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News 38/SA/2017
Lunedì, 18 Settembre 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.37 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 87 (20 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per migrazione di
cromo da coltelli da cucina in acciaio provenienti dalla Cina, per migrazione di
manganese dal cestino piatto per frittura proveniente dalla Cina, per migrazione di
nickel da servitori di insalata di acciaio inossidabile con maniglie di bambù
provenienti dall’India e per aflatossine in pistacchi sgusciati provenienti dall’ Iran;
dalla Germania per Salmonella in petti di pollo congelati provenienti dal Brasile e
per Salmonella in petti di pollo stagionati congelati provenienti dal Brasile; dalla
Finlandia per Bacillus cereus e Salmonella enterica ser. Durban in polvere di vaniglia
proveniente dal Madagascar; dal Regno Unito per certificato (i) sanitario improprio
e dichiarazione impropria per l’importazione di uva passa proveniente dall’ Iran, per
assenza di certificati sanitari e di rapporto analitico certificato per semi di melone
provenienti dalla Nigeria, per assenza di certificati sanitari per burro di peperoncino
proveniente dall’India, per Salmonella in preparazioni di carni congelate provenienti
dalla Tailandia, per tentativo di importare illegalmente fagioli secchi provenienti
dalla Nigeria e per importazione illegale (miele non dichiarato, latticini e prodotti a
base di carne) in fagioli secchi provenienti dalla Nigeria; dall’Olanda per aflatossine
in arachidi provenienti dalla Bolivia, per Salmonella in preparazioni di carne di pollo
congelato provenienti dal Brasile, per aflatossine in arachidi provenienti dall’
Argentina, per Salmonella in mezzi petti di pollo salato congelato provenienti dal
Brasile, per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti dagli Stati Uniti e per arachidi
provenienti dalla Cina infestate da muffe; dalla Spagna per scarso controllo della
temperatura di tonno congelato Thunnus albacares proveniente dalle Filippine, per
scarso controllo della temperatura (-6; -8 °C) di gamberi tigre congelati (Penaeus
vannamei) provenienti dalla Colombia e per E 385 - calcio disodio etilen diammina
tetra acetato (CDEDTA) e E 223 - Sodio metabisolfito non autorizzato in salsa
proveniente dalla Repubblica Domenicana.
Allerta notificati dall’ Italia per: mercurio in lombi di pesce spada scongelato (Xiphias
gladius) provenienti dalla Spagna, mercurio in fette di squalo blu congelato
(Prionace glauca) provenienti dalla Spagna.
Allerta notificati: dalla Germania per frammenti di plastica in pot di lenticchie
biologiche con patate provenienti dalla Germania, per frammenti di vetro in crispi di
torrone di riso organico vegano proveniente dalla Germania, per piombo e alto
contenuto di alluminio in zeolite e polvere di bentonite proveniente dalla Germania,
con materia prima proveniente dalla Polonia, per ingrediente alimentare novello
non autorizzato semi di jojoba in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti,
via Regno Unito, per alto contenuto di cianuro in capsule con estratto di albicocche
kernels provenienti dalla Germania e per contenuto troppo alto di semi di ambrosia
(Ambrosia spp.) in mangimi composti per pappagallini provenienti dall’Olanda;
dall’Olanda per aflatossine in polvere di cinque spezie provenienti da Hong Kong e
per ingrediente non dichiarato latte in pesto rosso e insalata di pollo proveniente
dall’Olanda; dalla Svezia per focolaio alimentare (Salmonella Enteritidis) sospettato
di essere causato da uova provenienti dalla Polonia; dalla Repubblica Ceca per
frammenti di plastica in suino in scatola proveniente dalla Polonia; dalla Francia per
frammenti di plastica in pezzi di pollo impanati congelati provenienti dalla Polonia,
per Salmonella enterica ser. Typhimurium in cozze refrigerate provenienti dalla
Francia, per Salmonella enterica ser. Typhimurium in petti di pollo congelato
provenienti dalla Francia, per ocratossina A in grani di grano precotto proveniente
dall’Italia, per piombo e sostanza proibita DDT in radice di cardo organica
proveniente dalla Bulgaria; dalla Svezia per clorpirifos in mele provenienti dalla
Polonia; dalla Danimarca per clorpirifos in uva rossa proveniente dall’Italia e per
contenuto troppo alto di ferro in latte di formula infantile proveniente dalla Svezia;
dal Regno Unito per ingrediente non dichiarato latte in biscotti e crema di biscotti
provenienti dalla Germania, per arachide non dichiarata in cioccolato al latte
rivestito di uvetta proveniente dal Regno Unito e per contenuto troppo alto di
Escherichia coli in classe B cockles vivi provenienti dal Regno Unito; dalla Svizzera per
mercurio in pesce spada fresco (Xiphias gladius) proveniente dallo Sri Lanka.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’Italia per focolaio alimentare
causato da istamina in lombi di tonno giallo scongelato (Thunnus albacares)
proveniente dalla Spagna, per infestazione da parassiti con Anisakis di nasello
refrigerato (Merluccius spp.) proveniente dalla Spagna, per fipronil in rotolo di uova
congelato proveniente dalla Germania, per sostanza non autorizzata E 265 – acido
deidroidroico nel rivestimento del formaggio proveniente dalla Spagna e per fipronil
in tuorlo d’uovo pastorizzato liquido proveniente dalla Polonia; dal Regno Unito per
alta conta di Escherichia coli in basilico dolce fresco proveniente dal Laos, per
sostanza non autorizzata ditiocarbammati in fagioli mung provenienti dalla Cina, per
alta conta di Escherichia coli in cockles comuni provenienti dal Regno Unito; dalla
Norvegia per importazione illegale di di tempura fishstick congelata, gamberi
farfalla impanati congelati, tempura di gamberi congelati e roll di gamberi orientali
congelati provenienti dal Vietnam; dalla Repubblica Ceca per sostanze non
autorizzate carbofurano e propargite in bacche di goji secche provenienti dalla
Cina; dalla Francia per mercurio in aragosta spinosa fredda (Palinurus elephas)
proveniente dall’Algeria, per alto contenuto di vitamina B6 in integratore alimentare
diuretico proveniente dall’ Olanda, via Belgio, per contenuto troppo alto di colore E
102 - tartrazina, di colore E 110 - Sunset Yellow FCF e di colore E 124 - Ponceau 4R /
cochinale rosso A e colore non dichiarato E 142 - Green S in preparazione colorata
di burro di cacao proveniente dalla Francia; dal Portogallo per Escherichia coli
produttrice di shigatossine in manzo congelato proveniente dall’Uruguay;
dall’Olanda per imballaggio sporgente di diffusione di hummus e salsa piccante
proveniente dall’Olanda; dalla Bulgaria per fipronil in uova provenienti dalla
Bulgaria; dalla Germania per escrementi di insetti in semi di canapa provenienti
dalla Germania; dalla Svezia per inadeguata lavorazione termica di pollo alla griglia
congelato proveniente dalla Danimarca; dalla Polonia per fipronil in uova
refrigerate provenienti dalla Polonia, per impurità insolubili nella formula
ipoallergenica (sostitutivo del latte) proveniente dall’Olanda, per non autorizzato
ingrediente alimentare novello Epimedium in integratore alimentare proveniente
dagli Stati Uniti, per non autorizzato novello ingrediente alimentare solfato di
agmatina in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, per non autorizzato
novello ingrediente alimentare Hoodia gordonii in integratore alimentare di origine
sconosciuta, per non autorizzato novello integratore alimentare Hoodia gordonii in
integratore aliementare proveniente dagli Stati Uniti e per non autorizzato
ingrediente alimentare novello solfato di agmatina in integratori alimentari
provenienti dal Regno Unito; da Malta per mercurio in filetti di Pangasius congelati
provenienti dal Vietnam.
Fonte: rasff.eu
Etichette alimentari, in Italia torna l’obbligo dell’indicazione dello stabilimento di
confezionamento. Approvato il decreto.
Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade avevano lanciato una petizione per chiedere di non togliere lo
stabilimento di confezionamento dalle etichette
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che il Consiglio
dei Ministri ha approvato questa mattina in via definitiva il decreto legislativo che
reintroduce l’obbligo di indicare sulle etichette lo stabilimento di produzione o
confezionamento. Il provvedimento prevede un periodo transitorio di 180 giorni
dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per lo smaltimento delle etichette già
stampate, e fino a esaurimento dei prodotti etichettati prima dell’entrata in vigore
del decreto ma già immessi in commercio.
L’obbligo era già sancito dalla legge italiana, ma è stato abrogato in seguito al
riordino della normativa europea in materia di etichette alimentari. L’Italia ha
stabilito la sua reintroduzione al fine di garantire, oltre che una corretta e completa
informazione al consumatore, una migliore e immediata rintracciabilità degli
alimenti da parte degli organi di controllo e, di conseguenza, una più efficace
tutela della salute.
L’approvazione del provvedimento è anche il frutto della petizione lanciata anni fa
su Change.org da Ilfattoalimentare insieme a Great Italian Food Trade e delle
ripetute istanze provenienti dalla società civile.
Il testo approvato prevede che l’indirizzo dello stabilimento potrà venire omesso:
– quando la citazione della località, o della frazione, è sufficiente a identificare
l’impianto,
– quando la sede dello stabilimento è compresa nel marchio, ovvero quando
coincide con quella dell’operatore responsabile
– quando la confezione riporta un marchio di identificazione o un bollo sanitario.
I controlli saranno affidati all’ICQRF presso il Ministero delle politiche agricole,
alimentari e forestali.
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Microplastiche nell’acqua del rubinetto. Secondo uno studio di Orb Media la
contaminazione è globale, i risvolti per la salute sono sconosciuti e nessuno ha una
soluzione.
L’acqua che esce dai nostri rubinetti contiene microscopiche fibre di plastica. Il
problema non riguarda solo il nostro Paese, ma la maggior parte del globo terrestre.
Le rivelazioni arrivano da un’inchiesta avviata da Orb Media, un’organizzazione non
profit di Washington, che ha condiviso con il Guardian in esclusiva, i risultati. Se i
lavori precedenti erano in gran parte focalizzati sull’inquinamento negli oceani, e
all’assunzione indiretta da parte dei consumatori di microplastiche attraverso il cibo
(frutti di mare e pesci contaminati), il nuovo studio focalizza l’attenzione
sull’ingestione quotidiana di microparticelle tramite l’acqua potabile.
Il dossier di Orb Media, denominato “Invisibles: The Plastic Inside Us”, rappresenta il
primo studio a livello globale sull’inquinamento dell’acqua potabile da parte di
microplastiche. Nel dettaglio, sono stati esaminati 159 campioni di acqua potabile
da mezzo litro provenienti da 14 paesi, localizzati in diverse zone del globo: Cuba,
Ecuador, Francia, Germania, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Libano, Slovacchia,
Svizzera, Uganda U.K e U.S. Gli Stati Uniti sono stati identificati come il Paese con il
tasso di contaminazione più elevato: valori che arrivano fino al 94%, con fibre
trovate in acqua di rubinetto campionata anche negli edifici del United States
Capitol (Campidoglio a Washington), nella sede dell’Agenzia per la Protezione
dell’Ambiente (EPA – Environmental Protection Agency) e persino nella Trump Tower
a New York. Nella lista troviamo a seguire Libano e India.
Percentuale di campioni di acqua di rubinetto contenenti microplastiche prelevati in vari Paesi da OrbMedia
Le nazioni europee come il Regno Unito, la Germania e la Francia registrano un
tasso di contaminazione più basso, anche se la presenza è stata riscontrata nel 72%
dei casi. Per quanto riguarda le concentrazioni rilevate, il numero medio di fibre in
mezzo litro varia da 4,8 unità negli Stati Uniti sino a 1,9 in Europa. Si tratta di una
contaminazione distribuita più o meno in mono uniforme in ogni parte del globo,
indipendentemente dalla sede di approvvigionamento. I prelievi sono stati condotti
allo Sloane Club di Londra, in appartamenti privati a Beirut, da rubinetti domestici in
Slovacchia, da un ponte pubblico sulle rive del lago Victoria in Uganda. Benchè gli
effetti sulla salute umana non siano a oggi noti, le parole degli esperti non lasciano
spazio ai dubbi: “Abbiamo dati sufficienti per affermare che l’inquinamento da
microplastiche è preoccupante per la fauna selvatica”, sostiene Sherri Mason,
esperto in microplastiche presso l’Università di New York. “Se il fenomeno ha un forte
impatto negativo sulla fauna, come possiamo pensare che la salute dell’uomo non
ne sia compromessa?”
Incremento dei rifiuti di plastica negli ultimi decenni
Un altro studio condotto in Irlanda nel mese di giugno ha posto l’accento su due
questioni importanti: la dimensione delle particelle e le sostanze chimiche o gli
agenti patogeni che le microplastiche possono trasportare. “Stiamo rilevando solo le
particelle con dimensioni che siamo in grado di misurare – spiega Anne Marie
Mahon del Galway-Mayo Institute of Technology irlandese – ma è possibile che ve
ne siano di molto più piccole, in grado di penetrare nelle cellule e di conseguenza
negli organi con effetti molto preoccupanti”. Non bisogna dimenticare che le
microplastiche sono note perché contengono e assorbono sostanze chimiche
tossiche e la ricerca su animali selvatici mostra il rilascio nel corpo. Il professor
Richard Thompson, dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, ha dichiarato: “È
evidente che le microplastiche una volta assunte dall’organismo rilasceranno
sostanze chimiche di diverso tipo: le condizioni nell’intestino sono tali da facilitare un
rilascio piuttosto rapido”.
La foto evidenzia in rosso gli oggetti che contengono plastica in una cucina
La scala della contaminazione da microplastiche a livello globale sta cominciando
a diventare chiara solo negli ultimi anni, dopo che studi condotti in Germania hanno
evidenziato l’inquinamento in prodotti alimentari come: birra, miele e sale da
cucina. A Parigi nel 2015, i ricercatori hanno scoperto che frammenti di
microplastiche sono presenti nell’aria delle città e anche tra le mura domestiche. È
quindi possibile quindi che l’assunzione avvenga anche tramite la respirazione e su
questo tema si stanno conducendo indagini al King’s College di Londra. Quale sia il
percorso seguito da questi contaminanti per finire nell’acqua di rubinetto resta per
ora un mistero, anche se l’atmosfera potrebbe essere una strada per fibre di
plastica provenienti dall’usura di vestiti e tappeti. Le asciugatrici sono un’altra fonte
potenziale, con quasi l’80% delle famiglie americane che possiede questo
elettrodomestico con scarichi all’aperto. Le fibre di plastica possono anche essere
scaricate nei sistemi idrico attraverso le lavatrici. Ogni ciclo di lavaggio potrebbe
rilasciare 700.000 fibre e anche le piogge potrebbero contribuire con
l’abbattimento al suolo delle microplastiche presenti in atmosfera. Questo
spiegherebbe perché i pozzi domestici utilizzati in Indonesia o l’acqua proveniente
da sorgenti naturali a Beirut, in Libano, siano contaminati.
Il disegno mostra le fonti di microplastiche in grado di contaminare l’ambiente e l’acqua potabile (tessuti sintetici,
lavaggio in lavatrice, plastica abbandonata nell’ambiente…)
Soluzioni immediate? Nessuna, visto che i moderni sistemi standard di trattamento
dell’acqua non sono in grado di filtrare tutte le microplastiche. Mahon ha
dichiarato: “Non esiste un sistema che intrappoli il 100% delle particelle.
Considerando un diametro di circa 10 micron, è pressoché impossibile trovare
metodi efficaci di filtrazione”. L’acqua minerale in bottiglia non sembrerebbe
rappresentare un’alternativa valida all’acqua di rubinetto in quanto la
contaminazione da microplastiche è stata evidenziata anche in alcune confezioni
prelevate dagli scaffali negli Stati Uniti. I materiali plastici polimerici in virtù delle
proprietà funzionali e del costo conveniente sono utilizzati in ogni settore e il loro
impiego è aumentato di 20 volte negli ultimi 50 anni e si prevede il raddoppio nei
prossimi 20. Il problema si pone viso che secondo i ricercatori i rifiuti derivati da
quest’impiego sono onnipresenti nell’ambiente.
“Stiamo sempre più soffocando gli ecosistemi con la plastica – afferma Roland
Geyer, professore dell’Università della California e Santa Barbara, e promotore dello
studio – e sono molto preoccupato per le possibili conseguenze non intenzionali
negative che scopriremo solo quando sarà troppo tardi”. Le recenti analisi
sull’acqua di rubinetto evidenziano un grosso problema, a questo punto bisogna
andare avanti con altri studi per verificare i risultati, trovare le fonti di
contaminazione e valutare i possibili impatti sulla salute. Ma tutto ciò richiede mesi e
forse anni, ma il tempo stringe.
Ecco i consigli che suggerisce lo studio di Orb Media
(https://orbmedia.org/stories/Invisibles_plastics) ai cittadini per ridurre la diffusione
delle microplastiche nell’ambiente. (Articolo di Luca Foltran)
Foto: Orb Media
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Come possono essere prevenute le tossinfezioni alimentari.
Le tossinfezioni alimentari si contraggono a seguito del consumo di cibo
contaminato con microrganismi e/o di tossine da essi prodotti. Esistono circa 250
microrganismi tra virus, batteri e parassiti in grado di provocarle e ogni anno, nella
sola Unione Europea, sono segnalati circa 500.000 casi. I sintomi più comuni sono
febbre, vomito e diarrea. Nella stragrande maggioranza dei casi il decorso è
benigno, ma quando ad essere colpite sono persone che hanno altri gravi problemi
di salute, si può anche avere la morte.
Al danno alla salute si deve aggiungere anche quello di tipo economico, dovuto
alle giornate di lavoro perse e alle spese sanitarie.
Nella maggior parte dei casi le tossinfezioni alimentari possono essere prevenute
seguendo delle norme igieniche nella gestione degli alimenti.
A tale proposito si suggerisce di seguire quanto proposto nel “decalogo”
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
1. Scegliere i prodotti che abbiano subito trattamenti idonei ad assicurarne
l’innocuità (ad esempio il latte pastorizzato o trattato ad alte temperature).
2. Cuocere bene i cibi in modo che tutte le parti, anche le più interne, raggiungano
una temperatura di almeno 70°C.
3. Consumare gli alimenti immediatamente dopo la cottura.
4. Gli alimenti cotti, se non vengono consumati subito, vanno immediatamente
conservati in frigorifero; la permanenza nel frigorifero dev’essere limitata; se il
cibo dev’essere conservato per lungo tempo è preferibile surgelarlo.
5. I cibi precedentemente cotti vanno riscaldati rapidamente e ad alta temperatura
prima del consumo.
6. Evitare ogni contatto fra cibi crudi e cotti.
7. Curare particolarmente l’igiene delle mani per la manipolazione degli alimenti.
8. Fare in modo che tutte le superfici della cucina, gli utensili ed i contenitori siano
accuratamente puliti.
9. Proteggere gli alimenti dagli insetti, dai roditori e da altri animali.
10. Utilizzare solo acqua potabile (Dal blog di Agostino Macrì)
Fonte: www.sicurezzalimentare.it
Made in Italy in etichetta? Risponde l’avvocato Dario Dongo.
Buongiorno Avv. Dongo,
leggo sempre con interesse i suoi articoli e le chiedo se cortesemente può darmi
una delucidazione in merito alla possibilità di inserire il claim “made in Italy o
bandiera italiana” in prodotti finiti fatti in Italia (quindi trasformazione in Italia) ma la
cui materia prima prevalente non è al 100% italiana. Ovvero la domanda è: si può
scrivere made in Italy ma devo contestualmente specificare l’origine della materia
prima?
La ringrazio anticipatamente, cordiali saluti.
(lettera firmata)
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo
Gentilissimo,
il regolamento UE 1169/11 richiama i criteri già consolidati nel Codice doganale
europeo, a loro volta coerenti all’accordo istitutivo del WTO. Nell’attribuire l’origine
dei prodotti realizzati in più territori nazionali al Paese ove ha avuto luogo la loro
ultima trasformazione sostanziale.
L’indicazione d’origine è in generale facoltativa, fatti salvi gli obblighi previsti dalle
normative di settore, nonché l’ipotesi in cui la sua omissione possa indurre in errore il
consumatore. ‘In particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o
contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che
l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza‘ (1).
L’origine dell’ingrediente primario (2) – secondo il regolamento UE 1169/11 – deve
venire indicata allorché essa non coincida con quella dell’alimento, e quest’ultima
venga indicata in etichetta. (3) Ad esempio, conserva vegetale Made in Italy con
ortaggi provenienti dalla Tunisia. Tale regola peraltro non si applicherà fino a
quando non verrà adottato un apposito atto di esecuzione della Commissione
europea.
La Commissione europea avrebbe dovuto definire le regole di cui sopra entro il 13
dicembre 2013, ma non vi ha ancora provveduto. Nell’attesa che ciò avvenga, gli
alimenti che abbiano subito l’ultima trasformazione sostanziale in Italia possono
vantare tale origine. Senza bisogno di specificare la provenienza delle loro materie
prime, al di fuori dei soli casi ove ciò sia richiesto dalle normative di settore. A livello
europeo (es. oli vergini di oliva, carni, miele, prodotti biologici) o nazionale (es. latte,
passata di pomodoro).
Cordialmente
Dario
Note
(1) Reg. UE 1169/11, articolo 26, Paese d’origine o luogo di provenienza, comma 2
(2) Vale a dire quello che rappresenta più del 50%, nella formula del prodotto, ovvero quello a cui è
generalmente associata la denominazione dell’alimento
(3) Reg. UE 1169/11, articolo 26.3
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com

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News SA 38 2017

  • 1. News 38/SA/2017 Lunedì, 18 Settembre 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.37 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 87 (20 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per migrazione di cromo da coltelli da cucina in acciaio provenienti dalla Cina, per migrazione di manganese dal cestino piatto per frittura proveniente dalla Cina, per migrazione di nickel da servitori di insalata di acciaio inossidabile con maniglie di bambù provenienti dall’India e per aflatossine in pistacchi sgusciati provenienti dall’ Iran; dalla Germania per Salmonella in petti di pollo congelati provenienti dal Brasile e per Salmonella in petti di pollo stagionati congelati provenienti dal Brasile; dalla Finlandia per Bacillus cereus e Salmonella enterica ser. Durban in polvere di vaniglia proveniente dal Madagascar; dal Regno Unito per certificato (i) sanitario improprio e dichiarazione impropria per l’importazione di uva passa proveniente dall’ Iran, per assenza di certificati sanitari e di rapporto analitico certificato per semi di melone provenienti dalla Nigeria, per assenza di certificati sanitari per burro di peperoncino proveniente dall’India, per Salmonella in preparazioni di carni congelate provenienti dalla Tailandia, per tentativo di importare illegalmente fagioli secchi provenienti dalla Nigeria e per importazione illegale (miele non dichiarato, latticini e prodotti a base di carne) in fagioli secchi provenienti dalla Nigeria; dall’Olanda per aflatossine in arachidi provenienti dalla Bolivia, per Salmonella in preparazioni di carne di pollo congelato provenienti dal Brasile, per aflatossine in arachidi provenienti dall’ Argentina, per Salmonella in mezzi petti di pollo salato congelato provenienti dal Brasile, per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti dagli Stati Uniti e per arachidi provenienti dalla Cina infestate da muffe; dalla Spagna per scarso controllo della temperatura di tonno congelato Thunnus albacares proveniente dalle Filippine, per scarso controllo della temperatura (-6; -8 °C) di gamberi tigre congelati (Penaeus vannamei) provenienti dalla Colombia e per E 385 - calcio disodio etilen diammina tetra acetato (CDEDTA) e E 223 - Sodio metabisolfito non autorizzato in salsa proveniente dalla Repubblica Domenicana.
  • 2. Allerta notificati dall’ Italia per: mercurio in lombi di pesce spada scongelato (Xiphias gladius) provenienti dalla Spagna, mercurio in fette di squalo blu congelato (Prionace glauca) provenienti dalla Spagna. Allerta notificati: dalla Germania per frammenti di plastica in pot di lenticchie biologiche con patate provenienti dalla Germania, per frammenti di vetro in crispi di torrone di riso organico vegano proveniente dalla Germania, per piombo e alto contenuto di alluminio in zeolite e polvere di bentonite proveniente dalla Germania, con materia prima proveniente dalla Polonia, per ingrediente alimentare novello non autorizzato semi di jojoba in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, via Regno Unito, per alto contenuto di cianuro in capsule con estratto di albicocche kernels provenienti dalla Germania e per contenuto troppo alto di semi di ambrosia (Ambrosia spp.) in mangimi composti per pappagallini provenienti dall’Olanda; dall’Olanda per aflatossine in polvere di cinque spezie provenienti da Hong Kong e per ingrediente non dichiarato latte in pesto rosso e insalata di pollo proveniente dall’Olanda; dalla Svezia per focolaio alimentare (Salmonella Enteritidis) sospettato di essere causato da uova provenienti dalla Polonia; dalla Repubblica Ceca per frammenti di plastica in suino in scatola proveniente dalla Polonia; dalla Francia per frammenti di plastica in pezzi di pollo impanati congelati provenienti dalla Polonia, per Salmonella enterica ser. Typhimurium in cozze refrigerate provenienti dalla Francia, per Salmonella enterica ser. Typhimurium in petti di pollo congelato provenienti dalla Francia, per ocratossina A in grani di grano precotto proveniente dall’Italia, per piombo e sostanza proibita DDT in radice di cardo organica proveniente dalla Bulgaria; dalla Svezia per clorpirifos in mele provenienti dalla Polonia; dalla Danimarca per clorpirifos in uva rossa proveniente dall’Italia e per contenuto troppo alto di ferro in latte di formula infantile proveniente dalla Svezia; dal Regno Unito per ingrediente non dichiarato latte in biscotti e crema di biscotti provenienti dalla Germania, per arachide non dichiarata in cioccolato al latte rivestito di uvetta proveniente dal Regno Unito e per contenuto troppo alto di Escherichia coli in classe B cockles vivi provenienti dal Regno Unito; dalla Svizzera per mercurio in pesce spada fresco (Xiphias gladius) proveniente dallo Sri Lanka. Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’Italia per focolaio alimentare causato da istamina in lombi di tonno giallo scongelato (Thunnus albacares) proveniente dalla Spagna, per infestazione da parassiti con Anisakis di nasello refrigerato (Merluccius spp.) proveniente dalla Spagna, per fipronil in rotolo di uova
  • 3. congelato proveniente dalla Germania, per sostanza non autorizzata E 265 – acido deidroidroico nel rivestimento del formaggio proveniente dalla Spagna e per fipronil in tuorlo d’uovo pastorizzato liquido proveniente dalla Polonia; dal Regno Unito per alta conta di Escherichia coli in basilico dolce fresco proveniente dal Laos, per sostanza non autorizzata ditiocarbammati in fagioli mung provenienti dalla Cina, per alta conta di Escherichia coli in cockles comuni provenienti dal Regno Unito; dalla Norvegia per importazione illegale di di tempura fishstick congelata, gamberi farfalla impanati congelati, tempura di gamberi congelati e roll di gamberi orientali congelati provenienti dal Vietnam; dalla Repubblica Ceca per sostanze non autorizzate carbofurano e propargite in bacche di goji secche provenienti dalla Cina; dalla Francia per mercurio in aragosta spinosa fredda (Palinurus elephas) proveniente dall’Algeria, per alto contenuto di vitamina B6 in integratore alimentare diuretico proveniente dall’ Olanda, via Belgio, per contenuto troppo alto di colore E 102 - tartrazina, di colore E 110 - Sunset Yellow FCF e di colore E 124 - Ponceau 4R / cochinale rosso A e colore non dichiarato E 142 - Green S in preparazione colorata di burro di cacao proveniente dalla Francia; dal Portogallo per Escherichia coli produttrice di shigatossine in manzo congelato proveniente dall’Uruguay; dall’Olanda per imballaggio sporgente di diffusione di hummus e salsa piccante proveniente dall’Olanda; dalla Bulgaria per fipronil in uova provenienti dalla Bulgaria; dalla Germania per escrementi di insetti in semi di canapa provenienti dalla Germania; dalla Svezia per inadeguata lavorazione termica di pollo alla griglia congelato proveniente dalla Danimarca; dalla Polonia per fipronil in uova refrigerate provenienti dalla Polonia, per impurità insolubili nella formula ipoallergenica (sostitutivo del latte) proveniente dall’Olanda, per non autorizzato ingrediente alimentare novello Epimedium in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, per non autorizzato novello ingrediente alimentare solfato di agmatina in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, per non autorizzato novello ingrediente alimentare Hoodia gordonii in integratore alimentare di origine sconosciuta, per non autorizzato novello integratore alimentare Hoodia gordonii in integratore aliementare proveniente dagli Stati Uniti e per non autorizzato ingrediente alimentare novello solfato di agmatina in integratori alimentari provenienti dal Regno Unito; da Malta per mercurio in filetti di Pangasius congelati provenienti dal Vietnam. Fonte: rasff.eu
  • 4. Etichette alimentari, in Italia torna l’obbligo dell’indicazione dello stabilimento di confezionamento. Approvato il decreto. Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade avevano lanciato una petizione per chiedere di non togliere lo stabilimento di confezionamento dalle etichette Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che il Consiglio dei Ministri ha approvato questa mattina in via definitiva il decreto legislativo che reintroduce l’obbligo di indicare sulle etichette lo stabilimento di produzione o confezionamento. Il provvedimento prevede un periodo transitorio di 180 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per lo smaltimento delle etichette già stampate, e fino a esaurimento dei prodotti etichettati prima dell’entrata in vigore del decreto ma già immessi in commercio. L’obbligo era già sancito dalla legge italiana, ma è stato abrogato in seguito al riordino della normativa europea in materia di etichette alimentari. L’Italia ha stabilito la sua reintroduzione al fine di garantire, oltre che una corretta e completa informazione al consumatore, una migliore e immediata rintracciabilità degli alimenti da parte degli organi di controllo e, di conseguenza, una più efficace tutela della salute. L’approvazione del provvedimento è anche il frutto della petizione lanciata anni fa su Change.org da Ilfattoalimentare insieme a Great Italian Food Trade e delle ripetute istanze provenienti dalla società civile. Il testo approvato prevede che l’indirizzo dello stabilimento potrà venire omesso: – quando la citazione della località, o della frazione, è sufficiente a identificare l’impianto, – quando la sede dello stabilimento è compresa nel marchio, ovvero quando coincide con quella dell’operatore responsabile – quando la confezione riporta un marchio di identificazione o un bollo sanitario.
  • 5. I controlli saranno affidati all’ICQRF presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Fonte: www.ilfattoalimentare.it Microplastiche nell’acqua del rubinetto. Secondo uno studio di Orb Media la contaminazione è globale, i risvolti per la salute sono sconosciuti e nessuno ha una soluzione. L’acqua che esce dai nostri rubinetti contiene microscopiche fibre di plastica. Il problema non riguarda solo il nostro Paese, ma la maggior parte del globo terrestre. Le rivelazioni arrivano da un’inchiesta avviata da Orb Media, un’organizzazione non profit di Washington, che ha condiviso con il Guardian in esclusiva, i risultati. Se i lavori precedenti erano in gran parte focalizzati sull’inquinamento negli oceani, e all’assunzione indiretta da parte dei consumatori di microplastiche attraverso il cibo (frutti di mare e pesci contaminati), il nuovo studio focalizza l’attenzione sull’ingestione quotidiana di microparticelle tramite l’acqua potabile. Il dossier di Orb Media, denominato “Invisibles: The Plastic Inside Us”, rappresenta il primo studio a livello globale sull’inquinamento dell’acqua potabile da parte di microplastiche. Nel dettaglio, sono stati esaminati 159 campioni di acqua potabile da mezzo litro provenienti da 14 paesi, localizzati in diverse zone del globo: Cuba, Ecuador, Francia, Germania, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Libano, Slovacchia, Svizzera, Uganda U.K e U.S. Gli Stati Uniti sono stati identificati come il Paese con il tasso di contaminazione più elevato: valori che arrivano fino al 94%, con fibre trovate in acqua di rubinetto campionata anche negli edifici del United States Capitol (Campidoglio a Washington), nella sede dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA – Environmental Protection Agency) e persino nella Trump Tower a New York. Nella lista troviamo a seguire Libano e India.
  • 6. Percentuale di campioni di acqua di rubinetto contenenti microplastiche prelevati in vari Paesi da OrbMedia Le nazioni europee come il Regno Unito, la Germania e la Francia registrano un tasso di contaminazione più basso, anche se la presenza è stata riscontrata nel 72% dei casi. Per quanto riguarda le concentrazioni rilevate, il numero medio di fibre in mezzo litro varia da 4,8 unità negli Stati Uniti sino a 1,9 in Europa. Si tratta di una contaminazione distribuita più o meno in mono uniforme in ogni parte del globo, indipendentemente dalla sede di approvvigionamento. I prelievi sono stati condotti allo Sloane Club di Londra, in appartamenti privati a Beirut, da rubinetti domestici in Slovacchia, da un ponte pubblico sulle rive del lago Victoria in Uganda. Benchè gli effetti sulla salute umana non siano a oggi noti, le parole degli esperti non lasciano spazio ai dubbi: “Abbiamo dati sufficienti per affermare che l’inquinamento da microplastiche è preoccupante per la fauna selvatica”, sostiene Sherri Mason, esperto in microplastiche presso l’Università di New York. “Se il fenomeno ha un forte impatto negativo sulla fauna, come possiamo pensare che la salute dell’uomo non ne sia compromessa?” Incremento dei rifiuti di plastica negli ultimi decenni Un altro studio condotto in Irlanda nel mese di giugno ha posto l’accento su due questioni importanti: la dimensione delle particelle e le sostanze chimiche o gli agenti patogeni che le microplastiche possono trasportare. “Stiamo rilevando solo le
  • 7. particelle con dimensioni che siamo in grado di misurare – spiega Anne Marie Mahon del Galway-Mayo Institute of Technology irlandese – ma è possibile che ve ne siano di molto più piccole, in grado di penetrare nelle cellule e di conseguenza negli organi con effetti molto preoccupanti”. Non bisogna dimenticare che le microplastiche sono note perché contengono e assorbono sostanze chimiche tossiche e la ricerca su animali selvatici mostra il rilascio nel corpo. Il professor Richard Thompson, dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, ha dichiarato: “È evidente che le microplastiche una volta assunte dall’organismo rilasceranno sostanze chimiche di diverso tipo: le condizioni nell’intestino sono tali da facilitare un rilascio piuttosto rapido”. La foto evidenzia in rosso gli oggetti che contengono plastica in una cucina La scala della contaminazione da microplastiche a livello globale sta cominciando a diventare chiara solo negli ultimi anni, dopo che studi condotti in Germania hanno evidenziato l’inquinamento in prodotti alimentari come: birra, miele e sale da cucina. A Parigi nel 2015, i ricercatori hanno scoperto che frammenti di microplastiche sono presenti nell’aria delle città e anche tra le mura domestiche. È quindi possibile quindi che l’assunzione avvenga anche tramite la respirazione e su questo tema si stanno conducendo indagini al King’s College di Londra. Quale sia il percorso seguito da questi contaminanti per finire nell’acqua di rubinetto resta per ora un mistero, anche se l’atmosfera potrebbe essere una strada per fibre di plastica provenienti dall’usura di vestiti e tappeti. Le asciugatrici sono un’altra fonte potenziale, con quasi l’80% delle famiglie americane che possiede questo elettrodomestico con scarichi all’aperto. Le fibre di plastica possono anche essere scaricate nei sistemi idrico attraverso le lavatrici. Ogni ciclo di lavaggio potrebbe rilasciare 700.000 fibre e anche le piogge potrebbero contribuire con l’abbattimento al suolo delle microplastiche presenti in atmosfera. Questo
  • 8. spiegherebbe perché i pozzi domestici utilizzati in Indonesia o l’acqua proveniente da sorgenti naturali a Beirut, in Libano, siano contaminati. Il disegno mostra le fonti di microplastiche in grado di contaminare l’ambiente e l’acqua potabile (tessuti sintetici, lavaggio in lavatrice, plastica abbandonata nell’ambiente…) Soluzioni immediate? Nessuna, visto che i moderni sistemi standard di trattamento dell’acqua non sono in grado di filtrare tutte le microplastiche. Mahon ha dichiarato: “Non esiste un sistema che intrappoli il 100% delle particelle. Considerando un diametro di circa 10 micron, è pressoché impossibile trovare metodi efficaci di filtrazione”. L’acqua minerale in bottiglia non sembrerebbe rappresentare un’alternativa valida all’acqua di rubinetto in quanto la contaminazione da microplastiche è stata evidenziata anche in alcune confezioni prelevate dagli scaffali negli Stati Uniti. I materiali plastici polimerici in virtù delle proprietà funzionali e del costo conveniente sono utilizzati in ogni settore e il loro impiego è aumentato di 20 volte negli ultimi 50 anni e si prevede il raddoppio nei prossimi 20. Il problema si pone viso che secondo i ricercatori i rifiuti derivati da quest’impiego sono onnipresenti nell’ambiente. “Stiamo sempre più soffocando gli ecosistemi con la plastica – afferma Roland Geyer, professore dell’Università della California e Santa Barbara, e promotore dello studio – e sono molto preoccupato per le possibili conseguenze non intenzionali negative che scopriremo solo quando sarà troppo tardi”. Le recenti analisi sull’acqua di rubinetto evidenziano un grosso problema, a questo punto bisogna andare avanti con altri studi per verificare i risultati, trovare le fonti di contaminazione e valutare i possibili impatti sulla salute. Ma tutto ciò richiede mesi e forse anni, ma il tempo stringe. Ecco i consigli che suggerisce lo studio di Orb Media (https://orbmedia.org/stories/Invisibles_plastics) ai cittadini per ridurre la diffusione delle microplastiche nell’ambiente. (Articolo di Luca Foltran)
  • 9. Foto: Orb Media Fonte: www.ilfattoalimentare.it Come possono essere prevenute le tossinfezioni alimentari. Le tossinfezioni alimentari si contraggono a seguito del consumo di cibo contaminato con microrganismi e/o di tossine da essi prodotti. Esistono circa 250 microrganismi tra virus, batteri e parassiti in grado di provocarle e ogni anno, nella sola Unione Europea, sono segnalati circa 500.000 casi. I sintomi più comuni sono febbre, vomito e diarrea. Nella stragrande maggioranza dei casi il decorso è benigno, ma quando ad essere colpite sono persone che hanno altri gravi problemi di salute, si può anche avere la morte. Al danno alla salute si deve aggiungere anche quello di tipo economico, dovuto alle giornate di lavoro perse e alle spese sanitarie. Nella maggior parte dei casi le tossinfezioni alimentari possono essere prevenute seguendo delle norme igieniche nella gestione degli alimenti. A tale proposito si suggerisce di seguire quanto proposto nel “decalogo” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. 1. Scegliere i prodotti che abbiano subito trattamenti idonei ad assicurarne l’innocuità (ad esempio il latte pastorizzato o trattato ad alte temperature). 2. Cuocere bene i cibi in modo che tutte le parti, anche le più interne, raggiungano una temperatura di almeno 70°C. 3. Consumare gli alimenti immediatamente dopo la cottura. 4. Gli alimenti cotti, se non vengono consumati subito, vanno immediatamente conservati in frigorifero; la permanenza nel frigorifero dev’essere limitata; se il cibo dev’essere conservato per lungo tempo è preferibile surgelarlo. 5. I cibi precedentemente cotti vanno riscaldati rapidamente e ad alta temperatura prima del consumo. 6. Evitare ogni contatto fra cibi crudi e cotti. 7. Curare particolarmente l’igiene delle mani per la manipolazione degli alimenti. 8. Fare in modo che tutte le superfici della cucina, gli utensili ed i contenitori siano accuratamente puliti. 9. Proteggere gli alimenti dagli insetti, dai roditori e da altri animali. 10. Utilizzare solo acqua potabile (Dal blog di Agostino Macrì) Fonte: www.sicurezzalimentare.it
  • 10. Made in Italy in etichetta? Risponde l’avvocato Dario Dongo. Buongiorno Avv. Dongo, leggo sempre con interesse i suoi articoli e le chiedo se cortesemente può darmi una delucidazione in merito alla possibilità di inserire il claim “made in Italy o bandiera italiana” in prodotti finiti fatti in Italia (quindi trasformazione in Italia) ma la cui materia prima prevalente non è al 100% italiana. Ovvero la domanda è: si può scrivere made in Italy ma devo contestualmente specificare l’origine della materia prima? La ringrazio anticipatamente, cordiali saluti. (lettera firmata) Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo Gentilissimo, il regolamento UE 1169/11 richiama i criteri già consolidati nel Codice doganale europeo, a loro volta coerenti all’accordo istitutivo del WTO. Nell’attribuire l’origine dei prodotti realizzati in più territori nazionali al Paese ove ha avuto luogo la loro ultima trasformazione sostanziale. L’indicazione d’origine è in generale facoltativa, fatti salvi gli obblighi previsti dalle normative di settore, nonché l’ipotesi in cui la sua omissione possa indurre in errore il consumatore. ‘In particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza‘ (1). L’origine dell’ingrediente primario (2) – secondo il regolamento UE 1169/11 – deve venire indicata allorché essa non coincida con quella dell’alimento, e quest’ultima venga indicata in etichetta. (3) Ad esempio, conserva vegetale Made in Italy con ortaggi provenienti dalla Tunisia. Tale regola peraltro non si applicherà fino a quando non verrà adottato un apposito atto di esecuzione della Commissione europea. La Commissione europea avrebbe dovuto definire le regole di cui sopra entro il 13 dicembre 2013, ma non vi ha ancora provveduto. Nell’attesa che ciò avvenga, gli alimenti che abbiano subito l’ultima trasformazione sostanziale in Italia possono
  • 11. vantare tale origine. Senza bisogno di specificare la provenienza delle loro materie prime, al di fuori dei soli casi ove ciò sia richiesto dalle normative di settore. A livello europeo (es. oli vergini di oliva, carni, miele, prodotti biologici) o nazionale (es. latte, passata di pomodoro). Cordialmente Dario Note (1) Reg. UE 1169/11, articolo 26, Paese d’origine o luogo di provenienza, comma 2 (2) Vale a dire quello che rappresenta più del 50%, nella formula del prodotto, ovvero quello a cui è generalmente associata la denominazione dell’alimento (3) Reg. UE 1169/11, articolo 26.3 Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com