La crescente importanza che lo sport ha assunto sia a livello nazionale sia a livello mondiale, ha di fatto reso necessario integrarne la regolamentazione. Gli interessi sociali, politici ed economici che ne sono a fondamento, hanno reso lo sport uno degli strumenti più forti e altamente strategici per la cooperazione tra gli Stati.
In via preliminare, la dottrina si è occupata della tutela dell’uomo in quanto portatore di diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. In un secondo momento, vista l’enorme rilevanza assunta nel tempo dal fenomeno in esame, ci si è occupati di dare voce anche a quei diritti che, per molti studiosi, sono il mezzo per perseguire la pace universale, ovvero i diritti allo sviluppo, alla solidarietà, all’ambiente sano e alla comunicazione e, fra questi, vi è incluso anche il diritto allo sport.
La codificazione iniziata alla fine del XIX secolo, ha subito innumerevoli mutamenti, tesi alla salvaguardia delle nuove esigenze della società contemporanea. A ciò si aggiunga il determinante contributo dell’Unione Europea all’orientamento strategico sul ruolo dello sport, un impegno che ha rafforzato in modo deciso quanto in passato era già stato compiuto.
Il valore e il ruolo sociale dello Sport, sviluppatisi nel tempo, hanno reso necessaria una più puntuale regolamentazione, al fine di evitare il diffondersi del fenomeno del commercio di sostanze dopanti e promuovere i valori fondamentali di rispetto e di giustizia nei confronti di ogni essere umano, senza distinzioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
L’articolo si propone inquadrare la situazione in termini prevalentemente giuridici, non trascurando considerazioni che, a nostro parere, sono necessarie per meglio rafforzare il quadro giuridico entro cui il fenomeno indagato va collocato
Il format Edu del festival dei Diritti Umani di Milano, con il contributo di Fondazione Cariplo.
Marina Calloni, Marco Flores e Alessandra Facchi
www.festivaldirittiumani.it
Gli effetti del coronavirus sui diritti e sulle Istituzioni - 13 marzo 2020Alessandro Candido
Insieme ai Colleghi Monica Bonini, Camilla Buzzacchi, Salvatore La Porta ed Elena di Carpegna Brivio del Di.SEA.DE Università degli Studi di Milano-Bicocca, abbiamo fatto un primo punto sugli effetti che le recenti misure governative per fronteggiare l'emergenza COVID-19 producono sui nostri diritti e le nostre Istituzioni pubbliche.
Cittadini reattivi e monitoranti: come accedere alla informazioni sull'ambien...Rosy Battaglia
Cittadinanza, partecipazione, accesso ai dati ambientali. Le slides del workshop tenuto a ChiAmaMilano il 16 ottobre 2019, nell'ambiento della manifestazione #Cascalaterra.
Tesina d'esame terza media: Diritti e Libertà by Gabriele De Filippis Maurizio De Filippis
Ho scelto il tema “diritti e libertà” per la mia tesina perché mi ha sempre colpito uno dei momenti più tremendi della storia: il genocidio effettuato nei confronti degli ebrei nei campi di concentramento. Ho cercato di trovare, se mai ci fossero, delle motivazioni per questi orrori, ma nessuna logica sembra spiegarli, se non pensare che, per delle ideologie di potere e superiorità, l’uomo ha pensato di annullare la dignità umana. Ho riflettuto, inoltre, su come nel periodo che stiamo vivendo, dovuto alla pandemia da Coronavirus, il diritto alla libertà sia stato limitato per proteggere tutti noi.
Ho capito da questa esperienza che essere liberi significa rispettare i diritti degli altri in modo che anche i nostri diritti possano essere rispettati.
Gabriele De Filippis
Il format Edu del festival dei Diritti Umani di Milano, con il contributo di Fondazione Cariplo.
Marina Calloni, Marco Flores e Alessandra Facchi
www.festivaldirittiumani.it
Gli effetti del coronavirus sui diritti e sulle Istituzioni - 13 marzo 2020Alessandro Candido
Insieme ai Colleghi Monica Bonini, Camilla Buzzacchi, Salvatore La Porta ed Elena di Carpegna Brivio del Di.SEA.DE Università degli Studi di Milano-Bicocca, abbiamo fatto un primo punto sugli effetti che le recenti misure governative per fronteggiare l'emergenza COVID-19 producono sui nostri diritti e le nostre Istituzioni pubbliche.
Cittadini reattivi e monitoranti: come accedere alla informazioni sull'ambien...Rosy Battaglia
Cittadinanza, partecipazione, accesso ai dati ambientali. Le slides del workshop tenuto a ChiAmaMilano il 16 ottobre 2019, nell'ambiento della manifestazione #Cascalaterra.
Tesina d'esame terza media: Diritti e Libertà by Gabriele De Filippis Maurizio De Filippis
Ho scelto il tema “diritti e libertà” per la mia tesina perché mi ha sempre colpito uno dei momenti più tremendi della storia: il genocidio effettuato nei confronti degli ebrei nei campi di concentramento. Ho cercato di trovare, se mai ci fossero, delle motivazioni per questi orrori, ma nessuna logica sembra spiegarli, se non pensare che, per delle ideologie di potere e superiorità, l’uomo ha pensato di annullare la dignità umana. Ho riflettuto, inoltre, su come nel periodo che stiamo vivendo, dovuto alla pandemia da Coronavirus, il diritto alla libertà sia stato limitato per proteggere tutti noi.
Ho capito da questa esperienza che essere liberi significa rispettare i diritti degli altri in modo che anche i nostri diritti possano essere rispettati.
Gabriele De Filippis
Students are given a project to build a two mile four barb fence for a local rancher. Fence has one corner (2 R&R TIES), a wood post every 10 feet. They can build a 1/4 mile every 10 hours. Students research prices of materials and calculate costs, time, and design a bill to give the rancher.
Il dibattito circa l’opportunità dell’adesione dell’UE alla CEDU risale a parecchi decenni addietro ed ha impegnato i più eminenti studiosi europeisti. Istituzionalmente proposta, per la prima volta, più di trent’anni fa dalla Commissione delle Comunità europee in un memorandum del 4 aprile 1979, tale questione fu rilanciata in occasione del quarantesimo anniversario della CEDU attraverso una comunicazione presentata dalla Commissione il 19 novembre 1990 nel quale la Commissione stessa chiedeva al Consiglio dei ministri di ricevere il mandato di negoziare le modalità d’adesione. L’art. 6 del Trattato di Lisbona non solo crea una base giuridica che ne autorizza l’adesione, come richiesto nel noto parere “C.J.C.E., avis 2/94. Adhésion de la Communautéeuropéenne à la Convention européenne de sauvegardedesdroits de l’homme et deslibertésfondamentales, Rec.”, ma utilizza un linguaggio che sembra imporre che tale competenza sia esercitata. Sull’altra sponda, quella del Consiglio d’Europa, l’entrata in vigore del Protocollo della CEDU n.14 ha statuito, ex par.2, che l’UE potesse aderire alla Convenzione. Come risulta chiaro dall’analisi congiunta dei dispositivi presi in esame, tutte le questioni giuridiche e tecniche conseguenti a tale riforma vengono consapevolmente lasciate in sospeso e rimandate ai lavori delle Commissioni giuridiche delle due organizzazioni
Il Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite adotta il testo della
Dichiarazione sul diritto alla pace su proposta dell'Ateneo per i Diritti Umani - Università di Padova - elaborazione Fabio Pipinato
What are the main differences between Italy and England on the common law concept of 'privacy'? In this brief paper I tried to focus on the similarities and differences of that.
Il presente lavoro intende ricostruire in chiave critica il controverso istituto della cittadinanza europea, sottolineandone le lacune concettuali, sistemiche e, soprattutto, le incongruenze con riguardo al tema dei diritti fondamentali dell’uomo. In particolare, ciò che non pare possa appieno condividersi è rappresentato dalla posizione d’ispirazione essenzialmente mercantilistica che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha in più riprese palesato in relazione all’argomento in questione, e ciò soprattutto anche in considerazione della astratta centralità assegnata all’individuo dalla normativa in materia di diritti umani da ricondurre all’ordinamento europeo (Carta dei Diritti Fondamentali del 2000 e Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali cui l’UE ha aderito in forza dell’art. 6 del Trattato di Lisbona)
La Unión Europea, habida cuenta de sus dimensiones continentales, se encuentra en una posición funcional idónea para ofrecer soluciones a las demandas ciudadanas que los Estados ya no son capaces de satisfacer, a la vez que influye y participa en la determinación de una política mundial. Pero la Unión Europea paradójicamente aún mantiene algunos de los rasgos que la caracterizan desde sus inicios, los cuales son difícilmente compatibles con la idea de democracia que se encuentra firmemente arraigada en las tradiciones constitucionales comunes a sus Estados miembros y que la propia Unión Europea dice auspiciar. De este modo revela encontrarse en un proceso de transición, a pesar de haberse dotado, a un tiempo, de de unas instituciones genuinamente representativas, vinculadas a la construcción de una nueva realidad jurídico-política, de naturaleza materialmente constitucional. La Unión Europea posee, así importantes elementos de déficit democrático, como se demuestra en lo que toca a aspectos tan relevantes como la legitimación, el control, la transparencia o la participación popular, lo que genera una brecha notable en la relación que se establece entre gobernantes y gobernados. Y la grave crisis económica y financiera que, en la actualidad, sufre el continente europeo, que obliga a los estados componentes de la Eurozona a alcanzar una mayor coordinación de sus políticas económicas, en pos de la consecución de un auténtico gobierno económico unificado, lo ha hecho a costa de generar un nuevo déficit de legitimidad democrática. No en vano, dicho gobierno descansa en un esquema de funcionamiento intergubernamental, al tiempo que discurre fuera, esencialmente, del marco normativo común establecido en los Tratados constitutivos de la Unión Europea. De ese modo, el déficit democrático de la Unión no sólo sigue presente, sino que se ha agudizado con ocasión del advenimiento de la crisis actual, al revelar la carencia de una auténtica unión política. En consecuencia, Europa necesita de una constitución que otorgue legitimidad a sus instituciones, delimitando sus competencias, sujetas a un efectivo control. Semejante proceso constituyente debería ser el tema central de las elecciones europeas de 2014, a fin de convertir al proyecto europeo en respuesta ejemplar a los desafíos crecientes de un mundo globalizado
In Italia come in altri Stati, sono tre i livelli normativi che regolano i conflitti di leggi in materia di commercio internazionale e si tratta, specificamente, di norme interne italiane di diritto internazionale privato del commercio internazionale o del commercio con l’estero; di norme di diritto internazionale privato di origine euro-internazionale e di norme di diritto universale uniforme di doppia origine sia internazionale pubblica che inter-individuale privata.
Lo studio mette in evidenza il carattere prettamente specialistico e tecnico del diritto commerciale internazionale e dei relativi conflitti di leggi e le ragioni della mutevolezza del suo linguaggio oltre che delle difficoltà di comprensione dello stesso
Nei primi cinque lustri successivi al trattato di Roma del 1957, gli organismi europei non hanno tenuto in alcuna considerazione il tema della cittadinanza. L’“Europa dei popoli” non costituiva oggetto né di corpus giuridico ad hoc né di riferimento all’interno di contesti più generali. Questa visione “merceologica” confinava, nel passato che non diventava presente, le grandi personalità culturali e politiche che avevano espresso nei loro scritti e nelle loro azioni l’ideale di un’Europa che teneva al primo posto gli abitanti, considerati protagonisti e non “attori muti”. L’istituzione di una cittadinanza europea, introdotta dal TUE nel 1992, è da considerarsi un apprezzabile passo avanti sul piano dell’integrazione, ma per il futuro bisognerà partire dal presupposto che se gli Stati membri dell’Unione non saranno veramente uniti, difficilmente potranno essere in grado di fronteggiare le grandi sfide poste dal multipolare scacchiere geopolitico e geoeconomico mondiale
Aunque es cierto que los Estados de la Unión Europea han procedido a reformar sus Constituciones para cumplir con las indicaciones procedentes de la UE para contrarrestar la «deuda soberana», tales medidas y la rapidez con las que se han adoptado esconden algo más, una crisis más profunda que no es sólo de carácter económico, una crisis compleja y multidimensional, que ha determinado una alteración de las relaciones entre Estado y Mercado, afectando a la estructura constitucional del Estado Social y a la UE como organización política. Por todo ello, en este estudio, se considera interesante analizar, desde un punto de vista comparado y asumiendo como punto de referencia los ordenamientos de Francia, Alemania, España e Italia, las causas de las recientes reformas constitucionales para la introducción del «principio de equilibrio presupuestario», su significado y la incidencia en la garantía de los derechos fundamentales, en particular de los derechos sociales, cuyo ejercicio depende de la prestación por parte del Estado de un servicio público
Muovendo dalla costatazione di una scollatura fra l’ideologia delle fonti statalista e la percezione diffusa della forza innovatrice del diritto giudiziale, il saggio analizza il concetto di precedente e le sue implicazioni non solo teoriche e pratico generali e per i principi costituzionali
The Convention on Migrant Workers’ Rights, adopted by consensus in 1990 by the General Assembly, has been called the best-kept secret of the United Nations: so far, it has been ratified by only 47 states, and none of them belongs to Western countries. The article questions the existence of legal reasons that can explain this indifference comparable to a real boycott and comes to the conclusion that, on the contrary, the explanation must be sought in extra-juridical grounds that demonstrate once again the Western countries’ bad faith in the promotion of human rights
The changes characterizing the relations between the member States of the International Community and those existing between national law and International law produce a reflection on the dichotomy between monism and dualism.
It is indisputable fact that recently we assist to a clear prevalence of an International law that produces direct effects within the member States and their national legal system positively considered, beyond any question relative to the necessary or non “coincidence” between internal and international legal phenomenon, and beyond any ascertainment relative to a supposed (and often inexistent) legitimacy of this prevalence of one over the other, as well as of the diversity and different right to legitimacy of the relative legal sources.
In this context, the European Union law has, de facto gone beyond any question of contrast between dualism and monism (question that is not at all unclear being, legally talking, the European Union at all effects, an International law sub specie of third grade international norms) with consequent removal of the legal sources from the traditional schemes of modern democracies, thus causing distortion of the guarantee functions of the political-constitutional structures of the States.
Under this specific aspect, therefore, emerges a kind of colonization of member States by the European Union considering that the States, apparently and legally free to withdraw from contractual obligations (those descending from the constitutive Treaties), politically – and specially economically – are deprived of any capacity to self-determination or any possible re-exercise of their sovereign competencies.
In other terms, with due respect for any consideration concerning monism or dualism, the European Union has become an instrument of that authoritative monism which considers legislative function an instrument at service of technocratic oligarchies, completely free of any democratic legitimacy.
In this context, the weakening of the State’s sovereignty is the direct and immediate consequence and the governments of the member States, therefore, exercise their political jurisdiction only apparently, given that, in substance, the European Union, betraying the founding pact, is (self)invested of instruments and competencies which go beyond of those initially delegated by the member States, mining or impeding the free exercise of their sovereignties
L’articolo intende ricostruire in chiave critica l’attuale regolamentazione relativa allo sport in ambito europeo e derivante dal Trattato di Lisbona, sottolineandone incongruenze, lacune e contraddizioni, sostanzialmente derivanti dall’ormai consueto tacito dialogo intercorrente tra il legislatore di Bruxelles e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea: in particolare, si rimarca come il diritto europeo, in forza della sentenza Meca – Medina della stessa CGUE, riduca, rectius, sia costretta a ridurre anche l’attività sportiva al rango di attività economica ai fini della comprensione della stessa all’interno dell’orbita normativa dell’ordinamento UE. Ciò si spiega facendo rimando all’architettura fondamentalmente mercantilistica e d economicistica caratterizzante già dalle proprie origini il comparto normativo – istituzionale medesimo, a nulla sostanzialmente valendo i reiterati quanto sterili tentativi, di matrice dunque essenzialmente politica, compiuti al livello extraterritoriale in esame di caratterizzare l’azione dell’UE anche in direzioni aliene rispetto a rationes e finalità di mercato
Il turismo ha sempre avuto e continuerà ad avere nel futuro un grandissimo potenziale dal punto di vista culturale, politico ed economico. In Italia, malgrado la numerosa letteratura specialistica e la ricchezza delle proprie risorse naturali e culturali, il turismo resta rilegato a un ruolo di secondo ordine tra le priorità dei policy maker e non riesce ad esercitare quella funzione di sviluppo che gli spetterebbe sia rispetto alla questione dei grandi poli turistici e culturali di attrazione sia e soprattutto rispetto al patrimonio diffuso nei territori c.d. minori. L’articolo intende suggerire i principali tratti di un percorso di sviluppo sostenibile attraverso l’analisi dei territori c.d. minori e/o lenti. Allontanandoci da una visione esclusivamente economicistica si possono, infatti, individuare nuove traiettorie di sviluppo sostenibile in cui le identità territoriali, la storia locale, il capitale sociale, il patrimonio culturale e umano, diventano fattori strategici ed innovativi di qualsiasi politica di sviluppo sostenibile. Tali fattori possono essere quindi le pre-condizioni in grado di generare innovazione e sviluppo in un territorio. In definitiva l’articolo propone l’ipotesi di un sentiero di sviluppo sostenibile da parte dei c.d. territori minori o lenti attraverso l’adesione ad un modello di sviluppo fondato sullo stretto legame tra heritage e turismo, tra valore della cultura e del territorio e rigenerazione socio-economica, tra tradizione ed innovazione in un approccio distrettuale in cui il territorio, con la sua storia, tradizioni, identità costituisce un valore competitivo difficilmente riproducibile
: Il contributo analizza il concetto di cittadinanza alla luce della sua progressiva emancipazione dallo Stato nazionale: la categoria giuridica della cittadinanza si compone attualmente di una dimensione formale, ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale, appaltata a nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e infranazionale.
Esso esamina la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte costituzionale. La prima, nonostante alcune aperture nei confronti dei cittadini economicamente inattivi, continua ad alimentare il convincimento che la cittadinanza europea corrisponda ad uno status privilegiato piuttosto che ad una vera e propria forma di cittadinanza. La seconda, invece, riconosce alle Regioni, nell’ambito delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi limiti della Costituzione, ampia autonomia per la previsione di interventi socio–assistenziali anche a favore degli stranieri al di là del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali, facendo salva la previsione di talune differenziazioni tra cittadini nazionali e stranieri basate sul criterio della ragionevolezza. Pertanto, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, rimane «selettiva», accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di sostanze economiche piuttosto che i soggetti più deboli e bisognosi
Mentre a livello europeo non manca una rete di salvaguardia dei diritti sociali in via giurisdizionale, è pressocchè assente uno strumentario di realizzazione positiva dei diritti sociali, in virtù della stessa natura sussidiaria dell’azione comunitaria e del principio delle materie attribuite. La realizzazione dei diritti sociali resta di esclusiva competenza degli Stati, per i quali i principi ed i valori in senso sociale e solidale sono un vincolo costituzionale prioritario all’azione di governo. Il Trattato sull’Unione pone invece sullo stesso piano i vari aspetti dell’Europa unita: libero mercato e finalità sociali e solidali. Ciò ha consentito all’Europa, soprattutto negli ultimi anni di forte crisi economica, di scegliere tra i suoi obiettivi “costituzionali” uno in particolare che ha valorizzato a danno degli altri: il libero mercato, la stabilità economica e monetaria a discapito della coesione economica sociale e della solidarietà territoriale, mettendo in serio dubbio la natura personalista della “costituzione europea”. L’Euro sembra avere assunto a livello comunitario quella posizione centrale che nelle Costituzioni degli Stati è assegnata alla persona. La vocazione rigorista è testimoniata d’altronde, dall’adozione del Fiscal compact. Tutto ciò ha finito per condizionare la capacità di manovra degli Stati in ordine alle politiche di spesa, sia in termini di messa in campo di ammortizzatori sociali, come anche in termini di politiche pubbliche di spinta verso la crescita economica. Se è vero che nel breve termine il peso degli oneri economici implicati dalla garanzia di un quadro di diritti sociali si risolve in gap di competitività, è anche vero che tale sistema di coesione sociale, se adeguatamente valorizzato nell’Unione, potrebbe assicurare una più solida tenuta della società europea rispetto a quelle realtà, pure produttive, ma prive di un quadro ordinamentale di tutela dei diritti sociali. Dal punto di vista costituzionale, ciò implica che si passi a livello europeo da una “Costituzione materiale” Eurocentrica ad un indirizzo politico costituzionale dell’Unione di piena valorizzazione della vocazione sociale propria del Trattato di Lisbona
La società contemporanea caratterizzata da processi di globalizzazione e internazionalizzazione, diviene sempre più spesso scenario di crocevia multiculturali e culture multietniche. Il diritto alla salvaguardia delle culture minoritarie si scontra con il desiderio di rivendicazione e affermazione delle proprie identità. Un nuovo sistema culturale tende ad affermarsi; una nuova composizione multirazziale contraddistinta da una frammentazione eterogenea etnica e religiosa; divisioni culturali di una società contemporanea che inevitabilmente conducono a tensioni e scontri. Queste contraddizioni possono essere efficacemente riassunte considerando gli opposti interessi in conflitto: comportamenti che, pur considerati in aperto contrasto con il diritto penale e più in generale con i valori etico-sociali prevalenti nell’ordinamento giuridico civilizzato, sono giudicati permessi e accettati da parte di minoranze in quanto conformi alle loro tradizioni e alle loro regole culturali. E’ in questo contesto che il reato “culturalmente orientato” trova la propria dimensione internazionale all’interno della quale, più specificamente, si inquadrano gravi delitti. La riflessione scientifica a cui si ispira questo contributo è considerare se sia antropologicamente accettabile procedere ad una comprensione e tolleranza di determinate condotte giustificate da un gruppo sociale di appartenenza o considerarle illecite da parte del Paese ospitante
Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione.
L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato, con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso. Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche. L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione.
I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice: da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione
En el sistema ONU, la “revitalización” de la mediación como instrumento de resolución político-jurídica de tensiones internacionales se testimonia, entre otras cosas, por la creación en 2006 de la Unidad de Apoyo a la Mediación en el seno del Departamento de Asuntos Políticos y desde marzo del 2008 por la activación del Standby Team of Mediation Experts, es decir un Equipo de Expertos en Mediación que - a petición principalmente de los enviados de la ONU, de las misiones para el mantenimiento de la paz, del Departamento de Asuntos Políticos y de las organizaciones regionales estrechamente asociadas a la actividad de la mediación de la ONU -, están listos para ser desplegados en cualquier lugar del mundo en menos de 72 horas y provén apoyo y asesoría sin ningún tipo de costo para el solicitante. El Equipo de Expertos en Mediación es una estructura híbrida en el sentido de que es gestionado conjuntamente entre la Unidad de Apoyo a la Mediación de la ONU y el Norwegian Refugee Council que es asimismo el que lo financia principalmente.
Los componentes del Equipo – también llamados “mobile experts” - cuyo mandato dura un año, están siempre disponibles y pueden trabajar individualmente, en pequeños grupos o todos juntos. Cada uno de ellos está especializado en un ámbito o materia que, normalmente, generan tensiones y controversias durante las negociaciones de paz (Acuerdos de seguridad; Power-Sharing; Asuntos constitucionales; Recursos naturales; Asuntos de género; Mediaciòn, Negociaciòn y Diàlogo)
Il federalismo è una forma di Stato attraverso il quale il potere è esercitato in modo decentralizzato. La prima esperienza di federalismo si è sviluppata negli Stati Uniti d'America sul finire del diciottesimo secolo, dopo il fallimento dell'introduzione del tradizionale modello confederativo, che presto ha dimostrato i suoi limiti e le sue carenze. Perché uno Stato sia considerato federale, deve presentare almeno qualcuna delle seguenti caratteristiche: costituzione scritta e rigida; due ordinamenti giuridici: centrale e parziali, con questi ultimi dotati di autonomia; l'indissolubilità del vincolo federativo; le volontà parziali rappresentate nell'elaborazione della volontà generale attraverso il Senato federale; l'esistenza di un Tribunale Costituzionale e la possibilità di intervento federale
Jose Levi Mello Do Amaral Júnior, Tratados e convenções internacionais sobre ...
Dassie Roberta, I diritti umani e lo sport
1. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea
dell’Università Kore di Enna
I DIRITTI UMANI E LO SPORT
Roberta Dassie
Assistente di Diritto Internazionale e dell'Unione Europea nell’Università di Gorizia
ABSTRACT:
La crescente importanza che lo sport ha assunto sia a livello nazionale sia a livello
mondiale, ha di fatto reso necessario integrarne la regolamentazione. Gli interessi sociali, politici ed
economici che ne sono a fondamento, hanno reso lo sport uno degli strumenti più forti e altamente
strategici per la cooperazione tra gli Stati.
In via preliminare, la dottrina si è occupata della tutela dell’uomo in quanto portatore di diritti civili,
politici, economici, sociali e culturali. In un secondo momento, vista l’enorme rilevanza assunta nel
tempo dal fenomeno in esame, ci si è occupati di dare voce anche a quei diritti che, per molti studiosi,
sono il mezzo per perseguire la pace universale, ovvero i diritti allo sviluppo, alla solidarietà,
all’ambiente sano e alla comunicazione e, fra questi, vi è incluso anche il diritto allo sport.
La codificazione iniziata alla fine del XIX secolo, ha subito innumerevoli mutamenti, tesi alla
salvaguardia delle nuove esigenze della società contemporanea. A ciò si aggiunga il determinante
contributo dell’Unione Europea all’orientamento strategico sul ruolo dello sport, un impegno che ha
rafforzato in modo deciso quanto in passato era già stato compiuto.
Il valore e il ruolo sociale dello Sport, sviluppatisi nel tempo, hanno reso necessaria una più puntuale
regolamentazione, al fine di evitare il diffondersi del fenomeno del commercio di sostanze dopanti e
promuovere i valori fondamentali di rispetto e di giustizia nei confronti di ogni essere umano, senza
distinzioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di
origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
L’articolo si propone inquadrare la situazione in termini prevalentemente giuridici, non trascurando
considerazioni che, a nostro parere, sono necessarie per meglio rafforzare il quadro giuridico entro
cui il fenomeno indagato va collocato
PAROLE CHIAVE: Sport, Diritti umani, Attività sportiva nell’ Unione Europea, Carta dello Sport,
“Pace positiva”
1. Genesi dei diritti umani “dello sport”
Il mondo dello sport è da molto tempo al centro di grandi interessi economici, senza
trascurare i forti legami col mondo politico che, da sempre, lo considera uno strumento
diplomatico e di potere molto importante.
In dottrina, i diritti umani 1 sono ripartiti in tre generazioni 2 : alla prima generazione
appartengono i diritti civili e politici, il cui godimento agli individui è garantito dallo Stato.
Alla seconda appartengono i diritti economici, sociali, culturali ed è compito dello Stato
1
2
BOBBIO, L’età dei diritti, Torino, 1990.
ZANGHÍ, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006.
www.koreuropa.eu
2. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea
dell’Università Kore di Enna
promuoverne il godimento. Infine, quelli di terza generazione comprendono i diritti alla pace,
allo sviluppo, alla solidarietà, all’ambiente sano, alla comunicazione. Lo sport, o meglio il
diritto allo sport, trova posto fra i diritti di terza generazione, soprattutto alla luce
dell’obiettivo, centrale in questo disegno giuridico, del perseguimento della pace universale,
anche se, dal punto di vista di chi scrive, potrebbe essere collocato fra quelli che, in
precedenza, abbiamo qualificato di seconda generazione3.
L’elencazione, la proclamazione e la codificazione dei diritti umani sono state l’oggetto
di specifici strumenti giuridici internazionali che, negli anni, hanno ampliato la loro sfera
d’interesse con richiami a categorie di diritti fondamentali della persona umana, non
annoverabili, in precedenza, nemmeno fra le intenzioni di quanti si sono occupati di
prevederne la tutela.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948 4 , il Patto
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 16 dicembre 1966, la Convenzione
sui diritti del fanciullo del 20 novembre 19895, sono fra i principali atti relativi ai diritti umani.
Le espressioni “diritti umani”, “diritti dell’uomo”, “diritti della persona umana” sono
utilizzate come fossero sinonimi e, al tempo stesso, devono essere intese come indicative
dell’essere umano in senso generale e non nel senso specifico di essere umano di genere
3
GILBERTI, Introduzione storica ai diritti umani, Torino, 2012.
Il 10 dicembre 1948 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo, composta da un preambolo e da 30 articoli. Pur non essendo formalmente vincolante per gli
Stati membri, trattandosi di dichiarazione di principi, il documento in questione riveste un’importanza storica
fondamentale in quanto rappresenta la prima testimonianza della volontà della comunità internazionale di
riconoscere universalmente i diritti che spettano a ciascun essere umano. Inoltre le norme che compongono la
Dichiarazione sono ormai da considerarsi, sotto il profilo sostanziale, come principi generali del diritto
internazionale e come tali vincolanti per tutti i soggetti di tale ordinamento. Il testo in
http://www.un.org/en/documents/udhr/.
4
La ratifica e l’esecuzione in Italia è avvenuta con Legge 27 maggio 1991, n. 176 Ratifica ed esecuzione della convenzione
sui diritti del fanciullo, in Gazzetta Ufficiale n.135 del 11-6-1991 - Suppl. Ordinario n. 35. L’entrata in vigore della legge è
del 12 giugno 1991. Va tenuto conto, peraltro, che l’oggetto del documento non è una novità assoluta, poiché la necessità di
concedere una protezione speciale al fanciullo era già stata enunciata nella Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del
fanciullo e, successivamente, nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo adottata dall’Assemblea Generale il 20 novembre
1959. La questione venne poi riconosciuta come fondamentale nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel
Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici – in particolare negli artt. 23 e 24 - nel Patto internazionale relativo ai
diritti economici, sociali e culturali - in particolare all’art. 10 - e negli Statuti e strumenti pertinenti delle Istituzioni
specializzate e delle Organizzazioni internazionali che si preoccupano del benessere del fanciullo. Oggi aderiscono alla
Convenzione 193 Stati, un numero che supera quello degli Stati membri del’ ONU. La Convenzione è composta da 54 articoli e
da due protocolli opzionali ed è uno strumento giuridico vincolante per gli Stati che la ratificano.
5
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3. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea
dell’Università Kore di Enna
maschile6. L’art. 1 della Dichiarazione afferma che “ Tutti gli esseri umani nascono liberi ed
eguali in dignità e diritti …” e l’art. 2 continua con “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e
tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di
razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di
origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione …”. La
Dichiarazione 7 è stata il punto di partenza di un processo evolutivo internazionale di
protezione dei diritti umani, nel quale i destinatari sono tutti gli esseri umani (carattere
universale) e per ciò stesso hanno beneficiato della protezione da essa disposta (carattere
positivo).
Con la risoluzione n. 2200 A (XXI) del 16 dicembre 19668 (entrata in vigore il 3 gennaio
1976)9, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il Patto internazionale sui diritti
civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, due Patti
ciascuno dei quali rispondenti alla logica di divisione ideologica del mondo dell’epoca10.
2. L’attività sportiva disciplinata dall’Unione Europea
Lo sport è uno dei grandi fenomeni di massa della realtà contemporanea ed è per questo
motivo che è divenuto l’oggetto principale di una specifica attenzione normativa che ha
trovato collocazione negli attuali testi giuridici che disciplinano la materia11.
Pierre de Frédy, barone di Coubertin vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900, era un
pedagogista e storico francese, conosciuto per essere stato il fondatore dei moderni Giochi
Olimpici. Egli concepì una competizione internazionale per promuovere l’atletica e, grazie al
crescente interesse mondiale per le olimpiadi antiche (dovuto anche ad alcune scoperte
L’argomento è stato affrontato con argute argomentazioni da SINAGRA, BARGIACCHI, Lezioni di diritto
internazionale pubblico, Milano, 2009.
7
VILLANI, Diritti dell’uomo, in Novissimo Digesto Italiano, Appendice, Torino, 1981.
8
Il testo nel sito http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CESCR.aspx. Per le riserve e le
dichiarazioni, http://treaties.un.org/.
9
Per quanto concerne l’Italia, l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione sono stati dati con legge n.
881 del 25 ottobre 1977 (Gazzetta Ufficiale n. 333 S.O. del 7 dicembre 1977). Data della ratifica: 15 settembre
1978 (Gazzetta Ufficiale n 328 del 23 novembre 1978). Entrata in vigore per l'Italia: 15 dicembre 1978.
10
GROS ESPIELL, All'origine dei due Patti internazionali del 1966 sui diritti umani e del Protocollo facoltativo
sui diritti civili e politici. Ricordi e riflessioni, in Pace, diritti dell'uomo, diritti dei popoli, VII, 3, 1993 (1995),
pp. 53-63.
11
GREPPI-VELLANO (a cura di), Diritto internazionale dello sport, 2° ed., Torino, 2010.
6
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archeologiche avvenute poco prima ad Olimpia), escogitò una strategia per riportare in vita i
Giochi Olimpici. Per pubblicizzare il suo progetto, de Coubertin organizzò un Congresso
internazionale, il 23 giugno 1894 alla Sorbona di Parigi, dove annunciò per la prima volta
l'idea di recuperare gli antichi Giochi Olimpici 12 . Il congresso portò all'istituzione del
Comitato Olimpico Internazionale (CIO) 13 , del quale de Coubertin divenne Segretario
Generale.
La considerazione del fatto che alcune politiche comunitarie14 determinano conseguenze
rilevanti sul mondo dello sport e sulla sua organizzazione, ha fatto sì che le Istituzioni della
Comunità Europea, pur non avendo competenza specifica in materia sportiva, si occupassero
di sport indirettamente. Ciò è stata la conseguenza di decisioni prese in altri settori aventi
implicazioni nell’ambito sportivo, permettendo, altresì, alle normative delle federazioni
sportive di evolversi e di modificarsi ampiamente15.
Si può anzi affermare che ormai non ci sia Organizzazione internazionale che non
riservi attenzione, diretta o indiretta, alla questione in esame. A questo riguardo, è bene
ricordare come già l’Atto finale di Helsinki16, importante documento che si affianca quelli che
lo hanno preceduto in tema di diritti umani, avesse inserito lo sport tra gli strumenti utili a
favorire lo sviluppo della Cooperazione interstatuale. Recita, infatti, l’art. 23 : “ ai fini di
intensificare i legami e la cooperazione esistenti nel campo dello sport, gli Stati partecipanti
incoraggeranno i contatti e gli scambi in tale settore, ivi compresi gli incontri e le
12
LATTY, Le Comité international olympique et le droit international, Paris, 2001.
MESTRE, The Law of the Olympic Games, Cambridge, 2009.
14
Sulle politiche dell’Unione Europea, si rimanda all’attenta analisi di VALVO, Lineamenti di diritto dell'Unione
Europea. L'integrazione europea oltre Lisbona, Padova, 2011, tenuto conto che si tratta dell’attività dell’
Unione Europea nei diversi settori in cui articolano i suoi interventi. Cfr. anche ZILLER, Diritto delle politiche e
delle Istituzioni dell’Unione Europea, Bologna, 2013.
15
ALVISI, Diritto sportivo nel contesto nazionale ed europeo, Milano, 2006.
16
Dal luglio 1973 al luglio 1975 si svolsero (a Helsinki e Ginevra) le trattative per l’elaborazione dell’Atto finale
di Helsinki, sottoscritto dai Capi di Stato e di Governo dei 35 Paesi il 1 agosto 1975. Questo insieme di riunioni
fu denominato Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE). Gli Stati firmatari dell’Atto
Finale furono tutti i Paesi europei, esclusa l’Albania (che lo ha sottoscritto nel 1990), e comprese le due
Germanie, la Santa Sede e il Principato di Monaco, nonché gli Stati Uniti d’America e il Canada. L’Atto Finale
si divide in tre sezioni, che raggruppano le principali questioni in oggetto dei negoziati dei tre anni precedenti:
sicurezza; cooperazione economica, scientifica, tecnica e ambientale; diritti umani. Esso non costituisce un
accordo internazionale vero e proprio e, pertanto, non è stato oggetto, così come i documenti finali dei successivi
vertici di Parigi del 1990 e di Helsinki del 1992, di ratifica da parte dei singoli Parlamenti nazionali. BARBERINI,
Codice della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Napoli, 1990.
13
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competizioni sportive di ogni genere, fondandosi sulle norme, i regolamenti e gli usi
internazionali in vigore”.
La Commissione Europea ha presentato nel 2007 il Libro Bianco sullo Sport, un
documento completo nel quale si è cercato di “ dare un orientamento strategico sul ruolo dello
sport in Europa, incoraggiare il dibattito su alcuni problemi specifici, migliorare la visibilità
dello sport nel processo decisionale europeo e sensibilizzare il pubblico in merito alle
esigenze e alle specificità del settore”17. Il documento in questione non è solo lo strumento
fondamentale per il rafforzamento del capitale umano dell’Europa, tratto essenziale del
fenomeno sportivo, bensì anche contenitore di una serie di proposte concrete18.
Entrando nello specifico del problema qui analizzato, rileviamo come lo sport sia inteso
secondo due profili tra loro intrecciati. Così, da un lato si è indotti a evidenziare la specificità
delle attività e delle regole sportive, come le gare distinte per uomini e donne; la limitazione
del numero di partecipanti alle competizioni e la garanzia che non ci sia possibilità alcuna di
avere risultati prevedibili in anticipo, posto che ciò falserebbe il risultato stesso e minerebbe
la stabilità del sistema che ruota attorno all’evento sportivo; infine si sottolinea la necessità di
garantire un equilibrio fra le società che partecipano alle stesse competizioni. Dall’altro lato,
non si può non rimarcare la specificità della struttura sportiva, caratterizzata in particolare
dall’autonomia e dalla diversità delle organizzazioni dello sport. Le gare seguono, infatti, una
struttura piramidale formata da un livello base fino a giungere a quello professionistico di
punta e a meccanismi organizzati di solidarietà tra i diversi livelli e gli operatori che vi
agiscono. Non deve sorprendere che gli obiettivi indicati siano più agevolmente perseguibili
se fanno leva su un’organizzazione dello sport a base locale e sul principio, ormai acquisito,
di una federazione unica per sport.
L’insistenza dell’Unione Europea sulla specificità dello sport non deve sorprendere,
infatti l’Europa mostra di avere la capacità di organizzare e accogliere eventi sportivi di
17
SANINO-VERDE, Il Diritto sportivo, 2° ed., Padova, 2008.
Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 maggio 20e08 sul Libro Bianco sullo sport, (2007/2261) ( INI),
PS_TA (2007) 0 100.
18
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livello internazionale, tanto che lo sport comunitario, inteso quale portatore di valori e
tradizioni secolari, contribuisce a dare un’immagine positiva del “Vecchio Continente”19.
3. Origine e definizione di sport
L’art.2 della Carta dello Sport recita: “Si intende per sport qualsiasi forma di attività
fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione
o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o
l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”20.
Il complesso e affascinante tema del fenomeno sportivo, nelle varie declinazioni che ha
assunto negli ultimi cinquant'anni, è entrato prepotentemente in molteplici settori della società
richiedendo a questa di adattarsi alla nuova realtà. Ne consegue che dallo studio delle regole
dello sport al suo utilizzo, quale strumento privilegiato anche nel campo delle relazioni
internazionali, lo sport si è affermato come componente non più trascurabile in molti contesti
di interazione.
Si possono distinguere cinque fasi di sviluppo in materia di sport:
a) dalla metà degli anni settanta al 1995, i regolamenti sportivi nazionali trovano la loro base
in riferimento al principio della libera circolazione delle persone e dei servizi;
b) dal dicembre 1995, per effetto della sentenza Bosman 21 , il diritto comunitario entra
nell’ambito della regolamentazione delle attività sportive: inoltre, sotto il profilo giuridico,
alla Corte di Giustizia è stata attribuita una portata innovativa22;
c) nel quadriennio 1996-2000, il tema dei rapporti tra sport e diritto europeo mette in
evidenza il ruolo svolto dal primo a livello sociale mentre al secondo spetta il dialogo con
le associazioni sportive;
19
COCCIA, DE SILVESTRI, FORLENZA, FUMAGALLI, MUSUMARRA, SELLI, Diritto dello sport, 2° ed., Firenze,
2008. COLANTUONI, Diritto sportivo, Torino, 2009. COLUCCI, (a cura di), Lo sport e il diritto, Napoli, 2004.
20
La Carta europea dello sport si pone dichiaratamente lo scopo di promuovere il medesimo quale importante
fattore per lo sviluppo umano e impegna gli Stati aderenti ad adottare misure necessarie a dare ad ogni individuo
la possibilità di praticare sport.
21
CEG, 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, in Raccolta, 1995.
22
TOGNON (a cura di), Diritto comunitario dello sport, Torino, 2009.
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d) dal 2000 al 2003, viene affrontato il problema della compatibilità tra diritto comunitario e
regolamenti sportivi, con riferimento agli atleti extraeuropei23;
e) nella fase attuale si sottolineano le prospettive di sviluppo a seguito della Risoluzione del
Parlamento Europeo del 29 marzo 2007, delle pronunce del Tribunale di primo grado e del
Libro Bianco della Commissione sullo sport24.
Lo sport, dal punto di vista organizzativo, ha una struttura piramidale e gerarchica, alla
cui base si trovano i club, i livelli successivi sono costituiti dalle federazioni regionali,
nazionali fino a giungere al vertice ove si trovano le federazioni europee25.
4. Il valore e il ruolo sociale dello Sport
L’attività sportiva, almeno sotto il profilo teorico, è uno dei mezzi per promuovere
l’educazione, la salute e la tutela dell’ambiente, lo sviluppo e la pace, nonché valori sociali
quali lo spirito di squadra, la competizione leale, la cooperazione, la solidarietà, i diritti umani.
Forse anche per questo motivo, alle iniziative sportive è riconosciuto il ruolo di combattere
l’esclusione sociale, la violenza, le ineguaglianze, il razzismo e la xenofobia. L’ONU,
l’UNESCO, l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa e altre Organizzazioni Internazionali,
hanno adottato varie dichiarazioni sul ruolo dello sport per la promozione dei diritti umani
internazionalmente riconosciuti. Nel novembre 1978, la Conferenza Generale dell’UNESCO
(United Nations Education Science and Culture Organisation) ha adottato una Carta
internazionale dell’educazione fisica e dello sport26. Secondo l’art. 2, l’educazione fisica e lo
sport costituiscono un elemento essenziale dell’educazione permanente, nel sistema globale
dell’educazione e la loro pratica permette di sviluppare le attitudini della persona oltre a
favorirne l’interazione nella società 27 . Si aggiunga che il reinserimento degli sportivi nel
23
BLACKSHAW, Mediating Sports Disputes: National and International Perspectives, The Hague, 2002.
Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 maggio 2008 sul Libro Bianco sullo sport, (2007/2261) (INI),
PS_TA (2007) 0 100.
25
FERRARA, L'organizzazione dello sport, Torino, 2002; WILL, Les structures du sport international, in CENDON
(a cura di), Studi in onore di Rodolfo Sacco, Milano, 1994.
26
BELOFF- KERR-DEMETRIOU, Sports Law, Oxford, 1999.
27
BORRAS, Existe-t-il un droit international du sport? In Nouveaux itinéraires en droit – Hommage à F. Rigaux,
Bruxelles, 1993.
24
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mondo del lavoro, ovvero la preparazione dei giovani sportivi ad una “doppia carriera”, prima
sul campo e poi fuori da questo, è un progetto di enorme rilievo. Le relazioni tra i diritti degli
individui, sportivi e non, e delle regole dello sport nella sua dimensione comunitaria e
internazionale, sono l’elemento centrale dello studio che riguarda la forte connessione tra lo
sport e i diritti umani28.
Ci si può chiedere se lo sport educhi automaticamente alla socialità, ovvero se
contribuisca sostanzialmente allo sviluppo integrale della persona indipendentemente dalle
modalità con cui si pratichi e dagli scopi che si intendano perseguire. La domanda è legittima,
alla luce di quanto sin qui esposto, ma si deve pur sempre tenere in debita considerazione che
lo sport è poliforme ed ambivalente, nel senso che se è vero che consente di liberare energie
psicofisiche latenti, è anche vero che esso è indicativo di asservimento agli idoli del prestigio
e del guadagno. D’altronde, come negare che esso possa essere, al contempo, dono di sé e
occasione di egoismo e di sopraffazione; luogo di incontro e di scontro? Lo sport può così
essere uno dei bisogni dell’uomo e, al contempo, uno dei mezzi con cui esprimere bisogni
primari e di autorealizzazione, che peraltro formano il mistero profondo dell’uomo. L’attività
sportiva è non solo divertimento o faticoso confronto alla ricerca di una vittoria, ma è anche
uno dei modi di ricerca e conoscenza di se stessi e degli altri, di convivenza con essi e, in
definitiva, di apertura ad una visione integrale dell’uomo. Non è tuttavia sufficiente tenerne
soltanto conto, è necessario invece prendere coscienza dello spessore umano e spirituale che
si può avvertire anche in questo campo, così da favorirne la realizzazione29.
Accanto a quanto già detto in precedenza, lo sport è considerato idoneo a creare nuovi
posti di lavoro, tanto da incoraggiare gli Stati ad adattare le infrastrutture sportive alle nuove
SILANCE, Les sports et le droit, Paris, 1998. Per l’Autore lo sport non è un nuovo campo d’indagine del diritto
o una sua branca particolare, posto che si tratta di un ambito che ha rapporti con tutte le specialità giuridiche: dal
diritto costituzionale al diritto amministrativo, al diritto della proprietà intellettuale, senza trascurare il diritto
privato, il diritto del lavoro, il diritto civile, fiscale oltre, beninteso, a quello internazionale e dell’Unione
Europea, campi d’indagine, questi ultimi due, di cui ci occupiamo in questa sede.
29
Non è casuale che anche l’attività sportiva si caratterizzi, non diversamente da altri campi (si pensi alle arti in
senso lato o alle attività nel campo dei servizi), per creatività, coraggio, solidarietà, entusiasmo, forza, rispetto
delle regole e degli altri, attività sociale, lavoro di gruppo, ricerca di qualità, amicizia, gioia di vivere e così via.
28
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esigenze e, così facendo, lasciando spazio anche alle diverse forme di volontariato e a quel
fenomeno noto come cittadinanza attiva30.
5. I diritti umani nello sport globale e il concetto di «pace positiva»
L’Unione Europea traccia cinque caratteristiche in chiave politico-istituzionale proprie
dello sport31 dalle quali emerge come questo svolga una:
a) funzione educativa, intesa come strumento per lo sviluppo umano a qualsiasi età;
b) funzione di sanità pubblica, così da meglio contribuire alla preservazione della salute e
della qualità della vita;
c) funzione sociale, necessaria alla promozione di una società più solidale all’integrazione
delle persone;
d) funzione culturale, al fine di un maggior radicamento da parte dei cittadini nel “proprio”
territorio;
e) funzione ludica, quale attività di elevata rilevanza per il tempo libero e per i divertimenti
sia a livello individuale che collettivo.
Inoltre, allo sport viene anche attribuita una funzione etico-morale, in quanto portatore
di valori quali la competizione dura, faticosa e leale, ma soprattutto il fair-play32.
Gli Stati reputano lo sport una delle forme di cooperazione per garantire la pace e la
sicurezza internazionale 33 , come mostrano le disposizioni rintracciabili in documenti di
30
Per cittadinanza attiva, in generale, si deve intendere il coinvolgimento attivo, in tutti i campi, dei cittadini
come partecipazione alla vita delle loro comunità, e quindi alla democrazia, in termini di attività e processo
decisionale.
31
PERLINGERI, Profili evolutivi del diritto dello sport, Napoli, 2001. TORTORA, IZZO, GHIA, GUARINO, DANESE,
NUCCI, NACCARATO, CASOLINO, NOVARINA, Diritto sportivo, Torino, 1998. VALORI, Il diritto nello sport, 2° ed.,
Torino, 2009.
32
MIEGE, Sport & Organizations Internationales, Paris, 2004. NAFZIGER, International Sports Law, New York,
2004.
33
Un esempio per tutti fu lo storico incontro di ping-pong tra Nixon e Mao. “Diplomazia del ping pong” è la
dicitura con la quale vengono indicati i colloqui sino-statunitensi degli anni ‘70, inaugurati, ad aprile del 1971,
da una storica partita di tennis tavolo tra le squadre nazionali dei due paesi, in seguito al 31º Campionato
Mondiale di Tennis Tavolo, svoltosi a Nogoya, Giappone, e che porteranno allo storico incontro tra Nixon e
Mao, del febbraio 1972. Questo storico incontro segnò anche la prima visita di cittadini americani sul suolo
cinese, dopo la vittoria delle armate rivoluzionarie di MAO TSE TUNG, se escludiamo alcuni militanti del Partito
delle Pantere Nere, unico referente negli Stati Uniti per Pechino. Successivamente, ci furono anche gli incontri
di ping pong tra Mao e Nixon e tra ZHOU ENLAI e KISSINGER. Sul punto cfr. KISSINGER, Le memorie di Henry
Kissinger. Gli anni della Casa Bianca, Milano, 1982 e Anni di crisi, Milano, 1982.
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rilevanza politica, e come testimoniato dalla dimensione di diritto “fondamentale” che gli si è
voluta attribuire, non fosse altro perché considerato importante fattore di comunicazione e di
dialogo tra gli individui e tra i popoli.
Da quanto sopra non si deve trarre l’errata impressione che lo sport in quanto risolve dei
problemi non ne sia, però, al contempo privo. In questo senso, va segnalato come, a nostro
avviso, esso vada coltivando in sé pericolose ed incontrollate tendenze che ne inquinano il
valore: l’eccessiva spettacolarizzazione, la violenza, il doping.
Considerata l’attenzione riservata ai valori più alti dell’esistenza umana, lo sport mostra
di essere uno dei mezzi attraverso cui l’uomo ha modo di far emergere la propria dimensione
di essere “finito” (sconfitta, infortuni, incapacità di altruismo o ad accettare un verdetto
negativo) e di essere “in-finito”, capace di risorgere dopo ogni tentativo di superare i propri
limiti. Non si tratta, dunque, di aggiungere nuovi contenuti allo sport, ma di evidenziare quelli
che gli sono propri e collocarli nella giusta direzione. Infatti, l’uomo altro non è che
competizione, vittoria e sconfitta, tensione alla perfezione e abisso di incertezze e come tale
vuole essere accettato, capito.
6. Conclusioni
Lo sport è fatto di simboli, di valori, di testimonianza e l’atleta viene considerato una
sorta di “pioniere” della cittadinanza universale
34
, oggi definita dallo jus positum
internazionale dei diritti umani. Ogni essere umano è legittimato a lottare, in modo pacifico,
per l’affermazione dei diritti fondamentali non per l’appartenenza anagrafica, ma come
testimone dello ius humanitatis rispetto allo ius soli e allo ius sanguinis35.
Tra i tanti problemi che il mondo sportivo si trova oggi ad affrontare e combattere, un
posto molto importante è occupato dal devastante fenomeno del doping. La legge del mercato
considera l’atleta alla stregua di un prodotto commerciale, la cui qualità dipende dai risultati,
poco importa come essi vengano conseguiti36; la paura dell’insuccesso e di vedere scemata
34
Sul concetto, analizzato in chiave critica, cfr. ZOLO, Chi dice umanità. Guerra, diritto e ordine globale,
Torino, 2000, idee che l’Autore sviluppa successivamente nel saggio La globalizzazione, Roma-Bari, 2004.
35
MAZZENTI PELLEGRINI, L'evoluzione dei rapporti tra fenomeno sportivo e ordinamento statale, Milano, 2007.
36
CAIGER, GARDINER, Professional unSport in the European Union: Regulation and Re-regulation, The Hague,
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quindi la propria quotazione tecnica, dunque anche economica visto lo stretto legame
esistente, può indurre fatalmente l’interessato a ricorrere all’aiuto farmacologico pur di
ottenere comunque la vittoria. In passato, soprattutto i Paesi dell'Europa dell’Est (DDR in
primis), hanno recitato il ruolo di precursori in questo campo, applicando il doping in
maniera sistematica nel periodo che va dagli anni cinquanta agli anni ottanta soprattutto sugli
atleti che partecipavano alle Olimpiadi.
Accanto ad un effetto economico-sociale del doping, consistente nell’offesa della lealtà
sportiva, nell’alterazione delle regole della libera concorrenza, esiste un ben più grave
problema igienico sanitario legato all’illecita manipolazione del corpo umano e ai gravi esiti
per la salute che questa manipolazione comporta. L’uso di sostanze proibite è sicuramente un
fenomeno a doppia lesione sia sotto il profilo della salute dell’atleta che dell’etica sportiva. In
riferimento a quest’ultimo aspetto, il ricorso al doping altera il principio della par condicio
perché l’atleta che fa uso di sostanze dopanti, aumentando il proprio rendimento, altera
artificiosamente a proprio vantaggio l’iniziale posizione di equilibrio tra i diversi partecipanti
alla competizione.
La Commissione Europea, preoccupata per il diffondersi del fenomeno, raccomanda che
il commercio di sostanze dopanti illecite abbia lo stesso trattamento del commercio di droga
nell’UE, tenendo conto dei rischi dall’uso di sostanze utilizzate per alterare la prestazione
sportiva. L’istituzione di un’agenzia mondiale contro il doping (WADA) e la conseguente
proposta di un Codice Antidoping mondiale unico37, sembrano essere un primo importante
passo verso la ristrutturazione della politica antidoping.
L’inserimento dello sport fra i diritti umani meritevoli di tutela, può essere inteso come
contributo allo sviluppo e alla promozione dei valori fondamentali riconosciuti
dall’ordinamento giuridico internazionale. Il cammino per uno sviluppo completo ed
armonioso dell’essere umano quale riflesso del quadro sopra delineato, è però ancora molto
arduo e lungo, poiché il tema del rispetto dei diritti umani risente delle volontà “politiche” dei
governi delle Grandi Potenze che, interessate a privilegiare lo sviluppo delle relazioni
2001.
37
Regolamento dell’attività antidoping 5 giugno 2001 adottato dal CONI.
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politiche, economiche e commerciali, si rivelano propense a non attribuire il giusto peso alle
spesso brutali violazioni dei detti diritti.
Ebbene queste scelte sono difficilmente conciliabili con lo spirito sportivo, quale
emerge dagli atti internazionali cui s’è fatto cenno, poiché lo sport è, appunto, rispetto per se
stessi e per gli altri, con tutto ciò che ne consegue quanto alle relazioni con gli altri, al di là di
qualsiasi differenza o discriminazione 38 , è tolleranza 39 , è capacità di riconoscere i propri
limiti e imparare a superarli.
Pur non escludendo che sport possa significare anche amicizia 40 e solidarietà 41 ,
riteniamo che sul punto sia preferibile soprassedere, trattandosi di due concetti che hanno
complessi risvolti psicologici, sociologici e filosofici che meriterebbero di essere indagati in
modo più approfondito rispetto a quanto non sia dato fare in questa sede.
TORRELLI, Vers une reconnaissance internationale d’un droit au sport, in COLLOMB, Sport, droit et relations
internationals, Paris, 1988.
39
Sul concetto di tolleranza, cfr. LOCKE, Scritti sulla tolleranza, Torino, 1977.
40
Per tutti, cfr. CREPET, Elogio dell’amicizia, Torino, 2012; ALBERONI, L’amicizia, Milano, 2002. Sotto il
profilo filosofico, ARISTOTELE, Etica Nicomachea, Milano, 1979, Libro IX e X; PLUTARCO, Come riconoscere
la vera amicizia, Prato, 2010 per il quale «l’amicizia è animale da compagnia, non da gregge» p. 48 ss.; NEPI,
Amicizia e giustizia tra antico e moderno, http://www.babelonline.net/PDF07/Paolo Nepi_Amicizia e giustizia
tra antico e moderno.
41
Il principio di solidarietà inizia a diffondersi tra il XVIII e il XIX secolo e proprio perché originario della
terminologia giuridica, a esso si connette anche quello di responsabilità . Sul concetto in esame, si rinvia a
RORTY, Contingenza, ironia e solidarietà, Roma-Bari, 1989.
38
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