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1
LA REGOLAZIONE EUROPEA DEI SERVIZI
PUBBLICI: UNA SVOLTA PER L’AFFERMAZIONE
DEL CONCETTO DI CITTADINANZA
AMMINISTRATIVA?
Claudio Costantino
Dottore di ricerca per l’Università Kore di Enna
ABSTRACT: Il mondo dei servizi pubblici investe trasversalmente diverse discipline del diritto e
materie affini, accendendo interrogativi e suscitando riflessioni di ampio respiro. La materia, infatti,
si presta ad analisi articolate da parte degli studiosi su molteplici ambiti d’intervento, proponendo
svariate interpretazioni sulle diverse questioni, prettamente giuridiche e non, che possono essere
sollevate nei differenti ambiti disciplinari.
Certamente, il filo conduttore della vasta indagine che il mondo dei servizi pubblici offre agli studiosi
passa per il principio che devono essere garantiti ai cittadini alcuni servizi, essenziali e non, da parte
della Pubblica Amministrazione - generalmente intesa quale apparato amministrativo di ciascuno
Stato membro - in quanto aventi una rilevanza collettiva che investe quotidianamente le esigenze dei
singoli individui. Il settore dei servizi pubblici, infatti, è oggetto delle scelte politiche degli Stati
membri nella propria azione di governo: in base alle azioni intraprese dagli Stati, si estrinseca l’idea
di “interesse pubblico” e del tipo di welfare che questi intendono perseguire.
Sotto questo aspetto, il libero accesso ai servizi pubblici da parte dei cittadini europei costituisce
un’essenziale fattore di inclusione sociale capace di enfatizzare la figura del cittadino-utente ed, al
tempo stesso, assume un’importanza straordinaria per l’affermazione di questi diritti “atipici”, nuovi
e di ultimissima generazione. Scopo della ricerca è, pertanto, verificare se il collegamento esistente
tra cittadinanza, diritti civili e politici produca i suoi effetti anche nel campo dei servizi pubblici
“primari”, contribuendo alla configurazione di una nozione di “cittadinanza amministrativa
europea”. Nello specifico, attraverso il valore giuridico che la nozione di cittadinanza amministrativa
sta assumendo nel contesto europeo, ci si propone di verificare se l’insieme dei diritti sociali che tale
concetto conferisce ai cittadini europei – tra cui proprio il libero, efficace ed efficiente accesso ai
servizi pubblici – possa attribuire in capo ai singoli cittadini, diritti e pretese, legittimamente
rivendicabili, nei confronti delle autorità pubbliche nazionali o locali, soprattutto nei casi di
inadempimento o di inadeguatezza degli standard qualitativi o, addirittura, in caso di mancata di
erogazione del servizio.
A tale scopo è necessario comprendere fino a che punto il dinamismo giuridico del concetto di
cittadinanza europea può colmare il gap relativo all’assenza di una specifica ed organica disciplina
sovranazionale in materia di servizi pubblici ed, al tempo stesso, chiedersi se la garanzia per il
cittadino di ricevere standard minimi e comuni di tutela sociale tra tutti i paesi membri, può
rafforzare il percorso integrativo ed il concetto di identità europea. Ciò anche per la consapevolezza,
ormai riconosciuta a livello europeo, che i servizi pubblici svolgono un ruolo di primo ordine per lo
sviluppo dell’occupazione e per il rafforzamento delle politiche sociali, contribuendo alla creazione in
Europa di un contesto più favorevole per la corretta applicazione dei diritti e degli obblighi di
lavoratori e imprese. In tal senso, proprio i fondi strutturali dell’UE hanno l’obiettivo di sostenere e
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agevolare lo sviluppo di good practies e di potenziare i servizi connessi alla crescita dell’economia di
mercato.
Mediante un’interpretazione innovativa delle basi giuridiche relative al riconoscimento dei servizi
pubblici nell’ordinamento europeo, contenute nel TFUE, nella Carta di Nizza e nel Protocollo al
Trattato di Lisbona, viene sviluppata l’idea secondo cui tramite il concetto di cittadinanza
amministrativa europea possano essere riconosciuti, a livello giuridico e sociale, una serie di diritti a
ciascun cittadino nell’erogazione dei servizi pubblici da parte delle Autorità nazionali rilevando, al
tempo stesso, che lo sviluppo di una politica di coesione a livello sovranazionale e l’affermazione dei
diritti sociali nell’Unione hanno incontrato la resistenza delle spinte nazionalistiche e di diverse
priorità da parte delle Istituzioni europee relative alla crescita dell’economia di mercato, creando
difficoltà e numerosi impedimenti per la realizzazione di un sistema sociale comune
PAROLE CHIAVE: Cittadinanza amministrativa, Servizi pubblici, Diritti sociali, Politica di coesione
1. Premessa e ambito di ricerca
Il concetto di cittadinanza europea e le diverse implicazioni che tale status produce nella
vita quotidiana dei cittadini dell’Unione Europea (di seguito, l’“Unione” o l’“UE”), hanno
attratto l’attenzione di studiosi e giuristi nel corso degli anni, in quanto offrono spunti di
riflessione e di dibattito per la comunità scientifica1
, collocandosi al tempo stesso tra le
materie oggetto di numerosi contenziosi instaurati innanzi alle corti giurisdizionali nazionali
ed europee.
1
Sul tema della cittadinanza europea, vd. SINAGRA, La cittadinanza europea dei lavoratori, in Rassegna
Parlamentare, 1966, 9-10, p. 573; ADAM, Prime riflessioni sulla cittadinanza dell’Unione, in Rivista di Diritto
Internazionale, 1992; LIPPOLIS, La cittadinanza europea, 1994; VILLANI, La cittadinanza dell’Unione europea,
in Studi in ricordo di Antonio Filippo Panzera, II, 1995; CARTABIA, Voce Cittadinanza europea, in Enc. Giur.,
vol. VI; NASCIMBENE, Nationality Laws and Citizenship of the European Union Towards a European Law on
Nationality?, in NASCIMBENE, Nationality Laws in the European Union, 1996; GROSSO, Le vie della
cittadinanza. Eterogeneità dei principi, pluralità delle forme, 1997; BARTOLE, La cittadinanza e l’identità
europea, in Quaderni Costituzionali, 2000; PARISI, (a cura di), Cittadinanza e identità costituzionale europea,
2001; CERRONE, La cittadinanza europea fra costituzione ed immaginario, in Rivista critica di diritto privato,
2002; BARBER, Citizenship, nationalism and the European Union, in European Law Review, 2002; BULVINAITE,
Union Citizenship and its Role in the Free Movement of Persons Regimes, in Web Journal of Current Legal
Issues, 2003; ROSSI, I cittadini, in TIZZANO (a cura di), Il diritto privato dell’Unione Europea, I, 2006; ROSTEK,
GARETH, The impact of Union citizenship on national citizenship policies, in European Integration Online
Papers, 2006; SINAGRA, La cittadinanza nella evoluzione del diritto interno, del diritto internazionale e del
diritto comunitario, in LANCHESTER, T. SERRA (a cura di), “Et si omnes”, Scritti in onore di Francesco
Mercadante, 2008; VALVO, Recensione su “La cittadinanza e le cittadinanze nel diritto internazionale” di
PANELLA, in Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale, 2009.
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In particolare, il dibattito giurisprudenziale e dottrinale in materia si è sviluppato, in via
diretta e mediata, intorno al processo di integrazione europea e sull’effettiva creazione di
un’identità europea condivisa tra tutti i cittadini.
Non si può nascondere infatti che, nonostante le innumerevoli difficoltà legate al
contesto politico-territoriale sovranazionale ed alle differenze tra un’epoca storica e un’altra,
il lungo processo integrativo (culturale, economico, sociale) è stato fondato su alcuni capisaldi
normativi intangibili per i cittadini europei. Sull’assunto che creare un’identità comune per
tutti i cittadini dei Paesi membri significhi unire gli stessi all’interno di una medesima
comunità, nel corso degli anni vi è stata una proliferante evoluzione normativa scandita dalle
seguenti principali tappe: il Trattato di Roma, l’Atto Unico Europeo, i Trattati di Maastricht
ed Amsterdam, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (di seguito, la “Carta di
Nizza” o la “Carta”) ed il Trattato di Lisbona.
Parallelamente, tra il sistema comunitario ed i singoli ordinamenti nazionali si sono
sviluppate molteplici interdipendenze, che hanno determinato una profonda influenza del
diritto europeo, nel suo progressivo espandersi e articolarsi, sul diritto amministrativo
nazionale degli Stati membri: non solo per l’ovvia considerazione “empirica” per cui esso ha
inciso il più delle volte su materie oggetto del diritto pubblico, ma anche perché ha tracciato la
strada verso un effettivo riconoscimento, da parte delle autorità nazionali, dei diritti dei
cittadini. Ed infatti, l’ordinamento europeo ha sempre dimostrato particolare attenzione alle
questioni relative all’esercizio del potere autoritativo e alla sua incidenza nei riguardi delle
situazioni giuridiche degli amministrati. Proprio questo processo di influenze reciproche tra i
diversi Stati membri ha fatto sì che il diritto europeo costituisse un proprio sistema di regole
sulla scorta dei diritti amministrativi nazionali, codificando una serie di principi e valori che
rappresentano i punti cardine per l’attività legislativa degli Stati membri2
.
2
Per un maggiore approfondimento sul tema, vd.Trattato di diritto amministrativo europeo (a cura di) CHITI -
GRECO, Parte Speciale, I, 2007; HARTLEY, The foundations of European Community law, 2007; KINGSBURY,
KRISCH and STEWART, Law and Contemporary Problems, Vol. 68, No. 3/4, in The Emergence of Global
Administrative Law (Summer - Autumn, 2005), pp. 15-61; CARANTA, GERBRANDY, Traditions and Change in
European Administrative Law, 2011; CRAIG, EU Administrative Law, 2006.
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Oggi, in forza di queste basi giuridiche consolidate, l’UE punta a stimolare un dibattito
sui benefici e sulle potenzialità della cittadinanza europea, ovvero sul diritto di circolare e di
soggiornare liberamente all’interno del territorio dell’Unione, incoraggiando e rafforzando la
partecipazione civica e democratica attiva dei cittadini, la coesione sociale, la diversità
culturale, la solidarietà, la parità tra donne e uomini, il rispetto reciproco e un senso di
un’identità comune europea tra tutti i cittadini dell’Unione, sulla base dei valori fondamentali
sanciti nel Trattato sull’Unione Europea (di seguito, “TUE”) e nel Trattato di Funzionamento
dell’Unione Europea (di seguito, “TFUE”), nonché nella Carta.
Invero, nonostante l’indubbio arricchimento della dimensione sociale e culturale
dell’UE e l’armonizzazione giuridica sviluppatasi negli ultimi anni tra i vari ordinamenti
nazionali, non si può sostenere che il processo integrativo abbia raggiunto gli obiettivi
desiderati, in quanto il percorso identitario rimane tutt’oggi per molti aspetti incompiuto,
anche a causa delle forti spinte nazionalistiche che stanno scuotendo il baricentro della
politica europea e che potrebbero mettere alla prova i cittadini europei nella scelta di rimanere
o non nell’Unione. Ed infatti, qualora il sentimento anti-europeo dovesse prevalere, le scelte
politiche dei Paesi membri determineranno l’interruzione del percorso di rafforzamento
dell’UE e, pertanto, comporteranno il definitivo tramonto del progetto degli Stati Uniti
d’Europa3
.
In effetti, l’evoluzione del processo integrativo ha lasciato il cittadino europeo in una
sorta di “limbo identitario” nel quale, da un lato, manifesta la volontà di beneficiare dei diritti
del mercato unico e, dall’altro, di tornare al vecchio Stato - Nazione che sotto un profilo
economico e sociale ha sempre offerto maggiori garanzie di stabilità. Ciò anche in
considerazione del fatto che il concetto di solidarietà sociale in Europa è strettamente
connotato da una dimensione particolaristica che si sostanzia entro i confini nazionali; la
3
Un sistema di governo che prescinda da sistemi decisionali basati sulla negoziazione e che sia in grado di
andare oltre il problema del deficit di sovranità e di democraticità, potrebbe determinare una riallocazione
dell’Europa politica a livello internazionale, al fine di recuperare i cittadini europei in vista di un avvicinamento
alle Istituzioni. Del resto, l’identità europea non nega, né tantomeno potrebbe mai rifiutare, la coesistenza di una
pluralità di identità nazionali; in tal senso, è necessario riaffermare la propria multiculturalità e, quale criterio
guida, il concetto di “unità nella diversità”.
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dimensione sociale, essendo retta da vincoli di reciprocità e da competenze fondate a livello
nazionale, non ha consentito ai cittadini dell’UE di accedere ad un sistema di welfare europeo
che li potesse accomunare, superando le differenze e le diseguaglianze tra i vari ordinamenti.
Al di là delle apparenze, infatti, il modello binario della cd. doppia cittadinanza, non ha
permesso una condivisione tra le diverse identità europee né tantomeno ha incentivato lo
sviluppo delle potenzialità che il concetto stesso di cittadinanza riveste.
Orbene, nel tentativo di unificare quantomeno concettualmente la dimensione sociale
con quella politica e amministrativa tra i diversi paesi membri, si è intesa utilizzare la nozione
di “cittadinanza amministrativa europea” per connotare il concetto di cittadinanza di una serie
di prerogative relative al libero, pieno ed effettivo esercizio dei diritti sociali da parte di
ciascun cittadino nel territorio europeo4
. Infatti, l’assolvimento degli obblighi di servizio
pubblico e delle esigenze sociali della popolazione europea, rappresentando la duplice
dimensione sociale e culturale della cittadinanza, costituiscono valori fondanti il processo di
integrazione europea; tali principi, legati alla forza giuridica che il concetto di cittadinanza
riveste, quale diritto fondamentale riconosciuto dai trattati, si qualificano come garanzia per
ogni cittadino di accedere liberamente alle prestazioni sociali che ciascun paese
dell’ordinamento UE offre, quantomeno secondo livelli e standard comuni tra tutti i paesi.
In realtà, è pur vero che la natura “assoluta” dei diritti civili e politici – tipici della
cittadinanza – è diversa da quella più relativa e condizionata dei diritti sociali o di quelli
amministrativi, il cui diverso ruolo varia in funzione del diverso ruolo attribuito allo Stato ed
al mercato nei vari paesi membri; ma alcune prestazioni essenziali, devono essere garantite a
tutti, pur in presenza di quella sorta di “relativismo sociale” prodotto dal mercato unico5
.
4
Sul punto, vd. BARBALET, Cittadinanza, diritti, conflitto e disuguaglianza sociale, 1992; FERRERA,
Integrazione europea e sovranità sociale dello Stato nazione: dilemmi e prospettive, in Rivista italiana di
scienza politica, 2000, n. 1, pp. 393-421; TILLY, Citizenship, identity and social history, 1996; ZINCONE,
Cittadinanza: trasformazioni in corso, in Filosofia Politica, vol. XIV, n.1, pp. 71-98, 2000; BONAZZI, DUNNE,
Cittadinanza e diritti nelle società multiculturali, 1994; ROSSI, La porta stretta: prospettive della cittadinanza
post-nazionale, in Quaderni costituzionali, aprile 2008.
5
GALLO, I servizi d’interesse economico generale. Stato, Mercato e Welfare nel diritto dell’Unione europea,
2010, p. 753.
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Sotto questo aspetto, il libero accesso ai servizi pubblici da parte dei cittadini europei
costituisce un’essenziale fattore di inclusione sociale capace di enfatizzare la figura del
cittadino-utente ed, al tempo stesso, assume un’importanza straordinaria per l’affermazione di
questi diritti “atipici”, nuovi e di ultimissima generazione.
Scopo della ricerca è, pertanto, verificare se il collegamento esistente tra cittadinanza,
diritti civili e politici produca i suoi effetti anche nel campo dei servizi sociali e fondamentali,
contribuendo alla configurazione di una nozione di “cittadinanza amministrativa europea”.
Nello specifico, attraverso il valore giuridico che la nozione di cittadinanza amministrativa sta
assumendo nel contesto europeo, ci si propone di verificare se l’insieme dei diritti sociali che
tale concetto conferisce ai cittadini europei – tra cui proprio il libero, efficace ed efficiente
accesso ai servizi pubblici – possa attribuire in capo ai singoli cittadini, diritti e pretese,
legittimamente rivendicabili, nei confronti delle autorità pubbliche nazionali o locali,
soprattutto nei casi di inadempimento o per l’inadeguatezza degli standard qualitativi o,
addirittura, in caso di mancata di erogazione del servizio.
A tale scopo è necessario comprendere fino a che punto il dinamismo giuridico del
concetto di cittadinanza europea può colmare il gap relativo all’assenza di una specifica
disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici ed, al tempo stesso, chiedersi se la
garanzia per il cittadino di ricevere standard minimi e comuni di tutela sociale tra tutti i paesi
membri, può rafforzare il percorso integrativo ed il concetto di identità europea.
Sarebbe anche opportuno comprendere come i vari Paesi membri, nell’esercizio della
loro competenza in materia, abbiano regolamentato tali settori, alla luce delle differenti
esperienze gestionali locali, che hanno portato a risultati di eccellenza in alcuni casi, di
desolazione in altri; ma in questa sede, mi limiterò a porre alcuni spunti di riflessione con
riferimento alla possibilità che una regolamentazione dei servizi pubblici a livello europeo che
garantisca certezze e diritti alla popolazione europea – proprio in considerazione della loro
ondivaga “disciplina”, che sarà ripresa infra – possa rafforzare il percorso integrativo ed
identitario dell’UE. A tal proposito, infatti, è legittimo domandarsi come il sistema sociale
abbia funzionato in questi anni e se la competenza degli Stati nel settore delle politiche sociali
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e del welfare abbia indotto all’attivazione di una sana “competizione” tra i vari paesi, nel
garantire una migliore tutela ai propri cittadini, oppure se ciascuno abbia agito
indipendentemente pensando esclusivamente al livello di servizi erogato nei confronti dei
propri cittadini.
La presente ricerca, pertanto, non intende compiere un’esegesi dei diritti fondamentali
di cittadinanza, sanciti nei trattati e nella Carta, attinenti alla sfera civile e politica e alla
libertà di circolazione6
; si propone, piuttosto, di ragionare sulla possibilità che i principi di
cittadinanza svolgano un ruolo centrale nell’accesso e nell’erogazione dei servizi pubblici, nel
loro collegamento con la protezione e l’esercizio dei diritti di cittadinanza. È indubbio, infatti,
che i servizi pubblici rappresentino valori condivisi da tutte le società europee e costituiscano
un ruolo fondamentale per migliorare la qualità di vita di tutti i cittadini.
In definitiva, una maggiore attenzione da parte dell’Europa nei confronti della tutela dei
diritti sociali e del libero accesso ai servizi pubblici nei paesi membri, sia a livello normativo
sia a livello istituzionale, può rappresentare una svolta per il lungo e farraginoso percorso
d’integrazione europea?
2. Lo sviluppo del concetto di cittadinanza amministrativa europea: un
vettore per l’affermazione dei diritti sociali nell’Unione
Il concetto di cittadinanza rappresenta oggi una pietra miliare del percorso integrativo
ed identitario dell’intera collettività europea: la possibilità di vivere in un unico territorio
prescindendo dalla appartenenza originaria alla comunità e valorizzando il concreto
inserimento nella medesima costituisce, ancor’oggi, per tutti i cittadini europei uno dei
principali leitmotiv di questa Unione.
Considerando che è rimessa alla piena discrezionalità degli Stati membri la decisione
circa le modalità di acquisto e di perdita della propria cittadinanza, l’individuo appartenente
6
Sul punto vd. VILLANI, La cittadinanza dell’Unione Europea, in Scritti in ricordo di A. F. Panzera, vol. II,
1995, p. 1001; BERTI, Cittadinanza, cittadinanze e diritti fondamentali, in Rivista di diritto costituzionale, 1997,
p. 12; CIANCIO, I diritti politici tra cittadinanza e residenza, in Quaderni costituzionali, 2002; RESCIGNO,
Cittadinanza: riflessioni sulla parola e sulla cosa, in Rivista di diritto costituzionale, 1997.
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ad un paese dell’Unione è contemporaneamente titolare dello status di cittadino della propria
Nazione e anche, all’interno degli altri ordinamenti nazionali europei, dei diritti e dei doveri
propri degli altri Stati. Il concetto di cittadinanza europea, infatti, si riferisce alla titolarità di
una serie di diritti all’interno dell’UE che consentono di usufruire di una speciale disciplina
giuridica, applicabile in quel luogo ad ogni individuo e/o impresa che appartiene all’Unione,
pur non essendo cittadino di quello Stato. Pertanto, la cittadinanza europea è una qualità che si
aggiunge a quella nazionale e, essendo le qualità delle cittadinanze nazionali differenziate,
implica che all’interno dell’Unione Europea vi sia in ogni caso una cittadinanza a geometria
variabile7
, collegata ai diritti che ciascuna collettività riconosce.
Orbene, anche alla luce dell’osmosi giuridica tra sistema nazionale e sovranazionale, la
dottrina ha inteso sviluppare una nuova idea di cittadinanza, cd. amministrativa8
. Questa,
infatti, è stata ritenuta da parte della giurisprudenza UE in materia di libertà di circolazione un
corollario del più ampio concetto di cittadinanza europea9
. Con tale termine, nello specifico,
si è inteso un quid pluris rispetto al concetto generale di cittadinanza, ovvero intendendo sia la
titolarità di diritti politici sia una serie di posizioni variamente riconducibili all’individuo per
il solo fatto di fare parte di una determinata realtà. Nei rapporti tra il singolo e la comunità, ad
esempio, è necessario garantire al cittadino sia il diritto di prestazione del servizio pubblico
sia il diritto funzionale di partecipazione alla vita amministrativa dello Stato; pertanto, non
soltanto il riconoscimento di diritti di partecipazione alle elezioni ed alla vita politica (tipici
7
Per riprendere un concetto espresso da RODOTÀ, in Repertorio di fine secolo, 1991.
8
Si veda MANGANARO, ROMANO TASSONE, Dalla cittadinanza amministrativa alla cittadinanza globale, 2005;
DI NICOLA, SAPORITI, Cittadinanza o cittadinanze: la crisi dello Stato sociale in universalismo e logica delle
appartenenze, Atti del seminario di studi, Università degli studi del Molise, novembre 1993; GROSSO, La
cittadinanza: appartenenza, identità e partecipazione dallo Stato liberale alla democrazia contemporanea, in
VIOLANTE (a cura di), Legge, diritto, giustizia, 1998.
9
Utilizzando quale parametro interpretativo il principio di non discriminazione, la CGUE si è espressa in materia
con le sentenze Ioannidis del 15 settembre 2005, causa C- 258/04, Raccolta, p. I-8275, punti 22-25 e Schwartz et
Gooties dell’11 settembre 2007, causa C-76/05, Raccolta, p. I 6849, punti 90-93, in cui i giudici hanno applicato
l’articolo 45 TFUE rispettivamente al caso di un cittadino richiedente l’indennità di disoccupazione giovanile, a
prescindere dal suo status di lavoratore dipendente o autonomo, e al caso in cui è stata riconosciuta
un’agevolazione fiscale ad alcuni genitori per l’iscrizione del proprio figlio in una scuola situata in un paese
diverso rispetto a quello della propria cittadinanza.
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del concetto di cittadinanza), ma anche dei diritti specifici di prestazione collegati all’accesso
ai servizi pubblici che ciascuna collettività organizza.
Invero, seppur il concetto di cittadinanza europea non appare particolarmente ricco di
diritti (la libertà di circolazione e soggiorno, i diritti elettorali, la protezione diplomatica, il
diritto di presentare petizioni al Parlamento e di rivolgersi al mediatore comunitario, ecc.),
all’interno di questo settore, non possono non rientrare alcuni principi e diritti collaterali che
traggono direttamente origine dal concetto stesso di cittadinanza. Per esempio, il diritto ad una
buona amministrazione, da cui scaturiscono diritti di natura procedimentale, ovvero il diritto
d’accesso ai documenti, a riprova che anche quella cittadinanza ha connotazioni
amministrative agli altri diritti amministrativi nazionali.
Ed ancora, è ormai riconosciuto che il diritto ad ottenere una qualità della vita
accettabile sia parte integrante del concetto stesso di cittadinanza; tale diritto, peraltro, non si
concretizza in un esercizio uti singoli, come se spettasse unicamente ad un soggetto avulso
dalla comunità nella quale vive ma, invece, deve essere inteso nel senso di una possibilità
spettante a colui che opera e vive in una singola collettività, nella quale può essere titolare di
diritti particolari derivanti dalle caratteristiche di quella comunità specifica. Poi il livello delle
prestazioni erogate da ciascuna comunità possono essere qualitativamente differenti rispetto a
quelle di altre collettività, pur dovendosi tenere conto del livello essenziale che a tutti deve
essere garantito, soprattutto nei confronti dei servizi pubblici essenziali quali l’energia
elettrica, l’acqua, i trasporti, la salute, l’istruzione, ecc. Questi, infatti, costituiscono diritti
sociali basilari il cui esercizio rappresenta il presupposto per l’esercizio di altri diritti
fondamentali, non solo sociali.
In tutti i casi, il concetto stesso di cittadinanza amministrativa dell’UE impone agli Stati
di esercitare un “certo grado di solidarietà interstatale”10
, che potrà essere valutato tramite
l’esercizio di un sindacato di merito sulle scelte degli Stati membri in settori riservati alla loro
sovranità. Ad esempio, negare agli stranieri benefici sociali garantiti ai cittadini nazionali dal
10
CGUE, sentenza 20 settembre 2001, causa C-184/99, Grzelczyk, in Racc..
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sistema di sicurezza sociale nazionale non è legittimo se ciò non configura come un “onere
irragionevole”, ovvero se non si giustifica in ragione del grado d’integrazione del richiedente
nello Stato ospitante e del tipo di prestazione richiesta11
.
Pertanto, la libertà di circolazione, anche grazie alla giurisprudenza UE sviluppatasi in
materia, ha assunto la connotazione di principio utile a riconoscere il diritto alle prestazioni
sociali per tutti i cittadini direttamente da parte dell’ordinamento UE. La Corte di Giustizia
dell’Unione Europea (di seguito, la “Corte” o la “CGUE”) ha, infatti, dimostrato la possibilità
di utilizzare le norme del Trattato in materia di cittadinanza per superare anche i limiti posti
dal diritto derivato12
.
Ed è proprio a garanzia della massima effettività dei principi e delle norme che
sovraintendono alla regolazione del welfare europeo, che è stata fornita un’interpretazione
estensiva dell’articolo 21 TFUE da parte della CGUE che, attribuendo a tutti i cittadini europei
la facoltà di circolare liberamente, renderebbe illegittimo qualsiasi trattamento
discriminatorio, anche di tipo sociale, fondato sulla nazionalità (in ossequio al generale
principio sancito dall’articolo 18 TFUE). Ciò chiaramente non significa che chiunque soggiorni
in uno Stato membro abbia titolo per accedere al welfare di quello Stato, posto che l’esigenza
di garantire l’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale nazionale renda
ammissibile riservare le prestazioni sociali solo a chi, lavorando, contribuisce a sostenere
economicamente tale sistema; ed infatti, la piena parità di trattamento è assicurata solo a chi si
sposta sul territorio dell’UE in qualità di lavoratore ai sensi dell’articolo 45 TFUE.
In conclusione, il riconoscimento giuridico di tali diritti (non discriminazione, parità di
trattamento, libertà di circolazione, ecc.), sia a livello normativo, sia livello giurisprudenziale,
consente, da un lato, di utilizzare la loro portata applicativa quale parametro di legittimità per
11
CGUE, sentenza 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martinez Sala, in Racc.. A partire dalla celebre sentenza
Martinez Sala, si è così proceduto a una progressiva erosione dei limiti posti all’accesso di cittadini stranieri non
economicamente attivi alle prestazioni di welfare, creando un evidente beneficio per soggetti in cerca di
occupazione, disoccupati e studenti.
12
SPAVENTA, The Constitutional Impact of the Union Citizenship, in The Role of the Courts in Developing a
European Social Model, NEERGAARD, NIELSEN and ROSEBERRY (edited by), 2010, pp. 141 ss. Sul punto vd.
anche ORLANDINI, Libertà economiche e cittadinanza, in www.europeanrights.eu, 2011.
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l’adozione di atti normativi dell’UE e, dall’altro, di tutelare le singole posizioni giuridiche
soggettive di ogni individuo. Invero, ad oggi, non esistendo una regolazione europea della
materia dei servizi pubblici, gli Stati possono esercitare liberamente le proprie competenze ed
i cittadini difficilmente possono rivendicare servizi qualitativamente e quantitativamente
adeguati in relazione agli standard europei.
3. Fonti normative e principi comuni: brevi cenni sui servizi pubblici in
Europa
Per sviluppare l’indagine sul ruolo dei diritti sociali e dei servizi pubblici
nell’evoluzione del processo integrativo dell’UE non possiamo non soffermarci, seppur
brevemente, sull’analisi delle fonti normative e del complesso di regole e principi che
regolano tale sistema.
Prima, però, appare opportuno chiarire, anche a scopo metodologico, che nell’ambito
dell’ordinamento comunitario non esiste una nozione uniforme di servizio pubblico; esistono,
piuttosto, una pluralità di nozioni utilizzate da ciascuno Stato per definire, con sfaccettature
diverse, il predetto concetto. Ed infatti, il legislatore europeo ha deciso di non definire la
nozione di servizio pubblico, proprio per la consapevolezza della eterogeneità di significati
che tale concetto assume nei diversi sistemi giuridici nazionali. Altresì, sono varie le
espressioni utilizzate dalle Istituzioni europee sia negli atti di soft law, sia nelle fonti
normative, sia in diverse attività istituzionali: servizi d’interesse generale, servizi d’interesse
economico generale, servizi d’interesse generale non economici, servizi di pubblica utilità,
servizio sociale di interesse generale, ecc. Comunque, senza dare troppo peso alle questioni di
tipo nominalistico, allo stato, gli sforzi compiuti dalle Istituzioni europee nel sintetizzare e
rielaborare i valori ed i principi comuni a tutti gli Stati membri, anche alla luce delle diverse
esperienze nazionali, si sono concentrati prevalentemente su alcune nozioni che, di seguito, si
riassumono.
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Per servizi d’interesse generale (di seguito, i “SIG”) si intende quella serie di attività che
le autorità pubbliche considerano d’interesse generale e che, pertanto, possono essere
assoggettate a specifici obblighi di servizio pubblico.
All’interno di tale categoria sono compresi i servizi d’interesse economico generale (di
seguito, i “SIEG”)13
ovvero quella serie di attività analoghe, per elementi costitutivi, ai servizi
pubblici economici nell’ordinamento italiano, ai services publics a caractère industriel et
commercial nel sistema amministrativo francese e della public utility nel modello liberale
anglosassone14
.
La fornitura e l’organizzazione di tali servizi sono soggette alle norme dei trattati in
materia di mercato interno e concorrenza poiché l’attività è di carattere economico. Nel caso
delle grandi imprese di rete aventi una dimensione europea, quali le telecomunicazioni,
l’elettricità, il gas, i trasporti e i servizi postali, i servizi sono disciplinati da un quadro
normativo UE specifico. Altri servizi di interesse economico generale, ad esempio quelli nel
settore della gestione dei rifiuti, dell’approvvigionamento idrico o del trattamento delle acque
13
A partire dalla seconda metà degli anni 90, maggiore attenzione è stata dedicata dalla Commissione europea
sul tema dei SIEG: in particolare vd., Comunicazione su “I servizi di interesse generale in Europa” del
11.09.1996; la Comunicazione su “I servizi di interesse generale in Europa”, del 19.01.2001; il Libro Verde su “I
servizi di interesse generale” del 21.05.2003; il Libro Bianco su “I servizi di interesse generale” del 12.05.2004;
la Comunicazione su “I servizi di interesse generale, compresi i servizi sociali di interesse generale: un nuovo
impegno europeo” del 20.11.2007; la Comunicazione Commissione “Un quadro di qualità per servizi di interesse
generale” del 20.12.2011. Per un maggiore approfondimento sul tema in campo europeo, vd. CRUZ, Beyond
Competition: Services of General Interest and European Community Law, in DE BÚRCA (ed), EU Law and the
Welfare State. In Search of Solidarity, 2005, p. 169 e ss.; SIERRA, Exclusive rights and state monopolies under
EC law, 1999; SIERRA, Article 86, Exclusive Rights and Other Anti‐Competitive State Measures, in Faull and
Nikpay, The EC Law of Competition, 2007; HOLMES, The Control of State Action under EC Competition Law, in
KORAH, Competition Law of the European Community, 2005; SAUTER, Services of general economic interest
and universal service in European Law Review, 2008, p. 167 e ss.; SZYSZCZAK, The Regulation of the State in
Competitive Markets in the EU, 2007; SCHWEITZER, Daseinsvorsorge, “Service Public”, Universaldienst, 2002.
14
L’individuazione del significato della locuzione SIEG è stata per lungo tempo operata prevalentemente dalla
giurisprudenza della CGUE: vd., ad esempio, la sentenza Corbeau in tema di gestione del servizio postale
(sentenza 19 maggio 1993, in causa C-320/91), in cui la Corte riconduce i SIEG a quelli diretti a soddisfare un
interesse essenziale per la collettività e prestati con i caratteri dell’universalità, vale a dire a chiunque ne faccia
richiesta, ad un prezzo uniforme e ragionevole, indipendentemente dalla redditività di ogni singola operazione
(servizio postale di base). Nelle sentenze del Comune d’Almelo e Monopoli nazionali energia (sentenze 27
ottobre 1997, in cause C-157/94, C-158/94, C-159/94 e C-160/94), la Corte ha rilevato l’interesse generale nella
garanzia dell’approvvigionamento continuo di energia elettrica in tutto il territorio oggetto della concessione, a
tutti gli utenti – distributori locali o consumatori finali – nelle quantità richieste in qualsiasi momento, a tariffe
uniformi e a condizioni che possono variare solo secondo criteri obiettivi applicabili all’intera clientela.
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reflue, non sono oggetto di regolamentazione autonoma a livello UE. Tuttavia, a taluni aspetti
del servizio si applicano norme comunitarie specifiche, quali quelle in materia di appalti
pubblici o di protezione dell’ambiente e dei consumatori15
.
La categoria dei SIEG, dovrebbe contrapporsi ai servizi d’interesse generale non aventi
carattere economico/commerciale (di seguito, “SNEIG”): tali servizi rientranti nelle prerogative
statali tradizionali quali la polizia, la giustizia e i regimi legali di sicurezza sociale, il
mantenimento della sicurezza della navigazione aerea, il controllo della circolazione
marittima e la sicurezza marittima, l’organizzazione, il finanziamento e l’esecuzione di misure
penitenziarie allo scopo di garantire l’attuazione del sistema penale, non sono oggetto di
normativa UE specifica, né sono assoggettati alle norme dei trattati in materia di mercato
interno e concorrenza.
Infine, per completezza, è opportuno specificare che è stata configurata un’ulteriore
categoria, i cd. servizi sociali d’interesse generale (di seguito, “SSIG”) la cui nozione non è
specificata nel TFUE né nel diritto derivato dell’Unione16
. Tali servizi possono avere un
carattere economico – in tal caso coincidono con i SIEG – o non economico a seconda
dell’attività svolta. In quest’ultimo caso, il fatto che l’attività interessata sia di tipo “sociale”
15
Una serie di SIEG, inoltre, è assoggettata al quadro regolamentare istituito dalla direttiva relativa ai servizi nel
mercato interno (Direttiva Servizi, 2006/123/CE), che promuove l’obiettivo di agevolare la libertà di stabilimento
dei prestatori di servizi in altri Stati membri e la libertà di prestazione di servizi tra gli Stati membri, anche
ampliando l’offerta e migliorando la qualità dei servizi. I SIEG (es. settore dell’elettricità e del gas) sono servizi
prestati dietro corrispettivo economico e rientrano, in linea di principio, nel campo di applicazione della direttiva
servizi. La Direttiva Servizi, invece, non si applica ai SNEIG ed ad alcuni servizi come quelli sanitari, sociali
riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia, il sostegno alle famiglie e alle persone in stato di
bisogno. Altri SIEG, invece, sono regolati da direttive specifiche come i servizi di comunicazioni, trasporti e
audiovisivi Nel caso, in cui i SIEG siano disciplinati da disposizioni specifiche dettate da direttive già esistenti,
queste ultime prevarranno in caso di conflitto con una delle disposizioni della Direttiva Servizi.
16
Nello specifico, nella Comunicazione "Attuazione del programma comunitario di Lisbona: i servizi sociali
d’interesse generale nell’Unione europea” n. 177 del 26 aprile 2006, la Commissione ha individuato, oltre ai
servizi sanitari propriamente detti, due gruppi principali di SSIG: (i) i regimi obbligatori previsti dalla legge e i
regimi complementari di protezione sociale, con vari tipi di organizzazioni (mutue o regimi professionali), che
coprono i rischi fondamentali dell'esistenza, quali quelli connessi alla salute, alla vecchiaia, agli infortuni sul
lavoro, alla disoccupazione, al pensionamento e alla disabilità; (ii) gli altri servizi essenziali prestati direttamente
al cittadino.
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non è di per sé sufficiente per escludere la qualificazione di “attività economica” secondo la
copiosa giurisprudenza della CGUE17
.
In realtà, la questione di come distinguere tra servizi economici e non economici è stata
spesso sollevata, in dottrina ed in giurisprudenza, ma a tale interrogativo non si è riusciti a
trovare una risposta a priori18
, in considerazione sia delle realtà specifiche che variano
considerevolmente da uno Stato membro all’altro – e addirittura da un’autorità locale all’altra
– sia per il fatto che le modalità di fornitura sono in costante evoluzione in risposta
all’evolversi della situazione economica, sociale e istituzionale (ad esempio variazioni delle
esigenze dei consumatori, novità tecnologiche, ammodernamento delle pubbliche
amministrazioni, il trasferimento delle competenze a livello locale). Gli studi, infatti, si sono
concentrati sulla qualificazione della natura giuridica di tali servizi, come universali, secondo
alcuni, come nazionali, secondo altri19
.
Orbene, sotto l’aspetto normativo, il processo di positivizzazione del settore dei servizi
pubblici, trae le fondamenta da diversi atti di soft law che si sono stratificati nel corso del
tempo20
. All’interno dei trattati, invero, non è stata codificata una disposizione specifica che
riconosca il principio generale del libero accesso ai servizi essenziali. È pur vero, però, che
17
CGUE, causa C-519/04 P, David Meca-Medina e Igor Majcen /Commissione, Racc. 2006, p. I-6991, punti da
30 a 33; C-350/07, Kattner Stahlbau, Racc. 2009, p. I-1513, punti 66, 72, 74 e 75; conclusioni dell'avvocato
generale Poiares Maduro del 10 novembre 2005 nella causa C-205/03 P. Fenin, Racc. 2006, p. I-6295, punti 50 e
51.
18
Sul punto vd. anche COSTANTINO, Servizi di interesse economico generale e aiuti di Stato: il Regolamento n.
360/2012 e la soglia de minimis per le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico, in www.koreuropa.eu.
19
Ciò anche per il carattere di diritti di ultima generazione e perché nel corso degli anni non si è sviluppata una
ricca giurisprudenza in materia. Per uno studio del servizio universale in Europa, tra i tanti vd. BOYLE, PROSSER,
Universal Service in a Liberalized Europe, in European Public Law, 1995; RAPP, La politique del liberalisation
des services en europe, entre service publique et service universel, in Revue du Marché commun et de l’Union
européenne, 1995, p. 352; BAUMOL, A ciascuno il tuo: concorrenza e servzio universale, in Mercato
concorrenza regole, 1999, p. 65; SAUTER, Universal Service Obligations and the Emergence of Citizens’ Rights,
in FREEDLAND, SCIARRA (edited by), Public Services and Citizenship in European Law, 1998.
20
La Comunicazione della Commissione 2001/C 17/04 su “I servizi d’interesse generale in Europa”, la
Relazione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione "I servizi d’interesse generale in
Europa", la Risoluzione del Parlamento europeo C 140 E/153 sulla comunicazione della Commissione “I servizi
d’interesse generale in Europa”, la Comunicazione della Commissione 331 del 18.6.2002 sulla “Metodologia per
la valutazione orizzontale dei servizi d’interesse economico generale”, la Relazione della Commissione 636 del
27.11.2002 “sullo stato dei lavori relativi alle linee direttrici in materia di aiuti di Stato per i servizi d’interesse
economico generale”. La Commissione, inoltre, ha adottato in materia di SIEG il Libro Verde del 2003 e il Libro
Bianco nel 2005.
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sono state introdotte diverse disposizioni nel TUE e nel TFUE e nella Carta21
che si riferiscono,
in via diretta o indiretta, alla materia dei servizi pubblici e dei SIEG, in particolare.
Ad esempio, l’articolo 14 TFUE, definisce i SIEG come “valori comuni” in riferimento al
loro ruolo di “promozione della coesione sociale e territoriale dell’Unione”22
, imponendo
all’Unione ed ai suoi Stati membri di provvedere affinché questi servizi operino sulla base di
principi ed in condizioni che permettono loro di compiere la loro missione. E proprio con
riferimento all’interpretazione di tale norma, si è animato un dibattito sulla possibilità che la
predetta disposizione possa conferire direttamente in capo ai singoli utenti posizioni
giuridiche azionabili innanzi ai Tribunali nazionali ed europei.
Secondo alcuni autori, l’accesso ai SIEG da parte dei cittadini europei non potrebbe farsi
rientrare nell’alveo delle responsabilità dell’Unione, in quanto questo settore si limiterebbe ad
un’obbligazione “de ne pais fairé suivant laquelle l’Union agit sans remettre en cause ce qui
a été décidé au niveau local ou National pour garantir l’accès au service public”23
. Tale
approccio, pertanto, condurrebbe a ritenere che l’Unione non avrebbe alcun vincolo ulteriore
nei confronti dei cittadini se non quello di assicurare la corretta applicazione del diritto
21
L’articolo 14 della Carta ha per oggetto il diritto all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e
continua; l’articolo 29 riconosce il diritto di ogni individuo ad accedere a un servizio di collocamento gratuito;
l’articolo 34, paragrafo 1, garantisce il diritto all’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali
che assicurano protezione in casi quali maternità, malattia, infortuni sul lavoro; l’articolo 35 riconosce il diritto
di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e
prassi nazionali; l’articolo 11 garantisce il diritto alla libertà di espressione ed il rispetto della libertà dei media e
del pluralismo; l’articolo 16 riconosce la libertà d’impresa conformemente al diritto comunitario e alle
legislazioni e prassi nazionali; l’articolo 37 stabilisce che un elevato livello di tutela ambientale deve essere
integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile; l’articolo
38, in base al quale nelle politiche dell’Unione è garantito un elevato livello di protezione dei consumatori.
22
Articolo 14 TFUE, “Fatti salvi l’articolo 4 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 93, 106 e 107 del
presente trattato, in considerazione dell’importanza dei servizi di interesse economico generale nell’ambito dei
valori comuni dell’Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l’Unione
e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell’ambito del campo di applicazione dei trattati,
provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e
finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando
mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono tali principi e fissano tali
condizioni, fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, fare eseguire e
finanziare tali servizi.”.
23
GRARD, Place et signification de la Charte des droit fondamentaux de l’Union européenne pour le concept de
service d’intérét général, in VANDAMME, RODRIGUES (dir.), L’accès aux service d’intérét économique général ,
2003, p. 35.
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antitrust e di garantire l’esercizio del diritto di accesso ai SIEG. Pertanto, una maggiore
considerazione del ruolo dei servizi pubblici nell’Unione sarebbe ancorata all’ampliamento
delle competenze delle singole autorità nazionali, a discapito di una più incisiva riforma
europea del settore.24
Invero, non condividendo tale approccio, da un punto di vista politico, potrebbe
sostenersi che la scelta di rafforzare i poteri delle autorità nazionali in merito alla
regolamentazione dei servizi pubblici rappresenta un ritorno al passato per gli Stati membri
nella gestione di alcuni settori d’interesse collettivo. Tra l’altro, questo reveirement si
porrebbe in contrasto con la tendenza all’europeizzazione del settore dei servizi pubblici,
costituita anche per la loro elevazione da valori nazionali ad europei sulla base dell’articolo
14 TFUE e del Protocollo del Trattato di Lisbona (di cui a breve si tratterà).
Un altro filone di pensiero ravvede, invece, nell’articolo 14 TFUE una punto cardine per
il riconoscimento giuridico del valore dei servizi pubblici in Europa, anche se, tuttavia, si
condivide sul fatto che tale disposizione non sia sufficientemente in grado di produrre
conseguenze concrete nel senso di imporre obblighi in capo a Stato e Unione. Secondo tale
prospettiva, la predetta norma assumerebbe oltre alla dimensione concorrenziale anche una
dimensione sociale25
. I SIEG, infatti, non devono essere considerati solamente come attività
connesse al mercato ed alla concorrenza, ma come “un insieme di elementi e valori che
ispirano in positivo l’azione della Comunità nel raggiungimento degli obiettivi fondamentali
dell’UE, tra i quali rientra la promozione della coesione sociale e territoriale”26
.
24
Sul punto vd. anche VAN MIERT, La Conférence intergouvernamentale et la politique communitaire de
concurrence, in Competition Policy Newsletter, n. 2, 1997; FAVRET, Le Traitè d’Amsterdam: une révision à
minima de la “Charte constitutionelle”, in Cahiers de Droit Européen, 1997; ROSS, Article 16 E.C. and services
of general interest:from derogation to obligation?, in European Law Review, 2000; MORTELMANS, The Common
Market, the Internal Market and the single market, What’s in a Market, in Common Market Law Review, 1998.
25
NAPOLITANO, Servizi pubblici e rapporti di utenza, 2001, p. 237.
26
Sul punto vd. anche LOPEZ PINA, Las tareas en la Union Europea, in Revista de Derecho Comunitario
Europeo, 1998; CHAMPEIL DESPLATS, Services d’intérêt économique général; PAULIAT, L’accès aux services
d’intérêt économique général, in Les Services publics en Europe; MUNARI, La disciplina dei cd. servizi
essenziali tra diritto comunitario, prerogative degli Stati membri ed interesse generale, in Diritto dell’Unione
Europea, 2002.
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Pertanto, quest’ultimo orientamento al quale si aderisce, fonda nell’articolo 14 TFUE la
propria fonte normativa di riferimento per la disciplina dei SIEG, configurando un tipo di
integrazione non più soltanto negativa ma anche positiva nel settore dei SIEG: un modello di
“constitutionalistation of the concept of services of general interest in ways linked to the basic
concept of public service”27
.
Nel TFUE, inoltre, si riscontrano ulteriori disposizioni che confermano questa attenzione
dell’ordinamento europeo nei confronti dei SIEG. Ad esempio, l’articolo 106 TFUE, al
paragrafo 2, prevede una deroga all’applicazione delle norme sulla concorrenza, per le
imprese incaricate della gestione dei SIEG, qualora detta applicazione ostacoli la specifica
missione loro affidata. La gestione del servizio, infatti, in via generale deve essere soggetta
alle regole del mercato, ma è prevista una deroga all’applicazione delle regole sulla
concorrenza laddove il rispetto dei principi di mercato rischi di compromettere la missione
affidata al gestore. Ciò significa che, se gli operatori di mercato non sono in grado di garantire
il servizio in maniera adeguata, le autorità pubbliche potranno imporre agli operatori obblighi
di servizio pubblico, ovvero concedere diritti esclusivi o speciali28
.
Ed ancora, l’articolo 107 TFUE disciplina le modalità con cui verificare quando i
finanziamenti pubblici relativi ai SIEG possono essere qualificati come aiuti di Stato o meno.
Tale esame rientra nella competenza esclusiva della Commissione e richiede, appunto, il
verificarsi congiuntamente di tutte le condizioni individuate dall’articolo 107 TFUE29
.
Di notevole rilievo anche l’articolo 36 della Carta che sancisce il compito dell’Unione
di promuovere la coesione sociale e territoriale, riconoscendo e rispettando l'accesso ai SIEG
secondo quanto previsto dalle legislazioni e dalle prassi nazionali. L’articolo 41 della Carta,
altresì, enuncia tra i diritti fondamentali irrinunciabili da parte dei cittadini europei quello ad
una “buona amministrazione”, classificando i diritti di partecipazione tra i diritti civili e
27
PROSSER, The limits of competition law markets and public services, 2005, p. 554.
28
COSTANTINO, op. cit.
29
In sintesi le condizioni risultano essere le seguenti: utilizzare risorse pubbliche che incidano sugli scambi tra
Stati membri, che favoriscono determinate imprese o produzioni, falsando, anche potenzialmente, la
concorrenza. cfr. COSTANTINO, op. cit.
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sociali per i quali la nostra Costituzione riserva comunque allo Stato l’individuazione dei
livelli essenziali di garanzia.
E proprio in questo processo di positivizzazione dei diritti dei cittadini europei, il
Trattato di Lisbona ha previsto il riconoscimento del valore di diritto primario delle regole
sulla “cittadinanza amministrativa” quale parte della Carta dei diritti fondamentali. Ad
esempio, l’articolo 197 del TUE ha sancito che “l’attuazione effettiva del diritto dell’Unione
da parte degli Stati membri, essenziale per il buon funzionamento dell’Unione, è considerata
questione di interesse comune”.
Inoltre, il Protocollo n. 26 allegato al Trattato di Lisbona sui “servizi d’interesse
generale”, ha per la prima volta menzionato in una fonte normativa dell’UE il concetto di SIG.
Infatti, come sostenuto da MASTROIANNI prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona,
“Notions such as services of general interest, universal service, and public service obligations
are being outlined in the Commission's soft‐law documents, underpinned by the economic
concept of market failure and fleshed out by judgments such as BUPA”30
. L’inserimento di tale
nozione tra le fonti normative dell’Unione, pertanto, tende proprio a denotare l’importanza
che sta assumendo la categoria dei servizi pubblici nel panorama europeo, con le relative
differenze terminologiche che sono state poc’anzi chiarite.
Invero, il Protocollo elenca una serie di disposizioni finalizzate a sancire il ruolo dei
SIEG all’interno dei valori comuni dell’Unione, ai sensi dell’articolo 14 TFUE, prevedendo
specificamente:
(i) il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e
locali di fornire, commissionare e organizzare servizi d’interesse economico generale il più
vicino possibile alle esigenze degli utenti;
30
MASTROIANNI, in Public Service Media and Market Integration: A Differential Application of Free Movement
and State Aid Rules? in CREMONA (edited by), Market Integration and Public Services in the European Union,
2011, p. 149.
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(ii) la diversità tra i vari servizi d’interesse economico generale e le differenze delle
esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e
culturali diverse;
(iii) un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento
e promozione dell’accesso universale dei diritti dell’utente.
Pertanto, il Protocollo nel fornire alcune indicazioni di massima per quel che concerne
la regolamentazione dei SIEG, affronta tre diversi aspetti:
(i) la ripartizione delle competenze tra Stato e Unione europea, delineando l’ampia
discrezionalità del primo nella regolamentazione dei SIEG, come riconosciuto dall’articolo 14
TFUE;
(ii) la qualificazione giuridica dei SIEG in modo eterogeneo, considerata la diversità
di bisogni e di esigenze a seconda della collocazione geografica e del contesto sociale degli
utenti;
(iii) la valorizzazione dei principi e dei criteri di accesso ai SIEG, in virtù degli
obblighi di sevizio pubblico e del rapporto con il concetto di servizio universale.
Alla luce di questo insieme di disposizioni normative, codificate nei trattati e nella
Carta, appare chiaro che il nesso tra cittadinanza, diritti sociali e servizi pubblici ha assunto
particolare forza proprio grazie alla funzionalizzazione di tali servizi per l’esercizio dei diritti
politici e di libera circolazione31
.
In tal senso, la cittadinanza amministrativa può costituire l’elemento unificante e
fondante la pluralità delle cittadinanze in quanto non può che riferirsi alla titolarità del
cittadino di pretese sociali sia di prestazione che di protezione nei confronti della Pubblica
Amministrazione, anche con riferimento al livello delle realtà locali. Ed infatti, la
configurazione di una nozione di cittadinanza amministrativa europea, intesa quale insieme di
diritti sociali e amministrativi, civili e politici, attribuisce ai primi un valore normativo e
31
Senza un adeguato sistema di pubblici trasporti, infatti, il diritto di circolare e soggiornare liberamente non
potrebbe essere esercitato efficacemente ai sensi dell’articolo 21 del TFUE; stessa cosa per il diritto all’istruzione
ai sensi dell’articolo 14 della Carta.
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culturale di estrema importanza, soprattutto con riferimento alle politiche comunitarie di
coesione e di sviluppo economico.
4. Lo sviluppo di una politica di coesione tra spinte nazionalistiche ed
esigenze sovranazionali
Dall’analisi svolta nel paragrafo precedente, si può agevolmente desumere che, seppur
in assenza di una direttiva quadro o di un regolamento che disciplini specificamente in Europa
la materia dei SIG, esista un nucleo essenziale di obblighi di servizio pubblico comuni a tutti i
Paesi membri. Ed infatti, la promozione dell’accesso universale ai servizi pubblici, indicata
come valore dell’Unione, ai sensi del Protocollo allegato al Trattato di Lisbona, rappresenta
un principio essenziale per garantire la coesione sociale e territoriale nell’Unione europea,
soprattutto con riguardo alle fasce di popolazione più svantaggiate sia sotto il profilo
economico e sociale sia a prescindere dall’ubicazione geografica degli utenti.
Proprio l’importanza della politica di coesione ed il suo rapporto con le altre politiche
comunitarie è messa in rilievo dall’intero processo di integrazione europea: le politiche tese a
garantire l’accesso ai SIG, infatti, intervengono sia quali strumenti di coesione sia al contempo
quali obiettivi della politica di coesione, riaffermando il ruolo dell’Unione, non tanto per
incentivare politiche di liberalizzazione, quanto, piuttosto, per garantire il giusto
contemperamento tra esigenze di solidarietà e di competitività.
In realtà, la stessa nozione di servizio universale32
, intorno al quale prende forma e si
sviluppa il concetto di cittadinanza amministrativa europea, dovrebbe garantire, di per sé, una
tutela minima ed essenziale nel campo dei diritti sociali. Nello specifico, la nozione di
servizio universale dovrebbe ricomprendere, da un lato, il diritto degli utenti ad accedere a
32
Sul concetto universale nella dottrina italiana vd., CLARICH, Servizio pubblico e servizio universale:
evoluzione normativa e profili ricostruttivi, in Diritto Pubblico, 1998, p. 181; NAPOLITANO, Il Servizio
universale e i diritti dei cittadini utenti, in Mercato concorrenza regole, 2000, p. 429; CALDIROLA, La
dimensione comunitaria del servizio pubblico ovvero il servizio di interesse economico generale e il servizio
universale, in AMANNATI, CABIDDU, DE CARLI, (a cura di), 2001; CARTEI, Il Servizio universale, Milano, 2002;
GASPARINI CASARI, Il Servizio universale, in Studi in onore di Umberto Pototshnig, vol. I, 2002; Per la dottrina
europea, cfr. la nota n. 19.
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determinati servizi essenziali e, dall’altro, un obbligo per le autorità nazionali o per gli enti
erogatori del servizio, di offrire precise prestazioni a determinate tariffe e condizioni. E
proprio questo binomio diritto - dovere si concretizza nella nozione di servizio universale,
quale insieme minimo di diritti e obblighi, anche avuto conto dei diversi fattori variabili quali
la limitatezza delle risorse degli Stati e l’esigenza di erogare servizi più efficienti possibili con
un ragionevole costo.
La politica di coesione ed il concetto di servizio universale mirano entrambi a ridurre le
diseguaglianze, sia a livello di regioni periferiche dell’Unione, sia a livello di categorie più
marginalizzate di cittadini33
. Al tempo stesso, sussiste un nesso funzionale sul piano degli
obiettivi tra coesione sociale e territoriale e servizio universale, ovvero quello di garantire
un’“efficace rete di sicurezza per coloro che non sarebbero altrimenti in grado di acquistare a
titolo personale i servizi essenziali”34
.
Le Istituzioni europee, infatti, hanno dato prova dell’importanza di tale rapporto
funzionale tra coesione, diritti sociali e cittadinanza nel sistema politico, sociale ed economico
dell’Europa. Nello specifico, nel Libro Verde sui servizi di interesse generale, la
Commissione mette in evidenza una interdipendenza tra SIEG, diritti fondamentali e
cittadinanza ritenendo che i primi rappresentano “un elemento portante della cittadinanza
europea e rappresentano una parte dei diritti goduti dai cittadini europei ed un’opportunità di
dialogo con le autorità pubbliche nel contesto di una corretta governance”35
. A fortiori, nel
Libro Bianco, la Commissione mette in evidenza che per i cittadini dell’Unione “tale accesso
33
GALLO, op cit., p. 749.
34
Cfr. il paragrafo 3.3 del Libro Bianco sui servizi d’interesse generale.
35
Sul punto, si veda AMIRANTE, La Coesione economica e sociale. I servizi pubblici e i diritti sociali, in
PANUNZIO (a cura di), I costituzionalisti e la tutela dei diritti nelle corti europee: il dibattito nelle riunioni
dell’Osservatorio costituzionale presso la Luiss Guido Carli dal 2003 al 2005, 2007; HÉRITIER, Market
Integration and social cohesion: the politics o public services in European regulation, in Journal of European
Public Policy, 2001; BAUBY, BOUAL, Pour une citoyenneté euroéenne. Quels services publics?, 1994;
FREEDLAND, The Marketization of Public Services, in CROUCH, EDER, TAMBINI, Citizenship, Markets and State,
2000; BENNEN, Citizenship, nationality and access to public service employment: the impact of European
Community Law, 2001; LYON-CAEN, CHAMPEIL-DESPLATS, Services publics et droits fondamentaux dans la
construction europèenne, 2001; ROSS, The Europeanization of Public Service Supervision: Harnessing
Competition and Citizenship?, in Yearbook of European Law, 2004.
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costituisce una componente essenziale della cittadinanza europea nonché un elemento
indispensabile che consente loro di beneficiare appieno dei propri diritti fondamentali” e che,
pertanto, i cittadini e le imprese “hanno il diritto di pretendere l’accesso a servizi di interesse
generale di alta qualità e a prezzi abbordabili in tutta l’Unione Europea”36
.
Questa particolare attenzione all’inclusione della materia dei servizi pubblici è, altresì,
evidenziata dalle stesse parole della Commissione quando ritiene che “un numero sempre
maggiore di attività svolte quotidianamente nel campo dei servizi sociali va a rientrare nel
campo di applicazione del diritto comunitario”37
.
Ed infatti, oggi, la garanzia di una tutela sociale uniforme, secondo standard comuni,
sembra un grande passo in avanti verso l’evoluzione del concetto di cittadinanza
amministrativa europea: non più solamente una tutela dei diritti civili e politici riconosciuti
dai trattati, ma anche l’accesso, l’organizzazione e la distribuzione degli stessi. Coesione e
accesso ai servizi, infatti, hanno il comune obiettivo di garantire una copertura territoriale
completa dei servizi, assicurando che i soggetti più svantaggiati, anche sotto il profilo
dell’ubicazione geografica, possano godere delle stesse strutture e dei medesimi livello di
servizio di coloro che si trovano in una situazione privilegiata. Del resto la lotta contro
l’emarginazione sociale e la povertà passa proprio per la garanzia che tali servizi possono
essere erogati a prescindere dalla collocazione geografica e delle condizioni economiche degli
utenti, in ragione del solo status di cittadino europeo.
In realtà, proprio in materia sociale, il TFUE si limita a consentire all’Unione di adottare
regole di armonizzazione che fissino standard minimi di tutela su determinate materie e gli
Stati, nel recepirle, devono comunque tener conto dei vincoli posti dallo stesso TFUE a
garanzia del funzionamento del mercato interno, soprattutto se intendono garantire standard di
tutela più elevati. Non può essere, pertanto, sottaciuto che il processo di comunitarizzazione
in materia di SIG, almeno sul piano politico, è stato affiancato nel corso degli anni da una
36
Cfr., il paragrafo 2.1 del Libro Bianco sui SIEG.
37
Comunicazione della Commissione del 20 novembre 2007, “I servizi di interesse generale, compresi i servizi
sociali di interesse generale: un nuovo impegno europeo”.
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tendenza orientata ad evidenziare l’ampia discrezionalità degli Stati nei settori dei servizi
pubblici. Questi, infatti, sono oggetto di specifico riconoscimento da parte dei singoli
ordinamenti nazionali vista l’assenza, come già più volte ricordato, di una disciplina comune a
livello europeo ed in considerazione della loro sovrapposizione con altri tipologie di diritti
primari quali la salute ed i diritti sociali.
Questo eccesso di “autonomia” nella gestione del settore dei servizi pubblici da parte
degli Stati membri ha causato in molti paesi una limitazione, quantitativa o qualitativa, del
diritto ad accedere agli stessi a differenza dei diritti civili o politici. Ed in effetti, attualmente
l’Europa è fortemente divisa tra situazioni di eccellenza e di estrema sofferenza. Le diverse
scelte politiche operate dai vari governi europei per le proprie popolazioni hanno evidenziato,
in tutta trasparenza, le differenti capacità gestionali, culturali e politiche di ciascuno di essi. E
purtroppo, come accade frequentemente, ogni qualvolta gli Stati esercitano una competenza in
modo prevalente su una determinata materia, i cittadini sono abituati ad osservare un’Europa
a diverse velocità. Basti pensare all’Italia, che rispetto alle altre potenze europee ha tra i più
carenti sistemi d’infrastrutture e di servizi per i cittadini; ciò determina un disagio non solo
per la propria popolazione, ma anche per gli altri cittadini europei che usufruiscono del nostro
territorio. E da un punto di vista giuridico, tali disagi, che si traducono spesso (anche secondo
la nostra esperienza interna) in diseguaglianze sociali, dovrebbero essere contrastate tramite
gli strumenti di tutela giurisdizionali di ciascun paese membro.
L’UE conformemente ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, interviene solamente
nei limiti delle competenze conferitele dai trattati e nella misura strettamente necessaria. La
sua azione rispetta la diversità delle situazioni negli Stati membri e i ruoli delle autorità
nazionali, regionali e locali nel garantire il benessere dei cittadini e promuovere la coesione
sociale, garantendo allo stesso tempo scelte democratiche riguardo, tra l’altro, al livello della
qualità del servizio.
Pertanto, essendo prevedibile nel futuro che l’Unione stabilisca parametri comuni di
funzionamento amministrativo (una sorta di livello europeo essenziale delle prestazioni
amministrative), occorre prevenire l’imposizione dalle “forze di mercato” di tali parametri o,
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meglio, contribuire positivamente alla determinazione comune delle regole di cooperazione
amministrativa.
L’idea, infatti, è proprio che il mercato si realizzi all’insegna del rispetto
dell’integrazione economica e che avvenga un’integrazione di tipo sociale con riguardo ai
livelli ed agli standard di erogazione dei servizi pubblici. Ed infatti, mentre la coesione
economica mira a ridurre le differenze tra i vari Stati membri a livello economico-finanziario,
la coesione sociale tende a ridurre la disparità legislativa nel settore dell’accesso ai servizi
pubblici essenziali. Del resto, su questioni che investono da un lato il diritto della concorrenza
e, dall’altro, aspetti d’interesse pubblico, le Istituzioni europee devono porsi come questione
centrale quella dell’equilibrio tra competitività e solidarietà.
5. I limiti dell’economia di mercato e le difficoltà per la realizzazione di un
sistema sociale comune
Analogamente a quanto sostenuto sulla connotazione giuridica e sul valore normativo
che il concetto di cittadinanza europea attribuisce all’esercizio dei diritti sociali nel territorio
dell’Unione, appare senz’altro opportuno evidenziare che anche le libertà economiche
godono, ugualmente, dello status giuridico di “diritti fondamentali”, nel senso che qualsiasi
operatore economico che abbia la cittadinanza dell’Unione e intenda esercitare i diritti da
queste scaturenti, può invocarle a sua tutela. Le norme dei trattati che tutelano le libertà
economiche hanno efficacia diretta negli ordinamenti nazionali e la CGUE le interpreta
ispirandosi alla “massima effettività”.
Così come sostenuto per il rapporto tra cittadinanza e diritti sociali, quindi, anche le
norme in materia di riconoscimento delle libertà economiche vietano “qualsiasi
discriminazione fondata sulla cittadinanza riguardando tale divieto non solo gli atti
dell’autorità pubblica, ma le norme di qualsiasi natura dirette a disciplinare collettivamente il
lavoro subordinato e la prestazione di servizi”38
.
38
CGUE, sentenza Walrave, Causa 36/74, raccolta, p. 1405, punti 16 e 17.
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Inoltre, la giurisprudenza in materia di cittadinanza e di libera circolazione, al fine di
istituire un’economia sociale di mercato, secondo quanto previsto all’articolo 3, paragrafo 3,
TUE, ha attribuito valore di “clausola di protezione sociale” all’articolo 9 del TFUE che obbliga
le istituzioni a considerare “le esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di
occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale
e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana”. Ed infatti, la
costruzione di un’“economia sociale di mercato” viene evocata come obiettivo per la
costruzione di un mercato più forte ed al tempo stesso per garantire le esigenze sociali
dell’intera collettività.
In realtà, appare del tutto evidente che nell’ordinamento europeo diritti sociali e libertà
economiche non sono posti sullo stesso piano a livello di riconoscimento normativo. Mentre
la libertà economica è giustificata in sé, perché, appunto, libertà fondamentale sancita dai
trattati, il diritto sociale è riconosciuto dall’UE a condizione che sia affermato a livello
nazionale; l’UE non aggiunge nulla al suo contenuto, tant’è che, se lo Stato membro non lo
riconoscesse, il problema del bilanciamento con la libertà di mercato neppure si porrebbe.
Nella specie, in Europa il diritto sociale ha una dimensione prettamente individuale e si
sostanzia, pertanto, nell’attivazione da parte del titolare del diritto che si pretende leso di un
contenzioso nei confronti dell’Autorità nazionale; manca del tutto, invece, quella dimensione
collettiva e politica propria dei diritti sociali. Dunque, il diritto di esercitare l’autonomia
collettiva è tutelato nella misura in cui si perseguano interessi considerati “giustificati” ed in
maniera proporzionata e, così, risulta evidente che questo quadro istituzionale richieda una
diversa ponderazione dei diritti oggetto del bilanciamento, che tenga in maggior conto i diritti
sociali39
. La stessa CGUE ha precisato che il diritto del singolo, che si sposta sul territorio
39
È quanto emerge chiaramente già dalle conclusioni dei casi Viking e Laval. Miguel Poiares Maduro
(l’Avvocato generale del caso Viking) in particolare sposta la prospettiva sul piano sovranazionale, affermando
la necessità di operare un bilanciamento tra valori che, nell’ordinamento dell’UE, vanno considerati equiparati.
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dell’UE, si contrappone all’esigenza dello Stato di garantire l’equilibrio economico finanziario
del sistema di welfare40
.
E anche il confronto con la giurisprudenza in materia di libertà economiche evidenzia
l’ambiguità di questo bilanciamento, che attualmente lascia ai giudici un compito, che non
spetta loro, ovvero di dare sostanza a un’effettiva cittadinanza europea chiarendo in che modo
si configuri il rapporto tra questa e le regole di mercato. E ciò anche perché sui diritti sociali
ai quali il cittadino europeo può accedere, l’UE non ha alcuna competenza.
Realizzare un cambiamento sostanziale dell’equilibrio esistente tra libertà di mercato e
diritti sociali, quindi, può giungere soltanto sul piano del processo d’integrazione politica. Ma
il quadro attuale non è molto rassicurante posto che non solo gli attori sociali, ma anche gli
Stati membri appaiono divisi nel perseguire interessi spesso confliggenti. Perché gli equilibri
nell’ambito del mercato interno cambino è piuttosto necessaria un’evoluzione del processo
d’integrazione europea che porti a modificare lo schema binario di ripartizione di competenze,
che, come sin qui evidenziato, lascia la protezione dei diritti sociali nelle mani degli Stati
nazionali.
Alla luce di tali argomentazioni ed in considerazione del quadro di attuale crisi
economico-finanziaria del mercato globale, emerge con tutta evidenza la necessità di
rafforzare il quadro giuridico istituzionale sul quale si fonda l’esercizio dei diritti sociali
nell’ordinamento dell’UE. E pertanto, dalla crisi si esce o con la costruzione di un’Europa
sociale più forte o con il ritorno alle chiusure nazionali. Non si tratta di perseguire la mera
difesa dei sistemi nazionali dalle dinamiche dell’integrazione economica, ma di creare un
livello europeo di tutela dei diritti sociali che ne ridefinisca la portata nella loro relazione con
le regole di mercato che, rispetto ad esse, ne riaffermi la primogenitura in sintonia con i
principi fondanti il modello sociale europeo. Ciò a partire da quei diritti civici, quali il libero
accesso ai servizi pubblici, sui quali si fonda l’esercizio dell’autonomia collettiva e che di
quel modello costituisce il presupposto costitutivo.
40
ORLANDINI, op. cit., p. 13.
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6. Prospettive di regulation e conclusioni
L’inedito sistema pluriordinamentale di tutela multilivello dei diritti ha indubbiamente
ancora diversi vuoti normativi che non consentono di potere sostenere una piena parificazione
tra diritti sociali, libertà di mercato e diritti di cittadinanza.
Ciò che nel precedente paragrafo si è cercato di evidenziare è come il rapporto tra fonti
nazionali e sovranazionali sia orientato verso la tutela nei confronti delle libertà economiche
fondamentali. In tale dialogo tra fonti di natura e livello diverso, quelle che tutelano i diritti
sociali restano sotto-ordinate rispetto a quelle che garantiscono il funzionamento del mercato
interno, alle quali viene riconosciuto soltanto uno status di diritto fondamentale esercitabile “a
livello” europeo, qualora derivante dall’esercizio dei diritti di cittadinanza o delle libertà
economiche41
.
La natura di diritto fondamentale attribuita oggi ai diritti sociali, e formalmente sancita
dalla Carta e dal Trattato di Lisbona, mantiene un significato e una portata ancora relativa:
essa può comportare legittime deroghe al funzionamento delle dinamiche di mercato, a
condizione che tali diritti siano già riconosciuti negli ordinamenti nazionali e trovino in essi
una tutela che non leda in maniera “sproporzionata” le libertà fondate sul diritto dell’UE.
Appare pertanto imprescindibile, ai fini della costruzione di un’identità sociale europea,
regolamentare uniformemente la materia dei servizi pubblici a livello sovranazionale,
soprattutto alla luce della nuova portata che può assumere il concetto di cittadinanza
amministrativa europea e della nozione stessa di economia sociale di mercato. In tal senso, è
necessario riuscire a condividere il percorso verso una regulation europea, attivando progetti
di cooperazione tra le amministrazioni europee. Ciò soprattutto in considerazione del fatto che
l’implementazione del sistema di servizi pubblici è una delle poche certezze che potrà aiutare
la ripresa dell’Europa.
Gli effetti della recessione e la crescita stagnante di molti paesi rendono necessaria una
spinta decisiva per gli investimenti nel settore delle infrastrutture e dei trasporti e dei sevizi ai
41
Sul punto vd., ORLANDINI, op. cit., p. 12.
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cittadini, in generale, che rappresentano un ruolo fondamentale nel favorire una nuova
crescita economica forte e sostenibile. Questo è essenziale non solo per lo sviluppo
dell’economia ma anche al fine di assicurare alla persona la possibilità di raggiungere il
proprio luogo di lavoro, l’assistenza sanitaria e sociale, le strutture culturali e ricreative.
Ad esempio, proprio recentemente a Roma, è stato organizzato il primo incontro tra gli
amministratori delle società di trasporto pubblico delle sei maggiori capitali europee in cui è
stato rivolto un appello a tutti i governi europei di puntare maggiormente sullo sviluppo dei
servizi pubblici in Europa. Le imprese di trasporto pubblico di Berlino (BVG), Londra (TFL)
Madrid (metro de Madrid), Mosca (Moscow Metro), Parigi (RAPT) e Roma (ATAC) si sono
riunite per promuovere la loro idea secondo la quale il trasporto pubblico è in grado di
svolgere un ruolo chiave nella creazione di posti di lavoro, nello sviluppo sostenibile e nella
ripresa economica in Europa.
Pertanto, solo con un intervento giuridico, normativo e finanziario stabile si consentirà
di portare avanti una pianificazione a lungo termine e di incrementare gli investimenti da
parte dei privati e degli attori istituzionali.
E proprio per garantire l’effettività del mercato unico, la tutela della concorrenza, la
competitività dell’economia europea, la realizzazione di una cittadinanza amministrativa
europea, è necessario alimentare meccanismi virtuosi di confronto e di emulazione sulle
migliori pratiche per raggiungere, così, in tutta l’Unione elevati ed omogenei standard di
qualità e di regolazione dell’azione amministrativa e dei servizi pubblici. Si intende in
definitiva come fondamentale la creazione di una vero e proprio spazio amministrativo
europeo per realizzare una cittadinanza europea intesa come effettiva possibilità di esercizio
dei diritti fondamentali dei cittadini degli Stati membri: uno spazio in cui la cittadinanza
europea e le libertà di mercato possono svilupparsi senza i pesi e gli intralci posti in essere
dalle amministrazioni inefficienti e da normative indebitamente onerose per cittadini e
imprese.

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Costantino Claudio, La regolazione europea dei servizi pubblici: una svolta per l'affermazione del concetto di cittadinanza amministrativa?

  • 1. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu 1 LA REGOLAZIONE EUROPEA DEI SERVIZI PUBBLICI: UNA SVOLTA PER L’AFFERMAZIONE DEL CONCETTO DI CITTADINANZA AMMINISTRATIVA? Claudio Costantino Dottore di ricerca per l’Università Kore di Enna ABSTRACT: Il mondo dei servizi pubblici investe trasversalmente diverse discipline del diritto e materie affini, accendendo interrogativi e suscitando riflessioni di ampio respiro. La materia, infatti, si presta ad analisi articolate da parte degli studiosi su molteplici ambiti d’intervento, proponendo svariate interpretazioni sulle diverse questioni, prettamente giuridiche e non, che possono essere sollevate nei differenti ambiti disciplinari. Certamente, il filo conduttore della vasta indagine che il mondo dei servizi pubblici offre agli studiosi passa per il principio che devono essere garantiti ai cittadini alcuni servizi, essenziali e non, da parte della Pubblica Amministrazione - generalmente intesa quale apparato amministrativo di ciascuno Stato membro - in quanto aventi una rilevanza collettiva che investe quotidianamente le esigenze dei singoli individui. Il settore dei servizi pubblici, infatti, è oggetto delle scelte politiche degli Stati membri nella propria azione di governo: in base alle azioni intraprese dagli Stati, si estrinseca l’idea di “interesse pubblico” e del tipo di welfare che questi intendono perseguire. Sotto questo aspetto, il libero accesso ai servizi pubblici da parte dei cittadini europei costituisce un’essenziale fattore di inclusione sociale capace di enfatizzare la figura del cittadino-utente ed, al tempo stesso, assume un’importanza straordinaria per l’affermazione di questi diritti “atipici”, nuovi e di ultimissima generazione. Scopo della ricerca è, pertanto, verificare se il collegamento esistente tra cittadinanza, diritti civili e politici produca i suoi effetti anche nel campo dei servizi pubblici “primari”, contribuendo alla configurazione di una nozione di “cittadinanza amministrativa europea”. Nello specifico, attraverso il valore giuridico che la nozione di cittadinanza amministrativa sta assumendo nel contesto europeo, ci si propone di verificare se l’insieme dei diritti sociali che tale concetto conferisce ai cittadini europei – tra cui proprio il libero, efficace ed efficiente accesso ai servizi pubblici – possa attribuire in capo ai singoli cittadini, diritti e pretese, legittimamente rivendicabili, nei confronti delle autorità pubbliche nazionali o locali, soprattutto nei casi di inadempimento o di inadeguatezza degli standard qualitativi o, addirittura, in caso di mancata di erogazione del servizio. A tale scopo è necessario comprendere fino a che punto il dinamismo giuridico del concetto di cittadinanza europea può colmare il gap relativo all’assenza di una specifica ed organica disciplina sovranazionale in materia di servizi pubblici ed, al tempo stesso, chiedersi se la garanzia per il cittadino di ricevere standard minimi e comuni di tutela sociale tra tutti i paesi membri, può rafforzare il percorso integrativo ed il concetto di identità europea. Ciò anche per la consapevolezza, ormai riconosciuta a livello europeo, che i servizi pubblici svolgono un ruolo di primo ordine per lo sviluppo dell’occupazione e per il rafforzamento delle politiche sociali, contribuendo alla creazione in Europa di un contesto più favorevole per la corretta applicazione dei diritti e degli obblighi di lavoratori e imprese. In tal senso, proprio i fondi strutturali dell’UE hanno l’obiettivo di sostenere e
  • 2. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu agevolare lo sviluppo di good practies e di potenziare i servizi connessi alla crescita dell’economia di mercato. Mediante un’interpretazione innovativa delle basi giuridiche relative al riconoscimento dei servizi pubblici nell’ordinamento europeo, contenute nel TFUE, nella Carta di Nizza e nel Protocollo al Trattato di Lisbona, viene sviluppata l’idea secondo cui tramite il concetto di cittadinanza amministrativa europea possano essere riconosciuti, a livello giuridico e sociale, una serie di diritti a ciascun cittadino nell’erogazione dei servizi pubblici da parte delle Autorità nazionali rilevando, al tempo stesso, che lo sviluppo di una politica di coesione a livello sovranazionale e l’affermazione dei diritti sociali nell’Unione hanno incontrato la resistenza delle spinte nazionalistiche e di diverse priorità da parte delle Istituzioni europee relative alla crescita dell’economia di mercato, creando difficoltà e numerosi impedimenti per la realizzazione di un sistema sociale comune PAROLE CHIAVE: Cittadinanza amministrativa, Servizi pubblici, Diritti sociali, Politica di coesione 1. Premessa e ambito di ricerca Il concetto di cittadinanza europea e le diverse implicazioni che tale status produce nella vita quotidiana dei cittadini dell’Unione Europea (di seguito, l’“Unione” o l’“UE”), hanno attratto l’attenzione di studiosi e giuristi nel corso degli anni, in quanto offrono spunti di riflessione e di dibattito per la comunità scientifica1 , collocandosi al tempo stesso tra le materie oggetto di numerosi contenziosi instaurati innanzi alle corti giurisdizionali nazionali ed europee. 1 Sul tema della cittadinanza europea, vd. SINAGRA, La cittadinanza europea dei lavoratori, in Rassegna Parlamentare, 1966, 9-10, p. 573; ADAM, Prime riflessioni sulla cittadinanza dell’Unione, in Rivista di Diritto Internazionale, 1992; LIPPOLIS, La cittadinanza europea, 1994; VILLANI, La cittadinanza dell’Unione europea, in Studi in ricordo di Antonio Filippo Panzera, II, 1995; CARTABIA, Voce Cittadinanza europea, in Enc. Giur., vol. VI; NASCIMBENE, Nationality Laws and Citizenship of the European Union Towards a European Law on Nationality?, in NASCIMBENE, Nationality Laws in the European Union, 1996; GROSSO, Le vie della cittadinanza. Eterogeneità dei principi, pluralità delle forme, 1997; BARTOLE, La cittadinanza e l’identità europea, in Quaderni Costituzionali, 2000; PARISI, (a cura di), Cittadinanza e identità costituzionale europea, 2001; CERRONE, La cittadinanza europea fra costituzione ed immaginario, in Rivista critica di diritto privato, 2002; BARBER, Citizenship, nationalism and the European Union, in European Law Review, 2002; BULVINAITE, Union Citizenship and its Role in the Free Movement of Persons Regimes, in Web Journal of Current Legal Issues, 2003; ROSSI, I cittadini, in TIZZANO (a cura di), Il diritto privato dell’Unione Europea, I, 2006; ROSTEK, GARETH, The impact of Union citizenship on national citizenship policies, in European Integration Online Papers, 2006; SINAGRA, La cittadinanza nella evoluzione del diritto interno, del diritto internazionale e del diritto comunitario, in LANCHESTER, T. SERRA (a cura di), “Et si omnes”, Scritti in onore di Francesco Mercadante, 2008; VALVO, Recensione su “La cittadinanza e le cittadinanze nel diritto internazionale” di PANELLA, in Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale, 2009.
  • 3. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu In particolare, il dibattito giurisprudenziale e dottrinale in materia si è sviluppato, in via diretta e mediata, intorno al processo di integrazione europea e sull’effettiva creazione di un’identità europea condivisa tra tutti i cittadini. Non si può nascondere infatti che, nonostante le innumerevoli difficoltà legate al contesto politico-territoriale sovranazionale ed alle differenze tra un’epoca storica e un’altra, il lungo processo integrativo (culturale, economico, sociale) è stato fondato su alcuni capisaldi normativi intangibili per i cittadini europei. Sull’assunto che creare un’identità comune per tutti i cittadini dei Paesi membri significhi unire gli stessi all’interno di una medesima comunità, nel corso degli anni vi è stata una proliferante evoluzione normativa scandita dalle seguenti principali tappe: il Trattato di Roma, l’Atto Unico Europeo, i Trattati di Maastricht ed Amsterdam, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (di seguito, la “Carta di Nizza” o la “Carta”) ed il Trattato di Lisbona. Parallelamente, tra il sistema comunitario ed i singoli ordinamenti nazionali si sono sviluppate molteplici interdipendenze, che hanno determinato una profonda influenza del diritto europeo, nel suo progressivo espandersi e articolarsi, sul diritto amministrativo nazionale degli Stati membri: non solo per l’ovvia considerazione “empirica” per cui esso ha inciso il più delle volte su materie oggetto del diritto pubblico, ma anche perché ha tracciato la strada verso un effettivo riconoscimento, da parte delle autorità nazionali, dei diritti dei cittadini. Ed infatti, l’ordinamento europeo ha sempre dimostrato particolare attenzione alle questioni relative all’esercizio del potere autoritativo e alla sua incidenza nei riguardi delle situazioni giuridiche degli amministrati. Proprio questo processo di influenze reciproche tra i diversi Stati membri ha fatto sì che il diritto europeo costituisse un proprio sistema di regole sulla scorta dei diritti amministrativi nazionali, codificando una serie di principi e valori che rappresentano i punti cardine per l’attività legislativa degli Stati membri2 . 2 Per un maggiore approfondimento sul tema, vd.Trattato di diritto amministrativo europeo (a cura di) CHITI - GRECO, Parte Speciale, I, 2007; HARTLEY, The foundations of European Community law, 2007; KINGSBURY, KRISCH and STEWART, Law and Contemporary Problems, Vol. 68, No. 3/4, in The Emergence of Global Administrative Law (Summer - Autumn, 2005), pp. 15-61; CARANTA, GERBRANDY, Traditions and Change in European Administrative Law, 2011; CRAIG, EU Administrative Law, 2006.
  • 4. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu Oggi, in forza di queste basi giuridiche consolidate, l’UE punta a stimolare un dibattito sui benefici e sulle potenzialità della cittadinanza europea, ovvero sul diritto di circolare e di soggiornare liberamente all’interno del territorio dell’Unione, incoraggiando e rafforzando la partecipazione civica e democratica attiva dei cittadini, la coesione sociale, la diversità culturale, la solidarietà, la parità tra donne e uomini, il rispetto reciproco e un senso di un’identità comune europea tra tutti i cittadini dell’Unione, sulla base dei valori fondamentali sanciti nel Trattato sull’Unione Europea (di seguito, “TUE”) e nel Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito, “TFUE”), nonché nella Carta. Invero, nonostante l’indubbio arricchimento della dimensione sociale e culturale dell’UE e l’armonizzazione giuridica sviluppatasi negli ultimi anni tra i vari ordinamenti nazionali, non si può sostenere che il processo integrativo abbia raggiunto gli obiettivi desiderati, in quanto il percorso identitario rimane tutt’oggi per molti aspetti incompiuto, anche a causa delle forti spinte nazionalistiche che stanno scuotendo il baricentro della politica europea e che potrebbero mettere alla prova i cittadini europei nella scelta di rimanere o non nell’Unione. Ed infatti, qualora il sentimento anti-europeo dovesse prevalere, le scelte politiche dei Paesi membri determineranno l’interruzione del percorso di rafforzamento dell’UE e, pertanto, comporteranno il definitivo tramonto del progetto degli Stati Uniti d’Europa3 . In effetti, l’evoluzione del processo integrativo ha lasciato il cittadino europeo in una sorta di “limbo identitario” nel quale, da un lato, manifesta la volontà di beneficiare dei diritti del mercato unico e, dall’altro, di tornare al vecchio Stato - Nazione che sotto un profilo economico e sociale ha sempre offerto maggiori garanzie di stabilità. Ciò anche in considerazione del fatto che il concetto di solidarietà sociale in Europa è strettamente connotato da una dimensione particolaristica che si sostanzia entro i confini nazionali; la 3 Un sistema di governo che prescinda da sistemi decisionali basati sulla negoziazione e che sia in grado di andare oltre il problema del deficit di sovranità e di democraticità, potrebbe determinare una riallocazione dell’Europa politica a livello internazionale, al fine di recuperare i cittadini europei in vista di un avvicinamento alle Istituzioni. Del resto, l’identità europea non nega, né tantomeno potrebbe mai rifiutare, la coesistenza di una pluralità di identità nazionali; in tal senso, è necessario riaffermare la propria multiculturalità e, quale criterio guida, il concetto di “unità nella diversità”.
  • 5. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu dimensione sociale, essendo retta da vincoli di reciprocità e da competenze fondate a livello nazionale, non ha consentito ai cittadini dell’UE di accedere ad un sistema di welfare europeo che li potesse accomunare, superando le differenze e le diseguaglianze tra i vari ordinamenti. Al di là delle apparenze, infatti, il modello binario della cd. doppia cittadinanza, non ha permesso una condivisione tra le diverse identità europee né tantomeno ha incentivato lo sviluppo delle potenzialità che il concetto stesso di cittadinanza riveste. Orbene, nel tentativo di unificare quantomeno concettualmente la dimensione sociale con quella politica e amministrativa tra i diversi paesi membri, si è intesa utilizzare la nozione di “cittadinanza amministrativa europea” per connotare il concetto di cittadinanza di una serie di prerogative relative al libero, pieno ed effettivo esercizio dei diritti sociali da parte di ciascun cittadino nel territorio europeo4 . Infatti, l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico e delle esigenze sociali della popolazione europea, rappresentando la duplice dimensione sociale e culturale della cittadinanza, costituiscono valori fondanti il processo di integrazione europea; tali principi, legati alla forza giuridica che il concetto di cittadinanza riveste, quale diritto fondamentale riconosciuto dai trattati, si qualificano come garanzia per ogni cittadino di accedere liberamente alle prestazioni sociali che ciascun paese dell’ordinamento UE offre, quantomeno secondo livelli e standard comuni tra tutti i paesi. In realtà, è pur vero che la natura “assoluta” dei diritti civili e politici – tipici della cittadinanza – è diversa da quella più relativa e condizionata dei diritti sociali o di quelli amministrativi, il cui diverso ruolo varia in funzione del diverso ruolo attribuito allo Stato ed al mercato nei vari paesi membri; ma alcune prestazioni essenziali, devono essere garantite a tutti, pur in presenza di quella sorta di “relativismo sociale” prodotto dal mercato unico5 . 4 Sul punto, vd. BARBALET, Cittadinanza, diritti, conflitto e disuguaglianza sociale, 1992; FERRERA, Integrazione europea e sovranità sociale dello Stato nazione: dilemmi e prospettive, in Rivista italiana di scienza politica, 2000, n. 1, pp. 393-421; TILLY, Citizenship, identity and social history, 1996; ZINCONE, Cittadinanza: trasformazioni in corso, in Filosofia Politica, vol. XIV, n.1, pp. 71-98, 2000; BONAZZI, DUNNE, Cittadinanza e diritti nelle società multiculturali, 1994; ROSSI, La porta stretta: prospettive della cittadinanza post-nazionale, in Quaderni costituzionali, aprile 2008. 5 GALLO, I servizi d’interesse economico generale. Stato, Mercato e Welfare nel diritto dell’Unione europea, 2010, p. 753.
  • 6. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu Sotto questo aspetto, il libero accesso ai servizi pubblici da parte dei cittadini europei costituisce un’essenziale fattore di inclusione sociale capace di enfatizzare la figura del cittadino-utente ed, al tempo stesso, assume un’importanza straordinaria per l’affermazione di questi diritti “atipici”, nuovi e di ultimissima generazione. Scopo della ricerca è, pertanto, verificare se il collegamento esistente tra cittadinanza, diritti civili e politici produca i suoi effetti anche nel campo dei servizi sociali e fondamentali, contribuendo alla configurazione di una nozione di “cittadinanza amministrativa europea”. Nello specifico, attraverso il valore giuridico che la nozione di cittadinanza amministrativa sta assumendo nel contesto europeo, ci si propone di verificare se l’insieme dei diritti sociali che tale concetto conferisce ai cittadini europei – tra cui proprio il libero, efficace ed efficiente accesso ai servizi pubblici – possa attribuire in capo ai singoli cittadini, diritti e pretese, legittimamente rivendicabili, nei confronti delle autorità pubbliche nazionali o locali, soprattutto nei casi di inadempimento o per l’inadeguatezza degli standard qualitativi o, addirittura, in caso di mancata di erogazione del servizio. A tale scopo è necessario comprendere fino a che punto il dinamismo giuridico del concetto di cittadinanza europea può colmare il gap relativo all’assenza di una specifica disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici ed, al tempo stesso, chiedersi se la garanzia per il cittadino di ricevere standard minimi e comuni di tutela sociale tra tutti i paesi membri, può rafforzare il percorso integrativo ed il concetto di identità europea. Sarebbe anche opportuno comprendere come i vari Paesi membri, nell’esercizio della loro competenza in materia, abbiano regolamentato tali settori, alla luce delle differenti esperienze gestionali locali, che hanno portato a risultati di eccellenza in alcuni casi, di desolazione in altri; ma in questa sede, mi limiterò a porre alcuni spunti di riflessione con riferimento alla possibilità che una regolamentazione dei servizi pubblici a livello europeo che garantisca certezze e diritti alla popolazione europea – proprio in considerazione della loro ondivaga “disciplina”, che sarà ripresa infra – possa rafforzare il percorso integrativo ed identitario dell’UE. A tal proposito, infatti, è legittimo domandarsi come il sistema sociale abbia funzionato in questi anni e se la competenza degli Stati nel settore delle politiche sociali
  • 7. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu e del welfare abbia indotto all’attivazione di una sana “competizione” tra i vari paesi, nel garantire una migliore tutela ai propri cittadini, oppure se ciascuno abbia agito indipendentemente pensando esclusivamente al livello di servizi erogato nei confronti dei propri cittadini. La presente ricerca, pertanto, non intende compiere un’esegesi dei diritti fondamentali di cittadinanza, sanciti nei trattati e nella Carta, attinenti alla sfera civile e politica e alla libertà di circolazione6 ; si propone, piuttosto, di ragionare sulla possibilità che i principi di cittadinanza svolgano un ruolo centrale nell’accesso e nell’erogazione dei servizi pubblici, nel loro collegamento con la protezione e l’esercizio dei diritti di cittadinanza. È indubbio, infatti, che i servizi pubblici rappresentino valori condivisi da tutte le società europee e costituiscano un ruolo fondamentale per migliorare la qualità di vita di tutti i cittadini. In definitiva, una maggiore attenzione da parte dell’Europa nei confronti della tutela dei diritti sociali e del libero accesso ai servizi pubblici nei paesi membri, sia a livello normativo sia a livello istituzionale, può rappresentare una svolta per il lungo e farraginoso percorso d’integrazione europea? 2. Lo sviluppo del concetto di cittadinanza amministrativa europea: un vettore per l’affermazione dei diritti sociali nell’Unione Il concetto di cittadinanza rappresenta oggi una pietra miliare del percorso integrativo ed identitario dell’intera collettività europea: la possibilità di vivere in un unico territorio prescindendo dalla appartenenza originaria alla comunità e valorizzando il concreto inserimento nella medesima costituisce, ancor’oggi, per tutti i cittadini europei uno dei principali leitmotiv di questa Unione. Considerando che è rimessa alla piena discrezionalità degli Stati membri la decisione circa le modalità di acquisto e di perdita della propria cittadinanza, l’individuo appartenente 6 Sul punto vd. VILLANI, La cittadinanza dell’Unione Europea, in Scritti in ricordo di A. F. Panzera, vol. II, 1995, p. 1001; BERTI, Cittadinanza, cittadinanze e diritti fondamentali, in Rivista di diritto costituzionale, 1997, p. 12; CIANCIO, I diritti politici tra cittadinanza e residenza, in Quaderni costituzionali, 2002; RESCIGNO, Cittadinanza: riflessioni sulla parola e sulla cosa, in Rivista di diritto costituzionale, 1997.
  • 8. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu ad un paese dell’Unione è contemporaneamente titolare dello status di cittadino della propria Nazione e anche, all’interno degli altri ordinamenti nazionali europei, dei diritti e dei doveri propri degli altri Stati. Il concetto di cittadinanza europea, infatti, si riferisce alla titolarità di una serie di diritti all’interno dell’UE che consentono di usufruire di una speciale disciplina giuridica, applicabile in quel luogo ad ogni individuo e/o impresa che appartiene all’Unione, pur non essendo cittadino di quello Stato. Pertanto, la cittadinanza europea è una qualità che si aggiunge a quella nazionale e, essendo le qualità delle cittadinanze nazionali differenziate, implica che all’interno dell’Unione Europea vi sia in ogni caso una cittadinanza a geometria variabile7 , collegata ai diritti che ciascuna collettività riconosce. Orbene, anche alla luce dell’osmosi giuridica tra sistema nazionale e sovranazionale, la dottrina ha inteso sviluppare una nuova idea di cittadinanza, cd. amministrativa8 . Questa, infatti, è stata ritenuta da parte della giurisprudenza UE in materia di libertà di circolazione un corollario del più ampio concetto di cittadinanza europea9 . Con tale termine, nello specifico, si è inteso un quid pluris rispetto al concetto generale di cittadinanza, ovvero intendendo sia la titolarità di diritti politici sia una serie di posizioni variamente riconducibili all’individuo per il solo fatto di fare parte di una determinata realtà. Nei rapporti tra il singolo e la comunità, ad esempio, è necessario garantire al cittadino sia il diritto di prestazione del servizio pubblico sia il diritto funzionale di partecipazione alla vita amministrativa dello Stato; pertanto, non soltanto il riconoscimento di diritti di partecipazione alle elezioni ed alla vita politica (tipici 7 Per riprendere un concetto espresso da RODOTÀ, in Repertorio di fine secolo, 1991. 8 Si veda MANGANARO, ROMANO TASSONE, Dalla cittadinanza amministrativa alla cittadinanza globale, 2005; DI NICOLA, SAPORITI, Cittadinanza o cittadinanze: la crisi dello Stato sociale in universalismo e logica delle appartenenze, Atti del seminario di studi, Università degli studi del Molise, novembre 1993; GROSSO, La cittadinanza: appartenenza, identità e partecipazione dallo Stato liberale alla democrazia contemporanea, in VIOLANTE (a cura di), Legge, diritto, giustizia, 1998. 9 Utilizzando quale parametro interpretativo il principio di non discriminazione, la CGUE si è espressa in materia con le sentenze Ioannidis del 15 settembre 2005, causa C- 258/04, Raccolta, p. I-8275, punti 22-25 e Schwartz et Gooties dell’11 settembre 2007, causa C-76/05, Raccolta, p. I 6849, punti 90-93, in cui i giudici hanno applicato l’articolo 45 TFUE rispettivamente al caso di un cittadino richiedente l’indennità di disoccupazione giovanile, a prescindere dal suo status di lavoratore dipendente o autonomo, e al caso in cui è stata riconosciuta un’agevolazione fiscale ad alcuni genitori per l’iscrizione del proprio figlio in una scuola situata in un paese diverso rispetto a quello della propria cittadinanza.
  • 9. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu del concetto di cittadinanza), ma anche dei diritti specifici di prestazione collegati all’accesso ai servizi pubblici che ciascuna collettività organizza. Invero, seppur il concetto di cittadinanza europea non appare particolarmente ricco di diritti (la libertà di circolazione e soggiorno, i diritti elettorali, la protezione diplomatica, il diritto di presentare petizioni al Parlamento e di rivolgersi al mediatore comunitario, ecc.), all’interno di questo settore, non possono non rientrare alcuni principi e diritti collaterali che traggono direttamente origine dal concetto stesso di cittadinanza. Per esempio, il diritto ad una buona amministrazione, da cui scaturiscono diritti di natura procedimentale, ovvero il diritto d’accesso ai documenti, a riprova che anche quella cittadinanza ha connotazioni amministrative agli altri diritti amministrativi nazionali. Ed ancora, è ormai riconosciuto che il diritto ad ottenere una qualità della vita accettabile sia parte integrante del concetto stesso di cittadinanza; tale diritto, peraltro, non si concretizza in un esercizio uti singoli, come se spettasse unicamente ad un soggetto avulso dalla comunità nella quale vive ma, invece, deve essere inteso nel senso di una possibilità spettante a colui che opera e vive in una singola collettività, nella quale può essere titolare di diritti particolari derivanti dalle caratteristiche di quella comunità specifica. Poi il livello delle prestazioni erogate da ciascuna comunità possono essere qualitativamente differenti rispetto a quelle di altre collettività, pur dovendosi tenere conto del livello essenziale che a tutti deve essere garantito, soprattutto nei confronti dei servizi pubblici essenziali quali l’energia elettrica, l’acqua, i trasporti, la salute, l’istruzione, ecc. Questi, infatti, costituiscono diritti sociali basilari il cui esercizio rappresenta il presupposto per l’esercizio di altri diritti fondamentali, non solo sociali. In tutti i casi, il concetto stesso di cittadinanza amministrativa dell’UE impone agli Stati di esercitare un “certo grado di solidarietà interstatale”10 , che potrà essere valutato tramite l’esercizio di un sindacato di merito sulle scelte degli Stati membri in settori riservati alla loro sovranità. Ad esempio, negare agli stranieri benefici sociali garantiti ai cittadini nazionali dal 10 CGUE, sentenza 20 settembre 2001, causa C-184/99, Grzelczyk, in Racc..
  • 10. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu sistema di sicurezza sociale nazionale non è legittimo se ciò non configura come un “onere irragionevole”, ovvero se non si giustifica in ragione del grado d’integrazione del richiedente nello Stato ospitante e del tipo di prestazione richiesta11 . Pertanto, la libertà di circolazione, anche grazie alla giurisprudenza UE sviluppatasi in materia, ha assunto la connotazione di principio utile a riconoscere il diritto alle prestazioni sociali per tutti i cittadini direttamente da parte dell’ordinamento UE. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (di seguito, la “Corte” o la “CGUE”) ha, infatti, dimostrato la possibilità di utilizzare le norme del Trattato in materia di cittadinanza per superare anche i limiti posti dal diritto derivato12 . Ed è proprio a garanzia della massima effettività dei principi e delle norme che sovraintendono alla regolazione del welfare europeo, che è stata fornita un’interpretazione estensiva dell’articolo 21 TFUE da parte della CGUE che, attribuendo a tutti i cittadini europei la facoltà di circolare liberamente, renderebbe illegittimo qualsiasi trattamento discriminatorio, anche di tipo sociale, fondato sulla nazionalità (in ossequio al generale principio sancito dall’articolo 18 TFUE). Ciò chiaramente non significa che chiunque soggiorni in uno Stato membro abbia titolo per accedere al welfare di quello Stato, posto che l’esigenza di garantire l’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale nazionale renda ammissibile riservare le prestazioni sociali solo a chi, lavorando, contribuisce a sostenere economicamente tale sistema; ed infatti, la piena parità di trattamento è assicurata solo a chi si sposta sul territorio dell’UE in qualità di lavoratore ai sensi dell’articolo 45 TFUE. In conclusione, il riconoscimento giuridico di tali diritti (non discriminazione, parità di trattamento, libertà di circolazione, ecc.), sia a livello normativo, sia livello giurisprudenziale, consente, da un lato, di utilizzare la loro portata applicativa quale parametro di legittimità per 11 CGUE, sentenza 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martinez Sala, in Racc.. A partire dalla celebre sentenza Martinez Sala, si è così proceduto a una progressiva erosione dei limiti posti all’accesso di cittadini stranieri non economicamente attivi alle prestazioni di welfare, creando un evidente beneficio per soggetti in cerca di occupazione, disoccupati e studenti. 12 SPAVENTA, The Constitutional Impact of the Union Citizenship, in The Role of the Courts in Developing a European Social Model, NEERGAARD, NIELSEN and ROSEBERRY (edited by), 2010, pp. 141 ss. Sul punto vd. anche ORLANDINI, Libertà economiche e cittadinanza, in www.europeanrights.eu, 2011.
  • 11. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu l’adozione di atti normativi dell’UE e, dall’altro, di tutelare le singole posizioni giuridiche soggettive di ogni individuo. Invero, ad oggi, non esistendo una regolazione europea della materia dei servizi pubblici, gli Stati possono esercitare liberamente le proprie competenze ed i cittadini difficilmente possono rivendicare servizi qualitativamente e quantitativamente adeguati in relazione agli standard europei. 3. Fonti normative e principi comuni: brevi cenni sui servizi pubblici in Europa Per sviluppare l’indagine sul ruolo dei diritti sociali e dei servizi pubblici nell’evoluzione del processo integrativo dell’UE non possiamo non soffermarci, seppur brevemente, sull’analisi delle fonti normative e del complesso di regole e principi che regolano tale sistema. Prima, però, appare opportuno chiarire, anche a scopo metodologico, che nell’ambito dell’ordinamento comunitario non esiste una nozione uniforme di servizio pubblico; esistono, piuttosto, una pluralità di nozioni utilizzate da ciascuno Stato per definire, con sfaccettature diverse, il predetto concetto. Ed infatti, il legislatore europeo ha deciso di non definire la nozione di servizio pubblico, proprio per la consapevolezza della eterogeneità di significati che tale concetto assume nei diversi sistemi giuridici nazionali. Altresì, sono varie le espressioni utilizzate dalle Istituzioni europee sia negli atti di soft law, sia nelle fonti normative, sia in diverse attività istituzionali: servizi d’interesse generale, servizi d’interesse economico generale, servizi d’interesse generale non economici, servizi di pubblica utilità, servizio sociale di interesse generale, ecc. Comunque, senza dare troppo peso alle questioni di tipo nominalistico, allo stato, gli sforzi compiuti dalle Istituzioni europee nel sintetizzare e rielaborare i valori ed i principi comuni a tutti gli Stati membri, anche alla luce delle diverse esperienze nazionali, si sono concentrati prevalentemente su alcune nozioni che, di seguito, si riassumono.
  • 12. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu Per servizi d’interesse generale (di seguito, i “SIG”) si intende quella serie di attività che le autorità pubbliche considerano d’interesse generale e che, pertanto, possono essere assoggettate a specifici obblighi di servizio pubblico. All’interno di tale categoria sono compresi i servizi d’interesse economico generale (di seguito, i “SIEG”)13 ovvero quella serie di attività analoghe, per elementi costitutivi, ai servizi pubblici economici nell’ordinamento italiano, ai services publics a caractère industriel et commercial nel sistema amministrativo francese e della public utility nel modello liberale anglosassone14 . La fornitura e l’organizzazione di tali servizi sono soggette alle norme dei trattati in materia di mercato interno e concorrenza poiché l’attività è di carattere economico. Nel caso delle grandi imprese di rete aventi una dimensione europea, quali le telecomunicazioni, l’elettricità, il gas, i trasporti e i servizi postali, i servizi sono disciplinati da un quadro normativo UE specifico. Altri servizi di interesse economico generale, ad esempio quelli nel settore della gestione dei rifiuti, dell’approvvigionamento idrico o del trattamento delle acque 13 A partire dalla seconda metà degli anni 90, maggiore attenzione è stata dedicata dalla Commissione europea sul tema dei SIEG: in particolare vd., Comunicazione su “I servizi di interesse generale in Europa” del 11.09.1996; la Comunicazione su “I servizi di interesse generale in Europa”, del 19.01.2001; il Libro Verde su “I servizi di interesse generale” del 21.05.2003; il Libro Bianco su “I servizi di interesse generale” del 12.05.2004; la Comunicazione su “I servizi di interesse generale, compresi i servizi sociali di interesse generale: un nuovo impegno europeo” del 20.11.2007; la Comunicazione Commissione “Un quadro di qualità per servizi di interesse generale” del 20.12.2011. Per un maggiore approfondimento sul tema in campo europeo, vd. CRUZ, Beyond Competition: Services of General Interest and European Community Law, in DE BÚRCA (ed), EU Law and the Welfare State. In Search of Solidarity, 2005, p. 169 e ss.; SIERRA, Exclusive rights and state monopolies under EC law, 1999; SIERRA, Article 86, Exclusive Rights and Other Anti‐Competitive State Measures, in Faull and Nikpay, The EC Law of Competition, 2007; HOLMES, The Control of State Action under EC Competition Law, in KORAH, Competition Law of the European Community, 2005; SAUTER, Services of general economic interest and universal service in European Law Review, 2008, p. 167 e ss.; SZYSZCZAK, The Regulation of the State in Competitive Markets in the EU, 2007; SCHWEITZER, Daseinsvorsorge, “Service Public”, Universaldienst, 2002. 14 L’individuazione del significato della locuzione SIEG è stata per lungo tempo operata prevalentemente dalla giurisprudenza della CGUE: vd., ad esempio, la sentenza Corbeau in tema di gestione del servizio postale (sentenza 19 maggio 1993, in causa C-320/91), in cui la Corte riconduce i SIEG a quelli diretti a soddisfare un interesse essenziale per la collettività e prestati con i caratteri dell’universalità, vale a dire a chiunque ne faccia richiesta, ad un prezzo uniforme e ragionevole, indipendentemente dalla redditività di ogni singola operazione (servizio postale di base). Nelle sentenze del Comune d’Almelo e Monopoli nazionali energia (sentenze 27 ottobre 1997, in cause C-157/94, C-158/94, C-159/94 e C-160/94), la Corte ha rilevato l’interesse generale nella garanzia dell’approvvigionamento continuo di energia elettrica in tutto il territorio oggetto della concessione, a tutti gli utenti – distributori locali o consumatori finali – nelle quantità richieste in qualsiasi momento, a tariffe uniformi e a condizioni che possono variare solo secondo criteri obiettivi applicabili all’intera clientela.
  • 13. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu reflue, non sono oggetto di regolamentazione autonoma a livello UE. Tuttavia, a taluni aspetti del servizio si applicano norme comunitarie specifiche, quali quelle in materia di appalti pubblici o di protezione dell’ambiente e dei consumatori15 . La categoria dei SIEG, dovrebbe contrapporsi ai servizi d’interesse generale non aventi carattere economico/commerciale (di seguito, “SNEIG”): tali servizi rientranti nelle prerogative statali tradizionali quali la polizia, la giustizia e i regimi legali di sicurezza sociale, il mantenimento della sicurezza della navigazione aerea, il controllo della circolazione marittima e la sicurezza marittima, l’organizzazione, il finanziamento e l’esecuzione di misure penitenziarie allo scopo di garantire l’attuazione del sistema penale, non sono oggetto di normativa UE specifica, né sono assoggettati alle norme dei trattati in materia di mercato interno e concorrenza. Infine, per completezza, è opportuno specificare che è stata configurata un’ulteriore categoria, i cd. servizi sociali d’interesse generale (di seguito, “SSIG”) la cui nozione non è specificata nel TFUE né nel diritto derivato dell’Unione16 . Tali servizi possono avere un carattere economico – in tal caso coincidono con i SIEG – o non economico a seconda dell’attività svolta. In quest’ultimo caso, il fatto che l’attività interessata sia di tipo “sociale” 15 Una serie di SIEG, inoltre, è assoggettata al quadro regolamentare istituito dalla direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (Direttiva Servizi, 2006/123/CE), che promuove l’obiettivo di agevolare la libertà di stabilimento dei prestatori di servizi in altri Stati membri e la libertà di prestazione di servizi tra gli Stati membri, anche ampliando l’offerta e migliorando la qualità dei servizi. I SIEG (es. settore dell’elettricità e del gas) sono servizi prestati dietro corrispettivo economico e rientrano, in linea di principio, nel campo di applicazione della direttiva servizi. La Direttiva Servizi, invece, non si applica ai SNEIG ed ad alcuni servizi come quelli sanitari, sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia, il sostegno alle famiglie e alle persone in stato di bisogno. Altri SIEG, invece, sono regolati da direttive specifiche come i servizi di comunicazioni, trasporti e audiovisivi Nel caso, in cui i SIEG siano disciplinati da disposizioni specifiche dettate da direttive già esistenti, queste ultime prevarranno in caso di conflitto con una delle disposizioni della Direttiva Servizi. 16 Nello specifico, nella Comunicazione "Attuazione del programma comunitario di Lisbona: i servizi sociali d’interesse generale nell’Unione europea” n. 177 del 26 aprile 2006, la Commissione ha individuato, oltre ai servizi sanitari propriamente detti, due gruppi principali di SSIG: (i) i regimi obbligatori previsti dalla legge e i regimi complementari di protezione sociale, con vari tipi di organizzazioni (mutue o regimi professionali), che coprono i rischi fondamentali dell'esistenza, quali quelli connessi alla salute, alla vecchiaia, agli infortuni sul lavoro, alla disoccupazione, al pensionamento e alla disabilità; (ii) gli altri servizi essenziali prestati direttamente al cittadino.
  • 14. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu non è di per sé sufficiente per escludere la qualificazione di “attività economica” secondo la copiosa giurisprudenza della CGUE17 . In realtà, la questione di come distinguere tra servizi economici e non economici è stata spesso sollevata, in dottrina ed in giurisprudenza, ma a tale interrogativo non si è riusciti a trovare una risposta a priori18 , in considerazione sia delle realtà specifiche che variano considerevolmente da uno Stato membro all’altro – e addirittura da un’autorità locale all’altra – sia per il fatto che le modalità di fornitura sono in costante evoluzione in risposta all’evolversi della situazione economica, sociale e istituzionale (ad esempio variazioni delle esigenze dei consumatori, novità tecnologiche, ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, il trasferimento delle competenze a livello locale). Gli studi, infatti, si sono concentrati sulla qualificazione della natura giuridica di tali servizi, come universali, secondo alcuni, come nazionali, secondo altri19 . Orbene, sotto l’aspetto normativo, il processo di positivizzazione del settore dei servizi pubblici, trae le fondamenta da diversi atti di soft law che si sono stratificati nel corso del tempo20 . All’interno dei trattati, invero, non è stata codificata una disposizione specifica che riconosca il principio generale del libero accesso ai servizi essenziali. È pur vero, però, che 17 CGUE, causa C-519/04 P, David Meca-Medina e Igor Majcen /Commissione, Racc. 2006, p. I-6991, punti da 30 a 33; C-350/07, Kattner Stahlbau, Racc. 2009, p. I-1513, punti 66, 72, 74 e 75; conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro del 10 novembre 2005 nella causa C-205/03 P. Fenin, Racc. 2006, p. I-6295, punti 50 e 51. 18 Sul punto vd. anche COSTANTINO, Servizi di interesse economico generale e aiuti di Stato: il Regolamento n. 360/2012 e la soglia de minimis per le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico, in www.koreuropa.eu. 19 Ciò anche per il carattere di diritti di ultima generazione e perché nel corso degli anni non si è sviluppata una ricca giurisprudenza in materia. Per uno studio del servizio universale in Europa, tra i tanti vd. BOYLE, PROSSER, Universal Service in a Liberalized Europe, in European Public Law, 1995; RAPP, La politique del liberalisation des services en europe, entre service publique et service universel, in Revue du Marché commun et de l’Union européenne, 1995, p. 352; BAUMOL, A ciascuno il tuo: concorrenza e servzio universale, in Mercato concorrenza regole, 1999, p. 65; SAUTER, Universal Service Obligations and the Emergence of Citizens’ Rights, in FREEDLAND, SCIARRA (edited by), Public Services and Citizenship in European Law, 1998. 20 La Comunicazione della Commissione 2001/C 17/04 su “I servizi d’interesse generale in Europa”, la Relazione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione "I servizi d’interesse generale in Europa", la Risoluzione del Parlamento europeo C 140 E/153 sulla comunicazione della Commissione “I servizi d’interesse generale in Europa”, la Comunicazione della Commissione 331 del 18.6.2002 sulla “Metodologia per la valutazione orizzontale dei servizi d’interesse economico generale”, la Relazione della Commissione 636 del 27.11.2002 “sullo stato dei lavori relativi alle linee direttrici in materia di aiuti di Stato per i servizi d’interesse economico generale”. La Commissione, inoltre, ha adottato in materia di SIEG il Libro Verde del 2003 e il Libro Bianco nel 2005.
  • 15. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu sono state introdotte diverse disposizioni nel TUE e nel TFUE e nella Carta21 che si riferiscono, in via diretta o indiretta, alla materia dei servizi pubblici e dei SIEG, in particolare. Ad esempio, l’articolo 14 TFUE, definisce i SIEG come “valori comuni” in riferimento al loro ruolo di “promozione della coesione sociale e territoriale dell’Unione”22 , imponendo all’Unione ed ai suoi Stati membri di provvedere affinché questi servizi operino sulla base di principi ed in condizioni che permettono loro di compiere la loro missione. E proprio con riferimento all’interpretazione di tale norma, si è animato un dibattito sulla possibilità che la predetta disposizione possa conferire direttamente in capo ai singoli utenti posizioni giuridiche azionabili innanzi ai Tribunali nazionali ed europei. Secondo alcuni autori, l’accesso ai SIEG da parte dei cittadini europei non potrebbe farsi rientrare nell’alveo delle responsabilità dell’Unione, in quanto questo settore si limiterebbe ad un’obbligazione “de ne pais fairé suivant laquelle l’Union agit sans remettre en cause ce qui a été décidé au niveau local ou National pour garantir l’accès au service public”23 . Tale approccio, pertanto, condurrebbe a ritenere che l’Unione non avrebbe alcun vincolo ulteriore nei confronti dei cittadini se non quello di assicurare la corretta applicazione del diritto 21 L’articolo 14 della Carta ha per oggetto il diritto all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua; l’articolo 29 riconosce il diritto di ogni individuo ad accedere a un servizio di collocamento gratuito; l’articolo 34, paragrafo 1, garantisce il diritto all’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali maternità, malattia, infortuni sul lavoro; l’articolo 35 riconosce il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali; l’articolo 11 garantisce il diritto alla libertà di espressione ed il rispetto della libertà dei media e del pluralismo; l’articolo 16 riconosce la libertà d’impresa conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali; l’articolo 37 stabilisce che un elevato livello di tutela ambientale deve essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile; l’articolo 38, in base al quale nelle politiche dell’Unione è garantito un elevato livello di protezione dei consumatori. 22 Articolo 14 TFUE, “Fatti salvi l’articolo 4 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 93, 106 e 107 del presente trattato, in considerazione dell’importanza dei servizi di interesse economico generale nell’ambito dei valori comuni dell’Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l’Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell’ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono tali principi e fissano tali condizioni, fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi.”. 23 GRARD, Place et signification de la Charte des droit fondamentaux de l’Union européenne pour le concept de service d’intérét général, in VANDAMME, RODRIGUES (dir.), L’accès aux service d’intérét économique général , 2003, p. 35.
  • 16. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu antitrust e di garantire l’esercizio del diritto di accesso ai SIEG. Pertanto, una maggiore considerazione del ruolo dei servizi pubblici nell’Unione sarebbe ancorata all’ampliamento delle competenze delle singole autorità nazionali, a discapito di una più incisiva riforma europea del settore.24 Invero, non condividendo tale approccio, da un punto di vista politico, potrebbe sostenersi che la scelta di rafforzare i poteri delle autorità nazionali in merito alla regolamentazione dei servizi pubblici rappresenta un ritorno al passato per gli Stati membri nella gestione di alcuni settori d’interesse collettivo. Tra l’altro, questo reveirement si porrebbe in contrasto con la tendenza all’europeizzazione del settore dei servizi pubblici, costituita anche per la loro elevazione da valori nazionali ad europei sulla base dell’articolo 14 TFUE e del Protocollo del Trattato di Lisbona (di cui a breve si tratterà). Un altro filone di pensiero ravvede, invece, nell’articolo 14 TFUE una punto cardine per il riconoscimento giuridico del valore dei servizi pubblici in Europa, anche se, tuttavia, si condivide sul fatto che tale disposizione non sia sufficientemente in grado di produrre conseguenze concrete nel senso di imporre obblighi in capo a Stato e Unione. Secondo tale prospettiva, la predetta norma assumerebbe oltre alla dimensione concorrenziale anche una dimensione sociale25 . I SIEG, infatti, non devono essere considerati solamente come attività connesse al mercato ed alla concorrenza, ma come “un insieme di elementi e valori che ispirano in positivo l’azione della Comunità nel raggiungimento degli obiettivi fondamentali dell’UE, tra i quali rientra la promozione della coesione sociale e territoriale”26 . 24 Sul punto vd. anche VAN MIERT, La Conférence intergouvernamentale et la politique communitaire de concurrence, in Competition Policy Newsletter, n. 2, 1997; FAVRET, Le Traitè d’Amsterdam: une révision à minima de la “Charte constitutionelle”, in Cahiers de Droit Européen, 1997; ROSS, Article 16 E.C. and services of general interest:from derogation to obligation?, in European Law Review, 2000; MORTELMANS, The Common Market, the Internal Market and the single market, What’s in a Market, in Common Market Law Review, 1998. 25 NAPOLITANO, Servizi pubblici e rapporti di utenza, 2001, p. 237. 26 Sul punto vd. anche LOPEZ PINA, Las tareas en la Union Europea, in Revista de Derecho Comunitario Europeo, 1998; CHAMPEIL DESPLATS, Services d’intérêt économique général; PAULIAT, L’accès aux services d’intérêt économique général, in Les Services publics en Europe; MUNARI, La disciplina dei cd. servizi essenziali tra diritto comunitario, prerogative degli Stati membri ed interesse generale, in Diritto dell’Unione Europea, 2002.
  • 17. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu Pertanto, quest’ultimo orientamento al quale si aderisce, fonda nell’articolo 14 TFUE la propria fonte normativa di riferimento per la disciplina dei SIEG, configurando un tipo di integrazione non più soltanto negativa ma anche positiva nel settore dei SIEG: un modello di “constitutionalistation of the concept of services of general interest in ways linked to the basic concept of public service”27 . Nel TFUE, inoltre, si riscontrano ulteriori disposizioni che confermano questa attenzione dell’ordinamento europeo nei confronti dei SIEG. Ad esempio, l’articolo 106 TFUE, al paragrafo 2, prevede una deroga all’applicazione delle norme sulla concorrenza, per le imprese incaricate della gestione dei SIEG, qualora detta applicazione ostacoli la specifica missione loro affidata. La gestione del servizio, infatti, in via generale deve essere soggetta alle regole del mercato, ma è prevista una deroga all’applicazione delle regole sulla concorrenza laddove il rispetto dei principi di mercato rischi di compromettere la missione affidata al gestore. Ciò significa che, se gli operatori di mercato non sono in grado di garantire il servizio in maniera adeguata, le autorità pubbliche potranno imporre agli operatori obblighi di servizio pubblico, ovvero concedere diritti esclusivi o speciali28 . Ed ancora, l’articolo 107 TFUE disciplina le modalità con cui verificare quando i finanziamenti pubblici relativi ai SIEG possono essere qualificati come aiuti di Stato o meno. Tale esame rientra nella competenza esclusiva della Commissione e richiede, appunto, il verificarsi congiuntamente di tutte le condizioni individuate dall’articolo 107 TFUE29 . Di notevole rilievo anche l’articolo 36 della Carta che sancisce il compito dell’Unione di promuovere la coesione sociale e territoriale, riconoscendo e rispettando l'accesso ai SIEG secondo quanto previsto dalle legislazioni e dalle prassi nazionali. L’articolo 41 della Carta, altresì, enuncia tra i diritti fondamentali irrinunciabili da parte dei cittadini europei quello ad una “buona amministrazione”, classificando i diritti di partecipazione tra i diritti civili e 27 PROSSER, The limits of competition law markets and public services, 2005, p. 554. 28 COSTANTINO, op. cit. 29 In sintesi le condizioni risultano essere le seguenti: utilizzare risorse pubbliche che incidano sugli scambi tra Stati membri, che favoriscono determinate imprese o produzioni, falsando, anche potenzialmente, la concorrenza. cfr. COSTANTINO, op. cit.
  • 18. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu sociali per i quali la nostra Costituzione riserva comunque allo Stato l’individuazione dei livelli essenziali di garanzia. E proprio in questo processo di positivizzazione dei diritti dei cittadini europei, il Trattato di Lisbona ha previsto il riconoscimento del valore di diritto primario delle regole sulla “cittadinanza amministrativa” quale parte della Carta dei diritti fondamentali. Ad esempio, l’articolo 197 del TUE ha sancito che “l’attuazione effettiva del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri, essenziale per il buon funzionamento dell’Unione, è considerata questione di interesse comune”. Inoltre, il Protocollo n. 26 allegato al Trattato di Lisbona sui “servizi d’interesse generale”, ha per la prima volta menzionato in una fonte normativa dell’UE il concetto di SIG. Infatti, come sostenuto da MASTROIANNI prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, “Notions such as services of general interest, universal service, and public service obligations are being outlined in the Commission's soft‐law documents, underpinned by the economic concept of market failure and fleshed out by judgments such as BUPA”30 . L’inserimento di tale nozione tra le fonti normative dell’Unione, pertanto, tende proprio a denotare l’importanza che sta assumendo la categoria dei servizi pubblici nel panorama europeo, con le relative differenze terminologiche che sono state poc’anzi chiarite. Invero, il Protocollo elenca una serie di disposizioni finalizzate a sancire il ruolo dei SIEG all’interno dei valori comuni dell’Unione, ai sensi dell’articolo 14 TFUE, prevedendo specificamente: (i) il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi d’interesse economico generale il più vicino possibile alle esigenze degli utenti; 30 MASTROIANNI, in Public Service Media and Market Integration: A Differential Application of Free Movement and State Aid Rules? in CREMONA (edited by), Market Integration and Public Services in the European Union, 2011, p. 149.
  • 19. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu (ii) la diversità tra i vari servizi d’interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse; (iii) un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dell’accesso universale dei diritti dell’utente. Pertanto, il Protocollo nel fornire alcune indicazioni di massima per quel che concerne la regolamentazione dei SIEG, affronta tre diversi aspetti: (i) la ripartizione delle competenze tra Stato e Unione europea, delineando l’ampia discrezionalità del primo nella regolamentazione dei SIEG, come riconosciuto dall’articolo 14 TFUE; (ii) la qualificazione giuridica dei SIEG in modo eterogeneo, considerata la diversità di bisogni e di esigenze a seconda della collocazione geografica e del contesto sociale degli utenti; (iii) la valorizzazione dei principi e dei criteri di accesso ai SIEG, in virtù degli obblighi di sevizio pubblico e del rapporto con il concetto di servizio universale. Alla luce di questo insieme di disposizioni normative, codificate nei trattati e nella Carta, appare chiaro che il nesso tra cittadinanza, diritti sociali e servizi pubblici ha assunto particolare forza proprio grazie alla funzionalizzazione di tali servizi per l’esercizio dei diritti politici e di libera circolazione31 . In tal senso, la cittadinanza amministrativa può costituire l’elemento unificante e fondante la pluralità delle cittadinanze in quanto non può che riferirsi alla titolarità del cittadino di pretese sociali sia di prestazione che di protezione nei confronti della Pubblica Amministrazione, anche con riferimento al livello delle realtà locali. Ed infatti, la configurazione di una nozione di cittadinanza amministrativa europea, intesa quale insieme di diritti sociali e amministrativi, civili e politici, attribuisce ai primi un valore normativo e 31 Senza un adeguato sistema di pubblici trasporti, infatti, il diritto di circolare e soggiornare liberamente non potrebbe essere esercitato efficacemente ai sensi dell’articolo 21 del TFUE; stessa cosa per il diritto all’istruzione ai sensi dell’articolo 14 della Carta.
  • 20. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu culturale di estrema importanza, soprattutto con riferimento alle politiche comunitarie di coesione e di sviluppo economico. 4. Lo sviluppo di una politica di coesione tra spinte nazionalistiche ed esigenze sovranazionali Dall’analisi svolta nel paragrafo precedente, si può agevolmente desumere che, seppur in assenza di una direttiva quadro o di un regolamento che disciplini specificamente in Europa la materia dei SIG, esista un nucleo essenziale di obblighi di servizio pubblico comuni a tutti i Paesi membri. Ed infatti, la promozione dell’accesso universale ai servizi pubblici, indicata come valore dell’Unione, ai sensi del Protocollo allegato al Trattato di Lisbona, rappresenta un principio essenziale per garantire la coesione sociale e territoriale nell’Unione europea, soprattutto con riguardo alle fasce di popolazione più svantaggiate sia sotto il profilo economico e sociale sia a prescindere dall’ubicazione geografica degli utenti. Proprio l’importanza della politica di coesione ed il suo rapporto con le altre politiche comunitarie è messa in rilievo dall’intero processo di integrazione europea: le politiche tese a garantire l’accesso ai SIG, infatti, intervengono sia quali strumenti di coesione sia al contempo quali obiettivi della politica di coesione, riaffermando il ruolo dell’Unione, non tanto per incentivare politiche di liberalizzazione, quanto, piuttosto, per garantire il giusto contemperamento tra esigenze di solidarietà e di competitività. In realtà, la stessa nozione di servizio universale32 , intorno al quale prende forma e si sviluppa il concetto di cittadinanza amministrativa europea, dovrebbe garantire, di per sé, una tutela minima ed essenziale nel campo dei diritti sociali. Nello specifico, la nozione di servizio universale dovrebbe ricomprendere, da un lato, il diritto degli utenti ad accedere a 32 Sul concetto universale nella dottrina italiana vd., CLARICH, Servizio pubblico e servizio universale: evoluzione normativa e profili ricostruttivi, in Diritto Pubblico, 1998, p. 181; NAPOLITANO, Il Servizio universale e i diritti dei cittadini utenti, in Mercato concorrenza regole, 2000, p. 429; CALDIROLA, La dimensione comunitaria del servizio pubblico ovvero il servizio di interesse economico generale e il servizio universale, in AMANNATI, CABIDDU, DE CARLI, (a cura di), 2001; CARTEI, Il Servizio universale, Milano, 2002; GASPARINI CASARI, Il Servizio universale, in Studi in onore di Umberto Pototshnig, vol. I, 2002; Per la dottrina europea, cfr. la nota n. 19.
  • 21. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu determinati servizi essenziali e, dall’altro, un obbligo per le autorità nazionali o per gli enti erogatori del servizio, di offrire precise prestazioni a determinate tariffe e condizioni. E proprio questo binomio diritto - dovere si concretizza nella nozione di servizio universale, quale insieme minimo di diritti e obblighi, anche avuto conto dei diversi fattori variabili quali la limitatezza delle risorse degli Stati e l’esigenza di erogare servizi più efficienti possibili con un ragionevole costo. La politica di coesione ed il concetto di servizio universale mirano entrambi a ridurre le diseguaglianze, sia a livello di regioni periferiche dell’Unione, sia a livello di categorie più marginalizzate di cittadini33 . Al tempo stesso, sussiste un nesso funzionale sul piano degli obiettivi tra coesione sociale e territoriale e servizio universale, ovvero quello di garantire un’“efficace rete di sicurezza per coloro che non sarebbero altrimenti in grado di acquistare a titolo personale i servizi essenziali”34 . Le Istituzioni europee, infatti, hanno dato prova dell’importanza di tale rapporto funzionale tra coesione, diritti sociali e cittadinanza nel sistema politico, sociale ed economico dell’Europa. Nello specifico, nel Libro Verde sui servizi di interesse generale, la Commissione mette in evidenza una interdipendenza tra SIEG, diritti fondamentali e cittadinanza ritenendo che i primi rappresentano “un elemento portante della cittadinanza europea e rappresentano una parte dei diritti goduti dai cittadini europei ed un’opportunità di dialogo con le autorità pubbliche nel contesto di una corretta governance”35 . A fortiori, nel Libro Bianco, la Commissione mette in evidenza che per i cittadini dell’Unione “tale accesso 33 GALLO, op cit., p. 749. 34 Cfr. il paragrafo 3.3 del Libro Bianco sui servizi d’interesse generale. 35 Sul punto, si veda AMIRANTE, La Coesione economica e sociale. I servizi pubblici e i diritti sociali, in PANUNZIO (a cura di), I costituzionalisti e la tutela dei diritti nelle corti europee: il dibattito nelle riunioni dell’Osservatorio costituzionale presso la Luiss Guido Carli dal 2003 al 2005, 2007; HÉRITIER, Market Integration and social cohesion: the politics o public services in European regulation, in Journal of European Public Policy, 2001; BAUBY, BOUAL, Pour une citoyenneté euroéenne. Quels services publics?, 1994; FREEDLAND, The Marketization of Public Services, in CROUCH, EDER, TAMBINI, Citizenship, Markets and State, 2000; BENNEN, Citizenship, nationality and access to public service employment: the impact of European Community Law, 2001; LYON-CAEN, CHAMPEIL-DESPLATS, Services publics et droits fondamentaux dans la construction europèenne, 2001; ROSS, The Europeanization of Public Service Supervision: Harnessing Competition and Citizenship?, in Yearbook of European Law, 2004.
  • 22. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu costituisce una componente essenziale della cittadinanza europea nonché un elemento indispensabile che consente loro di beneficiare appieno dei propri diritti fondamentali” e che, pertanto, i cittadini e le imprese “hanno il diritto di pretendere l’accesso a servizi di interesse generale di alta qualità e a prezzi abbordabili in tutta l’Unione Europea”36 . Questa particolare attenzione all’inclusione della materia dei servizi pubblici è, altresì, evidenziata dalle stesse parole della Commissione quando ritiene che “un numero sempre maggiore di attività svolte quotidianamente nel campo dei servizi sociali va a rientrare nel campo di applicazione del diritto comunitario”37 . Ed infatti, oggi, la garanzia di una tutela sociale uniforme, secondo standard comuni, sembra un grande passo in avanti verso l’evoluzione del concetto di cittadinanza amministrativa europea: non più solamente una tutela dei diritti civili e politici riconosciuti dai trattati, ma anche l’accesso, l’organizzazione e la distribuzione degli stessi. Coesione e accesso ai servizi, infatti, hanno il comune obiettivo di garantire una copertura territoriale completa dei servizi, assicurando che i soggetti più svantaggiati, anche sotto il profilo dell’ubicazione geografica, possano godere delle stesse strutture e dei medesimi livello di servizio di coloro che si trovano in una situazione privilegiata. Del resto la lotta contro l’emarginazione sociale e la povertà passa proprio per la garanzia che tali servizi possono essere erogati a prescindere dalla collocazione geografica e delle condizioni economiche degli utenti, in ragione del solo status di cittadino europeo. In realtà, proprio in materia sociale, il TFUE si limita a consentire all’Unione di adottare regole di armonizzazione che fissino standard minimi di tutela su determinate materie e gli Stati, nel recepirle, devono comunque tener conto dei vincoli posti dallo stesso TFUE a garanzia del funzionamento del mercato interno, soprattutto se intendono garantire standard di tutela più elevati. Non può essere, pertanto, sottaciuto che il processo di comunitarizzazione in materia di SIG, almeno sul piano politico, è stato affiancato nel corso degli anni da una 36 Cfr., il paragrafo 2.1 del Libro Bianco sui SIEG. 37 Comunicazione della Commissione del 20 novembre 2007, “I servizi di interesse generale, compresi i servizi sociali di interesse generale: un nuovo impegno europeo”.
  • 23. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu tendenza orientata ad evidenziare l’ampia discrezionalità degli Stati nei settori dei servizi pubblici. Questi, infatti, sono oggetto di specifico riconoscimento da parte dei singoli ordinamenti nazionali vista l’assenza, come già più volte ricordato, di una disciplina comune a livello europeo ed in considerazione della loro sovrapposizione con altri tipologie di diritti primari quali la salute ed i diritti sociali. Questo eccesso di “autonomia” nella gestione del settore dei servizi pubblici da parte degli Stati membri ha causato in molti paesi una limitazione, quantitativa o qualitativa, del diritto ad accedere agli stessi a differenza dei diritti civili o politici. Ed in effetti, attualmente l’Europa è fortemente divisa tra situazioni di eccellenza e di estrema sofferenza. Le diverse scelte politiche operate dai vari governi europei per le proprie popolazioni hanno evidenziato, in tutta trasparenza, le differenti capacità gestionali, culturali e politiche di ciascuno di essi. E purtroppo, come accade frequentemente, ogni qualvolta gli Stati esercitano una competenza in modo prevalente su una determinata materia, i cittadini sono abituati ad osservare un’Europa a diverse velocità. Basti pensare all’Italia, che rispetto alle altre potenze europee ha tra i più carenti sistemi d’infrastrutture e di servizi per i cittadini; ciò determina un disagio non solo per la propria popolazione, ma anche per gli altri cittadini europei che usufruiscono del nostro territorio. E da un punto di vista giuridico, tali disagi, che si traducono spesso (anche secondo la nostra esperienza interna) in diseguaglianze sociali, dovrebbero essere contrastate tramite gli strumenti di tutela giurisdizionali di ciascun paese membro. L’UE conformemente ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, interviene solamente nei limiti delle competenze conferitele dai trattati e nella misura strettamente necessaria. La sua azione rispetta la diversità delle situazioni negli Stati membri e i ruoli delle autorità nazionali, regionali e locali nel garantire il benessere dei cittadini e promuovere la coesione sociale, garantendo allo stesso tempo scelte democratiche riguardo, tra l’altro, al livello della qualità del servizio. Pertanto, essendo prevedibile nel futuro che l’Unione stabilisca parametri comuni di funzionamento amministrativo (una sorta di livello europeo essenziale delle prestazioni amministrative), occorre prevenire l’imposizione dalle “forze di mercato” di tali parametri o,
  • 24. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu meglio, contribuire positivamente alla determinazione comune delle regole di cooperazione amministrativa. L’idea, infatti, è proprio che il mercato si realizzi all’insegna del rispetto dell’integrazione economica e che avvenga un’integrazione di tipo sociale con riguardo ai livelli ed agli standard di erogazione dei servizi pubblici. Ed infatti, mentre la coesione economica mira a ridurre le differenze tra i vari Stati membri a livello economico-finanziario, la coesione sociale tende a ridurre la disparità legislativa nel settore dell’accesso ai servizi pubblici essenziali. Del resto, su questioni che investono da un lato il diritto della concorrenza e, dall’altro, aspetti d’interesse pubblico, le Istituzioni europee devono porsi come questione centrale quella dell’equilibrio tra competitività e solidarietà. 5. I limiti dell’economia di mercato e le difficoltà per la realizzazione di un sistema sociale comune Analogamente a quanto sostenuto sulla connotazione giuridica e sul valore normativo che il concetto di cittadinanza europea attribuisce all’esercizio dei diritti sociali nel territorio dell’Unione, appare senz’altro opportuno evidenziare che anche le libertà economiche godono, ugualmente, dello status giuridico di “diritti fondamentali”, nel senso che qualsiasi operatore economico che abbia la cittadinanza dell’Unione e intenda esercitare i diritti da queste scaturenti, può invocarle a sua tutela. Le norme dei trattati che tutelano le libertà economiche hanno efficacia diretta negli ordinamenti nazionali e la CGUE le interpreta ispirandosi alla “massima effettività”. Così come sostenuto per il rapporto tra cittadinanza e diritti sociali, quindi, anche le norme in materia di riconoscimento delle libertà economiche vietano “qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza riguardando tale divieto non solo gli atti dell’autorità pubblica, ma le norme di qualsiasi natura dirette a disciplinare collettivamente il lavoro subordinato e la prestazione di servizi”38 . 38 CGUE, sentenza Walrave, Causa 36/74, raccolta, p. 1405, punti 16 e 17.
  • 25. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu Inoltre, la giurisprudenza in materia di cittadinanza e di libera circolazione, al fine di istituire un’economia sociale di mercato, secondo quanto previsto all’articolo 3, paragrafo 3, TUE, ha attribuito valore di “clausola di protezione sociale” all’articolo 9 del TFUE che obbliga le istituzioni a considerare “le esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana”. Ed infatti, la costruzione di un’“economia sociale di mercato” viene evocata come obiettivo per la costruzione di un mercato più forte ed al tempo stesso per garantire le esigenze sociali dell’intera collettività. In realtà, appare del tutto evidente che nell’ordinamento europeo diritti sociali e libertà economiche non sono posti sullo stesso piano a livello di riconoscimento normativo. Mentre la libertà economica è giustificata in sé, perché, appunto, libertà fondamentale sancita dai trattati, il diritto sociale è riconosciuto dall’UE a condizione che sia affermato a livello nazionale; l’UE non aggiunge nulla al suo contenuto, tant’è che, se lo Stato membro non lo riconoscesse, il problema del bilanciamento con la libertà di mercato neppure si porrebbe. Nella specie, in Europa il diritto sociale ha una dimensione prettamente individuale e si sostanzia, pertanto, nell’attivazione da parte del titolare del diritto che si pretende leso di un contenzioso nei confronti dell’Autorità nazionale; manca del tutto, invece, quella dimensione collettiva e politica propria dei diritti sociali. Dunque, il diritto di esercitare l’autonomia collettiva è tutelato nella misura in cui si perseguano interessi considerati “giustificati” ed in maniera proporzionata e, così, risulta evidente che questo quadro istituzionale richieda una diversa ponderazione dei diritti oggetto del bilanciamento, che tenga in maggior conto i diritti sociali39 . La stessa CGUE ha precisato che il diritto del singolo, che si sposta sul territorio 39 È quanto emerge chiaramente già dalle conclusioni dei casi Viking e Laval. Miguel Poiares Maduro (l’Avvocato generale del caso Viking) in particolare sposta la prospettiva sul piano sovranazionale, affermando la necessità di operare un bilanciamento tra valori che, nell’ordinamento dell’UE, vanno considerati equiparati.
  • 26. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu dell’UE, si contrappone all’esigenza dello Stato di garantire l’equilibrio economico finanziario del sistema di welfare40 . E anche il confronto con la giurisprudenza in materia di libertà economiche evidenzia l’ambiguità di questo bilanciamento, che attualmente lascia ai giudici un compito, che non spetta loro, ovvero di dare sostanza a un’effettiva cittadinanza europea chiarendo in che modo si configuri il rapporto tra questa e le regole di mercato. E ciò anche perché sui diritti sociali ai quali il cittadino europeo può accedere, l’UE non ha alcuna competenza. Realizzare un cambiamento sostanziale dell’equilibrio esistente tra libertà di mercato e diritti sociali, quindi, può giungere soltanto sul piano del processo d’integrazione politica. Ma il quadro attuale non è molto rassicurante posto che non solo gli attori sociali, ma anche gli Stati membri appaiono divisi nel perseguire interessi spesso confliggenti. Perché gli equilibri nell’ambito del mercato interno cambino è piuttosto necessaria un’evoluzione del processo d’integrazione europea che porti a modificare lo schema binario di ripartizione di competenze, che, come sin qui evidenziato, lascia la protezione dei diritti sociali nelle mani degli Stati nazionali. Alla luce di tali argomentazioni ed in considerazione del quadro di attuale crisi economico-finanziaria del mercato globale, emerge con tutta evidenza la necessità di rafforzare il quadro giuridico istituzionale sul quale si fonda l’esercizio dei diritti sociali nell’ordinamento dell’UE. E pertanto, dalla crisi si esce o con la costruzione di un’Europa sociale più forte o con il ritorno alle chiusure nazionali. Non si tratta di perseguire la mera difesa dei sistemi nazionali dalle dinamiche dell’integrazione economica, ma di creare un livello europeo di tutela dei diritti sociali che ne ridefinisca la portata nella loro relazione con le regole di mercato che, rispetto ad esse, ne riaffermi la primogenitura in sintonia con i principi fondanti il modello sociale europeo. Ciò a partire da quei diritti civici, quali il libero accesso ai servizi pubblici, sui quali si fonda l’esercizio dell’autonomia collettiva e che di quel modello costituisce il presupposto costitutivo. 40 ORLANDINI, op. cit., p. 13.
  • 27. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu 6. Prospettive di regulation e conclusioni L’inedito sistema pluriordinamentale di tutela multilivello dei diritti ha indubbiamente ancora diversi vuoti normativi che non consentono di potere sostenere una piena parificazione tra diritti sociali, libertà di mercato e diritti di cittadinanza. Ciò che nel precedente paragrafo si è cercato di evidenziare è come il rapporto tra fonti nazionali e sovranazionali sia orientato verso la tutela nei confronti delle libertà economiche fondamentali. In tale dialogo tra fonti di natura e livello diverso, quelle che tutelano i diritti sociali restano sotto-ordinate rispetto a quelle che garantiscono il funzionamento del mercato interno, alle quali viene riconosciuto soltanto uno status di diritto fondamentale esercitabile “a livello” europeo, qualora derivante dall’esercizio dei diritti di cittadinanza o delle libertà economiche41 . La natura di diritto fondamentale attribuita oggi ai diritti sociali, e formalmente sancita dalla Carta e dal Trattato di Lisbona, mantiene un significato e una portata ancora relativa: essa può comportare legittime deroghe al funzionamento delle dinamiche di mercato, a condizione che tali diritti siano già riconosciuti negli ordinamenti nazionali e trovino in essi una tutela che non leda in maniera “sproporzionata” le libertà fondate sul diritto dell’UE. Appare pertanto imprescindibile, ai fini della costruzione di un’identità sociale europea, regolamentare uniformemente la materia dei servizi pubblici a livello sovranazionale, soprattutto alla luce della nuova portata che può assumere il concetto di cittadinanza amministrativa europea e della nozione stessa di economia sociale di mercato. In tal senso, è necessario riuscire a condividere il percorso verso una regulation europea, attivando progetti di cooperazione tra le amministrazioni europee. Ciò soprattutto in considerazione del fatto che l’implementazione del sistema di servizi pubblici è una delle poche certezze che potrà aiutare la ripresa dell’Europa. Gli effetti della recessione e la crescita stagnante di molti paesi rendono necessaria una spinta decisiva per gli investimenti nel settore delle infrastrutture e dei trasporti e dei sevizi ai 41 Sul punto vd., ORLANDINI, op. cit., p. 12.
  • 28. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu cittadini, in generale, che rappresentano un ruolo fondamentale nel favorire una nuova crescita economica forte e sostenibile. Questo è essenziale non solo per lo sviluppo dell’economia ma anche al fine di assicurare alla persona la possibilità di raggiungere il proprio luogo di lavoro, l’assistenza sanitaria e sociale, le strutture culturali e ricreative. Ad esempio, proprio recentemente a Roma, è stato organizzato il primo incontro tra gli amministratori delle società di trasporto pubblico delle sei maggiori capitali europee in cui è stato rivolto un appello a tutti i governi europei di puntare maggiormente sullo sviluppo dei servizi pubblici in Europa. Le imprese di trasporto pubblico di Berlino (BVG), Londra (TFL) Madrid (metro de Madrid), Mosca (Moscow Metro), Parigi (RAPT) e Roma (ATAC) si sono riunite per promuovere la loro idea secondo la quale il trasporto pubblico è in grado di svolgere un ruolo chiave nella creazione di posti di lavoro, nello sviluppo sostenibile e nella ripresa economica in Europa. Pertanto, solo con un intervento giuridico, normativo e finanziario stabile si consentirà di portare avanti una pianificazione a lungo termine e di incrementare gli investimenti da parte dei privati e degli attori istituzionali. E proprio per garantire l’effettività del mercato unico, la tutela della concorrenza, la competitività dell’economia europea, la realizzazione di una cittadinanza amministrativa europea, è necessario alimentare meccanismi virtuosi di confronto e di emulazione sulle migliori pratiche per raggiungere, così, in tutta l’Unione elevati ed omogenei standard di qualità e di regolazione dell’azione amministrativa e dei servizi pubblici. Si intende in definitiva come fondamentale la creazione di una vero e proprio spazio amministrativo europeo per realizzare una cittadinanza europea intesa come effettiva possibilità di esercizio dei diritti fondamentali dei cittadini degli Stati membri: uno spazio in cui la cittadinanza europea e le libertà di mercato possono svilupparsi senza i pesi e gli intralci posti in essere dalle amministrazioni inefficienti e da normative indebitamente onerose per cittadini e imprese.