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Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d’Autore e le sue
successive modificazioni. Ogni utilizzo di quest’opera per usi diversi da
quello personale e privato è tassativamente vietato. Edizioni L’Informatore
Agrario S.r.l. non potrà comunque essere ritenuta responsabile per eventuali
malfunzionamenti e/o danni di qualsiasi natura connessi all’uso dell’opera.
Politica agricola ed ambientale

A colloquio con Paolo De Castro
su sicurezza alimentare e corsa alla terra
Con il Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo
abbiamo parlato del ruolo strategico che ha l’agricoltura nel produrre derrate per una popolazione
mondiale in continuo aumento e di accaparramento di terre nei Paesi in via di sviluppo
Paolo De Castro è, dal luglio 2009,
Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo e, in passato, ha ricoperto per due
volte il ruolo di Ministro delle politiche
agricole e alimentari del nostro Paese.
Un uomo da sempre impegnato sui temi
della politica agricola europea e mondiale, che abbiamo voluto intervistare prendendo spunto dal suo libro «Corsa alla
terra - Cibo e agricoltura nell’era della
nuova scarsità» (Donzelli Editore), perché ci permette di fare delle riflessioni
sulle grandi questioni mondiali relative
alla sicurezza alimentare, alla crescente
domanda di cibo nel mondo e al fenomeno dell’accaparramento della terra.
Presidente, nel 2050 si prevede che
la Terra sarà popolata da circa 9 miliardi di persone. La produzione agricola mondiale riuscirà a soddisfare la
richiesta di cibo?
Sì, a patto di fare dell’agricoltura e
della produzione alimentare una priorità
nell’agenda della politica globale e della
ricerca scientifica. Lo scenario presente
già ci mette di fronte a problemi che vanno al di là della mera crescita demografica. Grazie allo sviluppo, circa tre miliardi di persone in più rispetto al passato (in
Paesi come Cina, India e in generale nelle economie emergenti) possono permettersi di acquistare cibi più ricchi, sia in
termini di valore nutritivo, sia in termini
economici. Con più latte, più zucchero,
più carne le diete della classe media di
questi Paesi si stanno allineando alle nostre. Questo ha un effetto moltiplicatore
sulla domanda di alcune materie prime
agricole, come la soia o i cereali, che sono alla base dell’alimentazione animale.
È uno dei tanti motivi per cui la domanda
alimentare, soprattutto di alcuni prodotti
strategici, sta crescendo a un ritmo superiore all’offerta. Il risultato è che la tendenza dei prezzi si è ribaltata rispetto a
soli quindici anni fa. I prezzi alimentari,
in declino per buona parte del secolo
scorso, da oltre dieci anni stanno conoscendo una tendenza all’aumento che
sembra destinata a durare.
Stiamo assistendo a una corsa all’accaparramento di terre da parte di
alcuni Stati (come per esempio la Cina) in Africa, in Asia e in Sud Ameri-

Paolo De Castro
ca. Qual è il pericolo in cui ci stiamo
imbattendo con questa «corsa alla terra»? Essa è dettata solo dalle esigenze
alimentari di quelle popolazioni o ci
sono altre motivazioni?
La corsa alla terra da parte di Fondi
sovrani e di aziende a proprietà semistatale nelle regioni più povere del globo fa più notizia anche perché ha implicazioni preoccupanti in termini geopolitici. Si tratta solo di una parte del fenomeno. Non ne facciamo poi una questione di nazionalità o limitata ad alcune
aree. È naturale che la Cina, per esempio, senta molto il problema dell’approvvigionamento alimentare e per questo ha varato un vasto programma di investimenti all’estero, ma le imprese cinesi in genere evitano le acquisizioni
fondiarie su larga scala in Africa. Su
quasi 80 milioni di ettari acquisiti nel
mondo dal 2001 al 2010 solo 4 milioni
sono riconducibili alla Cina e sono concentrati in Asia e Oceania.
Bisogna, però, sgombrare il campo da
un paio di equivoci. Primo, le acquisizioni degli Stati sono solo una parte, il maggior numero viene dai gruppi privati:
fondi di investimento, anche fondi pensione. Il problema è quando gli investimenti si fanno dove la terra, e l’acqua
che vi è contenuta, costa meno e, come
dire, all’ingrosso, su estensioni grandi
come il Lussemburgo. Ciò avviene soprattutto in Paesi dove la «governance»
fondiaria è debole, dove l’instabilità politica e la corruzione spesso sono la regola e dove è più frequente che le popolazioni locali protestino perché le terre su

cui vivono da decenni sono state vendute senza che nessuno le abbia coinvolte.
Come recentemente affermato dalla
Fao (Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura), i buoni investimenti agricoli sono quelli che coinvolgono i produttori locali. Nel libro da
me scritto porto qualche esempio di buone pratiche in questo senso. Anche perché non dimentichiamoci che per vincere la sfida della sicurezza alimentare gli
investimenti privati servono. Devono essere, appunto, buoni investimenti. Finora le acquisizioni fondiarie su grande
scala in alcune regioni del mondo hanno
dimostrato di non esserlo.
L’Italia e l’Europa, più in generale,
sono esenti da questo fenomeno dell’accaparramento di terre da parte di
investitori stranieri?
Come le dicevo, questi investimenti
sono più rischiosi dove c’è forte instabilità. Grandi investitori, che hanno capito
prima degli altri che la terra e l’agricoltura sono l’affare del secolo, non acquistano superfici in Africa, ma in Sud
America. La terra costa di più, ma l’investimento è più sicuro.
In Europa, Paesi come l’Ucraina e la
Romania si sentono a rischio. Per l’Italia non credo ci siano rischi.
Secondo lei come è possibile fermare questo fenomeno o per lo meno limitarlo? E il Parlamento europeo come si
sta muovendo?
Un passo fondamentale è stato fatto
dal Comitato per la «food security» della Fao. Oltre novanta tra istituzioni e
rappresentanti del settore privato, organizzazioni non governative e governi nazionali hanno approvato le linee guida
per la gestione responsabile delle risorse fondiarie e idriche e della pesca. Ora
si tratta di lavorare perché queste linee
guida volontarie siano recepite e applicate dai firmatari, soprattutto dagli Stati.
Non sarà facile, né immediato.
Il Parlamento dell’Unione europea,
da parte sua, ha espresso una posizione
molto chiara aiutando i Paesi in via di
sviluppo ad affrontare i problemi della
sicurezza alimentare.
Intervista raccolta da
Giorgio Vincenzi

11

VITA IN CAMPAGNA 12/2012

© 2012 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l.

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  • 1. www.vitaincampagna.it Edizioni L’Informatore Agrario Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d’Autore e le sue successive modificazioni. Ogni utilizzo di quest’opera per usi diversi da quello personale e privato è tassativamente vietato. Edizioni L’Informatore Agrario S.r.l. non potrà comunque essere ritenuta responsabile per eventuali malfunzionamenti e/o danni di qualsiasi natura connessi all’uso dell’opera.
  • 2. Politica agricola ed ambientale A colloquio con Paolo De Castro su sicurezza alimentare e corsa alla terra Con il Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo abbiamo parlato del ruolo strategico che ha l’agricoltura nel produrre derrate per una popolazione mondiale in continuo aumento e di accaparramento di terre nei Paesi in via di sviluppo Paolo De Castro è, dal luglio 2009, Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo e, in passato, ha ricoperto per due volte il ruolo di Ministro delle politiche agricole e alimentari del nostro Paese. 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Grazie allo sviluppo, circa tre miliardi di persone in più rispetto al passato (in Paesi come Cina, India e in generale nelle economie emergenti) possono permettersi di acquistare cibi più ricchi, sia in termini di valore nutritivo, sia in termini economici. Con più latte, più zucchero, più carne le diete della classe media di questi Paesi si stanno allineando alle nostre. Questo ha un effetto moltiplicatore sulla domanda di alcune materie prime agricole, come la soia o i cereali, che sono alla base dell’alimentazione animale. È uno dei tanti motivi per cui la domanda alimentare, soprattutto di alcuni prodotti strategici, sta crescendo a un ritmo superiore all’offerta. Il risultato è che la tendenza dei prezzi si è ribaltata rispetto a soli quindici anni fa. I prezzi alimentari, in declino per buona parte del secolo scorso, da oltre dieci anni stanno conoscendo una tendenza all’aumento che sembra destinata a durare. Stiamo assistendo a una corsa all’accaparramento di terre da parte di alcuni Stati (come per esempio la Cina) in Africa, in Asia e in Sud Ameri- Paolo De Castro ca. Qual è il pericolo in cui ci stiamo imbattendo con questa «corsa alla terra»? Essa è dettata solo dalle esigenze alimentari di quelle popolazioni o ci sono altre motivazioni? La corsa alla terra da parte di Fondi sovrani e di aziende a proprietà semistatale nelle regioni più povere del globo fa più notizia anche perché ha implicazioni preoccupanti in termini geopolitici. Si tratta solo di una parte del fenomeno. Non ne facciamo poi una questione di nazionalità o limitata ad alcune aree. È naturale che la Cina, per esempio, senta molto il problema dell’approvvigionamento alimentare e per questo ha varato un vasto programma di investimenti all’estero, ma le imprese cinesi in genere evitano le acquisizioni fondiarie su larga scala in Africa. Su quasi 80 milioni di ettari acquisiti nel mondo dal 2001 al 2010 solo 4 milioni sono riconducibili alla Cina e sono concentrati in Asia e Oceania. Bisogna, però, sgombrare il campo da un paio di equivoci. Primo, le acquisizioni degli Stati sono solo una parte, il maggior numero viene dai gruppi privati: fondi di investimento, anche fondi pensione. Il problema è quando gli investimenti si fanno dove la terra, e l’acqua che vi è contenuta, costa meno e, come dire, all’ingrosso, su estensioni grandi come il Lussemburgo. Ciò avviene soprattutto in Paesi dove la «governance» fondiaria è debole, dove l’instabilità politica e la corruzione spesso sono la regola e dove è più frequente che le popolazioni locali protestino perché le terre su cui vivono da decenni sono state vendute senza che nessuno le abbia coinvolte. Come recentemente affermato dalla Fao (Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura), i buoni investimenti agricoli sono quelli che coinvolgono i produttori locali. Nel libro da me scritto porto qualche esempio di buone pratiche in questo senso. Anche perché non dimentichiamoci che per vincere la sfida della sicurezza alimentare gli investimenti privati servono. Devono essere, appunto, buoni investimenti. Finora le acquisizioni fondiarie su grande scala in alcune regioni del mondo hanno dimostrato di non esserlo. L’Italia e l’Europa, più in generale, sono esenti da questo fenomeno dell’accaparramento di terre da parte di investitori stranieri? Come le dicevo, questi investimenti sono più rischiosi dove c’è forte instabilità. Grandi investitori, che hanno capito prima degli altri che la terra e l’agricoltura sono l’affare del secolo, non acquistano superfici in Africa, ma in Sud America. La terra costa di più, ma l’investimento è più sicuro. 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Intervista raccolta da Giorgio Vincenzi 11 VITA IN CAMPAGNA 12/2012 © 2012 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l.