandia per Salmonella enterica ser. Infantis in nuggets di pollo congelati e salsa proveniente dalla Polonia e per benzo(a)pyrene e idrocarburi policiclici aromatici in caspule omega-3 provenienti dalla Cina; dalla Polonia per ocratossina A in uva passa proveniente dall’Uzbekistan, via Repubblica Ceca; dall’Olanda per mercurio in bistecche di pesce spada congelate (Xiphias gladius) provenienti dal Vietnam, per Salmonella in preparazioni di carne di pollame congelata proveniente dalla Tailandia e per glutine non dichiarato e soia in noce e miscela di semi di zucca ricoperta provenienti dall’Olanda. Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’Italia per Listeria monocytogenes in salmone affumicato sottovuoto refrigerato proveniente dalla Spagna, per mercurio in filetti di pesce spada refrigerato (Xiphias gladius) provenienti dallo Sri Lanka, per Salmonella enterica ser. Montevideo in pastiglie di semi di lino provenienti dall’Argentina, per mercurio in pesce spada refrigerato (Xiphias gladius) proveniente dalla Spagna e per infestazione parassitaria da Anisakis di nasello refrigerato (Merluccius merluccius) proveniente dalla Spagna; dalla Slovenia per conta troppo alta di Escherichia coli in cozze vive (Mytilus galloprovincialis) provenienti dalla Slovenia; dal Regno Unito per alto contenuto di cianuro in mandorle di albicocche amare provenienti dalla Cina; dalla Germania per flunixin non autorizzato in involucri di pecora provenienti dalla Siria; dall’Irlanda per Salmonella enterica ser. Kentucky e Salmonella enterica ser. Senftenberg in pasto di soia proveniente dal Regno Unito; dalla Svezia per uso non autorizzato di colorante E 122 – azorubina in rape in salamoia provenienti dalla Siria via Emirati Arabi Uniti, per uso non autorizzato di colorante E 124 – Ponceau 4R rosso cochinale A in rape rosse provenienti dal Libano; dalla Danimarca per pietre in funghi secchi provenienti dalla Bosnia e Herzegovina. Fonte: rasff.eu
  • 3. I deputati chiedono trasparenza nella filiera del pomodoro. Risoluzione unitaria della commissione agricoltura della Camera. La commissione agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione unitaria sulla filiera del pomodoro, in particolare per quello del Centro-Sud Italia, con cui si chiede al governo di “assumere celermente iniziative al fine di garantire un’informazione completa e la massima trasparenza nei confronti dei consumatori e una più efficace difesa della qualità e distintività del prodotto nazionale che rappresenta il 55% della produzione europea”. La risoluzione, primo firmatario Giuseppe Romanini (Pd), impegna il governo a convocare con la massima sollecitudine un tavolo di confronto con tutti i soggetti della filiera del pomodoro da industria. L’obbiettivo è quello di adottare i provvedimenti necessari al fine di estendere anche a questo settore l’obbligo di indicare in etichetta il paese di produzione e l’origine della materia prima, sulla falsariga di quanto già fatto per i il latte e i prodotti lattiero-caseari, ma anche a farsi parte attiva affinché sia esteso a livello comunitario l’obbligo di utilizzare esclusivamente pomodoro fresco per la produzione di passata, così come già avviene in Italia. Per quanto riguarda l’indicazione di origine del pomodoro in etichetta, va detto che quasi tutte le aziende già lo fanno in modo volontario. La risoluzione affronta, in particolare, i problemi della filiera del pomodoro da industria del Centro-Sud, il più rilevante dei quali viene identificato nella mancanza di programmazione della coltivazione e nei contratti con l’industria di trasformazione, che determinano condizioni che consentono alla parte industriale di “imporre prezzi spesso non remunerativi alla parte agricola. Quest’ultima è particolarmente debole, perché esposta alle manovre speculative che alcune
  • 4. industrie attuano, riducendo le quantità di prodotto ritirato”. Per far fronte a questa situazione, i deputati chiedono al governo di favorire la costituzione e il riconoscimento di un’organizzazione interprofessionale del settore per l’area centro- meridionale, con l’obiettivo di promuovere “le migliori prassi e la trasparenza del mercato”. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Allergeni al ristorante, Francia-Italia-Slovenia. Caro Dario, Sono tornato or ora dalla Francia dove ho passato 10 giorni visitando tutta la parte Sud – dalla Costa Azzurra ai Pirenei orientali. Ho mangiato sempre in ristoranti e boulangerie. Mi sarei aspettato un’applicazione delle leggi europee (in particolare il reg. UE 1169/11) molto piu attenta e stringente di quanto fatto nel nostro Paese. Mi sono stupito invece di quanto, rispetto al mondo francese, ai miei occhi la ristorazione italiana appare avanti in quanto a trasparenza e avvisi (e qui è tutto dire). Nei locali non vi sono cartelli degli ingredienti facilmente visibili, sui menu non è ovviamente riportata alcuna indicazione allergenica di sorta, non esiste la dicitura di avviso che “in caso di allergie e intolleranze” invita il consumatore a rivolgersi al personale, insomma mi sembra il disastro più assoluto. Sono andato sul sito dell’Autorità francese per capire quali implementazioni avessero imposto, e ho capito che è obbligatorio avere un documento più o meno nascosto da mostrare alla bisogna. La domanda, quindi, è se è possibile che vi sia una così ampia, e diversa, interpretazione nell’applicazione di una legge che indica chiaramente come il consumatore debba essere informato in modo esplicito e trasparente? Un abbraccio Giuseppe
  • 5. Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo Caro Giuseppe, la tutela dei consumatori allergici in Europa rimane purtroppo assai carente. In Italia, come abbiamo evidenziato, i gestori dei pubblici esercizi sono tenuti a esporre in un registro scritto facilmente visibile e disponibile agli avventori notizie precise in merito alla presenza di ingredienti allergenici nei prodotti alimentari venduti sfusi come pure nei piatti offerti. L’impunità purtroppo però regna sovrana anche nel nostro Paese, poiché il legislatore non ha ancora istituito un regime sanzionatorio atto a punire le violazioni delle prescrizioni stabilite nel regolamento UE 1169/11. A riprova di ciò si annota la diffusione di menù di ristoranti ove è illegittimamente riportato l’elenco di tutti gli ingredienti allergenici, (1) con invito a rivolgersi al personale in caso di allergie. Nella foto, un esempio di informazione vietata L’origine del problema risiede nel regolamento ‘Food Information to Consumers‘, laddove si rimette agli Stati membri la definizione delle regole di dettaglio su come i consumatori devono venire informati, nei casi di vendita di alimenti sfusi e preincartati nonché di somministrazione dei cibi, incluso il catering. (2) La Commissione europea dovrebbe quindi definire apposite linee guida, al preciso
  • 6. scopo di garantire un livello uniforme di protezione dei consumatori allergici e celiaci nel Mercato interno. A fronte di una palese asimmetria dei livelli di tutela nei diversi Stati membri, che non è compatibile con gli obiettivi del regolamento stesso. La vicina Slovenia – a differenza di Italia e Francia – ha recepito con tempestività e accuratezza i criteri europei d’informazione specifica sugli allergeni presenti nei cibi offerti nei pubblici esercizi. Al punto da garantire notizie precise anche nei rifugi alpini e nelle baite di montagna (v. foto). Ed è questo l’esempio da seguire, non in uno o pochi più Paesi ma nei 28 che tuttora compongono l’Unione Europea. Una ragione in più per richiamare la Commissione a fare il suo lavoro. Dario Dongo Note (1) Cfr. regolamento UE 1169/11, Allegato II (2) V. reg. citato, articolo 44 Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com Denominazione dell’alimento, risponde l’avvocato Dario Dongo. Caro Dario buongiorno, Devo predisporre la grafica per le scatole di nuovi biscotti. Sono palline chiamate ‘tartufi’, all’apparenza potrebbero sembrare cioccolatini ma non lo sono. Sono invece biscotti sbriciolati amalgamati con cioccolato e ricoperti con cioccolato e granella di nocciole o cacao. Come chiamarli, che nome usare? Un caro saluto Maria Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare Cara Maria buongiorno, la parola ‘tartufo’ può valere a esprimere l’apparenza di un prodotto e venire utilizzata come suo nome commerciale. Vale a dire, la dicitura che identifica e
  • 7. distingue quel prodotto rispetto ad altri, anche della stessa azienda, nella pubblicità come negli ordini. È un caso simile a quello delle ‘uova’ Kinder di Ferrero, che abbiamo già affrontato. (1). Anche in tale caso, l’operatore attribuisce al prodotto un nome commerciale di fantasia che riflette la sua apparenza e ne rende così immediata la riconoscibilità nei contesti promozionali e di vendita. In entrambi i casi tuttavia, il nome commerciale non può valere come denominazione dell’alimento. Quest’ultima ha invero la precisa funzione di informare il consumatore in merito all’identità del prodotto in vendita. E non può certo venire assolta mediante l’impiego di nomi (tartufo, uova) che sono invece propri di alimenti diversi rispetto a quelli di che trattasi. Né mediante richiamo a forme (es. uovo, barretta, cubetto) di per sé inidonee a esprimere la natura del prodotto. La denominazione dell’alimento è la prima informazione obbligatoria da riportare in etichetta. Nello stesso campo visivo di altra notizia essenziale per il consumatore, la quantità del prodotto. La denominazione deve venire apposta seguendo un preciso ordine, dettato dal regolamento UE 1169/11 all’articolo 17: 1) la denominazione legale va utilizzata in tutti i casi nei quali la normativa europea (2) – o in subordine, quella nazionale (3) – regoli l’impiego di un determinato nome. Al preciso scopo di identificare le caratteristiche qualitative di determinati alimenti, attraverso la disciplina di composizione (4) e/o metodo di lavorazione, 2) la denominazione usuale può venire impiegata, laddove l’alimento sia privo di una definizione legale di cui sopra. A condizione che il consumatore medio sul mercato ove il prodotto è distribuito (regionale, inter-regionale, nazionale) possa facilmente identificare l’alimento grazie a tale nome. (5) E che vi sia effettiva corrispondenza tra la natura del cibo e l’appellativo impiegato, (6) 3) la denominazione descrittiva è indispensabile ogni qualvolta l’alimento sia privo di apposita disciplina (v. punto 1) e non risponda ad alcun nome usuale (v. punto 2). Nel caso in esame ad esempio, i ‘tartufi’ dovranno venire descritti come ‘biscotti con nocciole e granella di cacao’. Con l’attenzione di riportare la quantità degli ingredienti evidenziati, dopo la citazione di ciascuno di essi. Nella stessa
  • 8. denominazione, o in elenco ingredienti. (7) Cordialmente Dario Note (1) V. http://www.ilfattoalimentare.it/kinder-gransorpresa-denominazione.html (2) Es. olio extra-vergine di oliva, ‘olio d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici‘. Le cui caratteristiche qualitative sono definite nel reg. CEE 2568/1991 e successive modifiche, in Allegato 1 (3) Il prosciutto crudo venduto come tale in Italia, ad esempio, è soggetto ai requisiti previsti nel decreto interministeriale 21.9.05, ‘concernente la disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti di salumeria‘ (come modificato da decreto 26.5.16) (4) Vedasi gli esempi di chinotto e cedrata, su http://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/chinotto-cedrata-bibite-più-contraffatte-16-prodotti- a-confronto (5) NB: i nomi di alimenti tipici dei territori regionali – se pure riconosciuti come DOP o IGP a livello europeo – possono risultare enigmatici in altre aree della Penisola. In tali casi, quand’anche si utilizzi l’appellativo usuale, dovrà seguire un’apposita descrizione del prodotto (6) Qualora sia riferito un nome usuale, ma l’alimento non vi corrisponda, si può configurare una frode in commercio (art. 515 c.p.), al ricorrere delle relative condizioni (7) Secondo la regola del QUID (Quantity of Ingredients Declaration) di cui al reg. UE 1169/11, articolo 22