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UNA LEGGENDA DELLA
BRIANZA :
«SAN GIORGIO E
IL DRAGO»
Correva l’anno 270 D.C. e a quel tempo un certo Giorgio, che in
seguito divenne Santo, viveva sulle Prealpi Brianzole .Tutta la zona
che va dalla città di Erba alla Valassina divenne territorio di caccia di
un terribile drago, altrove conosciuto con il nome di Ardrabuc, ma che
gli abitanti della zona ribattezzarono «Furia Oscura» per via della sua
malvagità. Ammorbava l’ aria con il suo fiato pestifero e le greggi di
pecore, in particolare quelle di Crevenna , erano il suo cibo preferito.
Quando sull’ altopiano , nei paesi vicini e in tutta la valle non ci furono più
pecore da divorare , Ardrabuc iniziò a bruciare i campi e poi le case in cerca di
altro cibo. La gente prese allora la drammatica decisione di offrirgli in sacrificio
giovani del villaggio estratti a sorte ; il fato volle che un giorno tra le vittime
designate venisse indicata anche la nobile principessa Cleodolinda di
Morchiuso , che fu legata ad una pianta di sambuco e lasciata al suo triste
destino.
Il valoroso Giorgio, che aveva un debole per la principessa, non appena venne
a conoscenza di questa notizia , partì dalla Valbrona in soccorso della
giovane, cavalcando il proprio destriero bianco. Strada facendo escogitò una
sottile astuzia per poter ammansire la belva una volta giunto nel luogo dove il
sacrificio stava per compiersi . Durante il viaggio si fermò da un fornaio e
acquistò numerosi dolcetti ricoperti con i petali dei fiori di sambuco.
Quando giunse dalla principessa trovò il mostro pronto ad addentare le carni
della ragazza , ma riuscì a distoglierlo da quella occupazione e lo attirò verso di
sé , quindi estrasse i dolcetti dalle proprie tasche e li gettò tra le fauci dell’
oscuro e furioso Ardrabuc .
La diabolica creatura , grazie all’effetto rilassante generato dai fiori del
sambuco,da belva spietata che era , divenne improvvisamente docile come un
cagnolino e seguì senza esitare Giorgio che nel frattempo, con un colpo di
spada, aveva liberato Cleodolinda.
Giorgio condusse il drago fino alle prime case di quello che oggi è il paese di
Eupilio e qui, di fronte al castello , il futuro Santo estrasse la sua lucente e
benedetta spada che , appena liberata ,si mosse veloce verso la giugulare del
drago decapitandolo con un movimento fulmineo e deciso.
Accadde così che la testa rotolò sconfitta e sanguinolenta fino al lago di
Pusiano ; venne catturata dalle sue onde finchè si inabissò oltre l’ isola dei
Cipressi , mentre il resto del corpo veniva dato alle fiamme .
Le acque del lago voracemente inghiottirono il capo del mostro e si narra che
ancora oggi esse custodiscano fiere l’ unica reliquia del drago famelico che , da
mangiatore di uomini , divenne il pasto del placido specchio d’ acqua .
I pesci ne sono testimoni , si trova ancora lì , immobile tra terra e flora, tra
acqua e sabbia , tra realtà e leggenda , tra noi e il lago: è lì che attende di
mostrarsi nuovamente a tutti.
TRADIZIONI LEGATE
AL PAN DE MEJ
In ricordo dell’ avvenimento legato alla
leggenda «San Giorgio e il drago» ebbe
origine la tradizione , oggi purtroppo
persa , di consumare questo dolce il 23
Aprile , giorno dedicato a San Giorgio.
Una seconda ipotesi sull’ origine di
questo dolce lombardo vuole che lo si
preparasse il 23 Aprile , giorno di San
Giorgio , perché in quel giorno venivano
stipulati i nuovi contratti fra gli allevatori
e i lattai per le forniture di latte.
Per suggellare l’ accordo le mogli degli
allevatori preparavano il PAN MEINO e
i lattai portavano la panna fresca con la
quale si usava consumarlo.
La leggenda di San Giorgio

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La leggenda di San Giorgio

  • 1. UNA LEGGENDA DELLA BRIANZA : «SAN GIORGIO E IL DRAGO»
  • 2. Correva l’anno 270 D.C. e a quel tempo un certo Giorgio, che in seguito divenne Santo, viveva sulle Prealpi Brianzole .Tutta la zona che va dalla città di Erba alla Valassina divenne territorio di caccia di un terribile drago, altrove conosciuto con il nome di Ardrabuc, ma che gli abitanti della zona ribattezzarono «Furia Oscura» per via della sua malvagità. Ammorbava l’ aria con il suo fiato pestifero e le greggi di pecore, in particolare quelle di Crevenna , erano il suo cibo preferito.
  • 3. Quando sull’ altopiano , nei paesi vicini e in tutta la valle non ci furono più pecore da divorare , Ardrabuc iniziò a bruciare i campi e poi le case in cerca di altro cibo. La gente prese allora la drammatica decisione di offrirgli in sacrificio giovani del villaggio estratti a sorte ; il fato volle che un giorno tra le vittime designate venisse indicata anche la nobile principessa Cleodolinda di Morchiuso , che fu legata ad una pianta di sambuco e lasciata al suo triste destino.
  • 4. Il valoroso Giorgio, che aveva un debole per la principessa, non appena venne a conoscenza di questa notizia , partì dalla Valbrona in soccorso della giovane, cavalcando il proprio destriero bianco. Strada facendo escogitò una sottile astuzia per poter ammansire la belva una volta giunto nel luogo dove il sacrificio stava per compiersi . Durante il viaggio si fermò da un fornaio e acquistò numerosi dolcetti ricoperti con i petali dei fiori di sambuco.
  • 5. Quando giunse dalla principessa trovò il mostro pronto ad addentare le carni della ragazza , ma riuscì a distoglierlo da quella occupazione e lo attirò verso di sé , quindi estrasse i dolcetti dalle proprie tasche e li gettò tra le fauci dell’ oscuro e furioso Ardrabuc . La diabolica creatura , grazie all’effetto rilassante generato dai fiori del sambuco,da belva spietata che era , divenne improvvisamente docile come un cagnolino e seguì senza esitare Giorgio che nel frattempo, con un colpo di spada, aveva liberato Cleodolinda.
  • 6. Giorgio condusse il drago fino alle prime case di quello che oggi è il paese di Eupilio e qui, di fronte al castello , il futuro Santo estrasse la sua lucente e benedetta spada che , appena liberata ,si mosse veloce verso la giugulare del drago decapitandolo con un movimento fulmineo e deciso.
  • 7. Accadde così che la testa rotolò sconfitta e sanguinolenta fino al lago di Pusiano ; venne catturata dalle sue onde finchè si inabissò oltre l’ isola dei Cipressi , mentre il resto del corpo veniva dato alle fiamme . Le acque del lago voracemente inghiottirono il capo del mostro e si narra che ancora oggi esse custodiscano fiere l’ unica reliquia del drago famelico che , da mangiatore di uomini , divenne il pasto del placido specchio d’ acqua . I pesci ne sono testimoni , si trova ancora lì , immobile tra terra e flora, tra acqua e sabbia , tra realtà e leggenda , tra noi e il lago: è lì che attende di mostrarsi nuovamente a tutti.
  • 8.
  • 9.
  • 10. TRADIZIONI LEGATE AL PAN DE MEJ In ricordo dell’ avvenimento legato alla leggenda «San Giorgio e il drago» ebbe origine la tradizione , oggi purtroppo persa , di consumare questo dolce il 23 Aprile , giorno dedicato a San Giorgio.
  • 11. Una seconda ipotesi sull’ origine di questo dolce lombardo vuole che lo si preparasse il 23 Aprile , giorno di San Giorgio , perché in quel giorno venivano stipulati i nuovi contratti fra gli allevatori e i lattai per le forniture di latte. Per suggellare l’ accordo le mogli degli allevatori preparavano il PAN MEINO e i lattai portavano la panna fresca con la quale si usava consumarlo.