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LA PROTEZIONE CIVILE
Di Claudio Di Blasi
Responsabile Servizio Civile Associazione Mosaico
Obiettivi del Modulo
Nella primavera del 2007 il CESC Lombardia, in collaborazione con Associazione Mosaico,
organizzò un seminario regionale con l'obiettivo di elaborare metodologie adeguate di
formazione, rivolte ai volontari in servizio civile, sul tema della Protezione Civile.
Il risultato di tale seminario fu un apposito modulo, della durata di 5 ore, che è stato dato
liberamente in uso agli enti di servizio civile della Regione Lombardia.
Tale documento, adeguatamente “asciugato” per rispondere alle esigenze della presente
pubblicazione, costituisce di fatto gran parte del presente capitolo.
L'obiettivo di tale percorso di formazione, che si riesce a realizzare in modo ideale con una
classe di almeno 8 persone, è decisamente ambizioso: da un lato fornire ai volontari una sorta di
alfabetizzazione di base sul tema della protezione civile, dall'altro tendere un legame tra servizio
civile nazionale e protezione civile, fino a prefigurare un possibile “futuro” di impegno civico
del giovane, proprio nel campo della protezione civile e delle sue organizzazioni.
1
PLANNING DEL GIORNO
TITOLO STRUMENTI DURATA
Presentazione formatore,
del modulo e
partecipanti
- 5 min.
Introduzione al tema dei
soccorsi:
Attività:
- 1^ parte - Il senso del
pericolo
- 2^ parte – Il soccorso
- una scheda narrativa per il
formatore e fogli bianchi per
i volontari
- lavagna a fogli mobili
5 min. per la lettura
10 min. lavoro individuale
15 min. discussione in
plenaria
15 min. lavoro in gruppo
15 min. discussione in
plenaria
La protezione civile
Storia, funzioni, parole
chiave
- lavagna fogli mobili
- scheda “Alcune parole
chiave” (pagg. 14,15) per
ciascun volontario
30 min.
Attività: “Alle prese con
una situazione di
emergenza…”
- cartelloni e pennarelli
oppure schede situazioni di
emergenza in bianco
30 min. lavoro in gruppo
30 min. plenaria e
presentazione del
formatore
Attività:
Opzione 1- “Dai voce allo
spot!”
Opzione 2 - “Quando la
realtà supera la
fantasia.”
- spot protezione civile
-pc e videoproiettore
-fogli bianchi
- articoli di giornale
40 min. lavoro in gruppo
20 min. discussione in
plenaria
40 min. lavoro in gruppo
20 min. discussione in
plenaria
Il volontariato in
protezione civile.
La protezione civile
quale forma di
cittadinanza attiva
- lavagna fogli mobili 20 min.
Attività: “Diventa
volontario della
protezione civile!!”
- cartelloni, pennarelli e
penne
30 min. lavoro in gruppo
15 minuti presentazione in
plenaria
Protezione civile e
servizio civile volontario
Attività: “E tu
partiresti?”
-Circolare 30 settembre
2004
30 min.
- Conclusioni 10 min.
2
PRESENTAZIONE DEL FORMATORE
Se l’aula lo permette, far disporre il gruppo a cerchio, per fare in modo che ognuno possa
vedere gli altri direttamente in viso.
Il formatore, se al primo intervento con il gruppo, presenterà prima di tutto se stesso ai
partecipanti al corso, dando alcune indicazioni generali su di sé e sui propri rapporti con l’ente.
PRESENTAZIONE DEI PARTECIPANTI e DEL MODULO
In questo modulo si approfondirà il tema della Protezione Civile ed il suo legame con il Servizio
Civile in termini di sviluppo di una solidarietà sociale e coscienza civile. Avvalendosi di piccoli
gruppi e discussioni in plenaria, il formatore analizzerà le competenze e l’etica dei volontari
della protezione civile, sviluppando parallelismi con i valori sottesi ai volontari in servizio.
INTRODUZIONE AL TEMA DEI SOCCORSI
1^ PARTE
Attività : IL SENSO DEL PERICOLO
Durata
5 min. lettura
10 min. lavoro individuale
15 min. discussione in plenaria
Obiettivi
 Individuare e riconoscere sensazioni e reazioni che si manifestano in situazioni di
emergenza;
 Introdurre il concetto di pericolo e di soccorso.
Svolgimento
1^ fase: esposizione del caso
Il formatore invita i partecipanti a chiudere gli occhi e ad ascoltare la storia che narrerà cercando
di immaginare il contesto e di immedesimarsi nei personaggi.
Testo della storia:
“E’ una fresca serata d’agosto. Ieri si è abbattuto un classico temporale di stagione, ma oggi il
sole splende e nonostante l’aria uggiosa hai voglia di trascorrere la serata alla sagra del paese di
montagna non molto distante dal luogo dove sei in villeggiatura. Qualche telefonata, doccia e sei
pronto per uscire. Arrivano due amici a prenderti, sali in macchina e si parte: una piccola
deviazione per salire la montagna, la strada a strapiombo inizia a stringersi, abbandonate la
macchina in coda (quante persone sono già alla festa!) percorrete le ultime centinaia di metri a
piedi in mezzo agli alberi ammirando un panorama mozzafiato. Vi accoglie il vociare della folla
già seduta ai tavoli per la cena, sale un profumo di carne alla griglia che vi fa brontolare lo
stomaco e vi conduce a passi veloci verso la coda per le ordinazioni. Quattro chiacchiere
nell’attesa e finalmente è il vostro turno: vino, costine, polenta. Cercate tra la gente un po’ di
spazio per sedervi e iniziate la cena accompagnati dall’orchestrina, forse non troppo originale,
ma perfettamente adatta a questo clima di allegria. Ti proponi di offrire il caffè agli amici che ti
hanno accompagnato, ti allontani dal tavolo e arrivi al bancone del bar quando inizi a sentire in
lontananza un rumore sordo, continuo, forse tuoni in preludio del temporale. Nessuno sembra
accorgersene, aspetti di essere servito, intanto scambi due parole con la famiglia che ti è accanto:
una coppia giovane, il papà tiene una bimba in braccio che stringe a sé un pacchetto di caramelle
3
gommose e ti guarda con un fare timido e curioso….. quel rumore continua incessantemente,
guardi il cielo minaccioso e la madre della bimba sospira dicendoti che sta per arrivare un
acquazzone.. quando improvvisamente il gruppo musicale s’interrompe ed il suono si fa sempre
più vivido, si sta avvicinando.. cerchi con lo sguardo i tuoi amici, non riesci a distinguerli in
mezzo a tanta gente.. pochi secondi e si alza una nebbia palpabile, con fare preoccupato le
persone iniziano ad abbandonare i tavoli, la famiglia accanto a te si allontana freneticamente. Il
rumore è ormai evidente, improvvisamente realizzi ciò che sta succedendo, provi ad urlare, ma la
voce ti si strozza in gola, e vedi solamente gente spaesata che scappa mentre qualcuno in
distanza ripete “Frana”.
Un attimo basta a generare l’inferno: ti senti investito da una corrente violenta, sbattuto contro
qualcosa, il suono assordante sovrasta le urla. poi silenzio.”
2^ fase: analisi individuale
Terminata la narrazione il formatore invita i partecipanti a continuare la storia bruscamente
interrotta. Si raccomanda al formatore di non indirizzare i partecipanti in alcun modo, quindi non
segnalare se debbano indicare stati d’animo piuttosto che reazioni attive. La loro descrizione
deve essere completamente libera, d’impulso e senza rielaborazione, utilizzando la modalità che
preferiscono: testo, immagine, mimica.
3^ fase: discussione in plenaria
Il formatore chiama ogni volontario ad esporre al resto del gruppo ciò che ha preparato.
Spunti per la discussione:
- descrizione di dolore fisico VS stato d’animo
(generalmente viene descritta la paura e la confusione, a discapito del dolore fisico che al
contrario è uno degli aspetti più determinanti da considerare in una catastrofe)
- soccorso agli altri, ricerca degli amici VS fuga, isolamento
(indice di atteggiamenti opposti: altruismo, solidarietà ed al contrario egoismo e
concentrazione su se stessi. Quest’ultima risulta essere generalmente la risposta più
diffusa. Si può introdurre quindi la parte seguente del modulo: il soccorso)
2^ PARTE
Attività: IL SOCCORSO
Durata
15 min. lavoro in gruppo
15 min. discussione in plenaria
Obiettivi
 Far emergere le pre-conoscenze dei partecipanti sul concetto di soccorso: modalità,
istituzioni e figure ad esso preposte
Svolgimento
Tenendo come riferimento la narrazione della situazione d’emergenza, il formatore invita i
volontari, attraverso un brainstorming e sollecitando i partecipanti con alcune domande, a
descrivere gli eventuali soccorsi intervenuti.
Le domande di cui il formatore puo’ avvalersi per indirizzare il gruppo sono:
- Ci sono stati soccorsi?
- Dopo quanto tempo sono arrivati?
- Chi erano?
4
- Quanti erano?
- Che cosa hanno fatto?
- Come erano equipaggiati?
Strumenti
Lavagna a fogli mobili
Osservazioni
Il formatore annoterà le risposte sulla lavagna, e cercherà di far emergere le pre-conoscenze dei
partecipanti, nonché i luoghi comuni diffusi, prima di passare all’esposizione della parte teorica
sulla Protezione Civile.
Al termine della presentazione della Protezione Civile consegnare ai partecipanti la scheda
“Alcune parole chiave”
LA PROTEZIONE CIVILE1
Con "protezione civile" indichiamo tutte quelle “strutture e attività messe in campo dallo Stato
per tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di
danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi.”
www.protezionecivile.it
La protezione civile è stata istituita con la legge n.225 del 24 febbraio 1992 . Definita già dal
primo articolo come un "Servizio nazionale", la Protezione Civile è coordinata dal Presidente
del Consiglio dei Ministri ed composta, dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche,
dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici nazionali e territoriali e da ogni altra
istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale. Al
coordinamento del Servizio nazionale e alla promozione delle attività di protezione civile,
provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione
civile.
Art. 1
Servizio nazionale della protezione civile
1. E' istituito il Servizio nazionale della protezione civile al fine di tutelare la
integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal
pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi
calamitosi.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, ai sensi
dell'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (2), il Ministro
per il coordinamento della protezione civile, per il conseguimento delle
finalità del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e coordina le
attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni,
delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni
altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio
nazionale.
3. Per lo svolgimento delle finalità di cui al comma 2, il Presidente del
Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del medesimo comma 2,
il Ministro per il coordinamento della protezione civile, si avvale del
1
www.protezionecivile.it
5
Dipartimento della protezione civile, istituito nell'ambito della Presidenza del
Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 21 della legge 23 agosto 1988, n.
400.
LA PARTICOLARITA' DELLA PROTEZIONE CIVILE ITALIANA
A livello organizzativo la Protezione Civile Italiana si differenzia da quella degli altri Paesi
europei.
Se negli altri Paesi europei la protezione civile è un compito assegnato ad una sola istituzione o a
poche strutture pubbliche, in Italia, invece, “è coinvolta in questa funzione tutta
l'organizzazione dello Stato, al centro e in periferia, dai Ministeri al più piccolo comune, ed
anche la società civile partecipa a pieno titolo al Servizio nazionale della protezione civile,
soprattutto attraverso le organizzazioni di volontariato.”
Questa particolare struttura organizzativa (basata sul principio di sussidiarietà) è motivata sia da
una scelta istituzionale che da un’ esigenza operativa legata alle caratteristiche del nostro
territorio che presenta una gamma di possibili rischi di calamità e catastrofi sconosciuta negli
altri Paesi europei.
L'Italia è:
- un Paese geologicamente molto recente. soggetto a terremoti, frane, erosioni dei versanti
ed erosione costiera;
- è una Nazione densamente popolata – (abbiamo costruito strade, insediamenti industriali
e infrastrutture);–
- vanta un patrimonio artistico notevole da salvaguardare.
Se analizziamo la storia del nostro Paese ci accorgiamo che l’Italia è stata segnata da eventi - a
volte impossibili da prevedere, ma in altri casi, purtroppo, causati dall'imperizia dell'uomo -che
hanno colpito duramente le popolazioni e non hanno risparmiato edifici antichi e moderni.
“Il disastro del Vajont nel 1963, l'alluvione di Firenze nel 1966 e soprattutto i terremoti del Friuli
nel 1976 e dell'Irpinia nel 1980, hanno messo in evidenza che nelle situazioni di grave
emergenza, gli interventi devono essere solleciti e ben organizzati e che la buona volontà dei
singoli non basta. Esperienze tragiche nelle quali sono emersi chiaramente ritardi, inadeguatezza
e inefficienza nell'organizzazione. La macchina dello Stato non ha funzionato perché gli
interventi - delle forze pubbliche e private impegnate nei soccorsi - non erano razionalizzati e
coordinati con metodo. Quelle immagini di morti e distruzione, che hanno profondamente
segnato la Nazione, sono però state la scintilla che ha acceso, nell'opinione pubblica e nelle
istituzioni, una nuova coscienza di protezione civile, che ha portato, inizialmente, grazie a leggi
nazionali e regionali in materia, alla creazione di un Sistema di Protezione Civile in grado di
reagire e agire nei casi di emergenza e che, in seguito, ha perfezionato ed esteso il concetto di
protezione civile anche alle azioni di previsione e prevenzione.”
Le aree del nostro Paese che presentano rischi sono quindi numerose ed è necessario che il
sistema di Protezione Civile assicuri in ognuna di queste aree, risorse umane, mezzi, capacità
operative e decisionali in grado di intervenire e di operare in tempi brevissimi e con continuità
per prevenire e, per quanto possibile, prevedere i disastri.
6
ORGANIZZAZIONE E MODALITA’ DI AZIONE
Il Sistema integrato della Protezione Civile coinvolge:
- i Comuni;
- le Comunità Montane.
- le Province;
- le Regioni;
- lo Stato;
A livello comunale il primo responsabile della protezione civile è il Sindaco, che ha il compito
di organizzare le risorse comunali secondo piani prestabiliti per fronteggiare i rischi specifici del
suo territorio. Ciò che è importante è riuscire a definire, in tempi brevissimi, la portata
dell'evento e valutare se le risorse locali siano sufficienti a farvi fronte.
Nel caso le risorse locali non fossero sufficienti è necessario mobilitare immediatamente i livelli
provinciali, regionali e, nelle situazioni più gravi, anche il livello nazionale, integrando le forze
disponibili in loco con gli uomini e i mezzi necessari. Importante è poi identificare subito le
autorità che si occuperanno della direzione delle operazioni. Una situazione di emergenza
richiede infatti che sia chiaro chi decide, chi sceglie, chi si assume la responsabilità degli
interventi da mettere in atto.
L'organismo che coordina a livello nazionale la Protezione Civile in Italia è il Dipartimento
della Protezione Civile, alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
“Questo lo situa in una posizione "superiore" rispetto ai Dipartimenti direttamente dipendenti da
un "semplice" Ministero, facilitando così il coordinamento delle risorse dello Stato - e di tutti gli
altri Ministeri - in caso di emergenza. L'attuale Capo Dipartimento Nazionale è il medico Guido
Bertolaso. Il Responsabile della Protezione Civile in un Comune è il Sindaco, nella sua funzione
di Autorità di Pubblica Sicurezza.”
I componenti effettivi del sistema di Protezione Civile sono:
- Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
- Forze Armate;
- Forze di Polizia;
- Polizia Locale;
- Corpo Forestale dello Stato;
- Servizio Sanitario Nazionale;
- Croce Rossa Italiana;
- Servizi tecnici nazionali;
- Gruppi nazionali di ricerca scientifica;
- Istituto Nazionale di Geofisica;
- Corpo Nazionale Soccorso Alpino;
- Organizzazioni di Volontariato (Gruppi Regionali, Provinciali e Nuclei Comunali);
- Organizzazioni Umanitarie e di Volontariato (ONLUS).
7
ALCUNE PAROLE CHIAVE
RISCHIO
La definizione di rischio rinvia a quel potenziale complesso di danni che gli eventi possono
verificarsi in un determinato territorio.
Se volessimo semplificare ulteriormente potremmo ricondurre il concetto di rischio ad
un’astratta formula matematica che lega pericolosità, vulnerabilità e valore esposto.
Rischio = pericolosita' x vulnerabilita' x valore
“Questa definizione può risultare, soprattutto per gli "addetti ai lavori", estremamente riduttiva
visti i testi, i dibattiti, le relazioni in proposito ma rappresenta comunque una valida base da cui
partire per la definizione di ogni singolo rischio”.
PERICOLO
Il "pericolo" indica la possibilità del verificarsi di determinati eventi alla luce dei precedenti
storici e delle peculiari caratteristiche del territorio .
EMERGENZA
Si verifica un’emergenza ogni volta che sul territorio si accertano condizioni di pericolo legate
ad eventi - naturali o causati dall'uomo - che coinvolgono beni, persone, centri abitati.
La protezione civile è vista come una "macchina di intervento in emergenza". Deve essere bene
organizzata e in grado di ridurre al minimo il tempo che intercorre tra un evento calamitoso e i
primi soccorsi e interventi. Proprio per questo motivo vengono definiti i "piani di emergenza",
elaborati a livello nazionale e locale.
E’ necessario poi mantenere e promuovere:
- un continuo aggiornamento delle procedure di emergenza, in modo che tutti, al
momento del bisogno, sappiano già cosa fare e come farlo.
- uno scambio regolare di informazioni tra tutti i livelli del sistema;
- attività di formazione del personale
- esercitazioni di tutte le componenti che intervengono nella protezione civile
- potenziamento dei mezzi tecnici a disposizione.
PREVISIONE
Non bisogna puntare solo su soccorsi tempestivi, ma occorre dedicare energie e risorse alla
previsione e alla prevenzione delle calamità per proteggere con efficacia l'integrità della vita ed il
patrimonio della comunità.
“L'attività di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano la protezione civile ai
centri nazionali di ricerca scientifica, a sistemi tecnologici di raccolta ed elaborazione di
8
informazioni sui diversi tipi di rischio e sulle condizioni che possono aumentare le probabilità di
pericolo per la collettività, a centri di elaborazione delle informazioni in grado di segnalare con il
massimo anticipo possibile le probabilità che si verifichino eventi catastrofici”.
Le attività di Previsione consistono:
- nell'acquisizione ed elaborazione di dati relativi al territorio regionale,
- nello studio degli eventi calamitosi,
- nell'analisi e valutazione delle condizioni socio-economiche delle realtà regionali
soggette a rischio
- nella predisposizione delle mappe dei rischi presenti nella regione”.
Queste attività tecnico-scientifiche permettono alla Protezione Civile di valutare le situazioni di
ipotetico rischio e di elaborare gli opportuni interventi di prevenzione per evitare o mitigare i
danni che derivano dalle diverse calamità.
Queste attività sono organizzate da specifici nuclei di previsione organizzati a livello nazionale e
regionale.
“Attraverso la conoscenza precisa e puntuale del territorio e dei possibili fenomeni all'origine
delle catastrofi, l'utilizzo di reti tecnologicamente avanzate, come le reti radar per le previsioni
metereologiche, la rete nazionale dei sismografi, i sofisticati sistemi di monitoraggio dell'attività
dei vulcani, e delle migliori competenze scientifiche e professionali disponibili mette la
protezione civile italiana in condizione di intervenire con allerta tempestivi e, quando possibile,
con misure preventive come l'evacuazione delle aree a rischio. Grazie proprio all'evacuazione
preventiva delle aree a rischio la recente inondazione che ha colpito il Piemonte nel 2002 non ha
provocato vittime, mentre un analogo evento verificatosi solo due anni prima si era rivelato
fatale per decine di persone”.
PREVENZIONE
La prevenzione è strettamente legata alla previsione e consiste in “una serie di attività finalizzate
ad evitare o ridurre al minimo le probabilità che si verifichino danni causati da eventi
calamitosi”. Alla base di queste attività deve esserci un'approfondita conoscenza delle
caratteristiche del territorio, dei rischi ai quali è soggetto e delle soglie di sicurezza.
La comunità svolge un ruolo centrale nell’attività di prevenzione.
“I cittadini, infatti, collaborando con le Istituzioni, possono sensibilizzarle nel compiere scelte
legate alla maggior sicurezza del territorio, e non ultimo, agire direttamente per la Protezione
Civile diventando volontari.
Una comunità ben informata è consapevole di vivere in un territorio ad alto rischio; ogni singolo
cittadino, infatti, dovrebbe conoscere il piano di emergenza del proprio comune, imparare i
comportamenti più corretti da tenere in caso di eventi calamitosi e compiere tutte le opere di
manutenzione e ristrutturazioni, sui propri immobili, per ridurne i livelli di pericolosità”.
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ALCUNE PAROLE CHIAVE
www.protezionecivile.it
RISCHIO
La definizione di rischio rinvia a quel potenziale complesso di danni che gli eventi possono
verificarsi in un determinato territorio.
Se volessimo semplificare ulteriormente potremmo ricondurre il concetto di rischio ad
un’astratta formula matematica che lega pericolosità, vulnerabilità e valore esposto.
Rischio = pericolosita' x vulnerabilita' x valore
“Questa definizione può risultare, soprattutto per gli "addetti ai lavori", estremamente riduttiva
visti i testi, i dibattiti, le relazioni in proposito ma rappresenta comunque una valida base da cui
partire per la definizione di ogni singolo rischio”.
PERICOLO
Il "pericolo" indica la possibilità del verificarsi di determinati eventi alla luce dei precedenti
storici e delle peculiari caratteristiche del territorio .
EMERGENZA
Si verifica un’emergenza ogni volta che sul territorio si accertano condizioni di pericolo legate
ad eventi - naturali o causati dall'uomo - che coinvolgono beni, persone, centri abitati.
La protezione civile è vista come una "macchina di intervento in emergenza". Deve essere bene
organizzata e in grado di ridurre al minimo il tempo che intercorre tra un evento calamitoso e i
primi soccorsi e interventi. Proprio per questo motivo vengono definiti i "piani di emergenza",
elaborati a livello nazionale e locale.
E’ necessario poi mantenere e promuovere:
- un continuo aggiornamento delle procedure di emergenza, in modo che tutti, al momento
del bisogno, sappiano già cosa fare e come farlo.
- uno scambio regolare di informazioni tra tutti i livelli del sistema;
- attività di formazione del personale
- esercitazioni di tutte le componenti che intervengono nella protezione civile
- potenziamento dei mezzi tecnici a disposizione.
PREVISIONE
Non bisogna puntare solo su soccorsi tempestivi, ma occorre dedicare energie e risorse alla
previsione e alla prevenzione delle calamità per proteggere con efficacia l'integrità della vita ed il
patrimonio della comunità.
“L'attività di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano la protezione civile ai
centri nazionali di ricerca scientifica, a sistemi tecnologici di raccolta ed elaborazione di
informazioni sui diversi tipi di rischio e sulle condizioni che possono aumentare le probabilità di
pericolo per la collettività, a centri di elaborazione delle informazioni in grado di segnalare con il
massimo anticipo possibile le probabilità che si verifichino eventi catastrofici”.
Le attività di Previsione consistono:
- nell'acquisizione ed elaborazione di dati relativi al territorio regionale,
- nello studio degli eventi calamitosi,
- nell'analisi e valutazione delle condizioni socio-economiche delle realtà regionali
soggette a rischio
- nella predisposizione delle mappe dei rischi presenti nella regione”.
Queste attività tecnico-scientifiche permettono alla Protezione Civile di valutare le situazioni di
ipotetico rischio e di elaborare gli opportuni interventi di prevenzione per evitare o mitigare i
danni che derivano dalle diverse calamità.
Queste attività sono organizzate da specifici nuclei di previsione organizzati a livello nazionale e
regionale.
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“Attraverso la conoscenza precisa e puntuale del territorio e dei possibili fenomeni all'origine
delle catastrofi, l'utilizzo di reti tecnologicamente avanzate, come le reti radar per le previsioni
metereologiche, la rete nazionale dei sismografi, i sofisticati sistemi di monitoraggio dell'attività
dei vulcani, e delle migliori competenze scientifiche e professionali disponibili mette la
protezione civile italiana in condizione di intervenire con allerta tempestivi e, quando possibile,
con misure preventive come l'evacuazione delle aree a rischio. Grazie proprio all'evacuazione
preventiva delle aree a rischio la recente inondazione che ha colpito il Piemonte nel 2002 non ha
provocato vittime, mentre un analogo evento verificatosi solo due anni prima si era rivelato
fatale per decine di persone”.
PREVENZIONE
La prevenzione è strettamente legata alla previsione e consiste in “una serie di attività finalizzate
ad evitare o ridurre al minimo le probabilità che si verifichino danni causati da eventi
calamitosi”. Alla base di queste attività deve esserci un'approfondita conoscenza delle
caratteristiche del territorio, dei rischi ai quali è soggetto e delle soglie di sicurezza.
La comunità svolge un ruolo centrale nell’attività di prevenzione.
“I cittadini, infatti, collaborando con le Istituzioni, possono sensibilizzarle nel compiere scelte
legate alla maggior sicurezza del territorio, e non ultimo, agire direttamente per la Protezione
Civile diventando volontari.
Una comunità ben informata è consapevole di vivere in un territorio ad alto rischio; ogni singolo
cittadino, infatti, dovrebbe conoscere il piano di emergenza del proprio comune, imparare i
comportamenti più corretti da tenere in caso di eventi calamitosi e compiere tutte le opere di
manutenzione e ristrutturazioni, sui propri immobili, per ridurne i livelli di pericolosità”.
Attività: ALLE PRESE CON UNA SITUAZIONE D’EMERGENZA
Durata
30 min. lavoro in gruppo
30 min. plenaria e presentazione del formatore
Obiettivi
 Individuare i buoni comportamenti da seguire in caso di situazioni di emergenza.
Svolgimento
Il formatore divide i partecipanti in piccoli gruppi (max 5 persone) ed assegna ad ognuno di essi
una tematica d’emergenza tra le seguenti:
- incendio boschivo
- eruzione vulcanica
- terremoto
- nube tossica
- fulmini
- rischio idrogeologico
Ogni gruppo dovrà creare una rappresentazione dell’emergenza ed una tabella indicante
comportamenti corretti e scorretti da attuarsi nella determinata situazione. A turno esporranno la
tabella al resto dell’assemblea. In conclusione il formatore descriverà le caratteristiche di ognuno
dei suddetti casi di emergenza, analizzando il ruolo che la protezione civile è chiamata a svolgere
e i necessari comportamenti da attuare nel coinvolgimento.
Strumenti
Un cartellone ed un pennarello per ogni gruppo.
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In alternativa
Utilizzare le schede di ciascuna tematica d’emergenza (pagg. 17-26) lasciando in bianco la parte
relativa ai buoni comportamenti dei cittadini.
Osservazioni
Il formatore avrà come riferimento delle schede specifiche per integrare i contenuti relazionati
dai vari gruppi.
1- INCENDIO BOSCHIVO
Come tutti gli ambienti naturali anche il bosco è messo in continuo pericolo da
comportamenti scorretti da parte dell’uomo. In particolare l’accensione di un fuoco e il suo
espandersi incontrollato può dare origine all’incendio, fenomeno che soprattutto d’estate
mette in serio pericolo la sopravvivenza di questo nostro amico. Il fuoco spesso ci da una
mano (per esempio per cucinare) ma è necessario fare molta attenzione perché con il fuoco
non si gioca: se ne perdiamo il controllo può velocemente distruggere qualsiasi forma di vita
o oggetto che incontra sul suo cammino.
In generale il fuoco nasce quando sono presenti 3 elementi:
• Il combustibile: tutto ciò che può bruciare (es. la carta, il legno, la benzina…)
• Il comburente: l’ossigeno presente nell’aria
• Il calore: tutto ciò che può provocare l’aumento della temperatura (es. un fiammifero o una
sigaretta accesa, una scintilla, un fulmine…)
Se solo uno di questi tre elementi viene a mancare non ci può essere la combustione (ossia il
fuoco quando brucia).
È il comportamento dell’uomo la principale causa degli incendi. Purtroppo sono molte le
persone che lasciano incustoditi fuochi utilizzati per bruciare le erbacce o per cucinare
durante un pic-nic, o che gettano sigarette ancora accese dal finestrino. Ci sono poi molte
persone che appiccano gli incendi in maniera volontaria con la precisa intenzione di bruciare
grandi zone di territorio per poterne ricavare vantaggi economici. In questo modo si mette in
pericolo non solo la sopravvivenza del bosco ma la vita delle persone che abitano nelle sue
vicinanze.
COMPITI DELLA PROTEZIONE CIVILE:
Il Dipartimento di Protezione Civile partecipa alla lotta attiva contro gli incendi, ovvero al
loro spegnimento, gestendo la flotta aerea antincendio dello Stato attraverso il Centro
Operativo Aereo Unificato (COAU), e coordina le attività di pianificazione, prevenzione e
previsione del rischio attraverso il Servizio Rischio Incendi Boschivi. Inoltre partecipa a
campagne di informazione e sensibilizzazione anche in collaborazione con altri enti o
associazioni, ed organizza corsi di formazione per preparare personale specializzato.
COMPITI DEL CITTADINO:
Quello che tutti noi possiamo fare è rispettare alcune norme comportamentali semplici ma
efficaci:
• non accendere fuochi in prossimità di aree boscate
• non parcheggiare la macchina, specie se ha la marmitta catalitica, sull’erba secca
• non abbandonare rifiuti, perché facilmente infiammabili
• non gettare sigarette ancora accese a terra
• in caso di avvistamento di un incendio non avvicinarsi alle fiamme e chiamare il 1515 del
Corpo Forestale dello Stato o il 115 dei Vigili del Fuoco (la chiamata è gratuita) o i numeri
12
che le diverse Regioni mettono a disposizione.
2- ERUZIONE VULCANICA
Esistono diversi tipi di eruzioni vulcaniche, ma, in linea generale, è possibile suddividerle
principalmente in effusive ed esplosive:
Un’eruzione effusiva si verifica quando il magma è fluido e povero di gas, per cui può
fuoriuscire tranquillamente (prendendo il nome di lava) e formare una colata lavica: una sorta
di fiume incandescente che scorre lungo le pendici del vulcano. Le colate laviche
generalmente procedono piuttosto lentamente, lasciando il tempo per mettersi in salvo. In
alcuni casi però, lave molto fluide possono raggiungere velocità elevate, diventando molto
pericolose.
Un’eruzione esplosiva si verifica quando il magma è viscoso e ricco in gas. In questo caso il
gas tende a liberarsi con violenza, trascinando con sé brandelli di magma frammentato e
blocchi di roccia strappati dal camino vulcanico. I frammenti di magma che vengono espulsi
vengono detti piroclasti e prendono il nome di ceneri (i più sottili), lapilli o bombe (i più
grandi).
Le eruzioni esplosive possono produrre anche le cosiddette colate piroclastiche (o nubi
ardenti) che consistono in una sorta di valanghe di gas e materiale incandescente che
scorrono lungo le pendici del vulcano ad alta velocità distruggendo tutto ciò che incontrano.
Le eruzioni esplosive sono quindi più pericolose di quelle effusive, perché non lasciano il
tempo di scappare. Nel caso di vulcani di tipo esplosivo è importante perciò che la
popolazione venga evacuata prima dell’inizio di un’eruzione.
In linea generale comunque le eruzioni esplosive sono meno frequenti delle eruzioni effusive.
Oltre alle colate di lava e alle colate piroclastiche, i vulcani possono presentare altri fenomeni
che possono essere pericolosi. Naturalmente non tutti questi fenomeni si verificano su tutti i
vulcani.
a. lancio e caduta di materiali grossolani (bombe e blocchi)
La ricaduta di bombe vulcaniche e di blocchi di roccia strappati dalle pareti del camino
vulcanico, avviene normalmente nelle immediate vicinanze dei crateri, pertanto può
rappresentare un pericolo soltanto per eventuali escursionisti che dovessero avvicinarvisi al
momento dell’eruzione.
b. emissione, caduta e accumulo di materiali fini (ceneri e lapilli)
Il materiale fine emesso nelle eruzioni normalmente non rappresenta un pericolo immediato
per le persone, tuttavia può causare disturbi temporanei alla respirazione, agli occhi, disagi
alla circolazione aerea e stradale, intasamento delle grondaie, degli scarichi stradali, danni
all’agricoltura. Inoltre se emesso in grandi quantità può accumularsi sui tetti delle case fino a
provocarne il crollo.
c. emissioni di gas
Il gas che fuoriesce dai crateri viene normalmente disperso dal vento e non costituisce un
pericolo. Esistono però alcuni luoghi, anche nei dintorni di vulcani non più attivi, dove
possono verificarsi emissioni di gas dal suolo che, accumulandosi in zone depresse possono
diventare pericolosi.
d. colate di fango (lahars)
La grande concentrazione di vapore in atmosfera che si verifica a seguito delle eruzioni, è
spesso causa di piogge che possono asportare il materiale fine (ceneri) emesso dal vulcano e
depositatosi al suolo, creando delle vere e proprie colate di fango che scorrono ad alta
velocità, causando gravi danni.
e. frane
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La risalita del magma all’interno del vulcano può causare dei rigonfiamenti della superficie
dell’edificio e la fatturazione delle rocce dei versanti, creando condizioni favorevoli per
l’innesco di frane.
f. maremoti (tsunami)
Nel caso di vulcani sottomarini o che si trovano in prossimità del mare (ad es. isole
vulcaniche), eventuali frane o eruzioni possono generare dei maremoti. La caduta in mare di
grandi quantità di materiale espulso dal vulcano o franato dai suoi versanti, può causare la
formazione di onde molto alte che, riversandosi sulle coste possono causare danni gravissimi.
La formazione di frane sui vulcani e di maremoti sono fortunatamente fenomeni abbastanza
rari.
g. terremoti
La risalita del magma dall’interno della Terra verso la superficie causa la fatturazione delle
rocce della crosta terrestre ed è pertanto accompagnata da terremoti che si ripetono
frequentemente e, sebbene normalmente siano di bassa intensità, talora possono provocare
anche gravi danni.
h. incendi
Il materiale eruttato dai vulcani, in forma di lava o di prodotti piroclastici, ha sempre una
temperatura elevata, pertanto, venendo in contatto con la vegetazione, può provocare incendi.
COMPITI PROTEZIONE CIVILE:
Il Dipartimento della Protezione Civile, insieme ad altri enti, svolge una serie di attività per
ridurre il rischio vulcanico in Italia.
Tali attività si possono suddividere in:
- sorveglianza dei vulcani, previsione e prevenzione delle eruzioni;
- difesa dalle eruzioni e gestione delle emergenze;
- ripristino delle normali condizioni di vita a seguito di un’eruzione.
Sorveglianza dei vulcani, previsione e prevenzione delle eruzioni
Prevedere un'eruzione vulcanica significa prevedere dove e quando avverrà e di che tipo sarà.
Dove e quando?
La risalita del magma è accompagnata da una serie di fenomeni, detti precursori, che
consistono in deformazioni del terreno, terremoti, variazioni di composizione e temperatura
delle acque dei pozzi e delle sorgenti e dei gas emessi dal suolo. Questi fenomeni possono
essere rilevati da strumentazioni particolari, molto sensibili, che vengono posizionate nelle
aree vulcaniche e acquisiscono i dati 24 ore al giorno. Grazie a queste strumentazioni è
normalmente possibile prevedere con buon anticipo dove e quando avverrà un’eruzione.
Di che tipo?
Per prevedere invece di che tipo sarà la prossima eruzione occorre effettuare studi sulla storia
eruttiva del vulcano per conoscere come si è comportato in passato, ogni quanto tempo si è
verificata un’eruzione di una determinata energia e ipotizzare per il futuro un comportamento
simile.
Un altro importante contributo è dato dagli studi geofisici per indagare quale è la struttura
profonda del vulcano, quanto magma è presente nella camera magmatica e a che profondità si
trova.
Lo scenario e il piano d’emergenza
Una volta individuato il tipo di eruzione più probabile, è possibile predisporre uno scenario
eruttivo, cioè una simulazione dell’eruzione, per capire quali sarebbero le aree coinvolte dai
fenomeni.
Sulla base dello scenario si elabora poi il piano di emergenza che prevede tutte le azioni da
attuare in caso di crisi e generalmente contempla l'evacuazione della popolazione dalle aree
esposte.
La prevenzione
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Oltre alla previsione è molto importante la prevenzione. Ad esempio è necessario evitare che
si costruiscano nuovi edifici nelle aree a rischio vulcanico, è opportuno informare la
popolazione che vive nelle aree a rischio, nonché gli escursionisti che si recano sui vulcani.
Il Dipartimento della Protezione Civile inoltre supporta la realizzazione e il miglioramento
dei sentieri sui vulcani attivi e lo sviluppo di iniziative educative, soprattutto nelle scuole,
volte a incrementare la conoscenza dei rischi, dei piani di emergenza, delle norme di
comportamento da osservare
Difesa dalle eruzioni e gestione delle emergenze
In caso di eruzione dei vulcani italiani, il Dipartimento della Protezione Civile interviene con
propri uomini e mezzi sui territori interessati dai fenomeni vulcanici, per attuare i piani di
emergenza, soccorrere le popolazioni e ridurre gli effetti dannosi e realizzare iniziative di
difesa (deviazione delle colate laviche, evacuazione della popolazione, raccolta e
smaltimento delle ceneri, distribuzione di mascherine protettive per la caduta di ceneri…).
Ripristino delle normali condizioni di vita
A seguito di eruzioni vulcaniche il Dipartimento della Protezione Civile contribuisce al
ripristino delle normali condizioni di vita, prevedendo lo stanziamento di fondi e
promuovendo una serie di iniziative per la ricostruzione degli edifici e per il rilancio
dell’economia della zona colpita.
COMPITI DEL CITTADINO:
Prima
Prima di un eruzione è bene informarsi se si abita in un’area soggetta a rischio vulcanico e
quali sono i fenomeni che potrebbero verificarsi. E’ bene inoltre informarsi sul piano
d’emergenza del proprio Comune, per seguire più agevolmente le eventuali operazioni di
evacuazione.
Durante
Esistono varie tipologie di eruzioni vulcaniche, ciascuna delle quali può presentare diversi
fenomeni pericolosi (colate di lava, caduta di ceneri, colate piroclastiche…). A seconda del
tipo di fenomeno può essere diverso il comportamento da adottare, pertanto, tieniti
costantemente aggiornato tramite la radio e gli altri mezzi di comunicazione e rispetta le
indicazioni che saranno diramate di volta in volta dalla protezione civile. In caso di caduta di
ceneri vengono riportate di seguito alcune norme di comportamento da osservare.
Dopo
Le eruzioni vulcaniche possono durare anche molto a lungo e a volte possono svolgersi in più
fasi, dando l’impressione di un cessato pericolo. Anche al termine dell’eruzione possono
comunque sempre verificarsi fenomeni pericolosi. Perciò è molto importante non fare ritorno
nelle zone evacuate se non dopo che le autorità ne avranno dato il permesso e osservare
comunque scrupolosamente le istruzioni che verranno diramate.
Approfondimento
Cosa fare in caso di caduta di ceneri vulcaniche?
La caduta di ceneri vulcaniche, anche per periodi prolungati, non costituisce un grave rischio
per la salute. Tuttavia, la prolungata esposizione alle ceneri più sottili può provocare disturbi
alla respirazione. Il contatto con gli occhi, inoltre, può causare delle abrasioni o
infiammazioni.
Durante le fasi di caduta di ceneri è bene adottare alcune precauzioni, in particolare per i
bambini, le persone anziane e chi soffre di malattie respiratorie o cardiache:
> Durante le fasi di caduta delle ceneri (o durante le giornate ventose se la cenere è già al
suolo) è consigliabile rimanere in casa con porte e finestre chiuse o comunque uscire avendo
cura di indossare una mascherina e possibilmente occhiali per la protezione dalle polveri.
> In caso di contatto con gli occhi evitare di strofinarli, ma lavarli abbondantemente con
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acqua.
> Rimuovere periodicamente la cenere dai propri ambienti (cortile, giardino), avendo cura di
bagnarle preventivamente, al fine di evitarne il sollevamento. Durante queste operazioni
indossare mascherina e occhiali.
> Provvedere a rimuovere periodicamente le ceneri accumulatesi sui tetti delle case, anche
con l’aiuto di ditte specializzate e di adeguati mezzi di sicurezza (ponteggi e imbracature), al
fine di evitare un sovraccarico eccessivo e prevenire possibili crolli, nonché l’intasamento
delle grondaie.
> Non disperdere le ceneri lungo le strade, ma raccoglierle in sacchetti da depositare nei punti
di raccolta individuati dal Comune. Le ceneri infatti possono costituire un pericolo per la
circolazione stradale e intasare i tombini e le reti fognarie.
> Guidare con particolare prudenza nei tratti di strada coperti di cenere.
> Evitare l’uso di moto e biciclette.
> La frutta e la verdura eventualmente ricoperte di cenere possono essere consumate dopo un
accurato lavaggio.
> Gli animali da compagnia (cani, gatti, ecc.) dovrebbero essere tenuti in casa.
> La cenere vulcanica ingerita dagli animali al pascolo può provocare serie conseguenze
sull’apparato digerente. Pertanto, in caso di abbondante caduta di ceneri, è consigliabile
approvvigionare il bestiame con foraggio privo di ceneri
CURIOSITA’: I VULCANI IN ITALIA
In Italia esistono numerosi vulcani, alcuni dei quali si possono considerare ormai estinti, altri
non danno eruzioni da tempi più o meno lunghi, ma potrebbero riattivarsi, e vengono quindi
detti quiescenti, altri invece danno eruzioni molto frequentemente e ne hanno date anche
negli ultimi anni e sono i più attivi.
Naturalmente non tutti i vulcani sono pericolosi allo stesso modo.
Il rischio nei dintorni di un vulcano infatti dipende sia dal tipo di fenomeni che si possono
manifestare, sia dalla presenza di insediamenti umani nelle vicinanze. Un vulcano che si
trovasse in una zona disabitata infatti presenterebbe in ogni caso un basso livello di rischio.
Vesuvio
Il Vesuvio è certamente il vulcano a rischio più elevato in Italia. La sua ultima eruzione è
avvenuta nel 1944. L’elevato rischio è dato principalmente da due fattori:
1. si prevede che la prossima eruzione del Vesuvio sarà di tipo esplosivo, con sviluppo di
colate piroclastiche;
2. sulle pendici del Vesuvio si trovano oggi numerosi centri abitati che si sono sviluppati
molto negli ultimi decenni, pertanto attualmente si contano circa 600mila abitanti esposti al
rischio.
Stromboli
Un vulcano del tutto particolare è lo Stromboli che è costantemente in attività. Le sue
esplosioni si ripetono ogni 20 minuti circa e consistono nel lancio di materiale incandescente
a diverse decine di metri al di sopra del cratere, che creano uno spettacolo unico. Talvolta
però possono avvenire eruzioni maggiori durante le quali i prodotti possono raggiungere
anche i centri abitati causando gravi danni, come è avvenuto a Ginostra il 5 aprile 2003 e
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ancor prima nel 1930.
Lo Stromboli saltuariamente può dare anche attività effusiva con colate di lava che si
riversano generalmente lungo il versante detto Sciara del Fuoco (cioè strada del fuoco) fino a
raggiungere il mare.
Il 30 dicembre 2002 invece si è verificato un maremoto, causato da una grande frana proprio
lungo la Sciara del Fuoco. Fortunatamente non vi sono state persone coinvolte dall’onda.
Etna
Un altro vulcano che è frequentemente in attività è l’Etna, che con i suoi 3350m di altitudine
è il vulcano attivo più alto d’Europa. La sua attività consiste generalmente nel lancio di
materiale incandescente fino ad alcune centinaia di metri di altezza e nella formazione di
colate di lava che scorrono lungo le sue pendici. Quando l’emissione di lava dura per lungo
tempo, o quando avviene da bocche poste a bassa quota, può arrivare a minacciare i paesi che
si trovano ai piedi del vulcano. Normalmente però il lento procedere delle colate laviche dà il
tempo per l’evacuazione della popolazione. Negli ultimi decenni inoltre sono state
sperimentate con successo delle tecniche di deviazione delle colate laviche tramite
l’escavazione di canali artificiali, l’uso di esplosivo, la costruzione di barriere di terra.
Gli altri vulcani più importanti che si trovano in Italia sono:
Campi Flegrei, Ischia, Vulcano, Lipari, Isola Ferdinandea, Pantelleria
3- TERREMOTO
Quando in un territorio è possibile subire un danno a causa del terremoto, si parla di rischio
sismico. Le conseguenze del terremoto dipendono, però, dal luogo dove capita: se avviene in
un deserto, dove nulla può essere danneggiato, il rischio è nullo; se avviene in una città
affollata, il rischio di subire danni sarà molto grande.
Il terremoto è un fenomeno naturale, improvviso ed imprevedibile, che dura molto poco.
Avere paura del terremoto è normale, ma bisogna imparare a conoscerlo e sapere come
comportarsi per ridurre al minimo le sue conseguenze.
Potete immaginare la Terra come un enorme uovo sodo, dove all'interno c'è un nucleo più
duro, al di sopra una parte più soffice, il mantello, e per finire un sottile guscio esterno, la
crosta terrestre. La crosta è rotta in numerosi pezzi, chiamati placche, che galleggiano sul
mantello e si spostano molto lentamente le une rispetto alle altre. Le placche, che nella realtà
sono fatte di roccia, spingendosi con forza finiscono per rompersi in profondità lungo delle
spaccature chiamate faglie e dal punto in cui si rompono (ipocentro) si propagano tante onde
che raggiungono la superficie, scuotono il terreno e tutto ciò che è stato costruito al di sopra;
un po' come quando gettiamo un sasso in uno stagno dove abbiamo messo a galleggiare una
barchetta di carta. I danni maggiori si hanno proprio sopra l'ipocentro e l'area più danneggiata
si chiama epicentro.
Il terremoto non si può prevedere, non si può cioè sapere quando e dove capiterà e quanto
sarà forte. Gli scienziati, però, sanno quali sono le zone dove i terremoti sono già avvenuti
nel passato a partire, addirittura, dai tempi degli antichi romani. E poiché avvengono sempre
nelle stesse zone, sappiamo dove è possibile che avvengano di nuovo. Nel nostro paese le
zone più pericolose sono quelle dell'Italia centrale e meridionale, della Sicilia e del Friuli.
Una scossa di terremoto fa oscillare le case come se una grossa mano la spingesse di lato,
avanti e indietro. Se le case non sono state costruite bene, possono crollare come un castello
di carte. Per questo, nelle zone pericolose (classificate sismiche) bisogna costruire le case
seguendo delle regole, le norme antisismiche (anti-terremoto), che renderanno le case più
robuste e in grado di resistere allo scuotimento del terremoto.
Per stabilire quanto è stato forte un terremoto bisogna misurarlo. Ma come possiamo
misurarlo? Il primo modo, ed anche l'unico che poteva essere usato nei secoli passati, è
osservare gli effetti che una scossa sismica provoca sulle costruzioni, sull'uomo e
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sull'ambiente. Attraverso la scala Mercalli, dal nome dell'importante scienziato che ha avuto
l' idea di classificare gli effetti in dodici gradi, possiamo stabilire l'intensità del terremoto.
Oggi abbiamo anche un altro modo di misurare la sua forza grazie ad uno strumento, il
sismografo, un pendolo che termina con un pennino e registra su di una striscia di carta le
oscillazioni del terreno provocate dall'onda sismica. Misurando l'ampiezza della traccia
lasciata dal pennino sul foglio di carta (sismogramma) possiamo stabilire l'energia del
terremoto attraverso la magnitudo Richter , dal nome dello scienziato americano che l'ha
ideata. Gli strumenti, però, possono solo dirci la forza del terremoto ma non quanti danni la
scossa ha provocato, per questo è necessario usare la scala Mercalli.
COMPITI PROTEZIONE CIVILE:
Il terremoto non si può prevedere, per questo la protezione civile deve essere sempre pronta
ad intervenire quando avviene una scossa sismica. Il nostro territorio è tenuto sotto controllo
attraverso una serie di strumenti chiamati sismografi in grado di registrare anche la più
piccola vibrazione del terreno. Tutti questi strumenti sono collegati con una sala di controllo
che, quando avviene un forte terremoto, avvisa la protezione civile comunicando dove è
avvenuto (epicentro) e quanto è stato forte (magnitudo). La protezione civile si mette
immediatamente in contatto con le zone colpite ed organizza i soccorsi. Dopo un terremoto il
problema più importante è quello di sistemare tutte le persone che sono rimaste senza casa.
Vengono montate le tende, le cucine da campo per fornire pasti caldi e si cominciano a pulire
le strade dai calcinacci. Nel minor tempo possibile i tecnici della protezione civile
controllano tutte le case per stabilire se sono sicure e se le persone che ci abitavano possono
rientrare. Tutto il lavoro svolto dalla protezione civile ha lo scopo di far tornare rapidamente
le persone alla vita normale, di tutti i giorni. Qualche volta i danni che hanno subito le case
devono essere riparati prima che le persone possano tornare ad abitarci e per fare questo e
farlo bene c'è bisogno di tempo. In questo caso la protezione civile si occupa di realizzare dei
villaggi di casette prefabbricate dove le persone potranno attendere che la loro casa venga
riparata e diventi più sicura e, forse, anche più bella di prima.
COMPITI DEL CITTADINO:
-Allontanarsi da finestre e vetri, o comunque da oggetti che potrebbero cadere
-Non uscire su scale o balconi
-Se possibile aprire le porte per evitare che si incastrino i battenti ed imprigionino
-Ripararsi sotto mobili resistenti o sotto le travi portanti dei muri
-Non utilizzare ascensori
-Non usare fiamme libere
-Evitare l’uso del telefono
All’aperto:
-Allontanarsi da edifici, cavi elettrici, strade strette, ponti, sentieri ripidi, pareti franose,
spiagge, argini e dighe, in quanto posti maggiormente pericolosi.
-Non avvicinarsi ad animali spaventati
Dopo la scossa:
-Chiudere gas, acqua e luce
-allontanarsi da casa
-evitare l’uso dell’automobile
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4-NUBE TOSSICA
Questo genere di emergenza appartiene al rischio industriale, causato in conseguenza di una
perdita, di un incendio o di un’esplosione di fabbriche o laboratori dove vengono utilizzate
sostanza pericolose, che causano nubi velenose che si diffondono nell’atmosfera, a rischio
per l’uomo e per l’ambiente.
Se rifugio al chiuso:
- Mantenersi sintonizzati mediante radio o TV sulle stazioni emittenti indicate dall'Autorità
ovvero prestare attenzione a messaggi inviati tramite rete telefonica
- Non usare il telefono. Lasciare libere le linee per le comunicazioni di emergenza
- Chiudere le serrande delle canne fumarie e tamponare l'imbocco di cappe o camini, sigillare
con nastro adesivo le prese d'aria di ventilatori e condizionatori
- Sigillare con nastro adesivo o tamponare con panni bagnati le fessure degli stipiti di finestre
e porte e la luce tra porte e pavimento
- Se il rifugio è costituito da un bagno tenere aperta la doccia per dilavare l'aria interna
- In caso di necessità tenere un panno bagnato sugli occhi e davanti al naso e alla bocca
In caso di evacuazione:
- Abbandonare la zona seguendo le istruzioni dell'autorità e possibilmente seguendo percorsi
trasversali alla direzione del vento che si allontanano dal punto di rilascio
- Tenere possibilmente un fazzoletto bagnato sulla bocca o sul naso
- Non utilizzare le auto per evitare l'ingorgo del traffico con blocco dell'evacuazione e per
non intralciare l'intervento dei mezzi di soccorso
- Dirigersi al punto di raccolta indicato nella documentazione fornita dalle Autorità
- Evitare l'uso di ascensori
- Possibilmente portare con se un apparecchio radio. Mantenersi sintonizzati sulle stazioni
emittenti indicate dall'autorità e prestare attenzione ai messaggi inviati
- Non andare a prendere i bambini a scuola. sono protetti e a loro pensano gli insegnanti
Al cessato allarme:
- Porre particolare attenzione nel riaccedere ai locali, particolarmenti quelli interrati o
semiinterrati dove vi possa essere ristagno di vapori
- Attenzione al possibile crollo di parti di edifici o strutture
- Aprire tutte le finestre e le porte per areare i locali interni
5-FULMINI
Durante un violento temporale:
Se ci si trova all’aperto:
-Allontanarsi da punti che sporgono sensibilmente rispetto ai dintorni
(alberi isolati od elevati, creste e cime, campanili e torri, tralicci e gru)
La distanza da questi punti deve essere sufficiente (almeno 30 metri)
- Evitare il contatto con gli oggetti esposti (alberi, canne da pesca, ombrelli, sci,
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bandiere, antenne)
- Evitare il contatto con oggetti dotati di buona conduttività elettrica (l’albero metallico
di una barca, la bicicletta, la moto)
- Togliere di dosso tutti gli oggetti metallici (orologi, monili, casco)
- Evitare posizioni a rischio che favoriscano il passaggio della corrente attraverso il
corpo, per contatto con il terreno o altri corpi direttamente colpiti dal fulmine: non
stare seduti per terra mantenendo contatto con due punti, non tenersi per mano se si è
in gruppo, non stare sdraiati o distesi a terra. Posizioni ritenute sicure sono: stare
accovacciati e con un solo punto di contatto con il terreno, a piedi uniti, magari seduti
su uno zaino; accovacciarsi su di una corda arrotolata, possibilmente asciutta.
Sdraiarsi su un materassino se non si è a contatto con il bagnato. Se si è in gruppo,
mantenere una distanza di una decina di metri l’uno dall’altro
- Non sostare in luoghi quali piscine o laghi, allontanarsi dall’acqua
- Buoni rifugi sono: grotte, bivacchi, fienili, automobile., cabine telefoniche, vagoni
treno, aereo, roulotte. Evitando il contatto con la struttura stessa, allontanandosi dalle
pareti esterne e non sostando sull’uscio.
Se ci si trova in casa:
-Non utilizzare apparecchi elettrici
-Scollegare televisori, antenne, linee telefoniche, gas e luce
-Evitare ascensori, usci, balconi e tettoie
-evitare di lavarsi
6- RISCHIO IDROGEOLOGICO
E’ legato alla terra e all’acqua, comprende infatti le alluvioni, le frane e le valanghe.
In caso di alluvione bisogna:
- Chiudere il gas, l’impianto di riscaldamento e quello elettrico
- Se possibile allontanarsi verso colline, montagne, luoghi sicuri ed elevati in generale.
- Se si è in casa, salire ai piani superiori senza cercare di chiudere le falle: c’è il pericolo di
venir travolti all’improvviso da masse d’acqua maggiori.
- Evitare i ponti
- In automobile, se l’auto venisse travolta dall’acqua e cadesse in un fiume o in un canale,
chiudere i finestrini e attendere che l’abitacolo si riempia d’acqua. Una volta pieno sarà
più facile aprire le portiere per uscire e mettersi in salvo.
In caso di frana bisogna:
- Raggiungere un luogo sicuro
- Non utilizzare fiamme libere (fiammiferi, accendini, torce). Se la frana avesse
danneggiato tubature del gas si correrebbe il rischio di un’esplosione.
- Non gridare. L’equilibrio della zona à già instabile e un rumore forte potrebbe provocare
un’altra frana.
In caso di valanga bisogna:
- Cercare di mantenere uno spazio libero davanti al viso e al petto per poter respirare.
- Muovere braccia e gambe come per nuotare e tentare di rimanere in superficie.
- Se si finisce sotto la neve e si perde la percezione dello spazio, si può determinare la
propria posizione con l’aiuto della saliva: se va verso il naso ci si trova a testa in giù e
viceversa.
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Svolgere in alternativa l’attività 1 “Dai voce allo spot!” oppure l’attività 2 “Quando la realtà
supera la fantasia”
OPZIONE 1
Attività 1: DAI VOCE ALLO SPOT!
Durata
40 min. lavoro in gruppo
20 min. discussione in plenaria
Obiettivi
 Individuare i buoni comportamenti da seguire in situazione di emergenza.
Svolgimento
Il formatore divide i partecipanti in 4 gruppi e mostra senza audio uno o più spot della
protezione civile a seconda del tempo a disposizione.
Gli spot sono reperibili sul sito della protezione civile www.protezionecivile.it e riguardano le
seguenti emergenze:
- Alluvione (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione)
- Black out (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione)
- Caldo (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione)
- Incendi (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione
Ogni gruppo dovrà creare il sonoro e i dialoghi dello spot individuando i comportamenti corretti
e scorretti da attuarsi nella determinata situazione. A turno ogni gruppo esporrà il proprio lavoro
agli altri gruppi. In conclusione il formatore mostrerà ai partecipanti lo spot con l’audio
originale.
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NORME UNIVERSALI:
Ora sai distinguere i diversi tipi di rischio e come reagire nel caso dovessi trovarti in una delle
condizioni di pericolo descritte. Quando si viene coinvolti in un’emergenza non è sempre facile
capire cosa stia succedendo. le persone possono dare informazioni sbagliate o frasi prendere dal
panico e creare confusione.
In caso d’emergenza, bisogna sempre:
-Mantenere la calma
-Se i soccorsi non sono già arrivati, contattare le autorità e dare l’allarme:
112 Carabinieri
113 Polizia
115 Vigili del Fuoco
118 Ambulanza
-Nei luoghi pubblici, seguire le indicazioni in verde, mai quelle in rosso che indicano pericolo.
-Non correre.
-Non attardarsi a raccogliere oggetti personali se non strettamente necessari
-Mai fermarsi a guardare quello che succede: si rischia di creare intasamenti, di ostacolare i
soccorsi e inoltre ci si espone inutilmente al pericolo.
-Seguire attentamente le istruzioni delle autorità competenti.
Strumenti
- Pc
- Videoproiettore
- Spot della Protezione Civile
- Fogli di carta
Osservazioni
Si consiglia di mostrare a ripetizione continua lo spot in modo da far lavorare
contemporaneamente i 4 gruppi.
Si consiglia di lavorare su uno spot alla volta.
Attività 2: QUANDO LA REALTA’ SUPERA LA FANTASIA
Durata
40 min. lavoro in gruppo
20 min. discussione in plenaria
Obiettivi
 Verificare l’apprendimento dei concetti espressi e riassumere il contenuto dell’intero
modulo.
Svolgimento
Il formatore divide i partecipanti in piccoli gruppi (max 5 persone) e consegna ad ognuno un
differente articolo di giornale riguardante episodi di catastrofi e/o calamità.
Ogni gruppo dovrà analizzare il testo e, alla luce di quanto espresso in precedenza, valutare i
comportamenti corretti e fallimentari che hanno caratterizzato l’accadimento.
L’attività si concluderà con una libera discussione a piena assemblea al riguardo.
Strumenti
Un articolo di giornale per ogni gruppo.
In allegato (pagg. 29-37) il formatore può trovare articoli dei seguenti avvenimenti:
- Katrina (disastro idrogeologico)
- Sarno (disastro idrogeologico)
- San Giuliano (terremoto)
- Seveso (nube tossica)
- Escalaplano (fulmini)
- Patti (incendio)
Osservazione
Il formatore può dare a ciascun gruppo dei suggerimenti di riflessione in merito al tema
dell’articolo.
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Katrina smaschera il razzismo (www.che-fare.org)
Lee Sustar
La dimensione della devastazione, conseguente all’uragano, non sarà conosciuta che fra molte
settimane. Ma sappiamo già chi sopporterà il peso di questa tragedia: i poveri di New Orleans e di tutta
la Costa del Golfo
Decenni di incuria burocratica e di razzismo, unitamente all’impatto del riscaldamento del pianeta,
hanno ampliato la forza d’urto dell’uragano Katrina su New Orleans e su altre regioni del Sud.
I mass media dominanti si sono concentrati per lo più sui danni subiti dalle grandi proprietà: ad esempio
dai casinò gravemente danneggiati della costa del Mississippi, che sono stati duramente colpiti da
Katrina e dagli hotel per turisti del quartiere francese di New Orleans. Ma fuori della portata dei riflettori
dei media, vi sono innumerevoli altri, che non hanno un’assicurazione sufficiente - o non hanno affatto
un’assicurazione - per ricostruire la loro esistenza.
Come in tutti i disastri “naturali”, si è riaffermata una logica assai poco naturale: coloro, che avevano di
meno da perdere, sono quelli che hanno perso di più.
Così, sulla Costa del Golfo nelle città del Mississippi, che sono state direttamente colpite dall’arrivo
dell’uragano sulla terraferma, i grandi hotel, benché gravemente danneggiati, sono rimasti in piedi. Altre
strutture - addirittura interi quartieri e centri abitati - sono stati cancellati dalla carta geografica. “Questo
è il nostro tsunami”, ha detto qualcuno facendo un paragone con il disastro, che lo scorso dicembre ha
colpito le rive dell’Oceano Indiano.
Una deviazione dell’ultimo minuto della traiettoria dell’uragano ha spinto Katrina ad est di New Orleans,
inducendo le autorità cittadine a pensare di aver evitato una catastrofe. Ma il giorno dopo che l’uragano
si era abbattuto, le condizioni hanno cominciato a mutare rapidamente. Parte del sistema di dighe, che
protegge dalle inondazioni la città posta sotto il livello del mare, ha ceduto - a quanto pare a nord, lungo
la riva del lago Pontchartrain -, lasciando sotto le acque l’80% di New Orleans.
Con l’elettricità e le comunicazioni fuori uso, si è saputo poco dei quartieri più poveri di New Orleans,
tranne che - come era prevedibile - hanno sopportato il peso maggiore del disastro. Si diffondono voci
di cadaveri trasportati via dall’inondazione. Nessuno avrebbe più energia elettrica, né speranza di
averla per giorni e, forse, per settimane.
Il peggio, forse, deve ancora venire. Le acque, che hanno inondato New Orleans, erano inquinate di
rifiuti e di rottami. E, quando l’inondazione alla fine rifluirà, si lascerà dietro un terreno adatto allo
sviluppo di epidemie.
L’impatto di Katrina era visibile anche prima che l’uragano raggiungesse la terraferma; era evidente
nelle immagini degli evacuati allineati per trovare rifugio dentro il Superdome di New Orleans: in
massima parte poveri e afroamericani costretti a cercar rifugio in uno stadio di football, perché senza
automobile o privi di denaro.
“Il pomeriggio [del giorno prima che l’uragano arrivasse], il Superdome è piombato nel caos assoluto”,
riferiva il Miami Herald. “Alla fine sotto la vigilanza della Guardia Nazionale della Louisiana sono arrivati
circa 30.000 rifugiati. La fila frustrata per entrare nello stadio ha raggiunto la lunghezza di diversi stadi
di football. Le persone bevevano da bottiglie vuote, si trascinavano i propri beni in sacchetti di plastica,
cercavano di farsi aria sventagliando l’aria umida, avevano portato con sé la birra e le sigarette e si
preparavano a una permanenza di due giorni, mentre verso le 4 pomeridiane torrenti di pioggia hanno
cominciato a infradiciarle”.
Una volta dentro il Superdome, agli evacuati veniva ordinato di rimanere ai loro posti dopo il coprifuoco.
Il numero dei gabinetti era insufficiente e, quando è mancata l’energia elettrica, i generatori sono riusciti
a alimentare l’illuminazione, ma non l’aria condizionata. L’uragano ha aperto diversi buchi nel tetto e
quanti erano sotto hanno dovuto ammucchiarsi per ripararsi dalla pioggia che cadeva dentro.
Quando il sistema delle dighe è saltato e New Orleans dopo il passaggio dell’uragano ha cominciato a
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essere inondata, il Superdome è diventato un’isola circondata da acqua profonda, inquinata di petrolio
e immondizia. Le condizioni dentro allo stadio, secondo le notizie della stampa, hanno continuato a
“deteriorarsi”: nelle prime 36 ore, all’interno del Superdome, sarebbero morte almeno due persone.
Benché New Orleans sia intrinsecamente vulnerabile agli uragani - gran parte della città è sotto il livello
del mare -, i governanti, a qualsiasi livello, si sono rifiutati di prendere le precauzioni necessarie a
minimizzare il rischio o a garantire una sicura e ordinata procedura di evacuazione.
Il sistema delle dighe, essenziale per una città circondata dall’acqua da tre lati, non è stato potenziato
per sostenere una tempesta di categoria 4 o 5. Grazie a George Bush e alla sua “guerra al terrorismo”.
Negli anni 1990, a seguito di inondazioni in cui hanno perso la vita sei persone, il governo federale ha
costituito il Southeast Louisiana Urban Flood Control Project (Progetto per il controllo delle alluvioni
urbane della Louisiana sudorientale, conosciuto come SELA). È stato incaricato di attuare il progetto il
Corpo del Genio Militare, che ha speso 500 milioni di dollari per puntellare le dighe e per costruire
stazioni di pompaggio.
“Ma restavano da attuare progetti per almeno 250 milioni di dollari”, ha scritto sul sito Philadelphia Daily
News Web un blogger, che si firma Attytood. “Eppure, dopo il 2003 il flusso di dollari federali in
direzione del SELA è avvenuto col contagocce. Il Genio Militare non ha mai cercato di nascondere il
fatto che la ragione della distorsione erano i carichi di spesa per la guerra in Iraq e per la sicurezza
nazionale, aggravati dalla riduzione delle tasse federali. Secondo un articolo comparso il 16 febbraio
2004 sul New Orleans CityBusiness, all’inizio del 2004 di fronte all’impennata del costo del conflitto in
Iraq, il Presidente Bush avrebbe proposto di spendere meno del 20% di quanto il Genio Militare diceva
che fosse necessario per il Lago Pontchartrain”.
Stando alla ricerca di Attytude, benché quella del 2004 sia stata per gli uragani la peggiore stagione a
memoria d’uomo, il governo federale avrebbe imposto per quell’anno “la più esorbitante riduzione di
finanziamenti per gli uragani e il controllo delle inondazioni di tutta la storia di New Orleans”.
Qual’è la ragione di questa negligenza? Benché sia una notissima meta turistica, New Orleans è una
delle città più povere degli USA, con una popolazione composta al 67% da afroamericani. Nel
municipio, o nella contea di Orleans, il 34% delle famiglie vive al di sotto del livello di povertà federale:
un argomento, che è stato il centro della costituzione di una nuova coalizione popolare nel corso di un
meeting tenutosi proprio pochi giorni prima che si abbattesse Katrina.
Da anni si sapeva molto bene quali sarebbero state le dimensioni della minaccia. L’oceanografo Joe
Suhayda aveva creato un modello dettagliato dell’impatto di un uragano di categoria 5, che si abbatte
su New Orleans, mostrando che gran parte della città sarebbe affondata sotto 20 piedi d’acqua,
provocando decine di migliaia di vittime. Nel 2004 l’uragano Ivan ha appena scansato la città,
evidenziando l’urgente necessità di un piano di evacuazione praticabile.
“I bianchi ricchi sono fuggiti dalla Big Easy sui loro fuoristrada, mentre i vecchi neri, prevalentemente
sprovvisti di automobile, sono stati lasciati dietro nelle loro baracche sotto il livello del mare e nelle loro
vecchie case in affitto a fronteggiare la furia delle acque”, scriveva l’attivista Mike Davis a proprosito dei
piani di evacuazione per Ivan. “New Orleans si è preparata per decenni all’inevitabile sommersione da
parte dell’ondata tempestosa di un uragano di categoria cinque. I responsabili della difesa civile hanno
ammesso di avere a portata di mano 10.000 sacchi per salme, per fronteggiare lo scenario peggiore
possibile. Ma sembra che nessuno si sia preoccupato di ideare un piano per evacuare gli abitanti più
poveri o più deboli della città”.
Davis, lo scorso anno, ha dichiarato al Socialist Worker che la crescita della forza e della frequenza
degli uragani è da imputare al riscaldamento del pianeta. È in gioco un certo numero di fattori climatici.
Ad esempio, qualcosa conosciuta come l’oscillazione del nord Atlantico (NAO), che comporta variazioni
nella pressione atmosferica e nelle temperature del mare, è un fattore che contribuisce a accrescere il
numero degli uragani. Ma il riscaldamento del pianeta, causato dall’inquinamento atmosferico, ha
probabilmente peggiorato le cose.
Davis ha dichiarato: “Le temperature dell’Atlantico tropicale sono più alte del normale, quindi forniscono
più energia agli uragani. Ciò non lo si può attribuire direttamente al riscaldamento del pianeta, ma
un’intensificazione della NAO è proprio quello che ci si può aspettare. Tutte le estati dell’emisfero
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settentrionale ora sembrano promettere disastri climatici di qualche tipo”.
Ma il disastro climatico può tornar utile, se per caso sei un azionista o un funzionario di un’importante
compagnia petrolifera. I giganti del petrolio erano pronti a usare la scusa di Katrina per far alzare i
prezzi della benzina oltre il record raggiunto nell’ultimo mese.
La dimensione della devastazione, conseguente all’uragano, non sarà conosciuta che fra molte
settimane. Ma sappiamo già chi sopporterà il peso di questa tragedia: i poveri di New Orleans e di tutta
la Costa del Golfo.
La tragedia di Sarno del 1998 (www.flanet.org)
5 maggio 1998: bastano due giorni di pioggia continua, unita ad un irrazionale disboscamento, per dare
origine alla tragedia.
Dai fianchi del Monte Alvaro, resi molli dalle abbondanti precipitazioni, si aprono infatti quarantacinque
frane diverse, in precipitosa corsa verso i paesi che, sui due versanti, sono sorti alle sue pendici.
Una valanga di fango travolge Sarno e Quindici, lambendo anche i paesi più prossimi come Siano,
Episcopio e Bracigliano.
Dopo aver quasi completamente distrutto l’ospedale di Villa Marta, ove il numero delle vittime resta
tuttavia contenuto grazie alla prontezza del personale che spinge i ricoverati a trovare rifugio al secondo
piano dello stabile, l’ondata di fango, rocce e detriti investe violentemente la scuola locale, ove travolge
per centinaia di metri insegnanti e alunni. Crollano numerose abitazioni, interi nuclei familiari vengono
spazzati via in un attimo dalla slavina. Solo dopo alcune ore la Protezione Civile riesce a raggiungere i
luoghi del disastro, e gli stessi tentativi di recupero dei dispersi vengono bloccati dal fango, alto più di
due metri, che intrappola uomini e mezzi.
Il bilancio sarà pesantissimo: centoquarantasette i morti, quasi duecento i dispersi, quattrocento gli
edifici crollati, duemila gli sfollati, l’economia locale in ginocchio.
Gli Angeli di San Giuliano (www.lastoriasiamonoi.rai.it)
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Seveso 1976: la nube tossica (www.pagine70.com)
Seveso 10 luglio 1976 ore 12.37
Nello stabilimento chimico dell' ICMESA una valvola di sicurezza del reattore A-101 esplode provocando la
fuoriuscita di alcuni chili di diossina nebulizzata. (la quantità esatta non è quantificabile, qualcuno dice 10-
12 chili, altri di appena un paio). Il vento disperde la nube tossica verso est; nella Brianza. Il giorno dopo,
domenica 11 luglio, nel pomeriggio, due tecnici dell'ICMESA si recano dal sindaco di Seveso, Emilio
Rocca, per metterlo al corrente di ciò che è accaduto nello stabilimento e rassicurandolo che la situazione
non desta preoccupazioni perché è già tutto sotto controllo. Dopo 4 giorni dall'incidente inizia la moria degli
animali, muoiono galline, uccelli, conigli. Le foglie degli alberi ingialliscono e cadono, e gli alberi in breve
tempo muoiono come tutte le altre piante. Nell'area interessata vivono circa 100.000 persone. E solo dopo
pochi giorni si verificano i primi casi d'intossicazione nella popolazione. Il giorno 15 il sindaco emana un
ordinanza di emergenza: divieto di toccare la terra, gli ortaggi, l'erba e di consumare frutta e verdure,
animali da cortile, di esporsi all'aria aperta. Si consiglia un'accurata igiene della persona e
dell'abbigliamento. Ci sono i primi ricoveri in ospedale e gli operai dell'ICMESA si rifiutano di continuare a
lavorare. Soltanto il 17 luglio appaiono i primi articoli sul "Giorno" e sul "Corriere della Sera". L'accaduto
diviene di dominio pubblico. Il 18 luglio parte un indagine dei carabinieri del comune di Meda ed il pretore
decreta la chiusura dello stabilimento. Si procede all'arresto del direttore e del vicedirettore della fabbrica
per disastro colposo. Ma ancora il 23 luglio dalla prefettura non viene ancora presa nessuna decisione su
come far fronte all'emergenza. I casi d'intossicazione aumentano, i più colpiti sono i bambini. Si da nome ad
una malattia finora quasi sconosciuta: la Cloracne. La cloracne è il sintomo più eclatante dell'esposizione
alla diossina, colpisce la pelle, soprattutto del volto e dei genitali esterni, se l'esposizione è prolungata si
diffonde in tutto il corpo. Si presenta con comparsa di macchie rosse che evolvono in bubboni pustolosi
giallastri, orribili a vedersi e di difficile guarigione, e la pelle cade a brandelli. Può essere compromessa
seriamente la funzionalità epatica. L'inalazione del composto crea problemi respiratori. Il 23 luglio dopo 13
giorni dall'incidente la verifica incrociata delle analisi effettuate dalle strutture sanitarie italiane e dei
Laboratori Givaudan dell'ICMESA confermano una presenza notevole di TCDD nella zona maggiormente
colpita dalla nube tossica. Il 10 agosto una commissione tecnico-scientifica stila una mappatura della zona
contaminata. Si decide di evacuare l'area circostante l'impianto per circa 15 ettari, e le famiglie residenti
nelle zone più colpite sono invitate ad abbandonare le proprie abitazioni. Reticolati sono posti per delimitare
le zone pericolose. La commissione classifica il terreno contaminato in 3 zone a seconda della quantità
della diossina presente sul terreno: "zona A" molto inquinata, "zona" B poco inquinata, "zona C" di rispetto.
Continuano i casi d'intossicazione e aumentano i ricoveri ospedalieri tra la popolazione di Seveso, Meda,
Desio e Cesano Maderno. Tra la popolazione colpita ci sono parecchie donne incinte e si diffonde la
preoccupazione per gli effetti della contaminazione sui futuri nascituri. Ma gran parte degli "esperti" tendono
a tranquillizzare tutti sminuendo gli effetti della diossina. Si fanno migliaia di analisi del sangue e delle urine,
ma non si arriva a capo di nulla. Ulteriori controlli dei terreni fanno estendere la zona A suddividendola in 7
sotto sezioni. Intanto la televisione ed i giornali continuano a mostrare filmati e foto di bambini ricoverati in
ospedale con i piccoli volti coperti da estese macchie rosse e le zone contaminate dove si aggirano uomini
in tute bianche sigillate che raccolgono campioni di terreno e bruciano carcasse di animali. L'11 ottobre
dopo 3 mesi, gli abitanti evacuati dalla zona A rientrano nei loro terreni e indicono una protesta bloccando
la strada Meda-Milano. Vogliono rientrare nelle loro case e riprendere possesso della loro vita. Protestano
contro il progetto della Provincia e della Regione di costruire un inceneritore a Seveso. Ritorna l'esercito
per controllare la zona inquinata ed impedirne l'accesso. Sale la tensione e il malcontento verso le
istituzioni che sembrano non voler prendere provvedimenti adeguati. Si chiede la bonifica dell'area come
era stato promesso e si suggerisce l'asportazione del terreno inquinato e la collocazione in siti adeguati.
Proprio per la tutela degli abitanti nel 1977 viene istituito l'Ufficio Speciale per Seveso.
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Fulmine uccide 2 giovani (www.tgcom.mediaset.it)
Cagliari,folgorati durante scampagnata
Due giovani sono morti folgorati a Escalaplano (Cagliari) durante una scampagnata. Altri tre, invece
sono rimasti feriti, uno è grave. Il gruppetto di amici stava passeggiando tra i campi quando
all'improvviso è scoppiato un violento nubifragio. A questo punti i giovani hanno immediatamente cercato
rifugio sotto alcuni alberi secolari. Rifugio risultato fatale.
L'episodio è avvenuto intorno alle 15 alla periferia di Escalaplano, piccolo centro ai confini tra le
province di Cagliari e Ogliastra (ora passato nel territorio proviciale del capoluogo dopo la nascita dei
nuovi enti intermedi). Le vittime sono Mauro Serra, 30 anni, e Mauro Pisanu, di 22 entrambi di
Escalaplano. Altri due amici della comitiva sono rimasti feriti: Roberto Frau, di 32 anni, è stato trasportato
in elicottero all'ospedale Marino di Cagliari dove è ricoverato nel reparto di rianimazione; si trova, invece,
nel nosocomio di Muravera Jonathan Usala, di 19 anni: secondo quanto si è appreso le sue condizioni
non sono gravi.
I giovani nel pomeriggio avevano deciso di incontrarsi per una gita nelle campagne di Escalaplano,
quando sono stati sorpresi dal temporale. Per non bagnarsi si sono radunati sotto un grande albero
che è stato distrutto dal fulmine. Sul posto sono accorsi i vigili del fuoco del distaccamento di San Vito,
ambulanze e un elicottero del 118, la guardia medica, che ha dato l'allarme ai carabinieri della stazione
di Escalaplano.
Incendi, tragedia alla festa di compleanno
www.repubblica.it)
Tre morti carbonizzati nell'agriturismo
Oltre alle vittime almeno 20 gli ustionati. Abbandonate centinaia di abitazioni
Il sindaco di Patti: "Non c'è stata la prontezza da parte della Protezione civile" Il titolare di rifugio: "Erano
tutti in preda al panico. C'erano anche dei bambini
ROMA - Il fuoco uccide nel Sud. A Patti, nel Messinese, un'impiegata e due clienti di un agriturismo sono
morti carbonizzati ed una ventina di clienti sono stati ricoverati con gravi ustioni. Fiamme e terrore in
Sicilia, la gente fugge da casa spaventata. Il fuoco lambisce gli ospedali e distrugge centinaia di ettari di
boschi. Il sindaco di Patti accusa: "Non c'è stata la prontezza da parte della Protezione civile". Dopo il
tragico rogo un mese fa a Peschici in Puglia, ritorna l'emergenza incendi in Meridione. La situazione è
così grave che in ausilio ai pompieri, il ministero della Difesa ha deciso di inviare in Calabria e Sicilia
elicotteri e uomini delle forze armate.
La tragedia durante la festa di compleanno. C'era una festa di compleanno nel Rifugio del falco a
Patti dove tre persone sono morte ed un'altra ventina è rimasta ustionata nell'incendio dell'agriturismo. In
un primo momento si era sparsa la voce che i morti fossero tre ma in tarda serata la Protezione
regionale siciliana ha reso ufficiale il numero delle vittime. Tra i dipendenti e gli ospiti del rifugio
ricoverati, ci sono pazienti con l'80 e anche il 90% del corpo martorizzato dal fuoco. Il corpo di Costantino
Cucinotta, 51 anni, di Cislago in provincia di Varese, fratello di Matteo di cui si festeggiava il
compleanno, è stato rinvenuto appena fuori dal rifugio. La seconda vittima, Concettina Scafidi, 39 anni,
impiegata nell'agriturismo, era seduta in auto: stava tentando di scappare dal fuoco. Nella notte è morta
poi anche Lucia Natoli, magistrato presso il tribunale dei minori di Messina, cognata di Costantino
Cucinotta.
"Rimanete uniti ma sono scappati nel bosco". Antonino Ansà è il proprietario dell'agriturismo: "Ho detto a
tutti di rimanere uniti, ma la gente era in preda al panico ed è fuggita sparpagliandosi". Quando le
fiamme hanno avvolto la struttura, nella sala era in corso una festa di compleanno, con circa cinquanta
ospiti, tra cui anche alcuni bambini. Ansà, insieme ad una donna anziana, si è salvato rifugiandosi in
un'ala del complesso turistico.
Traditi dal vento. Le operazioni di soccorso sono state ostacolate dalle macchine dei clienti
dell'agriturismo che avevano tentato di fuggire ma che sono stati costretti ad abbandonare le auto e a
proseguire a piedi. Secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri, in un primo momento le fiamme
avrebbero raggiunto un distributore di benzina poco distante dalla struttura. Il pericolo di un'esplosione
aveva fatto dirigere in zona tutti i soccorsi, ma il vento improvvisamente ha cambiato direzione e ha
raggiunto repentinamente il rifugio cogliendo di sorpresa clienti e personale.
Il sindaco: "Non è intervenuto nessuno". Il sindaco di Patti, Giuseppe Venuto, accusa la Protezione civile
di aver tardato nell'inviare i soccorsi: "Da ieri sera alle 20 abbiamo chiamato e abbiamo chiesto
l'intervento dei Canadair per spegnere i fuochi. Non c'è stata la prontezza da parte della Protezione
civile. Capisco che c'è stata un'emergenza - ha concluso il sindaco di Patti - ma è andato tutto in corto
circuito: non è intervenuto nessuno, solo le forze dell'ordine e le autobotti del comune, nessun altro
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aiuto". Ma il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, gli risponde: "Noi mandiamo i mezzi aerei
dove ci vengono segnalate le situazioni più difficili. Non possiamo mandare i Canadair ovunque, ci sono
anche gli elicotteri. Abbiamo cercato di fronteggiare tutte le situazioni, facendo in alcuni casi anche
miracoli. Se non ci sono state altre vittime - conclude - è anche grazie all'intervento massiccio disposto".
A fuoco la Sicilia. Gli incendi si susseguono ormai da ieri da Messina a Cefalù, aiutati da un forte vento
di scirocco e dalle alte temperature. Impossibile quantificare l'estensione dell'area devastata così come il
numero di case, aziende agricole e villette distrutte. A Naso l'incendio minaccia ormai centinaia di
abitazioni. Molte le case evacuate. Il sindaco Vittorio Emanuele parla di "situazione di abbandono
assoluto". I carabinieri hanno anche fatto evacuare alcune abitazioni a Gioiosa Marea e San Giorgio.
Paura per l'ospedale di Cefalù. Per diverse ore c'è stato allarme anche per l'ospedale "San Raffaele-
Giglio"di Cefalù, dov'era scattato il piano di emergenza: l'intervento di due Canadair ha evitato che il
fuoco si avvicinasse ulteriormente alla struttura e non è stato necessario allontanare i pazienti. Allarme
cessato anche per i 111 ospiti dell'hotel Paradiso, fatto evacuare nel primo pomeriggio. Le fiamme hanno
distrutto tutti gli alloggi del personale dell'albergo che si trova di fronte l'ospedale. In contrada
Montagnola, a Bagheria, evacuata una casa di riposo. Nessuno dei venti anziani ricoverati è rimasto
ferito. Chiusa al traffico per alcune ore la circolazione sull'autostrada A29 Palermo-Trapani, in direzione
del capoluogo siciliano, tra Capaci e Tommaso Natale. Chiusa temporaneamente anche la A20 Messina-
Palermo.
(22 agosto 2007)
PROTEZIONE CIVILE E VOLONTARIATO
Il VOLONTARIATO ha sempre rivestito un ruolo chiave nelle operazioni di protezione civile,
soprattutto nell'opera prestata a soccorso di popolazioni colpite da eventi calamitosi.
Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente consapevolezza che la protezione civile non è, e
non deve essere, questione esclusiva degli addetti ai lavori, ma è e deve diventare sempre più
patrimonio di tutta la collettività.
A cominciare dai presupposti giuridici a finire agli operatori veri e propri tutto l’universo della
protezione civile viaggia in questa direzione.
Il Volontariato di Protezione Civile infatti rappresenta l'espressione di una moderna coscienza
collettiva del dovere di solidarietà, di una nuova forma di partecipazione e di cittadinanza attiva,
che si manifesta prevalentemente nelle situazioni di urgenza, ma che oggi vuole essere
sviluppata in senso più ampio come comune desiderio di conoscenza e rispetto del territorio e
ricerca di forme di sviluppo sostenibili.
IL VOLONTARIO DI PROTEZIONE CIVILE
Tratto dal sito della protezione civile : www.protezionecivile.it
Il volontariato di Protezione civile, divenuto negli ultimi anni un fenomeno nazionale che ha
assunto caratteri di partecipazione e di organizzazione particolarmente significativi, è fenomeno
nato sotto la spinta delle grandi emergenze verificatesi in Italia a partire dall'alluvione di Firenze
del 1966 fino ai terremoti del Friuli e dell'Irpinia. In occasione di questi eventi si verificò, per la
prima volta nel dopo guerra, una grande mobilitazione spontanea di cittadini di ogni età e
condizione, affluiti a migliaia da ogni parte del paese nelle zone disastrate per mettersi a
disposizione e "dare una mano". Si scoprì in quelle occasioni che ciò che mancava non era la
solidarietà della gente, bensì un sistema pubblico organizzato che sapesse impiegarla e
valorizzarla. In tal senso, si mossero le accuse del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il
quale, proprio in occasione del terremoto dell'Irpinia, denunciò, rivolgendosi alla Nazione,
l'irresponsabilità, l'inerzia, i ritardi di una Pubblica Amministrazione disorganizzata ed incapace
di portare soccorsi con l'immediatezza che quella sciagura richiedeva.
Lo stesso Presidente rivolgeva un appello agli italiani, con queste parole:
"Voglio rivolgere anche a voi Italiane e Italiani un appello, senza retorica, che sorge dal mio
cuore…., qui non c'entra la politica, qui c'entra la solidarietà umana, tutti gli Italiani e le Italiane
devono sentirsi mobilitati per andare in aiuto di questi fratelli colpiti da questa sciagura".
Da allora è iniziata l'ascesa del volontariato di Protezione civile, espressione di una moderna
coscienza collettiva del dovere di solidarietà, nella quale confluiscono spinte di natura religiosa e
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laica, unite dal comune senso dell'urgenza di soccorrere chi ha bisogno e di affermare, nella più
ampia condivisione dei disagi e delle fatiche, il diritto di essere soccorso con la professionalità di
cui ciascun volontario è portatore e con l'amore che tutti i volontari dimostrano scegliendo,
spontaneamente e gratuitamente di correre in aiuto di chiunque abbia bisogno di loro. Negli
ultimi dieci anni, una illuminata legislazione ha riconosciuto il valore del volontariato associato
(legge quadro 266/91), come espressione di solidarietà, partecipazione e pluralismo,
incoraggiandone e sostenendone sia la cultura che lo sviluppo organizzativo.
Quando nel 1992 fu istituito, con la legge 225/92, il Servizio Nazionale della Protezione civile,
anche alle organizzazioni di volontariato è stato espressamente riconosciuto il ruolo di "struttura
operativa nazionale", parte integrante del sistema pubblico, alla stregua delle altre componenti
istituzionali, come il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, le Forze Armate, le Forze di Polizia,
il Corpo forestale dello Stato, ecc. La crescita del volontariato di Protezione civile è in continua,
salutare espansione su tutto il territorio nazionale.
La forte apertura innovativa del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, e l'attenzione sistematica a ridurre al minimo le "barriere" burocratiche
tra volontariato e Stato centrale, fatta anche di quotidiane e coraggiose scelte amministrative, ha
contribuito al nascere di una identità nazionale del volontariato di Protezione civile, che si è
rivelata di fondamentale importanza nelle gravi emergenze degli ultimi anni, e che si tende ora a
ricondurre e ricreare, anche a seguito delle riforme sul decentramento amministrativo (D. Lgv.
112/98), in seno alle autonomie locali (Regioni, Province e Comuni).
L'obiettivo condiviso con le Associazioni di volontariato di Protezione civile è di creare in ogni
territorio un servizio di pronta risposta alle esigenze della Protezione civile, in grado di operare
integrandosi, se del caso, con gli altri livelli di intervento previsti nell'organizzazione del sistema
nazionale della Protezione civile (sussidiarietà verticale), valorizzando al massimo le forze della
cittadinanza attiva ed organizzata presente in ogni comune d'Italia (sussidiarietà orizzontale), in
piena integrazione con le forze istituzionali presenti sul territorio.
PROFESSIONALITA’
All'interno delle organizzazioni di volontariato esistono tutte le professionalità della società
moderna, insieme a tutti i mestieri; questo mix costituisce una risorsa, sia in termini numerici che
qualitativi, fondamentale soprattutto nelle grandi emergenze, quando il successo degli interventi
dipende dal contributo di molte diverse specializzazioni (dai medici agli ingegneri, dagli
infermieri agli elettricisti, dai cuochi a i falegnami). Alcune organizzazioni hanno scelto la strada
di una specifica alta specializzazione, quali i gruppi di cinofili e subacquei, i gruppi di
radioamatori, gli speleologi, il volontariato per l'antincendio boschivo.
Questo significa che la Protezione civile per la tipologia e l’urgenza degli interventi non può
essere un volontariato improvvisato e caotico; ma al contrario è necessaria un’ottima
organizzazione, un sistema efficiente e formato da persone che hanno una disponibilità illimitata
ed un’elevata competenza nello svolgere le attività di volta in volta loro richieste.
ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO NELLA PROTEZIONE CIVILE
Le organizzazioni di volontariato che intendono collaborare nel sistema pubblico di Protezione
civile, si iscrivono in appositi albi o registri, regionali e nazionali.
Al momento, nell'elenco nazionale del Dipartimento della Protezione civile sono iscritte circa
duemila cinquecento organizzazioni (tra le quali i cosiddetti "gruppi comunali" sorti in alcune
regioni italiane), per un totale di oltre un milione e trecentomila volontari disponibili.2
Di essi,
circa sessantamila sono pronti ad intervenire nell'arco di pochi minuti sul proprio territorio,
mentre circa trecentomila sono pronti ad intervenire nell'arco di qualche ora.
Si tratta di associazioni a carattere nazionale e di associazioni locali, queste ultime tra di loro
coordinate sul territorio di comuni, province e regioni, in modo da formare, in caso di necessità,
2
http://www.protezionecivile.it/volontariato/index.php
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un'unica struttura di facile e rapida chiamata per gli interventi. Più è alto il livello organizzativo
delle associazioni, più solide sono la loro efficacia e la loro autonomia.
Le organizzazioni di volontariato di protezione civile possono dunque assumere la forma
giuridica di Associazioni o Gruppi comunali.
ASSOCIAZIONI
Viene considerato Associazione di volontariato di protezione civile ogni organismo liberamente
costituito, senza fini di lucro che svolge attività di previsione, prevenzione e soccorso in caso di
eventi calamitosi, avvalendosi prevalentemente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite
dei propri aderenti queste Associazioni svolgono, inoltre, una importante attività di formazione
della coscienza di Protezione Civile.
Le associazioni oltre a fare riferimento alle leggi che regolano la “Protezione Civile” devono
rispettare anche la normativa prevista per tutte le associazioni di volontariato, a prescindere dal
proprio settore di attività.
Tutte le Associazioni infatti nell’atto costitutivo e nello statuto, devono espressamente
prevedere:
- l’assenza dei fini di lucro;
- la democraticità della struttura;
- l’elettività e la gratuità delle cariche associative;
- la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti;
- i criteri di ammissione e di esclusione dei soci
- gli obblighi e i diritti dei soci;
- l’obbligo di formazione del bilancio
- le modalità di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea soci;
- le modalità di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento o cessazione
dell’associazione.
Presso ogni Regione e Provincia autonoma sono istituiti dei Registri generali delle Associazioni
di volontariato.
GRUPPI COMUNALI
I Gruppi comunali sono invece una diretta emanazione dell’Amministrazione comunale la
quale costituisce il gruppo con propria delibera e ne approva anche il regolamento.
Questi gruppi per la loro particolare forma giuridica sono iscritti in un apposito Elenco e
vengono richiesti requisiti di ammissibilità diversi rispetto a quelli richiesti alle Associazioni di
volontariato iscritte nei Registri regionali.
La legge nazionale che ha istituito il Servizio nazionale della protezione civile prevede che le
organizzazioni di volontariato siano considerate strutture operative nazionali e assicura la loro la
più ampia partecipazione all’attività di previsione, prevenzione e soccorso, in vista o in
occasione di calamità naturali o catastrofi.
Le Organizzazioni di volontariato (Associazioni e Gruppi comunali), iscritte nei registri
regionali, nonché in elenchi o albi di protezione civile, possono chiedere, per il tramite della
Regione o Provincia autonoma presso la quale sono registrate, l’iscrizione nell’Elenco nazionale
del Dipartimento della Protezione Civile.
L’elenco di tutte le associazioni iscritte al Dipartimento della Protezione civile
http://www.protezionecivile.it/volontariato/organizzazioni.php
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COME DIVENTARE VOLONTARI
Per poter svolgere attività di protezione civile in qualità di volontario in supporto delle istituzioni
preposte al coordinamento degli interventi, è necessario essere iscritti presso le organizzazioni di
volontariato protezione civile regolarmente inserite negli appositi elenchi esistenti.
Chi desidera diventare volontario di protezione civile potrà, all'atto dell'iscrizione presso una
organizzazione di volontariato di protezione civile, valutare una serie di elementi che
caratterizzeranno la propria attività nel settore scelto:
- ambito territoriale di evento (nazionale, regionale, comunale ecc.);
- ambito dimensionale dell'evento (tipo a), tipo b), tipo c) l. 225/92);
- eventuale specializzazione operativa dell'organizzazione (sub, cinofili, aib ecc.);
- livello di partecipazione con le attività istituzionali;
- disponibilità richiesta ecc.;
- vicinanza della sede.
Gli elenchi regionale e/o nazionale sono consultabili rispettivamente presso la regione nella
quale si intende svolgere in prevalenza l'attività di protezione civile o presso l'ufficio
volontariato del dipartimento della protezione civile
Coloro che desiderano svolgere attività di Protezione Civile in primo luogo devono individuare
sul proprio territorio una Associazione che opera in questo campo o possono chiedere al Comune
di appartenenza di far parte del Gruppo comunale, se costituito.
Nel determinare la scelta dell’Organizzazione (Associazione o Gruppo Comunale) cui entrare a
far parte può risultare importante conoscere l’ambito prevalente di operatività; i principali ambiti
in cui le Organizzazioni prestano la loro attività sono:
assistenziale, antincendio, cinofilo, logistico, radiocomunicazioni, sanitario, soccorso alpino.
I volontari che aderiscono alla Associazione o al Gruppo Comunale devono:
- assicurare la propria disponibilità all’attuazione delle attività programmate;
- partecipare ai corsi di formazione e di addestramento;
- possedere requisiti di moralità, affidabilità, capacità operative.
Ai volontari impiegati in attività di soccorso ed assistenza in vista o in occasione di eventi
calamitosi, vengono garantiti, dalla legge nazionale relativamente al periodo di effettivo impiego
(che il datore di lavoro è tenuto a consentire, per un periodo non superiore a 30 giorni
continuativi e fino a 90 giorni nell’anno, elevabili rispettivamente a 60 e 180 gg in caso di
emergenza nazionale):
- il mantenimento del posto di lavoro pubblico o privato
- il mantenimento del trattamento economico e previdenziale da parte del datore di lavoro
pubblico o privato
- la copertura assicurativa
Gli Enti Istituzionali, ai quali poter richiedere informazioni in materia di volontariato, sono
schematicamente riassumibili in:
 Dipartimento della Protezione Civile - Ufficio volontariato - Via Ulpiano, 11 -
00193 ROMA(tel.: centr. 06/6820.1; diretto 06/6820.363)
 Regione Lombardia - Servizio Protezione Civile - Via Fara 26 - 20124
MILANO (tel. centr. 02/6765.1; diretto 02/6765.2485; fax 02/6765.2994;
È possibile trovare tutte le Associazioni di volontariato di protezione civile sui seguenti siti:
- www.protezionecivile.regione.lombardia.it/normativa_regionale.aspx - per la Regione
Lombardia
- www.protezionecivile.it
31
PROTEZIONE CIVILE E CITTADINANZA ATTIVA
Il volontariato è una importante risorsa sociale che viene incontro alle numerose esigenza della
vita civile, costituendo un importante supporto alle Istituzioni.
Nell’ambito della Protezione Civile l’esperienza ha dimostrato come sia essenziale l’apporto che
anche i cittadini possono dare in ogni situazione di emergenza sia adottando misure di
salvaguardia e comportamenti di autodifesa sia sapendo prestare un primo soccorso.
Per questo motivo è fondamentale che i cittadini sia coinvolti e informati nelle attività di
Protezione civile anche nei cosiddetti periodi di “pace”, vale a dire, e non solo nei casi di
emergenza.
La presenza e l’impegno del volontario costituiscono un elemento di impulso che contribuisce a
promuovere lo sviluppo della cultura di protezione civile, e rappresenta un valido supporto per
gli enti pubblici nell’attività di assistenza alla popolazione.
Il ruolo insostituibile assunto oggi dal volontariato di Protezione civile, nel suo ruolo di custode
naturale di ciascun territorio e forza civile di tutela e protezione di ciascuna comunità, merita non
solo un pieno riconoscimento, ma anche un crescente sostegno pubblico per le dotazioni di
mezzi, di materiali, di attrezzature, di formazione, preparazione e aggiornamento, tanto
necessarie per l'ottimale utilizzo delle energie che vengono offerte in aiuto della collettività.
La partecipazione è un diritto e un dovere di ciascun cittadino, esercitare un influsso e dare un
contributo allo sviluppo della società attraverso l’attenzione e la tutela del proprio territorio, la
solidarietà con comunità in difficoltà è uno dei modi più significativi per essere un cittadino
attivo.
Alcuni frasi tratte da interviste rilasciate da esponenti della protezione civile:
A TERRA FUTURA -Guido Bertolaso – Capo del Dipartimento della Protezione civile italiana
« La protezione civile lavora dentro la società civile e si riconosce in essa. Basta con le
decisioni calate dall'alto: bisogna sporcarsi le mani, incontrare la gente e spiegare i progetti»
(riferimento alla questione dello smaltimento dei rifiuti in Campania)
Firenze, nel convegno "La Cittadinanza attiva per la protezione civile", a cura dell'Arci.
Valorizzare il rapporto diretto con i cittadini, l'impegno della protezione civile e delle
associazioni di volontariato, per costruire politiche e interventi dal basso, partendo dalle reali
esigenze delle persone: questi i temi trattati.
Leonardo Domenici, sindaco di Firenze e presidente dell'Anci nazionale- Spesso le calamità
naturali avvengono nei comuni più piccoli, dove non ci sono volontari per le emergenze. E'
necessario, quindi, intervenire qui. Il volontariato, l'associazionismo, l'impegno sociale sono
indispensabili ma guai se pensassimo che possono sostituire le istituzioni: queste realtà sono
forti solo se anche le istituzioni pubbliche sono forti».
Attività : DIVENTA VOLONTARIO DELLA PROTEZIONE CIVILE!!
Durata
30 min. lavoro in gruppo
15 min. presentazione in plenaria
Obiettivi
 Riflettere sul legame tra volontariato, protezione civile e cittadinanza attiva
32
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  • 1. LA PROTEZIONE CIVILE Di Claudio Di Blasi Responsabile Servizio Civile Associazione Mosaico Obiettivi del Modulo Nella primavera del 2007 il CESC Lombardia, in collaborazione con Associazione Mosaico, organizzò un seminario regionale con l'obiettivo di elaborare metodologie adeguate di formazione, rivolte ai volontari in servizio civile, sul tema della Protezione Civile. Il risultato di tale seminario fu un apposito modulo, della durata di 5 ore, che è stato dato liberamente in uso agli enti di servizio civile della Regione Lombardia. Tale documento, adeguatamente “asciugato” per rispondere alle esigenze della presente pubblicazione, costituisce di fatto gran parte del presente capitolo. L'obiettivo di tale percorso di formazione, che si riesce a realizzare in modo ideale con una classe di almeno 8 persone, è decisamente ambizioso: da un lato fornire ai volontari una sorta di alfabetizzazione di base sul tema della protezione civile, dall'altro tendere un legame tra servizio civile nazionale e protezione civile, fino a prefigurare un possibile “futuro” di impegno civico del giovane, proprio nel campo della protezione civile e delle sue organizzazioni. 1
  • 2. PLANNING DEL GIORNO TITOLO STRUMENTI DURATA Presentazione formatore, del modulo e partecipanti - 5 min. Introduzione al tema dei soccorsi: Attività: - 1^ parte - Il senso del pericolo - 2^ parte – Il soccorso - una scheda narrativa per il formatore e fogli bianchi per i volontari - lavagna a fogli mobili 5 min. per la lettura 10 min. lavoro individuale 15 min. discussione in plenaria 15 min. lavoro in gruppo 15 min. discussione in plenaria La protezione civile Storia, funzioni, parole chiave - lavagna fogli mobili - scheda “Alcune parole chiave” (pagg. 14,15) per ciascun volontario 30 min. Attività: “Alle prese con una situazione di emergenza…” - cartelloni e pennarelli oppure schede situazioni di emergenza in bianco 30 min. lavoro in gruppo 30 min. plenaria e presentazione del formatore Attività: Opzione 1- “Dai voce allo spot!” Opzione 2 - “Quando la realtà supera la fantasia.” - spot protezione civile -pc e videoproiettore -fogli bianchi - articoli di giornale 40 min. lavoro in gruppo 20 min. discussione in plenaria 40 min. lavoro in gruppo 20 min. discussione in plenaria Il volontariato in protezione civile. La protezione civile quale forma di cittadinanza attiva - lavagna fogli mobili 20 min. Attività: “Diventa volontario della protezione civile!!” - cartelloni, pennarelli e penne 30 min. lavoro in gruppo 15 minuti presentazione in plenaria Protezione civile e servizio civile volontario Attività: “E tu partiresti?” -Circolare 30 settembre 2004 30 min. - Conclusioni 10 min. 2
  • 3. PRESENTAZIONE DEL FORMATORE Se l’aula lo permette, far disporre il gruppo a cerchio, per fare in modo che ognuno possa vedere gli altri direttamente in viso. Il formatore, se al primo intervento con il gruppo, presenterà prima di tutto se stesso ai partecipanti al corso, dando alcune indicazioni generali su di sé e sui propri rapporti con l’ente. PRESENTAZIONE DEI PARTECIPANTI e DEL MODULO In questo modulo si approfondirà il tema della Protezione Civile ed il suo legame con il Servizio Civile in termini di sviluppo di una solidarietà sociale e coscienza civile. Avvalendosi di piccoli gruppi e discussioni in plenaria, il formatore analizzerà le competenze e l’etica dei volontari della protezione civile, sviluppando parallelismi con i valori sottesi ai volontari in servizio. INTRODUZIONE AL TEMA DEI SOCCORSI 1^ PARTE Attività : IL SENSO DEL PERICOLO Durata 5 min. lettura 10 min. lavoro individuale 15 min. discussione in plenaria Obiettivi  Individuare e riconoscere sensazioni e reazioni che si manifestano in situazioni di emergenza;  Introdurre il concetto di pericolo e di soccorso. Svolgimento 1^ fase: esposizione del caso Il formatore invita i partecipanti a chiudere gli occhi e ad ascoltare la storia che narrerà cercando di immaginare il contesto e di immedesimarsi nei personaggi. Testo della storia: “E’ una fresca serata d’agosto. Ieri si è abbattuto un classico temporale di stagione, ma oggi il sole splende e nonostante l’aria uggiosa hai voglia di trascorrere la serata alla sagra del paese di montagna non molto distante dal luogo dove sei in villeggiatura. Qualche telefonata, doccia e sei pronto per uscire. Arrivano due amici a prenderti, sali in macchina e si parte: una piccola deviazione per salire la montagna, la strada a strapiombo inizia a stringersi, abbandonate la macchina in coda (quante persone sono già alla festa!) percorrete le ultime centinaia di metri a piedi in mezzo agli alberi ammirando un panorama mozzafiato. Vi accoglie il vociare della folla già seduta ai tavoli per la cena, sale un profumo di carne alla griglia che vi fa brontolare lo stomaco e vi conduce a passi veloci verso la coda per le ordinazioni. Quattro chiacchiere nell’attesa e finalmente è il vostro turno: vino, costine, polenta. Cercate tra la gente un po’ di spazio per sedervi e iniziate la cena accompagnati dall’orchestrina, forse non troppo originale, ma perfettamente adatta a questo clima di allegria. Ti proponi di offrire il caffè agli amici che ti hanno accompagnato, ti allontani dal tavolo e arrivi al bancone del bar quando inizi a sentire in lontananza un rumore sordo, continuo, forse tuoni in preludio del temporale. Nessuno sembra accorgersene, aspetti di essere servito, intanto scambi due parole con la famiglia che ti è accanto: una coppia giovane, il papà tiene una bimba in braccio che stringe a sé un pacchetto di caramelle 3
  • 4. gommose e ti guarda con un fare timido e curioso….. quel rumore continua incessantemente, guardi il cielo minaccioso e la madre della bimba sospira dicendoti che sta per arrivare un acquazzone.. quando improvvisamente il gruppo musicale s’interrompe ed il suono si fa sempre più vivido, si sta avvicinando.. cerchi con lo sguardo i tuoi amici, non riesci a distinguerli in mezzo a tanta gente.. pochi secondi e si alza una nebbia palpabile, con fare preoccupato le persone iniziano ad abbandonare i tavoli, la famiglia accanto a te si allontana freneticamente. Il rumore è ormai evidente, improvvisamente realizzi ciò che sta succedendo, provi ad urlare, ma la voce ti si strozza in gola, e vedi solamente gente spaesata che scappa mentre qualcuno in distanza ripete “Frana”. Un attimo basta a generare l’inferno: ti senti investito da una corrente violenta, sbattuto contro qualcosa, il suono assordante sovrasta le urla. poi silenzio.” 2^ fase: analisi individuale Terminata la narrazione il formatore invita i partecipanti a continuare la storia bruscamente interrotta. Si raccomanda al formatore di non indirizzare i partecipanti in alcun modo, quindi non segnalare se debbano indicare stati d’animo piuttosto che reazioni attive. La loro descrizione deve essere completamente libera, d’impulso e senza rielaborazione, utilizzando la modalità che preferiscono: testo, immagine, mimica. 3^ fase: discussione in plenaria Il formatore chiama ogni volontario ad esporre al resto del gruppo ciò che ha preparato. Spunti per la discussione: - descrizione di dolore fisico VS stato d’animo (generalmente viene descritta la paura e la confusione, a discapito del dolore fisico che al contrario è uno degli aspetti più determinanti da considerare in una catastrofe) - soccorso agli altri, ricerca degli amici VS fuga, isolamento (indice di atteggiamenti opposti: altruismo, solidarietà ed al contrario egoismo e concentrazione su se stessi. Quest’ultima risulta essere generalmente la risposta più diffusa. Si può introdurre quindi la parte seguente del modulo: il soccorso) 2^ PARTE Attività: IL SOCCORSO Durata 15 min. lavoro in gruppo 15 min. discussione in plenaria Obiettivi  Far emergere le pre-conoscenze dei partecipanti sul concetto di soccorso: modalità, istituzioni e figure ad esso preposte Svolgimento Tenendo come riferimento la narrazione della situazione d’emergenza, il formatore invita i volontari, attraverso un brainstorming e sollecitando i partecipanti con alcune domande, a descrivere gli eventuali soccorsi intervenuti. Le domande di cui il formatore puo’ avvalersi per indirizzare il gruppo sono: - Ci sono stati soccorsi? - Dopo quanto tempo sono arrivati? - Chi erano? 4
  • 5. - Quanti erano? - Che cosa hanno fatto? - Come erano equipaggiati? Strumenti Lavagna a fogli mobili Osservazioni Il formatore annoterà le risposte sulla lavagna, e cercherà di far emergere le pre-conoscenze dei partecipanti, nonché i luoghi comuni diffusi, prima di passare all’esposizione della parte teorica sulla Protezione Civile. Al termine della presentazione della Protezione Civile consegnare ai partecipanti la scheda “Alcune parole chiave” LA PROTEZIONE CIVILE1 Con "protezione civile" indichiamo tutte quelle “strutture e attività messe in campo dallo Stato per tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi.” www.protezionecivile.it La protezione civile è stata istituita con la legge n.225 del 24 febbraio 1992 . Definita già dal primo articolo come un "Servizio nazionale", la Protezione Civile è coordinata dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed composta, dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale. Al coordinamento del Servizio nazionale e alla promozione delle attività di protezione civile, provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione civile. Art. 1 Servizio nazionale della protezione civile 1. E' istituito il Servizio nazionale della protezione civile al fine di tutelare la integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi. 2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, ai sensi dell'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (2), il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e coordina le attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale. 3. Per lo svolgimento delle finalità di cui al comma 2, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del medesimo comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, si avvale del 1 www.protezionecivile.it 5
  • 6. Dipartimento della protezione civile, istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 21 della legge 23 agosto 1988, n. 400. LA PARTICOLARITA' DELLA PROTEZIONE CIVILE ITALIANA A livello organizzativo la Protezione Civile Italiana si differenzia da quella degli altri Paesi europei. Se negli altri Paesi europei la protezione civile è un compito assegnato ad una sola istituzione o a poche strutture pubbliche, in Italia, invece, “è coinvolta in questa funzione tutta l'organizzazione dello Stato, al centro e in periferia, dai Ministeri al più piccolo comune, ed anche la società civile partecipa a pieno titolo al Servizio nazionale della protezione civile, soprattutto attraverso le organizzazioni di volontariato.” Questa particolare struttura organizzativa (basata sul principio di sussidiarietà) è motivata sia da una scelta istituzionale che da un’ esigenza operativa legata alle caratteristiche del nostro territorio che presenta una gamma di possibili rischi di calamità e catastrofi sconosciuta negli altri Paesi europei. L'Italia è: - un Paese geologicamente molto recente. soggetto a terremoti, frane, erosioni dei versanti ed erosione costiera; - è una Nazione densamente popolata – (abbiamo costruito strade, insediamenti industriali e infrastrutture);– - vanta un patrimonio artistico notevole da salvaguardare. Se analizziamo la storia del nostro Paese ci accorgiamo che l’Italia è stata segnata da eventi - a volte impossibili da prevedere, ma in altri casi, purtroppo, causati dall'imperizia dell'uomo -che hanno colpito duramente le popolazioni e non hanno risparmiato edifici antichi e moderni. “Il disastro del Vajont nel 1963, l'alluvione di Firenze nel 1966 e soprattutto i terremoti del Friuli nel 1976 e dell'Irpinia nel 1980, hanno messo in evidenza che nelle situazioni di grave emergenza, gli interventi devono essere solleciti e ben organizzati e che la buona volontà dei singoli non basta. Esperienze tragiche nelle quali sono emersi chiaramente ritardi, inadeguatezza e inefficienza nell'organizzazione. La macchina dello Stato non ha funzionato perché gli interventi - delle forze pubbliche e private impegnate nei soccorsi - non erano razionalizzati e coordinati con metodo. Quelle immagini di morti e distruzione, che hanno profondamente segnato la Nazione, sono però state la scintilla che ha acceso, nell'opinione pubblica e nelle istituzioni, una nuova coscienza di protezione civile, che ha portato, inizialmente, grazie a leggi nazionali e regionali in materia, alla creazione di un Sistema di Protezione Civile in grado di reagire e agire nei casi di emergenza e che, in seguito, ha perfezionato ed esteso il concetto di protezione civile anche alle azioni di previsione e prevenzione.” Le aree del nostro Paese che presentano rischi sono quindi numerose ed è necessario che il sistema di Protezione Civile assicuri in ognuna di queste aree, risorse umane, mezzi, capacità operative e decisionali in grado di intervenire e di operare in tempi brevissimi e con continuità per prevenire e, per quanto possibile, prevedere i disastri. 6
  • 7. ORGANIZZAZIONE E MODALITA’ DI AZIONE Il Sistema integrato della Protezione Civile coinvolge: - i Comuni; - le Comunità Montane. - le Province; - le Regioni; - lo Stato; A livello comunale il primo responsabile della protezione civile è il Sindaco, che ha il compito di organizzare le risorse comunali secondo piani prestabiliti per fronteggiare i rischi specifici del suo territorio. Ciò che è importante è riuscire a definire, in tempi brevissimi, la portata dell'evento e valutare se le risorse locali siano sufficienti a farvi fronte. Nel caso le risorse locali non fossero sufficienti è necessario mobilitare immediatamente i livelli provinciali, regionali e, nelle situazioni più gravi, anche il livello nazionale, integrando le forze disponibili in loco con gli uomini e i mezzi necessari. Importante è poi identificare subito le autorità che si occuperanno della direzione delle operazioni. Una situazione di emergenza richiede infatti che sia chiaro chi decide, chi sceglie, chi si assume la responsabilità degli interventi da mettere in atto. L'organismo che coordina a livello nazionale la Protezione Civile in Italia è il Dipartimento della Protezione Civile, alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Questo lo situa in una posizione "superiore" rispetto ai Dipartimenti direttamente dipendenti da un "semplice" Ministero, facilitando così il coordinamento delle risorse dello Stato - e di tutti gli altri Ministeri - in caso di emergenza. L'attuale Capo Dipartimento Nazionale è il medico Guido Bertolaso. Il Responsabile della Protezione Civile in un Comune è il Sindaco, nella sua funzione di Autorità di Pubblica Sicurezza.” I componenti effettivi del sistema di Protezione Civile sono: - Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; - Forze Armate; - Forze di Polizia; - Polizia Locale; - Corpo Forestale dello Stato; - Servizio Sanitario Nazionale; - Croce Rossa Italiana; - Servizi tecnici nazionali; - Gruppi nazionali di ricerca scientifica; - Istituto Nazionale di Geofisica; - Corpo Nazionale Soccorso Alpino; - Organizzazioni di Volontariato (Gruppi Regionali, Provinciali e Nuclei Comunali); - Organizzazioni Umanitarie e di Volontariato (ONLUS). 7
  • 8. ALCUNE PAROLE CHIAVE RISCHIO La definizione di rischio rinvia a quel potenziale complesso di danni che gli eventi possono verificarsi in un determinato territorio. Se volessimo semplificare ulteriormente potremmo ricondurre il concetto di rischio ad un’astratta formula matematica che lega pericolosità, vulnerabilità e valore esposto. Rischio = pericolosita' x vulnerabilita' x valore “Questa definizione può risultare, soprattutto per gli "addetti ai lavori", estremamente riduttiva visti i testi, i dibattiti, le relazioni in proposito ma rappresenta comunque una valida base da cui partire per la definizione di ogni singolo rischio”. PERICOLO Il "pericolo" indica la possibilità del verificarsi di determinati eventi alla luce dei precedenti storici e delle peculiari caratteristiche del territorio . EMERGENZA Si verifica un’emergenza ogni volta che sul territorio si accertano condizioni di pericolo legate ad eventi - naturali o causati dall'uomo - che coinvolgono beni, persone, centri abitati. La protezione civile è vista come una "macchina di intervento in emergenza". Deve essere bene organizzata e in grado di ridurre al minimo il tempo che intercorre tra un evento calamitoso e i primi soccorsi e interventi. Proprio per questo motivo vengono definiti i "piani di emergenza", elaborati a livello nazionale e locale. E’ necessario poi mantenere e promuovere: - un continuo aggiornamento delle procedure di emergenza, in modo che tutti, al momento del bisogno, sappiano già cosa fare e come farlo. - uno scambio regolare di informazioni tra tutti i livelli del sistema; - attività di formazione del personale - esercitazioni di tutte le componenti che intervengono nella protezione civile - potenziamento dei mezzi tecnici a disposizione. PREVISIONE Non bisogna puntare solo su soccorsi tempestivi, ma occorre dedicare energie e risorse alla previsione e alla prevenzione delle calamità per proteggere con efficacia l'integrità della vita ed il patrimonio della comunità. “L'attività di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano la protezione civile ai centri nazionali di ricerca scientifica, a sistemi tecnologici di raccolta ed elaborazione di 8
  • 9. informazioni sui diversi tipi di rischio e sulle condizioni che possono aumentare le probabilità di pericolo per la collettività, a centri di elaborazione delle informazioni in grado di segnalare con il massimo anticipo possibile le probabilità che si verifichino eventi catastrofici”. Le attività di Previsione consistono: - nell'acquisizione ed elaborazione di dati relativi al territorio regionale, - nello studio degli eventi calamitosi, - nell'analisi e valutazione delle condizioni socio-economiche delle realtà regionali soggette a rischio - nella predisposizione delle mappe dei rischi presenti nella regione”. Queste attività tecnico-scientifiche permettono alla Protezione Civile di valutare le situazioni di ipotetico rischio e di elaborare gli opportuni interventi di prevenzione per evitare o mitigare i danni che derivano dalle diverse calamità. Queste attività sono organizzate da specifici nuclei di previsione organizzati a livello nazionale e regionale. “Attraverso la conoscenza precisa e puntuale del territorio e dei possibili fenomeni all'origine delle catastrofi, l'utilizzo di reti tecnologicamente avanzate, come le reti radar per le previsioni metereologiche, la rete nazionale dei sismografi, i sofisticati sistemi di monitoraggio dell'attività dei vulcani, e delle migliori competenze scientifiche e professionali disponibili mette la protezione civile italiana in condizione di intervenire con allerta tempestivi e, quando possibile, con misure preventive come l'evacuazione delle aree a rischio. Grazie proprio all'evacuazione preventiva delle aree a rischio la recente inondazione che ha colpito il Piemonte nel 2002 non ha provocato vittime, mentre un analogo evento verificatosi solo due anni prima si era rivelato fatale per decine di persone”. PREVENZIONE La prevenzione è strettamente legata alla previsione e consiste in “una serie di attività finalizzate ad evitare o ridurre al minimo le probabilità che si verifichino danni causati da eventi calamitosi”. Alla base di queste attività deve esserci un'approfondita conoscenza delle caratteristiche del territorio, dei rischi ai quali è soggetto e delle soglie di sicurezza. La comunità svolge un ruolo centrale nell’attività di prevenzione. “I cittadini, infatti, collaborando con le Istituzioni, possono sensibilizzarle nel compiere scelte legate alla maggior sicurezza del territorio, e non ultimo, agire direttamente per la Protezione Civile diventando volontari. Una comunità ben informata è consapevole di vivere in un territorio ad alto rischio; ogni singolo cittadino, infatti, dovrebbe conoscere il piano di emergenza del proprio comune, imparare i comportamenti più corretti da tenere in caso di eventi calamitosi e compiere tutte le opere di manutenzione e ristrutturazioni, sui propri immobili, per ridurne i livelli di pericolosità”. 9
  • 10. ALCUNE PAROLE CHIAVE www.protezionecivile.it RISCHIO La definizione di rischio rinvia a quel potenziale complesso di danni che gli eventi possono verificarsi in un determinato territorio. Se volessimo semplificare ulteriormente potremmo ricondurre il concetto di rischio ad un’astratta formula matematica che lega pericolosità, vulnerabilità e valore esposto. Rischio = pericolosita' x vulnerabilita' x valore “Questa definizione può risultare, soprattutto per gli "addetti ai lavori", estremamente riduttiva visti i testi, i dibattiti, le relazioni in proposito ma rappresenta comunque una valida base da cui partire per la definizione di ogni singolo rischio”. PERICOLO Il "pericolo" indica la possibilità del verificarsi di determinati eventi alla luce dei precedenti storici e delle peculiari caratteristiche del territorio . EMERGENZA Si verifica un’emergenza ogni volta che sul territorio si accertano condizioni di pericolo legate ad eventi - naturali o causati dall'uomo - che coinvolgono beni, persone, centri abitati. La protezione civile è vista come una "macchina di intervento in emergenza". Deve essere bene organizzata e in grado di ridurre al minimo il tempo che intercorre tra un evento calamitoso e i primi soccorsi e interventi. Proprio per questo motivo vengono definiti i "piani di emergenza", elaborati a livello nazionale e locale. E’ necessario poi mantenere e promuovere: - un continuo aggiornamento delle procedure di emergenza, in modo che tutti, al momento del bisogno, sappiano già cosa fare e come farlo. - uno scambio regolare di informazioni tra tutti i livelli del sistema; - attività di formazione del personale - esercitazioni di tutte le componenti che intervengono nella protezione civile - potenziamento dei mezzi tecnici a disposizione. PREVISIONE Non bisogna puntare solo su soccorsi tempestivi, ma occorre dedicare energie e risorse alla previsione e alla prevenzione delle calamità per proteggere con efficacia l'integrità della vita ed il patrimonio della comunità. “L'attività di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano la protezione civile ai centri nazionali di ricerca scientifica, a sistemi tecnologici di raccolta ed elaborazione di informazioni sui diversi tipi di rischio e sulle condizioni che possono aumentare le probabilità di pericolo per la collettività, a centri di elaborazione delle informazioni in grado di segnalare con il massimo anticipo possibile le probabilità che si verifichino eventi catastrofici”. Le attività di Previsione consistono: - nell'acquisizione ed elaborazione di dati relativi al territorio regionale, - nello studio degli eventi calamitosi, - nell'analisi e valutazione delle condizioni socio-economiche delle realtà regionali soggette a rischio - nella predisposizione delle mappe dei rischi presenti nella regione”. Queste attività tecnico-scientifiche permettono alla Protezione Civile di valutare le situazioni di ipotetico rischio e di elaborare gli opportuni interventi di prevenzione per evitare o mitigare i danni che derivano dalle diverse calamità. Queste attività sono organizzate da specifici nuclei di previsione organizzati a livello nazionale e regionale. 10
  • 11. “Attraverso la conoscenza precisa e puntuale del territorio e dei possibili fenomeni all'origine delle catastrofi, l'utilizzo di reti tecnologicamente avanzate, come le reti radar per le previsioni metereologiche, la rete nazionale dei sismografi, i sofisticati sistemi di monitoraggio dell'attività dei vulcani, e delle migliori competenze scientifiche e professionali disponibili mette la protezione civile italiana in condizione di intervenire con allerta tempestivi e, quando possibile, con misure preventive come l'evacuazione delle aree a rischio. Grazie proprio all'evacuazione preventiva delle aree a rischio la recente inondazione che ha colpito il Piemonte nel 2002 non ha provocato vittime, mentre un analogo evento verificatosi solo due anni prima si era rivelato fatale per decine di persone”. PREVENZIONE La prevenzione è strettamente legata alla previsione e consiste in “una serie di attività finalizzate ad evitare o ridurre al minimo le probabilità che si verifichino danni causati da eventi calamitosi”. Alla base di queste attività deve esserci un'approfondita conoscenza delle caratteristiche del territorio, dei rischi ai quali è soggetto e delle soglie di sicurezza. La comunità svolge un ruolo centrale nell’attività di prevenzione. “I cittadini, infatti, collaborando con le Istituzioni, possono sensibilizzarle nel compiere scelte legate alla maggior sicurezza del territorio, e non ultimo, agire direttamente per la Protezione Civile diventando volontari. Una comunità ben informata è consapevole di vivere in un territorio ad alto rischio; ogni singolo cittadino, infatti, dovrebbe conoscere il piano di emergenza del proprio comune, imparare i comportamenti più corretti da tenere in caso di eventi calamitosi e compiere tutte le opere di manutenzione e ristrutturazioni, sui propri immobili, per ridurne i livelli di pericolosità”. Attività: ALLE PRESE CON UNA SITUAZIONE D’EMERGENZA Durata 30 min. lavoro in gruppo 30 min. plenaria e presentazione del formatore Obiettivi  Individuare i buoni comportamenti da seguire in caso di situazioni di emergenza. Svolgimento Il formatore divide i partecipanti in piccoli gruppi (max 5 persone) ed assegna ad ognuno di essi una tematica d’emergenza tra le seguenti: - incendio boschivo - eruzione vulcanica - terremoto - nube tossica - fulmini - rischio idrogeologico Ogni gruppo dovrà creare una rappresentazione dell’emergenza ed una tabella indicante comportamenti corretti e scorretti da attuarsi nella determinata situazione. A turno esporranno la tabella al resto dell’assemblea. In conclusione il formatore descriverà le caratteristiche di ognuno dei suddetti casi di emergenza, analizzando il ruolo che la protezione civile è chiamata a svolgere e i necessari comportamenti da attuare nel coinvolgimento. Strumenti Un cartellone ed un pennarello per ogni gruppo. 11
  • 12. In alternativa Utilizzare le schede di ciascuna tematica d’emergenza (pagg. 17-26) lasciando in bianco la parte relativa ai buoni comportamenti dei cittadini. Osservazioni Il formatore avrà come riferimento delle schede specifiche per integrare i contenuti relazionati dai vari gruppi. 1- INCENDIO BOSCHIVO Come tutti gli ambienti naturali anche il bosco è messo in continuo pericolo da comportamenti scorretti da parte dell’uomo. In particolare l’accensione di un fuoco e il suo espandersi incontrollato può dare origine all’incendio, fenomeno che soprattutto d’estate mette in serio pericolo la sopravvivenza di questo nostro amico. Il fuoco spesso ci da una mano (per esempio per cucinare) ma è necessario fare molta attenzione perché con il fuoco non si gioca: se ne perdiamo il controllo può velocemente distruggere qualsiasi forma di vita o oggetto che incontra sul suo cammino. In generale il fuoco nasce quando sono presenti 3 elementi: • Il combustibile: tutto ciò che può bruciare (es. la carta, il legno, la benzina…) • Il comburente: l’ossigeno presente nell’aria • Il calore: tutto ciò che può provocare l’aumento della temperatura (es. un fiammifero o una sigaretta accesa, una scintilla, un fulmine…) Se solo uno di questi tre elementi viene a mancare non ci può essere la combustione (ossia il fuoco quando brucia). È il comportamento dell’uomo la principale causa degli incendi. Purtroppo sono molte le persone che lasciano incustoditi fuochi utilizzati per bruciare le erbacce o per cucinare durante un pic-nic, o che gettano sigarette ancora accese dal finestrino. Ci sono poi molte persone che appiccano gli incendi in maniera volontaria con la precisa intenzione di bruciare grandi zone di territorio per poterne ricavare vantaggi economici. In questo modo si mette in pericolo non solo la sopravvivenza del bosco ma la vita delle persone che abitano nelle sue vicinanze. COMPITI DELLA PROTEZIONE CIVILE: Il Dipartimento di Protezione Civile partecipa alla lotta attiva contro gli incendi, ovvero al loro spegnimento, gestendo la flotta aerea antincendio dello Stato attraverso il Centro Operativo Aereo Unificato (COAU), e coordina le attività di pianificazione, prevenzione e previsione del rischio attraverso il Servizio Rischio Incendi Boschivi. Inoltre partecipa a campagne di informazione e sensibilizzazione anche in collaborazione con altri enti o associazioni, ed organizza corsi di formazione per preparare personale specializzato. COMPITI DEL CITTADINO: Quello che tutti noi possiamo fare è rispettare alcune norme comportamentali semplici ma efficaci: • non accendere fuochi in prossimità di aree boscate • non parcheggiare la macchina, specie se ha la marmitta catalitica, sull’erba secca • non abbandonare rifiuti, perché facilmente infiammabili • non gettare sigarette ancora accese a terra • in caso di avvistamento di un incendio non avvicinarsi alle fiamme e chiamare il 1515 del Corpo Forestale dello Stato o il 115 dei Vigili del Fuoco (la chiamata è gratuita) o i numeri 12
  • 13. che le diverse Regioni mettono a disposizione. 2- ERUZIONE VULCANICA Esistono diversi tipi di eruzioni vulcaniche, ma, in linea generale, è possibile suddividerle principalmente in effusive ed esplosive: Un’eruzione effusiva si verifica quando il magma è fluido e povero di gas, per cui può fuoriuscire tranquillamente (prendendo il nome di lava) e formare una colata lavica: una sorta di fiume incandescente che scorre lungo le pendici del vulcano. Le colate laviche generalmente procedono piuttosto lentamente, lasciando il tempo per mettersi in salvo. In alcuni casi però, lave molto fluide possono raggiungere velocità elevate, diventando molto pericolose. Un’eruzione esplosiva si verifica quando il magma è viscoso e ricco in gas. In questo caso il gas tende a liberarsi con violenza, trascinando con sé brandelli di magma frammentato e blocchi di roccia strappati dal camino vulcanico. I frammenti di magma che vengono espulsi vengono detti piroclasti e prendono il nome di ceneri (i più sottili), lapilli o bombe (i più grandi). Le eruzioni esplosive possono produrre anche le cosiddette colate piroclastiche (o nubi ardenti) che consistono in una sorta di valanghe di gas e materiale incandescente che scorrono lungo le pendici del vulcano ad alta velocità distruggendo tutto ciò che incontrano. Le eruzioni esplosive sono quindi più pericolose di quelle effusive, perché non lasciano il tempo di scappare. Nel caso di vulcani di tipo esplosivo è importante perciò che la popolazione venga evacuata prima dell’inizio di un’eruzione. In linea generale comunque le eruzioni esplosive sono meno frequenti delle eruzioni effusive. Oltre alle colate di lava e alle colate piroclastiche, i vulcani possono presentare altri fenomeni che possono essere pericolosi. Naturalmente non tutti questi fenomeni si verificano su tutti i vulcani. a. lancio e caduta di materiali grossolani (bombe e blocchi) La ricaduta di bombe vulcaniche e di blocchi di roccia strappati dalle pareti del camino vulcanico, avviene normalmente nelle immediate vicinanze dei crateri, pertanto può rappresentare un pericolo soltanto per eventuali escursionisti che dovessero avvicinarvisi al momento dell’eruzione. b. emissione, caduta e accumulo di materiali fini (ceneri e lapilli) Il materiale fine emesso nelle eruzioni normalmente non rappresenta un pericolo immediato per le persone, tuttavia può causare disturbi temporanei alla respirazione, agli occhi, disagi alla circolazione aerea e stradale, intasamento delle grondaie, degli scarichi stradali, danni all’agricoltura. Inoltre se emesso in grandi quantità può accumularsi sui tetti delle case fino a provocarne il crollo. c. emissioni di gas Il gas che fuoriesce dai crateri viene normalmente disperso dal vento e non costituisce un pericolo. Esistono però alcuni luoghi, anche nei dintorni di vulcani non più attivi, dove possono verificarsi emissioni di gas dal suolo che, accumulandosi in zone depresse possono diventare pericolosi. d. colate di fango (lahars) La grande concentrazione di vapore in atmosfera che si verifica a seguito delle eruzioni, è spesso causa di piogge che possono asportare il materiale fine (ceneri) emesso dal vulcano e depositatosi al suolo, creando delle vere e proprie colate di fango che scorrono ad alta velocità, causando gravi danni. e. frane 13
  • 14. La risalita del magma all’interno del vulcano può causare dei rigonfiamenti della superficie dell’edificio e la fatturazione delle rocce dei versanti, creando condizioni favorevoli per l’innesco di frane. f. maremoti (tsunami) Nel caso di vulcani sottomarini o che si trovano in prossimità del mare (ad es. isole vulcaniche), eventuali frane o eruzioni possono generare dei maremoti. La caduta in mare di grandi quantità di materiale espulso dal vulcano o franato dai suoi versanti, può causare la formazione di onde molto alte che, riversandosi sulle coste possono causare danni gravissimi. La formazione di frane sui vulcani e di maremoti sono fortunatamente fenomeni abbastanza rari. g. terremoti La risalita del magma dall’interno della Terra verso la superficie causa la fatturazione delle rocce della crosta terrestre ed è pertanto accompagnata da terremoti che si ripetono frequentemente e, sebbene normalmente siano di bassa intensità, talora possono provocare anche gravi danni. h. incendi Il materiale eruttato dai vulcani, in forma di lava o di prodotti piroclastici, ha sempre una temperatura elevata, pertanto, venendo in contatto con la vegetazione, può provocare incendi. COMPITI PROTEZIONE CIVILE: Il Dipartimento della Protezione Civile, insieme ad altri enti, svolge una serie di attività per ridurre il rischio vulcanico in Italia. Tali attività si possono suddividere in: - sorveglianza dei vulcani, previsione e prevenzione delle eruzioni; - difesa dalle eruzioni e gestione delle emergenze; - ripristino delle normali condizioni di vita a seguito di un’eruzione. Sorveglianza dei vulcani, previsione e prevenzione delle eruzioni Prevedere un'eruzione vulcanica significa prevedere dove e quando avverrà e di che tipo sarà. Dove e quando? La risalita del magma è accompagnata da una serie di fenomeni, detti precursori, che consistono in deformazioni del terreno, terremoti, variazioni di composizione e temperatura delle acque dei pozzi e delle sorgenti e dei gas emessi dal suolo. Questi fenomeni possono essere rilevati da strumentazioni particolari, molto sensibili, che vengono posizionate nelle aree vulcaniche e acquisiscono i dati 24 ore al giorno. Grazie a queste strumentazioni è normalmente possibile prevedere con buon anticipo dove e quando avverrà un’eruzione. Di che tipo? Per prevedere invece di che tipo sarà la prossima eruzione occorre effettuare studi sulla storia eruttiva del vulcano per conoscere come si è comportato in passato, ogni quanto tempo si è verificata un’eruzione di una determinata energia e ipotizzare per il futuro un comportamento simile. Un altro importante contributo è dato dagli studi geofisici per indagare quale è la struttura profonda del vulcano, quanto magma è presente nella camera magmatica e a che profondità si trova. Lo scenario e il piano d’emergenza Una volta individuato il tipo di eruzione più probabile, è possibile predisporre uno scenario eruttivo, cioè una simulazione dell’eruzione, per capire quali sarebbero le aree coinvolte dai fenomeni. Sulla base dello scenario si elabora poi il piano di emergenza che prevede tutte le azioni da attuare in caso di crisi e generalmente contempla l'evacuazione della popolazione dalle aree esposte. La prevenzione 14
  • 15. Oltre alla previsione è molto importante la prevenzione. Ad esempio è necessario evitare che si costruiscano nuovi edifici nelle aree a rischio vulcanico, è opportuno informare la popolazione che vive nelle aree a rischio, nonché gli escursionisti che si recano sui vulcani. Il Dipartimento della Protezione Civile inoltre supporta la realizzazione e il miglioramento dei sentieri sui vulcani attivi e lo sviluppo di iniziative educative, soprattutto nelle scuole, volte a incrementare la conoscenza dei rischi, dei piani di emergenza, delle norme di comportamento da osservare Difesa dalle eruzioni e gestione delle emergenze In caso di eruzione dei vulcani italiani, il Dipartimento della Protezione Civile interviene con propri uomini e mezzi sui territori interessati dai fenomeni vulcanici, per attuare i piani di emergenza, soccorrere le popolazioni e ridurre gli effetti dannosi e realizzare iniziative di difesa (deviazione delle colate laviche, evacuazione della popolazione, raccolta e smaltimento delle ceneri, distribuzione di mascherine protettive per la caduta di ceneri…). Ripristino delle normali condizioni di vita A seguito di eruzioni vulcaniche il Dipartimento della Protezione Civile contribuisce al ripristino delle normali condizioni di vita, prevedendo lo stanziamento di fondi e promuovendo una serie di iniziative per la ricostruzione degli edifici e per il rilancio dell’economia della zona colpita. COMPITI DEL CITTADINO: Prima Prima di un eruzione è bene informarsi se si abita in un’area soggetta a rischio vulcanico e quali sono i fenomeni che potrebbero verificarsi. E’ bene inoltre informarsi sul piano d’emergenza del proprio Comune, per seguire più agevolmente le eventuali operazioni di evacuazione. Durante Esistono varie tipologie di eruzioni vulcaniche, ciascuna delle quali può presentare diversi fenomeni pericolosi (colate di lava, caduta di ceneri, colate piroclastiche…). A seconda del tipo di fenomeno può essere diverso il comportamento da adottare, pertanto, tieniti costantemente aggiornato tramite la radio e gli altri mezzi di comunicazione e rispetta le indicazioni che saranno diramate di volta in volta dalla protezione civile. In caso di caduta di ceneri vengono riportate di seguito alcune norme di comportamento da osservare. Dopo Le eruzioni vulcaniche possono durare anche molto a lungo e a volte possono svolgersi in più fasi, dando l’impressione di un cessato pericolo. Anche al termine dell’eruzione possono comunque sempre verificarsi fenomeni pericolosi. Perciò è molto importante non fare ritorno nelle zone evacuate se non dopo che le autorità ne avranno dato il permesso e osservare comunque scrupolosamente le istruzioni che verranno diramate. Approfondimento Cosa fare in caso di caduta di ceneri vulcaniche? La caduta di ceneri vulcaniche, anche per periodi prolungati, non costituisce un grave rischio per la salute. Tuttavia, la prolungata esposizione alle ceneri più sottili può provocare disturbi alla respirazione. Il contatto con gli occhi, inoltre, può causare delle abrasioni o infiammazioni. Durante le fasi di caduta di ceneri è bene adottare alcune precauzioni, in particolare per i bambini, le persone anziane e chi soffre di malattie respiratorie o cardiache: > Durante le fasi di caduta delle ceneri (o durante le giornate ventose se la cenere è già al suolo) è consigliabile rimanere in casa con porte e finestre chiuse o comunque uscire avendo cura di indossare una mascherina e possibilmente occhiali per la protezione dalle polveri. > In caso di contatto con gli occhi evitare di strofinarli, ma lavarli abbondantemente con 15
  • 16. acqua. > Rimuovere periodicamente la cenere dai propri ambienti (cortile, giardino), avendo cura di bagnarle preventivamente, al fine di evitarne il sollevamento. Durante queste operazioni indossare mascherina e occhiali. > Provvedere a rimuovere periodicamente le ceneri accumulatesi sui tetti delle case, anche con l’aiuto di ditte specializzate e di adeguati mezzi di sicurezza (ponteggi e imbracature), al fine di evitare un sovraccarico eccessivo e prevenire possibili crolli, nonché l’intasamento delle grondaie. > Non disperdere le ceneri lungo le strade, ma raccoglierle in sacchetti da depositare nei punti di raccolta individuati dal Comune. Le ceneri infatti possono costituire un pericolo per la circolazione stradale e intasare i tombini e le reti fognarie. > Guidare con particolare prudenza nei tratti di strada coperti di cenere. > Evitare l’uso di moto e biciclette. > La frutta e la verdura eventualmente ricoperte di cenere possono essere consumate dopo un accurato lavaggio. > Gli animali da compagnia (cani, gatti, ecc.) dovrebbero essere tenuti in casa. > La cenere vulcanica ingerita dagli animali al pascolo può provocare serie conseguenze sull’apparato digerente. Pertanto, in caso di abbondante caduta di ceneri, è consigliabile approvvigionare il bestiame con foraggio privo di ceneri CURIOSITA’: I VULCANI IN ITALIA In Italia esistono numerosi vulcani, alcuni dei quali si possono considerare ormai estinti, altri non danno eruzioni da tempi più o meno lunghi, ma potrebbero riattivarsi, e vengono quindi detti quiescenti, altri invece danno eruzioni molto frequentemente e ne hanno date anche negli ultimi anni e sono i più attivi. Naturalmente non tutti i vulcani sono pericolosi allo stesso modo. Il rischio nei dintorni di un vulcano infatti dipende sia dal tipo di fenomeni che si possono manifestare, sia dalla presenza di insediamenti umani nelle vicinanze. Un vulcano che si trovasse in una zona disabitata infatti presenterebbe in ogni caso un basso livello di rischio. Vesuvio Il Vesuvio è certamente il vulcano a rischio più elevato in Italia. La sua ultima eruzione è avvenuta nel 1944. L’elevato rischio è dato principalmente da due fattori: 1. si prevede che la prossima eruzione del Vesuvio sarà di tipo esplosivo, con sviluppo di colate piroclastiche; 2. sulle pendici del Vesuvio si trovano oggi numerosi centri abitati che si sono sviluppati molto negli ultimi decenni, pertanto attualmente si contano circa 600mila abitanti esposti al rischio. Stromboli Un vulcano del tutto particolare è lo Stromboli che è costantemente in attività. Le sue esplosioni si ripetono ogni 20 minuti circa e consistono nel lancio di materiale incandescente a diverse decine di metri al di sopra del cratere, che creano uno spettacolo unico. Talvolta però possono avvenire eruzioni maggiori durante le quali i prodotti possono raggiungere anche i centri abitati causando gravi danni, come è avvenuto a Ginostra il 5 aprile 2003 e 16
  • 17. ancor prima nel 1930. Lo Stromboli saltuariamente può dare anche attività effusiva con colate di lava che si riversano generalmente lungo il versante detto Sciara del Fuoco (cioè strada del fuoco) fino a raggiungere il mare. Il 30 dicembre 2002 invece si è verificato un maremoto, causato da una grande frana proprio lungo la Sciara del Fuoco. Fortunatamente non vi sono state persone coinvolte dall’onda. Etna Un altro vulcano che è frequentemente in attività è l’Etna, che con i suoi 3350m di altitudine è il vulcano attivo più alto d’Europa. La sua attività consiste generalmente nel lancio di materiale incandescente fino ad alcune centinaia di metri di altezza e nella formazione di colate di lava che scorrono lungo le sue pendici. Quando l’emissione di lava dura per lungo tempo, o quando avviene da bocche poste a bassa quota, può arrivare a minacciare i paesi che si trovano ai piedi del vulcano. Normalmente però il lento procedere delle colate laviche dà il tempo per l’evacuazione della popolazione. Negli ultimi decenni inoltre sono state sperimentate con successo delle tecniche di deviazione delle colate laviche tramite l’escavazione di canali artificiali, l’uso di esplosivo, la costruzione di barriere di terra. Gli altri vulcani più importanti che si trovano in Italia sono: Campi Flegrei, Ischia, Vulcano, Lipari, Isola Ferdinandea, Pantelleria 3- TERREMOTO Quando in un territorio è possibile subire un danno a causa del terremoto, si parla di rischio sismico. Le conseguenze del terremoto dipendono, però, dal luogo dove capita: se avviene in un deserto, dove nulla può essere danneggiato, il rischio è nullo; se avviene in una città affollata, il rischio di subire danni sarà molto grande. Il terremoto è un fenomeno naturale, improvviso ed imprevedibile, che dura molto poco. Avere paura del terremoto è normale, ma bisogna imparare a conoscerlo e sapere come comportarsi per ridurre al minimo le sue conseguenze. Potete immaginare la Terra come un enorme uovo sodo, dove all'interno c'è un nucleo più duro, al di sopra una parte più soffice, il mantello, e per finire un sottile guscio esterno, la crosta terrestre. La crosta è rotta in numerosi pezzi, chiamati placche, che galleggiano sul mantello e si spostano molto lentamente le une rispetto alle altre. Le placche, che nella realtà sono fatte di roccia, spingendosi con forza finiscono per rompersi in profondità lungo delle spaccature chiamate faglie e dal punto in cui si rompono (ipocentro) si propagano tante onde che raggiungono la superficie, scuotono il terreno e tutto ciò che è stato costruito al di sopra; un po' come quando gettiamo un sasso in uno stagno dove abbiamo messo a galleggiare una barchetta di carta. I danni maggiori si hanno proprio sopra l'ipocentro e l'area più danneggiata si chiama epicentro. Il terremoto non si può prevedere, non si può cioè sapere quando e dove capiterà e quanto sarà forte. Gli scienziati, però, sanno quali sono le zone dove i terremoti sono già avvenuti nel passato a partire, addirittura, dai tempi degli antichi romani. E poiché avvengono sempre nelle stesse zone, sappiamo dove è possibile che avvengano di nuovo. Nel nostro paese le zone più pericolose sono quelle dell'Italia centrale e meridionale, della Sicilia e del Friuli. Una scossa di terremoto fa oscillare le case come se una grossa mano la spingesse di lato, avanti e indietro. Se le case non sono state costruite bene, possono crollare come un castello di carte. Per questo, nelle zone pericolose (classificate sismiche) bisogna costruire le case seguendo delle regole, le norme antisismiche (anti-terremoto), che renderanno le case più robuste e in grado di resistere allo scuotimento del terremoto. Per stabilire quanto è stato forte un terremoto bisogna misurarlo. Ma come possiamo misurarlo? Il primo modo, ed anche l'unico che poteva essere usato nei secoli passati, è osservare gli effetti che una scossa sismica provoca sulle costruzioni, sull'uomo e 17
  • 18. sull'ambiente. Attraverso la scala Mercalli, dal nome dell'importante scienziato che ha avuto l' idea di classificare gli effetti in dodici gradi, possiamo stabilire l'intensità del terremoto. Oggi abbiamo anche un altro modo di misurare la sua forza grazie ad uno strumento, il sismografo, un pendolo che termina con un pennino e registra su di una striscia di carta le oscillazioni del terreno provocate dall'onda sismica. Misurando l'ampiezza della traccia lasciata dal pennino sul foglio di carta (sismogramma) possiamo stabilire l'energia del terremoto attraverso la magnitudo Richter , dal nome dello scienziato americano che l'ha ideata. Gli strumenti, però, possono solo dirci la forza del terremoto ma non quanti danni la scossa ha provocato, per questo è necessario usare la scala Mercalli. COMPITI PROTEZIONE CIVILE: Il terremoto non si può prevedere, per questo la protezione civile deve essere sempre pronta ad intervenire quando avviene una scossa sismica. Il nostro territorio è tenuto sotto controllo attraverso una serie di strumenti chiamati sismografi in grado di registrare anche la più piccola vibrazione del terreno. Tutti questi strumenti sono collegati con una sala di controllo che, quando avviene un forte terremoto, avvisa la protezione civile comunicando dove è avvenuto (epicentro) e quanto è stato forte (magnitudo). La protezione civile si mette immediatamente in contatto con le zone colpite ed organizza i soccorsi. Dopo un terremoto il problema più importante è quello di sistemare tutte le persone che sono rimaste senza casa. Vengono montate le tende, le cucine da campo per fornire pasti caldi e si cominciano a pulire le strade dai calcinacci. Nel minor tempo possibile i tecnici della protezione civile controllano tutte le case per stabilire se sono sicure e se le persone che ci abitavano possono rientrare. Tutto il lavoro svolto dalla protezione civile ha lo scopo di far tornare rapidamente le persone alla vita normale, di tutti i giorni. Qualche volta i danni che hanno subito le case devono essere riparati prima che le persone possano tornare ad abitarci e per fare questo e farlo bene c'è bisogno di tempo. In questo caso la protezione civile si occupa di realizzare dei villaggi di casette prefabbricate dove le persone potranno attendere che la loro casa venga riparata e diventi più sicura e, forse, anche più bella di prima. COMPITI DEL CITTADINO: -Allontanarsi da finestre e vetri, o comunque da oggetti che potrebbero cadere -Non uscire su scale o balconi -Se possibile aprire le porte per evitare che si incastrino i battenti ed imprigionino -Ripararsi sotto mobili resistenti o sotto le travi portanti dei muri -Non utilizzare ascensori -Non usare fiamme libere -Evitare l’uso del telefono All’aperto: -Allontanarsi da edifici, cavi elettrici, strade strette, ponti, sentieri ripidi, pareti franose, spiagge, argini e dighe, in quanto posti maggiormente pericolosi. -Non avvicinarsi ad animali spaventati Dopo la scossa: -Chiudere gas, acqua e luce -allontanarsi da casa -evitare l’uso dell’automobile 18
  • 19. 4-NUBE TOSSICA Questo genere di emergenza appartiene al rischio industriale, causato in conseguenza di una perdita, di un incendio o di un’esplosione di fabbriche o laboratori dove vengono utilizzate sostanza pericolose, che causano nubi velenose che si diffondono nell’atmosfera, a rischio per l’uomo e per l’ambiente. Se rifugio al chiuso: - Mantenersi sintonizzati mediante radio o TV sulle stazioni emittenti indicate dall'Autorità ovvero prestare attenzione a messaggi inviati tramite rete telefonica - Non usare il telefono. Lasciare libere le linee per le comunicazioni di emergenza - Chiudere le serrande delle canne fumarie e tamponare l'imbocco di cappe o camini, sigillare con nastro adesivo le prese d'aria di ventilatori e condizionatori - Sigillare con nastro adesivo o tamponare con panni bagnati le fessure degli stipiti di finestre e porte e la luce tra porte e pavimento - Se il rifugio è costituito da un bagno tenere aperta la doccia per dilavare l'aria interna - In caso di necessità tenere un panno bagnato sugli occhi e davanti al naso e alla bocca In caso di evacuazione: - Abbandonare la zona seguendo le istruzioni dell'autorità e possibilmente seguendo percorsi trasversali alla direzione del vento che si allontanano dal punto di rilascio - Tenere possibilmente un fazzoletto bagnato sulla bocca o sul naso - Non utilizzare le auto per evitare l'ingorgo del traffico con blocco dell'evacuazione e per non intralciare l'intervento dei mezzi di soccorso - Dirigersi al punto di raccolta indicato nella documentazione fornita dalle Autorità - Evitare l'uso di ascensori - Possibilmente portare con se un apparecchio radio. Mantenersi sintonizzati sulle stazioni emittenti indicate dall'autorità e prestare attenzione ai messaggi inviati - Non andare a prendere i bambini a scuola. sono protetti e a loro pensano gli insegnanti Al cessato allarme: - Porre particolare attenzione nel riaccedere ai locali, particolarmenti quelli interrati o semiinterrati dove vi possa essere ristagno di vapori - Attenzione al possibile crollo di parti di edifici o strutture - Aprire tutte le finestre e le porte per areare i locali interni 5-FULMINI Durante un violento temporale: Se ci si trova all’aperto: -Allontanarsi da punti che sporgono sensibilmente rispetto ai dintorni (alberi isolati od elevati, creste e cime, campanili e torri, tralicci e gru) La distanza da questi punti deve essere sufficiente (almeno 30 metri) - Evitare il contatto con gli oggetti esposti (alberi, canne da pesca, ombrelli, sci, 19
  • 20. bandiere, antenne) - Evitare il contatto con oggetti dotati di buona conduttività elettrica (l’albero metallico di una barca, la bicicletta, la moto) - Togliere di dosso tutti gli oggetti metallici (orologi, monili, casco) - Evitare posizioni a rischio che favoriscano il passaggio della corrente attraverso il corpo, per contatto con il terreno o altri corpi direttamente colpiti dal fulmine: non stare seduti per terra mantenendo contatto con due punti, non tenersi per mano se si è in gruppo, non stare sdraiati o distesi a terra. Posizioni ritenute sicure sono: stare accovacciati e con un solo punto di contatto con il terreno, a piedi uniti, magari seduti su uno zaino; accovacciarsi su di una corda arrotolata, possibilmente asciutta. Sdraiarsi su un materassino se non si è a contatto con il bagnato. Se si è in gruppo, mantenere una distanza di una decina di metri l’uno dall’altro - Non sostare in luoghi quali piscine o laghi, allontanarsi dall’acqua - Buoni rifugi sono: grotte, bivacchi, fienili, automobile., cabine telefoniche, vagoni treno, aereo, roulotte. Evitando il contatto con la struttura stessa, allontanandosi dalle pareti esterne e non sostando sull’uscio. Se ci si trova in casa: -Non utilizzare apparecchi elettrici -Scollegare televisori, antenne, linee telefoniche, gas e luce -Evitare ascensori, usci, balconi e tettoie -evitare di lavarsi 6- RISCHIO IDROGEOLOGICO E’ legato alla terra e all’acqua, comprende infatti le alluvioni, le frane e le valanghe. In caso di alluvione bisogna: - Chiudere il gas, l’impianto di riscaldamento e quello elettrico - Se possibile allontanarsi verso colline, montagne, luoghi sicuri ed elevati in generale. - Se si è in casa, salire ai piani superiori senza cercare di chiudere le falle: c’è il pericolo di venir travolti all’improvviso da masse d’acqua maggiori. - Evitare i ponti - In automobile, se l’auto venisse travolta dall’acqua e cadesse in un fiume o in un canale, chiudere i finestrini e attendere che l’abitacolo si riempia d’acqua. Una volta pieno sarà più facile aprire le portiere per uscire e mettersi in salvo. In caso di frana bisogna: - Raggiungere un luogo sicuro - Non utilizzare fiamme libere (fiammiferi, accendini, torce). Se la frana avesse danneggiato tubature del gas si correrebbe il rischio di un’esplosione. - Non gridare. L’equilibrio della zona à già instabile e un rumore forte potrebbe provocare un’altra frana. In caso di valanga bisogna: - Cercare di mantenere uno spazio libero davanti al viso e al petto per poter respirare. - Muovere braccia e gambe come per nuotare e tentare di rimanere in superficie. - Se si finisce sotto la neve e si perde la percezione dello spazio, si può determinare la propria posizione con l’aiuto della saliva: se va verso il naso ci si trova a testa in giù e viceversa. 20
  • 21. Svolgere in alternativa l’attività 1 “Dai voce allo spot!” oppure l’attività 2 “Quando la realtà supera la fantasia” OPZIONE 1 Attività 1: DAI VOCE ALLO SPOT! Durata 40 min. lavoro in gruppo 20 min. discussione in plenaria Obiettivi  Individuare i buoni comportamenti da seguire in situazione di emergenza. Svolgimento Il formatore divide i partecipanti in 4 gruppi e mostra senza audio uno o più spot della protezione civile a seconda del tempo a disposizione. Gli spot sono reperibili sul sito della protezione civile www.protezionecivile.it e riguardano le seguenti emergenze: - Alluvione (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione) - Black out (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione) - Caldo (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione) - Incendi (10 mn di lavoro in gruppo e 5 mn di esposizione Ogni gruppo dovrà creare il sonoro e i dialoghi dello spot individuando i comportamenti corretti e scorretti da attuarsi nella determinata situazione. A turno ogni gruppo esporrà il proprio lavoro agli altri gruppi. In conclusione il formatore mostrerà ai partecipanti lo spot con l’audio originale. 21 NORME UNIVERSALI: Ora sai distinguere i diversi tipi di rischio e come reagire nel caso dovessi trovarti in una delle condizioni di pericolo descritte. Quando si viene coinvolti in un’emergenza non è sempre facile capire cosa stia succedendo. le persone possono dare informazioni sbagliate o frasi prendere dal panico e creare confusione. In caso d’emergenza, bisogna sempre: -Mantenere la calma -Se i soccorsi non sono già arrivati, contattare le autorità e dare l’allarme: 112 Carabinieri 113 Polizia 115 Vigili del Fuoco 118 Ambulanza -Nei luoghi pubblici, seguire le indicazioni in verde, mai quelle in rosso che indicano pericolo. -Non correre. -Non attardarsi a raccogliere oggetti personali se non strettamente necessari -Mai fermarsi a guardare quello che succede: si rischia di creare intasamenti, di ostacolare i soccorsi e inoltre ci si espone inutilmente al pericolo. -Seguire attentamente le istruzioni delle autorità competenti.
  • 22. Strumenti - Pc - Videoproiettore - Spot della Protezione Civile - Fogli di carta Osservazioni Si consiglia di mostrare a ripetizione continua lo spot in modo da far lavorare contemporaneamente i 4 gruppi. Si consiglia di lavorare su uno spot alla volta. Attività 2: QUANDO LA REALTA’ SUPERA LA FANTASIA Durata 40 min. lavoro in gruppo 20 min. discussione in plenaria Obiettivi  Verificare l’apprendimento dei concetti espressi e riassumere il contenuto dell’intero modulo. Svolgimento Il formatore divide i partecipanti in piccoli gruppi (max 5 persone) e consegna ad ognuno un differente articolo di giornale riguardante episodi di catastrofi e/o calamità. Ogni gruppo dovrà analizzare il testo e, alla luce di quanto espresso in precedenza, valutare i comportamenti corretti e fallimentari che hanno caratterizzato l’accadimento. L’attività si concluderà con una libera discussione a piena assemblea al riguardo. Strumenti Un articolo di giornale per ogni gruppo. In allegato (pagg. 29-37) il formatore può trovare articoli dei seguenti avvenimenti: - Katrina (disastro idrogeologico) - Sarno (disastro idrogeologico) - San Giuliano (terremoto) - Seveso (nube tossica) - Escalaplano (fulmini) - Patti (incendio) Osservazione Il formatore può dare a ciascun gruppo dei suggerimenti di riflessione in merito al tema dell’articolo. 22
  • 23. Katrina smaschera il razzismo (www.che-fare.org) Lee Sustar La dimensione della devastazione, conseguente all’uragano, non sarà conosciuta che fra molte settimane. Ma sappiamo già chi sopporterà il peso di questa tragedia: i poveri di New Orleans e di tutta la Costa del Golfo Decenni di incuria burocratica e di razzismo, unitamente all’impatto del riscaldamento del pianeta, hanno ampliato la forza d’urto dell’uragano Katrina su New Orleans e su altre regioni del Sud. I mass media dominanti si sono concentrati per lo più sui danni subiti dalle grandi proprietà: ad esempio dai casinò gravemente danneggiati della costa del Mississippi, che sono stati duramente colpiti da Katrina e dagli hotel per turisti del quartiere francese di New Orleans. Ma fuori della portata dei riflettori dei media, vi sono innumerevoli altri, che non hanno un’assicurazione sufficiente - o non hanno affatto un’assicurazione - per ricostruire la loro esistenza. Come in tutti i disastri “naturali”, si è riaffermata una logica assai poco naturale: coloro, che avevano di meno da perdere, sono quelli che hanno perso di più. Così, sulla Costa del Golfo nelle città del Mississippi, che sono state direttamente colpite dall’arrivo dell’uragano sulla terraferma, i grandi hotel, benché gravemente danneggiati, sono rimasti in piedi. Altre strutture - addirittura interi quartieri e centri abitati - sono stati cancellati dalla carta geografica. “Questo è il nostro tsunami”, ha detto qualcuno facendo un paragone con il disastro, che lo scorso dicembre ha colpito le rive dell’Oceano Indiano. Una deviazione dell’ultimo minuto della traiettoria dell’uragano ha spinto Katrina ad est di New Orleans, inducendo le autorità cittadine a pensare di aver evitato una catastrofe. Ma il giorno dopo che l’uragano si era abbattuto, le condizioni hanno cominciato a mutare rapidamente. Parte del sistema di dighe, che protegge dalle inondazioni la città posta sotto il livello del mare, ha ceduto - a quanto pare a nord, lungo la riva del lago Pontchartrain -, lasciando sotto le acque l’80% di New Orleans. Con l’elettricità e le comunicazioni fuori uso, si è saputo poco dei quartieri più poveri di New Orleans, tranne che - come era prevedibile - hanno sopportato il peso maggiore del disastro. Si diffondono voci di cadaveri trasportati via dall’inondazione. Nessuno avrebbe più energia elettrica, né speranza di averla per giorni e, forse, per settimane. Il peggio, forse, deve ancora venire. Le acque, che hanno inondato New Orleans, erano inquinate di rifiuti e di rottami. E, quando l’inondazione alla fine rifluirà, si lascerà dietro un terreno adatto allo sviluppo di epidemie. L’impatto di Katrina era visibile anche prima che l’uragano raggiungesse la terraferma; era evidente nelle immagini degli evacuati allineati per trovare rifugio dentro il Superdome di New Orleans: in massima parte poveri e afroamericani costretti a cercar rifugio in uno stadio di football, perché senza automobile o privi di denaro. “Il pomeriggio [del giorno prima che l’uragano arrivasse], il Superdome è piombato nel caos assoluto”, riferiva il Miami Herald. “Alla fine sotto la vigilanza della Guardia Nazionale della Louisiana sono arrivati circa 30.000 rifugiati. La fila frustrata per entrare nello stadio ha raggiunto la lunghezza di diversi stadi di football. Le persone bevevano da bottiglie vuote, si trascinavano i propri beni in sacchetti di plastica, cercavano di farsi aria sventagliando l’aria umida, avevano portato con sé la birra e le sigarette e si preparavano a una permanenza di due giorni, mentre verso le 4 pomeridiane torrenti di pioggia hanno cominciato a infradiciarle”. Una volta dentro il Superdome, agli evacuati veniva ordinato di rimanere ai loro posti dopo il coprifuoco. Il numero dei gabinetti era insufficiente e, quando è mancata l’energia elettrica, i generatori sono riusciti a alimentare l’illuminazione, ma non l’aria condizionata. L’uragano ha aperto diversi buchi nel tetto e quanti erano sotto hanno dovuto ammucchiarsi per ripararsi dalla pioggia che cadeva dentro. Quando il sistema delle dighe è saltato e New Orleans dopo il passaggio dell’uragano ha cominciato a 23
  • 24. essere inondata, il Superdome è diventato un’isola circondata da acqua profonda, inquinata di petrolio e immondizia. Le condizioni dentro allo stadio, secondo le notizie della stampa, hanno continuato a “deteriorarsi”: nelle prime 36 ore, all’interno del Superdome, sarebbero morte almeno due persone. Benché New Orleans sia intrinsecamente vulnerabile agli uragani - gran parte della città è sotto il livello del mare -, i governanti, a qualsiasi livello, si sono rifiutati di prendere le precauzioni necessarie a minimizzare il rischio o a garantire una sicura e ordinata procedura di evacuazione. Il sistema delle dighe, essenziale per una città circondata dall’acqua da tre lati, non è stato potenziato per sostenere una tempesta di categoria 4 o 5. Grazie a George Bush e alla sua “guerra al terrorismo”. Negli anni 1990, a seguito di inondazioni in cui hanno perso la vita sei persone, il governo federale ha costituito il Southeast Louisiana Urban Flood Control Project (Progetto per il controllo delle alluvioni urbane della Louisiana sudorientale, conosciuto come SELA). È stato incaricato di attuare il progetto il Corpo del Genio Militare, che ha speso 500 milioni di dollari per puntellare le dighe e per costruire stazioni di pompaggio. “Ma restavano da attuare progetti per almeno 250 milioni di dollari”, ha scritto sul sito Philadelphia Daily News Web un blogger, che si firma Attytood. “Eppure, dopo il 2003 il flusso di dollari federali in direzione del SELA è avvenuto col contagocce. Il Genio Militare non ha mai cercato di nascondere il fatto che la ragione della distorsione erano i carichi di spesa per la guerra in Iraq e per la sicurezza nazionale, aggravati dalla riduzione delle tasse federali. Secondo un articolo comparso il 16 febbraio 2004 sul New Orleans CityBusiness, all’inizio del 2004 di fronte all’impennata del costo del conflitto in Iraq, il Presidente Bush avrebbe proposto di spendere meno del 20% di quanto il Genio Militare diceva che fosse necessario per il Lago Pontchartrain”. Stando alla ricerca di Attytude, benché quella del 2004 sia stata per gli uragani la peggiore stagione a memoria d’uomo, il governo federale avrebbe imposto per quell’anno “la più esorbitante riduzione di finanziamenti per gli uragani e il controllo delle inondazioni di tutta la storia di New Orleans”. Qual’è la ragione di questa negligenza? Benché sia una notissima meta turistica, New Orleans è una delle città più povere degli USA, con una popolazione composta al 67% da afroamericani. Nel municipio, o nella contea di Orleans, il 34% delle famiglie vive al di sotto del livello di povertà federale: un argomento, che è stato il centro della costituzione di una nuova coalizione popolare nel corso di un meeting tenutosi proprio pochi giorni prima che si abbattesse Katrina. Da anni si sapeva molto bene quali sarebbero state le dimensioni della minaccia. L’oceanografo Joe Suhayda aveva creato un modello dettagliato dell’impatto di un uragano di categoria 5, che si abbatte su New Orleans, mostrando che gran parte della città sarebbe affondata sotto 20 piedi d’acqua, provocando decine di migliaia di vittime. Nel 2004 l’uragano Ivan ha appena scansato la città, evidenziando l’urgente necessità di un piano di evacuazione praticabile. “I bianchi ricchi sono fuggiti dalla Big Easy sui loro fuoristrada, mentre i vecchi neri, prevalentemente sprovvisti di automobile, sono stati lasciati dietro nelle loro baracche sotto il livello del mare e nelle loro vecchie case in affitto a fronteggiare la furia delle acque”, scriveva l’attivista Mike Davis a proprosito dei piani di evacuazione per Ivan. “New Orleans si è preparata per decenni all’inevitabile sommersione da parte dell’ondata tempestosa di un uragano di categoria cinque. I responsabili della difesa civile hanno ammesso di avere a portata di mano 10.000 sacchi per salme, per fronteggiare lo scenario peggiore possibile. Ma sembra che nessuno si sia preoccupato di ideare un piano per evacuare gli abitanti più poveri o più deboli della città”. Davis, lo scorso anno, ha dichiarato al Socialist Worker che la crescita della forza e della frequenza degli uragani è da imputare al riscaldamento del pianeta. È in gioco un certo numero di fattori climatici. Ad esempio, qualcosa conosciuta come l’oscillazione del nord Atlantico (NAO), che comporta variazioni nella pressione atmosferica e nelle temperature del mare, è un fattore che contribuisce a accrescere il numero degli uragani. Ma il riscaldamento del pianeta, causato dall’inquinamento atmosferico, ha probabilmente peggiorato le cose. Davis ha dichiarato: “Le temperature dell’Atlantico tropicale sono più alte del normale, quindi forniscono più energia agli uragani. Ciò non lo si può attribuire direttamente al riscaldamento del pianeta, ma un’intensificazione della NAO è proprio quello che ci si può aspettare. Tutte le estati dell’emisfero 24
  • 25. settentrionale ora sembrano promettere disastri climatici di qualche tipo”. Ma il disastro climatico può tornar utile, se per caso sei un azionista o un funzionario di un’importante compagnia petrolifera. I giganti del petrolio erano pronti a usare la scusa di Katrina per far alzare i prezzi della benzina oltre il record raggiunto nell’ultimo mese. La dimensione della devastazione, conseguente all’uragano, non sarà conosciuta che fra molte settimane. Ma sappiamo già chi sopporterà il peso di questa tragedia: i poveri di New Orleans e di tutta la Costa del Golfo. La tragedia di Sarno del 1998 (www.flanet.org) 5 maggio 1998: bastano due giorni di pioggia continua, unita ad un irrazionale disboscamento, per dare origine alla tragedia. Dai fianchi del Monte Alvaro, resi molli dalle abbondanti precipitazioni, si aprono infatti quarantacinque frane diverse, in precipitosa corsa verso i paesi che, sui due versanti, sono sorti alle sue pendici. Una valanga di fango travolge Sarno e Quindici, lambendo anche i paesi più prossimi come Siano, Episcopio e Bracigliano. Dopo aver quasi completamente distrutto l’ospedale di Villa Marta, ove il numero delle vittime resta tuttavia contenuto grazie alla prontezza del personale che spinge i ricoverati a trovare rifugio al secondo piano dello stabile, l’ondata di fango, rocce e detriti investe violentemente la scuola locale, ove travolge per centinaia di metri insegnanti e alunni. Crollano numerose abitazioni, interi nuclei familiari vengono spazzati via in un attimo dalla slavina. Solo dopo alcune ore la Protezione Civile riesce a raggiungere i luoghi del disastro, e gli stessi tentativi di recupero dei dispersi vengono bloccati dal fango, alto più di due metri, che intrappola uomini e mezzi. Il bilancio sarà pesantissimo: centoquarantasette i morti, quasi duecento i dispersi, quattrocento gli edifici crollati, duemila gli sfollati, l’economia locale in ginocchio. Gli Angeli di San Giuliano (www.lastoriasiamonoi.rai.it) 25
  • 26. Seveso 1976: la nube tossica (www.pagine70.com) Seveso 10 luglio 1976 ore 12.37 Nello stabilimento chimico dell' ICMESA una valvola di sicurezza del reattore A-101 esplode provocando la fuoriuscita di alcuni chili di diossina nebulizzata. (la quantità esatta non è quantificabile, qualcuno dice 10- 12 chili, altri di appena un paio). Il vento disperde la nube tossica verso est; nella Brianza. Il giorno dopo, domenica 11 luglio, nel pomeriggio, due tecnici dell'ICMESA si recano dal sindaco di Seveso, Emilio Rocca, per metterlo al corrente di ciò che è accaduto nello stabilimento e rassicurandolo che la situazione non desta preoccupazioni perché è già tutto sotto controllo. Dopo 4 giorni dall'incidente inizia la moria degli animali, muoiono galline, uccelli, conigli. Le foglie degli alberi ingialliscono e cadono, e gli alberi in breve tempo muoiono come tutte le altre piante. Nell'area interessata vivono circa 100.000 persone. E solo dopo pochi giorni si verificano i primi casi d'intossicazione nella popolazione. Il giorno 15 il sindaco emana un ordinanza di emergenza: divieto di toccare la terra, gli ortaggi, l'erba e di consumare frutta e verdure, animali da cortile, di esporsi all'aria aperta. Si consiglia un'accurata igiene della persona e dell'abbigliamento. Ci sono i primi ricoveri in ospedale e gli operai dell'ICMESA si rifiutano di continuare a lavorare. Soltanto il 17 luglio appaiono i primi articoli sul "Giorno" e sul "Corriere della Sera". L'accaduto diviene di dominio pubblico. Il 18 luglio parte un indagine dei carabinieri del comune di Meda ed il pretore decreta la chiusura dello stabilimento. Si procede all'arresto del direttore e del vicedirettore della fabbrica per disastro colposo. Ma ancora il 23 luglio dalla prefettura non viene ancora presa nessuna decisione su come far fronte all'emergenza. I casi d'intossicazione aumentano, i più colpiti sono i bambini. Si da nome ad una malattia finora quasi sconosciuta: la Cloracne. La cloracne è il sintomo più eclatante dell'esposizione alla diossina, colpisce la pelle, soprattutto del volto e dei genitali esterni, se l'esposizione è prolungata si diffonde in tutto il corpo. Si presenta con comparsa di macchie rosse che evolvono in bubboni pustolosi giallastri, orribili a vedersi e di difficile guarigione, e la pelle cade a brandelli. Può essere compromessa seriamente la funzionalità epatica. L'inalazione del composto crea problemi respiratori. Il 23 luglio dopo 13 giorni dall'incidente la verifica incrociata delle analisi effettuate dalle strutture sanitarie italiane e dei Laboratori Givaudan dell'ICMESA confermano una presenza notevole di TCDD nella zona maggiormente colpita dalla nube tossica. Il 10 agosto una commissione tecnico-scientifica stila una mappatura della zona contaminata. Si decide di evacuare l'area circostante l'impianto per circa 15 ettari, e le famiglie residenti nelle zone più colpite sono invitate ad abbandonare le proprie abitazioni. Reticolati sono posti per delimitare le zone pericolose. La commissione classifica il terreno contaminato in 3 zone a seconda della quantità della diossina presente sul terreno: "zona A" molto inquinata, "zona" B poco inquinata, "zona C" di rispetto. Continuano i casi d'intossicazione e aumentano i ricoveri ospedalieri tra la popolazione di Seveso, Meda, Desio e Cesano Maderno. Tra la popolazione colpita ci sono parecchie donne incinte e si diffonde la preoccupazione per gli effetti della contaminazione sui futuri nascituri. Ma gran parte degli "esperti" tendono a tranquillizzare tutti sminuendo gli effetti della diossina. Si fanno migliaia di analisi del sangue e delle urine, ma non si arriva a capo di nulla. Ulteriori controlli dei terreni fanno estendere la zona A suddividendola in 7 sotto sezioni. Intanto la televisione ed i giornali continuano a mostrare filmati e foto di bambini ricoverati in ospedale con i piccoli volti coperti da estese macchie rosse e le zone contaminate dove si aggirano uomini in tute bianche sigillate che raccolgono campioni di terreno e bruciano carcasse di animali. L'11 ottobre dopo 3 mesi, gli abitanti evacuati dalla zona A rientrano nei loro terreni e indicono una protesta bloccando la strada Meda-Milano. Vogliono rientrare nelle loro case e riprendere possesso della loro vita. Protestano contro il progetto della Provincia e della Regione di costruire un inceneritore a Seveso. Ritorna l'esercito per controllare la zona inquinata ed impedirne l'accesso. Sale la tensione e il malcontento verso le istituzioni che sembrano non voler prendere provvedimenti adeguati. Si chiede la bonifica dell'area come era stato promesso e si suggerisce l'asportazione del terreno inquinato e la collocazione in siti adeguati. Proprio per la tutela degli abitanti nel 1977 viene istituito l'Ufficio Speciale per Seveso. 26
  • 27. Fulmine uccide 2 giovani (www.tgcom.mediaset.it) Cagliari,folgorati durante scampagnata Due giovani sono morti folgorati a Escalaplano (Cagliari) durante una scampagnata. Altri tre, invece sono rimasti feriti, uno è grave. Il gruppetto di amici stava passeggiando tra i campi quando all'improvviso è scoppiato un violento nubifragio. A questo punti i giovani hanno immediatamente cercato rifugio sotto alcuni alberi secolari. Rifugio risultato fatale. L'episodio è avvenuto intorno alle 15 alla periferia di Escalaplano, piccolo centro ai confini tra le province di Cagliari e Ogliastra (ora passato nel territorio proviciale del capoluogo dopo la nascita dei nuovi enti intermedi). Le vittime sono Mauro Serra, 30 anni, e Mauro Pisanu, di 22 entrambi di Escalaplano. Altri due amici della comitiva sono rimasti feriti: Roberto Frau, di 32 anni, è stato trasportato in elicottero all'ospedale Marino di Cagliari dove è ricoverato nel reparto di rianimazione; si trova, invece, nel nosocomio di Muravera Jonathan Usala, di 19 anni: secondo quanto si è appreso le sue condizioni non sono gravi. I giovani nel pomeriggio avevano deciso di incontrarsi per una gita nelle campagne di Escalaplano, quando sono stati sorpresi dal temporale. Per non bagnarsi si sono radunati sotto un grande albero che è stato distrutto dal fulmine. Sul posto sono accorsi i vigili del fuoco del distaccamento di San Vito, ambulanze e un elicottero del 118, la guardia medica, che ha dato l'allarme ai carabinieri della stazione di Escalaplano. Incendi, tragedia alla festa di compleanno www.repubblica.it) Tre morti carbonizzati nell'agriturismo Oltre alle vittime almeno 20 gli ustionati. Abbandonate centinaia di abitazioni Il sindaco di Patti: "Non c'è stata la prontezza da parte della Protezione civile" Il titolare di rifugio: "Erano tutti in preda al panico. C'erano anche dei bambini ROMA - Il fuoco uccide nel Sud. A Patti, nel Messinese, un'impiegata e due clienti di un agriturismo sono morti carbonizzati ed una ventina di clienti sono stati ricoverati con gravi ustioni. Fiamme e terrore in Sicilia, la gente fugge da casa spaventata. Il fuoco lambisce gli ospedali e distrugge centinaia di ettari di boschi. Il sindaco di Patti accusa: "Non c'è stata la prontezza da parte della Protezione civile". Dopo il tragico rogo un mese fa a Peschici in Puglia, ritorna l'emergenza incendi in Meridione. La situazione è così grave che in ausilio ai pompieri, il ministero della Difesa ha deciso di inviare in Calabria e Sicilia elicotteri e uomini delle forze armate. La tragedia durante la festa di compleanno. C'era una festa di compleanno nel Rifugio del falco a Patti dove tre persone sono morte ed un'altra ventina è rimasta ustionata nell'incendio dell'agriturismo. In un primo momento si era sparsa la voce che i morti fossero tre ma in tarda serata la Protezione regionale siciliana ha reso ufficiale il numero delle vittime. Tra i dipendenti e gli ospiti del rifugio ricoverati, ci sono pazienti con l'80 e anche il 90% del corpo martorizzato dal fuoco. Il corpo di Costantino Cucinotta, 51 anni, di Cislago in provincia di Varese, fratello di Matteo di cui si festeggiava il compleanno, è stato rinvenuto appena fuori dal rifugio. La seconda vittima, Concettina Scafidi, 39 anni, impiegata nell'agriturismo, era seduta in auto: stava tentando di scappare dal fuoco. Nella notte è morta poi anche Lucia Natoli, magistrato presso il tribunale dei minori di Messina, cognata di Costantino Cucinotta. "Rimanete uniti ma sono scappati nel bosco". Antonino Ansà è il proprietario dell'agriturismo: "Ho detto a tutti di rimanere uniti, ma la gente era in preda al panico ed è fuggita sparpagliandosi". Quando le fiamme hanno avvolto la struttura, nella sala era in corso una festa di compleanno, con circa cinquanta ospiti, tra cui anche alcuni bambini. Ansà, insieme ad una donna anziana, si è salvato rifugiandosi in un'ala del complesso turistico. Traditi dal vento. Le operazioni di soccorso sono state ostacolate dalle macchine dei clienti dell'agriturismo che avevano tentato di fuggire ma che sono stati costretti ad abbandonare le auto e a proseguire a piedi. Secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri, in un primo momento le fiamme avrebbero raggiunto un distributore di benzina poco distante dalla struttura. Il pericolo di un'esplosione aveva fatto dirigere in zona tutti i soccorsi, ma il vento improvvisamente ha cambiato direzione e ha raggiunto repentinamente il rifugio cogliendo di sorpresa clienti e personale. Il sindaco: "Non è intervenuto nessuno". Il sindaco di Patti, Giuseppe Venuto, accusa la Protezione civile di aver tardato nell'inviare i soccorsi: "Da ieri sera alle 20 abbiamo chiamato e abbiamo chiesto l'intervento dei Canadair per spegnere i fuochi. Non c'è stata la prontezza da parte della Protezione civile. Capisco che c'è stata un'emergenza - ha concluso il sindaco di Patti - ma è andato tutto in corto circuito: non è intervenuto nessuno, solo le forze dell'ordine e le autobotti del comune, nessun altro 27
  • 28. aiuto". Ma il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, gli risponde: "Noi mandiamo i mezzi aerei dove ci vengono segnalate le situazioni più difficili. Non possiamo mandare i Canadair ovunque, ci sono anche gli elicotteri. Abbiamo cercato di fronteggiare tutte le situazioni, facendo in alcuni casi anche miracoli. Se non ci sono state altre vittime - conclude - è anche grazie all'intervento massiccio disposto". A fuoco la Sicilia. Gli incendi si susseguono ormai da ieri da Messina a Cefalù, aiutati da un forte vento di scirocco e dalle alte temperature. Impossibile quantificare l'estensione dell'area devastata così come il numero di case, aziende agricole e villette distrutte. A Naso l'incendio minaccia ormai centinaia di abitazioni. Molte le case evacuate. Il sindaco Vittorio Emanuele parla di "situazione di abbandono assoluto". I carabinieri hanno anche fatto evacuare alcune abitazioni a Gioiosa Marea e San Giorgio. Paura per l'ospedale di Cefalù. Per diverse ore c'è stato allarme anche per l'ospedale "San Raffaele- Giglio"di Cefalù, dov'era scattato il piano di emergenza: l'intervento di due Canadair ha evitato che il fuoco si avvicinasse ulteriormente alla struttura e non è stato necessario allontanare i pazienti. Allarme cessato anche per i 111 ospiti dell'hotel Paradiso, fatto evacuare nel primo pomeriggio. Le fiamme hanno distrutto tutti gli alloggi del personale dell'albergo che si trova di fronte l'ospedale. In contrada Montagnola, a Bagheria, evacuata una casa di riposo. Nessuno dei venti anziani ricoverati è rimasto ferito. Chiusa al traffico per alcune ore la circolazione sull'autostrada A29 Palermo-Trapani, in direzione del capoluogo siciliano, tra Capaci e Tommaso Natale. Chiusa temporaneamente anche la A20 Messina- Palermo. (22 agosto 2007) PROTEZIONE CIVILE E VOLONTARIATO Il VOLONTARIATO ha sempre rivestito un ruolo chiave nelle operazioni di protezione civile, soprattutto nell'opera prestata a soccorso di popolazioni colpite da eventi calamitosi. Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente consapevolezza che la protezione civile non è, e non deve essere, questione esclusiva degli addetti ai lavori, ma è e deve diventare sempre più patrimonio di tutta la collettività. A cominciare dai presupposti giuridici a finire agli operatori veri e propri tutto l’universo della protezione civile viaggia in questa direzione. Il Volontariato di Protezione Civile infatti rappresenta l'espressione di una moderna coscienza collettiva del dovere di solidarietà, di una nuova forma di partecipazione e di cittadinanza attiva, che si manifesta prevalentemente nelle situazioni di urgenza, ma che oggi vuole essere sviluppata in senso più ampio come comune desiderio di conoscenza e rispetto del territorio e ricerca di forme di sviluppo sostenibili. IL VOLONTARIO DI PROTEZIONE CIVILE Tratto dal sito della protezione civile : www.protezionecivile.it Il volontariato di Protezione civile, divenuto negli ultimi anni un fenomeno nazionale che ha assunto caratteri di partecipazione e di organizzazione particolarmente significativi, è fenomeno nato sotto la spinta delle grandi emergenze verificatesi in Italia a partire dall'alluvione di Firenze del 1966 fino ai terremoti del Friuli e dell'Irpinia. In occasione di questi eventi si verificò, per la prima volta nel dopo guerra, una grande mobilitazione spontanea di cittadini di ogni età e condizione, affluiti a migliaia da ogni parte del paese nelle zone disastrate per mettersi a disposizione e "dare una mano". Si scoprì in quelle occasioni che ciò che mancava non era la solidarietà della gente, bensì un sistema pubblico organizzato che sapesse impiegarla e valorizzarla. In tal senso, si mossero le accuse del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il quale, proprio in occasione del terremoto dell'Irpinia, denunciò, rivolgendosi alla Nazione, l'irresponsabilità, l'inerzia, i ritardi di una Pubblica Amministrazione disorganizzata ed incapace di portare soccorsi con l'immediatezza che quella sciagura richiedeva. Lo stesso Presidente rivolgeva un appello agli italiani, con queste parole: "Voglio rivolgere anche a voi Italiane e Italiani un appello, senza retorica, che sorge dal mio cuore…., qui non c'entra la politica, qui c'entra la solidarietà umana, tutti gli Italiani e le Italiane devono sentirsi mobilitati per andare in aiuto di questi fratelli colpiti da questa sciagura". Da allora è iniziata l'ascesa del volontariato di Protezione civile, espressione di una moderna coscienza collettiva del dovere di solidarietà, nella quale confluiscono spinte di natura religiosa e 28
  • 29. laica, unite dal comune senso dell'urgenza di soccorrere chi ha bisogno e di affermare, nella più ampia condivisione dei disagi e delle fatiche, il diritto di essere soccorso con la professionalità di cui ciascun volontario è portatore e con l'amore che tutti i volontari dimostrano scegliendo, spontaneamente e gratuitamente di correre in aiuto di chiunque abbia bisogno di loro. Negli ultimi dieci anni, una illuminata legislazione ha riconosciuto il valore del volontariato associato (legge quadro 266/91), come espressione di solidarietà, partecipazione e pluralismo, incoraggiandone e sostenendone sia la cultura che lo sviluppo organizzativo. Quando nel 1992 fu istituito, con la legge 225/92, il Servizio Nazionale della Protezione civile, anche alle organizzazioni di volontariato è stato espressamente riconosciuto il ruolo di "struttura operativa nazionale", parte integrante del sistema pubblico, alla stregua delle altre componenti istituzionali, come il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, le Forze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo forestale dello Stato, ecc. La crescita del volontariato di Protezione civile è in continua, salutare espansione su tutto il territorio nazionale. La forte apertura innovativa del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e l'attenzione sistematica a ridurre al minimo le "barriere" burocratiche tra volontariato e Stato centrale, fatta anche di quotidiane e coraggiose scelte amministrative, ha contribuito al nascere di una identità nazionale del volontariato di Protezione civile, che si è rivelata di fondamentale importanza nelle gravi emergenze degli ultimi anni, e che si tende ora a ricondurre e ricreare, anche a seguito delle riforme sul decentramento amministrativo (D. Lgv. 112/98), in seno alle autonomie locali (Regioni, Province e Comuni). L'obiettivo condiviso con le Associazioni di volontariato di Protezione civile è di creare in ogni territorio un servizio di pronta risposta alle esigenze della Protezione civile, in grado di operare integrandosi, se del caso, con gli altri livelli di intervento previsti nell'organizzazione del sistema nazionale della Protezione civile (sussidiarietà verticale), valorizzando al massimo le forze della cittadinanza attiva ed organizzata presente in ogni comune d'Italia (sussidiarietà orizzontale), in piena integrazione con le forze istituzionali presenti sul territorio. PROFESSIONALITA’ All'interno delle organizzazioni di volontariato esistono tutte le professionalità della società moderna, insieme a tutti i mestieri; questo mix costituisce una risorsa, sia in termini numerici che qualitativi, fondamentale soprattutto nelle grandi emergenze, quando il successo degli interventi dipende dal contributo di molte diverse specializzazioni (dai medici agli ingegneri, dagli infermieri agli elettricisti, dai cuochi a i falegnami). Alcune organizzazioni hanno scelto la strada di una specifica alta specializzazione, quali i gruppi di cinofili e subacquei, i gruppi di radioamatori, gli speleologi, il volontariato per l'antincendio boschivo. Questo significa che la Protezione civile per la tipologia e l’urgenza degli interventi non può essere un volontariato improvvisato e caotico; ma al contrario è necessaria un’ottima organizzazione, un sistema efficiente e formato da persone che hanno una disponibilità illimitata ed un’elevata competenza nello svolgere le attività di volta in volta loro richieste. ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO NELLA PROTEZIONE CIVILE Le organizzazioni di volontariato che intendono collaborare nel sistema pubblico di Protezione civile, si iscrivono in appositi albi o registri, regionali e nazionali. Al momento, nell'elenco nazionale del Dipartimento della Protezione civile sono iscritte circa duemila cinquecento organizzazioni (tra le quali i cosiddetti "gruppi comunali" sorti in alcune regioni italiane), per un totale di oltre un milione e trecentomila volontari disponibili.2 Di essi, circa sessantamila sono pronti ad intervenire nell'arco di pochi minuti sul proprio territorio, mentre circa trecentomila sono pronti ad intervenire nell'arco di qualche ora. Si tratta di associazioni a carattere nazionale e di associazioni locali, queste ultime tra di loro coordinate sul territorio di comuni, province e regioni, in modo da formare, in caso di necessità, 2 http://www.protezionecivile.it/volontariato/index.php 29
  • 30. un'unica struttura di facile e rapida chiamata per gli interventi. Più è alto il livello organizzativo delle associazioni, più solide sono la loro efficacia e la loro autonomia. Le organizzazioni di volontariato di protezione civile possono dunque assumere la forma giuridica di Associazioni o Gruppi comunali. ASSOCIAZIONI Viene considerato Associazione di volontariato di protezione civile ogni organismo liberamente costituito, senza fini di lucro che svolge attività di previsione, prevenzione e soccorso in caso di eventi calamitosi, avvalendosi prevalentemente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti queste Associazioni svolgono, inoltre, una importante attività di formazione della coscienza di Protezione Civile. Le associazioni oltre a fare riferimento alle leggi che regolano la “Protezione Civile” devono rispettare anche la normativa prevista per tutte le associazioni di volontariato, a prescindere dal proprio settore di attività. Tutte le Associazioni infatti nell’atto costitutivo e nello statuto, devono espressamente prevedere: - l’assenza dei fini di lucro; - la democraticità della struttura; - l’elettività e la gratuità delle cariche associative; - la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti; - i criteri di ammissione e di esclusione dei soci - gli obblighi e i diritti dei soci; - l’obbligo di formazione del bilancio - le modalità di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea soci; - le modalità di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento o cessazione dell’associazione. Presso ogni Regione e Provincia autonoma sono istituiti dei Registri generali delle Associazioni di volontariato. GRUPPI COMUNALI I Gruppi comunali sono invece una diretta emanazione dell’Amministrazione comunale la quale costituisce il gruppo con propria delibera e ne approva anche il regolamento. Questi gruppi per la loro particolare forma giuridica sono iscritti in un apposito Elenco e vengono richiesti requisiti di ammissibilità diversi rispetto a quelli richiesti alle Associazioni di volontariato iscritte nei Registri regionali. La legge nazionale che ha istituito il Servizio nazionale della protezione civile prevede che le organizzazioni di volontariato siano considerate strutture operative nazionali e assicura la loro la più ampia partecipazione all’attività di previsione, prevenzione e soccorso, in vista o in occasione di calamità naturali o catastrofi. Le Organizzazioni di volontariato (Associazioni e Gruppi comunali), iscritte nei registri regionali, nonché in elenchi o albi di protezione civile, possono chiedere, per il tramite della Regione o Provincia autonoma presso la quale sono registrate, l’iscrizione nell’Elenco nazionale del Dipartimento della Protezione Civile. L’elenco di tutte le associazioni iscritte al Dipartimento della Protezione civile http://www.protezionecivile.it/volontariato/organizzazioni.php 30
  • 31. COME DIVENTARE VOLONTARI Per poter svolgere attività di protezione civile in qualità di volontario in supporto delle istituzioni preposte al coordinamento degli interventi, è necessario essere iscritti presso le organizzazioni di volontariato protezione civile regolarmente inserite negli appositi elenchi esistenti. Chi desidera diventare volontario di protezione civile potrà, all'atto dell'iscrizione presso una organizzazione di volontariato di protezione civile, valutare una serie di elementi che caratterizzeranno la propria attività nel settore scelto: - ambito territoriale di evento (nazionale, regionale, comunale ecc.); - ambito dimensionale dell'evento (tipo a), tipo b), tipo c) l. 225/92); - eventuale specializzazione operativa dell'organizzazione (sub, cinofili, aib ecc.); - livello di partecipazione con le attività istituzionali; - disponibilità richiesta ecc.; - vicinanza della sede. Gli elenchi regionale e/o nazionale sono consultabili rispettivamente presso la regione nella quale si intende svolgere in prevalenza l'attività di protezione civile o presso l'ufficio volontariato del dipartimento della protezione civile Coloro che desiderano svolgere attività di Protezione Civile in primo luogo devono individuare sul proprio territorio una Associazione che opera in questo campo o possono chiedere al Comune di appartenenza di far parte del Gruppo comunale, se costituito. Nel determinare la scelta dell’Organizzazione (Associazione o Gruppo Comunale) cui entrare a far parte può risultare importante conoscere l’ambito prevalente di operatività; i principali ambiti in cui le Organizzazioni prestano la loro attività sono: assistenziale, antincendio, cinofilo, logistico, radiocomunicazioni, sanitario, soccorso alpino. I volontari che aderiscono alla Associazione o al Gruppo Comunale devono: - assicurare la propria disponibilità all’attuazione delle attività programmate; - partecipare ai corsi di formazione e di addestramento; - possedere requisiti di moralità, affidabilità, capacità operative. Ai volontari impiegati in attività di soccorso ed assistenza in vista o in occasione di eventi calamitosi, vengono garantiti, dalla legge nazionale relativamente al periodo di effettivo impiego (che il datore di lavoro è tenuto a consentire, per un periodo non superiore a 30 giorni continuativi e fino a 90 giorni nell’anno, elevabili rispettivamente a 60 e 180 gg in caso di emergenza nazionale): - il mantenimento del posto di lavoro pubblico o privato - il mantenimento del trattamento economico e previdenziale da parte del datore di lavoro pubblico o privato - la copertura assicurativa Gli Enti Istituzionali, ai quali poter richiedere informazioni in materia di volontariato, sono schematicamente riassumibili in:  Dipartimento della Protezione Civile - Ufficio volontariato - Via Ulpiano, 11 - 00193 ROMA(tel.: centr. 06/6820.1; diretto 06/6820.363)  Regione Lombardia - Servizio Protezione Civile - Via Fara 26 - 20124 MILANO (tel. centr. 02/6765.1; diretto 02/6765.2485; fax 02/6765.2994; È possibile trovare tutte le Associazioni di volontariato di protezione civile sui seguenti siti: - www.protezionecivile.regione.lombardia.it/normativa_regionale.aspx - per la Regione Lombardia - www.protezionecivile.it 31
  • 32. PROTEZIONE CIVILE E CITTADINANZA ATTIVA Il volontariato è una importante risorsa sociale che viene incontro alle numerose esigenza della vita civile, costituendo un importante supporto alle Istituzioni. Nell’ambito della Protezione Civile l’esperienza ha dimostrato come sia essenziale l’apporto che anche i cittadini possono dare in ogni situazione di emergenza sia adottando misure di salvaguardia e comportamenti di autodifesa sia sapendo prestare un primo soccorso. Per questo motivo è fondamentale che i cittadini sia coinvolti e informati nelle attività di Protezione civile anche nei cosiddetti periodi di “pace”, vale a dire, e non solo nei casi di emergenza. La presenza e l’impegno del volontario costituiscono un elemento di impulso che contribuisce a promuovere lo sviluppo della cultura di protezione civile, e rappresenta un valido supporto per gli enti pubblici nell’attività di assistenza alla popolazione. Il ruolo insostituibile assunto oggi dal volontariato di Protezione civile, nel suo ruolo di custode naturale di ciascun territorio e forza civile di tutela e protezione di ciascuna comunità, merita non solo un pieno riconoscimento, ma anche un crescente sostegno pubblico per le dotazioni di mezzi, di materiali, di attrezzature, di formazione, preparazione e aggiornamento, tanto necessarie per l'ottimale utilizzo delle energie che vengono offerte in aiuto della collettività. La partecipazione è un diritto e un dovere di ciascun cittadino, esercitare un influsso e dare un contributo allo sviluppo della società attraverso l’attenzione e la tutela del proprio territorio, la solidarietà con comunità in difficoltà è uno dei modi più significativi per essere un cittadino attivo. Alcuni frasi tratte da interviste rilasciate da esponenti della protezione civile: A TERRA FUTURA -Guido Bertolaso – Capo del Dipartimento della Protezione civile italiana « La protezione civile lavora dentro la società civile e si riconosce in essa. Basta con le decisioni calate dall'alto: bisogna sporcarsi le mani, incontrare la gente e spiegare i progetti» (riferimento alla questione dello smaltimento dei rifiuti in Campania) Firenze, nel convegno "La Cittadinanza attiva per la protezione civile", a cura dell'Arci. Valorizzare il rapporto diretto con i cittadini, l'impegno della protezione civile e delle associazioni di volontariato, per costruire politiche e interventi dal basso, partendo dalle reali esigenze delle persone: questi i temi trattati. Leonardo Domenici, sindaco di Firenze e presidente dell'Anci nazionale- Spesso le calamità naturali avvengono nei comuni più piccoli, dove non ci sono volontari per le emergenze. E' necessario, quindi, intervenire qui. Il volontariato, l'associazionismo, l'impegno sociale sono indispensabili ma guai se pensassimo che possono sostituire le istituzioni: queste realtà sono forti solo se anche le istituzioni pubbliche sono forti». Attività : DIVENTA VOLONTARIO DELLA PROTEZIONE CIVILE!! Durata 30 min. lavoro in gruppo 15 min. presentazione in plenaria Obiettivi  Riflettere sul legame tra volontariato, protezione civile e cittadinanza attiva 32