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DA ALFIERI A MANZONI
DI MATTEO EOLINI 4G 2021
NEOCLASSICISMO E PRE-ROMANTICISMO
= amore per la classicità, voler riportare la
bellezza, la linearità, la semplicità dell’età
classica
Esaltazione della razionalità
Amore per il passato, per l’età classica per
eccellenza
L’uomo doveva far rifiorire questa bellezza che
per un po’ di tempo era stata trascurata
Amore per l’antichità
Classicità=quella del tempo antico greco e
romano
Classicismo= tutte le epoche che si sono rifatte
alla classicità= imitazione dell’età classica
Le forme del bello ideale si possono riportare
anche nel presente
Si può parlare di classicità anche per argomenti
nuovi, attuali
Il neoclassicismo dice “cose nuove con parole
antiche”
Ispirazione alla mitologia
Esaltazione del bello ideale
NEOCLASSICISMO
Si rifà al contesto storico (es. neoclassicismo della rivoluzione
francese)= si ritrovavano tutti quegli ideali di libertà della rivoluzione
francese
Differenza tra:
- Classicismo rinascimentale= si avverte solo nelle corti= totale
imitazione del passato
- Neoclassicismo= rivede nel passato una sorta di perfezione, ma
ritiene che si possa riproporre per la modernità = apertura verso la
modernità = il moderno è considerato una bellezza che può essere
espressa mediante parole antiche (compostezza nelle forme) = temi
moderni con riferimenti antichi
Perché neoclassicismo e non classicismo= perché non è solo
un’imitazione del passato, ma una nuova versione di quella che
era la classicità
L’intellettuale si rifugia nel mondo antico perché si avvertiva il disagio
del presente (contesto storico difficile)
NEOCLASSICISMO
Sentimento e irrazionalità, opposto del neoclassicismo
Esaltazione dell’io interiore, la realtà è quella del proprio io
Rifugiarsi nel proprio io significa evitare il presente
Atteggiamento di sfida e ribellione (Titanismo= atteggiamento di sfida, spesso vana)
Idea di natura come stato d’animo= non è vista come un locus amoenus, sereno,
tranquillo= ma soprattutto nei paesaggi nordici (cupi, innevati, freddi), negli ambienti gotici
(neri), ambienti cimiteriali, spettrali, tenebrosi
Nasce l’idea del sublime e di quello che è il gotico pre-romantico= il terrore suscita un
sentimento superiore al piacere, superiore al bello
I pre-romantici e poi i romantici provano il senso del sublime nella solitudine, in luoghi bui,
tenebrosi, nebbiosi, cimiteriali, che suscitano paura: alla paura si affianca un senso di
piacevolezza: forma di piacere in qualcosa che suscita paura
ASPETTO COMUNE= fuggire dal proprio tempo (“Reo tempo” dice Foscolo, “vil
secolo” dice Alfieri)= esotismo= escapismo= fuggire dal presente e rifugiarsi o nel
passato (neoclassicismo) o nel proprio io (pre-romanticismo)
=sottolineano il disagio che vive l’intellettuale nel proprio tempo, all’intellettuale non viene
più riconosciuta l’importanza che aveva nel passato
PRE-ROMANTICISMO
IL NEOCLASSICISMO SECONDO SCHILLER
Il neoclassicismo è stato definito romantico proprio perché aveva aspetti
comuni con il romanticismo: desiderio di assoluto, nostalgia di una
felicità antica che l’uomo moderno sembra aver smarrito, ritorno al
passato, recupero di un’identità perduta.
Nostalgia per un antico bello e remoto, tanto diverso dalla modernità.
La classicità diventa un miraggio verso un paradiso perduto e una
felicità a cui non si può tornare.
Schiller fa un’elaborazione teorica sulla nostalgia del passato e sul voler
tornare alle origini, distingue:
 La poesia ingenua= poesia degli antichi: gli uomini vivevano
nello stato di natura, avevano molta fantasia e immaginazione.
Nata dalla spontanea imitazione della natura e nutrita quindi di
sogni e favole
 La poesia sentimentale= poesia dei moderni: caratterizzata dalla
ragione che non consente all’uomo di esprimere la fantasia e
l’immaginazione della poesia antica.
Poesia riflessiva, indaga sui limiti dell’uomo, sulla sua incapacità di
capire il mondo., sul mistero della morte e del dolore.
La razionalità suscita dolore nell’uomo: l’uomo è consapevole della
sua finitudine rispetto all’infinità della natura.
VITTORIO ALFIERI
ASTI, 16 GENNAIO 1749 – FIRENZE, 8 OTTOBRE 1803
“LEGGERE, COME IO L'INTENDO,
VUOL DIRE PROFONDAMENTE
PENSARE”
DEL PRINCIPE E DELLE LETTERE, 1786
LA VITA
 Di origine aristocratica, famiglia molto ricca, nato ad Asti (piemontese), faceva parte del regno sabaudo. Il padre morì
presto, la madre si risposò. Educato nell’accademia militare di Torino, così come si faceva per tutti i giovani nobili
aristocratici. Egli, però, non proseguì la carriera militare ma si allontanò da questa, poiché riteneva non fosse utile per
la sua formazione.
 Viaggiò molto, a quel tempo i giovani agiati compivano il gran tour: intorno ai 18/20 anni i giovani economicamente
benestanti viaggiavano per tutta Europa (anche nelle corti: corte di Versailles a Parigi, corte di Prussia, di Austria.
Viaggiò in Spagna, Scandinavia, Russia). Parini, viaggiando, ebbe modo di frequentare i salotti buoni.
Era sempre insoddisfatto, sia di sé sia degli ambienti che frequentava.
 Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle regge (ad esempio nella corte di Maria Teresa d’Austria
critica l’inchino fatto da Metastasio alla regina). Pensiero un po’ contraddittorio: egli era un aristocratico.
Critico anche nei confronti delle istituzioni politiche che egli incontra durante il viaggio.
LA VITA
 Ebbe una vita frenetica, ma infine si legò a Maria Luisa
Stolberg (moglie di un pretendente del regno di Inghilterra)
fu legame duraturo, durò fino alla morte.
Concluso il gran tour, Alfieri torna in Italia, si allontana
dal Piemonte e va a vivere a Firenze, in Toscana.
La lingua ufficiale del regno sabaudo era il francese.
Alfieri parlava francese, non italiano.
Alfieri decide di “spiemontizzarsi”, ossia di non
appartenere più al regno sabaudo, rinunciando alla ricca
eredità della sua famiglia, eredità che cede alla sorella, in
cambio di un vitalizio con cui potrà vivere bene per tutto il
resto della sua vita.
 In questo momento Alfieri inizia a dedicarsi agli studi,
con l’intento di conoscere la lingua italiana
(fiorentina). Da quando arriva in Toscana, egli non parlerà
più una parola di francese. Vuole imparare l’italiano.
Alfieri studia la lingua italiana fiorentina sia attraverso gli
autori più importanti, sia attraverso la lingua fiorentina
parlata da tutti.
PENSIERO E
POETICA
 Alfieri scrive tante tragedie ispirandosi a
quelle della classicità (riprende il mito, la
tragedia greca), opere politiche, rime (testi poetici,
sonetti). Scritte tutte in italiano fiorentino.
Tragedia disinventata: Alfieri non inventa i
protagonisti, i personaggi sono ripresi da tragedie
già esistenti
Alfieri si rifà a contenuti già noti.
 Atteggiamenti aristocratici: Alfieri si sente non
compreso ma nello stesso tempo in lui c’è un forte
individualismo (contrapposto all’ideale di
cosmopolitismo che dovrebbe avere chi viaggia).
Ad esempio le commedie erano scritte per essere
lette ma non rappresentate: Alfieri non voleva che
le sue tragedie venissero messe in scena, le faceva
rappresentare nelle sue corti davanti a pochi eletti.
PERSONAGGI
ALFIERIANI
 Personaggi alfieriani (nelle tragedie)=
personaggi privi di pace, che scavano tanto nella
loro interiorità, lottano in se stessi, non trovano
mai un equilibrio nella loro interiorità.
I personaggi (soprattutto i protagonisti delle
tragedie di Alfieri) presentano tutti sempre la
stessa caratteristica: lo scavo interiore. Non
avviene un’evoluzione del personaggio, ma il
personaggio non trova la sua serenità d’animo,
riflette Alfieri stesso.
Alfieri si scaglia contro ogni forma di
assolutismo, (perchè l’assolutismo reprime la
libertà individuale) tirannia (Criticava il servilismo
dei cortigiani che vivevano nelle regge) e in realtà è
un personaggio che lotta con se stesso, che non
trova pace con se stesso.
Nei suoi scritti politici (della tirannide) ritiene che
l’uomo è incatenato da coloro che sono i tiranni ed
è come se questa tirannia fosse in se stesso: Alfieri
non riesce a trovare quella libertà a cui
aspirerebbe tanto.
 Alfieri è un personaggio TITANICO: nella mitologia i titani sono i
giganti che cercano di scalare l’Olimpo per togliere il potere a Zeus. I
titani combattono con tutte le loro forze contro quello che è il potere
tirannico di Zeus. I titani, pur consapevoli di essere sconfitti, quindi di
non riuscire mai a sconfiggere Zeus, continuano a combattere alla
ricerca della libertà.
 TITANISMO= continua lotta nella ricerca di una libertà (anche
interiore) nei confronti di un potere assoluto (prigionia in cui si trova
l’uomo stesso).
Ribelle ad ogni forma di oppressione politica/interiore.
Sfida continua contro ciò che limita la libertà individuale e collettiva,
anche nella consapevolezza della sconfitta.
TITANISMO ALFIERIANO
ALFIERI E NATURA
 SENTIMENTO DEL SUBLIME= fascino per i paesaggi nordici,
Scandinavi (ci sono condizioni avverse alla vita umana).
La natura così intatta, i boschi fitti, il cielo sempre grigio presenti in questi
paesaggi destano nell’uomo un senso di paura, angoscia e, secondo
Alfieri, ciò che fa paura suscita un sentimento superiore a quello che
provoca il “bello”: il sentimento del sublime.
La natura non è una natura serena, rigogliosa, tranquilla, ma una
natura/un ambiente difficile: un ambiente difficile, in cui bisogna
resistere, bisogna combattere.
Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle regge
Alfieri: sopraffatto da una forza interna che sente in sé per cui non è mai
soddisfatto di sé stesso.
Egli vuole combattere contro tutto e tutti ma in fondo quella di Alfieri è
una lotta interiore.
TRAGEDIE
Scritte in versi, scritte per essere lette ma non rappresentate: Alfieri non voleva che le sue tragedie venissero messe in
scema le faceva rappresentare nelle sue corti davanti a pochi eletti (atteggiamento aristocratico): rappresentazioni private
Ci sono tre momenti nella scrittura di una tragedia:
1. inventare= anche ispirandosi a tragedie antiche
2. stendere= scrivere in prosa il contenuto della tragedia
3. verseggiare= trasformare la prosa in versi, avviene uno ‘scarto’ di parole rispetto alla prosa.
La singola parola assume importanza: il linguaggio di Alfieri nelle tragedie è un linguaggio frammentato, scarno, secco,
deciso.
Vengono rappresentate passioni estreme
Stile aspro e tragico: usa contorsioni sintattiche, asprezze fonetiche e neologismi
 Argomento biblico
 Saul è un re ebraico, deve combattere contro i Filistei, ma
ormai è vecchio, non ha più le forze
 è assistito da un consigliere Abner (cugino di Saul).
 Ha come suo antagonista David (il genero), colui che
combatte contro il gigante Golia, e Micol (figlia di Saul).
 Saul, anche se non ha più le forze, ormai vecchio, ripensa
a quanto era valoroso da giovane, ma in lui rimane la
voglia di primeggiare su tutto e tutti (infatti caccia anche
Davide che vorrebbe aiutarlo mentre combatte con i
Filistei)
 Titanismo nei confronti di se stesso, ma soprattutto nei
confronti di Dio (i sente abbandonato, non si sente più
protetto o privilegiato)
SAUL
 Abner fa credere a Saul che è lui a poter
sconfiggere il nemico ma in realtà egli è
consapevole di non avere più quelle capacità che
aveva un tempo.
 Saul compie una vera e propria lotta interiore che lo
porta a giungere alle estreme conseguenze: manda
via i figli, è assalito da incubi notturni, la sua lotta
interiore si manifesta sempre al buio. Tutto ciò lo
porterà al suicidio (sconfitta, non c’è più il
titanismo)
 Il suicidio si può intendere in due modi: o come
una sconfitta dell’eroe, o come la ricerca di
quell’estrema libertà che viene negata addirittura da
Dio.
 Il disagio di Saul si manifesta al buio (notte=
momento di riflessione)
 Simboleggia la lotta contro le incertezze: solitudine
e lotta interiore
SAUL
LA FINE DI SAUL
 Saul ha perso ormai completamente la ragione: è
perseguitato dal fantasma Achimelec, il sacerdote
che ha fatto uccidere. Allontana da sé i figli, ripete
di volersi dare la morte. Al sopraggiungere
dell’esercito dei Filistei, però, dinnanzi alla notizia
che i suoi figli maschi sono morti e al pericolo di
perdere Micol, Saul all’improvviso recupera la
propria ragione, la dignità perduta e la propria
dignità regale, optando per un suicidio riparatore:
la morte ora risulta l’unico rimedio per salvare gli
affetti, espiare i peccati e consegnare la corona a
David.
 La scena iniziale è caratterizzata da moment di
follia, frenesia guerriera. Nelle ultime due scene
avviene un cambio di registro in cui Saul recupera
la sua lucidità, la ragione perduta e la calma
interiore
MIRRA
Non tratta argomenti politici, ma amorosi
 Tematica dell’incesto: Mirra è innamorata del padre Ciniro, prova una passione d’amore nei confronti del padre,
certamente non ricambiata, anche lei condotta al suicidio dai suoi sentimenti estremi.
Mirra si vergogna di ciò che prova, il segreto rimane tale per gran parte della tragedia, viene svelato solo alla fine dei 5 atti.
Mirra, per placare la passione che prova nei confronti del padre decide di sposare il re dell’Epiro ma, quest’ultimo, una
volta scoperto che Mirra è innamorata del padre, si toglie la vita. Mirra, mentre torna a casa svela al padre i suoi sentimenti
e, sovrastata dalla tristezza e dalla depressione si toglie la vita.
 La figura di Mirra è moderna: lei non pensa minimamente di consumare l’amore che prova verso il padre, è come se
non lo confessasse neanche a se stessa (mancano soliloqui)
 Amore concepito come una dipendenza su cui non si ha alcun potere
 Figura tormentata, sofferente (in modo differente dal Saul: c’è anche l’aspetto del re, della cession e del potere
 Raccolta di testi che si ispirano al Canzoniere di Petrarca, ma il
linguaggio di Alfieri è molto diverso rispetto a quello dolce di Petrarca
 Diario in cui la vita dello scrittore si accumula giorno per giorno, fedele
alla quotidianità degli avvenimenti ma senza aspirare a costruire un
disegno unitario e coerente.
 Influenza di Petrarca, Dante, Stilnovo
 Modernità: introspezione psicologica
 Testo drammatico: ricco di movenze dialogiche, incisi, sbalzi tonali
LE RIME
1. Tacito orror di solitaria selva
2. Di sì dolce tristezza il cor mi bea,
3. Che in essa al par di me non si ricrea
4. Tra’ figli suoi nessuna orrida belva.
5. E quanto addentro più il mio piè s’inselva,
6. Tanto più calma e gioja in me si crea;
7. Onde membrando com’io là godea,
8. Spesso mia mente poscia si rinselva.
9. Non ch’io gli uomini abborra, e che in me stesso
10. Mende non vegga, e più che in altri assai;
11. Nè ch’io mi creda al buon sentier più appresso:
12. Ma, non mi piacque il vil mio secol mai:
13. E dal pesante regal giogo oppresso,
14. Sol nei deserti tacciono i miei guai.
 Sonetto tratto dalle rime
 Ci sono degli aspetti che richiamano anche Alfieri preromantico (sentimento
dell’orrore, sublime)
 Selva: luogo solitario, fitto, la selva suscita il sentimento del sublime (=una dolce
tristezza, una triste gioia)
 Riferimento alla sua epoca: il suo tempo è definito vile, oppresso dalla tirannide,
Alfieri trova pace solo nei luoghi solitari. (Richiama Petrarca, ma mentre Petrarca
fuggiva dalle sofferenze amorose, Alfieri fugge dall’oppressione del suo tempo)
 Sol nei deserti tacciono i miei guai (=solo nei luoghi solitari si annullano i miei
dolori)
 Alfieri non si sente adeguato al suo tempo, ciò suscita una sorta di ribellione, non
di accettazione
TACITO ORROR DI SOLITARIA
SELVA
 Colloca con sicurezza Alfieri nel periodo illuminista.
 In particolare egli riconosce la presenza dei lumi nel
culto alfieriano della libertà e dell’uguaglianza fra gli
uomini e anche nel cosmopolitismo.
 Alfieri, secondo Mario Fubini, condivide il tratto
fondante dell’illuminismo: la persuasione che il mondo
debba e possa essere cambiato, sconfiggendo il
pregiudizio e l’errore nei diversi campi del sapere e
della vita pratica.
 L’illuminismo è inteso anche come rinascita
dell’umanità, ricondotta alla ragione e alla libertà.
MARIO FUBINI
LEONELLO
VINCENTI
Trova delle affinità con il movimento pre-romantico che, in
opposizione alla razionalità dei lumi, intendeva liberare le
passioni e dare espressione alle zone più tempestose e turbate
della sensibilità.
Vincenti mette in risalto anche il fatto che Alfieri concepisce
diversamente la morte e il rapporto tra amore e morte.
Affinità:
 incapacità di ritrovarsi nel mondo che li circonda, bisogno
di libertà, dinamismo, attivismo, vivacità della vita
sentimentale, amore di ogni grandezza, fortissimo sentire
di sé.
Differenze:
 Pre-romantici: la morte significa la liberazione
dall’individuazione, il dissolversi del Tutti.
Un altro sentimento che allarga la limitatezza umana al Tutto è
l’amore.
Amore e morte sono concepiti come affini, simili.
Alfieri: aspirazione alla morte dei personaggi alfieriani.
L’impedita volontà diviene volontà di morte.
CARLO GOLDONI
VENEZIA, 25 FEBBRAIO 1707 – PARIGI, 6 FEBBRAIO 1793
«IL MONDO È UN BEL LIBRO, MA POCO
SERVE A CHI NON LO SA LEGGERE.»
LA PAMELA, 1750
LA RIFORMA DEL
MELODRAMMA
 Melodramma= insieme di musica e parole, rappresentazione scenica
Metastasio, uno dei maggiori rappresentanti della riforma del
melodramma, era molto noto in tutta Europa, un uomo colto con grandi
privilegi anche nelle maggiori corti europee.
Riforma del melodramma= sappiamo che fino a quel momento
nell’evolversi della cultura melodrammatica prevalevano le parole sulla
musica.
Metastasio invece attua una riforma tale di modo che ci fosse più
equilibrio tra musica e testo. La Didone abbandonata è il melodramma
più famoso di Metastasio= tratta il tema dell’amore tra Didone ed Enea
come se fosse un amore contemporaneo, dei suoi tempi. Tema del
tradimento, dell’abbandono.
Il melodramma era una delle rappresentazioni preferite dal pubblico di
quel tempo. Le rappresentazioni avvenivano soprattutto nell’ambito delle
corti, dei palazzi aristocratici, nei teatri che però erano frequentati
dall’aristocrazia, nobiltà, ricchi
LA COMMEDIA DELL’ARTE
 Rispetto al melodramma, c’erano anche altre rappresentazioni teatrali molto apprezzate: erano le rappresentazioni della
cosiddetta commedia dell’arte, molto apprezzata, molto seguita e frequentata, divenuta famosa già nel seicento
 Era costituita da compagnie teatrali che si spostavano nelle corti da una città all’altra, in cui c’era un capo comico che
era di solito l’attore che rivestiva il ruolo di protagonista e tutta la compagnia quindi che era costituita proprio dagli
attori
 Nella commedia dell’arte non esisteva la trama scritta o le battute scritte dei personaggi della commedia che veniva
rappresentata, ma esisteva il ‘canovaccio’= una parte molto generica, sommaria, quella che era la trama generale della
commedia: stava alla bravura e all’abilità degli attori rappresentare e trovare quelle che erano le battute più adatte
 La commedia dell’arte era una rappresentazione comica, che destava il riso
 Gli attori si travestivano e mascheravano: i personaggi erano quelli che ritroviamo ancora oggi come personaggi del
carnevale: arlecchino, pulcinella, colombina, pantalone, balanzone
LA COMMEDIA DELL’ARTE
 Erano commedie che non rappresentavano tanto l’interiorità dei personaggi ma le maschere erano dei tipi= il buono, il
cattivo, l’avaro, il dottore, i servitori
 I personaggi erano abbastanza fissi
 Il successo della commedia riguardava e dipendeva soprattutto dalla bravura degli attori e dalla loro capacità di
inventare ed utilizzare le giuste battute
 A Venezia, Firenze, Roma, Milano c’erano tantissimi teatri in cui si recava il pubblico per assistere alla commedia
dell’arte
 Questo tipo di commedia che aveva avuto tanto successo man mano scade perché le battute e le rappresentazioni
divengono sempre più volgari, stereotipate, fisse.
 La commedia dell’arte non era ritenuta più all’altezza degli spettacoli anche idonei ad un mondo che ormai sta
cambiando (con l’illuminismo)
 Veneziano, venne avviato agli studi di medicina e giuridici ma
rinunciò ad essi, fuggendo per far parte delle compagnie teatrali
 Egli avverte che la commedia dell’arte non è più all’altezza degli
spettatori, del mondo che stava completamente cambiando con
l’illuminismo
 Questo tipo di commedia che aveva avuto tanto successo man
mano scade perché le battute e le rappresentazioni divengono
sempre più volgari, stereotipate, fisse.
 Attua una riforma sulla commedia dell’arte anche grazie al
periodo in cui egli vive, l’illuminismo
 Era molto interessato al teatro, man mano diventò uno dei
commediografi più richiesti perché attua una riforma della
commedia dell’arte (i proprietari dei teatri veneziani lo aiutano e lo
sostengono)
CARLO GOLDONI
RIFORMA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE
 Stesura scritta delle parti (gli atti) e delle battute dei personaggi
La commedia deve essere scritta (mentre nella commedia dell’arte il commediografo non aveva alcuna importanza, perché
appunto la trama e le battute non venivano scritte precisamente, ma in generale; con la riforma attuata (gradualmente) il
commediografo inizia a scrivere proprio le parti dei personaggi
Il commediografo assume molta più importanza e rilevanza rispetto alla commedia dell’arte
Inizialmente Goldoni scrive solo le battute del protagonista (nel momolo cortesano), man mano egli comincia a scrivere le
parti e le battute di tutti i personaggi
Riforma molto graduale che non sempre viene accettata dal pubblico perché spesso queste commedie così riformate di
Goldoni piacciono meno di altre commedie di altri scrittori che aderiscono ancora ai canoni della commedi dell'arte
(Goldoni rimane amareggiato da ciò, pian piano il pubblico inizia ad apprezzare sempre più le sue opere)
RIFORMA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE
 Gli attori non sono più in maschera, mostrano il loro viso. Non c’è più la maschera che rappresenta il tipo, il buono, il cattivo,
il servitore, il padrone, l’avaro, il generoso, il libertino
Il personaggio non è più un tipo ma è un personaggio di per sé che ha delle sue particolari caratteristiche diverse per ogni
commedia
Non c’è un profondo scavo psicologico, ma il personaggio comincia ad essere un personaggio a tutto tondo
 Nella vita di Goldoni ci furono dei momenti in cui le sue commedie ebbero grandissimo successo con la riforma, e altri
momenti in cui il pubblico non accettava le sue commedie per cui egli tornò a scrivere un tipo di commedia che non era
assolutamente aderente alla realtà, una commedia esotica.
Infatti alla fine della sua vita egli se ne andò in Francia, al tempo della rivoluzione francese, sperando di poter attuare con più
tranquillità la sua riforma ma questo non avvenne pienamente, anzi egli morì povero perché la pensione che gli era stata
riconosciuta dal governo francese arrivò dopo la sua morte
Egli ebbe modo di conoscere Voltaire, Rousseau che non apprezzavano più di tanto la sua riforma
RIFORMA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE
 Goldoni afferma che nella rappresentazione vuole portare il mondo e il teatro= ossia vuole portare la realtà dei suoi tempi
nella rappresentazione scenica (innovativo e rivoluzionario). Siamo in pieno illuminismo, Goldoni vuole portare nel teatro
uno spaccato della società, della realtà dei suoi tempi (cosa che con la commedia dell’arte era impensabile).
L’obiettivo di Goldoni è quello di rappresentare la realtà nelle sue commedie, anche attraverso tanta immaginazione e
verosimiglianza.
Spesso Goldoni non si sentiva compreso ed apprezzato dal pubblico però c’era la volontà di rappresentare il mondo per quello
che era.
I personaggi che vengono rappresentati sono quelli del suo tempo, i borghesi, i proprietari terrieri, le signore del tempo, le dame.
Infatti anche Mirandolina rappresenta quella che è l’affermazione della borghesia.
Egli quando rappresenta la realtà nelle sue commedie, non usa come luogo Venezia, ma esse sono ambientate in altre città come
Firenze. Ad esempio la Locandiera (protagonista Mirandolina) viene ambientata a Firenze perché temeva che i Veneziani
potessero riconoscersi in alcune caratteristiche della sua rappresentazione.
Egli spesso usa il dialetto veneziano, ma altre volte usa una lingua che è comprensibile agli italiani per espandere i luoghi delle sue
rappresentazioni.
 In alcuni scritti Goldoni dice che sul
palcoscenico vuole portare il mondo
- La realtà del suo tempo, da cui Goldoni
prende ispirazione per le sue commedie
offre varie caratteristiche. Infatti, Goldoni
afferma di prendere dal mondo: i caratteri
e i comportamenti naturali degli uomini, le
umane passioni, avvenimenti curiosi,
correnti costumi, vizi e difetti del nostro
secolo e della nostra Nazione ma anche
quelle virtù cin cui si può riparare a quei
difetti.
Il mondo ha insegnato a Goldoni a
rappresentare quella che è la realtà realtà
che lo circonda, in maniera ironica,
giocosa, piacevole, pur mettendo in
evidenza vizi, difetti e caratteri della vita
quotidiana degli uomini.
IL MONDO E IL TEATRO
 - Il teatro gli fa conoscere come rappresentare caratteri (comportamenti
dell’uomo), passioni e avvenimenti (=quindi il libro del mondo, la realtà)
affinché siano graditi agli spettatori. Goldoni afferma che ha imparato
dal teatro soprattutto a distinguere ciò che più resta impresso negli animi
umani, ciò che può suscitare meraviglia, riso, una piacevole riflessione in
loro. Meraviglia, riso e piacevoli riflessioni sono suscitati principalmente
dalla rappresentazione al naturale dei difetti e del ridicolo.
La rappresentazione avviene in maniera delicata, piacevole, non
offensiva.
IL MONDO E IL TEATRO
LA LOCANDIERA
 Protagonista Mirandolina, proprietaria di una locanda a Firenze in cui ci
sono vari avventori: alcuni sono nobili spiantati (privi di possibilità
economiche), altri invece, grazie alla loro ricchezza, pensano di poter
conquistare Mirandolina.
 Mirandolina può sembrare civettuola, nel senso che riesce ad attirare
l’interesse dei clienti. Ella, però, non si concede mai ai suoi clienti, ma
cerca soprattutto di curare quelli che sono gli interessi della locanda.
 Mirandolina è molto aggraziata, sa come gestire la locanda e sa come
trattare gli avventori (i clienti), anche se spesso i clienti travisano le
attenzioni che Mirandolina ripone nei loro confronti.
 Accanto agli avventori, come personaggio, c’è Fabrizio. Egli lavora nella
locanda come servitore. Sul letto di morte il padre di Mirandolina si è
fatto promettere dalla figlia e da Fabrizio che si sarebbero sposati.
 Mirandolina sa testare l’interesse degli uomini (infatti Fabrizio a tratti si
mostra anche geloso) ma alla fine Fabrizio e Mirandolina si sposeranno.
INTERPRETAZION
E DELL’IMMAGINE
FEMMINILE DI
MIRANDOLINA:
GIUDIZI DEI
CRITICI
DISCORDANTI
 Mirandolina è una donna che lavora, ha una
locanda a Firenze.
 Una donna libera, autonoma, sicura di sé
 Una donna che però, come locandiera, guarda ai
propri interessi (interessi anche economici)
 Donna moderna, al di fuori dei canoni del proprio
tempo (non tutti i critici ritengono che
Mirandolina sia tale)
 Siamo in pieno illuminismo, Goldoni vuole
portare nel teatro uno spaccato della società, della
realtà dei suoi tempi (cosa che con la commedia
dell’arte era impensabile).
 Senza l’illuminismo la riforma di Goldoni non
sarebbe avvenuta.
Uso dell’ironia:
 Quando Mirandolina cerca di prendere in giro gli
uomini, il marchese e soprattutto il cavaliere (aveva
un atteggiamento misogino). Mirandolina, infatti,
vuole far innamorare con l’inganno il cavaliere e
riesce nel suo intento.
 Lei finge, recita per ammaliare i corteggiatori
 Mirandolina ha le idee chiare, sa ciò che vuole, vuole
far innamorare tutti di lei per poi non concedersi a
nessuno
Mondo e teatro nella Locandiera: caratteristiche del mondo sulla scena:
 In alcuni scritti Goldoni dice che sul palcoscenico vuole portare il
mondo
 Goldoni vuole portare nel teatro la società del suo tempo con
un’impronta realistica (sempre in maniera giocosa), vuole dare
un’immagine realistica del suo tempo (proprio per questo venne anche
avversato perché non tutti erano favorevoli a questo tipo di commedia,
a volte era quasi “spiazzante” la commedia di Goldoni rispetto a quella
a cui il pubblico era abituato)
 I personaggi sono dei tipi: lo spiantato, il ricco (conte), il misogino
(cavaliere)
 Ma c’è una leggera connotazione psicologica dei personaggi: il
personaggio è un personaggio a tutto tondo che lo allontana dal tipo
della commedia dell’arte.
 Mirandolina rappresenta l’affermazione della borghesia del proprio
tempo.
RIFLESSIONI SU LA LOCANDIERA
Mondo femminile:
 Dejanira e Ortenzia: Commedianti provenienti da Firenze che si fingono
due dame illustri, che si atteggiano in un certo modo
 Rivalità tra Mirandolina e le due “attricette”, personaggi secondari
Mondo maschile:
 Composto da uomini che si fanno abbindolare dalle donne
 Infatti il cavaliere ha un atteggiamento misogino, vuole prendere le
distanze, cerca di allontanarsi giudicando tutti, il conte il marchese
perché appunto loro si facevano raggirare dalle donne.
RIFLESSIONI SU LA LOCANDIERA
I PERSONAGGI: DIFFERENZE TRA CONTE E MARCHESE
Il conte è ricco, il marchese dice al conte che non è un vero nobile perché ha comprato il suo titolo, mentre il conte rinfaccia al
marchese di aver perso tutte le proprie ricchezze. Infatti si vede che il marchese non è realmente ricco (per i regali chiede in
prestito al cavaliere delle monete).
La locandiera, atto I: L’arricchito, lo spiantato e il misogino
La commedia si apre con la presentazione, nelle prime quattro scene, di tutti i personaggi maschili.
Innanzitutto i due corteggiatori di Mirandolina:
1) Il conte: ricco mercante che ha comprato il suo titolo nobiliare
2) Il marchese: nobile spiantato che ha venduto il suo titolo e che si vanta del suo prestigio puramente formale
I due discutono sempre, il conte in modo più scherzoso e bonario, il marchese con toni più acidi e risentiti.
Il conte ostenta la sua ricchezza, il marchese nasconde la sua povertà.
Poco dopo entrano in scena anche:
3) Fabrizio: cameriere che lavora alle dipendenze di Mirandolina
4) Il cavaliere di Ripafratta: misogino, dichiara la propria misoginia (ostilità verso le donne) quando gli altri due rivelano di
essere innamorati di Mirandolina
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE
FRANCOFORTE SUL MENO, 28 AGOSTO 1749 – WEIMAR, 22 MARZO 1832
“LA PAZZIA, A VOLTE, NON È ALTRO CHE LA
RAGIONE PRESENTATA SOTTO DIVERSA
FORMA.”
CHI E’?
 Johann Wolfgang von Goethe è
considerato uno dei massimi poeti delle
nazioni europee e fu un personaggio
estremamente poliedrico, i cui interessi
spaziarono dalla letteratura, alla filosofia,
alla scienza, al diritto, all’arte, alla
botanica, all’ottica.
IL PENSIERO
 Pur non essendo un filosofo in senso stretto, Goethe elaborò un pensiero che si nutrì profondamente delle
teorizzazioni dei pensatori precedenti e sviluppò, nel corso della sua vita, delle idee originali e interessanti. Il punto di
partenza della sua speculazione, in linea con ciò che propugnavano gli aderenti allo Sturm und Drang, è che gli aspetti
più profondi della realtà non siano accessibili unicamente tramite la ragione (come credevano gli Illuministi) ma anche
col ricorso al sentimento e all’intuizione.
 L’interesse principale di Goethe è per la Natura, concepita attraverso una visione panteistica (cioè, letteralmente, “tutto
è Dio”), come unione con Dio, un tutt’uno inscindibile. La natura si qualificava come un organismo vivente in cui era
possibile riconoscere una forza divina che regge tutto ciò che esiste. Tale concezione diede il via a delle ricerche
naturalistiche che lo portarono a interpretare la natura come sede dell’evoluzione, della trasformazione non caotica, ma
graduale e differente, di un unico fenomeno originario
IL PENSIERO
 Secondo Goethe la Natura costituiva, dunque, un Tutto di cui
l’uomo era solo una manifestazione, una sua parte. E l’uomo doveva
stabilire una giusta armonia tra sensibilità e ragione, un equilibrio tra
gli impulsi e la volontà intellettuale.
 Gli studi di Goethe si rivolsero inoltre, in opposizione alla
concezione scientifica allora in voga, all’osservazione di
innumerevoli altri fenomeni. Elaborò una sua personale teoria dei
colori, facendo derivare questi ultimi dalla contrapposizione di
chiaro e scuro, cioè bianco e nero. Secondo Goethe non c’era
differenza tra la scienza e l’arte in quanto entrambe, attraverso
l’intuizione, si imbattono nella ricerca delle spiegazioni che si
nascondono al semplice ricorso ai sensi.
 Il suo interesse per la scienza lo portò a conseguire notevoli
scoperte tra cui: l’esistenza dell’osso intermascellare e quella
dell’origine del cranio dalla trasformazione delle vertebre.
IL FAUST
Goethe lavorò a quest’opera per tutta la sua vita, componendo una primissima redazione nel 1775 (l’Urfaust) a cui
seguì la stesura definitiva della prima parte e, infine, della seconda nel 1831. È sicuramente il lavoro più impegnativo, noto
e complesso che Goethe realizzò e il nucleo tematico prendeva ispirazione da un personaggio realmente vissuto nella
Germania del primo Cinquecento: Georg Faust, un mago o presunto tale che ispirò una leggenda popolare.
Quest’ultima narrava la storia di Faust che, volendo accedere ai segreti nascosti della natura, aveva stretto un patto col
diavolo: la figura del protagonista era l’esempio della superbia umana che, sbagliando, vuole sorpassare i limiti della
conoscenza segnati da Dio. Nei secoli successivi la leggenda fu rimaneggiata e volta in chiave positiva da numerosi altri
autori.
Goethe conobbe i motivi dell’opera dopo aver assistito ad una sua messinscena in uno spettacolo di burattini ed,
inizialmente, decise di aderire all’immagine di un Faust dannato e peccaminoso.
Col passare degli anni questa visione fu mutata e, nella stessa opera, avendolo accompagnato per tutta la vita, si possono
ben identificare le sue due tensioni intellettuali: quella sturmeriana della giovinezza e quella classica successiva.
 Il capolavoro è diviso in due parti: nella prima (pubblicata nel 1808)
Goethe apre il racconto con l’immagine di Faust che, infelice e
insoddisfatto per i suoi studi in quanto non gli consentivano di accedere
ai segreti della Natura, decide di volgersi verso le arti magiche. Anche
questo tentativo risulta fallimentare e il protagonista decide di uccidersi,
salvo poi ripensarci. A quel punto entra in scena il diavolo, Mefistofele,
con cui l’uomo stringe un accordo: Faust gli avrebbe concesso l’anima in
cambio anche di un solo attimo di godimento, di piacere terreno. Si apre
così il viaggio dei due, percorrendo i più vari ambienti, e Faust si
innamora di una fanciulla, Margherita. La prima parte si chiude con
l’infelicità di Faust per non poter coronare il suo amore.
IL FAUST
IL FAUST
 Nella seconda parte, Goethe abbandono la tematica sentimentale e descrive le
avventure del protagonista nel mondo. I riferimenti mitologici e classici
rendono la trama complessa, dai ricchi significati simbolici: si passa da una
corte imperiale, all’incontro e all’amore con la donna più bella del mondo
(Elena di Troia), alla partecipazione ad un sabba (un incontro di streghe).
Nella parte finale Faust, vecchio e stanco, ottiene un appezzamento di terra
ma, insoddisfatto, cerca di appropriarsi anche dei possedimenti dei suoi vicini.
La morte di questi ultimi, causata dallo stesso protagonista, lo getta in un
profondo senso di colpa e Faust decide di dedicarsi ad un’attività che fosse
utile per la collettività (la bonifica dei suoi territori). Soltanto allora realizza
cosa fosse la felicità, accompagnata da una sensazione di libertà. Pronuncia
così la frase attesa dall’inizio dell’opera («Dirò all’attimo: sei così bello,
fermati») e Mefistofele pone fine alla sua vita. Ma Faust non viene condotto
all’inferno ed è, invece, salvato dagli angeli che lo guidano verso il cielo.
I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER
 Goethe fa parte dello Sturm und Drang (movimento culturale tedesco che contribuì alla nascita del Pre-romanticismo
tedesco: alla razionalità del Neoclassicismo si contrappone l’esaltazione del sentimento, della spiritualità, dell’interiorità
tipici del Pre-Romanticismo)
 Sturm and Drang= letteralmente “tempesta e impeto”: riunisce i giovani intellettuali, animato dal rifiuto del
razionalismo in nome di un sentimento di libertà espressiva dell’artista
 Romanzo epistolare: Goethe invia delle lettere all’amico Guglielmo in cui racconta la sua storia con spontanea
soggettività.
 Werther si ritira in un paesino per vivere più tranquillamente, ad una festa incontra e conosce Carlotta (lui la chiama
Lotte), si innamora di lei.
 Carlotta però, come si usava a quei tempi, è promessa ad Alberto, che rappresenta l’antitesi di Werther.
I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER
Alberto è un uomo pragmatico, esponente dei valori borghesi: la famiglia il matrimonio, il lavoro.
Werther è un ragazzo ribelle, è colui che pur provenendo da un’estrazione sociale borghese non accetta quelli che sono i
valori della borghesia, crede nella passionalità, nei sentimenti.
L’amore è un amore contrastato, Werther ama molto Carlotta: alla fine Carlotta sposerà Alberto come era
programmato.
Per il grande dolore Werther si allontana dal paesino, va a lavorare in una grande ambasciata, non è mai soddisfatto.
Anche Carlotta è indecisa tra l’amore per il marito e l’affetto che prova per Werther ma rispetterà la consuetudine borghese
del matrimonio programmato.
Werther si darà la morte.
Personaggio insoddisfatto, irrequieto, ribelle.
Tipico personaggio del romanticismo europeo che vuole uscire fuori da quello che è l’ambiente borghese ma allo
stesso tempo non trova dei valori sostitutivi per cui è sempre spiritualmente in contrasto con sé stesso.
Caratteristiche pre-romantiche/romantiche: Situazione dell’interiorità e del sentimento, della passionalità irrisolta.
UGO FOSCOLO
ZANTE, 6 FEBBRAIO 1778 – LONDRA, 10 SETTEMBRE 1827
“E PERCHÈ FARCI VEDERE E SENTIRE LA
LIBERTÀ, E POI RITORCELA PER SEMPRE? E
INFAMEMENTE!”
LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS, 1802
LA VITA (1)
 Nato nel 1778 a Zante (isola greca del mar Ionio)
 Madre greca, padre veneziano (morì subito). La madre con i figli si
trasferì a Venezia.
 Foscolo fu subito accolto nei salotti buoni di Venezia
 Diventa amante della signora aristocratica veneziana Isabella Teotochi
Marin Albrizzi : questo serviva a Foscolo per essere introdotto negli
ambienti aristocratici veneziani.
 Animo appassionato, alla ricerca della libertà, vede in Napoleone colui
che poteva liberare l’Italia dal dominio straniero. (Sappiamo che Venezia
venne ceduta all’Austria nel 1797 con il trattato di Campoformio)
 Una volta che il Veneto viene ceduto agli austriaci, deve allontanarsi da
Venezia, si rifugia sui colli Euganei (dove poi sarà ambientato il
romanzo epistolare le ultime lettere di Jacopo Ortis)
LA VITA (2)
Nel periodo in cui Foscolo si allontana da Venezia, il fratello si suicida e Foscolo scrive il sonetto in morte del fratello
Giovanni
Deluso perché Napoleone impone una legge sull’uguaglianza dei sepolcri secondo cui il cimitero deve essere costruito
fuori città e tutte le tombe devono essere uguali. Nonostante rimanga deluso da Napoleone, continua a combattere
nell’esercito napoleonico francese
(Foscolo vede nella figura di Napoleone una figura paterna (?). A Foscolo mancava il padre.)
 Tra fine 700 e inizio 800 iniziano delle pubblicazioni, a volte neanche approvate da Foscolo, delle ultime lettere di
Jacopo Ortis
 Nel 1802 egli pubblica i sonetti pisani (a Zacinto, in morte del fratello Giovanni)
 Nel 1807 scrive il Carme dei Sepolcri
 Nel 1812 scrive il poemetto delle Grazie = dedicato a Canova, esponente del neoclassicismo
LA VITA (3)
 A Milano conosce Parini, a Firenze conosce Alfieri
 Conosce Vincenzo Monti, uno dei maggiori poeti
neoclassici italiani
 Condusse una vita al di sopra delle sue possibilità
economiche, verrà perseguitato perché ha accumulato
tanti debiti.
 Sarà costretto a fuggire dalla Francia, la sua vita
termina a Londra nel 1827, assistito dalla figlia
naturale Floriana. La sua tomba si trova a Santa Croce
(Firenze)
 Ha scritto sia testi pre-romantici sia testi Neoclassici
(le Odi all’amica risanata, Luigia Pallavicini caduta da
cavallo, poemetto delle Grazie=dedicato a Canova,
esponente del neoclassicismo)
Romanzo epistolare: lettere scritte all’amico Lorenzo Alderani. Jacopo Ortis
rappresenta Foscolo.
La storia di Jacopo Ortis è divisa in due tematiche che si bilanciano e si intersecano:
 storia d’amore infelice
 tematica politica: delusione del trattato di Campoformio. Jacopo Ortis è dovuto
fuggire da Venezia, si rifugia sui colli Euganei, vicino Padova.
Innovativo rispetto a Werther.
Qui conosce Teresa che però è promessa sposa di Odoardo
Jacopo Ortis si innamora della fanciulla, anche la fanciulla si innamora di lui, ma
l’amore è un amore contrastato. Egli è consapevole del fatto che Teresa dovrà sposare
Odoardo, anche per ragioni economiche. Per questo motivo egli, triste e addolorato,
inizia a girovagare per l’Italia, conosce Parini, racconta la sua delusione di Napoleone.
Il protagonista, prima di andar, via riesce a baciare Teresa. Egli che non potrà ottenere
l’amore che desidera da Teresa, sa che tutte le speranze di libertà sono perdute.
Jacopo Ortis vorrebbe recarsi anche in Francia, ma torna indietro, va a salutare per
l’ultima volta la madre a Venezia e poi si dà la morte.
LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS:
TRAMA
 Caratteristiche:
è la produzione giovanile di Foscolo
Linguaggio particolare che esprime il
suo animo appassionato/deluso
dall’amore
(frammentato, con diverse
interrogative)
Patria= identificata con la terra
materna= Zacinto
LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
Il suicidio di Ortis può intendersi in maniera diversa: o come una forma di
vittimismo (Ortis cede al fatto che non si sia realizzato né dal punto di vista
politico né dal punto di vista amoroso) o come una forma di titanismo.
La morte di Ortis è come se fosse importante per Foscolo perché gli
consente di sviluppare il suo pensiero.
La morte di Ortis serve a Foscolo per raggiungere una certa maturità.
Romanzo di formazione= indica il passaggio dall’età adolescenziale alla
maturità= non è positivo, termina con il suicidio
MATURAZIONE DELLA POETICA NELL’ORTIS
Concezione illuministica della vita= meccanicistica, deterministica, atomistica
L’anima non esiste, ma nell’uomo c’è anche il sentimento
L’uomo è razionalmente consapevole che con la morte finisca tutto ma ha bisogno dell’ILLUSIONE, di illudersi di poter
sopravvivere nei ricordi dei propri cari, di illudersi in ambito amoroso (è anche consapevole che sono illusioni ma ne ha bisogno
per vivere)
Importanza della memoria: la POESIA e l’ESTREMA ILLUSIONE rendono eterno l’uomo, rimarranno eterne nel tempo
La poesia sopravvivrà alla memoria= POESIA ETERNATRICE= Il poeta riesce a mandare avanti la memoria
La grande poesia quella che sa raccontare tutto dell’uomo nella sua completezza.
Tomba lacrimata: la tomba sulla quale i propri cari si recano per ricordare e piangere chi non c’è più è quella che dà la vera
eternità all’uomo
La tomba illacrimata è di chi non ha lasciato sulla terra eredità di affetti: l’uomo non è ricordato dai propri cari
Lacrimata= richiama l’acqua che dà la vita
Concezione della fugacità del tempo: tutto può essere dimenticato, ma
l’uomo attraverso la memoria=poesia riesce a far rivivere il passato
Sacralità laica= tramandare la memoria
Le due anime di Foscolo:
 neoclassica= tema della bellezza che è un’illusione: la bellezza, una
volta sfiorita, può essere ricordata dalla poesia
 preromantica= tema della morte, fugacità del tempo
Titanismo (es. quando incontra Parini ormai vecchio e molto saggio)
MATURAZIONE DELLA POETICA NELL’ORTIS
DIFFERENZE TRA I DOLORI DEL GIOVANE
WERTHER E LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
Ne I dolori del giovane Werther si narra una storia d’amore infelice
La storia di Jacopo Ortis è divisa in due tematiche che si bilanciano e si
intersecano:
 storia d’amore infelice
 tematica politica: delusione del trattato di Campoformio. Jacopo
Ortis è dovuto fuggire da Venezia, si rifugia sui colli Euganei, vicino
Padova.
I dolori del giovane Werther scritto prima della rivoluzione francese
mentre Le ultime lettere di Jacopo Ortis sono scritte dopo la rivoluzione
francese.
Mentre Werther proviene da una classe sociale elevata e si ribella ai
principi della borghesia, Ortis è uno sradicato, senza patria (deve fuggire
da Venezia, è esule).
Fa parte dei Sonetti Pisani scritti all’inizio del 1800
14 versi: 2 quartine (rima alternata), 2 terzine (rima
invertita)
Legame con la terra materna= Zacinto (idea di
bellezza, serenità)
Inizia con un’espressione che sembra continuare un
discorso già iniziato interiormente, che poi prosegue
nella forma scritta (la poesia inizia con “né”)
 Il primo punto fermo si trova alla fine della
prima terzina: le due quartine e la prima terzina
formano un’unica frase
 Gli ultimi tre versi (la seconda terzina) sono
versi gnomici, sentenziosi (separati dal resto)
 Struttura circolare: collegamento tra il fatto che
non toccherà mai più le sacre sponde/illacrimata
sepoltura
 Mette in evidenza l’io
Né più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
Del greco mar, da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L’inclito verso di colui che l’acque
Cantò fatali, ed il diverso esiglio
Per cui bello di fama e di sventura
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura.
A ZACINTO
 aspetto preromantico, doloroso = Foscolo non
può più tornare in patria, tema dell’esilio
 aspetto neoclassico= idea di sacralità della
terra materna = descrive le sacre sponde: da quel
mare nacque Venere dea della vita/dell’amore/della
bellezza (=espressioni della classicità)
Luogo cantato in tutta la sua bellezza anche da Omero
(richiama Ulisse).
Confronto tra:
* Ulisse: eroe antico= eroe compiuto di per sé,
perfetto, nonostante le avversità del fato (l’esilio) riesce
a tornare nella sua terra
* Foscolo: eroe moderno= titano= colui che è sempre
combattuto tra esigenze diverse e non porterà mai a
termine ciò che vuole (ne è consapevole), a causa
dell’esilio non tornerà nella sua terra Zante, sempre
combattuto
A ZACINTO: TEMATICHE FOSCOLIANE
Richiamo dell’acqua intesa come ciò che dà la vita= speranza di
purificazione= forma di sacralità
La parola acqua è contenuta in tante parole del sonetto (giacque, nacque,
tacque, acque, acqua, sponde, onde, fronde)
- All’acqua (=vita) si oppone la NON vita con l’illacrimata sepoltura=
mancanza di acqua, morte priva di
affetto/consolazione/protezione/conforto
- Lettura psico-analitica la frase “né più mai toccherò le sacre sponde..”
è come se Foscolo desiderasse inconsciamente un ritorno nel grembo
materno (sacro), alla terra madre= simbolo di tranquillità, sicurezza
Sacre sponde= acque fetali
Come il bimbo trova conforto del grembo materno, il defunto trova
conforto nella lacrimata sepoltura
A ZACINTO: TEMATICHE FOSCOLIANE
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI
 Differenza con A Zacinto:
A Zacinto: per tre strofe vi è un unico lungo periodo
In morte del fratello Giovanni: punteggiatura maggiore (ogni strofa ha già un significato di per sé)
 Analogie: entrami i sonetti iniziano con un’espressione che sembra continuare un discorso già iniziato interiormente, che poi prosegue nella
forma scritta
Terzina finale: terzina sentenziosa, tema dell’esilio: desiderio di tornare tra le braccia materne= patria
Struttura circolare: alla fine riprende il tema dell’esilio e della sepoltura illacrimata (speranza che i popoli stranieri di cui parla all’inizio, dove egli è
costretto ad esiliarsi, poi restituiscano il suo corpo defunto alla madre triste)
(Il fratello di Foscolo si suicida per debiti di gioco)
Nella prima strofa Foscolo parla del suo desiderio di andare a far visita alla tomba del fratello, nella seconda strofa pensa alla madre ormai
vecchia che si reca sulla tomba del figlio, nell’ultima parte parla un po’ di se stesso: egli avverte l’avversità del destino e tutti quei tormenti che
agitavano la vita del fratello.
Desiderio di trovare pace nella morte= petrarchismo: metafora del porto per parlare della morte
Dedicato al fratello Giovanni, ma prevale sempre l’io del poeta sul ricordo del fratello: mette al centro se stesso
ALLA SERA
E’ particolare perché canta la sera, un momento cantato da
molti poeti, che induce alla riflessione
La sera rappresenterebbe la pace, il nulla eterno (=visione
materialistica, lucreziana= la morte riesce a liberare l’animo
dell’uomo da ogni sofferenza), quindi la morte intesa in senso
materiale
La sera riesce a placare anche lo spirito combattivo,
guerriero di Foscolo (forma di titanismo, resistenza al dolore
che si placa con la morte, quindi con la sera)
La sera viene personificata, sera= momento di quiete, pace
La morte è percepita in termini materiali (anche quando parla
delle stagioni)
Fatal quiete= pace della morte: idea della morte intesa come
quiete, capace di placare le sofferenze
La sera porta via anche quell’inquietudine così forte che
egli prova nel suo animo, riesce a placare il momento così
doloroso che sta passando Foscolo
Forse perchè della fatal quïete
Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,
O Sera! E quando ti corteggian
liete
4Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre, e lunghe, all’universo
meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
8Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su
l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto
fugge
11Questo reo tempo, e van con lui
le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace,
dorme
14Quello spirto guerrier ch’entro
Forse perchè della fatal quïete
Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,
O Sera! E quando ti corteggian liete
4Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre, e lunghe, all’universo meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
8Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
ALLA SERA
Momento difficile per Foscolo, travagliato, vita politica
difficile
Reo tempo: malvagità del tempo presente, doloroso, difficile
Inizia con un’espressione che sembra continuare un
discorso già iniziato interiormente, che poi prosegue nella
forma scritta
Linguaggio equilibrato, bilanciato: equilibrio tra le parole
Diviso in due parti (tipica petrarchesca)
- Prima parte: parte descrittiva/contemplativa: ci sono le
premesse della riflessione che si trova nella seconda parte.
Dalla contemplazione della sera scaturisce la pace, la quiete
della morte
- Seconda parte: riflessione
Poetica foscoliana= poetica dell’illusione= tutto è
destinato a finire: l’uomo ha bisogno delle illusioni per
sopravvivere
Forse perchè della fatal quïete
Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,
O Sera! E quando ti corteggian
liete
4Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre, e lunghe, all’universo
meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
8Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su
l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto
fugge
11Questo reo tempo, e van con lui
le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace,
dorme
14Quello spirto guerrier ch’entro
Forse perchè della fatal quïete
Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,
O Sera! E quando ti corteggian liete
4Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre, e lunghe, all’universo meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
8Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
ALLA AMICA RISANATA
E’ una delle due odi scritte da Foscolo
Dedicata ad Antonietta Fagnani Arese, donna amata da Foscolo
Egli canta la guarigione dell’amica da una lunga malattia e di come lei riacquisti poi tutta la sua bellezza
Fa parte dell’espressione neoclassica di Foscolo, linguaggio neoclassico
L’ode si può dividere in due macrosequenze:
1. in una egli parla con un linguaggio classicheggiante di Antonietta Fagnani Arese che ha riacquistato la sua salute e la sua
bellezza che affascina i giovani e fa preoccupare le madri
2. nell’altra parla di come le divinità erano delle donne divinizzate per la loro bellezza (Venere= bellezza) o per altre qualità
(Bellona= guerra, Artemide= caccia, Diana= luna, Proserpina= inferi)
L’ode è dettata da un’occasione, canta una circostanza: la guarigione della donna.
Foscolo inizia a parlare dell’occasione (guarigione della donna) per poi parlare delle divinità intese come delle donne divinizzate
(in base alla concezione materialistica)
Foscolo vuole celebrare la ritornata bellezza della sua donna per trasmetterla anche ai posteri: la bellezza femminile è
fuggente, destinata a finire; è la poesia che rende eterna la bellezza.
https://it.wikisource.org/wiki/Odi_(Foscolo)/All%27amica_risanata
ALLA AMICA RISANATA
Dichiarazione di poetica: la bellezza può essere sempre cantata dalla poesia, la poesia potrà dare per sempre l’illusione di quella
bellezza che è fugace
La POESIA è ETERNATRICE: la poesia rimarrà per sempre e sarà espressione delle illusioni
Foscolo dice che dovrebbero essere maledette quelle persone che ricordano che la bellezza è fugace e che è vicino il giorno della
morte (intesa come quiete).
Temi:
 esaltazione della bellezza (si rifà al culto del bello neoclassico)
La bellezza è l’unico conforto alla follia degli uomini
 valore attribuito alla poesia: il tempo distrugge, fa finire anche la bellezza, ma la poesia è in grado di trasmettere il valore di
bello ai posteri
 tematica dell’illusione: si può trasmettere l’idea del bello grazie alla poesia, è un’illusione perché materialisticamente la
bellezza finisce, materialmente finisce tutto.
Tutto è espresso con termini preziosi, classici
ALESSANDRO MANZONI
«NON SEMPRE CIÒ CHE VIENE DOPO È
PROGRESSO.»
DEL ROMANZO STORICO, 1850
CHI E’?
 Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 da Giulia
Beccaria, figlia dell’illuminista Cesare Beccaria. I primi
anni di collegio lasciano in lui un ricordo del tutto
negativo ma lo avviano alla conoscenza di autori
moderni come Alfieri e Parini e alla lettura dei pensatori
francesi illuministi: la discendenza da Beccaria e
l’ambiente milanese pongono sicuramente delle solide
basi per il pensiero di Manzoni che, come vedremo fra
poco, recepisce molti elementi dalla cultura illuminista
rielaborandoli poi secondo la sua personale visione del
mondo.
IL PENSIERO
Al centro della poetica di Alessandro Manzoni c'è la sua personalità sensibile,
profondamente religiosa e sempre ossessionata dall'idea di peccato, in linea con le
filosofie gianseniste, deluso dal processo storico e, per certi versi, timido. Le idee
che circolavano in questo periodo, i resti dell'Illuminismo e le nuove paure
romantiche furono abbracciate e interpretate secondo la sua anima timida.
Vediamo come:
1. Eredità dell’Illuminismo: la formazione illuminista è alla base del pensiero
di Manzoni. Il suo metodo nell’affrontare questioni letterarie e politiche è
razionale e analitico. Critica i pregiudizi e le superstizioni ma, a differenza
degli illuministi, Manzoni è segnato da una profonda disillusione verso la
Storia. La sua religiosità lo porta a vedere l’uomo incapace di cavarsela con i
propri mezzi, l’uomo un essere imperfetto e perennemente corrotto che non
ha modo di risollevare il processo storico verso una nuova età dell’oro.
IL PENSIERO
2. L’interesse per la Storia: nonostante questa visione pessimistica l’interesse e la passione per la storia (argomenti che
lo mettono in contatto sia con l’Illuminismo che con il Romanticismo) sono un punto fondamentale nel lavoro
di Manzoni. Il fatto che la storia non sia un processo evolutivo verso un crescendo positivo non implica che l’indagine
storiografica non sia istruttiva, appassionante e da rivalutare. Non lo interessano i governi o le guerre disputate fra i
capi di Stato, poiché nutre una forte attenzione verso le masse e la loro sofferenza perdurante nei secoli.
3. Il romanticismo in Manzoni: in Italia il Romanticismo aveva tralasciato le tematiche più irrazionali e sconvolgenti
che questo movimento aveva avuto nel resto d’Europa. Manzoni accoglie lo stesso tipo di Romanticismo e cioè
rifiuta le idee di assoluto, di irrazionalità e di sentimentalismo prediligendo l’interesse verso il popolo e le credenze
popolari, rifiutando la rigidità del classicismo per una letteratura “vera” (non servono modelli di perfezione ma una
schietta rappresentazione del reale) e spontanea.
TEMATICHE
1. Tema della libertà e della giustizia
Manzoni, nelle opere, dimostra disposizione morale che lo porta ad essere contrario al dispotismo politico e ideologico, e a
difendere i principi della libertà e della giustizia.
2. Il rapporto tra ragione e fede
Manzoni è pessimista nei confronti della ragione umana perché dice che non riesce a spiegare e a regolare il corso della
vita. Per questo non è illuminista.
La religione sarà il mezzo per accedere a una verità superiore, capace di dare un senso alle verità parziali.
3. La religione
Per Alessandro il Cristianesimo è come regola e principio della vita. E in base al cristianesimo cambia la sua poetica.
Crede in una Provvidenza del Dio e chi risponderà al suo appello verrà salvato dai peccati, ma solo dopo la morte.
TEMATICHE
4. L'interesse per la storia
La storia interessa Manzoni sia dal punto di vista politico-
sociale sia da quello religioso: da un lato la storia fa vedere il
male che affligge l’umanità, dal altro si può vedere il valore
delle sue scelte morali dei suoi personaggi.
L’indagine storica è utile perché “vera” e consente
conoscenza reale dei problemi della vita, e la possibilità di
affrontare in modo consapevole.
5. Il messaggio sociale
Le disuguaglianze e le ingiustizie vanno combattute, ma per
farlo bisogna rivolgersi al cristianesimo.
 Sul Romanticismo è una lettera scritta da Alessandro Manzoni nel 1823,
inviata al marchese Cesare Taparelli D’Azeglio nel 1823, e pubblicata
senza il consenso di quest’ultimo nel 1846. Questa lettera è molto
importante per comprendere meglio le idee romantiche che si stavano
diffondendo in Italia, soprattutto nel nord Italia, durante gli anni '10 e
‘20 del XIX secolo.
 La lettera, scritta nel 1823 ed indirizzata al nobile piemontese (e futuro
suocero) Cesare d'Azeglio, fu successivamente rivista nel 1846 e nel
1870, quando la parte relativa alla funzione della letteratura secondo il
romanticismo, che in questa sede si analizzerà, venne sempre più a
scomparire. La lettera - se si tiene conto della versione del 1823 - è
composta in due momenti, essenzialmente: in una pars destruens, in cui
si analizza la querelle tra classicisti e romantici sulla validità dell'uso della
mitologia nella poesia con conseguente vittoria dei romantici; ed in una
pars costruens, in cui si evidenzia lo scopo civile della letteratura
secondo il movimento romantico.
LETTERA «SUL ROMANTICISMO»
 Manzoni ritiene assurdo l'uso della
mitologia, massicciamente presente nella
poesia neoclassica, perché crea una
letteratura d'evasione, elaborata secondo
l'imitazione acritica, pedissequa e
anacronistica dei classici. Inoltre, egli
ritiene che la mitologia esprima le idee del
mondo pagano e la sua morale religiosa,
basata sulla convinzione che i piaceri, i
desideri e le cose terrene portino alla
salvezza: non ha quindi senso parlare della
mitologia se non si crede nelle idee che
essa esprime:
«Ma la ragione, per la quale io ritengo detestabile l’uso
della mitologia, e utile quel sistema che tende ad
escluderla è [...] che l’uso della favola è idolatria [...] E
come fa questo la mitologia? Entrando, per quanto è
possibile, nelle idee degli uomini, che vedevano un dio in
ognuna di quelle cose; usando del loro linguaggio,
tentando di fingere una credenza a ciò, che quelli
credevano; ritenendo in somma dell’idolatria tutto ciò
che è compatibile con la falsità riconosciuta di essa.»
IL RIFIUTO DELLA MITOLOGIA
 Inoltre, Manzoni critica aspramente
l'imitazione dei classici, che non intendono
essere lo studio della cultura generale e
l'apprendimento della letteratura attraverso
le nuove generazioni, ma piuttosto
l'assolutizzazione del loro insegnamento
nell'inventare i generi letterari, quasi come
se tutta l'arte dovesse essere ridotto alla
civiltà greca e romana:
«Quello che i Romantici combattevano, è il sistema d'imitazione, che
consiste nell'adottare e nel tentare di riprodurre il concetto generale, il
punto di vista dei classici, il sistema, che consiste nel ritenere in ciascun
genere d'invenzione il modulo, ch'essi hanno adoprato, i caratteri che ci
hanno impressi, la disposizione, e la relazione delle diverse parti; l'ordine e il
progresso de' fatti, ecc. Questo sistema d'imitazione, dei quale ho appena
toccati alcuni punti; questo sistema fondato sulla supposizione a priori, che i
classici abbiano trovati tutti i generi d'invenzione, e il tipo di ciascheduno,
esiste dal risorgimento delle lettere; forse non è stato mai ridotto in teoria
perfetta, ma è stato ed è tuttavia applicato in mille casi, sottinteso in mille
decisioni, e diffuso in tutta la letteratura»
IL RIFIUTO DELL'IMITAZIONE
 Davanti alla "monumentalità" dell'arte
classica, trita sempre nelle stesse
convinzioni, Manzoni contrappone invece
la freschezza del romanticismo, il quale è
un movimento inteso per il popolo che
sente estranea la compagine classica dei
miti e delle leggende. Di conseguenza, ai
lettori interessa che il diletto che ne
consegue sia tratto da un vero che sia la
realtà che le persone vivono ogni giorno:
«...il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto
dalla cognizione del vero; è quindi temporario e accidentale [...] Ma il vero
storico e il vero morale generano pure un diletto; e questo diletto è tanto
più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è avanzata
nella cognizione del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la
letteratura proporsi di far nascere.»
L'UTILE, IL VERO ED IL DILETTEVOLE ROMANTICO
 Conoscendo la verità, il lettore può
educarsi all'etica civica e morale (qui la
funzionalità di ciò che è utile), che viene
sviluppata da un'opera letteraria che, grazie
allo strumento dell'arte, può essere
interessante e, di conseguenza, deliziosa.
Così, senza rinunciare alla componente
civica e morale della tradizione lombarda
(Giuseppe Parini e Cesare Beccaria),
Manzoni formula questo concetto
tripartito che sarà alla base de I promessi
sposi e che è alla base della poetica
manzoniana in generale:
«Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi
sembra poter essere questo: che la poesia, e la letteratura in genere debba
proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto, e l'interessante per mezzo.»
L'UTILE, IL VERO ED IL DILETTEVOLE ROMANTICO

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  • 1. DA ALFIERI A MANZONI DI MATTEO EOLINI 4G 2021
  • 3. = amore per la classicità, voler riportare la bellezza, la linearità, la semplicità dell’età classica Esaltazione della razionalità Amore per il passato, per l’età classica per eccellenza L’uomo doveva far rifiorire questa bellezza che per un po’ di tempo era stata trascurata Amore per l’antichità Classicità=quella del tempo antico greco e romano Classicismo= tutte le epoche che si sono rifatte alla classicità= imitazione dell’età classica Le forme del bello ideale si possono riportare anche nel presente Si può parlare di classicità anche per argomenti nuovi, attuali Il neoclassicismo dice “cose nuove con parole antiche” Ispirazione alla mitologia Esaltazione del bello ideale NEOCLASSICISMO
  • 4. Si rifà al contesto storico (es. neoclassicismo della rivoluzione francese)= si ritrovavano tutti quegli ideali di libertà della rivoluzione francese Differenza tra: - Classicismo rinascimentale= si avverte solo nelle corti= totale imitazione del passato - Neoclassicismo= rivede nel passato una sorta di perfezione, ma ritiene che si possa riproporre per la modernità = apertura verso la modernità = il moderno è considerato una bellezza che può essere espressa mediante parole antiche (compostezza nelle forme) = temi moderni con riferimenti antichi Perché neoclassicismo e non classicismo= perché non è solo un’imitazione del passato, ma una nuova versione di quella che era la classicità L’intellettuale si rifugia nel mondo antico perché si avvertiva il disagio del presente (contesto storico difficile) NEOCLASSICISMO
  • 5. Sentimento e irrazionalità, opposto del neoclassicismo Esaltazione dell’io interiore, la realtà è quella del proprio io Rifugiarsi nel proprio io significa evitare il presente Atteggiamento di sfida e ribellione (Titanismo= atteggiamento di sfida, spesso vana) Idea di natura come stato d’animo= non è vista come un locus amoenus, sereno, tranquillo= ma soprattutto nei paesaggi nordici (cupi, innevati, freddi), negli ambienti gotici (neri), ambienti cimiteriali, spettrali, tenebrosi Nasce l’idea del sublime e di quello che è il gotico pre-romantico= il terrore suscita un sentimento superiore al piacere, superiore al bello I pre-romantici e poi i romantici provano il senso del sublime nella solitudine, in luoghi bui, tenebrosi, nebbiosi, cimiteriali, che suscitano paura: alla paura si affianca un senso di piacevolezza: forma di piacere in qualcosa che suscita paura ASPETTO COMUNE= fuggire dal proprio tempo (“Reo tempo” dice Foscolo, “vil secolo” dice Alfieri)= esotismo= escapismo= fuggire dal presente e rifugiarsi o nel passato (neoclassicismo) o nel proprio io (pre-romanticismo) =sottolineano il disagio che vive l’intellettuale nel proprio tempo, all’intellettuale non viene più riconosciuta l’importanza che aveva nel passato PRE-ROMANTICISMO
  • 6. IL NEOCLASSICISMO SECONDO SCHILLER Il neoclassicismo è stato definito romantico proprio perché aveva aspetti comuni con il romanticismo: desiderio di assoluto, nostalgia di una felicità antica che l’uomo moderno sembra aver smarrito, ritorno al passato, recupero di un’identità perduta. Nostalgia per un antico bello e remoto, tanto diverso dalla modernità. La classicità diventa un miraggio verso un paradiso perduto e una felicità a cui non si può tornare. Schiller fa un’elaborazione teorica sulla nostalgia del passato e sul voler tornare alle origini, distingue:  La poesia ingenua= poesia degli antichi: gli uomini vivevano nello stato di natura, avevano molta fantasia e immaginazione. Nata dalla spontanea imitazione della natura e nutrita quindi di sogni e favole  La poesia sentimentale= poesia dei moderni: caratterizzata dalla ragione che non consente all’uomo di esprimere la fantasia e l’immaginazione della poesia antica. Poesia riflessiva, indaga sui limiti dell’uomo, sulla sua incapacità di capire il mondo., sul mistero della morte e del dolore. La razionalità suscita dolore nell’uomo: l’uomo è consapevole della sua finitudine rispetto all’infinità della natura.
  • 7. VITTORIO ALFIERI ASTI, 16 GENNAIO 1749 – FIRENZE, 8 OTTOBRE 1803
  • 8. “LEGGERE, COME IO L'INTENDO, VUOL DIRE PROFONDAMENTE PENSARE” DEL PRINCIPE E DELLE LETTERE, 1786
  • 9. LA VITA  Di origine aristocratica, famiglia molto ricca, nato ad Asti (piemontese), faceva parte del regno sabaudo. Il padre morì presto, la madre si risposò. Educato nell’accademia militare di Torino, così come si faceva per tutti i giovani nobili aristocratici. Egli, però, non proseguì la carriera militare ma si allontanò da questa, poiché riteneva non fosse utile per la sua formazione.  Viaggiò molto, a quel tempo i giovani agiati compivano il gran tour: intorno ai 18/20 anni i giovani economicamente benestanti viaggiavano per tutta Europa (anche nelle corti: corte di Versailles a Parigi, corte di Prussia, di Austria. Viaggiò in Spagna, Scandinavia, Russia). Parini, viaggiando, ebbe modo di frequentare i salotti buoni. Era sempre insoddisfatto, sia di sé sia degli ambienti che frequentava.  Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle regge (ad esempio nella corte di Maria Teresa d’Austria critica l’inchino fatto da Metastasio alla regina). Pensiero un po’ contraddittorio: egli era un aristocratico. Critico anche nei confronti delle istituzioni politiche che egli incontra durante il viaggio.
  • 10. LA VITA  Ebbe una vita frenetica, ma infine si legò a Maria Luisa Stolberg (moglie di un pretendente del regno di Inghilterra) fu legame duraturo, durò fino alla morte. Concluso il gran tour, Alfieri torna in Italia, si allontana dal Piemonte e va a vivere a Firenze, in Toscana. La lingua ufficiale del regno sabaudo era il francese. Alfieri parlava francese, non italiano. Alfieri decide di “spiemontizzarsi”, ossia di non appartenere più al regno sabaudo, rinunciando alla ricca eredità della sua famiglia, eredità che cede alla sorella, in cambio di un vitalizio con cui potrà vivere bene per tutto il resto della sua vita.  In questo momento Alfieri inizia a dedicarsi agli studi, con l’intento di conoscere la lingua italiana (fiorentina). Da quando arriva in Toscana, egli non parlerà più una parola di francese. Vuole imparare l’italiano. Alfieri studia la lingua italiana fiorentina sia attraverso gli autori più importanti, sia attraverso la lingua fiorentina parlata da tutti.
  • 11. PENSIERO E POETICA  Alfieri scrive tante tragedie ispirandosi a quelle della classicità (riprende il mito, la tragedia greca), opere politiche, rime (testi poetici, sonetti). Scritte tutte in italiano fiorentino. Tragedia disinventata: Alfieri non inventa i protagonisti, i personaggi sono ripresi da tragedie già esistenti Alfieri si rifà a contenuti già noti.  Atteggiamenti aristocratici: Alfieri si sente non compreso ma nello stesso tempo in lui c’è un forte individualismo (contrapposto all’ideale di cosmopolitismo che dovrebbe avere chi viaggia). Ad esempio le commedie erano scritte per essere lette ma non rappresentate: Alfieri non voleva che le sue tragedie venissero messe in scena, le faceva rappresentare nelle sue corti davanti a pochi eletti.
  • 12. PERSONAGGI ALFIERIANI  Personaggi alfieriani (nelle tragedie)= personaggi privi di pace, che scavano tanto nella loro interiorità, lottano in se stessi, non trovano mai un equilibrio nella loro interiorità. I personaggi (soprattutto i protagonisti delle tragedie di Alfieri) presentano tutti sempre la stessa caratteristica: lo scavo interiore. Non avviene un’evoluzione del personaggio, ma il personaggio non trova la sua serenità d’animo, riflette Alfieri stesso. Alfieri si scaglia contro ogni forma di assolutismo, (perchè l’assolutismo reprime la libertà individuale) tirannia (Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle regge) e in realtà è un personaggio che lotta con se stesso, che non trova pace con se stesso. Nei suoi scritti politici (della tirannide) ritiene che l’uomo è incatenato da coloro che sono i tiranni ed è come se questa tirannia fosse in se stesso: Alfieri non riesce a trovare quella libertà a cui aspirerebbe tanto.
  • 13.  Alfieri è un personaggio TITANICO: nella mitologia i titani sono i giganti che cercano di scalare l’Olimpo per togliere il potere a Zeus. I titani combattono con tutte le loro forze contro quello che è il potere tirannico di Zeus. I titani, pur consapevoli di essere sconfitti, quindi di non riuscire mai a sconfiggere Zeus, continuano a combattere alla ricerca della libertà.  TITANISMO= continua lotta nella ricerca di una libertà (anche interiore) nei confronti di un potere assoluto (prigionia in cui si trova l’uomo stesso). Ribelle ad ogni forma di oppressione politica/interiore. Sfida continua contro ciò che limita la libertà individuale e collettiva, anche nella consapevolezza della sconfitta. TITANISMO ALFIERIANO
  • 14. ALFIERI E NATURA  SENTIMENTO DEL SUBLIME= fascino per i paesaggi nordici, Scandinavi (ci sono condizioni avverse alla vita umana). La natura così intatta, i boschi fitti, il cielo sempre grigio presenti in questi paesaggi destano nell’uomo un senso di paura, angoscia e, secondo Alfieri, ciò che fa paura suscita un sentimento superiore a quello che provoca il “bello”: il sentimento del sublime. La natura non è una natura serena, rigogliosa, tranquilla, ma una natura/un ambiente difficile: un ambiente difficile, in cui bisogna resistere, bisogna combattere. Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle regge Alfieri: sopraffatto da una forza interna che sente in sé per cui non è mai soddisfatto di sé stesso. Egli vuole combattere contro tutto e tutti ma in fondo quella di Alfieri è una lotta interiore.
  • 15. TRAGEDIE Scritte in versi, scritte per essere lette ma non rappresentate: Alfieri non voleva che le sue tragedie venissero messe in scema le faceva rappresentare nelle sue corti davanti a pochi eletti (atteggiamento aristocratico): rappresentazioni private Ci sono tre momenti nella scrittura di una tragedia: 1. inventare= anche ispirandosi a tragedie antiche 2. stendere= scrivere in prosa il contenuto della tragedia 3. verseggiare= trasformare la prosa in versi, avviene uno ‘scarto’ di parole rispetto alla prosa. La singola parola assume importanza: il linguaggio di Alfieri nelle tragedie è un linguaggio frammentato, scarno, secco, deciso. Vengono rappresentate passioni estreme Stile aspro e tragico: usa contorsioni sintattiche, asprezze fonetiche e neologismi
  • 16.  Argomento biblico  Saul è un re ebraico, deve combattere contro i Filistei, ma ormai è vecchio, non ha più le forze  è assistito da un consigliere Abner (cugino di Saul).  Ha come suo antagonista David (il genero), colui che combatte contro il gigante Golia, e Micol (figlia di Saul).  Saul, anche se non ha più le forze, ormai vecchio, ripensa a quanto era valoroso da giovane, ma in lui rimane la voglia di primeggiare su tutto e tutti (infatti caccia anche Davide che vorrebbe aiutarlo mentre combatte con i Filistei)  Titanismo nei confronti di se stesso, ma soprattutto nei confronti di Dio (i sente abbandonato, non si sente più protetto o privilegiato) SAUL
  • 17.  Abner fa credere a Saul che è lui a poter sconfiggere il nemico ma in realtà egli è consapevole di non avere più quelle capacità che aveva un tempo.  Saul compie una vera e propria lotta interiore che lo porta a giungere alle estreme conseguenze: manda via i figli, è assalito da incubi notturni, la sua lotta interiore si manifesta sempre al buio. Tutto ciò lo porterà al suicidio (sconfitta, non c’è più il titanismo)  Il suicidio si può intendere in due modi: o come una sconfitta dell’eroe, o come la ricerca di quell’estrema libertà che viene negata addirittura da Dio.  Il disagio di Saul si manifesta al buio (notte= momento di riflessione)  Simboleggia la lotta contro le incertezze: solitudine e lotta interiore SAUL
  • 18. LA FINE DI SAUL  Saul ha perso ormai completamente la ragione: è perseguitato dal fantasma Achimelec, il sacerdote che ha fatto uccidere. Allontana da sé i figli, ripete di volersi dare la morte. Al sopraggiungere dell’esercito dei Filistei, però, dinnanzi alla notizia che i suoi figli maschi sono morti e al pericolo di perdere Micol, Saul all’improvviso recupera la propria ragione, la dignità perduta e la propria dignità regale, optando per un suicidio riparatore: la morte ora risulta l’unico rimedio per salvare gli affetti, espiare i peccati e consegnare la corona a David.  La scena iniziale è caratterizzata da moment di follia, frenesia guerriera. Nelle ultime due scene avviene un cambio di registro in cui Saul recupera la sua lucidità, la ragione perduta e la calma interiore
  • 19. MIRRA Non tratta argomenti politici, ma amorosi  Tematica dell’incesto: Mirra è innamorata del padre Ciniro, prova una passione d’amore nei confronti del padre, certamente non ricambiata, anche lei condotta al suicidio dai suoi sentimenti estremi. Mirra si vergogna di ciò che prova, il segreto rimane tale per gran parte della tragedia, viene svelato solo alla fine dei 5 atti. Mirra, per placare la passione che prova nei confronti del padre decide di sposare il re dell’Epiro ma, quest’ultimo, una volta scoperto che Mirra è innamorata del padre, si toglie la vita. Mirra, mentre torna a casa svela al padre i suoi sentimenti e, sovrastata dalla tristezza e dalla depressione si toglie la vita.  La figura di Mirra è moderna: lei non pensa minimamente di consumare l’amore che prova verso il padre, è come se non lo confessasse neanche a se stessa (mancano soliloqui)  Amore concepito come una dipendenza su cui non si ha alcun potere  Figura tormentata, sofferente (in modo differente dal Saul: c’è anche l’aspetto del re, della cession e del potere
  • 20.  Raccolta di testi che si ispirano al Canzoniere di Petrarca, ma il linguaggio di Alfieri è molto diverso rispetto a quello dolce di Petrarca  Diario in cui la vita dello scrittore si accumula giorno per giorno, fedele alla quotidianità degli avvenimenti ma senza aspirare a costruire un disegno unitario e coerente.  Influenza di Petrarca, Dante, Stilnovo  Modernità: introspezione psicologica  Testo drammatico: ricco di movenze dialogiche, incisi, sbalzi tonali LE RIME
  • 21. 1. Tacito orror di solitaria selva 2. Di sì dolce tristezza il cor mi bea, 3. Che in essa al par di me non si ricrea 4. Tra’ figli suoi nessuna orrida belva. 5. E quanto addentro più il mio piè s’inselva, 6. Tanto più calma e gioja in me si crea; 7. Onde membrando com’io là godea, 8. Spesso mia mente poscia si rinselva. 9. Non ch’io gli uomini abborra, e che in me stesso 10. Mende non vegga, e più che in altri assai; 11. Nè ch’io mi creda al buon sentier più appresso: 12. Ma, non mi piacque il vil mio secol mai: 13. E dal pesante regal giogo oppresso, 14. Sol nei deserti tacciono i miei guai.  Sonetto tratto dalle rime  Ci sono degli aspetti che richiamano anche Alfieri preromantico (sentimento dell’orrore, sublime)  Selva: luogo solitario, fitto, la selva suscita il sentimento del sublime (=una dolce tristezza, una triste gioia)  Riferimento alla sua epoca: il suo tempo è definito vile, oppresso dalla tirannide, Alfieri trova pace solo nei luoghi solitari. (Richiama Petrarca, ma mentre Petrarca fuggiva dalle sofferenze amorose, Alfieri fugge dall’oppressione del suo tempo)  Sol nei deserti tacciono i miei guai (=solo nei luoghi solitari si annullano i miei dolori)  Alfieri non si sente adeguato al suo tempo, ciò suscita una sorta di ribellione, non di accettazione TACITO ORROR DI SOLITARIA SELVA
  • 22.  Colloca con sicurezza Alfieri nel periodo illuminista.  In particolare egli riconosce la presenza dei lumi nel culto alfieriano della libertà e dell’uguaglianza fra gli uomini e anche nel cosmopolitismo.  Alfieri, secondo Mario Fubini, condivide il tratto fondante dell’illuminismo: la persuasione che il mondo debba e possa essere cambiato, sconfiggendo il pregiudizio e l’errore nei diversi campi del sapere e della vita pratica.  L’illuminismo è inteso anche come rinascita dell’umanità, ricondotta alla ragione e alla libertà. MARIO FUBINI
  • 23. LEONELLO VINCENTI Trova delle affinità con il movimento pre-romantico che, in opposizione alla razionalità dei lumi, intendeva liberare le passioni e dare espressione alle zone più tempestose e turbate della sensibilità. Vincenti mette in risalto anche il fatto che Alfieri concepisce diversamente la morte e il rapporto tra amore e morte. Affinità:  incapacità di ritrovarsi nel mondo che li circonda, bisogno di libertà, dinamismo, attivismo, vivacità della vita sentimentale, amore di ogni grandezza, fortissimo sentire di sé. Differenze:  Pre-romantici: la morte significa la liberazione dall’individuazione, il dissolversi del Tutti. Un altro sentimento che allarga la limitatezza umana al Tutto è l’amore. Amore e morte sono concepiti come affini, simili. Alfieri: aspirazione alla morte dei personaggi alfieriani. L’impedita volontà diviene volontà di morte.
  • 24. CARLO GOLDONI VENEZIA, 25 FEBBRAIO 1707 – PARIGI, 6 FEBBRAIO 1793
  • 25. «IL MONDO È UN BEL LIBRO, MA POCO SERVE A CHI NON LO SA LEGGERE.» LA PAMELA, 1750
  • 26. LA RIFORMA DEL MELODRAMMA  Melodramma= insieme di musica e parole, rappresentazione scenica Metastasio, uno dei maggiori rappresentanti della riforma del melodramma, era molto noto in tutta Europa, un uomo colto con grandi privilegi anche nelle maggiori corti europee. Riforma del melodramma= sappiamo che fino a quel momento nell’evolversi della cultura melodrammatica prevalevano le parole sulla musica. Metastasio invece attua una riforma tale di modo che ci fosse più equilibrio tra musica e testo. La Didone abbandonata è il melodramma più famoso di Metastasio= tratta il tema dell’amore tra Didone ed Enea come se fosse un amore contemporaneo, dei suoi tempi. Tema del tradimento, dell’abbandono. Il melodramma era una delle rappresentazioni preferite dal pubblico di quel tempo. Le rappresentazioni avvenivano soprattutto nell’ambito delle corti, dei palazzi aristocratici, nei teatri che però erano frequentati dall’aristocrazia, nobiltà, ricchi
  • 27. LA COMMEDIA DELL’ARTE  Rispetto al melodramma, c’erano anche altre rappresentazioni teatrali molto apprezzate: erano le rappresentazioni della cosiddetta commedia dell’arte, molto apprezzata, molto seguita e frequentata, divenuta famosa già nel seicento  Era costituita da compagnie teatrali che si spostavano nelle corti da una città all’altra, in cui c’era un capo comico che era di solito l’attore che rivestiva il ruolo di protagonista e tutta la compagnia quindi che era costituita proprio dagli attori  Nella commedia dell’arte non esisteva la trama scritta o le battute scritte dei personaggi della commedia che veniva rappresentata, ma esisteva il ‘canovaccio’= una parte molto generica, sommaria, quella che era la trama generale della commedia: stava alla bravura e all’abilità degli attori rappresentare e trovare quelle che erano le battute più adatte  La commedia dell’arte era una rappresentazione comica, che destava il riso  Gli attori si travestivano e mascheravano: i personaggi erano quelli che ritroviamo ancora oggi come personaggi del carnevale: arlecchino, pulcinella, colombina, pantalone, balanzone
  • 28. LA COMMEDIA DELL’ARTE  Erano commedie che non rappresentavano tanto l’interiorità dei personaggi ma le maschere erano dei tipi= il buono, il cattivo, l’avaro, il dottore, i servitori  I personaggi erano abbastanza fissi  Il successo della commedia riguardava e dipendeva soprattutto dalla bravura degli attori e dalla loro capacità di inventare ed utilizzare le giuste battute  A Venezia, Firenze, Roma, Milano c’erano tantissimi teatri in cui si recava il pubblico per assistere alla commedia dell’arte  Questo tipo di commedia che aveva avuto tanto successo man mano scade perché le battute e le rappresentazioni divengono sempre più volgari, stereotipate, fisse.  La commedia dell’arte non era ritenuta più all’altezza degli spettacoli anche idonei ad un mondo che ormai sta cambiando (con l’illuminismo)
  • 29.  Veneziano, venne avviato agli studi di medicina e giuridici ma rinunciò ad essi, fuggendo per far parte delle compagnie teatrali  Egli avverte che la commedia dell’arte non è più all’altezza degli spettatori, del mondo che stava completamente cambiando con l’illuminismo  Questo tipo di commedia che aveva avuto tanto successo man mano scade perché le battute e le rappresentazioni divengono sempre più volgari, stereotipate, fisse.  Attua una riforma sulla commedia dell’arte anche grazie al periodo in cui egli vive, l’illuminismo  Era molto interessato al teatro, man mano diventò uno dei commediografi più richiesti perché attua una riforma della commedia dell’arte (i proprietari dei teatri veneziani lo aiutano e lo sostengono) CARLO GOLDONI
  • 30. RIFORMA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE  Stesura scritta delle parti (gli atti) e delle battute dei personaggi La commedia deve essere scritta (mentre nella commedia dell’arte il commediografo non aveva alcuna importanza, perché appunto la trama e le battute non venivano scritte precisamente, ma in generale; con la riforma attuata (gradualmente) il commediografo inizia a scrivere proprio le parti dei personaggi Il commediografo assume molta più importanza e rilevanza rispetto alla commedia dell’arte Inizialmente Goldoni scrive solo le battute del protagonista (nel momolo cortesano), man mano egli comincia a scrivere le parti e le battute di tutti i personaggi Riforma molto graduale che non sempre viene accettata dal pubblico perché spesso queste commedie così riformate di Goldoni piacciono meno di altre commedie di altri scrittori che aderiscono ancora ai canoni della commedi dell'arte (Goldoni rimane amareggiato da ciò, pian piano il pubblico inizia ad apprezzare sempre più le sue opere)
  • 31. RIFORMA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE  Gli attori non sono più in maschera, mostrano il loro viso. Non c’è più la maschera che rappresenta il tipo, il buono, il cattivo, il servitore, il padrone, l’avaro, il generoso, il libertino Il personaggio non è più un tipo ma è un personaggio di per sé che ha delle sue particolari caratteristiche diverse per ogni commedia Non c’è un profondo scavo psicologico, ma il personaggio comincia ad essere un personaggio a tutto tondo  Nella vita di Goldoni ci furono dei momenti in cui le sue commedie ebbero grandissimo successo con la riforma, e altri momenti in cui il pubblico non accettava le sue commedie per cui egli tornò a scrivere un tipo di commedia che non era assolutamente aderente alla realtà, una commedia esotica. Infatti alla fine della sua vita egli se ne andò in Francia, al tempo della rivoluzione francese, sperando di poter attuare con più tranquillità la sua riforma ma questo non avvenne pienamente, anzi egli morì povero perché la pensione che gli era stata riconosciuta dal governo francese arrivò dopo la sua morte Egli ebbe modo di conoscere Voltaire, Rousseau che non apprezzavano più di tanto la sua riforma
  • 32. RIFORMA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE  Goldoni afferma che nella rappresentazione vuole portare il mondo e il teatro= ossia vuole portare la realtà dei suoi tempi nella rappresentazione scenica (innovativo e rivoluzionario). Siamo in pieno illuminismo, Goldoni vuole portare nel teatro uno spaccato della società, della realtà dei suoi tempi (cosa che con la commedia dell’arte era impensabile). L’obiettivo di Goldoni è quello di rappresentare la realtà nelle sue commedie, anche attraverso tanta immaginazione e verosimiglianza. Spesso Goldoni non si sentiva compreso ed apprezzato dal pubblico però c’era la volontà di rappresentare il mondo per quello che era. I personaggi che vengono rappresentati sono quelli del suo tempo, i borghesi, i proprietari terrieri, le signore del tempo, le dame. Infatti anche Mirandolina rappresenta quella che è l’affermazione della borghesia. Egli quando rappresenta la realtà nelle sue commedie, non usa come luogo Venezia, ma esse sono ambientate in altre città come Firenze. Ad esempio la Locandiera (protagonista Mirandolina) viene ambientata a Firenze perché temeva che i Veneziani potessero riconoscersi in alcune caratteristiche della sua rappresentazione. Egli spesso usa il dialetto veneziano, ma altre volte usa una lingua che è comprensibile agli italiani per espandere i luoghi delle sue rappresentazioni.
  • 33.  In alcuni scritti Goldoni dice che sul palcoscenico vuole portare il mondo - La realtà del suo tempo, da cui Goldoni prende ispirazione per le sue commedie offre varie caratteristiche. Infatti, Goldoni afferma di prendere dal mondo: i caratteri e i comportamenti naturali degli uomini, le umane passioni, avvenimenti curiosi, correnti costumi, vizi e difetti del nostro secolo e della nostra Nazione ma anche quelle virtù cin cui si può riparare a quei difetti. Il mondo ha insegnato a Goldoni a rappresentare quella che è la realtà realtà che lo circonda, in maniera ironica, giocosa, piacevole, pur mettendo in evidenza vizi, difetti e caratteri della vita quotidiana degli uomini. IL MONDO E IL TEATRO
  • 34.  - Il teatro gli fa conoscere come rappresentare caratteri (comportamenti dell’uomo), passioni e avvenimenti (=quindi il libro del mondo, la realtà) affinché siano graditi agli spettatori. Goldoni afferma che ha imparato dal teatro soprattutto a distinguere ciò che più resta impresso negli animi umani, ciò che può suscitare meraviglia, riso, una piacevole riflessione in loro. Meraviglia, riso e piacevoli riflessioni sono suscitati principalmente dalla rappresentazione al naturale dei difetti e del ridicolo. La rappresentazione avviene in maniera delicata, piacevole, non offensiva. IL MONDO E IL TEATRO
  • 35. LA LOCANDIERA  Protagonista Mirandolina, proprietaria di una locanda a Firenze in cui ci sono vari avventori: alcuni sono nobili spiantati (privi di possibilità economiche), altri invece, grazie alla loro ricchezza, pensano di poter conquistare Mirandolina.  Mirandolina può sembrare civettuola, nel senso che riesce ad attirare l’interesse dei clienti. Ella, però, non si concede mai ai suoi clienti, ma cerca soprattutto di curare quelli che sono gli interessi della locanda.  Mirandolina è molto aggraziata, sa come gestire la locanda e sa come trattare gli avventori (i clienti), anche se spesso i clienti travisano le attenzioni che Mirandolina ripone nei loro confronti.  Accanto agli avventori, come personaggio, c’è Fabrizio. Egli lavora nella locanda come servitore. Sul letto di morte il padre di Mirandolina si è fatto promettere dalla figlia e da Fabrizio che si sarebbero sposati.  Mirandolina sa testare l’interesse degli uomini (infatti Fabrizio a tratti si mostra anche geloso) ma alla fine Fabrizio e Mirandolina si sposeranno.
  • 36. INTERPRETAZION E DELL’IMMAGINE FEMMINILE DI MIRANDOLINA: GIUDIZI DEI CRITICI DISCORDANTI  Mirandolina è una donna che lavora, ha una locanda a Firenze.  Una donna libera, autonoma, sicura di sé  Una donna che però, come locandiera, guarda ai propri interessi (interessi anche economici)  Donna moderna, al di fuori dei canoni del proprio tempo (non tutti i critici ritengono che Mirandolina sia tale)  Siamo in pieno illuminismo, Goldoni vuole portare nel teatro uno spaccato della società, della realtà dei suoi tempi (cosa che con la commedia dell’arte era impensabile).  Senza l’illuminismo la riforma di Goldoni non sarebbe avvenuta.
  • 37. Uso dell’ironia:  Quando Mirandolina cerca di prendere in giro gli uomini, il marchese e soprattutto il cavaliere (aveva un atteggiamento misogino). Mirandolina, infatti, vuole far innamorare con l’inganno il cavaliere e riesce nel suo intento.  Lei finge, recita per ammaliare i corteggiatori  Mirandolina ha le idee chiare, sa ciò che vuole, vuole far innamorare tutti di lei per poi non concedersi a nessuno Mondo e teatro nella Locandiera: caratteristiche del mondo sulla scena:  In alcuni scritti Goldoni dice che sul palcoscenico vuole portare il mondo  Goldoni vuole portare nel teatro la società del suo tempo con un’impronta realistica (sempre in maniera giocosa), vuole dare un’immagine realistica del suo tempo (proprio per questo venne anche avversato perché non tutti erano favorevoli a questo tipo di commedia, a volte era quasi “spiazzante” la commedia di Goldoni rispetto a quella a cui il pubblico era abituato)  I personaggi sono dei tipi: lo spiantato, il ricco (conte), il misogino (cavaliere)  Ma c’è una leggera connotazione psicologica dei personaggi: il personaggio è un personaggio a tutto tondo che lo allontana dal tipo della commedia dell’arte.  Mirandolina rappresenta l’affermazione della borghesia del proprio tempo. RIFLESSIONI SU LA LOCANDIERA
  • 38. Mondo femminile:  Dejanira e Ortenzia: Commedianti provenienti da Firenze che si fingono due dame illustri, che si atteggiano in un certo modo  Rivalità tra Mirandolina e le due “attricette”, personaggi secondari Mondo maschile:  Composto da uomini che si fanno abbindolare dalle donne  Infatti il cavaliere ha un atteggiamento misogino, vuole prendere le distanze, cerca di allontanarsi giudicando tutti, il conte il marchese perché appunto loro si facevano raggirare dalle donne. RIFLESSIONI SU LA LOCANDIERA
  • 39. I PERSONAGGI: DIFFERENZE TRA CONTE E MARCHESE Il conte è ricco, il marchese dice al conte che non è un vero nobile perché ha comprato il suo titolo, mentre il conte rinfaccia al marchese di aver perso tutte le proprie ricchezze. Infatti si vede che il marchese non è realmente ricco (per i regali chiede in prestito al cavaliere delle monete). La locandiera, atto I: L’arricchito, lo spiantato e il misogino La commedia si apre con la presentazione, nelle prime quattro scene, di tutti i personaggi maschili. Innanzitutto i due corteggiatori di Mirandolina: 1) Il conte: ricco mercante che ha comprato il suo titolo nobiliare 2) Il marchese: nobile spiantato che ha venduto il suo titolo e che si vanta del suo prestigio puramente formale I due discutono sempre, il conte in modo più scherzoso e bonario, il marchese con toni più acidi e risentiti. Il conte ostenta la sua ricchezza, il marchese nasconde la sua povertà. Poco dopo entrano in scena anche: 3) Fabrizio: cameriere che lavora alle dipendenze di Mirandolina 4) Il cavaliere di Ripafratta: misogino, dichiara la propria misoginia (ostilità verso le donne) quando gli altri due rivelano di essere innamorati di Mirandolina
  • 40. JOHANN WOLFGANG VON GOETHE FRANCOFORTE SUL MENO, 28 AGOSTO 1749 – WEIMAR, 22 MARZO 1832
  • 41. “LA PAZZIA, A VOLTE, NON È ALTRO CHE LA RAGIONE PRESENTATA SOTTO DIVERSA FORMA.”
  • 42. CHI E’?  Johann Wolfgang von Goethe è considerato uno dei massimi poeti delle nazioni europee e fu un personaggio estremamente poliedrico, i cui interessi spaziarono dalla letteratura, alla filosofia, alla scienza, al diritto, all’arte, alla botanica, all’ottica.
  • 43. IL PENSIERO  Pur non essendo un filosofo in senso stretto, Goethe elaborò un pensiero che si nutrì profondamente delle teorizzazioni dei pensatori precedenti e sviluppò, nel corso della sua vita, delle idee originali e interessanti. Il punto di partenza della sua speculazione, in linea con ciò che propugnavano gli aderenti allo Sturm und Drang, è che gli aspetti più profondi della realtà non siano accessibili unicamente tramite la ragione (come credevano gli Illuministi) ma anche col ricorso al sentimento e all’intuizione.  L’interesse principale di Goethe è per la Natura, concepita attraverso una visione panteistica (cioè, letteralmente, “tutto è Dio”), come unione con Dio, un tutt’uno inscindibile. La natura si qualificava come un organismo vivente in cui era possibile riconoscere una forza divina che regge tutto ciò che esiste. Tale concezione diede il via a delle ricerche naturalistiche che lo portarono a interpretare la natura come sede dell’evoluzione, della trasformazione non caotica, ma graduale e differente, di un unico fenomeno originario
  • 44. IL PENSIERO  Secondo Goethe la Natura costituiva, dunque, un Tutto di cui l’uomo era solo una manifestazione, una sua parte. E l’uomo doveva stabilire una giusta armonia tra sensibilità e ragione, un equilibrio tra gli impulsi e la volontà intellettuale.  Gli studi di Goethe si rivolsero inoltre, in opposizione alla concezione scientifica allora in voga, all’osservazione di innumerevoli altri fenomeni. Elaborò una sua personale teoria dei colori, facendo derivare questi ultimi dalla contrapposizione di chiaro e scuro, cioè bianco e nero. Secondo Goethe non c’era differenza tra la scienza e l’arte in quanto entrambe, attraverso l’intuizione, si imbattono nella ricerca delle spiegazioni che si nascondono al semplice ricorso ai sensi.  Il suo interesse per la scienza lo portò a conseguire notevoli scoperte tra cui: l’esistenza dell’osso intermascellare e quella dell’origine del cranio dalla trasformazione delle vertebre.
  • 45. IL FAUST Goethe lavorò a quest’opera per tutta la sua vita, componendo una primissima redazione nel 1775 (l’Urfaust) a cui seguì la stesura definitiva della prima parte e, infine, della seconda nel 1831. È sicuramente il lavoro più impegnativo, noto e complesso che Goethe realizzò e il nucleo tematico prendeva ispirazione da un personaggio realmente vissuto nella Germania del primo Cinquecento: Georg Faust, un mago o presunto tale che ispirò una leggenda popolare. Quest’ultima narrava la storia di Faust che, volendo accedere ai segreti nascosti della natura, aveva stretto un patto col diavolo: la figura del protagonista era l’esempio della superbia umana che, sbagliando, vuole sorpassare i limiti della conoscenza segnati da Dio. Nei secoli successivi la leggenda fu rimaneggiata e volta in chiave positiva da numerosi altri autori. Goethe conobbe i motivi dell’opera dopo aver assistito ad una sua messinscena in uno spettacolo di burattini ed, inizialmente, decise di aderire all’immagine di un Faust dannato e peccaminoso. Col passare degli anni questa visione fu mutata e, nella stessa opera, avendolo accompagnato per tutta la vita, si possono ben identificare le sue due tensioni intellettuali: quella sturmeriana della giovinezza e quella classica successiva.
  • 46.  Il capolavoro è diviso in due parti: nella prima (pubblicata nel 1808) Goethe apre il racconto con l’immagine di Faust che, infelice e insoddisfatto per i suoi studi in quanto non gli consentivano di accedere ai segreti della Natura, decide di volgersi verso le arti magiche. Anche questo tentativo risulta fallimentare e il protagonista decide di uccidersi, salvo poi ripensarci. A quel punto entra in scena il diavolo, Mefistofele, con cui l’uomo stringe un accordo: Faust gli avrebbe concesso l’anima in cambio anche di un solo attimo di godimento, di piacere terreno. Si apre così il viaggio dei due, percorrendo i più vari ambienti, e Faust si innamora di una fanciulla, Margherita. La prima parte si chiude con l’infelicità di Faust per non poter coronare il suo amore. IL FAUST
  • 47. IL FAUST  Nella seconda parte, Goethe abbandono la tematica sentimentale e descrive le avventure del protagonista nel mondo. I riferimenti mitologici e classici rendono la trama complessa, dai ricchi significati simbolici: si passa da una corte imperiale, all’incontro e all’amore con la donna più bella del mondo (Elena di Troia), alla partecipazione ad un sabba (un incontro di streghe). Nella parte finale Faust, vecchio e stanco, ottiene un appezzamento di terra ma, insoddisfatto, cerca di appropriarsi anche dei possedimenti dei suoi vicini. La morte di questi ultimi, causata dallo stesso protagonista, lo getta in un profondo senso di colpa e Faust decide di dedicarsi ad un’attività che fosse utile per la collettività (la bonifica dei suoi territori). Soltanto allora realizza cosa fosse la felicità, accompagnata da una sensazione di libertà. Pronuncia così la frase attesa dall’inizio dell’opera («Dirò all’attimo: sei così bello, fermati») e Mefistofele pone fine alla sua vita. Ma Faust non viene condotto all’inferno ed è, invece, salvato dagli angeli che lo guidano verso il cielo.
  • 48. I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER  Goethe fa parte dello Sturm und Drang (movimento culturale tedesco che contribuì alla nascita del Pre-romanticismo tedesco: alla razionalità del Neoclassicismo si contrappone l’esaltazione del sentimento, della spiritualità, dell’interiorità tipici del Pre-Romanticismo)  Sturm and Drang= letteralmente “tempesta e impeto”: riunisce i giovani intellettuali, animato dal rifiuto del razionalismo in nome di un sentimento di libertà espressiva dell’artista  Romanzo epistolare: Goethe invia delle lettere all’amico Guglielmo in cui racconta la sua storia con spontanea soggettività.  Werther si ritira in un paesino per vivere più tranquillamente, ad una festa incontra e conosce Carlotta (lui la chiama Lotte), si innamora di lei.  Carlotta però, come si usava a quei tempi, è promessa ad Alberto, che rappresenta l’antitesi di Werther.
  • 49. I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER Alberto è un uomo pragmatico, esponente dei valori borghesi: la famiglia il matrimonio, il lavoro. Werther è un ragazzo ribelle, è colui che pur provenendo da un’estrazione sociale borghese non accetta quelli che sono i valori della borghesia, crede nella passionalità, nei sentimenti. L’amore è un amore contrastato, Werther ama molto Carlotta: alla fine Carlotta sposerà Alberto come era programmato. Per il grande dolore Werther si allontana dal paesino, va a lavorare in una grande ambasciata, non è mai soddisfatto. Anche Carlotta è indecisa tra l’amore per il marito e l’affetto che prova per Werther ma rispetterà la consuetudine borghese del matrimonio programmato. Werther si darà la morte. Personaggio insoddisfatto, irrequieto, ribelle. Tipico personaggio del romanticismo europeo che vuole uscire fuori da quello che è l’ambiente borghese ma allo stesso tempo non trova dei valori sostitutivi per cui è sempre spiritualmente in contrasto con sé stesso. Caratteristiche pre-romantiche/romantiche: Situazione dell’interiorità e del sentimento, della passionalità irrisolta.
  • 50. UGO FOSCOLO ZANTE, 6 FEBBRAIO 1778 – LONDRA, 10 SETTEMBRE 1827
  • 51. “E PERCHÈ FARCI VEDERE E SENTIRE LA LIBERTÀ, E POI RITORCELA PER SEMPRE? E INFAMEMENTE!” LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS, 1802
  • 52. LA VITA (1)  Nato nel 1778 a Zante (isola greca del mar Ionio)  Madre greca, padre veneziano (morì subito). La madre con i figli si trasferì a Venezia.  Foscolo fu subito accolto nei salotti buoni di Venezia  Diventa amante della signora aristocratica veneziana Isabella Teotochi Marin Albrizzi : questo serviva a Foscolo per essere introdotto negli ambienti aristocratici veneziani.  Animo appassionato, alla ricerca della libertà, vede in Napoleone colui che poteva liberare l’Italia dal dominio straniero. (Sappiamo che Venezia venne ceduta all’Austria nel 1797 con il trattato di Campoformio)  Una volta che il Veneto viene ceduto agli austriaci, deve allontanarsi da Venezia, si rifugia sui colli Euganei (dove poi sarà ambientato il romanzo epistolare le ultime lettere di Jacopo Ortis)
  • 53. LA VITA (2) Nel periodo in cui Foscolo si allontana da Venezia, il fratello si suicida e Foscolo scrive il sonetto in morte del fratello Giovanni Deluso perché Napoleone impone una legge sull’uguaglianza dei sepolcri secondo cui il cimitero deve essere costruito fuori città e tutte le tombe devono essere uguali. Nonostante rimanga deluso da Napoleone, continua a combattere nell’esercito napoleonico francese (Foscolo vede nella figura di Napoleone una figura paterna (?). A Foscolo mancava il padre.)  Tra fine 700 e inizio 800 iniziano delle pubblicazioni, a volte neanche approvate da Foscolo, delle ultime lettere di Jacopo Ortis  Nel 1802 egli pubblica i sonetti pisani (a Zacinto, in morte del fratello Giovanni)  Nel 1807 scrive il Carme dei Sepolcri  Nel 1812 scrive il poemetto delle Grazie = dedicato a Canova, esponente del neoclassicismo
  • 54. LA VITA (3)  A Milano conosce Parini, a Firenze conosce Alfieri  Conosce Vincenzo Monti, uno dei maggiori poeti neoclassici italiani  Condusse una vita al di sopra delle sue possibilità economiche, verrà perseguitato perché ha accumulato tanti debiti.  Sarà costretto a fuggire dalla Francia, la sua vita termina a Londra nel 1827, assistito dalla figlia naturale Floriana. La sua tomba si trova a Santa Croce (Firenze)  Ha scritto sia testi pre-romantici sia testi Neoclassici (le Odi all’amica risanata, Luigia Pallavicini caduta da cavallo, poemetto delle Grazie=dedicato a Canova, esponente del neoclassicismo)
  • 55. Romanzo epistolare: lettere scritte all’amico Lorenzo Alderani. Jacopo Ortis rappresenta Foscolo. La storia di Jacopo Ortis è divisa in due tematiche che si bilanciano e si intersecano:  storia d’amore infelice  tematica politica: delusione del trattato di Campoformio. Jacopo Ortis è dovuto fuggire da Venezia, si rifugia sui colli Euganei, vicino Padova. Innovativo rispetto a Werther. Qui conosce Teresa che però è promessa sposa di Odoardo Jacopo Ortis si innamora della fanciulla, anche la fanciulla si innamora di lui, ma l’amore è un amore contrastato. Egli è consapevole del fatto che Teresa dovrà sposare Odoardo, anche per ragioni economiche. Per questo motivo egli, triste e addolorato, inizia a girovagare per l’Italia, conosce Parini, racconta la sua delusione di Napoleone. Il protagonista, prima di andar, via riesce a baciare Teresa. Egli che non potrà ottenere l’amore che desidera da Teresa, sa che tutte le speranze di libertà sono perdute. Jacopo Ortis vorrebbe recarsi anche in Francia, ma torna indietro, va a salutare per l’ultima volta la madre a Venezia e poi si dà la morte. LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS: TRAMA
  • 56.  Caratteristiche: è la produzione giovanile di Foscolo Linguaggio particolare che esprime il suo animo appassionato/deluso dall’amore (frammentato, con diverse interrogative) Patria= identificata con la terra materna= Zacinto LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS Il suicidio di Ortis può intendersi in maniera diversa: o come una forma di vittimismo (Ortis cede al fatto che non si sia realizzato né dal punto di vista politico né dal punto di vista amoroso) o come una forma di titanismo. La morte di Ortis è come se fosse importante per Foscolo perché gli consente di sviluppare il suo pensiero. La morte di Ortis serve a Foscolo per raggiungere una certa maturità. Romanzo di formazione= indica il passaggio dall’età adolescenziale alla maturità= non è positivo, termina con il suicidio
  • 57. MATURAZIONE DELLA POETICA NELL’ORTIS Concezione illuministica della vita= meccanicistica, deterministica, atomistica L’anima non esiste, ma nell’uomo c’è anche il sentimento L’uomo è razionalmente consapevole che con la morte finisca tutto ma ha bisogno dell’ILLUSIONE, di illudersi di poter sopravvivere nei ricordi dei propri cari, di illudersi in ambito amoroso (è anche consapevole che sono illusioni ma ne ha bisogno per vivere) Importanza della memoria: la POESIA e l’ESTREMA ILLUSIONE rendono eterno l’uomo, rimarranno eterne nel tempo La poesia sopravvivrà alla memoria= POESIA ETERNATRICE= Il poeta riesce a mandare avanti la memoria La grande poesia quella che sa raccontare tutto dell’uomo nella sua completezza. Tomba lacrimata: la tomba sulla quale i propri cari si recano per ricordare e piangere chi non c’è più è quella che dà la vera eternità all’uomo La tomba illacrimata è di chi non ha lasciato sulla terra eredità di affetti: l’uomo non è ricordato dai propri cari Lacrimata= richiama l’acqua che dà la vita
  • 58. Concezione della fugacità del tempo: tutto può essere dimenticato, ma l’uomo attraverso la memoria=poesia riesce a far rivivere il passato Sacralità laica= tramandare la memoria Le due anime di Foscolo:  neoclassica= tema della bellezza che è un’illusione: la bellezza, una volta sfiorita, può essere ricordata dalla poesia  preromantica= tema della morte, fugacità del tempo Titanismo (es. quando incontra Parini ormai vecchio e molto saggio) MATURAZIONE DELLA POETICA NELL’ORTIS
  • 59. DIFFERENZE TRA I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER E LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS Ne I dolori del giovane Werther si narra una storia d’amore infelice La storia di Jacopo Ortis è divisa in due tematiche che si bilanciano e si intersecano:  storia d’amore infelice  tematica politica: delusione del trattato di Campoformio. Jacopo Ortis è dovuto fuggire da Venezia, si rifugia sui colli Euganei, vicino Padova. I dolori del giovane Werther scritto prima della rivoluzione francese mentre Le ultime lettere di Jacopo Ortis sono scritte dopo la rivoluzione francese. Mentre Werther proviene da una classe sociale elevata e si ribella ai principi della borghesia, Ortis è uno sradicato, senza patria (deve fuggire da Venezia, è esule).
  • 60. Fa parte dei Sonetti Pisani scritti all’inizio del 1800 14 versi: 2 quartine (rima alternata), 2 terzine (rima invertita) Legame con la terra materna= Zacinto (idea di bellezza, serenità) Inizia con un’espressione che sembra continuare un discorso già iniziato interiormente, che poi prosegue nella forma scritta (la poesia inizia con “né”)  Il primo punto fermo si trova alla fine della prima terzina: le due quartine e la prima terzina formano un’unica frase  Gli ultimi tre versi (la seconda terzina) sono versi gnomici, sentenziosi (separati dal resto)  Struttura circolare: collegamento tra il fatto che non toccherà mai più le sacre sponde/illacrimata sepoltura  Mette in evidenza l’io Né più mai toccherò le sacre sponde Ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell’onde Del greco mar, da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde Col suo primo sorriso, onde non tacque Le tue limpide nubi e le tue fronde L’inclito verso di colui che l’acque Cantò fatali, ed il diverso esiglio Per cui bello di fama e di sventura Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. Tu non altro che il canto avrai del figlio, O materna mia terra; a noi prescrisse Il fato illacrimata sepoltura. A ZACINTO
  • 61.  aspetto preromantico, doloroso = Foscolo non può più tornare in patria, tema dell’esilio  aspetto neoclassico= idea di sacralità della terra materna = descrive le sacre sponde: da quel mare nacque Venere dea della vita/dell’amore/della bellezza (=espressioni della classicità) Luogo cantato in tutta la sua bellezza anche da Omero (richiama Ulisse). Confronto tra: * Ulisse: eroe antico= eroe compiuto di per sé, perfetto, nonostante le avversità del fato (l’esilio) riesce a tornare nella sua terra * Foscolo: eroe moderno= titano= colui che è sempre combattuto tra esigenze diverse e non porterà mai a termine ciò che vuole (ne è consapevole), a causa dell’esilio non tornerà nella sua terra Zante, sempre combattuto A ZACINTO: TEMATICHE FOSCOLIANE
  • 62. Richiamo dell’acqua intesa come ciò che dà la vita= speranza di purificazione= forma di sacralità La parola acqua è contenuta in tante parole del sonetto (giacque, nacque, tacque, acque, acqua, sponde, onde, fronde) - All’acqua (=vita) si oppone la NON vita con l’illacrimata sepoltura= mancanza di acqua, morte priva di affetto/consolazione/protezione/conforto - Lettura psico-analitica la frase “né più mai toccherò le sacre sponde..” è come se Foscolo desiderasse inconsciamente un ritorno nel grembo materno (sacro), alla terra madre= simbolo di tranquillità, sicurezza Sacre sponde= acque fetali Come il bimbo trova conforto del grembo materno, il defunto trova conforto nella lacrimata sepoltura A ZACINTO: TEMATICHE FOSCOLIANE
  • 63. IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI  Differenza con A Zacinto: A Zacinto: per tre strofe vi è un unico lungo periodo In morte del fratello Giovanni: punteggiatura maggiore (ogni strofa ha già un significato di per sé)  Analogie: entrami i sonetti iniziano con un’espressione che sembra continuare un discorso già iniziato interiormente, che poi prosegue nella forma scritta Terzina finale: terzina sentenziosa, tema dell’esilio: desiderio di tornare tra le braccia materne= patria Struttura circolare: alla fine riprende il tema dell’esilio e della sepoltura illacrimata (speranza che i popoli stranieri di cui parla all’inizio, dove egli è costretto ad esiliarsi, poi restituiscano il suo corpo defunto alla madre triste) (Il fratello di Foscolo si suicida per debiti di gioco) Nella prima strofa Foscolo parla del suo desiderio di andare a far visita alla tomba del fratello, nella seconda strofa pensa alla madre ormai vecchia che si reca sulla tomba del figlio, nell’ultima parte parla un po’ di se stesso: egli avverte l’avversità del destino e tutti quei tormenti che agitavano la vita del fratello. Desiderio di trovare pace nella morte= petrarchismo: metafora del porto per parlare della morte Dedicato al fratello Giovanni, ma prevale sempre l’io del poeta sul ricordo del fratello: mette al centro se stesso
  • 64. ALLA SERA E’ particolare perché canta la sera, un momento cantato da molti poeti, che induce alla riflessione La sera rappresenterebbe la pace, il nulla eterno (=visione materialistica, lucreziana= la morte riesce a liberare l’animo dell’uomo da ogni sofferenza), quindi la morte intesa in senso materiale La sera riesce a placare anche lo spirito combattivo, guerriero di Foscolo (forma di titanismo, resistenza al dolore che si placa con la morte, quindi con la sera) La sera viene personificata, sera= momento di quiete, pace La morte è percepita in termini materiali (anche quando parla delle stagioni) Fatal quiete= pace della morte: idea della morte intesa come quiete, capace di placare le sofferenze La sera porta via anche quell’inquietudine così forte che egli prova nel suo animo, riesce a placare il momento così doloroso che sta passando Foscolo Forse perchè della fatal quïete Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, O Sera! E quando ti corteggian liete 4Le nubi estive e i zeffiri sereni, E quando dal nevoso aere inquiete Tenebre, e lunghe, all’universo meni, Sempre scendi invocata, e le secrete 8Vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge 11Questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure, onde meco egli si strugge; E mentre io guardo la tua pace, dorme 14Quello spirto guerrier ch’entro Forse perchè della fatal quïete Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, O Sera! E quando ti corteggian liete 4Le nubi estive e i zeffiri sereni, E quando dal nevoso aere inquiete Tenebre, e lunghe, all’universo meni, Sempre scendi invocata, e le secrete 8Vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge Questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure, onde meco egli si strugge; E mentre io guardo la tua pace, dorme Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
  • 65. ALLA SERA Momento difficile per Foscolo, travagliato, vita politica difficile Reo tempo: malvagità del tempo presente, doloroso, difficile Inizia con un’espressione che sembra continuare un discorso già iniziato interiormente, che poi prosegue nella forma scritta Linguaggio equilibrato, bilanciato: equilibrio tra le parole Diviso in due parti (tipica petrarchesca) - Prima parte: parte descrittiva/contemplativa: ci sono le premesse della riflessione che si trova nella seconda parte. Dalla contemplazione della sera scaturisce la pace, la quiete della morte - Seconda parte: riflessione Poetica foscoliana= poetica dell’illusione= tutto è destinato a finire: l’uomo ha bisogno delle illusioni per sopravvivere Forse perchè della fatal quïete Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, O Sera! E quando ti corteggian liete 4Le nubi estive e i zeffiri sereni, E quando dal nevoso aere inquiete Tenebre, e lunghe, all’universo meni, Sempre scendi invocata, e le secrete 8Vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge 11Questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure, onde meco egli si strugge; E mentre io guardo la tua pace, dorme 14Quello spirto guerrier ch’entro Forse perchè della fatal quïete Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, O Sera! E quando ti corteggian liete 4Le nubi estive e i zeffiri sereni, E quando dal nevoso aere inquiete Tenebre, e lunghe, all’universo meni, Sempre scendi invocata, e le secrete 8Vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge Questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure, onde meco egli si strugge; E mentre io guardo la tua pace, dorme Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
  • 66. ALLA AMICA RISANATA E’ una delle due odi scritte da Foscolo Dedicata ad Antonietta Fagnani Arese, donna amata da Foscolo Egli canta la guarigione dell’amica da una lunga malattia e di come lei riacquisti poi tutta la sua bellezza Fa parte dell’espressione neoclassica di Foscolo, linguaggio neoclassico L’ode si può dividere in due macrosequenze: 1. in una egli parla con un linguaggio classicheggiante di Antonietta Fagnani Arese che ha riacquistato la sua salute e la sua bellezza che affascina i giovani e fa preoccupare le madri 2. nell’altra parla di come le divinità erano delle donne divinizzate per la loro bellezza (Venere= bellezza) o per altre qualità (Bellona= guerra, Artemide= caccia, Diana= luna, Proserpina= inferi) L’ode è dettata da un’occasione, canta una circostanza: la guarigione della donna. Foscolo inizia a parlare dell’occasione (guarigione della donna) per poi parlare delle divinità intese come delle donne divinizzate (in base alla concezione materialistica) Foscolo vuole celebrare la ritornata bellezza della sua donna per trasmetterla anche ai posteri: la bellezza femminile è fuggente, destinata a finire; è la poesia che rende eterna la bellezza. https://it.wikisource.org/wiki/Odi_(Foscolo)/All%27amica_risanata
  • 67. ALLA AMICA RISANATA Dichiarazione di poetica: la bellezza può essere sempre cantata dalla poesia, la poesia potrà dare per sempre l’illusione di quella bellezza che è fugace La POESIA è ETERNATRICE: la poesia rimarrà per sempre e sarà espressione delle illusioni Foscolo dice che dovrebbero essere maledette quelle persone che ricordano che la bellezza è fugace e che è vicino il giorno della morte (intesa come quiete). Temi:  esaltazione della bellezza (si rifà al culto del bello neoclassico) La bellezza è l’unico conforto alla follia degli uomini  valore attribuito alla poesia: il tempo distrugge, fa finire anche la bellezza, ma la poesia è in grado di trasmettere il valore di bello ai posteri  tematica dell’illusione: si può trasmettere l’idea del bello grazie alla poesia, è un’illusione perché materialisticamente la bellezza finisce, materialmente finisce tutto. Tutto è espresso con termini preziosi, classici
  • 69. «NON SEMPRE CIÒ CHE VIENE DOPO È PROGRESSO.» DEL ROMANZO STORICO, 1850
  • 70. CHI E’?  Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria, figlia dell’illuminista Cesare Beccaria. I primi anni di collegio lasciano in lui un ricordo del tutto negativo ma lo avviano alla conoscenza di autori moderni come Alfieri e Parini e alla lettura dei pensatori francesi illuministi: la discendenza da Beccaria e l’ambiente milanese pongono sicuramente delle solide basi per il pensiero di Manzoni che, come vedremo fra poco, recepisce molti elementi dalla cultura illuminista rielaborandoli poi secondo la sua personale visione del mondo.
  • 71. IL PENSIERO Al centro della poetica di Alessandro Manzoni c'è la sua personalità sensibile, profondamente religiosa e sempre ossessionata dall'idea di peccato, in linea con le filosofie gianseniste, deluso dal processo storico e, per certi versi, timido. Le idee che circolavano in questo periodo, i resti dell'Illuminismo e le nuove paure romantiche furono abbracciate e interpretate secondo la sua anima timida. Vediamo come: 1. Eredità dell’Illuminismo: la formazione illuminista è alla base del pensiero di Manzoni. Il suo metodo nell’affrontare questioni letterarie e politiche è razionale e analitico. Critica i pregiudizi e le superstizioni ma, a differenza degli illuministi, Manzoni è segnato da una profonda disillusione verso la Storia. La sua religiosità lo porta a vedere l’uomo incapace di cavarsela con i propri mezzi, l’uomo un essere imperfetto e perennemente corrotto che non ha modo di risollevare il processo storico verso una nuova età dell’oro.
  • 72. IL PENSIERO 2. L’interesse per la Storia: nonostante questa visione pessimistica l’interesse e la passione per la storia (argomenti che lo mettono in contatto sia con l’Illuminismo che con il Romanticismo) sono un punto fondamentale nel lavoro di Manzoni. Il fatto che la storia non sia un processo evolutivo verso un crescendo positivo non implica che l’indagine storiografica non sia istruttiva, appassionante e da rivalutare. Non lo interessano i governi o le guerre disputate fra i capi di Stato, poiché nutre una forte attenzione verso le masse e la loro sofferenza perdurante nei secoli. 3. Il romanticismo in Manzoni: in Italia il Romanticismo aveva tralasciato le tematiche più irrazionali e sconvolgenti che questo movimento aveva avuto nel resto d’Europa. Manzoni accoglie lo stesso tipo di Romanticismo e cioè rifiuta le idee di assoluto, di irrazionalità e di sentimentalismo prediligendo l’interesse verso il popolo e le credenze popolari, rifiutando la rigidità del classicismo per una letteratura “vera” (non servono modelli di perfezione ma una schietta rappresentazione del reale) e spontanea.
  • 73. TEMATICHE 1. Tema della libertà e della giustizia Manzoni, nelle opere, dimostra disposizione morale che lo porta ad essere contrario al dispotismo politico e ideologico, e a difendere i principi della libertà e della giustizia. 2. Il rapporto tra ragione e fede Manzoni è pessimista nei confronti della ragione umana perché dice che non riesce a spiegare e a regolare il corso della vita. Per questo non è illuminista. La religione sarà il mezzo per accedere a una verità superiore, capace di dare un senso alle verità parziali. 3. La religione Per Alessandro il Cristianesimo è come regola e principio della vita. E in base al cristianesimo cambia la sua poetica. Crede in una Provvidenza del Dio e chi risponderà al suo appello verrà salvato dai peccati, ma solo dopo la morte.
  • 74. TEMATICHE 4. L'interesse per la storia La storia interessa Manzoni sia dal punto di vista politico- sociale sia da quello religioso: da un lato la storia fa vedere il male che affligge l’umanità, dal altro si può vedere il valore delle sue scelte morali dei suoi personaggi. L’indagine storica è utile perché “vera” e consente conoscenza reale dei problemi della vita, e la possibilità di affrontare in modo consapevole. 5. Il messaggio sociale Le disuguaglianze e le ingiustizie vanno combattute, ma per farlo bisogna rivolgersi al cristianesimo.
  • 75.  Sul Romanticismo è una lettera scritta da Alessandro Manzoni nel 1823, inviata al marchese Cesare Taparelli D’Azeglio nel 1823, e pubblicata senza il consenso di quest’ultimo nel 1846. Questa lettera è molto importante per comprendere meglio le idee romantiche che si stavano diffondendo in Italia, soprattutto nel nord Italia, durante gli anni '10 e ‘20 del XIX secolo.  La lettera, scritta nel 1823 ed indirizzata al nobile piemontese (e futuro suocero) Cesare d'Azeglio, fu successivamente rivista nel 1846 e nel 1870, quando la parte relativa alla funzione della letteratura secondo il romanticismo, che in questa sede si analizzerà, venne sempre più a scomparire. La lettera - se si tiene conto della versione del 1823 - è composta in due momenti, essenzialmente: in una pars destruens, in cui si analizza la querelle tra classicisti e romantici sulla validità dell'uso della mitologia nella poesia con conseguente vittoria dei romantici; ed in una pars costruens, in cui si evidenzia lo scopo civile della letteratura secondo il movimento romantico. LETTERA «SUL ROMANTICISMO»
  • 76.  Manzoni ritiene assurdo l'uso della mitologia, massicciamente presente nella poesia neoclassica, perché crea una letteratura d'evasione, elaborata secondo l'imitazione acritica, pedissequa e anacronistica dei classici. Inoltre, egli ritiene che la mitologia esprima le idee del mondo pagano e la sua morale religiosa, basata sulla convinzione che i piaceri, i desideri e le cose terrene portino alla salvezza: non ha quindi senso parlare della mitologia se non si crede nelle idee che essa esprime: «Ma la ragione, per la quale io ritengo detestabile l’uso della mitologia, e utile quel sistema che tende ad escluderla è [...] che l’uso della favola è idolatria [...] E come fa questo la mitologia? Entrando, per quanto è possibile, nelle idee degli uomini, che vedevano un dio in ognuna di quelle cose; usando del loro linguaggio, tentando di fingere una credenza a ciò, che quelli credevano; ritenendo in somma dell’idolatria tutto ciò che è compatibile con la falsità riconosciuta di essa.» IL RIFIUTO DELLA MITOLOGIA
  • 77.  Inoltre, Manzoni critica aspramente l'imitazione dei classici, che non intendono essere lo studio della cultura generale e l'apprendimento della letteratura attraverso le nuove generazioni, ma piuttosto l'assolutizzazione del loro insegnamento nell'inventare i generi letterari, quasi come se tutta l'arte dovesse essere ridotto alla civiltà greca e romana: «Quello che i Romantici combattevano, è il sistema d'imitazione, che consiste nell'adottare e nel tentare di riprodurre il concetto generale, il punto di vista dei classici, il sistema, che consiste nel ritenere in ciascun genere d'invenzione il modulo, ch'essi hanno adoprato, i caratteri che ci hanno impressi, la disposizione, e la relazione delle diverse parti; l'ordine e il progresso de' fatti, ecc. Questo sistema d'imitazione, dei quale ho appena toccati alcuni punti; questo sistema fondato sulla supposizione a priori, che i classici abbiano trovati tutti i generi d'invenzione, e il tipo di ciascheduno, esiste dal risorgimento delle lettere; forse non è stato mai ridotto in teoria perfetta, ma è stato ed è tuttavia applicato in mille casi, sottinteso in mille decisioni, e diffuso in tutta la letteratura» IL RIFIUTO DELL'IMITAZIONE
  • 78.  Davanti alla "monumentalità" dell'arte classica, trita sempre nelle stesse convinzioni, Manzoni contrappone invece la freschezza del romanticismo, il quale è un movimento inteso per il popolo che sente estranea la compagine classica dei miti e delle leggende. Di conseguenza, ai lettori interessa che il diletto che ne consegue sia tratto da un vero che sia la realtà che le persone vivono ogni giorno: «...il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione del vero; è quindi temporario e accidentale [...] Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto; e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è avanzata nella cognizione del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi di far nascere.» L'UTILE, IL VERO ED IL DILETTEVOLE ROMANTICO
  • 79.  Conoscendo la verità, il lettore può educarsi all'etica civica e morale (qui la funzionalità di ciò che è utile), che viene sviluppata da un'opera letteraria che, grazie allo strumento dell'arte, può essere interessante e, di conseguenza, deliziosa. Così, senza rinunciare alla componente civica e morale della tradizione lombarda (Giuseppe Parini e Cesare Beccaria), Manzoni formula questo concetto tripartito che sarà alla base de I promessi sposi e che è alla base della poetica manzoniana in generale: «Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter essere questo: che la poesia, e la letteratura in genere debba proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto, e l'interessante per mezzo.» L'UTILE, IL VERO ED IL DILETTEVOLE ROMANTICO