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News 50/SA/2016
Lunedì, 12 Dicembre 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.50 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 70 (7 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Polonia per ocratossina A
in caffè solubile proveniente dall’ India e per ocratossina A in pepe rosso in polvere
proveniente dalla Cina, nonché per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti
dagli Usa; notificato dalla Germania per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla
Turchia e per Salmonella in filetti di pollo salati congelati provenienti dalla Tailandia;
notificato da Latvia per solfiti non dichiarati in uva passa proveniente
dall’Uzbekistan; notificato dalla Svezia per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla
Turchia; notificato dall’Italia per cadmio in calamari congelati (Loligo spp)
provenienti dalla Tailandia e per aflatossine in pistacchi provenienti dall’Iran, via
Turchia; notificato dalla Turchia per clorpirifos in limoni provenienti dalla Turchia;
notificato dalla Grecia per migrazione di formaldeide e di melamina da ciotola di
melamina proveniente dalla Cina; notificato dall’Olanda per Salmonella in
preparazione di carne di tacchino congelata proveniente dal Brasile; notificato dal
Regno Unito per certificati sanitari impropri per okra proveniente dall’ India e per
tentativo di importazione illegale di pesce affumicato e semi egusi provenienti dalla
Nigeria; notificato dalla Lituania per ocratossina A in succo d’uva proveniente dalla
Turchia; notificato dalla Bulgaria per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche
secche provenienti dalla Turchia e per clorpirifos e formetanato in peperoni dolci
provenienti dalla Turchia; notificato dall’Irlanda per Salmonella in petti di pollo
congelati salati provenienti dalla Tailandia; notificato dalla Danimarca per
migrazione of formaldeide da piatto a forma di gufo proveniente dalla Cina;
Allerta notificati dall’Italia per: conta troppo alta di Escherichia coli in vongole
refrigerate (Tapes semidecussatus) provenienti dall’ Italia; per Salmonella
typhimurium monopasica in anatre congelate eviscerate senza frattaglie
provenienti dall’Ungheria; per Clostridium botulinum tipo B in olive nere in salamoia
provenienti dalla Spagna.
Allerta notificati: dalla Norvegia per oxamil in banane provenienti dalla Costa Rica,
via Svizzera; dalla Germania per non autorizzato nuovo ingrediente Evodia
rutaecarpa e nuovo ingrediente alimentare estratto di corteccia di yohimbe e
sostanza non autorizzata 1,3-dimetilamilamina (DMAA) in integratore alimentare
proveniente dall’Olanda, via Regno Unito e per ingrediente non autorizzato
(Arecoline Hydrobromide), citrullina malate non autorizzata, sostanze non
autorizzate sinefrina, beta-alanina, derivato di feniletilamina e N-acetil tirosina e alto
contenuto di caffeina in integratore alimentare proveniente dagli Usa, via Regno
Unito; dalla Francia per frammento di vetro in barattolo contenente tapenade di
olive nere proveniente dalla Francia; dal Belgio per mercurio in filetti di pesce spada
congelati provenienti dall’ Olanda, per livello residuale al di sopra MRL for
sulfadiazina in maiale refrigerato proveniente dal Belgio e anche per ocratossina A
in uva passa proveniente dal Sud Africa; dall’Olanda per sostanza non autorizzata
leucomalachite verde in trota coltivata proveniente dalla Danimarca;
Nella lista delle informative troviamo notificate: notificata dalla Slovacchia per
corrosione di un colino setaccio da polpa di pomodori proveniente dall’Ungheria e
per Salmonella Derby in maiale tritato refrigerato proveniente dalla Polonia;
notificato dal Belgio per particelle di poliammide in additivo alimentare proveniente
dal Belgio e per E 385 - calcio disodico etilendiammina tetra acetato (CDEDTA) non
autorizzato in granchio in scatola proveniente dal Cile nonché per benzo(a)pirene in
semi di cacao provenienti dalla Costa Rica; notificato dalla Francia per conta
troppo alta di Escherichia coli in cozze refrigerate provenienti dalla Francia;
notificato dalla Germania per Salmonella Newport and Vibrio vulnificus in
gamberetti crudi surgelati (Penaeus monodon) provenienti dal Vietnam e per
ingrediente non autorizzato (di-creatina-malate; nitrato di creatina; creatinol-o-
fosfato; i-citrullina-dl-malate 2:1) e nuovo ingrediente alimentare solfato agmatina e
sostanze non autorizzate arginina alphaketoglutarate, 1,3- dimetilamilamina (DMAA)
e beta-alanina in integratore alimentare proveniente dagli Usa; nonché per
ingredienti non autorizzati (citicolina di sodio, destrine ciclico molto ramificato),
sostanze non autorizzate yohimbina e 1,3-dimetilbutilamina (nor-DMAA) e
etichettatura insufficiente (mancanza di istruzioni per l’uso in lingua tedesca) di
integratore alimentare proveniente dagli Usa; sempre notificato dalla Germania per
frammenti di plastica taglienti in vasi contenenti purea di melanzane arrostite
provenienti dalla Turchia; notificata dall’Austria per contaminazione batterica di
salmone marinato e filetti di trota salmonata affumicata provenienti dall’Austria;
notificata dall’Italia per Listeria monocytogenes in salsicce alla griglia provenienti
dalla Romania e per Salmonella infantis in cosce di pollo congelato provenienti
dall’Ungheria; notificato dall’Ungheria per Salmonella enteritidis in uova di gallina
provenienti dalla Polonia; dalla Repubblica Ceca per Salmonella enteritidis in filetti
di petto di pollo refrigerati provenienti dalla Slovacchia e per sostanza non
autorizzata metidatione in arance fresche provenienti dall’ Argentina, via Olanda;
notificato dalla Croazia per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dalla Cina,
via Egitto e per Salmonella infantis in filetti di petto di pollo congelati provenienti
dalla Polonia; notificato dalla Slovenia per ocratossina A in uva passa proveniente
dall’ Iran; notificato dalla Svizzera per sostanza non autorizzata carbofurano in
sedano fresco proveniente dalla Tailandia; notificato dal Belgio per conta troppo
alta di azoto basico volatile totale in filetti di merluzzo surgelati provenienti dalla
Russia.
Fonte: rasff.eu
La Francia batte tutti per sostenibilità alimentare. Italia in sesta posizione: troppo
spreco e cattive abitudini. La fondazione di Barilla presenta il Food Sustainability
Index.
Anche quest’anno si è svolto il Forum internazionale sul cibo e la nutrizione
organizzato dal Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN), sulla nutrizione. Nella
giornata di dibattito si è discusso di alimentazione sostenibile, con la presentazione
del Food Sustainability Index, cioè l’indice di sostenibilità alimentare calcolato per 25
paesi (il gruppo G20, con l’aggiunta di Colombia, Egitto, Etiopia, Israele, Nigeria e
Emirati Arabi Uniti). L’elaborazione è stato sviluppata dall’Economic Intelligence Unit
in collaborazione con BCFN.
L’indice di sostenibilità prende in esame 58 parametri distinti, che possono essere
raggruppati in tre categorie. In prima battuta è stata esaminata l’entità dello spreco
alimentare, nel percorso dal campo alla tavola del consumatore, e tutte le misure
adottate per contrastare il fenomeno. La seconda categoria è l’agricoltura
sostenibile, che comprende l’analisi dell’impatto delle attività agricole su acqua,
suolo e aria, senza dimenticare il benessere animale e l’innovazione. In terza
posizione troviamo gli aspetti nutrizionali, collegati a: qualità, aspettativa e stile di
vita della popolazione.
Nelle prime tre posizioni della classifica generale troviamo: Francia, Giappone e
Canada. In fondo all’elenco si posizionano due paesi in via di sviluppo, Egitto e
India, e una nazione ricca come l’Arabia Saudita. Questo dimostra che la ricchezza
e il livello di sviluppo non sono direttamente proporzionali alla sostenibilità
dell’alimentazione. Esaminando in dettaglio le classifiche per categoria, i francesi
vincono si meritano il primo posto per il contenimento dello spreco alimentare e la
nutrizione, mentre la Germania guadagna il podio per la sostenibilità agricola.
Ultima in classifica per quanto riguarda lo spreco è l’Arabia Saudita, a causa della
grande quantità di cibo perso nell’importazione, lo spreco domestico, e la totale
assenza di politiche di contrasto del fenomeno. Non è, invece, una sorpresa l’ultimo
piazzamento dell’India per agricoltura (in)sostenibile, a causa di una pessima
gestione delle acque e del suolo, e per politiche nutrizionali, con le istituzioni
totalmente incapaci di contrastare la dilagante malnutrizione e le conseguenze
sanitarie.
E l’Italia? Il nostro paese si piazza in una buona sesta posizione. Questo dipende dai
magri risultati dello stivale in alcune aree di indagine. In Italia si spreca tantissimo
cibo, a livello produttivo e, soprattutto, a livello domestico. Dall’indagine emerge
che gli italiani frequentano troppo i fast food, mangiano molti cibi zuccherati e
fanno poca attività fisica. La conseguenza è un discreto numero di persone in
sovrappeso e la scarsa presenza di adeguate politiche nutrizionali per contrastare le
cattive abitudini alimentari. Da un punto di vasta ambientale l’Italia adotta con
successo misure di contrasto all’inquinamento atmosferico, mentre per la gestione
delle acque e il benessere animale la situazione non è proprio ottimale. L’agricoltura
ha un impatto troppo forte sulle acque e sul territorio, soprattutto per la produzione
di mangimi e biocarburanti. Male anche il tasso di occupazione giovanile e
femminile nelle imprese agricole e l’innovazione del settore. (Articolo di Giulia
Crepaldi)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Salviamo il panettone dalle crème farcite, dalla farina di mais e di riso, dal
mascarpone, dal marketing e dall’Aidepi che ha permesso lo stravolgimento della
ricetta tradizionale.
Salviamo il panettone! È quanto viene voglia di urlare in questi giorni mentre si fa la
spesa al supermercato e camminando tra scaffali spuntano dolci di Natale di ogni
tipo. Li trovi all’ingresso, a fianco della frutta, nell’area dei biscotti o abbinati agli
spumanti. In questo ‘mare magnum’ di marche e confezioni sfavillanti diventa
difficile individuare il panettone o il pandoro vero, quello preparato con farina di
frumento, uvetta, burro e uova e frutta candita. La difficoltà è così evidente che
anche le aziende, cercano di distinguere il prodotto tradizionale aggiungendo
appellativi come “classico”, “tradizionale”, “originale”. In alcune confezioni (vedi
foto in alto) la parola panettone è addirittura posta in secondo piano, tanto è poco
rilevante. In questi giorni sugli scaffali si trovano troppi “panettoni” farciti con: crema
pasticcera, gocce di cioccolato, mascarpone, tiramisù, pistacchio di Bronte,
nocciola, fior di latte, moe , amarene, arancio, integrale, liquore Cointreau, vino
Barolo e quant’altro… Per il pandoro le offerte includono farciture come: panna e
cioccolato, gran crema, Limoncé… L’assortimento non finisce qui, perché si trova
pure “Gran chef”, un panettone gastronomico, da abbinare a pomodoro,
mozzarella, formaggio e olive.
Il panettone per celiaci senza farina di Motta viene presentato nel sito come un
prodotto della “tradizione”!
Il paradosso arriva con i panettoni “senza”. Se quelli “senza canditi” ma con il
doppio di uvette sono strani ma con molta fantasia forse accettabili, quelli “senza
canditi e senza uvette” o addirittura “senza farina di frumento” sono un vero rebus.
Marchi come Motta e Bauli sono riusciti, a dispetto di ogni logica pasticcera, a
preparare il tipico dolce tradizionale senza l’ingrediente principale, per seguire la
nuova moda del gluten-free, che va ben oltre le specifiche esigenze dei celiaci. La
vendita di prodotti per celiaci è raddoppiata in pochi anni e la crescita non trova
giustificazioni, visto che il numero dei celiaci non ha registrato un’impennata così
rilevante. Le motivazioni sono da ricercare nella politica di marketing delle aziende,
che ha convinto molte persone ad acquistare cibo per celiaci lasciando intendere
che sono prodotti, più controllati e di qualità superiore. Tutto ciò avviene anche per
panettoni e pandori che però sono dolci tipici della tradizione natalizia, protetti da
un disciplinare datato 22 luglio 2005 a firma del Ministero delle politiche agricole e
forestali. Il testo definisce con molta chiarezza l’elenco degli ingredienti principali
(farina di frumento, burro, uvetta, canditi, uova …) e le rispettive quantità minime. Il
panettone e il pandoro senza farina sono però un vero miracolo del marketing
difficile da giustificare. È un po’ come se sul mercato venissero venduti Parmigiano
Reggiano e Grana Padano preparati con latte di soia per non penalizzare i
consumatori allergici al latte, oppure se la mortadella IGP venisse preparata con
proteine di soia aromatizzate per accontentare i vegetariani, mantenendo però
sulle etichette la stessa denominazione dei prodotti tradizionali. Il paragone non è
così strano, visto che nei panettoni e pandori per celiaci la farina di grano – che è
l’ingrediente principale – viene sostituita con amido di mais, fecola di patate, farina
di riso e tanti addensanti per amalgamare gli ingredienti. La strana alchimia è
possibile da quando Aidepi (associazione di categoria dei grandi marchi italiani che
aveva a suo tempo costruito il decreto a tutela e salvaguardia dei dolci della
tradizione e che negli ultimi anni si è invece ‘invaghita’ dell’olio di palma ndr) ha
inserito nel disciplinare una variazione della ricetta con l’avallo del Ministero della
salute.
Come è stata concessa una deroga ai panettoni senza farina per i celiaci perchè non fare la stessa
cosa per i dolci senza zuccheri destinarti ai diabetici ?
A questo punto, sorgono spontanee alcune domande. Perché il Ministero ha
avallato la produzione del panettoni e pandori senza farina di frumento per i celiaci,
senza concedere una deroga analoga per quelli senza zucchero rivolti ai diabetici,
che invece non possono venire etichettati come panettone o pandoro? Seguendo
la stessa logica, perché non concedere deroghe a favore delle persone allergiche
al latte autorizzando i dolci tipici preparati con olio di palma e per le persone
allergiche alle uova panettoni con idrolizzati di proteine e lecitine di anziché burro e
uova? Sembra di essere di fronte a tutele asimmetriche, collegate ai trend di
mercato e non certo al benessere. Se questo è lo schema da seguire per il cibo
tradizionale tipico del made in Italy, analoghe deroghe dovrebbero esserci per i
prodotti Dop e Igp. Si tratta di scelte assurde che rovinano l’immagine del cibo
tradizionale e confondono le idee ai consumatori, favorendo il numero di cibi lontani
mille miglia dalla ricetta originale.
La ricetta del panettone tradizionale rischia di essere stravolta dalle varianti gastronomiche
approvate dall’Aidepi
Panettone e pandoro sono i migliori prodotti da forno della pasticceria industriale
italiana, penalizzati da una politica di prezzi sottocosto adottata dai supermercati
che ne svilisce l’eccellenza. Sono dolci realizzati con gli ingredienti di pregio e
necessitano di una lievitazione naturale di 24 – 72 ore. La recente deroga per i
celiaci, così come quelle previste nel disciplinare del 2015 (che consentono varianti
farcite (*) oltre alla preparazione di dolci senza canditi e senza uvetta), apre la
strada allo snaturamento di un prodotto apprezzato nel mondo perché rispetta la
tradizione. La maggior parte delle concessioni – a partire dalla sostituzione
dell’ingrediente principale – contribuiscono a disperdere il valore dei prodotti su cui
si basa la tradizione del nostro patrimonio gastronomico. Non rendersi conto di ciò è
miope. Sia chiaro, la questione non è privare il celiaco, il diabetico o le persone
intolleranti alle uova o al latte di un dolce di ricorrenza, ma di utilizzare una
denominazione codificata e protetta per dolci di fantasia. Basterebbe sostituire il
nome panettone o pandoro sulla confezione con una denominazione del tipo
“Dolce di Natale”, accanto alla quale deve in ogni caso venire citato l’impiego
degli ingredienti sostitutivi, come prescritto dal reg. UE 1169/11. (Articolo di Roberto
La Pira e Dario Dongo)
(*) Le versioni di panettone “speciali e arricchite con farciture, oppure ripieni e decorazioni, devono
contenere almeno il 50% dell’impasto base e, comunque, tutte le variazioni sul tema devono essere
riportate in etichetta.
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Bevande decaffeinate: ci sono pericoli?
La caffeina, è una sostanza naturale presente in alcuni vegetali ed in particolare
nelle piante e/o nei frutti di caffè, cacao, tè, cola, guaranà e mate. Da queste
piante si ottengono degli infusi o, come nel caso del cacao, in combinazione con
altri ingredienti (latte, zucchero, cereali, ecc.) degli alimenti che contengono la
caffeina in diverse concentrazioni. La caffeina è una difesa naturale che consente
alle piante di combattere i loro “aggressori” come gli insetti e artropodi erbivori con
un’azione paralizzante.
Nell’uomo il consumo di alimenti e bevande contenenti caffeina ha un effetto
stimolante ed è la sostanza “psicoattiva” maggiormente utilizzata in tutto il mondo.
Nonostante che potrebbe essere considerata uno stupefacente, non esistono
norme di legge che ne limitino il consumo. Infatti, il caffè, il te e il cioccolato sono
universalmente consumati senza particolari vincoli.
Esistono però delle situazioni fisiologiche o patologiche (gravidanza, alcune malattie
cardiovascolari, ecc.) dove il consumo di caffeina deve essere ridotto o totalmente
eliminato.
Il caffè e il te sono bevande che, oltre alla caffeina, contengono numerose altre
sostanze che conferiscono sapori e odori gratificanti per il palato e possono essere
utili per favorire alcune funzioni fisiologiche.
Proprio per andare incontro alle esigenze di chi deve limitare o evitare il consumo di
caffeina, sono state sviluppate delle tecnologie che la eliminano dal te o dal caffè.
La prima tecnica consiste nella “estrazione” della caffeina dal caffè o dal te con il
Diclorometano. Si tratta di un solvente organico che ha la capacità di “sciogliere” la
caffeina e quindi di “asportarla” dal te o dal caffè. La “soluzione” si può allontanare
con facilità e quindi rimane il prodotto senza caffeina. Il Diclorometano è
potenzialmente tossico, ma è sufficiente un riscaldamento per eliminare eventuali
residui pericolosi.
Un altro metodo molto efficace per allontanare la caffeina si basa sulle capacità
estrattive dell’anidride carbonica “supercritica” (in pratica allo stato liquido). Con
questo metodo (quello normalmente impiegato allo stato attuale) non esiste il
rischio di residui potenzialmente pericolosi.
In conclusione chi vuole gustare il te o il caffè, ma deve evitare la caffeina, può
farlo in tutta tranquillità acquistando i prodotti che ne sono stati privati con la
certezza di non andare incontro a rischi. (Dal blog di Agostino Macrì)
Fonte: sicurezzalimentare.it
Food waste: chiarire modalità scelte da produttori per indicare scadenza.
La normativa non è chiarissima: a parte uova (a 28 giorni dalla deposizione), latte
(con i termini di 6-10 giorni descritti in Italia) più olio (18 mesi dalla data di
confezionamento), i termini di conservazione degli altri alimenti sono lasciati alla
responsabilità esclusiva del produttore. Con problemi di comunicazione ai
consumatori: la data di scadenza rappresenta infatti il principale riferimento che i
consumatori cercano in etichetta, in base ai dati Eurobarometro.
Dai consumatori europei di BEUC, ora arriva un monito entro la piattaforma appena
costituita sulle Food Losses and Food Waste. Camille Perrin avrebbe criticato il modo
in cui diversi produttori appongono le date di scadenza- spesso più per comunicare
la freschezza del prodotto che effettivamente per considerare la sicurezza
alimentare e la consumabilità di un prodotto.
In base ad una ricerca francese dell’isituto CLCV, ben il 26% % dei consumatori
mangerebbe comunque un hamburger di carne scaduto da 3 giorni, mentre solo il
12% uno yogurt scaduto da 3.
Circa la metà dei consumatori europei interpreta correttamente le informazioni
fornita da indicazioni come “da consumare preferibilmente entro” e “ da
consumare entro”- al punto che la Commissione aveva proposto negli scorso anni
l’esenzione del termine minimo di conservazione per diversi alimenti (caffè, tè,
formaggi stagionati…).
Durante la piattaforma, Vytenis Andiriukaitis, Commissario alla Salute europeo, ha
affermato che occorre ridisegnare la catena alimentare per limitare al massimo lo
spreco alimentare. Mentre 55 milioni di europei non possono permettersi un pranzo
adeguato ogni giorno, 88 milioni di tonnellate di cibo sono buttate ogni anno- un
contrasto immorale, e vergognoso.
Fonte: sicurezzaalimentare.it
Lumpy Skin disease, misure controllo su territorio nazionale.
Il Ministero della salute ha emanato il Dispositivo dirigenziale recante “Dermatite
Nodulare Contagiosa del Bovino (Lumpy Skin Disease). Misure di controllo
straordinarie su tutto il territorio nazionale”, di applicazione della Decisione di
esecuzione n. 2016/2008 del 15 novembre 2016 e che abroga il Dispositivo 18971 del
5 agosto 2016 e successive proroghe.
La Decisione di esecuzione (Ue) n 2016/2008 stabilisce le condizioni per la
movimentazione di bovini vivi, ruminanti selvatici in cattività e alcuni loro prodotti
dalle zone indenni con vaccinazione e da zone infette prevedendo alcune deroghe
al divieto di spedizione dai Paesi interessati dai divieti.
La Lumpy Skin Disease è una malattia esotica per l'Italia, per la prima volta
sottoposta alla valutazione del rischio dal gruppo Rischi emergenti di Efsa nel 2014-
la sua eventuale introduzione arrecherebbe notevoli danni economici al patrimonio
zootecnico bovino nazionale e gravi ricadute sul sistema produttivo nazionale,
anche in termini di export e scambi intracomunitari.
A parte Grecia e Bulgaria, tra aprile e agosto 2016 anche numerosi paesi terzi
dell'Europa sudorientale, ossia Albania, ex Repubblica iugoslava di Macedonia,
Kosovo (3), Montenegro e Serbia, hanno segnalato focolai di dermatite nodulare
contagiosa nel proprio territorio per la prima volta.
Secondo il parere dell'EFSA , la vaccinazione di tutta la popolazione sensibile nelle
regioni a rischio di introduzione della dermatite nodulare contagiosa e in quelle
colpite da tale malattia contro tale malattia è il modo più efficace per ridurne la
diffusione.
Occorre pertanto applicare adeguate misure di cautelative, coerentemente con le
finalità della Decisione.
Decisione di esecuzione 2016/2008 (http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?
uri=CELEX:32016D2008&from=IT)
Fonte: sicurezzaalimentare.it
Alcolici e health claims: prove di fattibilità?
Fialette con contenuto di alcol in gradazione al 27°- e quindi oltre la soglia dell’1,2%
stabilita a livello UE- potranno comunque recare indicazioni sulla salute e nutrizione.
A patto che siano integratori, ovvero, l’assunzione di alcol sia negligibile e non in
grado di dare effetti negativi di salute. E’ questa la conclusione della Corte di
Giustizia UE, che nella Causa C-177/15-Nelsons GmbH contro Ayonnax Nutripharm
GmbH contro Bachblütentreff Ltd- ha creato un precedente di tutto interesse.
Se a livello europeo si sta valutando la possibilità di indicare almeno il contenuto
calorico degli alcolici, ad oggi proibito proprio dall’esenzione per tutti gli alcolici con
almeno 1,2° di alcol- in ragione del contenuto “nascosto” di calorie, in un momento
in cui sovrappeso e obesità sono dilaganti- nelle intenzioni originarie del legislatore si
intendeva limitare una promozionalità indiretta degli alcolici con aspetti nutrizionali.
Che avrebbero in qualche modo fatto pensare alla salubrità. Circa il caso di specie,
la Corte ha ritenuto che il formato delle fialette di integratori, con un contenuto
assolutamente ridotto (pochi ml) non fosse in grado di essere considerato intanto
come bevanda, e poi, di produrre effetti negativi sulla salute umana.
Circa poi il valore di indicazione sulla salute del marchio “Rescue” (“sollievo”),
registrato prima della pubblicazione del regolamento 1924/2016 sugli health &
nutrition claims, (e prima della data limite del 2005 come stabilito dalla normativa) la
Corte ha chiarito che possa essere considerata come indicazione sulla salute
generale e in tal senso, da supportare solo se accompagnata da una indicazione
sulla salute specifica (es, presenza di vitamine o Sali minerali con relativi claims).
Sempre considerato che i prodotti recanti denominazioni commerciali o marchi di
fabbrica esistenti anteriormente al 1o gennaio 2005 e non conformi al regolamento
“claims” possono continuare ad essere commercializzati fino al 19 gennaio 2022.
Fonte: sicurezzaalimentare.it
Etichette prive di informazione su allergeni, quali sanzioni?
Quesito su etichette prive di informazione su allergeni, quali sanzioni e misure
adottare in sede di controllo pubblico ufficiale? Risponde l’avvocato Dario Dongo
Egregio avvocato, facendo seguito al seminario da Lei si recente tenuto presso la
ASL di Milano, Le sottopongo alcuni quesiti.
1) Nel caso in cui l’etichetta di un prodotto “alimento preimballato” come definito
dall’art. 2 del regolamento CE 1169/11, non sia rispondente nella parte definita
dall’art. 9 c1 lettera c (non sono dichiarate le sostanze allergeniche) e tale
mancanza potrebbe rappresentare potenziale rischio per i consumatori, e l’OSA
all’interno del suo piano di autocontrollo non ha previsto questo rischio, si potrebbe
ipotizzare violazione ex art. 6 comma 6 d.lgs. 193/07 o solo prescrizione ai sensi
dell’art. 6 comma 7?
2) Si dovrebbe in ogni caso procedere al sequestro sanitario ex art. 1 L 283/62 o
fermo sanitario ai sensi dell’art. 54 reg. ce 882/04?
Molte grazie
Annamaria
Gentilissima,
rispondo come segue ai Suoi quesiti.
1) Ai sensi del d.lgs. 193/07, articolo 6, comma 6, ‘6. L’operatore del settore
alimentare operante ai sensi dei regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004, a livello
diverso da quello della produzione primaria, che omette di predisporre procedure di
autocontrollo basate sui principi del sistema HACCP, comprese le procedure di
verifica da predisporre ai sensi del regolamento (CE) n. 2073/2005 e quelle in
materia di informazioni sulla catena alimentare, e’ punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000′.
A umile avviso dello scrivente, la mancata considerazione del rischio di
contaminazione crociata accidentale di un alimento con ingredienti allergenici che
non appartengono alla formula (o ricetta del prodotto) integra la violazione della
norma testé citata, e può perciò venire sanzionato in applicazione della stessa.
2) Ai sensi della legge 283/1962, articolo 1, ‘Sono soggette a vigilanza per la tutela
della pubblica salute la produzione ed il commercio delle sostanze destinate alla
alimentazione. A tal fine l’autorità sanitaria può procedere, in qualunque momento
ed a mezzo dei competenti organi ed uffici, ad ispezione e prelievo di campioni
negli stabilimenti ed esercizi pubblici, dove si producano, si conservino in deposito, si
smercino o si consumino le predette sostanze, nonché sugli scali e sui mezzi di
trasporto. Essa può, altresì, procedere al sequestro delle merci e, ove dagli
accertamenti eseguiti risulti necessario per la tutela della pubblica salute, alla loro
distruzione.’
A modesto avviso di chi scrive, il prodotto destinato all’alimentazione che non rechi
le doverose informazioni per il suo consumo in condizioni di sicurezza da parte dei
consumatori allergici alle sostanze indicate nel reg. UE 1169/11, Allegato II, si
qualifica come alimento a rischio (in applicazione dei criteri previsti nel reg. CE
178/02, articolo 14) e può pertanto venire assoggettato al sequestro stabilito dalla
legge 283/1962.
Cordialmente
Dario Dongo
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com

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  • 1. News 50/SA/2016 Lunedì, 12 Dicembre 2016 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.50 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 70 (7 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Polonia per ocratossina A in caffè solubile proveniente dall’ India e per ocratossina A in pepe rosso in polvere proveniente dalla Cina, nonché per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti dagli Usa; notificato dalla Germania per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia e per Salmonella in filetti di pollo salati congelati provenienti dalla Tailandia; notificato da Latvia per solfiti non dichiarati in uva passa proveniente dall’Uzbekistan; notificato dalla Svezia per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia; notificato dall’Italia per cadmio in calamari congelati (Loligo spp) provenienti dalla Tailandia e per aflatossine in pistacchi provenienti dall’Iran, via Turchia; notificato dalla Turchia per clorpirifos in limoni provenienti dalla Turchia; notificato dalla Grecia per migrazione di formaldeide e di melamina da ciotola di melamina proveniente dalla Cina; notificato dall’Olanda per Salmonella in preparazione di carne di tacchino congelata proveniente dal Brasile; notificato dal Regno Unito per certificati sanitari impropri per okra proveniente dall’ India e per tentativo di importazione illegale di pesce affumicato e semi egusi provenienti dalla Nigeria; notificato dalla Lituania per ocratossina A in succo d’uva proveniente dalla Turchia; notificato dalla Bulgaria per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia e per clorpirifos e formetanato in peperoni dolci provenienti dalla Turchia; notificato dall’Irlanda per Salmonella in petti di pollo congelati salati provenienti dalla Tailandia; notificato dalla Danimarca per migrazione of formaldeide da piatto a forma di gufo proveniente dalla Cina; Allerta notificati dall’Italia per: conta troppo alta di Escherichia coli in vongole refrigerate (Tapes semidecussatus) provenienti dall’ Italia; per Salmonella typhimurium monopasica in anatre congelate eviscerate senza frattaglie provenienti dall’Ungheria; per Clostridium botulinum tipo B in olive nere in salamoia
  • 2. provenienti dalla Spagna. Allerta notificati: dalla Norvegia per oxamil in banane provenienti dalla Costa Rica, via Svizzera; dalla Germania per non autorizzato nuovo ingrediente Evodia rutaecarpa e nuovo ingrediente alimentare estratto di corteccia di yohimbe e sostanza non autorizzata 1,3-dimetilamilamina (DMAA) in integratore alimentare proveniente dall’Olanda, via Regno Unito e per ingrediente non autorizzato (Arecoline Hydrobromide), citrullina malate non autorizzata, sostanze non autorizzate sinefrina, beta-alanina, derivato di feniletilamina e N-acetil tirosina e alto contenuto di caffeina in integratore alimentare proveniente dagli Usa, via Regno Unito; dalla Francia per frammento di vetro in barattolo contenente tapenade di olive nere proveniente dalla Francia; dal Belgio per mercurio in filetti di pesce spada congelati provenienti dall’ Olanda, per livello residuale al di sopra MRL for sulfadiazina in maiale refrigerato proveniente dal Belgio e anche per ocratossina A in uva passa proveniente dal Sud Africa; dall’Olanda per sostanza non autorizzata leucomalachite verde in trota coltivata proveniente dalla Danimarca; Nella lista delle informative troviamo notificate: notificata dalla Slovacchia per corrosione di un colino setaccio da polpa di pomodori proveniente dall’Ungheria e per Salmonella Derby in maiale tritato refrigerato proveniente dalla Polonia; notificato dal Belgio per particelle di poliammide in additivo alimentare proveniente dal Belgio e per E 385 - calcio disodico etilendiammina tetra acetato (CDEDTA) non autorizzato in granchio in scatola proveniente dal Cile nonché per benzo(a)pirene in semi di cacao provenienti dalla Costa Rica; notificato dalla Francia per conta troppo alta di Escherichia coli in cozze refrigerate provenienti dalla Francia; notificato dalla Germania per Salmonella Newport and Vibrio vulnificus in gamberetti crudi surgelati (Penaeus monodon) provenienti dal Vietnam e per ingrediente non autorizzato (di-creatina-malate; nitrato di creatina; creatinol-o- fosfato; i-citrullina-dl-malate 2:1) e nuovo ingrediente alimentare solfato agmatina e sostanze non autorizzate arginina alphaketoglutarate, 1,3- dimetilamilamina (DMAA) e beta-alanina in integratore alimentare proveniente dagli Usa; nonché per ingredienti non autorizzati (citicolina di sodio, destrine ciclico molto ramificato), sostanze non autorizzate yohimbina e 1,3-dimetilbutilamina (nor-DMAA) e etichettatura insufficiente (mancanza di istruzioni per l’uso in lingua tedesca) di integratore alimentare proveniente dagli Usa; sempre notificato dalla Germania per frammenti di plastica taglienti in vasi contenenti purea di melanzane arrostite provenienti dalla Turchia; notificata dall’Austria per contaminazione batterica di
  • 3. salmone marinato e filetti di trota salmonata affumicata provenienti dall’Austria; notificata dall’Italia per Listeria monocytogenes in salsicce alla griglia provenienti dalla Romania e per Salmonella infantis in cosce di pollo congelato provenienti dall’Ungheria; notificato dall’Ungheria per Salmonella enteritidis in uova di gallina provenienti dalla Polonia; dalla Repubblica Ceca per Salmonella enteritidis in filetti di petto di pollo refrigerati provenienti dalla Slovacchia e per sostanza non autorizzata metidatione in arance fresche provenienti dall’ Argentina, via Olanda; notificato dalla Croazia per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dalla Cina, via Egitto e per Salmonella infantis in filetti di petto di pollo congelati provenienti dalla Polonia; notificato dalla Slovenia per ocratossina A in uva passa proveniente dall’ Iran; notificato dalla Svizzera per sostanza non autorizzata carbofurano in sedano fresco proveniente dalla Tailandia; notificato dal Belgio per conta troppo alta di azoto basico volatile totale in filetti di merluzzo surgelati provenienti dalla Russia. Fonte: rasff.eu La Francia batte tutti per sostenibilità alimentare. Italia in sesta posizione: troppo spreco e cattive abitudini. La fondazione di Barilla presenta il Food Sustainability Index. Anche quest’anno si è svolto il Forum internazionale sul cibo e la nutrizione organizzato dal Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN), sulla nutrizione. Nella giornata di dibattito si è discusso di alimentazione sostenibile, con la presentazione del Food Sustainability Index, cioè l’indice di sostenibilità alimentare calcolato per 25 paesi (il gruppo G20, con l’aggiunta di Colombia, Egitto, Etiopia, Israele, Nigeria e Emirati Arabi Uniti). L’elaborazione è stato sviluppata dall’Economic Intelligence Unit in collaborazione con BCFN. L’indice di sostenibilità prende in esame 58 parametri distinti, che possono essere raggruppati in tre categorie. In prima battuta è stata esaminata l’entità dello spreco alimentare, nel percorso dal campo alla tavola del consumatore, e tutte le misure adottate per contrastare il fenomeno. La seconda categoria è l’agricoltura sostenibile, che comprende l’analisi dell’impatto delle attività agricole su acqua, suolo e aria, senza dimenticare il benessere animale e l’innovazione. In terza posizione troviamo gli aspetti nutrizionali, collegati a: qualità, aspettativa e stile di vita della popolazione.
  • 4. Nelle prime tre posizioni della classifica generale troviamo: Francia, Giappone e Canada. In fondo all’elenco si posizionano due paesi in via di sviluppo, Egitto e India, e una nazione ricca come l’Arabia Saudita. Questo dimostra che la ricchezza e il livello di sviluppo non sono direttamente proporzionali alla sostenibilità dell’alimentazione. Esaminando in dettaglio le classifiche per categoria, i francesi vincono si meritano il primo posto per il contenimento dello spreco alimentare e la nutrizione, mentre la Germania guadagna il podio per la sostenibilità agricola. Ultima in classifica per quanto riguarda lo spreco è l’Arabia Saudita, a causa della grande quantità di cibo perso nell’importazione, lo spreco domestico, e la totale assenza di politiche di contrasto del fenomeno. Non è, invece, una sorpresa l’ultimo piazzamento dell’India per agricoltura (in)sostenibile, a causa di una pessima gestione delle acque e del suolo, e per politiche nutrizionali, con le istituzioni totalmente incapaci di contrastare la dilagante malnutrizione e le conseguenze sanitarie. E l’Italia? Il nostro paese si piazza in una buona sesta posizione. Questo dipende dai magri risultati dello stivale in alcune aree di indagine. In Italia si spreca tantissimo cibo, a livello produttivo e, soprattutto, a livello domestico. Dall’indagine emerge che gli italiani frequentano troppo i fast food, mangiano molti cibi zuccherati e fanno poca attività fisica. La conseguenza è un discreto numero di persone in sovrappeso e la scarsa presenza di adeguate politiche nutrizionali per contrastare le cattive abitudini alimentari. Da un punto di vasta ambientale l’Italia adotta con
  • 5. successo misure di contrasto all’inquinamento atmosferico, mentre per la gestione delle acque e il benessere animale la situazione non è proprio ottimale. L’agricoltura ha un impatto troppo forte sulle acque e sul territorio, soprattutto per la produzione di mangimi e biocarburanti. Male anche il tasso di occupazione giovanile e femminile nelle imprese agricole e l’innovazione del settore. (Articolo di Giulia Crepaldi) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Salviamo il panettone dalle crème farcite, dalla farina di mais e di riso, dal mascarpone, dal marketing e dall’Aidepi che ha permesso lo stravolgimento della ricetta tradizionale. Salviamo il panettone! È quanto viene voglia di urlare in questi giorni mentre si fa la spesa al supermercato e camminando tra scaffali spuntano dolci di Natale di ogni tipo. Li trovi all’ingresso, a fianco della frutta, nell’area dei biscotti o abbinati agli spumanti. In questo ‘mare magnum’ di marche e confezioni sfavillanti diventa difficile individuare il panettone o il pandoro vero, quello preparato con farina di frumento, uvetta, burro e uova e frutta candita. La difficoltà è così evidente che anche le aziende, cercano di distinguere il prodotto tradizionale aggiungendo appellativi come “classico”, “tradizionale”, “originale”. In alcune confezioni (vedi foto in alto) la parola panettone è addirittura posta in secondo piano, tanto è poco rilevante. In questi giorni sugli scaffali si trovano troppi “panettoni” farciti con: crema pasticcera, gocce di cioccolato, mascarpone, tiramisù, pistacchio di Bronte, nocciola, fior di latte, moe , amarene, arancio, integrale, liquore Cointreau, vino Barolo e quant’altro… Per il pandoro le offerte includono farciture come: panna e cioccolato, gran crema, Limoncé… L’assortimento non finisce qui, perché si trova
  • 6. pure “Gran chef”, un panettone gastronomico, da abbinare a pomodoro, mozzarella, formaggio e olive. Il panettone per celiaci senza farina di Motta viene presentato nel sito come un prodotto della “tradizione”! Il paradosso arriva con i panettoni “senza”. Se quelli “senza canditi” ma con il doppio di uvette sono strani ma con molta fantasia forse accettabili, quelli “senza canditi e senza uvette” o addirittura “senza farina di frumento” sono un vero rebus. Marchi come Motta e Bauli sono riusciti, a dispetto di ogni logica pasticcera, a preparare il tipico dolce tradizionale senza l’ingrediente principale, per seguire la nuova moda del gluten-free, che va ben oltre le specifiche esigenze dei celiaci. La vendita di prodotti per celiaci è raddoppiata in pochi anni e la crescita non trova giustificazioni, visto che il numero dei celiaci non ha registrato un’impennata così rilevante. Le motivazioni sono da ricercare nella politica di marketing delle aziende, che ha convinto molte persone ad acquistare cibo per celiaci lasciando intendere che sono prodotti, più controllati e di qualità superiore. Tutto ciò avviene anche per panettoni e pandori che però sono dolci tipici della tradizione natalizia, protetti da un disciplinare datato 22 luglio 2005 a firma del Ministero delle politiche agricole e forestali. Il testo definisce con molta chiarezza l’elenco degli ingredienti principali (farina di frumento, burro, uvetta, canditi, uova …) e le rispettive quantità minime. Il panettone e il pandoro senza farina sono però un vero miracolo del marketing difficile da giustificare. È un po’ come se sul mercato venissero venduti Parmigiano Reggiano e Grana Padano preparati con latte di soia per non penalizzare i consumatori allergici al latte, oppure se la mortadella IGP venisse preparata con proteine di soia aromatizzate per accontentare i vegetariani, mantenendo però
  • 7. sulle etichette la stessa denominazione dei prodotti tradizionali. Il paragone non è così strano, visto che nei panettoni e pandori per celiaci la farina di grano – che è l’ingrediente principale – viene sostituita con amido di mais, fecola di patate, farina di riso e tanti addensanti per amalgamare gli ingredienti. La strana alchimia è possibile da quando Aidepi (associazione di categoria dei grandi marchi italiani che aveva a suo tempo costruito il decreto a tutela e salvaguardia dei dolci della tradizione e che negli ultimi anni si è invece ‘invaghita’ dell’olio di palma ndr) ha inserito nel disciplinare una variazione della ricetta con l’avallo del Ministero della salute. Come è stata concessa una deroga ai panettoni senza farina per i celiaci perchè non fare la stessa cosa per i dolci senza zuccheri destinarti ai diabetici ? A questo punto, sorgono spontanee alcune domande. Perché il Ministero ha avallato la produzione del panettoni e pandori senza farina di frumento per i celiaci, senza concedere una deroga analoga per quelli senza zucchero rivolti ai diabetici, che invece non possono venire etichettati come panettone o pandoro? Seguendo la stessa logica, perché non concedere deroghe a favore delle persone allergiche al latte autorizzando i dolci tipici preparati con olio di palma e per le persone allergiche alle uova panettoni con idrolizzati di proteine e lecitine di anziché burro e uova? Sembra di essere di fronte a tutele asimmetriche, collegate ai trend di mercato e non certo al benessere. Se questo è lo schema da seguire per il cibo tradizionale tipico del made in Italy, analoghe deroghe dovrebbero esserci per i prodotti Dop e Igp. Si tratta di scelte assurde che rovinano l’immagine del cibo tradizionale e confondono le idee ai consumatori, favorendo il numero di cibi lontani mille miglia dalla ricetta originale.
  • 8. La ricetta del panettone tradizionale rischia di essere stravolta dalle varianti gastronomiche approvate dall’Aidepi Panettone e pandoro sono i migliori prodotti da forno della pasticceria industriale italiana, penalizzati da una politica di prezzi sottocosto adottata dai supermercati che ne svilisce l’eccellenza. Sono dolci realizzati con gli ingredienti di pregio e necessitano di una lievitazione naturale di 24 – 72 ore. La recente deroga per i celiaci, così come quelle previste nel disciplinare del 2015 (che consentono varianti farcite (*) oltre alla preparazione di dolci senza canditi e senza uvetta), apre la strada allo snaturamento di un prodotto apprezzato nel mondo perché rispetta la tradizione. La maggior parte delle concessioni – a partire dalla sostituzione dell’ingrediente principale – contribuiscono a disperdere il valore dei prodotti su cui si basa la tradizione del nostro patrimonio gastronomico. Non rendersi conto di ciò è miope. Sia chiaro, la questione non è privare il celiaco, il diabetico o le persone intolleranti alle uova o al latte di un dolce di ricorrenza, ma di utilizzare una denominazione codificata e protetta per dolci di fantasia. Basterebbe sostituire il nome panettone o pandoro sulla confezione con una denominazione del tipo “Dolce di Natale”, accanto alla quale deve in ogni caso venire citato l’impiego degli ingredienti sostitutivi, come prescritto dal reg. UE 1169/11. (Articolo di Roberto La Pira e Dario Dongo) (*) Le versioni di panettone “speciali e arricchite con farciture, oppure ripieni e decorazioni, devono contenere almeno il 50% dell’impasto base e, comunque, tutte le variazioni sul tema devono essere riportate in etichetta. Fonte: www.ilfattoalimentare.it Bevande decaffeinate: ci sono pericoli?
  • 9. La caffeina, è una sostanza naturale presente in alcuni vegetali ed in particolare nelle piante e/o nei frutti di caffè, cacao, tè, cola, guaranà e mate. Da queste piante si ottengono degli infusi o, come nel caso del cacao, in combinazione con altri ingredienti (latte, zucchero, cereali, ecc.) degli alimenti che contengono la caffeina in diverse concentrazioni. La caffeina è una difesa naturale che consente alle piante di combattere i loro “aggressori” come gli insetti e artropodi erbivori con un’azione paralizzante. Nell’uomo il consumo di alimenti e bevande contenenti caffeina ha un effetto stimolante ed è la sostanza “psicoattiva” maggiormente utilizzata in tutto il mondo. Nonostante che potrebbe essere considerata uno stupefacente, non esistono norme di legge che ne limitino il consumo. Infatti, il caffè, il te e il cioccolato sono universalmente consumati senza particolari vincoli. Esistono però delle situazioni fisiologiche o patologiche (gravidanza, alcune malattie cardiovascolari, ecc.) dove il consumo di caffeina deve essere ridotto o totalmente eliminato. Il caffè e il te sono bevande che, oltre alla caffeina, contengono numerose altre sostanze che conferiscono sapori e odori gratificanti per il palato e possono essere utili per favorire alcune funzioni fisiologiche. Proprio per andare incontro alle esigenze di chi deve limitare o evitare il consumo di caffeina, sono state sviluppate delle tecnologie che la eliminano dal te o dal caffè. La prima tecnica consiste nella “estrazione” della caffeina dal caffè o dal te con il Diclorometano. Si tratta di un solvente organico che ha la capacità di “sciogliere” la caffeina e quindi di “asportarla” dal te o dal caffè. La “soluzione” si può allontanare con facilità e quindi rimane il prodotto senza caffeina. Il Diclorometano è potenzialmente tossico, ma è sufficiente un riscaldamento per eliminare eventuali residui pericolosi. Un altro metodo molto efficace per allontanare la caffeina si basa sulle capacità estrattive dell’anidride carbonica “supercritica” (in pratica allo stato liquido). Con questo metodo (quello normalmente impiegato allo stato attuale) non esiste il rischio di residui potenzialmente pericolosi. In conclusione chi vuole gustare il te o il caffè, ma deve evitare la caffeina, può farlo in tutta tranquillità acquistando i prodotti che ne sono stati privati con la certezza di non andare incontro a rischi. (Dal blog di Agostino Macrì) Fonte: sicurezzalimentare.it
  • 10. Food waste: chiarire modalità scelte da produttori per indicare scadenza. La normativa non è chiarissima: a parte uova (a 28 giorni dalla deposizione), latte (con i termini di 6-10 giorni descritti in Italia) più olio (18 mesi dalla data di confezionamento), i termini di conservazione degli altri alimenti sono lasciati alla responsabilità esclusiva del produttore. Con problemi di comunicazione ai consumatori: la data di scadenza rappresenta infatti il principale riferimento che i consumatori cercano in etichetta, in base ai dati Eurobarometro. Dai consumatori europei di BEUC, ora arriva un monito entro la piattaforma appena costituita sulle Food Losses and Food Waste. Camille Perrin avrebbe criticato il modo in cui diversi produttori appongono le date di scadenza- spesso più per comunicare la freschezza del prodotto che effettivamente per considerare la sicurezza alimentare e la consumabilità di un prodotto. In base ad una ricerca francese dell’isituto CLCV, ben il 26% % dei consumatori mangerebbe comunque un hamburger di carne scaduto da 3 giorni, mentre solo il 12% uno yogurt scaduto da 3. Circa la metà dei consumatori europei interpreta correttamente le informazioni fornita da indicazioni come “da consumare preferibilmente entro” e “ da consumare entro”- al punto che la Commissione aveva proposto negli scorso anni l’esenzione del termine minimo di conservazione per diversi alimenti (caffè, tè, formaggi stagionati…). Durante la piattaforma, Vytenis Andiriukaitis, Commissario alla Salute europeo, ha affermato che occorre ridisegnare la catena alimentare per limitare al massimo lo spreco alimentare. Mentre 55 milioni di europei non possono permettersi un pranzo adeguato ogni giorno, 88 milioni di tonnellate di cibo sono buttate ogni anno- un contrasto immorale, e vergognoso. Fonte: sicurezzaalimentare.it Lumpy Skin disease, misure controllo su territorio nazionale. Il Ministero della salute ha emanato il Dispositivo dirigenziale recante “Dermatite Nodulare Contagiosa del Bovino (Lumpy Skin Disease). Misure di controllo straordinarie su tutto il territorio nazionale”, di applicazione della Decisione di esecuzione n. 2016/2008 del 15 novembre 2016 e che abroga il Dispositivo 18971 del
  • 11. 5 agosto 2016 e successive proroghe. La Decisione di esecuzione (Ue) n 2016/2008 stabilisce le condizioni per la movimentazione di bovini vivi, ruminanti selvatici in cattività e alcuni loro prodotti dalle zone indenni con vaccinazione e da zone infette prevedendo alcune deroghe al divieto di spedizione dai Paesi interessati dai divieti. La Lumpy Skin Disease è una malattia esotica per l'Italia, per la prima volta sottoposta alla valutazione del rischio dal gruppo Rischi emergenti di Efsa nel 2014- la sua eventuale introduzione arrecherebbe notevoli danni economici al patrimonio zootecnico bovino nazionale e gravi ricadute sul sistema produttivo nazionale, anche in termini di export e scambi intracomunitari. A parte Grecia e Bulgaria, tra aprile e agosto 2016 anche numerosi paesi terzi dell'Europa sudorientale, ossia Albania, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Kosovo (3), Montenegro e Serbia, hanno segnalato focolai di dermatite nodulare contagiosa nel proprio territorio per la prima volta. Secondo il parere dell'EFSA , la vaccinazione di tutta la popolazione sensibile nelle regioni a rischio di introduzione della dermatite nodulare contagiosa e in quelle colpite da tale malattia contro tale malattia è il modo più efficace per ridurne la diffusione. Occorre pertanto applicare adeguate misure di cautelative, coerentemente con le finalità della Decisione. Decisione di esecuzione 2016/2008 (http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/? uri=CELEX:32016D2008&from=IT) Fonte: sicurezzaalimentare.it Alcolici e health claims: prove di fattibilità? Fialette con contenuto di alcol in gradazione al 27°- e quindi oltre la soglia dell’1,2% stabilita a livello UE- potranno comunque recare indicazioni sulla salute e nutrizione. A patto che siano integratori, ovvero, l’assunzione di alcol sia negligibile e non in grado di dare effetti negativi di salute. E’ questa la conclusione della Corte di Giustizia UE, che nella Causa C-177/15-Nelsons GmbH contro Ayonnax Nutripharm GmbH contro Bachblütentreff Ltd- ha creato un precedente di tutto interesse. Se a livello europeo si sta valutando la possibilità di indicare almeno il contenuto calorico degli alcolici, ad oggi proibito proprio dall’esenzione per tutti gli alcolici con almeno 1,2° di alcol- in ragione del contenuto “nascosto” di calorie, in un momento in cui sovrappeso e obesità sono dilaganti- nelle intenzioni originarie del legislatore si intendeva limitare una promozionalità indiretta degli alcolici con aspetti nutrizionali.
  • 12. Che avrebbero in qualche modo fatto pensare alla salubrità. Circa il caso di specie, la Corte ha ritenuto che il formato delle fialette di integratori, con un contenuto assolutamente ridotto (pochi ml) non fosse in grado di essere considerato intanto come bevanda, e poi, di produrre effetti negativi sulla salute umana. Circa poi il valore di indicazione sulla salute del marchio “Rescue” (“sollievo”), registrato prima della pubblicazione del regolamento 1924/2016 sugli health & nutrition claims, (e prima della data limite del 2005 come stabilito dalla normativa) la Corte ha chiarito che possa essere considerata come indicazione sulla salute generale e in tal senso, da supportare solo se accompagnata da una indicazione sulla salute specifica (es, presenza di vitamine o Sali minerali con relativi claims). Sempre considerato che i prodotti recanti denominazioni commerciali o marchi di fabbrica esistenti anteriormente al 1o gennaio 2005 e non conformi al regolamento “claims” possono continuare ad essere commercializzati fino al 19 gennaio 2022. Fonte: sicurezzaalimentare.it Etichette prive di informazione su allergeni, quali sanzioni? Quesito su etichette prive di informazione su allergeni, quali sanzioni e misure adottare in sede di controllo pubblico ufficiale? Risponde l’avvocato Dario Dongo Egregio avvocato, facendo seguito al seminario da Lei si recente tenuto presso la ASL di Milano, Le sottopongo alcuni quesiti. 1) Nel caso in cui l’etichetta di un prodotto “alimento preimballato” come definito dall’art. 2 del regolamento CE 1169/11, non sia rispondente nella parte definita dall’art. 9 c1 lettera c (non sono dichiarate le sostanze allergeniche) e tale mancanza potrebbe rappresentare potenziale rischio per i consumatori, e l’OSA all’interno del suo piano di autocontrollo non ha previsto questo rischio, si potrebbe ipotizzare violazione ex art. 6 comma 6 d.lgs. 193/07 o solo prescrizione ai sensi dell’art. 6 comma 7? 2) Si dovrebbe in ogni caso procedere al sequestro sanitario ex art. 1 L 283/62 o fermo sanitario ai sensi dell’art. 54 reg. ce 882/04? Molte grazie Annamaria Gentilissima, rispondo come segue ai Suoi quesiti.
  • 13. 1) Ai sensi del d.lgs. 193/07, articolo 6, comma 6, ‘6. L’operatore del settore alimentare operante ai sensi dei regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004, a livello diverso da quello della produzione primaria, che omette di predisporre procedure di autocontrollo basate sui principi del sistema HACCP, comprese le procedure di verifica da predisporre ai sensi del regolamento (CE) n. 2073/2005 e quelle in materia di informazioni sulla catena alimentare, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000′. A umile avviso dello scrivente, la mancata considerazione del rischio di contaminazione crociata accidentale di un alimento con ingredienti allergenici che non appartengono alla formula (o ricetta del prodotto) integra la violazione della norma testé citata, e può perciò venire sanzionato in applicazione della stessa. 2) Ai sensi della legge 283/1962, articolo 1, ‘Sono soggette a vigilanza per la tutela della pubblica salute la produzione ed il commercio delle sostanze destinate alla alimentazione. A tal fine l’autorità sanitaria può procedere, in qualunque momento ed a mezzo dei competenti organi ed uffici, ad ispezione e prelievo di campioni negli stabilimenti ed esercizi pubblici, dove si producano, si conservino in deposito, si smercino o si consumino le predette sostanze, nonché sugli scali e sui mezzi di trasporto. Essa può, altresì, procedere al sequestro delle merci e, ove dagli accertamenti eseguiti risulti necessario per la tutela della pubblica salute, alla loro distruzione.’ A modesto avviso di chi scrive, il prodotto destinato all’alimentazione che non rechi le doverose informazioni per il suo consumo in condizioni di sicurezza da parte dei consumatori allergici alle sostanze indicate nel reg. UE 1169/11, Allegato II, si qualifica come alimento a rischio (in applicazione dei criteri previsti nel reg. CE 178/02, articolo 14) e può pertanto venire assoggettato al sequestro stabilito dalla legge 283/1962. Cordialmente Dario Dongo Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com