Ipertesto realizzato dagli alunni della classe 2.0 di Trivento sulla civiltà egizia, seguendo le indicazioni di un webquest appositamente realizzato dai docenti.
Ipertesto realizzato dagli alunni della classe 2.0 di Trivento sulla civiltà egizia, seguendo le indicazioni di un webquest appositamente realizzato dai docenti.
Conferenza di Meditazione Gnostica del 1 Dicembre 2015 di presentazione del seminario ispirato al libro del Maestro Samael Aun Weor Sì c'è l'Inferno, sì c'è il Diavolo, sì c'è il Karma
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Ontologia dell’opera d’arte mah…essere per la salvezza dell’essere significa essere per la salvezza dell’arte? E l’opera d’arte aiuterà l’essere a salvarsi? Mah… solo l’opera d’arte ci può salvare? E solo l’arte salverà l’essere o il mito ontoteologico della salvezza della mondità? Solo l’arte ci potrà salvare? Solo il mito dell’opera d’arte può salvare il mito delle muse della poiesis o dell’ontopoiesis? Ma l’arte è anche la salvezza del musagete, quale essere divinità che si dà all’arte o dà all’arte la fondatezza del mito? O che disvela con l’arte l’ontologia ontopoietica dell’opera dell’esser-arte-nella mondità come nella mondanità, o esser-arte-per-la-morte dell’arte…  Già nelle origini della ermeneutica poetica la mimesis disvela la fondatezza della physis: aldilà della classicità simulativa, imitativa, clonante, tautologica, la mimesis quale apprensività attraverso lo sguardo, cattura con la vista, con gli occhi l’essere che si disvela nella sua physis. E’ l’esserci che com-prende contemplando l’eventuarsi della physis dell’essere, della natura dell’essere, dell’essere-nella-mondità. E’ la mimesis del disvelarsi dell’essere poetante…o l’ontologia dell’icona della physis quale ontologia dell’ikona dell’essere nel mondo. O l’ontologia della temporalità della physis che si disvela nel mondo quale spazialità immaginaria nella radura immaginaria ove s’eventua quale opera d’arte immaginaria… anzi l’ontologia fluttuante dell’essenza dell’essere poetante dà senso e dà alla luce la physis, non la imita o la modella o la ricorda, la divela quand’era abbandonata nell’oblio dalla fuga precipitosa degli dei epistemici, mitici, tecnici, ontoteologici quali il deus ex machina, la macchina poetica aristotelica. E’ indispensabile intraprendere gli studi e le ricerche dell’ontologia dell’opera d’arte, giacchè nel nuovo millennio tutte le configurazioni del sapere epistemico, ma anche le ontologie ermeneutiche, hanno evidenziato i propri confini aldiqua dell’essere-opera-d’arte, per concentrarsi solo sull’ontica, sulle entità narrate o sulle superentità ontoteologiche. L’epistemica dell’opera d’arte si è confinata nella sua ortogonalità calcolante, l’interpretanza ermeneutica ed intenzionale non si cura di offrire una fondatezza né alla nuova epistemica, né alla matesis virtuale, né alla physis immaginaria, né alla temporalità ontologica, men che mai dà fondamenta stabili alla struttura ontologica dell’opera d’arte. Solo il pensiero della disvelatezza resiste, o persiste nella sua re-esistenza, sostenuto dalla sua struttura ontologica fondata sull’essenza dell’essere-opera-d’arte-nel-mondo-per-la-morte. Ma la sua origine, o originalità o singolarità, non dispiega la sua pregnanza oltre la soglia del pensiero poetante che contempla poeticamente l’opera d’arte o la interpreta infinitamente nella temporalità kairos-logica più tosto che cronologica. Per raggiungere anche i sentieri interrotti della physis poetante dell’opera d’arte e quindi anche la fondatezza non tecnica della teknè, o il fondamento non epistemico dell’epistemica, la physis dell’opera d’arte si dovrà eventuare nella struttura ontologica dell’essere animati, aldilà dall’essere solo opera inanimata, per gettare le fondamenta nella radura, nel vuoto quantico epistemico, della topologia fluttuante dell’essere opera d’arte che si dà alla mondità per inter-essere o inter-esserci opera d’arte dell’essere animato che getta quale icona dell’essere-nel-mondo-della-morte-dell’arte. Può l’ontolgia dell’opera d’arte raccogliere gli eventi gettati nel sentiero dell’essere ed intraprendere la biforcazione dell’oltre che conduce alla radura, alla spazialità topologica sgombra dalle temporalità epistemiche o anche ermeneutiche, per approdare alla libera luce senza fondo, senz
Tratto dal Libro: R. Villano “La cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale cattolica”; vincitore LXV edizione Premio nazionale Stramezzi dell’A.S.A.S.-Mi.B.A.C., conferito in quanto contributo per assunzione di “consapevolezza di elevata cultura di vita per portare avanti con coraggio una professione tesa ai più alti valori umani e cristiani” (Roma 2007); patrocinato da: Accademia Storia Arte Sanitaria e Chiron Foundation. Dalla presentazione: “L’opera viene a riempire un vuoto nella trattazione italiana in un campo sempre più seguito e, senza dubbio, di grandi prospettive. L’Autore, già foriero di contributi originali, fornisce ora in questo suo volume agli studiosi di scienze farmaceutiche e farmacologia una serie di preziose informazioni e riflessioni. È, perciò, altamente meritoria quest’opera di sviscerare per un folto stuolo di lettori e studiosi della materia i diversi problemi del farmaco e, nello stesso tempo, evidenziare le difficoltà della promozione scientifica per un pubblico già maturo e temprato dalla situazione particolarmente grave, specie per quanto riguarda gli aspetti terapeutici. Questo tema è inquadrato nella giusta fisionomia ed è pieno di prospettive. I capitoli del libro sono pieni di filosofia e la notevole cultura ed umanità dell’Autore emergono qua e là con citazioni classiche mentre la Sua profonda conoscenza dell’argomento gli permette di passare con la stessa proprietà di linguaggio dalla etiopatogenesi alla sociologia. L’auspicio dello Scienziato Tarro è che quest’ottimo libro non solo rechi ausilio all’analisi ed allo studio della farmacogenesi ma favorisca anche la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, troppo spesso ignara e indifesa di fronte ai problemi della salute. Il Presidente dei Farmacisti italiani Leopardi, dal canto suo, attraversando metaforicamente l’opera, vi trova riflessioni, considerazioni e materiali che illuminano di senso e prospettive altre e alte la professione farmaceutica. Che, una volta di più, è riconoscente all’Autore per il Suo sforzo continuo e concreto finalizzato ad accrescerne contenuti e profondità, in una visione che - correttamente - si preoccupa di andare ben oltre quegli aspetti commerciali purtroppo più immediatamente e banalmente percepibili”. Secondo S.E.R. Card. Cardinale Fiorenzo ANGELINI, Presidente Emerito della Pontificia Pastorale degli Operatori Sanitari della Santa Sede “(…) nell’opera l’autore dà prova di voler portare avanti con coraggio l’azione cristiana o di sostanziale apostolato laico. Si apprezza nel libro una visione della humanitas che, mentre è sensibile alle istanze di una società in continua e vorticosa trasformazione, sa fare nel contempo tesoro del patrimonio ereditato dal passato. (…)”. Ed. Effegibi, pag. 365, lug 2007; 2^ ediz. Chiron ISBN 978-88-904235-09, LCC BJ 1725, CDD 177 VIL cru 2008, pp. 393, set2008; 3^ ediz. con presentazione del MD, PhD Giulio Tarro (Chiron, Ed. MBE, ISBN, pp. 398, giu 2009
3. L’EPICA E’ UN RACCONTO IN VERSI (CIOE’ IN POESIA)
CHE PARLA DI FATTI ACCADUTI IN UN LONTANO
PASSATO.
NELLE NARRAZIONI
EPICHE VENGONO
RIPRESI I RACCONTI
MITOLOGICI E LE
LEGGENDE E VENGONO
MESCOLATI CON
ELEMENTI STORICI
(VERI, REALI) CHE
VENGONO PERO’
REINVENTATI, IN
CHIAVE FANTASTICA
NELLE NARRAZIONI
EPICHE SI
RACCONTANO LE
IMPRESE
STRAORDINARIE DI UN
POPOLO, DEI SUOI
EROI E DEI SUOI DEI
4. SONO GLI EROI, PERSONE
CHE SI RICONOSCONO PER
LE LORO ALTE QUALITA’ E
PER I VALORI CHE
RAPPRESENTANO (ONESTA’,
CORAGGIO, FEDE, ECC.).
SPESSO SONO OSTACOLATI O
AIUTATI DAGLI DEI, CHE
PARTECIPANO ATTIVAMENTE
ALLE VICENDE NARRATE.
SONO ACHILLE,
IL PIE’ VELOCE
SONO POSEIDONE
E VORREI CHE
VINCESSERO I
GRECI.
5. QUELLA DI CELEBRARE LE ORIGINI, LA STORIA ED
I VALORI DI UN POPOLO
ECCO PERCHE’ I POEMI EPICI HANNO CARATTERISTICHE
DIVERSI GLI UNI DAGLI ALTRI E TIPICHE DEL POPOLO
CHE LI HA PRODOTTI
6. NASCONO IN EPOCHE ANTICHISSIME ,
QUANDO LA SCRITTURA NON ESISTEVA
ANCORA.
QUINDI NASCONO COME RACCONTI
ORALI, TRAMANDATI ED
INSEGNATI NELLE PIAZZE DA
POETI O CANTASTORIE DETTI
“AEDI” O “RAPSODI”.
GLI AEDI CON IL LORO LAVORO
SVOLGEVANO DIVERSE
FUNZIONI.
7. ASCOLTANDO GLI AEDI I GRECI
SI DIVERTIVANO
IMPARAVANO I
COMPORTAMENTI ED I
VALORI UMANI DA
IMITARE ED A CUI
ISPIRARSI E QUELLI DA
EVITARE.
8. SOLO IN EPOCHE MOLTO SUCCESSIVE QUESTI
RACCONTI VENNERO MESSI PER ISCRITTO
NELLA FORMA CHE CONOSCIAMO NOI OGGI.
9. GRECIA
ARCAICA
• ILIADE
• ODISSEA di Omero
EPOCA
LATINA
I SECOLO
A.C.
• ENEIDE, di Virgilio
MEDIOEVO
XIII SECOLO
• CICLO CAROLINGIO
(storia di Carlo
Magno)
• CICLO BRETONE
(storia di Re Artù)
RINASCIMENTO
XVI SECOLO
• ORLANDO FURIOSO, di
Ariosto
• GERUSALEMME
LIBERATA, di Torquato
Tasso
10. IL VIAGGIO DELL’EROE CHE PUO’ AVERE DIVERSE FUNZIONI, COME
PERCORSO DI
FORMAZIONE E
CRESCITA
INDIVIDUALE
(ULISSE)
RICERCA DI UN
BENE UTILE PER LA
COLLETTIVITA’
(GILGAMESH)
MISSIONE VOLUTA
DAL DESTINO
(ENEA
NELL’ENENIDE)
12. LA PRESENZA DEGLI DEI E DEL FATO (CIOE’ IL DESTINO)
SPESSO GLI DEI
SOSTENGONO
ALCUNI EROI O SI O
VICEVERSA CERCANO
DI OSTACOLARLI
MA ANCHE GLI DEI
DEVONO
SOTTOMETTERSI AL
VOLERE DEL FATO,
CHE TUTTO GOVERNA
IO SONO
DALLA TUA
PARTE ULISSE
GRAZIE
ATENA
IO SONO IL FATO E
CONOSCO IL DESTINO
DI OGNI ESSERE
13. L’AMORE E LA DONNA, CHE NEI POEMI EPICI PUO’ ESSERE
MOGLIE FEDELE
(PENELOPE,
MOGLIE DI ULISSE)
PERICOLOSA SEDUTTRICE,
CHE ALLONTANA L’EROE
DALLA SUA MISSIONE
(DIDONE, REGINA DI
CARTAGINE, CON ENEA)
ATTENDERO’ IL
TUO RITORNO,
CARO ODISSEO
RESTA CON
ME, ENEA!
VORREI, MA
NON POSSO
DIDONE…
14. IL SOPRANNATURALE E LA MAGIA
SPESSO GLI EROI SI SCONTRANO
CON ESSERI MOSTRUOSI ED
INCONTRANO MAGHI E STREGHE.
IO SONO LA MAGA CIRCE E
TRASFORMO IN ANIMALI
TUTTI GLI UOMINI CHE
CADONO IN MIO POTERE!
16. L’EPICA SI PUO’ DEFINIRE UNA POESIA
NARRATIVA, PERCHE’ NON VUOLE ESPRIMERE
SENTIMENTI, MA RACCONTARE UNA STORIA. PER
QUESTO MOTIVO IL NARRATORE:
NON PARLA IN
PRIMA PERSONA E
NON ESPRIME LE
PROPRIE OPINIONI.
USA UNO STILE
DISTACCATO ED
OGGETTIVO.
E’ ONNISCIENTE, CIOE’
CONOSCE TUTTO DELLA
STORIA, IL PRESENTE, IL
PASSATO ED IL FUTURO.
17. LO STILE EPICO PRESENTA ALCUNI ELEMENTI
RICORRENTI, CIOE’ CHE TORNANO SPESSO. ESSI SONO:
FORMULE FISSE, cioè
espressioni che tornano
nella narrazione ogni
volta che si ripresenta
una stessa situazione
(ad esempio per
descrivere i banchetti).
EPITETI, cioè
espressioni o
aggettivi che
accompagnano
sempre il nome di
un personaggio e
che lo caratterizzano
(esempio: Achille
PIE’ VELOCE).
PATRONIMICI, cioè
aggettivi che che
caratterizzano
l’eroe citando il
nome del padre o
dell’antenato da cui
discende (esempio:
Achille è detto il
PELIDE = FIGLIO DI
PELEO).
SIMILITUDINI,
spesso tratte
dal mondo
naturale.
18. I DUE POEMI HANNO ASSUNTO LA
FORMA SCRITTA ATTUALE (CHE NOI
CONOSCIAMO) SOLO NELL’ OTTAVO
SECOLO A.C.
TRADIZIONALEMENTE SONO SEMPRE
STATI ATTRIBUITI AD UN UNICO
POETA, OMERO, CHE AVREBBE DATO
FORMA LETTERARIA AI RACCONTI
ORALI DEGLI AEDI.
MA NON TUTTI GLI STUDIOSI
PENSANO CHE OMERO SIA
REALMENTE ESISTITO O CHE
COMUNQUE SIA L’AUTORE DI
ENTRAMBI I POEMI.
IO, OMERO, HO SCRITTO
ILIADE ED ODISSEA…O
FORSE NO…
19. COSI’ E’ NATA LA QUESTIONE OMERICA, CIOE’ GLI
INTERROGATIVI SULLA FIGURA DI OMERO. LA
QUESTIONE OMERICA NON E’ ANCORA STATA RISOLTA.
C’E’ CHI RITIENE CHE IN EPOCA PIU’ ANTICA SIA
STATA SCRITTA L’ILIADE, E SUCCESSIVAMENTE
L’ODISSEA DA UN ALTRO AUTORE. ANCHE PERCHE’ I
DUE POEMI SONO MOLTO DIVERSI.
CHI AVRA’
RAGIONE,
RAGAZZI?
COMUNQUE BISOGNA
STUDIARE DA PAG. 24 A
PAG. 27.
FORZA E CORAGGIO!