XXI Congresso CSeRMEG 23-24 ottobre 2009 PRESA IN CARICO DEI PAZIENTI o LINEE GUIDA SULLE PATOLOGIE? Per una pratica guidata non solo dalla nosografia - www.csermeg.it
Strumenti di misura della complessita' (Stefano Ivis)
Prendere in carico: la medicina generale tra nosografia e bisogni (Massimo Tombesi)
1. CSeRMEG
XXI Congresso
23-24 ottobre 2009
Costermano del Garda (VR)
Prendere in carico
La MG tra nosografia e bisogni
Massimo Tombesi
2. Il percorso della MG
• La MG italiana ha migliorato molto, nell’arco di 30 anni,
la sua capacità di utilizzare le conoscenze scientifiche e
leggerle criticamente
• Ma non ha prodotto molti riferimenti fondati sulla sua
esperienza originale
– (ci sono però 12 anni di “storie” su Occhio Clinico, uniche ed
originali, poco categorizzabili, come è sempre la cura degli
individui)
• Nella pratica, dalla divaricazione tra conoscenza e
performance, emerge il Medico di Medicina Generale
come “uno che crede di fare un altro lavoro”
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3. Conoscenza e performance
• Il gap tra teoria (le conoscenze, l’EBM, le linee
guida, ecc.) e la pratica ha prodotto nella MG:
– una sensazione di “caduta”: le performance non sono mai
quelle attese o che si pensa siano dovute; la gestione
delle patologie non è mai sistematica, come da linee guida
– il tentativo di adeguarsi, che si rivela poco fruttuoso (i gap
persistono) e a volte rende difficile il rapporto con i
pazienti, che si aspettano altro
– modelli professionali (percorsi diagnostico-terapeutici,
valutazioni di qualità, incentivi) centrati sulle patologie
– Molta (troppa?) “formazione” pure centrata sulle patologie,
le linee guida, i percorsi, “il ruolo del MMG su …”
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4. La specializzazione
• La specializzazione nasce, sul piano della conoscenza,
come necessità di approfondimento, e sul piano della
pratica come risposta all’alto rischio, al paziente difficile,
complicato
• L’approccio specialistico alle patologie croniche è
sistematico e “verticale” (esclude tutto il resto, semmai
demandato ad un altro specialista)
• Lo specialista è necessario quando centrarsi sulla
patologia è prioritario (criticità, difficoltà diagnostica o
terapeutica)
• Una corrente di pensiero attribuisce agli infermieri, in
ospedale, la gestione degli aspetti extra-clinici e della
relazione “umana” col paziente (la complessità si risolve
come somma di “semplicità”)
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5. Le linee guida
• Un prodotto dell’approccio specialistico “verticale” e
sistematico sono le linee-guida sulle patologie o su
condizioni di rischio (diabete, ipertensione, BPCO)
– E’ necessario (e possibile) seguirle per ogni paziente affetto
dalla patologia? Quanto sono fondate? Quanto sono
rappresentativi dei nostri pazienti gli studi su cui si basano?
– I criteri diagnostici delle patologie sono sempre più estesi
(abbassamento delle soglie diagnostiche), le prevalenze si
dilatano e aumentano i “malati che non sanno di esserlo” (!)
– Gli interventi (diagnosi, terapie, monitoraggi) si dilatano per
coprire fasi precoci delle patologie che non sempre evolvono
verso malattie (“prevenire è meglio che curare”, ma quali NNT
sono accettabili?)
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8. Gli esempi più facili da fare
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• Ipertensione
– Ci sono ben pochi dati sull’ipertensione lieve nei soggetti
giovani, fascia importante di “preoccupati sani”
– Le linee guida indicano numerosi accertamenti da
praticare, ma un set ridotto è equivalente
• Diabete
– l’emoglobina glicata è diventato l’indicatore principale di
adeguatezza del trattamento, ma la sua riduzione ha
meno importanza al crescere dell’età
– Il controllo glicemico “ottimale” ha mostrato rischi
maggiori dei benefici e non riduce gli eventi
cardiovascolari
– Con l’abbassamento della soglia diagnostica a 126 mg%
abbiamo molti diabetici ben controllati senza terapia (ma
da monitorare sempre strettamente)
9. Gli esempi più facili da fare
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• BPCO
– prevalenze fino al 16% (rilevate con spirometria);
molti stadi “lieve” e “moderato”, in soggetti anziani (la
maggioranza), sono diagnosi irrilevanti e senza
indicazioni terapeutiche specifiche
• Depressione
– Una epidemia di diagnosi: riportate prevalenze enormi,
incluse le depressioni minori e “sottosoglia”
– L’effetto dei farmaci sulle forma minori è incerto
(abbiamo una ricerca in corso)
– La depressione come realtà “biologica” è divenuta
sinonimo di “oggetto di terapia farmacologica” (la
parola, il supporto, le psicoterapie, non sono biologia?)
11. Disease-mongering
• Gli interessi commerciali sottostanti al “disease-mongering”
sono sinergici alla medicina difensiva,
ma la promuovono anche
– Entrambi sono alla base dello stesso fenomeno di
medicalizzazione di massa
• La difesa del paziente da interventi inutili o dannosi
fa parte della presa in carico che solo la MG (alcuni
MMG…) si ostinano a praticare
• Ma sempre più spesso, paradossalmente, sono i
pazienti a non essere più “orientati a se stessi”
– la perdita della capacità di autodefinirsi porta alla ricerca di
“diagnosi” che definiscano
– il MMG orientato alle persone rischia di proporre un
“prodotto” che non va più di moda
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12. La nosografia
• Anche in ambito strettamente clinico, la definizione
nosografica (diagnosi) spesso non identifica categorie
omogenee di pazienti, venendo meno alla sua prima
ragione
– Pazienti con la medesima condizione necessitano di
interventi diversi o non ne hanno affatto bisogno
• La classificazione in “stadi” amplia le popolazioni
ritenute a rischio, da trattare, sorvegliare, delegare
• L’abbassamento delle soglie diagnostiche per le
condizioni di rischio ha aggravato le disomogeneità
– Quanti trattamenti e monitoraggi sono davvero necessari?
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13. I PDT orientati alle patologie
• Diversi percorsi diagnostico-terapeutici sviluppati
localmente per i MMG propongono i medesimi
indicatori per tutti, con poche eccezioni
– Questo orienta pesantemente l’attività del MMG e le sue
limitate risorse verso compiti e modalità assistenziali
centrate sulla patologia (ospedalizzazione del territorio)
• Non vi sono indicatori di qualità coerenti con le
specificità assistenziali della MG (informazione,
provvedimenti non farmacologici, istruzione, non-compliance,
diseguaglianze e molto altro)
– In UK, a 6 anni dal New Contract non abbiamo ancora dati
sugli esiti (sarà interessante vederli), ma intanto gli
indicatori sono divenuti obiettivi nella pratica (si parla di
aumentarli)
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14. Indicatori di qualità
fondati sulla nosografia
• Gli indicatori di qualità fondati sulla nosografia e
sulle linee guida (più o meno EBM) rappresentano
– La resa della qualità alla (presunta) EBM (in questo caso,
uno dei due concetti è superfluo)
– La rinuncia della MG ad affermare le sue specificità
professionali (dove sono “indicatori” prodotti dalla MG?)
– La messa in ombra delle differenze
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15. Definizioni
• La definizione nosografica del paziente è di certo
un indicatore importante dei suoi bisogni, tuttavia:
– risulta in molti casi collegata a raccomandazioni
medicalizzanti ed eccessive, di efficacia incerta, poco
praticabili e che conducono alla delega
– i bisogni – di competenza pertinente alla MG – non sono
identificati dalla sola diagnosi
– piani e percorsi diagnostico-terapeutici centrati sulla
diagnosi rischiano di mettere in ombra la presa in carico
a più ampio raggio che i MMG effettuano (“un altro
lavoro”)
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16. Il paziente si autodefinisce
• Il paziente viene definito come tale con criteri
nosografici
– classificato come affetto da una patologia, e con ciò si
affermano due identità: il medico che definisce e il paziente
che viene definito
– A sua volta, la patologia definisce automaticamente il
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trattamento
• Tuttavia il paziente (l’unico che può avere una vera
visione “olistica”) si autodefinisce nel descrivere la
sua infermità
– i suoi bisogni (inclusi quelli non espressi) possono essere
identificati e descritti, anche al di fuori della nosografia
• Con ciò anche il medico, nel suo ruolo, viene
ridefinito
17. • L’autodefinizione del paziente, oppure la descrizione dei
suoi bisogni derivati da condizioni sociali, mentali,
psicologiche, o di orientamento e supporto, fanno della
“presa in carico” il piano di lavoro del MMG, più che non
la sua appartenenza ad una condizione nosografica
• Ammettere la legittimità di autodefinizione da parte del
paziente, riporta al centro la sua unicità
• Tutto ciò è una presa d’atto, non implica un disvalore della
nosografia, che rimane strumento essenziale per la cura
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18. Nosografia e bisogni
• Nosografia (la patologie)
• Bisogni (espressi o meno, ma reali: le necessità
dei pazienti, i modi in cui il MMG se ne fa carico,
la sua responsabilità, ma anche i limiti)
– Non una contrapposizione
(i bisogni sono anche correlati alle patologie),
– ma diversi punti di vista
(è normale quando si parla di Medicina Generale)
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19. Cosa sono i “bisogni”?
• Concetto non ben definibile in astratto e in modo preciso,
ma ben percepibile ed esercitato dalla MG
– Tutto ciò che è correlato alla salute ma non trova completo
riscontro nella definizione della patologia e nella sua terapia
(fattori di “contesto”)
– gli effetti che la patologia produce nel paziente, che
interferiscono con la sua vita e che richiedono interventi a
margine della terapia
– L’incertezza rilevante (o le domande emergenti dalle conoscenze
attuali) che rimandano alla ricerca come setting assistenziale
(altrimenti non si potrebbe parlare di presa in carico)
• L’oggetto di intervento del MMG in quanto interfaccia
tra la scienza e le persone:
– il MMG che “parla due linguaggi”,
– ma anche che “agisce” diversi ruoli
– Più facile da descrivere in forma di storie che da definire
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20. • Il MMG si occupa di aspetti non solo clinici dei
problemi presentati dai pazienti
– Aspetti psicologici, sociali, diseguaglianze, fragilità,
comorbidità, che influiscono sempre sulla gestione clinica
del paziente, e perciò bisogna tenerne conto
• Il MG viene consultato anche da persone sane
– a rischio o meno; per informazioni, consigli, per ricomporre
la frammentazione di altri interventi …
• La presa in carico del paziente (e dell’assistito) è
quindi ad ampio spettro
• L’incertezza, i bisogni inevasi, rimandano invece alla
ricerca (un altro modo di presa in carico!)
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21. i bisogni
• Fattori psicologici, sociali, familiari, condizioni di svantaggio
economico o culturale, logistico, che creano ostacolo o
complicano la cura
• Necessità assistenziali dei pazienti che richiedono azioni da
parte del MMG o di altri per rendere effettivo il percorso
diagnostico, terapeutico e di follow up (coordinamento,
gestione, contatti, informazioni …)
• Condizioni non ben definibili in termini di patologia: “fragilità”
nell’anziano, condizioni di disagio complesse con motivazioni
anche extra-cliniche, ecc.
• Bisogni di informazione e orientamento sull’uso di servizi,
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consulenze, terapie
• Le necessità del paziente di stabilire un buon equilibrio ed
adattamento a seguito della malattia: rassicurazione, reazioni
di ansia o depressione, bisogno di “affidarsi”, di coping
22. La presa in carico
• Nell’insieme, e accanto alla gestione clinica, lavorare
sui bisogni – oggettivi e soggettivi – identifica la
“presa in carico” del paziente
– Un aspetto poco esplicitato del lavoro del MMG
– Il tessuto connettivo delle cure mediche
– Qualcosa che la ospedalizzazione del territorio
metterebbe in ombra
• Con la ricerca, la presa in carico va oltre il singolo
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paziente
• Anche l’organizzazione e suddivisione del lavoro è un
modo di facilitare la presa in carico collettiva, purché
non sia una inutile frammentazione assistenziale
23. • Le ragioni della Medicina Generale sono anche
(o soprattutto?) nella distanza tra la definizione
nosografica del paziente e i suoi bisogni nella
vita reale
– La continuità assistenziale garantita dal MMG è
l’espressione principale di questa distanza, in quanto
riempie i gap tra gli interventi medici/sanitari
– Gli interventi “si fanno”, il MMG “c’è”
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24. La popolazione assistita:
uno sguardo non nosografico
• La popolazione assistita si può anche descrivere in
termini di bisogno di presa in carico (con ciò che ne
consegue in termini di impegno, risorse, priorità):
– la routine quotidiana, il “banale”, ciò che può nascondere ad
uno sguardo non attento
– l’informazione, la persona disorientata/preoccupata
– i pazienti a rischio: basso, medio, alto (prevenzione
secondaria, fasi di scompenso/instabilità di patologie
croniche)
– i “non attenders”, i “non complianti”, le diseguaglianze
– la sofferenza attuale (dolore, invalidità, depressione …)
– le comorbidità, la fragilità (anziani, ma non solo)
– il paziente terminale
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25. Ci sono pericoli?
Foto M. Tombesi, 2009
Autoreferenzialità? Retorica? Stereotipi romantici?
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26. “Il modello biopsicosociale della medicina solleva il problema
dello status professionale dei medici.
Allo stato attuale, poiché i medici ricevono un’educazione
adeguata soltanto al trattamento dei problemi di natura
fisiologica e biochimica, un problema dovrebbe prima essere
identificato come di natura fisiologica e biochimica e poi
essere assegnato a coloro che appartengono alla corporazione
dei medici.”
Azzone GF. Bioetica, anno X n°1
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27. • Che fondamenti ha per un medico l’intervento su
aspetti che travalicano i fondamenti scientifici
della professione a cui è stato formato ed abilitato
(cioè giuridicamente legittimato ad operare)?
• Dove sta scritto che la nosografia è insufficiente a
descrivere l’agenda di un medico?
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29. • Sin dalle più antiche origini, l’oggetto della medicina
è sempre stato la sofferenza, non le patologie
• Lo sviluppo scientifico successivo ha portato ad
identificare, descrivere e classificare patologie,
sulla base di quel mandato
• Non si può quindi sostenere ora che l’oggetto della
professione medica sia divenuto qualcosa di
diverso
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30. Il paziente si autodescrive
• Nel momento in cui si riconoscono una descrizione di
sintomi e l’evidenza di segni riconducendoli ad una
entità nosografica (processo diagnostico) si compie
un’operazione scientifica
• Nel momento in cui si riconosce al paziente non solo la
capacità, ma anche la pertinenza e legittimità di
autodescriversi - in un contesto professionale con
fondamenti scientifici - ci si trova di fronte ad una sfida:
– fare di questo riconoscimento di capacità e legittimità non
solo una azione di "tolleranza“, “empatia” o buona
educazione nei confronti della persona malata, ma la base
di una prassi fondata (anche) sull’autodefinizione e il
riconoscimento di bisogni
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31. • Verso altri ambiti da esplorare:
– La MG centrata sul paziente in un’epoca in cui le
persone sono progressivamente sempre più centrate
sulle patologie
– Il MMG “fuori mercato”, e l’industria della salute: un
prodotto non più di moda?
– Lo sguardo generalista in una cultura dello
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specialismo
– L’informazione: necessaria, fuorviante, impossibile