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SVILUPPI RECENTI NEL SISTEMA EUROPEO DEI
VISTI: PROFILI CRITICI E ANALISI NORMATIVA
Ezio Benedetti
Docente a contratto di Diritto internazionale e dell’Unione Europea nella Scuola Superiore
Universitaria per Mediatori Linguistici di Padova. (CIELS), Dottorando di Ricerca in “Ordine
Internazionale e Diritti Umani” nell’Università “Sapienza” di Roma
ABSTRACT: Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del
Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più
dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti
rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del
tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e
sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio
illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti
una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione.
L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività
nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici
dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema
d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e
nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato,
con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo
dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso.
Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche.
L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di
risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo
definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione.
I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per
il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri
risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La
natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice:
da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei
visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che
i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia
di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione
PAROLE CHIAVE: Visti, Spazio di libertà sicurezza e giustizia, SIS, Codice europeo dei visti

1.

Considerazioni preliminari ed inquadramento della questione
I processi migratori sono fenomeni selettivi: limitati nel tempo, nello spazio e nel

numero. Solo determinati gruppi di individui lasciano il proprio luogo natale, spinti da ragioni
diverse, tra cui la scarsità di risorse, la pressione demografica o guerre e persecuzioni, con lo

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scopo di raggiungere luoghi precisi, strutturalmente collegati ai luoghi d’origine dei migranti
in ragione di legami economici, politici, sociali, culturali, storici che pongono precisi
parametri ai flussi e che ne influenzano le dimensioni e la durata1. Coloro che emigrano sono
solo una minoranza degli abitanti del luogo di origine e restano una minoranza nel paese di
destinazione, alcuni di loro si insediano stabilmente, altri ritornano. Quando gli Stati moderni
non esistevano ancora o non avevano sviluppato i mezzi tecnici e amministrativi per
controllare le proprie frontiere ad emigrare erano solo minoranze di una popolazione di una
regione.
Non sono solo le migrazioni a vantare una storia antica, documentata dai resti dei primi
ominidi2, intimamente connesso alla storia del genere umano è, infatti, anche l’atavico
desiderio di escludere l’altro. Durante la Rivoluzione industriale, contemporaneamente allo
sviluppo di vaste opere urbanistiche e alle innovazioni tecnologiche nel settore dei trasporti,
che comportarono un nuovo impulso alla mobilità degli esseri umani, gli Stati nazione
europei, in fase di evoluzione e di consolidamento delle proprie istituzioni, mossi dall’idea di
sovranità statale, elaborarono a livello governativo e amministrativo politiche e strumenti per
controllare le popolazioni insediate sul territorio e per esercitare un controllo più capillare
delle proprie frontiere, escludendo attivamente gli stranieri nel tentativo di regolare i flussi
migratori esistenti, fino a raggiungere un monopolio quasi totale durante i primi decenni del
ventesimo secolo3. In seguito, l’idea di sovranità statale applicata ai controlli
all’immigrazione troverà alcune limitazioni nell’impegno degli Stati a osservare i contenuti
degli accordi e delle convenzioni internazionali vigenti in materia4 e nell’operato degli organi
giuridici degli Stati stessi, che confermeranno con sempre maggiore frequenza e forza i diritti
degli immigrati residenti, nonché, nel caso europeo, nella progressiva integrazione delle
Comunità europee, processo la cui intensità comporterà conseguenze giuridiche tali da
Per approfondire cfr. SASSEN, Migranti, coloni, rifugiati.Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa,
Milano, 1999, p. 127 ss..
2
CORTI, Storia delle migrazioni internazionali, Bari, 2003, p. 9 ss..
3
ID., p. 95 ss..
4
Si noti, a titolo di esempio, la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati. Per una trattazione
approfondita dei contenuti e dell’origine della Convenzione v. HATHAWAY, The Rights of Refugees Under
International Law, Cambridge, 2005; SINAGRA, BARGIACCHI, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Milano,
2009, p. 521.
1

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determinare il passaggio in seno all’Unione Europea di competenze prima di stretta pertinenza
degli Stati membri5.
Alla luce di tali considerazioni preliminari, è necessario essere coscienti del fatto che in
nessuna fonte di Diritto internazionale, in vigore o no, è proclamato il diritto all’accesso degli
stranieri allo Stato territoriale. Vige, in altre parole, il principio della discrezionalità dello
Stato nell’ammettere o meno sul proprio territorio attraverso specifici controlli alla frontiera
lo straniero che ne faccia richiesta e che ne abbia i requisiti. La stessa Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo si limitò a sancire che ogni individuo ha il diritto di lasciare
qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese6. Mentre la Comunità
europea, impegnata nel compito di instaurare un mercato comune e un’unione economica,
includeva tra le libertà fondamentali anche la libertà di circolazione delle persone7: già il
Trattato di Roma del 1957 enunciò tale principio in favore dei lavoratori subordinati,
prevedendo anche il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi, anche se per ragioni di
ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di salute pubblica era giustificata l’adozione da parte
degli Stati di misure speciali e restrittive nei confronti degli stranieri.
Partendo da tali premesse, possiamo affermare che la maggiore mobilità delle persone
implica un trade off tra costi e benefici di difficile soluzione per gli Stati: è possibile
promuovere la “mobilità legale” delle persone, compresi i benefici da essa derivanti,
rimuovendo allo stesso tempo l’esistenza di “mobilità illegali”? I probabilistici indicatori
denominati “rischio immigratorio”, “rischio per la sicurezza” o “rischio per la salute
pubblica” sono adatti a contrastare queste “mobilità illegali”? Quali sono le ricadute negative
dell’utilizzo di tali concetti? La cosiddetta “immigrazione illegale” non può essere fermata dai
soli confini, per quanto blindati essi siano. Tale consapevolezza ha portato nel tempo
all’allargamento della “ragione sociale” delle politiche sull’immigrazione: dalla nascita dei
documenti di viaggio, ai visti, fino allo scivolamento delle pratiche di controllo alle frontiere
VALVO, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Roma, 2011, p. 361 ss..
Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. V. ancheTOMUSCHAT, Human Rights: Between Idealism and Realism,
Oxford, 2008, p. 30 ss..
7
Per una trattazione approfondita cfr. ZANGHÌ, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2010, p. 69;
cfr. anche ADINOLFI, La libertà di circolazione delle persone, in STROZZI (a cura di), Diritto dell’Unione
Europea (parte speciale), Torino, 2005, p. 70 ss.
5
6

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dal posto di controllo di confine all’esterno, fuori dallo Stato, direttamente nei luoghi di
provenienza dei migranti o dei viaggiatori, grazie all’ausilio dei più innovativi mezzi
tecnologici.
Lo scopo di questo contributo è di analizzare la situazione attuale del regime europeo
Schengen dei visti di breve durata, detti visti uniformi, analizzando gli ultimi sviluppi della
normativa europea in materia, nonché lo stato attuale di applicazione e valutando l’evoluzione
del ruolo delle Istituzioni europee e delle Amministrazioni statali che operano in tale politica.
Nell’ambito dell’Unione Europea, le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di
Libertà, Sicurezza e Giustizia”8 non hanno paragone con le altre politiche europee, sono
probabilmente le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Rientrate tra le competenze
concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di
sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche
contrastanti9. Terreno di scontro tra pressioni commerciali e sociali in favore del movimento e
dell’integrazione, impulsi relativi alla sicurezza per la protezione della popolazione,
obbligazioni internazionali sui diritti umani, preoccupazioni nel campo della giustizia per il
riconoscimento dei diritti degli stranieri e dei rifugiati ed istanze per una maggiore efficienza
nell’amministrazione delle frontiere. La politica dei visti, in particolare, rappresenta un nesso
di imperativi conflittuali per i contemporanei e sviluppati Stati liberali10.

2.
La mobilità ed i suoi limiti legali: l’accesso allo spazio europeo da
parte di cittadini di Paesi terzi soggetti e non all’obbligo del visto
Le politiche in materia di ingressi di cittadini stranieri rappresentano un dilemma chiave
per le democrazie capitalistiche, impegnate sia nella costruzione di difese protettive per
contrastare le migrazioni auto-avviatesi, sia nell’apertura di porte di passaggio tali da

8

TFUE, Titolo V, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, artt. 67-89.
$ Per una trattazione approfondita di questi temi cfr. BALZACQ, CARRERA, The Hague programme: the long
road to Freedom, Security and Justice,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), Security versus freedom? A challenge
for Europe’s future, Aldershot, 2006, pp. 1-34; VALVO, cit., pp. 361-364.
10
Cfr. SALTER, MUTLU, The ‘Next Generation’ Visa. Belt and braces or the emperor’s new clothes?, Brussels,
2011. Il testo è disponibile al sito internet del CEPS alla pagina: http://www.ceps.eu/book/’next-generation’-visabelt-and-braces-or-emperor’s-new-clothes.
9

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permettere flussi specifici. Al momento attuale, le misure in materia di controllo delle
frontiere, del diritto d’asilo, dei visti, della circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno
del territorio comunitario, della politica di immigrazione rientrano tra le competenze
concorrenti tra Unione e Stati membri11. Tali politiche sono parziali in termini di copertura e
differenziali in merito agli effetti sugli Stati membri12.
L’Unione, al fine di includere in qualche maniera anche gli Stati più riluttanti alla
cooperazione, ha previsto clausole di flessibilità specifiche13. L’effetto è che lo spazio
europeo è al momento frazionato in più sottoinsiemi di Stati, all’interno dei quali sono
applicate regole diverse da cui conseguono difformi opportunità e restrizioni alla mobilità di
categorie diverse di individui. L’area Schengen14, infatti, non coincide con il territorio
dell’Unione Europea, risulta monco dei territori del Regno Unito e dell’Irlanda, Stati membri
dell’Unione che hanno escluso la propria partecipazione agli accordi di Schengen in materia
di visti, e comprende invece quelli della Norvegia15, della Svizzera, del Liechtenstein e
dell’Islanda, Paesi non membri dell’Unione, include de facto i piccoli territori del Principato
di Monaco, di San Marino e dello Stato della Città del Vaticano, esclude al momento i
territori di alcuni Paesi membri come la Romania, la Bulgaria e Cipro ed esclude i
11

La dottrina in materia di politica migratoria dell’UE è vastissima, ci limiteremo qui ad indicare i testi più
recenti: PISILLOMAZZESCHI, Strumenti comunitari di prevenzione e di contrasto all’immigrazione clandestina, in
Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2004, p. 723 ss.; CELLAMARE, La disciplina dell’immigrazione
nell’Unione europea, Torino 2006; CAGGIANO, Le nuove politiche dei controlli alle frontiere, dell’asilo e
dell’immigrazione nello Spazio unificato di libertà, sicurezza e giustizia, in Studi sull’integrazione europea,
2008, p. 1 ss.; NASCIMBENE, Orientamenti e norme nazionali in materia di immigrazione. Le iniziative di
riforma e le modifiche in corso, in Rivista italiana di diritto pubblico e comparato, 2008, p. 719 ss.; BENVENUTI
(a cura di), op. cit., 2008; BIGO, GUILD, ControlingFrontiers, Free Movementinto and within Europe,
Burlington, 2005; PAPAGIANNI, Institutional and Policy Dinamics of EU Migration Law, Boston, 2006; CARTA (a
cura di), Immigrazione, frontiere esterne e diritti umani. Profiliinternazionali, europeiedinterni, Roma, 2009;
HAILBRONNER, Immigration and Asylum Law and Policy of the European Union, The Hague/London/Boston,
2000.,
12
Cfr. GEDDES, Why European immigration policies are converging. Il testo è disponibile alla pagina internet:
http://www.eui.eu/Documents/DepartmentsCentres/SPS/Seminars/SPSFellowsSeminar/GeddesPaper.pdf.
13
Cfr. Trattato di Amsterdam, Protocolli allegati al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato che istituisce la
Comunità europea: Protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione Europea;
Protocollo sull’applicazione di alcuni aspetti dell’articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea al
Regno Unito e all’Irlanda; Protocollo sulla Posizione del Regno Unito e dell’Irlanda; Protocollo sulla posizione
della Danimarca.
14
Si indica con “area Schengen” le porzioni di territorio degli Stati Schengen in cui i cittadini di Paesi terzi con
visto Schengen uniforme valido possono circolare liberamente nei limiti definiti dal legislatore e dal visto stesso.
15
Accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla
loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, Bruxelles, 1999.
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Dipartimenti, Territori e Paesi d’oltremare di alcuni Stati Schengen16, ossia Francia, Paesi
Bassi, Norvegia e Danimarca, territori che sono a loro volta divisi tra quelli che sono parte
integrante dell’Unione Europea e quelli che ne sono esclusi.
Il Trattato di Maastricht ha elevato al rango di diritto fondamentale il diritto di libera
circolazione dei cittadini europei17. Tale diritto non è automaticamente applicabile ai cittadini
di Stati terzi. Gli accordi di Schengen del 1985 e la successiva Convenzione di applicazione
del 1990 hanno istituito altresì una distinzione delle frontiere in due tipologie: le frontiere
interne e quelle esterne; prevedendo la rimozione dei controlli alle frontiere interne e
rinforzando i controlli a quelle esterne. Ne consegue che un individuo regolarmente
soggiornante nell’Unione Europea sul territorio del Regno Unito e cittadino di un Paese terzo
sottoposto all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen, che non include il Regno
Unito, è obbligato ad ottenere un visto valido per poter arrivare alla frontiera esterna dell’area
Schengen18. Questo semplice esempio dimostra inequivocabilmente che la mobilità non è
dunque uguale per tutti e non si applica allo stesso modo nelle diverse porzioni di territorio
che compongono l’Unione.
La mobilità non è un fenomeno indifferenziato. Possono esistere tante mobilità quanti
sono gli individui in movimento: c’è chi viaggia per il piacere di visitare un luogo celebre per
un periodo di tempo limitato, c’è chi si trasferisce per alcuni mesi o anni all’estero per motivi
di studio, c’è chi si sposta per affari e chi emigra all’estero per motivi di lavoro.
Presupponendo un mondo di individui sedentari, vale a dire residenti in un luogo specifico per
la maggior parte dell’anno solare, la mobilità di ogni soggetto in rapporto ad una definita area
di riferimento al di fuori dei confini nazionali può essere utilmente classificata in base alla
durata dell’azione del movimento fuori dai confini, in base alla finalità del viaggio e in base
Con l’espressione Stati Schengen si indicano i Paesi membri o no dell’Unione Europea che partecipano alla
cooperazione di Schengen.
17
La libera circolazione dei lavoratori è un principio fondamentale dell’Unione Europea sancito dall’articolo 45
del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea e ulteriormente precisato nel diritto derivato e dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione. Cfr. ADINOLFI, cit., in STROZZI (a cura di), cit., Torino,
2005; VALVO, cit., p. 96 ss..
18
In merito ai requisiti richiesti ai cittadini di Paesi terzi sottoposti all’obbligo del visto per l’accesso all’area
Schengen e residenti nel Regno Unito, si rinvia al testo della decisione: C(2012) 4726
finalCommissionimplementingdecision of 11.7.2012 establishing the list of supportingdocuments to be presented
by visa applicants in the United Kingdom (Edinburgh, London and Manchester), Brussels, 2012.
16

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alla cittadinanza del soggetto in movimento. Facendo riferimento ad esempio all’area
Schengen e ai contributi normativi europei fondamentali in materia di visti, che saranno
trattati più precisamente in seguito, nel primo caso è possibile individuare due tipologie
fondamentali di mobilità, relative cioè a periodi di soggiorno di lunga durata o di breve
durata, la cui linea divisoria di novanta giorni nell’arco di un semestre è stabilita dalle
disposizioni dal legislatore europeo. Vedremo più avanti che la disciplina riguardante i visti di
ingresso per periodi di lungo e di corto soggiorno trova fondamento rispettivamente in fonti
del diritto nazionale e in fonti di diritto europeo derivato: al momento attuale la
determinazione del volume delle ammissioni di lavoratori migranti è di competenza degli
Stati membri, mentre la definizione delle norme sulle condizioni della mobilità di corto
soggiorno è ormai competenza esclusiva delle Istituzioni europee. Nel secondo caso ipotetico,
che prevede una classificazione in relazione alla finalità dell’azione, la mobilità si può
classificare in numerose tipologie: dal turismo, ai viaggi d’affari, ai motivi di lavoro
subordinato o autonomo, alle competizioni sportive, allo studio, ai motivi religiosi ecc. Nel
terzo caso è possibile individuare tre tipologie di soggetti: coloro che hanno la nazionalità di
almeno uno dei Paesi che partecipano all’acquis Schengen, coloro che non sono cittadini di
nessuno degli Stati Schengen ma che non sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso per
avere accesso all’area Schengen e coloro che sono cittadini di Paesi terzi e sono soggetti
all’obbligo del visto di ingresso.
Chi arriva in Europa lo fa per motivi e con mezzi diversi. Dal punto di vista giuridico è
di fondamentale importanza osservare che il canale scelto dal cittadino di un Paese terzo per
entrare nell’Unione Europea ne condiziona direttamente i diritti, ad esempio in termini di
accesso al mercato del lavoro. Questa osservazione permette di oggettivare la mobilità in due
classi per mezzo della coppia di aggettivi legale/illegale: la mobilità può essere definita legale
se rispettosa delle condizioni di ingresso e permanenza definite dal legislatore nazionale o
dalle istituzioni europee; per converso, la mobilità si può definire illegale se in violazione di
tali condizioni.
In base alle attuali stime, la popolazione dell’Unione Europea dovrebbe iniziare a
diminuire dopo il 2035, il rapporto tra persone in età lavorativa e gli ultrasessantacinquenni si

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avvicinerà sempre più all’unità intorno al 2060. La migrazione, indispensabile per il futuro
del continente europeo, è diventata il principale motore dell’evoluzione demografica
nell’Unione19. Obiettivi dichiarati dell’Unione Europea per una politica coerente e credibile in
materia di immigrazione sono la definizione di misure efficaci per prevenire l’immigrazione
irregolare e garantire la sicurezza delle frontiere in modo equo e rispettoso dei diritti umani.
Nell’Unione, la gestione dell’esercizio della libertà di circolazione non dipende solamente
dalla definizione di misure facilitanti tese a stabilire le condizioni ottime in conformità a cui
gli individui possono attivamente governare la propria condotta, dipende in maniera crescente
anche dalla determinazione di ciò che è considerato esercizio improprio e irresponsabile della
libertà, attraverso la precisazione delle violazioni e delle minacce all’esercizio autonomo della
mobilità. Corollario dell’impostazione neoliberale ora in voga è che al benessere del singolo,
nonché a quello della generalità di numerosi individui, consegua il benessere della società nel
suo complesso, fermo restando il controllo sulle condotte illegittime e degradanti. Secondo il
nuovo paradigma liberale, la nozione di cittadino libero e autonomo è costruita per antitesi
sulla definizione di ciò che è considerato non responsabile o degradante e sulla creazione di
misure di controllo e sorveglianza nei confronti dei gruppi di individui a cui non si concede la
fiducia di godere della propria libertà di movimento. Non solo, è postulata la responsabilità e
la volontarietà di coloro che utilizzano la libertà per conformare il proprio comportamento a
condotte considerate non ragionevoli. Il fatto stesso di adottare comportamenti non conformi
alla regola convenuta basta come prova dell’incapacità di tali soggetti al responsabile uso
della propria autonomia20. L’illegalità e l’abuso sono dunque considerati come scelta
deliberata, cioè volontaria irresponsabile condotta della propria autonomia, prova di
disonestà. Vedasi ad esempio il caso dell’immigrazione illegale: sia che arrivino in Europa
attraversando illegalmente i confini, sia che decidano di restare illegalmente sul territorio
europeo alla scadenza di un visto valido, i migranti non regolari sono sovente considerati
nocivi, principalmente per ragioni economiche, a volte per ragioni di sicurezza. Essi sono
19

Cfr. COM (2012) 250 final, Communication from the Commission to the European Parliament and the Council
Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012.
20
Per autonomia non si intende qui solamente “indipendenza” e “facoltà di determinare liberamente la propria
condotta”, ma soprattutto la capacità di auto-regolarsi e auto-limitarsi definendo i limiti del proprio
comportamento in maniera conforme alla regola definita dalla comunità e dal legislatore.
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sempre più di frequente considerati degni di essere esclusi, in quanto minaccia alla stabilità
sociale ed etno-culturale del luogo di destinazione.
L’istituzione di frontiere interne ed esterne ha comportato una più marcata
differenziazione tra coloro che sono inclusi nell’area del mercato unico e coloro che ne sono
esclusi: la soppressione dei controlli alle frontiere interne ha permesso una potenziata libertà
di movimento per gli insiders alle spese di una diminuita possibilità di movimento per alcune
tipologie di outsiders, in particolare per coloro a cui è richiesto, su base nazionale, un visto
valido d’ingresso. Gli Stati, per poter sorvegliare le mobilità degli individui, richiedono al
giorno d’oggi passaporti e altri documenti per il viaggio che possono essere rilasciati
solamente da Stati, tranne alcune particolari eccezioni. Per poter avere accesso agli spazi
esteri, spesso tali documenti di viaggio devono essere corredati da un visto valido,
congruentemente alla tipologia del documento di viaggio in possesso dell’individuo e ai
requisiti imposti dallo Stato di destinazione. Gli Stati nazione sono riusciti nel tempo ad
ottenere il monopolio dell’autorità di determinare chi può entrare all’interno delle proprie
frontiere, segnando così la vittoria del principio nazionale di sovranità sulla libertà di
circolazione delle persone.
I passaporti, documenti d’identità abitualmente validi per l’espatrio e rilasciati
generalmente dallo Stato di origine o del quale l’individuo ha la nazionalità, sono stati ben
presto affiancati da un’altra innovazione tecnica, il visto, che comunica l’autorizzazione
rilasciata dallo Stato di destinazione in favore di un preciso cittadino straniero titolare di un
determinato documento di viaggio ad arrivare al posto di frontiera con il Paese di destinazione
ai fini dell’ingresso. Le restrizioni sul rilascio dei visti imposte nei confronti di titolari di
passaporto di alcuni Paesi terzi rappresentano uno tra i più importanti mezzi con cui gli Stati
esercitano la propria azione di controllo sugli ingressi di cittadini stranieri sul proprio
territorio, ostacolando e dissuadendo l’immigrazione di certi gruppi di persone21. Limitare gli

Letteralmente il “visto” indicava che il documento di viaggio era stato “osservato” e riconosciuto valido dalle
autorità di polizia di frontiera che, apponendo un timbro, il “visto” appunto, autorizzavano il titolare del
documento di viaggio ad oltrepassare il posto di frontiera e a continuare il viaggio. Ben presto i visti si sono
evoluti, incorporando in essi ulteriori informazioni: i dati anagrafici del titolare del documento di viaggio, onde
evitare problemi di identificazione, e le condizioni relative al soggiorno nel Paese di destinazione, ad esempio la
durata, il numero di ingressi, le finalità del viaggio ecc. Il passaporto invece fornisce solo un’assicurazione allo
21

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ingressi diventa il sistema più semplice ed efficace per gli Stati per controllare il numero di
immigrati. Secondo questo sistema, i cittadini di Stati terzi devono sostenere innanzitutto i
costi e gli inconvenienti per la domanda di visto, ad esempio i tempi di attesa o le spese
necessarie all’ottenimento della documentazione richiesta ecc. In secondo luogo, esiste
sempre la possibilità che il consolato dinieghi la domanda di visto, senza contare che esiste
anche l’eventualità che le autorità dello Stato di destinazione impediscano l’ingresso al
titolare di un visto valido. I visti permettono quindi di dissuadere e compiere una prima
selezione degli individui in movimento.
L’obbligo del visto è definito generalmente su base nazionale: i cittadini di alcuni Paesi
terzi possono avere accesso al territorio di uno Stato senza possedere un visto, al contrario
cittadini di altri Paesi terzi sono costretti ad avere il visto. La presenza dei primi è apprezzata
in termini di desiderabilità e di basso rischio per la comunità dello Stato di destinazione, gli
altri sono considerati potenzialmente indesiderabili e lo Stato di destinazione si riserva di
valutare la pericolosità caso per caso, negando l’accesso ai visitatori per cui i rischi sono
considerati più elevati. Il sistema dei visti pertanto compie una discriminazione degli stranieri
su base della nazionalità di provenienza e, tra quelli obbligati ad avere un visto valido, su base
individuale. Vedremo più avanti come gli Stati Schengen hanno delineato politiche comuni di
restrizioni sui visti e liste comuni di Paesi terzi ai cui cittadini è richiesto di avere un visto
valido all’arrivo alle frontiere esterne.
Per poter approfondire lo studio del regime europeo dei visti, più precisamente del
regime Schengen dei visti di soggiorno di breve durata, è indispensabile aver presenti i
seguenti capisaldi riguardanti la mobilità degli individui e i suoi limiti legali: il territorio
dell’Unione Europea non coincide con l’area Schengen: in porzioni diverse del territorio
europeo vengono applicate regole e restrizioni diverse alla mobilità degli individui (si noti ad
es. i casi già richiamati sopra di Regno Unito o Irlanda, i casi di Norvegia e Svizzera e i
Territori e Domini d’oltremare di alcuni Paesi membri); i cittadini dell’Unione Europea22
Stato di destinazione o di transito che il titolare del documento può fare rientro sul territorio dello Stato che ha
rilasciato tale documento.
22
Ciò vale anche per i loro familiari, anche se cittadini di Paesi terzi, secondo le previsioni contenute nella
Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che
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hanno il diritto di circolare e di stabilirsi liberamente sul territorio dell’Unione, compresi i
territori dei Paesi non membri della cooperazione di Schengen, anche se per il Regno Unito è
previsto il passaggio attraverso un punto di controllo alla frontiera; i cittadini di Paesi terzi per
i quali non è richiesto l’obbligo del visto per soggiorni di breve durata23 possono fare ingresso
attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con un documento di viaggio valido e
riconosciuto e possono trattenersi liberamente nel territorio comune per un periodo massimo
di tre mesi, continuativi o meno, nell’arco di un semestre, conteggiato dalla data di primo
ingresso24; i cittadini di Paesi terzi per i quali è richiesto l’obbligo del visto possono fare
ingresso attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con documento di viaggio
riconosciuto e visto Schengen uniforme valido. Essi possono trattenersi liberamente nel
territorio comune, senza controlli aggiuntivi alle frontiere interne dell’Unione, per un periodo
determinato con precisione dalle indicazioni stampate sul visto e relative a durata, ingressi e
periodo di validità dello stesso. Il periodo in ogni caso non può superare tre mesi, continuativi
o meno, nell’arco del semestre conteggiato dalla data del primo ingresso; i cittadini di Paesi
terzi possono fare ingresso e soggiornare sul territorio degli Stati europei per periodi di tempo
superiori ai novanta giorni nell’arco di un semestre in base alle disposizioni delle normativa
nazionali degli Stati stessi.
Il sistema Schengen dei visti di ingresso si fonda sui seguenti principi25:

nessun

cittadino di Paese terzo può fare ingresso sul territorio degli Stati Schengen se egli costituisce
un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri o se è considerato a rischio di
immigrazione illegale; esiste da parte degli Stati una presupposizione di legalità in merito ad
modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (Testo rilevante ai fini del SEE), ultima
versione consolidata del 16/06/2011.
23
Il limite definito dal legislatore europeo è di 90 giorni nell’arco del semestre.
24
Cfr. le disposizioni dell’art. 2 comma 2) a) del Regolamento ( CE) N. 810/2009 del PE e del Consiglio del 13
luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), Bruxelles, 2009 (versione consolidata
di Ottobre 2011). Per una definizione del concetto di primo ingresso si confronti anche la pronuncia in via
pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativa al caso Nicolae Bot / Préfetdu Val-de-Marne:
Sentenza della Corte (grande sezione) del 3 ottobre 2006, Nicolae Bot contro Préfetdu Val-de-Marne(Causa C241/05). Il testo della sentenza è disponibile al sito della Corte:
http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=65388&pageIndex=0&doclang=IT&mode=r
eq&dir=&occ=first&part=1&cid=1110902.
25
Cfr. GUILD, BIGO, The transformation of European border controls, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di),
Extraterritorial Immigration Control: Legal Challenges, Leiden, 2010, pp. 257-280.
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un visto di corto soggiorno rilasciato da un altro degli Stati partecipanti alla cooperazione; una
volta ammesso sul territorio comune, l’individuo è autorizzato a spostarsi su tutto il territorio
dell’area Schengen per un periodo non superiore a tre mesi, continuativo o meno, nell’arco di
un semestre senza controlli supplementari alle frontiere interne degli Stati partecipanti.
È necessario inoltre tener presente che in linea di principio non esiste alcun diritto per
un cittadino di Paese terzo all’ottenimento di un visto di ingresso, tranne nel caso particolare
del diritto alla coesione familiare nei confronti di cittadini di Paesi terzi congiunti con
cittadini dell’Unione26. Per fare i conti con i casi di violazione dei limiti legali definiti in
merito alla mobilità degli individui, l’Unione si è dotata anche di politiche di espulsione e di
rimpatrio27 e ha firmato accordi di riammissione28 con Paesi terzi: le disposizioni di queste
fonti normative andrebbero applicate nei confronti di coloro che hanno dimostrato di non aver
fatto uso responsabile della propria autonomia personale, in particolare dunque per quei
cittadini di Paesi terzi che non hanno saputo osservare le condizioni legali che regolano
l’ingresso e la residenza sul territorio degli Stati membri.

3.
L’enfasi sulla sicurezza: la gestione rafforzata delle frontiere esterne
dell’Unione Europea e il Sistema d’Informazione Schengen (SIS)
Il concetto di sicurezza non rappresenta una novità nel panorama europeo. Istanze
relative alla sicurezza hanno comportato la prescrizione dell’uso di documenti di viaggio e,
successivamente, dei visti per poter intraprendere spostamenti oltre confine. Oltre a ciò, il
processo di integrazione europea è stato accompagnato da iniziative parallele a carattere
intergovernativo per trattare implicazioni di polizia e di sicurezza in vista dell’apertura delle

26

Cfr. la già citata Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeoedel Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al
diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli
Stati membri. Per la materia del ricongiungimento familiare cfr. anche la Direttiva 2003/86/ CE del Consiglio del
22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare.
27
Fondato sulla base normativa dell’art. 63 comma 3.b) del Trattato che istituisce la Comunità Europeo, il testo
di riferimento è la Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno
è irregolare. Sullo stesso tema è necessario ricordare anche gli accordi di riammissione sottoscritti dall’Unione
con Paesi terzi, alcuni dei quali sono collegati ad accordi di facilitazione del rilascio dei visti.
28
Per approfondire cfr. COM(2011) 76 definitivo, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al
Consiglio, Valutazione degli accordi di riammissione dell’UE, Bruxelles, 2011.
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frontiere comuni29. Nel mondo bipolare antecedente alla fine della Guerra Fredda, il
mantenimento della sicurezza si sosteneva su dinamiche di intelligence e logiche militari, le
minacce erano rappresentate da altri Stati e dalle loro ideologie. Con l’istituzione del Mercato
Unico Europeo e gli sconvolgimenti geopolitici consecutivi alla dissoluzione dell’Unione
Sovietica, la politica dell’Unione Europea ha favorito accanto alle logiche economiche degli
obiettivi dei trattati una dimensione securitaria in risposta al potenziale aumento in
dimensione dell’immigrazione e dei richiedenti asilo30.
Nel mondo contemporaneo, lo Stato detiene la sovranità e il monopolio sulla gestione
della circolazione delle persone. Al fine di garantire la sicurezza, lo Stato non solo deve
controllare chi entra, ma deve anche essere libero di rifiutare l’accesso31. L’Unione Europea,
ultimo esito dell’integrazione degli Stati membri, legittima la mobilità intraeuropea e si dota
allo stesso tempo di mezzi per controllare l’accesso attraverso le frontiere esterne. Sia Stati
singoli, sia Unioni di Stati o aree di libera circolazione delle persone sono costretti ad
affrontare il dilemma tra la facilitazione dei flussi di persone, per i benefici politici ed
economici che possono comportare, e, dall’altro, la limitazione di tali flussi, nonché il loro
controllo per questioni di sicurezza. La libera circolazione delle persone può infatti contenere
abusi e violazioni. Ciò nonostante, da un punto di vista liberale, una politica protezionistica in
questo ambito può causare problemi di entità maggiori, senza contare altri effetti negativi
quali il deterioramento dell’accoglienza degli stranieri e delle relazioni con Stati terzi, col
rischio sempre presente di non sradicare le frodi implicandone invece la loro
professionalizzazione32. Pertanto, nella gestione delle frontiere esterne gli Stati devono fare i
conti con le loro relazioni internazionali e con le politiche migratorie, con esigenze
29

Si noti ad esempio il Gruppo di Trevi istituito nel 1975 e che riuniva i Ministri degli Interni e di Giustizia dei
Paesi CEE. Per approfondire cfr. Cfr. DENBOER(a cura di), Schengen, judicialcooperation and policy
coordination, Maastricht, 1997, p. 87 ss..
30
Si confronti ad esempio l’art. K. 1 del Trattato di Maastricht.
31
Per unatrattazioneapprofonditacfr. NEUMAYER, Unequal access to foreign spaces: how States use visa
restrictions to regulate mobility in a globalised world, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION,
Global migration perspectives working paper no. 43, Ginevra, 2005. Disponibile in:
https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/200709_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf.
32
BIGO, Contrôle migratoire et libre circulation en Europe, in JAFFRELOT, LAQUESNE (a cura di), L’enjeu
mondial. Lesmigrations, Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla pagina internet:
www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf.
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economiche, politiche, culturali e di sicurezza interna. Oggi gli Stati sviluppano le proprie
relazioni internazionali nel contesto di un’economia mondiale aperta, che si manifesta nella
cosiddetta globalizzazione e trova sua legittimazione nel pensiero liberale. Tuttavia, il sistema
delle relazioni internazionali si fonda anche sui concetti di Stato nazione e di inviolabilità
della sovranità. In virtù di essi, gli Stati tendono anche a chiudere ed a proteggere i confini e
le proprie identità nazionali, istituendo controlli alla libertà di movimento33.
Generalmente, sicurezza e libertà sono considerati valori contraddittori, irriconciliabili.
La scelta tra di essi sembra implicare un trade off di tipo esclusivo, o più sicurezza o più
libertà, e il risultato è sempre un compromesso a somma zero variabile sul continuum tra
libertà assoluta34 e sicurezza assoluta35. Ad un grado maggiore di libertà corrisponde per i
membri della comunità una diminuita sicurezza e, viceversa, maggiore sicurezza implica un
minore godimento della libertà. Mentre gli Stati inseguono un sistema per controllare in modo
migliore gli ingressi, imperativi politici ed economici chiedono con insistenza confini
permeabili. Controlli ferrei sono apparentemente contrari agli interessi economici degli Stati,
restrizioni all’ingresso di cittadini stranieri inibiscono il commercio internazionale e il
turismo. Per facilitare gli scambi e la mobilità, alcuni Paesi hanno istituito unioni e
armonizzato le politiche dei visti, hanno creato blocchi regionali per uscire dalla piccola scala
dello Stato nazione e per aumentare le proprie dimensioni su scala globale.
Dal punto di vista della circolazione delle persone è possibile conciliare tra loro le
istanze relative a libertà e sicurezza? È possibile raggiungere una maggiore libertà di
movimento e allo stesso tempo garantire una maggiore sicurezza? La definizione a livello
internazionale di convenzioni sul rispetto dei diritti umani può forse permettere la risoluzione
del paradosso tra libertà e sicurezza36. La Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea accorpano i due principi precisando che ciascun individuo ha diritto alla libertà e alla

33

Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34.
Si faccia riferimento allo stato di natura secondo il pensiero di Hobbes.
35
Si faccia riferimento alla concezione orwelliana di controllo come prevista nel libro ORWELL, 1984, London,
1949.
36
Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34.
34

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sicurezza37. Uno degli obiettivi dell’Unione Europea è la creazione di uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia, in cui massimizzare la libertà di circolazione degli individui per mezzo
della definizione di un regime di pratiche di sicurezza sottoposte a controllo democratico da
parte di istituzioni a ciò preposte e che garantiscano la protezione dei diritti fondamentali e
che assicurino la possibilità di ricorso effettivo. Secondo i discorsi neoliberali dominanti, la
sicurezza non dovrebbe essere garantita dal costante intervento dei poteri pubblici, bensì
attraverso la messa in sicurezza degli automatismi che sono già attivi all’interno della
società38. In tale ottica, compito dell’Unione dovrebbe essere dunque quello di permettere
l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali, responsabilizzandoli, e
creando, se necessario, istituzioni capaci di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia
al fine di difendere gli altri individui da tali comportamenti e da intrusioni non legittime da
parte degli Stati. Secondo questa impostazione, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso
nell’Unione senza documenti validi o che non utilizzano correttamente un visto sono
considerati individui non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia
correttamente: percepita come distorsiva dell’ordine convenuto, la loro illegalità è considerata
prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire controlli
aggiuntivi e restrizioni per motivi di sicurezza. Oltre all’immigrazione illegale, un’altra grossa
preoccupazione per gli Stati è l’infiltrazione di potenziali terroristi, di criminali, di trafficanti
di droga e di armi o di altre persone non grate. Il centro delle preoccupazioni sono le
potenziali minacce alla stabilità del regime e alla sicurezza nazionale impersonate
rispettivamente da individui politicamente sgraditi, da criminali violenti politicamente
motivati e da soggetti appartenenti a reti criminali transnazionali. Fondamentale è quindi in
primo luogo la capacità di definizione di ciò che comporta una minaccia alla sicurezza e,
nonostante la limitatezza delle risorse, la capacità di ottenere le informazioni necessarie ad
effettuare controlli mirati. In base al paradigma, i gruppi di individui appena menzionati sono
governati per mezzo di interventi precisati sulla base del potenziale rischio, valutato per

Si confronti l’art. 5 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali e l’art.6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
38
Cfr. VAN MUNSTER, The EU and the management of immigration risk in the Area of Freedom, Security and
Justice, in Political Science Publications, n. 12, SyddanskUniversitet, Esbjerg, 2005.
37

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mezzo di pratiche di sicurezza opportunamente designate per verificare le finalità e
controllare la mobilità dei cittadini stranieri. Il concetto di rischio è diventato il principio
fondante della nozione di sicurezza. Le fonti normative del regime Schengen dei visti
menzionano ripetutamente i concetti di rischio migratorio e di rischio per la sicurezza. La
valutazione del rischio presuppone la disponibilità di informazioni attendibili e la capacità di
verifica. Ipotizza in un secondo momento l’osservazione di regolarità riguardanti la gestione
della libertà di movimento e della condotta da parte degli individui, sia nei casi in cui essi
dimostrino di utilizzare responsabilmente la propria autonomia rendendosi così utili alla
società secondo la prospettiva neoliberale, sia nei casi in cui essi scelgano condotte cosiddette
devianti, non conformi e irrispettose della regola convenuta.
Dopo gli eventi dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, la nuova minaccia del
terrorismo globale e l’emergenza causata dalle buste contenenti spore di antrace, i discorsi
ufficiali negli Stati Uniti si sono orientati verso il diritto dei governi di rafforzare le misure di
sorveglianza e di sicurezza. Il dibattito ha preso piede anche in Europa, sollecitato anche dagli
attentati di Madrid e di Londra nel 2004 e nel 2005. Gli alti livelli di guardia e di vulnerabilità
percepita dalla popolazione hanno giustificato un deciso giro di vite in direzione di un
accentuato utilizzo di controlli sulla popolazione civile. Il problema più importante è quello di
definire quali debbano essere i limiti di tale attivismo da parte degli Stati. Da un punto di vista
liberale la mobilità degli individui è un bene per l’economia. La libera circolazione può
sicuramente includere alcuni abusi, ma fino a che punto l’inasprimento delle misure di
controllo e di sicurezza può essere definito proporzionale ai rischi? Fino a che punto il
rimedio denominato “sicurezza” può anteporsi alla libertà degli individui e ad ogni
fondamentale valore democratico? Il Congresso degli Stati Uniti nel 2001 ha ad esempio
accettato di conferire all’esecutivo ampi poteri permettendo l’adozione di misure legislative
speciali39. Secondo molti l’amministrazione Bush ha oltrepassato ogni delega al potere in
nome dello stato di eccezionalità.

Per approfondiresiveda ad esempioiltestodell’USA Patriot Act,Uniting and Strengthening America by
Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism (USA PATRIOT ACT) Act of 2001. Il
testo è disponibile alla pagina internet: http://thomas.loc.gov/cgi-bin/query/z?c107:H.R.3162.ENR:.
39

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Sul tema della sicurezza due argomenti fondamentali si sono imposti40. Il primo di essi
ritiene che la sicurezza sia il valore primario: la sicurezza implica la protezione
dell’individuo, della collettività e dello Stato. Questa posizione portata agli estremi può
suggerire che la sopravvivenza della civiltà occidentale stessa è minacciata dal terrorismo
globale che è riuscito ad impossessarsi del controllo degli strumenti di violenza, superando la
forza di molti Stati. La sicurezza è questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Libertà e
democrazia sono valori secondari, sono possibili solo a condizione che la vita sia assicurata.
Tale posizione può legittimare l’illimitato livello di intervento da parte dello Stato. In molti
casi è riuscita a convincere, legittimandosi sulle paure diffuse degli individui.
Ciò nonostante è evidente a molti che accentuate misure di sicurezza non possano non
predare la libertà dei cittadini. Molti gruppi sociali hanno insistito sull’esagerazione di questa
posizione, in antitesi profonda rispetto agli ideali di democrazia, che in questo caso si trovano
in pericolo di sopravvivenza. Si è sviluppata così una seconda retorica che si fonda sull’idea
di equilibrio tra libertà e sicurezza. Un apparente alto livello di pericolo può giustificare
misure di sicurezza accentuate. Il vero pericolo di questa seconda posizione è che in momenti
di alta tensione vengano varate misure di sicurezza straordinarie per il controllo degli
individui e, alla distensione della situazione, tali misure rimangano pur tuttavia in vigore,
perennemente, utili al controllo degli individui e alla raccolta di dati su di essi. Lo stato di
eccezionalità diventa così perenne. Un evento isolato ed eccezionale comporta così la
richiesta, caldamente eseguita in un clima di paura generalizzata, del sacrificio di parte della
libertà agli individui, dopodiché lo stato di emergenza tende inevitabilmente a divenire
duraturo, ponendo a repentaglio la democrazia. Nei discorsi ufficiali si è insistito sulla
capacità di terroristi e di individui criminali di infiltrare i flussi di stranieri, giustificando così
non solo l’inasprimento dei controlli sulla mobilità transconfinaria, ma anche la sorveglianza
sulla libertà di parola, di associazione, religiosa e delle minoranze. La libertà di azione viene
giudicata in base alla conformità alla norma locale, chiunque devii leggermente dalla norma
diventa sospetto. La libertà di circolazione degli stranieri subisce di colpo limitazioni vistose e
la normalità diventa il sospetto sulla loro mobilità. Ma in un mondo liberale, l’economia
Per approfondire si invita a confrontare i contributi pubblicati nell’ambito del progetto Challenge: Liberty &
Security. I testi sono disponibili al sito: http://www.libertysecurity.org/.
40

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mondiale e gli Stati hanno comunque bisogno di mantenere un flusso di mobilità sostenuto, in
quanto è generalmente ritenuto vero che ad una maggiore libertà di circolazione
corrispondano maggiori benefici per l’economia. Ma maggiore mobilità richiede anche
controlli più efficaci, fino all’estremo limite del totale controllo dei movimenti degli individui
al fine di avere gli strumenti per valutare opportunamente ogni rischio, pericolo e minaccia. È
per questo motivo che la retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà
e sicurezza ha preso piede, come se libertà e sicurezza fossero gli unici due valori degni di
valutazione.
In Europa, l’avvio del programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole
importanza in tale direzione41. La precedente agenda di Tampere presentava un ampio
programma, cosmopolita, in cui i diritti, compresi quelli degli immigrati, dei richiedenti asilo
e dei cittadini di Paesi terzi, acquistavano un’inaspettata prominenza. Il cambio di registro con
l’Aia è evidente: l’obiettivo è quello di creare “un’Europa che protegge”. La sicurezza diventa
l’aspetto cruciale, prioritaria rispetto alla libertà42. Il documento approvato dal Consiglio
raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce da combattere, ovvero il terrorismo, il
crimine transfrontaliero e la migrazione irregolare. In tutti questi casi le misure individuate
riguardano l’accentuata sorveglianza e il controllo della mobilità degli individui.
Il principio di sicurezza è stata selezionato perché adatto al fine di imporre limitazioni
alla libertà di circolazione. In questo ambito il concetto di rischio è diventato fondamentale.
La strategia europea prevede tecniche che operano su più livelli, a livello nazionale e
individuale. La stessa si estende nello spazio, presente non solo alla frontiera fisica ma perfino
all’estero, direttamente nel luogo di provenienza degli individui in movimento. L’Unione
prevede infatti la protezione del territorio comune per mezzo di interventi basati sulla
conoscenza dei rischi da mettere in atto nei luoghi in cui tali rischi possono essere presenti (ad
esempio alle frontiere esterne o direttamente in Paesi terzi), sulle attività a rischio (rischio
41

Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34.
CfranchePARKES, The Stockholm Programme: more than just a five-year itch?, in The Federal Trust, 2009,
allapagina internet: http://www.fedtrust.co.uk/content.php?content_id=126&cat_id=6.
42
Cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. Alla lettura del testo del programma risulta evidente che al punto 1.
“Rafforzamento della libertà”, e non in quello intitolato “Rafforzamento della sicurezza”, sono inserite misure di
sicurezza quali l’instaurazione della gestione integrata delle frontiere esterne, delle politiche in materia di visti e
dell’interoperabilità dei database VIS, SIS II eEURODAC.
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migratorio), nei confronti delle categorie e degli individui a rischio (potenziali migranti,
overstayers43 o richiedenti asilo). La normativa prevede che le Sezioni Consolari, in
particolare gli Uffici Visti, delle Rappresentanze dei Paesi membri accreditate all’estero siano
responsabili della valutazione a livello individuale dei rischi 44. Secondo la disposizioni del
legislatore europeo, se un individuo con un’alta probabilità costituisce un rischio per gli Stati
Schengen, la sua mobilità deve essere ostacolata, negando lui l’accesso al territorio comune.
La metodologia definita dal sistema Schengen dei visti al fine di controllare la circolazione
delle persone presenta, per gli stranieri, opportunità differenziate per l’accesso all’area
Schengen. In un primo momento prevede l’accesso differenziato su base nazionale: per i
cittadini di alcuni Paesi del mondo l’accesso all’area comune non è condizionato
dall’ottenimento di un visto di ingresso, per i cittadini di altri Paesi del mondo invece il
possesso di un visto valido è condizione necessaria45 per l’accesso al territorio degli Stati
partner46. Si potrebbe pensare che i cittadini di alcuni Paesi del mondo siano considerati
benvenuti in Europa e che la loro mobilità sia stimata per definizione sicura, utile e benefica
per i partner Schengen e, in quanto tale, non meritevole di essere intralciata o semplicemente
rallentata da ostacoli sul percorso. In altri casi, la presenza di rischi non può essere esclusa in
partenza. È necessario dunque un secondo livello di analisi: tutti i cittadini di un secondo
gruppo di Paesi terzi saranno quindi obbligati ad avere un visto valido per recarsi alla
frontiera esterna dell’area Schengen. La strategia definita opera quindi una differenziazione su
base nazionale nel permettere la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni
Paesi le cui vite sono scandite da routines conformi alla regola accolta in Europa.

43

Si definiscono overstayers coloro che al termine di validità del visto non rientrano al Paese di origine ma
decidono di rimanere illegalmente nell’area Schengen o sul territorio dello Stato che ha rilasciato la prima
autorizzazione al viaggio.
44
Cfr. l’art. 21 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012.
45
Non è una condizione sufficiente perché il respingimento alla frontiera è sempre possibile anche se il cittadino
straniero è titolare di visto di ingresso valido, art. 13 del Regolamento N. 562/2006 del PE e del Consiglio del 15
marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte
delle persone (codice frontiere Schengen).
46
Più avanti, nel capitolo 1.4.2 della tesi, saranno discusse le liste definite dei Paesi terzi definite dalle istituzioni
comunitarie. Cfr. il Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi
terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e
l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(versione consolidata del 11.01.2011).
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All’opposto, nei confronti degli individui provenienti da tutti gli altri Paesi terzi sembra creare
un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni al fine di stabilire se essi,
singolarmente, sono degni di godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e
responsabile. L’obiettivo è quello di bloccare in anticipo coloro che sembrano non essere in
grado di farlo, frammentando così la popolazione tra coloro che hanno l’autorizzazione a
viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti a stare fermi. Nei loro confronti
la regola di valutazione pare essere quella del sospetto47. Il metodo definito per suddividere la
popolazione in queste due classi è l’analisi del rischio. Il rischio tuttavia è un concetto
probabilistico, indica la possibilità che un evento negativo si verifichi. Ma anche la possibilità
di errore è proporzionale alla dimensione dell’incertezza. Da qui deriva il problema
fondamentale dell’analisi del rischio applicata alla valutazione della (probabile) sicurezza
della mobilità degli individui: presupporrebbe la disponibilità totale di informazioni per
ridurre o annullare rischio ed errori. Richiede un incessante aumento della domanda di
sorveglianza e di moltiplicazione dei controlli, nonché, ove necessario, lo scambio di dati
utili.
I cambiamenti avvenuti dopo l’11 settembre 2001 non rappresentano una rottura col
passato. L’idea di messa in sicurezza della mobilità delle persone e l’associazione di
quest’ultima con crimine e terrorismo esistevano già prima. Tuttavia, dopo tale data, sia
nell’America settentrionale, sia in Europa, il nuovo clima di paura ha permesso la
giustificazione e l’accettazione di misure di sorveglianza e di prevenzione più severe ed
intrusive. Abbiamo assistito senza accorgercene ad un rapidissimo aumento dell’impiego di
nuove tecnologie applicate, separatamente ed in rete, alla gestione della mobilità delle
persone. Gli Stati e le Istituzioni europee si sono servite delle minacce globali e delle
derivanti paure per giustificare l’idea di un’“Europa più sicura”48, prioritaria spesso rispetto
all’“Europa della libera circolazione delle persone”.

47

Come già indicato precedentemente, non è condizione sufficiente perché al possesso di un visto valido non
corrisponde un diritto di ingresso, il respingimento alla frontiera rimane possibile.GUILD, BIGO, cit., 2003, p. 8295, Cap.4,Le visa: instrument de la mise à distance des “indésirables”.
48
Per approfondire cfr. il documento: (2005/C 53/01) CONSIGLIO, Programma dell’Aia: rafforzamento della
libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione Europea. Vedi in particolare il punto 2.4 Gestione delle crisi
all'interno dell’Unione europea con effetti transfrontalieri.
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La convinzione che le nuove tecnologie potessero essere impiegate con successo su
questo fronte ha influenzato energicamente le scelte dei Governi e delle Istituzioni europee49.
La produzione di documenti rispondenti a requisiti ad elevata sicurezza e contenenti
tecnologie a prova di contraffazione, la realizzazione di strumenti sofisticati per
l’identificazione degli individui, la digitalizzazione delle informazioni, la disponibilità di dati
e lo scambio di essi in tempo reale, l’istituzione di banche di dati sugli individui e la loro
interoperabilità sono diventati i precetti della nuova soluzione al dilemma tra libera
circolazione degli individui e sicurezza.
In un mondo in cui la mobilità e la velocità del movimento divengono valori di massimo
rilievo, le misure di sicurezza possono apparire ai singoli come intralci, ostacoli, cause di
attese ed inutili perdite di tempo. Non è così per quelle forme di controllo che non rallentano
il viaggio o che lo velocizzano, innovando rispetto ad altre forme di controllo usate in
passato50, oppure che risultano semplicemente impercettibili. La digitalizzazione, la
dematerializzazione rendono possibile l’invisibilità delle misure di sorveglianza: gli individui
si trovano nella condizione di non avvertire i controlli sul movimento, d’altro lato le autorità
coinvolte nel settore sono in grado di raccogliere, registrare e scambiare dati sugli individui in
quantità maggiori e a velocità incomparabili rispetto a quelle che sarebbero necessarie per
l’invio e la ricezione di corpi materiali.
I sistemi di sicurezza per essere efficaci non devono quindi intralciare i movimenti e
devono operare per quanto possibile inosservati. Gli obiettivi sono la sorveglianza attiva e la
capacità di effettuare interventi mirati per bloccare in tempo le mobilità a rischio,
identificando e fermando coloro che non rispettano le regole stabilite. Se la mobilità legale è
utile alla società e l’autonomia dei soggetti è il fondamento dell’agire umano, la sicurezza è
diventata l’unico correttivo impiegato nei discorsi delle istituzioni per controllare gli
individui. Secondo questa visione, il governo della libera circolazione si compie attraverso la
definizione dei comportamenti considerati responsabili e quelli che non lo sono, distinguendo

49

Cfr. GUILD, BIGO, op.cit, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), cit., Leiden, 2010, pp. 257-280.
BIGO, Delivering liberty and security? The reframing of freedom when associated with security, in BIGO,
CARRERA, GUILD, WALKER (a cura di), Europe’s 21st Century Challenge. Delivering Liberty, Farnham, 2010,
pp. 263-288.
50

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così sottoinsiemi della popolazione in categorie distinte e soggette a loro volta a gradi di
regolazione e di controllo diversi. Nell’ambito dell’acquis di Schengen l’oggetto delle misure
di sicurezza sono i gruppi ritenuti non qualificati per l’autonomo esercizio della libera
circolazione, ossia i potenziali migranti illegali in senso stretto, coloro che rappresentano
rischi per la sicurezza e, ad un livello più ampio, tutti i cittadini di Paesi terzi che in base alla
loro cittadinanza sono soggetti all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen. Le
principali misure adottate nei loro confronti prevedono la raccolta di dati e di informazioni
significative in relazione alla loro identità, alla loro situazione economica e sociale ed agli
obiettivi del loro ingresso nell’area Schengen. Sono previste in un secondo momento le analisi
del rischio migratorio ed alla sicurezza rappresentato dalle loro mobilità per mezzo del
confronto incrociato delle informazioni a disposizione. La Commissione prevede l’uso
estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse siano utilizzate in modo proporzionale al
raggiungimento degli obiettivi definiti51. Il fine è quello di documentare tali mobilità,
valutarne la legittimità, monitorarle in base ai dati disponibili e, se l’esito dei controlli è
negativo, prevenirne il movimento, quando possibile, oppure identificare coloro che hanno
abusato delle condizioni dettate dall’autorizzazione loro concessa ed allontanarli dall’area
Schengen.
Le strategie dell’analisi del rischio applicate alla circolazione delle persone possono
essere classificate, a scopo introduttivo e per chiarezza di analisi, in tre gruppi fondamentali:
le misure messe in atto prima dell’arrivo del cittadino straniero alla frontiera esterna dell’area
Schengen, quelle applicate all’arrivo alla frontiera esterna e infine quelle utilizzate in un
momento successivo al passaggio della frontiera. In tutti e tre casi è fondamentale il metodo
della raccolta di informazioni, di analisi dei rischi e di interoperabilità tra le informazioni
raccolte nelle tre fasi. Il primo gruppo include le attività dei Consolati dei Paesi Schengen
all’estero e degli ufficiali di collegamento, la politica dei visti, il sistema di sanzioni ai
vettori52, il secondo gruppo comprende i controlli relativi all’identità e alla sicurezza effettuati
51

COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the
European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in
border management in the European Union, Brussels, 2008.
52
Cfr. il contenuto della Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori
di comunicare i dati relativi alle persone trasportate.

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dalle guardie doganali e di frontiera, l’ultimo gruppo prevede misure di sorveglianza, di
prevenzione e di polizia.
Strumenti nuovi sono subentrati nel tempo e si sono addizionati a quelli in uso in
precedenza. Il passaporto non è più ritenuto un mezzo sicuro e affidabile, sufficiente per
l’identificazione di un individuo. I passaporti rilasciati da certi Stati aprono letteralmente le
porte ad un gran numero di altri Paesi e la loro contraffazione e il loro mercato abusivo hanno
raggiunto nel tempo livelli elevati. Gli Stati hanno dunque preso accordi per rendere i
passaporti più difficili da riprodurre, sofisticandoli grazie all’introduzione di sistemi di lettura
ottica e di identificativi biometrici.
I passaporti sono stati presto affiancati dai visti. Questi possono essere rilasciati
solamente in favore di titolari di un passaporto valido e riconosciuto e completano la funzione
di identificazione svolta dal passaporto includendo dati anagrafici ed altre informazioni
significative. Tra i dati menzionati sui visti figurano spesso le condizioni dell’ingresso e del
soggiorno indispensabili al fine di determinare la legittimità della mobilità del titolare di tale
autorizzazione. Come i passaporti, anche i visti hanno subito un’evoluzione nel tempo in
direzione di una maggiore sofisticazione allo scopo di rendere più difficile l’imitazione.
Esattamente come per i permessi di soggiorno rilasciati in un momento successivo al
passaggio della frontiera esterna in favore di migranti di lungo periodo, gli Stati Schengen
hanno deciso di creare un formato unico di visto che includa identificativi biometrici tra cui
una foto ad alta definizione. Le informazioni riguardanti lo straniero che richiede il visto, le
indicazioni contenute sul visto stesso, la foto elettronica e i dati biometrici sono già
immagazzinati per i richiedenti di alcuni Paesi terzi53 nel Sistema d’Informazione Visti (VIS),
ossia la banca dati elettronica in corso di sviluppo che rende possibile l’accesso in tempo reale
ai dati in esso contenuti alle autorità competenti di tutti i Paesi europei che vi partecipano,
secondo profili di utenza prestabiliti. Il

VIS

archivia le informazioni di tutte le domande di

visto indipendentemente dal loro esito positivo o negativo. Grazie all’accessibilità in rete da
parte delle autorità statali competenti, siano esse locate nell’area Schengen, alla frontiera o
all’estero, il sistema rende effettivo un processo di identificazione integrato, disponibile
In merito all’inizio dell’attività del VIS, cfr. la Decisione della Commissione Europea del 30 novembre 2009
che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS).
53

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prima, durante e dopo il passaggio della frontiera esterna da parte del cittadino straniero,
attraverso il confronto tra i dati biometrici del corpo fisico di un individuo (foto ed impronte
digitali) e le informazioni contenute nei documenti in suo possesso con i dati registrati nella
banca dati.
La prima banca dati tecnologica creata nel quadro della Convenzione di Schengen,
attiva dal 1995, è il Sistema d’Informazione Schengen (SIS). L’architettura del sistema
prevede una banca dati centrale (C-SIS) situata a Strasburgo, collegata in rete con quelle
nazionali (N-SIS), ubicate nei Paesi che partecipano alla cooperazione, a loro volta
comunicanti con i terminali locali in uso secondo profili di utenza diversi presso le autorità
statali competenti. Il

SIS

è utilizzato per archiviare e condividere informazioni di interesse su

individui e oggetti al fine di preservare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, compresa la
sicurezza dello Stato e di assicurare l’applicazione nel territorio delle Parti contraenti delle
disposizioni sulla circolazione delle persone stabilite nella Convenzione di Applicazione
dell’Accordo di Schengen54. Le minacce a cui opporsi sono il crimine transnazionale, il
terrorismo e l’immigrazione clandestina. Oltre ai cinque Paesi partecipanti originari, si sono
aggiunti nel tempo alla cooperazione riguardante il

SIS

altri venti Paesi. Sebbene non abbiano

partecipato alla conclusione della Convenzione sopra citata, il Regno Unito e Irlanda hanno
optato per la loro inclusione alla cooperazione in merito al

SIS

in base ai termini stabiliti dal

Trattato di Amsterdam che ha incluso l’acquis di Schengen nel quadro dell’Unione Europea.
In virtù delle disposizioni ivi contenute, Regno Unito ed Irlanda, sebbene non vincolate,
hanno la facoltà di partecipare a tutte o a parte delle disposizioni riguardanti la Convenzione
di Schengen55. La logica di base del Sistema d’Informazione Schengen è quella
dell’interoperabilità del sistema e del reciproco accesso da parte delle autorità competenti dei

Cfr. il Titolo IV della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen relativo al Sistema
d’Informazione Schengen (SIS). L’art. 93 indica lo scopo del sistema.
55
Regno Unito e Irlanda usano al momento il SIS per motivi di esecuzione delle decisioni giudiziarie. Non
utilizzano il SIS secondo le disposizioni dell’articolo 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di
Schengen perché non intendono rimuovere i controlli alle frontiere con il resto dell’Europa. Per approfondire cfr.
2000/365/CE. Decisione del Consiglio del 29 maggio 2000riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, nonché 2002/192/CE.
Decisione del Consiglio del 28 febbraio 2002 riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune
disposizioni dell’acquis di Schengen.
54

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Paesi membri. Il

SIS

è regolarmente utilizzato con profili diversi da autorità di polizia e

consolari, di frontiera, delle dogane e dalle autorità giudiziarie.
La prima versione del

SIS

permetteva di registrare solo dati alfanumerici, tra cui nomi,

cognomi, soprannomi, data e luogo di nascita, sesso, nazionalità, caratteri fisici distintivi,
informazioni concernenti la pericolosità o al possesso di armi, le motivazioni dell’iscrizione
del dato nel SIS ed eventuale azioni da prendere. A causa della limitatezza dei dati inscrivibili
e delle opzioni a disposizione, ad esso è stato aggiunto

SIRENE56,

un sistema informatico

supplementare incrociato al SIS che permette lo scambio di informazioni complementari quali
fotografie o dati biometrici. I dati restano immagazzinati nel

SIS

ma SIRENE rende possibile lo

scambio di dati aggiuntivi come ad esempio informazioni di intelligence relative al crimine. È
possibile inserire i dati nel

SIS

per le seguenti categorie di persone: persone ricercate per

l’arresto ai fini dell’estradizione, stranieri segnalati ai fini della non ammissione nell’Area
Schengen, persone scomparse, minorenni o persone con problemi psichici che, ai fini della
loro tutela o per prevenire minacce nei loro confronti, devono essere provvisoriamente poste
sotto protezione, testimoni o persone citate a comparire dinanzi all’autorità giudiziaria
nell’ambito di un procedimento penale, nonché persone alle quali deve essere notificata una
sentenza penale o subire una pena privativa della libertà. Possono essere inseriti anche dati su
oggetti, ad esempio su documenti d’identità o veicoli persi o rubati. La voce per la quale sono
presenti più dati è quella che riguarda i migranti irregolari57, ovvero le persone non gradite per
le quali deve essere rifiutato l’accesso all’area Schengen. Data la sistematicità
dell’interpellazione del sistema durante la fase di controllo dei documenti prima del rilascio di
un visto o alla frontiera, il SIS rappresenta uno strumento di grande impatto nel controllo della
mobilità dei cittadini stranieri. I dati sono tuttavia inseriti in maniera difforme in base agli
standard nazionali58. Tale difformità nell’inserimento dei dati è palese soprattutto quando si
confronta il numero di inserimenti di Paesi quali Germania, Francia, e Italia, iperattivi, o, al

Supplément d’information requis a l’entrée nationale. Da notare che di tale sistema informatico non c’è
menzione nella Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen. Cfr. la successiva Decisione del
Consiglio del 14 ottobre 2002relativa alla declassificazione di talune parti del manuale Sirene adottato dal
Comitato esecutivo istituito dalla convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985.
57
Ex. art. 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.
58
Per approfondire cfr. il cap. 3.1 tesi.
56

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contrario, dei Paesi nordici o del Portogallo che ritengono che l’inscrizione nel SIS debba
avvenire solo per crimini e delitti significativi59. Il primo gruppo di Paesi utilizza dunque il
SIS

come uno strumento chiave per impedire la mobilità in ingresso dei cittadini stranieri a

loro non graditi anche qualora essi si presentino all’Ufficio Consolare o alla frontiera di un
Paese del secondo gruppo. Il

SIS

diventa per così dire uno strumento per obbligare gli altri

Paesi dell’area Schengen a fare la guardia ai propri indesiderati.
Il sistema SIS è del tipo “hit/no hit”, vale a dire nel momento in cui un’autorità si rivolge
al sistema per verificare se un individuo è registrato in esso, esso risponde in maniera
affermativa o negativa: produce una cosiddetta “hit” se il nominativo dell’individuo è
presente nel database. Anche nel caso di “hit”, non tutte le informazioni sono direttamente
accessibili, in dipendenza dal profilo d’utenza dell’operatore il sistema risponde solitamente
con un comando60.
L’ottica della sorveglianza e della valutazione del rischio si allontana quindi dai corpi
concreti per focalizzare l’attenzione sui flussi di dati e sulle correlazioni tra di essi. Se i dati
raccolti sono accurati e sono assenti errori od omonimie, dovrebbero sussistere le
corrispondenze biunivoche tra corpo fisico e dato archiviato e da questo al corpo fisico se
necessario. I dati immateriali sono estremamente maneggevoli e trasferibili in tempo reale. La
gestione di tale flusso di dati, nonché l’osservazione di correlazioni e corrispondenze potrebbe
dunque permettere alle autorità di individuare e conoscere alcune regolarità del mondo reale,
facilitando quindi la valutazione di rischi e la previsione di alcuni tipi di comportamenti di
certe categorie di individui.
Il limite più evidente del

SIS

è la limitatezza della tipologia dei dati archiviabili. Per

risolvere questo problema è stato creato

SIRENE

ed è in corso di definizione una seconda

Per quantoriguardal’iscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di
Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA
PROTECTION SECRETARIAT JOINT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of
the recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels,
2010, nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, Activity Report – December 2005 – December
2008.
60
BROEDERS, Tracing, identifying and sorting. The role of EU migration databases in the internal control on
irregular migrants, in FASSMANN, HALLER, STUART LANE, (a cura di), Migration and mobility in Europe.
Trends, patterns and control, Cheltenham, 2009, pp. 249-271.
59

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versione del sistema, denominata

SISII,

che sarà in grado di registrare anche indicativi

biometrici61 e che sarà completamente operativa nel 201362.
Il SIS inoltre permette di inscrivere solamente i dati di persone per le quali le autorità dei
Paesi Membri hanno già verificato i rischi. Quindi, con riferimento a cittadini stranieri esso
include sostanzialmente solo coloro che sono già stati sul territorio dei Paesi Schengen e dei
quali è stata appresa dalle autorità la condizione illegale o la notizia di reati commessi. È per
questo motivo che l’Unione ha deciso di sviluppare altri database più sofisticati capaci di
registrare non solo dati alfanumerici ma anche altre informazioni, tra cui foto e dati
biometrici, riguardanti tutti i cittadini stranieri in movimento verso il territorio Schengen
indipendentemente dalla loro carriera migratoria63:

EURODAC64,

già attivo, registra i dati di

cittadini di Paesi terzi richiedenti asilo o fermati in relazione all’attraversamento irregolare
della frontiera esterna; il Sistema d’informazione Visti (VIS)65, archivia i dati riguardanti tutte
le domande di visto presentate presso tutti i Consolati dei Paesi membri.
Questa proliferazione di banche dati elettroniche dimostra come le istanze relative al
controllo e messa in sicurezza della mobilità degli individui creino una spirale senza fine in
risposta alla domanda insaziabile di informazioni per l’analisi e la valutazione dei rischi. Il

In merito allo stato dei lavori sull’istituzione del SIS II è possibile consultare il sito eurlex alla pagina:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2012:0334:FIN:IT:PDF.
62
Cfr. Decisione 2009/724/GAI della Commissione del 17 settembre 2009 che fissa la data di completamento
della migrazione dal sistema d'informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d'informazione Schengen di seconda
generazione (SIS II); Decisione 2008/839/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008sulla migrazione dal sistema
d’informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II).
Vedi anche le informazioni disponibili sul sito della Commissione Europea Direzione Generale Affari Interni in:
http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/borders-and-visas/schengen-informationsystem/index_en.htm.
63
Il concetto carriera migratoria indica la sequenza dei passi, ognuno dei quali è marcato da eventi definiti come
significanti nella struttura delle narrative degli attori e riconosciuti pubblicamente come tali da vari gruppi di
ascoltatori. La nozione di carriera migratoria è particolarmente utile per analizzare i processi dinamici della
migrazione irregolare internazionale. Per unatrattazioneapprofondita di questitemicfr. CVAJNER, SCIORTINO, A
tale of networks and policies: prolegomena to an analysis of irregular migration careers and their
developmental path, in Population, Space and Place, Wiley Online Library, 2010. Il testo è disponibile alla
pagina internet: http://ccs.research.yale.edu/documents/public/PubsAndRes/Faculty/Cvajner_ Sciortino_
policy_networks.pdf.
64
Il sistema Eurodac è stato istituito per mezzo del Regolamento n. 2725/2000 del Consiglio dell’11 dicembre
2000che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della
convenzione di Dublino.
65
Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è stato istituito per mezzo della Decisione del Consiglio dell’8 giugno
2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS) (2004/512/CE).
61

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metodo neoliberale di governo della sicurezza è diventato dipendente dall’idea secondo cui la
gestione di grandi flussi di informazioni dettagliate e accurate sugli individui per mezzo di
sistemi tecnologici permetta l’individuazione delle persone a rischio e la capacità di adozione
in tempo utile di misure di prevenzione adeguate66 in grado di bloccare le mobilità non
conformi alla regola convenuta. In questo senso risultano indispensabili le modalità di
raccolta dei dati, l’osservazione di correlazioni e regolarità, la creazione di statistiche efficaci,
unite alla realizzazione di profili di individui a rischio grazie al contributo di sapere umano
poliziesco, di cognizioni psicologiche e sociologiche e di conoscenze specifiche relative alla
situazione interna locale di Paesi terzi. Oltre a problemi di efficacia ed alla possibilità di errori
nella selezione su base individuale degli individui da ammettere sul territorio comune, è
necessario ripetere che l’analisi del rischio è un concetto che si basa sulla valutazione della
probabilità e che quindi include in sé incertezza e margini di errore. Inoltre,
l’implementazione di politiche di selezione e di controllo della mobilità delle persone secondo
questo metodo comporta problematiche di difficile soluzione in riferimento al grado di
arbitrarietà delle scelte effettuate dalle autorità competenti e in relazione alla legittimità stessa
di tali politiche67. Resta un compito impossibile quello di definire senza margine di errore che
ad un rischio elevato, calcolato su un numero elevato di correlazioni verificate in passato,
corrisponda ora, a livello di scelta su base individuale, una certezza del verificarsi di un
comportamento. L’eccezione resta sempre possibile: è certamente possibile che un individuo,
richiedente un visto, dotato di mezzi finanziari sotto alla media, proveniente da una zona
considerata a rischio migratorio, senza un lavoro stabile e senza legami sociali stretti nel
luogo di origine, decida di spendere tutti i suoi risparmi per comprare un biglietto aereo e
recarsi da un amico in Europa per visitare alcune città celebri e, senza nutrire alcun desiderio
di immigrare illegalmente, faccia rientro, felice, nel suo luogo natale. Un rischio
estremamente elevato non implica deterministicamente una relazione di causa-effetto. Scelte

66

Cfr. BIGO, op. cit., JAFFRELOT, LEQUESNE (a cura di), op. cit., Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla
pagina internet:
www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf.
67
Per approfondire cfr. § 6 e 7 del presente lavoro.
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basate sul rischio contengono margini di errore e, in definitiva, sono macchiate dal dubbio e
dal sospetto.

4.

Uno sguardo alla politica europea dei visti: quadro normativo e
strumenti giuridici
Il visto è uno strumento tecnico che rende possibile una più efficace individuazione e

selezione dei cittadini stranieri ai fini del controllo e dell’incanalamento delle loro mobilità.
Allegato ad un titolo di viaggio valido e riconosciuto, il visto rappresenta un’innovazione
rispetto all’uso del passaporto, impiegato prima allo stesso scopo, poiché il visto regola la
possibilità di spostamento in maniera molto più precisa e dettagliata indicando limiti
temporali, modalità e finalità del movimento. A differenza del passaporto, il visto è rilasciato
dalle autorità competenti dello Stato di transito o di destinazione e non dalle autorità dello
Stato di cui il cittadino straniero è originario.
La nozione di visto nel diritto europeo non è semplice. Il Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea, agli artt. 77 e 79 al Capo 2 del Titolo V Spazio di Libertà, Sicurezza e
Giustizia, menziona una prima suddivisione tra visti di breve durata e di lunga durata. Il visto,
secondo le disposizioni del legislatore europeo, è l’autorizzazione rilasciata da uno Stato
membro necessaria ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati
membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo
ingresso, oppure ai fini del transito nelle zone internazionali degli aeroporti degli Stati
membri68. Dal punto di vista della validità territoriale, i visti sono classificati in “visto
uniforme”, valido cioè nell’intero territorio degli Stati membri e non membri dell’Unione che
partecipano alla cooperazione di Schengen69, “visto con validità territoriale limitata”, valido
cioè per il territorio di uno o più Stati membri ma non per tutti, e infine “visto di transito
Cfr. l’art.2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012.
69
In realtà valido solo nell’area Schengen, porzione del territorio degli Stati Schengen. Con quest’ultima
espressione di indicano i Paesi membri dell’Unione Europea e non che cooperano nel quadro definito dall’acquis
di Schengen. Invece di “Stati Schengen” verrà utilizzata più avanti la dicitura “Stati membri” nonostante la
possibile ambiguità perché la non partecipazione alla cooperazione di Schengen da parte di Stati membri
dell’Unione e la partecipazione ad essa di Paesi non membri dell’Unione possono essere considerate le
eccezioni.
68

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aeroportuale”70, valido solo per il transito nelle zone internazionali di uno o più aeroporti
degli Stati Schengen e che non prevede il passaggio attraverso i controlli della frontiera
esterna e l’ingresso nell’area Schengen. La nozione di visto Schengen uniforme individua
solamente un sottoinsieme della più ampia casistica di visti che permettono l’ingresso sul
territorio dell’Unione Europea. Per “visto adesivo” il legislatore europeo indica il formato
uniforme per i visti quale definito dal regolamento n. 1683 del 1995 che istituisce un modello
uniforme per i visti71. Il regolamento è stato adottato dal Consiglio, in seguito alla proposta
della Commissione e visto il parere del Parlamento europeo, sulla base giuridica dell’articolo
100 C del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tale modello uniforme può essere
utilizzato dagli Stati Schengen sia per il rilascio del cosiddetto visto Schengen uniforme72 e di
visti di transito73 e di transito aeroportuale74, sia per altri fini diversi75, ad indicare tutti i casi
di visti di ingresso nazionali di lunga durata superiori a novanta giorni, rilasciati secondo le
disposizioni dei singoli Paesi76.
Il visto adesivo, che già secondo il modello previsto nel 1995 conteneva elementi che ne
impedissero la falsificazione, è stato modificato a più riprese per ragioni pratiche di sicurezza.
Tra le modifiche più importanti rispetto alla prima versione del visto uniforme è opportuno
menzionare l’introduzione nel 2002 di una fotografia del richiedente rispondente ad elevati
Cfr. l’art. 3 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
71
Per approfondire vedi: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31995R1683:IT:NOT e i
collegamenti ivi disponibili. L’ultima versione consolidata del regolamento è disponibile alla pagina internet:
eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1995R1683:20080922:IT:PDF.
72
Visto tipo C: per l’ingresso e il soggiorno di breve durata, fino a 90 giorni, con uno o più ingressi. Cfr. anche
art. 62 par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea.
73
Vistotipo B: transito, è stato abolito di seguito all’entrata in vigore del Regolamento ( UE) n. 265/2010 del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 marzo 2010. Nei casi di transito viene rilasciato ora visto di tipo C.
74
Visto tipo A: transito aeroportuale.
75
Cfr. art. 7 del regolamento n.1683/95 del Consiglio, relativo al caso di rilascio di visto nazionale, cioè visto
tipo D, che individua tutti i casidi ingresso e di soggiorno di lunga durata superiori a 90 giorni e l’esercizio del
diritto di libera circolazione nei Paesi Schengen diversi da quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi,
nei limiti definiti dal legislatore europeo. Il modello è utilizzato anche da Regno Unito e Irlanda che partecipano
solo ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen e da Cipro, Bulgaria e Romania che non sono ancora
membri a tutti gli effetti della cooperazione di Schengen.
76
Anche i visti nazionali D di lunga durata permettono l’esercizio del diritto di libera circolazione negli altri
Paesi Schengen, oltre a quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi, nei limiti definiti dal legislatore
europeo. Cfr. al proposito il regolamento n. 265 del 2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 marzo
2010 che modifica la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e il regolamento n. 562 del 2006 per
quanto riguarda la circolazione dei titolari di visto per soggiorni di lunga durata.
70

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requisiti di sicurezza al fine di mettere in relazione univoca l’etichetta del visto all’identità del
titolare del documento di viaggio.
Il visto uniforme non è un’entità unica. Secondo il criterio del numero di ingressi, esso
può essere classificato in visto uniforme a uno, due o molteplici ingressi77, in quest’ultimo
caso può avere un periodo di validità massimo di cinque anni 78 e può essere rilasciato al fine
di ridurre gli oneri amministrativi dei consolati degli Stati membri e agevolare lo spostamento
rapido di chi viaggia frequentemente o regolarmente. Il visto uniforme prevede il pagamento
da parte dei richiedenti79 di diritti pari a 60 euro, indipendentemente dalla nazionalità e dal
Paese membro di destinazione, salvi i casi particolari di minori tra i sei e i dodici anni per i
quali i diritti per i visti ammontano a 35 euro, di minori di sei anni, studenti e familiari di
cittadini europei80 ai quali viene rilasciato gratuitamente o in tutti gli altri casi stabiliti dal
legislatore, in sede di Cooperazione locale Schengen oppure in virtù di accordi di facilitazione
tra l’Unione ed un Paese terzo. Secondo il criterio della finalità del viaggio, i visti uniformi
possono essere classificati in maniera non esaustiva in visti rilasciati per motivi di affari, di
studio o di formazione, per viaggi turistici o privati, per manifestazioni politiche, scientifiche,
culturali, sportive, religiose o per altre ragioni, per viaggi di membri di delegazioni ufficiali
che, su invito ufficiale indirizzato al governo del paese terzo interessato, partecipano a
riunioni, consultazioni, negoziati o programmi di scambio ovvero a eventi organizzati nel
territorio di uno Stato membro da organizzazioni intergovernative o, infine, per viaggi per
motivi di salute81.
Si può notare da questo breve excursus sulle tipologie di visto che la nozione stessa di
visto è estremamente complessa. Le categorie sono state definite dal legislatore europeo per
Cfr. l’art. 24, par. 1 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009
che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
78
Cfr. l’art. 24, par. 1 e 2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009
che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
79
Cfr. l’art. 16 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009
cheistituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
80
Cfr. anche l’art. 5 della Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004
relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri.
81
Cfr. il regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un
codice comunitario dei visti (codice dei visti), in particolare l’Allegato II relativo all’elenco non esaustivo di
documenti giustificativi per le finalità del viaggio.
77

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individuare e classificare in modo stabile e univoco le mobilità dei cittadini di Paesi terzi.
Virtualmente possono esistere tante tipologie quanti sono gli individui in movimento82. Oltre
alle tipologie pure individuate dal legislatore (affari, turismo ecc.), le mobilità possono essere
multiple e dislocarsi sul territorio di più Stati Schengen: un individuo richiedente il visto può
recarsi in un Paese europeo per visitare ad esempio partner commerciali, cogliendo allo stesso
tempo l’occasione per incontrare alcuni amici in un contesto territoriale diverso in un altro
Stato, visitare alcune città famose e, data la disponibilità di strutture in una determinata
località di un terzo Stato dell’area Schengen, sottoporsi ad un breve ciclo di cure termali.
Questa eventualità di mobilità complesse ha stimolato il legislatore europeo ha introdurre per
necessità pratiche due ulteriori concetti, quelli di “scopo principale del viaggio” e di
“competenza per l’esame della domanda di visto”83. Esistono altre disposizioni pratiche
definite dal legislatore al fine di introdurre margini di flessibilità nel caso di variazioni del
piano di viaggio dovute ad eventi non prevedibili al momento della presentazione della
domanda di visto: in tali termini andrebbe letta, per esempio, la previsione dell’aggiunta di
una franchigia supplementare di quindici giorni al periodo di validità del visto84.
Il visto, in quanto strumento tecnico in forma di vignetta applicabile ad un titolo di
viaggio, è diventato il mezzo privilegiato per effettuare il controllo in anticipo degli stranieri
prima che essi intraprendano il viaggio per arrivare alla frontiera esterna. Esso rappresenta
una condizione necessaria per l’accesso all’area Schengen, in base alla cittadinanza, per tutti i
cittadini dei Paesi terzi per cui l’Unione definisce l’obbligo di essere in possesso di un visto
valido all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne85. Ciò non significa che alla
frontiera esterna non vengano effettuati controlli: il visto non rappresenta un diritto di
ingresso sul territorio, il rifiuto all’ingresso è possibile anche se il cittadino straniero è in
82

Per approfondire cfr. Capitolo 1.1.3 della presente tesi.
Cfr. le disposizioni del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) e del regolamento n. 767/2008 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 9 luglio 2008concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati
membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS).
84
Cfr. art. 24del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
85
Cfr. il regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui
cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei
paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo, e successive modifiche.
83

www.koreuropa.eu
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Benedetti Ezio, Sviluppi recenti nel sistema europeo dei visti profili critici e analisi normativa

  • 1. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna SVILUPPI RECENTI NEL SISTEMA EUROPEO DEI VISTI: PROFILI CRITICI E ANALISI NORMATIVA Ezio Benedetti Docente a contratto di Diritto internazionale e dell’Unione Europea nella Scuola Superiore Universitaria per Mediatori Linguistici di Padova. (CIELS), Dottorando di Ricerca in “Ordine Internazionale e Diritti Umani” nell’Università “Sapienza” di Roma ABSTRACT: Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione. L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato, con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso. Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche. L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione. I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice: da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione PAROLE CHIAVE: Visti, Spazio di libertà sicurezza e giustizia, SIS, Codice europeo dei visti 1. Considerazioni preliminari ed inquadramento della questione I processi migratori sono fenomeni selettivi: limitati nel tempo, nello spazio e nel numero. Solo determinati gruppi di individui lasciano il proprio luogo natale, spinti da ragioni diverse, tra cui la scarsità di risorse, la pressione demografica o guerre e persecuzioni, con lo www.koreuropa.eu
  • 2. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna scopo di raggiungere luoghi precisi, strutturalmente collegati ai luoghi d’origine dei migranti in ragione di legami economici, politici, sociali, culturali, storici che pongono precisi parametri ai flussi e che ne influenzano le dimensioni e la durata1. Coloro che emigrano sono solo una minoranza degli abitanti del luogo di origine e restano una minoranza nel paese di destinazione, alcuni di loro si insediano stabilmente, altri ritornano. Quando gli Stati moderni non esistevano ancora o non avevano sviluppato i mezzi tecnici e amministrativi per controllare le proprie frontiere ad emigrare erano solo minoranze di una popolazione di una regione. Non sono solo le migrazioni a vantare una storia antica, documentata dai resti dei primi ominidi2, intimamente connesso alla storia del genere umano è, infatti, anche l’atavico desiderio di escludere l’altro. Durante la Rivoluzione industriale, contemporaneamente allo sviluppo di vaste opere urbanistiche e alle innovazioni tecnologiche nel settore dei trasporti, che comportarono un nuovo impulso alla mobilità degli esseri umani, gli Stati nazione europei, in fase di evoluzione e di consolidamento delle proprie istituzioni, mossi dall’idea di sovranità statale, elaborarono a livello governativo e amministrativo politiche e strumenti per controllare le popolazioni insediate sul territorio e per esercitare un controllo più capillare delle proprie frontiere, escludendo attivamente gli stranieri nel tentativo di regolare i flussi migratori esistenti, fino a raggiungere un monopolio quasi totale durante i primi decenni del ventesimo secolo3. In seguito, l’idea di sovranità statale applicata ai controlli all’immigrazione troverà alcune limitazioni nell’impegno degli Stati a osservare i contenuti degli accordi e delle convenzioni internazionali vigenti in materia4 e nell’operato degli organi giuridici degli Stati stessi, che confermeranno con sempre maggiore frequenza e forza i diritti degli immigrati residenti, nonché, nel caso europeo, nella progressiva integrazione delle Comunità europee, processo la cui intensità comporterà conseguenze giuridiche tali da Per approfondire cfr. SASSEN, Migranti, coloni, rifugiati.Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa, Milano, 1999, p. 127 ss.. 2 CORTI, Storia delle migrazioni internazionali, Bari, 2003, p. 9 ss.. 3 ID., p. 95 ss.. 4 Si noti, a titolo di esempio, la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati. Per una trattazione approfondita dei contenuti e dell’origine della Convenzione v. HATHAWAY, The Rights of Refugees Under International Law, Cambridge, 2005; SINAGRA, BARGIACCHI, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Milano, 2009, p. 521. 1 www.koreuropa.eu
  • 3. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna determinare il passaggio in seno all’Unione Europea di competenze prima di stretta pertinenza degli Stati membri5. Alla luce di tali considerazioni preliminari, è necessario essere coscienti del fatto che in nessuna fonte di Diritto internazionale, in vigore o no, è proclamato il diritto all’accesso degli stranieri allo Stato territoriale. Vige, in altre parole, il principio della discrezionalità dello Stato nell’ammettere o meno sul proprio territorio attraverso specifici controlli alla frontiera lo straniero che ne faccia richiesta e che ne abbia i requisiti. La stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo si limitò a sancire che ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese6. Mentre la Comunità europea, impegnata nel compito di instaurare un mercato comune e un’unione economica, includeva tra le libertà fondamentali anche la libertà di circolazione delle persone7: già il Trattato di Roma del 1957 enunciò tale principio in favore dei lavoratori subordinati, prevedendo anche il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi, anche se per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di salute pubblica era giustificata l’adozione da parte degli Stati di misure speciali e restrittive nei confronti degli stranieri. Partendo da tali premesse, possiamo affermare che la maggiore mobilità delle persone implica un trade off tra costi e benefici di difficile soluzione per gli Stati: è possibile promuovere la “mobilità legale” delle persone, compresi i benefici da essa derivanti, rimuovendo allo stesso tempo l’esistenza di “mobilità illegali”? I probabilistici indicatori denominati “rischio immigratorio”, “rischio per la sicurezza” o “rischio per la salute pubblica” sono adatti a contrastare queste “mobilità illegali”? Quali sono le ricadute negative dell’utilizzo di tali concetti? La cosiddetta “immigrazione illegale” non può essere fermata dai soli confini, per quanto blindati essi siano. Tale consapevolezza ha portato nel tempo all’allargamento della “ragione sociale” delle politiche sull’immigrazione: dalla nascita dei documenti di viaggio, ai visti, fino allo scivolamento delle pratiche di controllo alle frontiere VALVO, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Roma, 2011, p. 361 ss.. Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. V. ancheTOMUSCHAT, Human Rights: Between Idealism and Realism, Oxford, 2008, p. 30 ss.. 7 Per una trattazione approfondita cfr. ZANGHÌ, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2010, p. 69; cfr. anche ADINOLFI, La libertà di circolazione delle persone, in STROZZI (a cura di), Diritto dell’Unione Europea (parte speciale), Torino, 2005, p. 70 ss. 5 6 www.koreuropa.eu
  • 4. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dal posto di controllo di confine all’esterno, fuori dallo Stato, direttamente nei luoghi di provenienza dei migranti o dei viaggiatori, grazie all’ausilio dei più innovativi mezzi tecnologici. Lo scopo di questo contributo è di analizzare la situazione attuale del regime europeo Schengen dei visti di breve durata, detti visti uniformi, analizzando gli ultimi sviluppi della normativa europea in materia, nonché lo stato attuale di applicazione e valutando l’evoluzione del ruolo delle Istituzioni europee e delle Amministrazioni statali che operano in tale politica. Nell’ambito dell’Unione Europea, le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia”8 non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Rientrate tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti9. Terreno di scontro tra pressioni commerciali e sociali in favore del movimento e dell’integrazione, impulsi relativi alla sicurezza per la protezione della popolazione, obbligazioni internazionali sui diritti umani, preoccupazioni nel campo della giustizia per il riconoscimento dei diritti degli stranieri e dei rifugiati ed istanze per una maggiore efficienza nell’amministrazione delle frontiere. La politica dei visti, in particolare, rappresenta un nesso di imperativi conflittuali per i contemporanei e sviluppati Stati liberali10. 2. La mobilità ed i suoi limiti legali: l’accesso allo spazio europeo da parte di cittadini di Paesi terzi soggetti e non all’obbligo del visto Le politiche in materia di ingressi di cittadini stranieri rappresentano un dilemma chiave per le democrazie capitalistiche, impegnate sia nella costruzione di difese protettive per contrastare le migrazioni auto-avviatesi, sia nell’apertura di porte di passaggio tali da 8 TFUE, Titolo V, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, artt. 67-89. $ Per una trattazione approfondita di questi temi cfr. BALZACQ, CARRERA, The Hague programme: the long road to Freedom, Security and Justice,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), Security versus freedom? A challenge for Europe’s future, Aldershot, 2006, pp. 1-34; VALVO, cit., pp. 361-364. 10 Cfr. SALTER, MUTLU, The ‘Next Generation’ Visa. Belt and braces or the emperor’s new clothes?, Brussels, 2011. Il testo è disponibile al sito internet del CEPS alla pagina: http://www.ceps.eu/book/’next-generation’-visabelt-and-braces-or-emperor’s-new-clothes. 9 www.koreuropa.eu
  • 5. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna permettere flussi specifici. Al momento attuale, le misure in materia di controllo delle frontiere, del diritto d’asilo, dei visti, della circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno del territorio comunitario, della politica di immigrazione rientrano tra le competenze concorrenti tra Unione e Stati membri11. Tali politiche sono parziali in termini di copertura e differenziali in merito agli effetti sugli Stati membri12. L’Unione, al fine di includere in qualche maniera anche gli Stati più riluttanti alla cooperazione, ha previsto clausole di flessibilità specifiche13. L’effetto è che lo spazio europeo è al momento frazionato in più sottoinsiemi di Stati, all’interno dei quali sono applicate regole diverse da cui conseguono difformi opportunità e restrizioni alla mobilità di categorie diverse di individui. L’area Schengen14, infatti, non coincide con il territorio dell’Unione Europea, risulta monco dei territori del Regno Unito e dell’Irlanda, Stati membri dell’Unione che hanno escluso la propria partecipazione agli accordi di Schengen in materia di visti, e comprende invece quelli della Norvegia15, della Svizzera, del Liechtenstein e dell’Islanda, Paesi non membri dell’Unione, include de facto i piccoli territori del Principato di Monaco, di San Marino e dello Stato della Città del Vaticano, esclude al momento i territori di alcuni Paesi membri come la Romania, la Bulgaria e Cipro ed esclude i 11 La dottrina in materia di politica migratoria dell’UE è vastissima, ci limiteremo qui ad indicare i testi più recenti: PISILLOMAZZESCHI, Strumenti comunitari di prevenzione e di contrasto all’immigrazione clandestina, in Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2004, p. 723 ss.; CELLAMARE, La disciplina dell’immigrazione nell’Unione europea, Torino 2006; CAGGIANO, Le nuove politiche dei controlli alle frontiere, dell’asilo e dell’immigrazione nello Spazio unificato di libertà, sicurezza e giustizia, in Studi sull’integrazione europea, 2008, p. 1 ss.; NASCIMBENE, Orientamenti e norme nazionali in materia di immigrazione. Le iniziative di riforma e le modifiche in corso, in Rivista italiana di diritto pubblico e comparato, 2008, p. 719 ss.; BENVENUTI (a cura di), op. cit., 2008; BIGO, GUILD, ControlingFrontiers, Free Movementinto and within Europe, Burlington, 2005; PAPAGIANNI, Institutional and Policy Dinamics of EU Migration Law, Boston, 2006; CARTA (a cura di), Immigrazione, frontiere esterne e diritti umani. Profiliinternazionali, europeiedinterni, Roma, 2009; HAILBRONNER, Immigration and Asylum Law and Policy of the European Union, The Hague/London/Boston, 2000., 12 Cfr. GEDDES, Why European immigration policies are converging. Il testo è disponibile alla pagina internet: http://www.eui.eu/Documents/DepartmentsCentres/SPS/Seminars/SPSFellowsSeminar/GeddesPaper.pdf. 13 Cfr. Trattato di Amsterdam, Protocolli allegati al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea: Protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione Europea; Protocollo sull’applicazione di alcuni aspetti dell’articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea al Regno Unito e all’Irlanda; Protocollo sulla Posizione del Regno Unito e dell’Irlanda; Protocollo sulla posizione della Danimarca. 14 Si indica con “area Schengen” le porzioni di territorio degli Stati Schengen in cui i cittadini di Paesi terzi con visto Schengen uniforme valido possono circolare liberamente nei limiti definiti dal legislatore e dal visto stesso. 15 Accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, Bruxelles, 1999. www.koreuropa.eu
  • 6. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Dipartimenti, Territori e Paesi d’oltremare di alcuni Stati Schengen16, ossia Francia, Paesi Bassi, Norvegia e Danimarca, territori che sono a loro volta divisi tra quelli che sono parte integrante dell’Unione Europea e quelli che ne sono esclusi. Il Trattato di Maastricht ha elevato al rango di diritto fondamentale il diritto di libera circolazione dei cittadini europei17. Tale diritto non è automaticamente applicabile ai cittadini di Stati terzi. Gli accordi di Schengen del 1985 e la successiva Convenzione di applicazione del 1990 hanno istituito altresì una distinzione delle frontiere in due tipologie: le frontiere interne e quelle esterne; prevedendo la rimozione dei controlli alle frontiere interne e rinforzando i controlli a quelle esterne. Ne consegue che un individuo regolarmente soggiornante nell’Unione Europea sul territorio del Regno Unito e cittadino di un Paese terzo sottoposto all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen, che non include il Regno Unito, è obbligato ad ottenere un visto valido per poter arrivare alla frontiera esterna dell’area Schengen18. Questo semplice esempio dimostra inequivocabilmente che la mobilità non è dunque uguale per tutti e non si applica allo stesso modo nelle diverse porzioni di territorio che compongono l’Unione. La mobilità non è un fenomeno indifferenziato. Possono esistere tante mobilità quanti sono gli individui in movimento: c’è chi viaggia per il piacere di visitare un luogo celebre per un periodo di tempo limitato, c’è chi si trasferisce per alcuni mesi o anni all’estero per motivi di studio, c’è chi si sposta per affari e chi emigra all’estero per motivi di lavoro. Presupponendo un mondo di individui sedentari, vale a dire residenti in un luogo specifico per la maggior parte dell’anno solare, la mobilità di ogni soggetto in rapporto ad una definita area di riferimento al di fuori dei confini nazionali può essere utilmente classificata in base alla durata dell’azione del movimento fuori dai confini, in base alla finalità del viaggio e in base Con l’espressione Stati Schengen si indicano i Paesi membri o no dell’Unione Europea che partecipano alla cooperazione di Schengen. 17 La libera circolazione dei lavoratori è un principio fondamentale dell’Unione Europea sancito dall’articolo 45 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea e ulteriormente precisato nel diritto derivato e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione. Cfr. ADINOLFI, cit., in STROZZI (a cura di), cit., Torino, 2005; VALVO, cit., p. 96 ss.. 18 In merito ai requisiti richiesti ai cittadini di Paesi terzi sottoposti all’obbligo del visto per l’accesso all’area Schengen e residenti nel Regno Unito, si rinvia al testo della decisione: C(2012) 4726 finalCommissionimplementingdecision of 11.7.2012 establishing the list of supportingdocuments to be presented by visa applicants in the United Kingdom (Edinburgh, London and Manchester), Brussels, 2012. 16 www.koreuropa.eu
  • 7. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna alla cittadinanza del soggetto in movimento. Facendo riferimento ad esempio all’area Schengen e ai contributi normativi europei fondamentali in materia di visti, che saranno trattati più precisamente in seguito, nel primo caso è possibile individuare due tipologie fondamentali di mobilità, relative cioè a periodi di soggiorno di lunga durata o di breve durata, la cui linea divisoria di novanta giorni nell’arco di un semestre è stabilita dalle disposizioni dal legislatore europeo. Vedremo più avanti che la disciplina riguardante i visti di ingresso per periodi di lungo e di corto soggiorno trova fondamento rispettivamente in fonti del diritto nazionale e in fonti di diritto europeo derivato: al momento attuale la determinazione del volume delle ammissioni di lavoratori migranti è di competenza degli Stati membri, mentre la definizione delle norme sulle condizioni della mobilità di corto soggiorno è ormai competenza esclusiva delle Istituzioni europee. Nel secondo caso ipotetico, che prevede una classificazione in relazione alla finalità dell’azione, la mobilità si può classificare in numerose tipologie: dal turismo, ai viaggi d’affari, ai motivi di lavoro subordinato o autonomo, alle competizioni sportive, allo studio, ai motivi religiosi ecc. Nel terzo caso è possibile individuare tre tipologie di soggetti: coloro che hanno la nazionalità di almeno uno dei Paesi che partecipano all’acquis Schengen, coloro che non sono cittadini di nessuno degli Stati Schengen ma che non sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso per avere accesso all’area Schengen e coloro che sono cittadini di Paesi terzi e sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso. Chi arriva in Europa lo fa per motivi e con mezzi diversi. Dal punto di vista giuridico è di fondamentale importanza osservare che il canale scelto dal cittadino di un Paese terzo per entrare nell’Unione Europea ne condiziona direttamente i diritti, ad esempio in termini di accesso al mercato del lavoro. Questa osservazione permette di oggettivare la mobilità in due classi per mezzo della coppia di aggettivi legale/illegale: la mobilità può essere definita legale se rispettosa delle condizioni di ingresso e permanenza definite dal legislatore nazionale o dalle istituzioni europee; per converso, la mobilità si può definire illegale se in violazione di tali condizioni. In base alle attuali stime, la popolazione dell’Unione Europea dovrebbe iniziare a diminuire dopo il 2035, il rapporto tra persone in età lavorativa e gli ultrasessantacinquenni si www.koreuropa.eu
  • 8. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna avvicinerà sempre più all’unità intorno al 2060. La migrazione, indispensabile per il futuro del continente europeo, è diventata il principale motore dell’evoluzione demografica nell’Unione19. Obiettivi dichiarati dell’Unione Europea per una politica coerente e credibile in materia di immigrazione sono la definizione di misure efficaci per prevenire l’immigrazione irregolare e garantire la sicurezza delle frontiere in modo equo e rispettoso dei diritti umani. Nell’Unione, la gestione dell’esercizio della libertà di circolazione non dipende solamente dalla definizione di misure facilitanti tese a stabilire le condizioni ottime in conformità a cui gli individui possono attivamente governare la propria condotta, dipende in maniera crescente anche dalla determinazione di ciò che è considerato esercizio improprio e irresponsabile della libertà, attraverso la precisazione delle violazioni e delle minacce all’esercizio autonomo della mobilità. Corollario dell’impostazione neoliberale ora in voga è che al benessere del singolo, nonché a quello della generalità di numerosi individui, consegua il benessere della società nel suo complesso, fermo restando il controllo sulle condotte illegittime e degradanti. Secondo il nuovo paradigma liberale, la nozione di cittadino libero e autonomo è costruita per antitesi sulla definizione di ciò che è considerato non responsabile o degradante e sulla creazione di misure di controllo e sorveglianza nei confronti dei gruppi di individui a cui non si concede la fiducia di godere della propria libertà di movimento. Non solo, è postulata la responsabilità e la volontarietà di coloro che utilizzano la libertà per conformare il proprio comportamento a condotte considerate non ragionevoli. Il fatto stesso di adottare comportamenti non conformi alla regola convenuta basta come prova dell’incapacità di tali soggetti al responsabile uso della propria autonomia20. L’illegalità e l’abuso sono dunque considerati come scelta deliberata, cioè volontaria irresponsabile condotta della propria autonomia, prova di disonestà. Vedasi ad esempio il caso dell’immigrazione illegale: sia che arrivino in Europa attraversando illegalmente i confini, sia che decidano di restare illegalmente sul territorio europeo alla scadenza di un visto valido, i migranti non regolari sono sovente considerati nocivi, principalmente per ragioni economiche, a volte per ragioni di sicurezza. Essi sono 19 Cfr. COM (2012) 250 final, Communication from the Commission to the European Parliament and the Council Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012. 20 Per autonomia non si intende qui solamente “indipendenza” e “facoltà di determinare liberamente la propria condotta”, ma soprattutto la capacità di auto-regolarsi e auto-limitarsi definendo i limiti del proprio comportamento in maniera conforme alla regola definita dalla comunità e dal legislatore. www.koreuropa.eu
  • 9. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna sempre più di frequente considerati degni di essere esclusi, in quanto minaccia alla stabilità sociale ed etno-culturale del luogo di destinazione. L’istituzione di frontiere interne ed esterne ha comportato una più marcata differenziazione tra coloro che sono inclusi nell’area del mercato unico e coloro che ne sono esclusi: la soppressione dei controlli alle frontiere interne ha permesso una potenziata libertà di movimento per gli insiders alle spese di una diminuita possibilità di movimento per alcune tipologie di outsiders, in particolare per coloro a cui è richiesto, su base nazionale, un visto valido d’ingresso. Gli Stati, per poter sorvegliare le mobilità degli individui, richiedono al giorno d’oggi passaporti e altri documenti per il viaggio che possono essere rilasciati solamente da Stati, tranne alcune particolari eccezioni. Per poter avere accesso agli spazi esteri, spesso tali documenti di viaggio devono essere corredati da un visto valido, congruentemente alla tipologia del documento di viaggio in possesso dell’individuo e ai requisiti imposti dallo Stato di destinazione. Gli Stati nazione sono riusciti nel tempo ad ottenere il monopolio dell’autorità di determinare chi può entrare all’interno delle proprie frontiere, segnando così la vittoria del principio nazionale di sovranità sulla libertà di circolazione delle persone. I passaporti, documenti d’identità abitualmente validi per l’espatrio e rilasciati generalmente dallo Stato di origine o del quale l’individuo ha la nazionalità, sono stati ben presto affiancati da un’altra innovazione tecnica, il visto, che comunica l’autorizzazione rilasciata dallo Stato di destinazione in favore di un preciso cittadino straniero titolare di un determinato documento di viaggio ad arrivare al posto di frontiera con il Paese di destinazione ai fini dell’ingresso. Le restrizioni sul rilascio dei visti imposte nei confronti di titolari di passaporto di alcuni Paesi terzi rappresentano uno tra i più importanti mezzi con cui gli Stati esercitano la propria azione di controllo sugli ingressi di cittadini stranieri sul proprio territorio, ostacolando e dissuadendo l’immigrazione di certi gruppi di persone21. Limitare gli Letteralmente il “visto” indicava che il documento di viaggio era stato “osservato” e riconosciuto valido dalle autorità di polizia di frontiera che, apponendo un timbro, il “visto” appunto, autorizzavano il titolare del documento di viaggio ad oltrepassare il posto di frontiera e a continuare il viaggio. Ben presto i visti si sono evoluti, incorporando in essi ulteriori informazioni: i dati anagrafici del titolare del documento di viaggio, onde evitare problemi di identificazione, e le condizioni relative al soggiorno nel Paese di destinazione, ad esempio la durata, il numero di ingressi, le finalità del viaggio ecc. Il passaporto invece fornisce solo un’assicurazione allo 21 www.koreuropa.eu
  • 10. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna ingressi diventa il sistema più semplice ed efficace per gli Stati per controllare il numero di immigrati. Secondo questo sistema, i cittadini di Stati terzi devono sostenere innanzitutto i costi e gli inconvenienti per la domanda di visto, ad esempio i tempi di attesa o le spese necessarie all’ottenimento della documentazione richiesta ecc. In secondo luogo, esiste sempre la possibilità che il consolato dinieghi la domanda di visto, senza contare che esiste anche l’eventualità che le autorità dello Stato di destinazione impediscano l’ingresso al titolare di un visto valido. I visti permettono quindi di dissuadere e compiere una prima selezione degli individui in movimento. L’obbligo del visto è definito generalmente su base nazionale: i cittadini di alcuni Paesi terzi possono avere accesso al territorio di uno Stato senza possedere un visto, al contrario cittadini di altri Paesi terzi sono costretti ad avere il visto. La presenza dei primi è apprezzata in termini di desiderabilità e di basso rischio per la comunità dello Stato di destinazione, gli altri sono considerati potenzialmente indesiderabili e lo Stato di destinazione si riserva di valutare la pericolosità caso per caso, negando l’accesso ai visitatori per cui i rischi sono considerati più elevati. Il sistema dei visti pertanto compie una discriminazione degli stranieri su base della nazionalità di provenienza e, tra quelli obbligati ad avere un visto valido, su base individuale. Vedremo più avanti come gli Stati Schengen hanno delineato politiche comuni di restrizioni sui visti e liste comuni di Paesi terzi ai cui cittadini è richiesto di avere un visto valido all’arrivo alle frontiere esterne. Per poter approfondire lo studio del regime europeo dei visti, più precisamente del regime Schengen dei visti di soggiorno di breve durata, è indispensabile aver presenti i seguenti capisaldi riguardanti la mobilità degli individui e i suoi limiti legali: il territorio dell’Unione Europea non coincide con l’area Schengen: in porzioni diverse del territorio europeo vengono applicate regole e restrizioni diverse alla mobilità degli individui (si noti ad es. i casi già richiamati sopra di Regno Unito o Irlanda, i casi di Norvegia e Svizzera e i Territori e Domini d’oltremare di alcuni Paesi membri); i cittadini dell’Unione Europea22 Stato di destinazione o di transito che il titolare del documento può fare rientro sul territorio dello Stato che ha rilasciato tale documento. 22 Ciò vale anche per i loro familiari, anche se cittadini di Paesi terzi, secondo le previsioni contenute nella Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che www.koreuropa.eu
  • 11. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna hanno il diritto di circolare e di stabilirsi liberamente sul territorio dell’Unione, compresi i territori dei Paesi non membri della cooperazione di Schengen, anche se per il Regno Unito è previsto il passaggio attraverso un punto di controllo alla frontiera; i cittadini di Paesi terzi per i quali non è richiesto l’obbligo del visto per soggiorni di breve durata23 possono fare ingresso attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con un documento di viaggio valido e riconosciuto e possono trattenersi liberamente nel territorio comune per un periodo massimo di tre mesi, continuativi o meno, nell’arco di un semestre, conteggiato dalla data di primo ingresso24; i cittadini di Paesi terzi per i quali è richiesto l’obbligo del visto possono fare ingresso attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con documento di viaggio riconosciuto e visto Schengen uniforme valido. Essi possono trattenersi liberamente nel territorio comune, senza controlli aggiuntivi alle frontiere interne dell’Unione, per un periodo determinato con precisione dalle indicazioni stampate sul visto e relative a durata, ingressi e periodo di validità dello stesso. Il periodo in ogni caso non può superare tre mesi, continuativi o meno, nell’arco del semestre conteggiato dalla data del primo ingresso; i cittadini di Paesi terzi possono fare ingresso e soggiornare sul territorio degli Stati europei per periodi di tempo superiori ai novanta giorni nell’arco di un semestre in base alle disposizioni delle normativa nazionali degli Stati stessi. Il sistema Schengen dei visti di ingresso si fonda sui seguenti principi25: nessun cittadino di Paese terzo può fare ingresso sul territorio degli Stati Schengen se egli costituisce un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri o se è considerato a rischio di immigrazione illegale; esiste da parte degli Stati una presupposizione di legalità in merito ad modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (Testo rilevante ai fini del SEE), ultima versione consolidata del 16/06/2011. 23 Il limite definito dal legislatore europeo è di 90 giorni nell’arco del semestre. 24 Cfr. le disposizioni dell’art. 2 comma 2) a) del Regolamento ( CE) N. 810/2009 del PE e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), Bruxelles, 2009 (versione consolidata di Ottobre 2011). Per una definizione del concetto di primo ingresso si confronti anche la pronuncia in via pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativa al caso Nicolae Bot / Préfetdu Val-de-Marne: Sentenza della Corte (grande sezione) del 3 ottobre 2006, Nicolae Bot contro Préfetdu Val-de-Marne(Causa C241/05). Il testo della sentenza è disponibile al sito della Corte: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=65388&pageIndex=0&doclang=IT&mode=r eq&dir=&occ=first&part=1&cid=1110902. 25 Cfr. GUILD, BIGO, The transformation of European border controls, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), Extraterritorial Immigration Control: Legal Challenges, Leiden, 2010, pp. 257-280. www.koreuropa.eu
  • 12. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna un visto di corto soggiorno rilasciato da un altro degli Stati partecipanti alla cooperazione; una volta ammesso sul territorio comune, l’individuo è autorizzato a spostarsi su tutto il territorio dell’area Schengen per un periodo non superiore a tre mesi, continuativo o meno, nell’arco di un semestre senza controlli supplementari alle frontiere interne degli Stati partecipanti. È necessario inoltre tener presente che in linea di principio non esiste alcun diritto per un cittadino di Paese terzo all’ottenimento di un visto di ingresso, tranne nel caso particolare del diritto alla coesione familiare nei confronti di cittadini di Paesi terzi congiunti con cittadini dell’Unione26. Per fare i conti con i casi di violazione dei limiti legali definiti in merito alla mobilità degli individui, l’Unione si è dotata anche di politiche di espulsione e di rimpatrio27 e ha firmato accordi di riammissione28 con Paesi terzi: le disposizioni di queste fonti normative andrebbero applicate nei confronti di coloro che hanno dimostrato di non aver fatto uso responsabile della propria autonomia personale, in particolare dunque per quei cittadini di Paesi terzi che non hanno saputo osservare le condizioni legali che regolano l’ingresso e la residenza sul territorio degli Stati membri. 3. L’enfasi sulla sicurezza: la gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’Unione Europea e il Sistema d’Informazione Schengen (SIS) Il concetto di sicurezza non rappresenta una novità nel panorama europeo. Istanze relative alla sicurezza hanno comportato la prescrizione dell’uso di documenti di viaggio e, successivamente, dei visti per poter intraprendere spostamenti oltre confine. Oltre a ciò, il processo di integrazione europea è stato accompagnato da iniziative parallele a carattere intergovernativo per trattare implicazioni di polizia e di sicurezza in vista dell’apertura delle 26 Cfr. la già citata Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeoedel Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Per la materia del ricongiungimento familiare cfr. anche la Direttiva 2003/86/ CE del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare. 27 Fondato sulla base normativa dell’art. 63 comma 3.b) del Trattato che istituisce la Comunità Europeo, il testo di riferimento è la Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Sullo stesso tema è necessario ricordare anche gli accordi di riammissione sottoscritti dall’Unione con Paesi terzi, alcuni dei quali sono collegati ad accordi di facilitazione del rilascio dei visti. 28 Per approfondire cfr. COM(2011) 76 definitivo, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, Valutazione degli accordi di riammissione dell’UE, Bruxelles, 2011. www.koreuropa.eu
  • 13. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna frontiere comuni29. Nel mondo bipolare antecedente alla fine della Guerra Fredda, il mantenimento della sicurezza si sosteneva su dinamiche di intelligence e logiche militari, le minacce erano rappresentate da altri Stati e dalle loro ideologie. Con l’istituzione del Mercato Unico Europeo e gli sconvolgimenti geopolitici consecutivi alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la politica dell’Unione Europea ha favorito accanto alle logiche economiche degli obiettivi dei trattati una dimensione securitaria in risposta al potenziale aumento in dimensione dell’immigrazione e dei richiedenti asilo30. Nel mondo contemporaneo, lo Stato detiene la sovranità e il monopolio sulla gestione della circolazione delle persone. Al fine di garantire la sicurezza, lo Stato non solo deve controllare chi entra, ma deve anche essere libero di rifiutare l’accesso31. L’Unione Europea, ultimo esito dell’integrazione degli Stati membri, legittima la mobilità intraeuropea e si dota allo stesso tempo di mezzi per controllare l’accesso attraverso le frontiere esterne. Sia Stati singoli, sia Unioni di Stati o aree di libera circolazione delle persone sono costretti ad affrontare il dilemma tra la facilitazione dei flussi di persone, per i benefici politici ed economici che possono comportare, e, dall’altro, la limitazione di tali flussi, nonché il loro controllo per questioni di sicurezza. La libera circolazione delle persone può infatti contenere abusi e violazioni. Ciò nonostante, da un punto di vista liberale, una politica protezionistica in questo ambito può causare problemi di entità maggiori, senza contare altri effetti negativi quali il deterioramento dell’accoglienza degli stranieri e delle relazioni con Stati terzi, col rischio sempre presente di non sradicare le frodi implicandone invece la loro professionalizzazione32. Pertanto, nella gestione delle frontiere esterne gli Stati devono fare i conti con le loro relazioni internazionali e con le politiche migratorie, con esigenze 29 Si noti ad esempio il Gruppo di Trevi istituito nel 1975 e che riuniva i Ministri degli Interni e di Giustizia dei Paesi CEE. Per approfondire cfr. Cfr. DENBOER(a cura di), Schengen, judicialcooperation and policy coordination, Maastricht, 1997, p. 87 ss.. 30 Si confronti ad esempio l’art. K. 1 del Trattato di Maastricht. 31 Per unatrattazioneapprofonditacfr. NEUMAYER, Unequal access to foreign spaces: how States use visa restrictions to regulate mobility in a globalised world, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION, Global migration perspectives working paper no. 43, Ginevra, 2005. Disponibile in: https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/200709_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf. 32 BIGO, Contrôle migratoire et libre circulation en Europe, in JAFFRELOT, LAQUESNE (a cura di), L’enjeu mondial. Lesmigrations, Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla pagina internet: www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf. www.koreuropa.eu
  • 14. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna economiche, politiche, culturali e di sicurezza interna. Oggi gli Stati sviluppano le proprie relazioni internazionali nel contesto di un’economia mondiale aperta, che si manifesta nella cosiddetta globalizzazione e trova sua legittimazione nel pensiero liberale. Tuttavia, il sistema delle relazioni internazionali si fonda anche sui concetti di Stato nazione e di inviolabilità della sovranità. In virtù di essi, gli Stati tendono anche a chiudere ed a proteggere i confini e le proprie identità nazionali, istituendo controlli alla libertà di movimento33. Generalmente, sicurezza e libertà sono considerati valori contraddittori, irriconciliabili. La scelta tra di essi sembra implicare un trade off di tipo esclusivo, o più sicurezza o più libertà, e il risultato è sempre un compromesso a somma zero variabile sul continuum tra libertà assoluta34 e sicurezza assoluta35. Ad un grado maggiore di libertà corrisponde per i membri della comunità una diminuita sicurezza e, viceversa, maggiore sicurezza implica un minore godimento della libertà. Mentre gli Stati inseguono un sistema per controllare in modo migliore gli ingressi, imperativi politici ed economici chiedono con insistenza confini permeabili. Controlli ferrei sono apparentemente contrari agli interessi economici degli Stati, restrizioni all’ingresso di cittadini stranieri inibiscono il commercio internazionale e il turismo. Per facilitare gli scambi e la mobilità, alcuni Paesi hanno istituito unioni e armonizzato le politiche dei visti, hanno creato blocchi regionali per uscire dalla piccola scala dello Stato nazione e per aumentare le proprie dimensioni su scala globale. Dal punto di vista della circolazione delle persone è possibile conciliare tra loro le istanze relative a libertà e sicurezza? È possibile raggiungere una maggiore libertà di movimento e allo stesso tempo garantire una maggiore sicurezza? La definizione a livello internazionale di convenzioni sul rispetto dei diritti umani può forse permettere la risoluzione del paradosso tra libertà e sicurezza36. La Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea accorpano i due principi precisando che ciascun individuo ha diritto alla libertà e alla 33 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34. Si faccia riferimento allo stato di natura secondo il pensiero di Hobbes. 35 Si faccia riferimento alla concezione orwelliana di controllo come prevista nel libro ORWELL, 1984, London, 1949. 36 Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. 34 www.koreuropa.eu
  • 15. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna sicurezza37. Uno degli obiettivi dell’Unione Europea è la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui massimizzare la libertà di circolazione degli individui per mezzo della definizione di un regime di pratiche di sicurezza sottoposte a controllo democratico da parte di istituzioni a ciò preposte e che garantiscano la protezione dei diritti fondamentali e che assicurino la possibilità di ricorso effettivo. Secondo i discorsi neoliberali dominanti, la sicurezza non dovrebbe essere garantita dal costante intervento dei poteri pubblici, bensì attraverso la messa in sicurezza degli automatismi che sono già attivi all’interno della società38. In tale ottica, compito dell’Unione dovrebbe essere dunque quello di permettere l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali, responsabilizzandoli, e creando, se necessario, istituzioni capaci di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia al fine di difendere gli altri individui da tali comportamenti e da intrusioni non legittime da parte degli Stati. Secondo questa impostazione, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso nell’Unione senza documenti validi o che non utilizzano correttamente un visto sono considerati individui non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia correttamente: percepita come distorsiva dell’ordine convenuto, la loro illegalità è considerata prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire controlli aggiuntivi e restrizioni per motivi di sicurezza. Oltre all’immigrazione illegale, un’altra grossa preoccupazione per gli Stati è l’infiltrazione di potenziali terroristi, di criminali, di trafficanti di droga e di armi o di altre persone non grate. Il centro delle preoccupazioni sono le potenziali minacce alla stabilità del regime e alla sicurezza nazionale impersonate rispettivamente da individui politicamente sgraditi, da criminali violenti politicamente motivati e da soggetti appartenenti a reti criminali transnazionali. Fondamentale è quindi in primo luogo la capacità di definizione di ciò che comporta una minaccia alla sicurezza e, nonostante la limitatezza delle risorse, la capacità di ottenere le informazioni necessarie ad effettuare controlli mirati. In base al paradigma, i gruppi di individui appena menzionati sono governati per mezzo di interventi precisati sulla base del potenziale rischio, valutato per Si confronti l’art. 5 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e l’art.6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 38 Cfr. VAN MUNSTER, The EU and the management of immigration risk in the Area of Freedom, Security and Justice, in Political Science Publications, n. 12, SyddanskUniversitet, Esbjerg, 2005. 37 www.koreuropa.eu
  • 16. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna mezzo di pratiche di sicurezza opportunamente designate per verificare le finalità e controllare la mobilità dei cittadini stranieri. Il concetto di rischio è diventato il principio fondante della nozione di sicurezza. Le fonti normative del regime Schengen dei visti menzionano ripetutamente i concetti di rischio migratorio e di rischio per la sicurezza. La valutazione del rischio presuppone la disponibilità di informazioni attendibili e la capacità di verifica. Ipotizza in un secondo momento l’osservazione di regolarità riguardanti la gestione della libertà di movimento e della condotta da parte degli individui, sia nei casi in cui essi dimostrino di utilizzare responsabilmente la propria autonomia rendendosi così utili alla società secondo la prospettiva neoliberale, sia nei casi in cui essi scelgano condotte cosiddette devianti, non conformi e irrispettose della regola convenuta. Dopo gli eventi dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, la nuova minaccia del terrorismo globale e l’emergenza causata dalle buste contenenti spore di antrace, i discorsi ufficiali negli Stati Uniti si sono orientati verso il diritto dei governi di rafforzare le misure di sorveglianza e di sicurezza. Il dibattito ha preso piede anche in Europa, sollecitato anche dagli attentati di Madrid e di Londra nel 2004 e nel 2005. Gli alti livelli di guardia e di vulnerabilità percepita dalla popolazione hanno giustificato un deciso giro di vite in direzione di un accentuato utilizzo di controlli sulla popolazione civile. Il problema più importante è quello di definire quali debbano essere i limiti di tale attivismo da parte degli Stati. Da un punto di vista liberale la mobilità degli individui è un bene per l’economia. La libera circolazione può sicuramente includere alcuni abusi, ma fino a che punto l’inasprimento delle misure di controllo e di sicurezza può essere definito proporzionale ai rischi? Fino a che punto il rimedio denominato “sicurezza” può anteporsi alla libertà degli individui e ad ogni fondamentale valore democratico? Il Congresso degli Stati Uniti nel 2001 ha ad esempio accettato di conferire all’esecutivo ampi poteri permettendo l’adozione di misure legislative speciali39. Secondo molti l’amministrazione Bush ha oltrepassato ogni delega al potere in nome dello stato di eccezionalità. Per approfondiresiveda ad esempioiltestodell’USA Patriot Act,Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism (USA PATRIOT ACT) Act of 2001. Il testo è disponibile alla pagina internet: http://thomas.loc.gov/cgi-bin/query/z?c107:H.R.3162.ENR:. 39 www.koreuropa.eu
  • 17. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Sul tema della sicurezza due argomenti fondamentali si sono imposti40. Il primo di essi ritiene che la sicurezza sia il valore primario: la sicurezza implica la protezione dell’individuo, della collettività e dello Stato. Questa posizione portata agli estremi può suggerire che la sopravvivenza della civiltà occidentale stessa è minacciata dal terrorismo globale che è riuscito ad impossessarsi del controllo degli strumenti di violenza, superando la forza di molti Stati. La sicurezza è questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Libertà e democrazia sono valori secondari, sono possibili solo a condizione che la vita sia assicurata. Tale posizione può legittimare l’illimitato livello di intervento da parte dello Stato. In molti casi è riuscita a convincere, legittimandosi sulle paure diffuse degli individui. Ciò nonostante è evidente a molti che accentuate misure di sicurezza non possano non predare la libertà dei cittadini. Molti gruppi sociali hanno insistito sull’esagerazione di questa posizione, in antitesi profonda rispetto agli ideali di democrazia, che in questo caso si trovano in pericolo di sopravvivenza. Si è sviluppata così una seconda retorica che si fonda sull’idea di equilibrio tra libertà e sicurezza. Un apparente alto livello di pericolo può giustificare misure di sicurezza accentuate. Il vero pericolo di questa seconda posizione è che in momenti di alta tensione vengano varate misure di sicurezza straordinarie per il controllo degli individui e, alla distensione della situazione, tali misure rimangano pur tuttavia in vigore, perennemente, utili al controllo degli individui e alla raccolta di dati su di essi. Lo stato di eccezionalità diventa così perenne. Un evento isolato ed eccezionale comporta così la richiesta, caldamente eseguita in un clima di paura generalizzata, del sacrificio di parte della libertà agli individui, dopodiché lo stato di emergenza tende inevitabilmente a divenire duraturo, ponendo a repentaglio la democrazia. Nei discorsi ufficiali si è insistito sulla capacità di terroristi e di individui criminali di infiltrare i flussi di stranieri, giustificando così non solo l’inasprimento dei controlli sulla mobilità transconfinaria, ma anche la sorveglianza sulla libertà di parola, di associazione, religiosa e delle minoranze. La libertà di azione viene giudicata in base alla conformità alla norma locale, chiunque devii leggermente dalla norma diventa sospetto. La libertà di circolazione degli stranieri subisce di colpo limitazioni vistose e la normalità diventa il sospetto sulla loro mobilità. Ma in un mondo liberale, l’economia Per approfondire si invita a confrontare i contributi pubblicati nell’ambito del progetto Challenge: Liberty & Security. I testi sono disponibili al sito: http://www.libertysecurity.org/. 40 www.koreuropa.eu
  • 18. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna mondiale e gli Stati hanno comunque bisogno di mantenere un flusso di mobilità sostenuto, in quanto è generalmente ritenuto vero che ad una maggiore libertà di circolazione corrispondano maggiori benefici per l’economia. Ma maggiore mobilità richiede anche controlli più efficaci, fino all’estremo limite del totale controllo dei movimenti degli individui al fine di avere gli strumenti per valutare opportunamente ogni rischio, pericolo e minaccia. È per questo motivo che la retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza ha preso piede, come se libertà e sicurezza fossero gli unici due valori degni di valutazione. In Europa, l’avvio del programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole importanza in tale direzione41. La precedente agenda di Tampere presentava un ampio programma, cosmopolita, in cui i diritti, compresi quelli degli immigrati, dei richiedenti asilo e dei cittadini di Paesi terzi, acquistavano un’inaspettata prominenza. Il cambio di registro con l’Aia è evidente: l’obiettivo è quello di creare “un’Europa che protegge”. La sicurezza diventa l’aspetto cruciale, prioritaria rispetto alla libertà42. Il documento approvato dal Consiglio raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce da combattere, ovvero il terrorismo, il crimine transfrontaliero e la migrazione irregolare. In tutti questi casi le misure individuate riguardano l’accentuata sorveglianza e il controllo della mobilità degli individui. Il principio di sicurezza è stata selezionato perché adatto al fine di imporre limitazioni alla libertà di circolazione. In questo ambito il concetto di rischio è diventato fondamentale. La strategia europea prevede tecniche che operano su più livelli, a livello nazionale e individuale. La stessa si estende nello spazio, presente non solo alla frontiera fisica ma perfino all’estero, direttamente nel luogo di provenienza degli individui in movimento. L’Unione prevede infatti la protezione del territorio comune per mezzo di interventi basati sulla conoscenza dei rischi da mettere in atto nei luoghi in cui tali rischi possono essere presenti (ad esempio alle frontiere esterne o direttamente in Paesi terzi), sulle attività a rischio (rischio 41 Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. CfranchePARKES, The Stockholm Programme: more than just a five-year itch?, in The Federal Trust, 2009, allapagina internet: http://www.fedtrust.co.uk/content.php?content_id=126&cat_id=6. 42 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. Alla lettura del testo del programma risulta evidente che al punto 1. “Rafforzamento della libertà”, e non in quello intitolato “Rafforzamento della sicurezza”, sono inserite misure di sicurezza quali l’instaurazione della gestione integrata delle frontiere esterne, delle politiche in materia di visti e dell’interoperabilità dei database VIS, SIS II eEURODAC. www.koreuropa.eu
  • 19. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna migratorio), nei confronti delle categorie e degli individui a rischio (potenziali migranti, overstayers43 o richiedenti asilo). La normativa prevede che le Sezioni Consolari, in particolare gli Uffici Visti, delle Rappresentanze dei Paesi membri accreditate all’estero siano responsabili della valutazione a livello individuale dei rischi 44. Secondo la disposizioni del legislatore europeo, se un individuo con un’alta probabilità costituisce un rischio per gli Stati Schengen, la sua mobilità deve essere ostacolata, negando lui l’accesso al territorio comune. La metodologia definita dal sistema Schengen dei visti al fine di controllare la circolazione delle persone presenta, per gli stranieri, opportunità differenziate per l’accesso all’area Schengen. In un primo momento prevede l’accesso differenziato su base nazionale: per i cittadini di alcuni Paesi del mondo l’accesso all’area comune non è condizionato dall’ottenimento di un visto di ingresso, per i cittadini di altri Paesi del mondo invece il possesso di un visto valido è condizione necessaria45 per l’accesso al territorio degli Stati partner46. Si potrebbe pensare che i cittadini di alcuni Paesi del mondo siano considerati benvenuti in Europa e che la loro mobilità sia stimata per definizione sicura, utile e benefica per i partner Schengen e, in quanto tale, non meritevole di essere intralciata o semplicemente rallentata da ostacoli sul percorso. In altri casi, la presenza di rischi non può essere esclusa in partenza. È necessario dunque un secondo livello di analisi: tutti i cittadini di un secondo gruppo di Paesi terzi saranno quindi obbligati ad avere un visto valido per recarsi alla frontiera esterna dell’area Schengen. La strategia definita opera quindi una differenziazione su base nazionale nel permettere la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni Paesi le cui vite sono scandite da routines conformi alla regola accolta in Europa. 43 Si definiscono overstayers coloro che al termine di validità del visto non rientrano al Paese di origine ma decidono di rimanere illegalmente nell’area Schengen o sul territorio dello Stato che ha rilasciato la prima autorizzazione al viaggio. 44 Cfr. l’art. 21 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012. 45 Non è una condizione sufficiente perché il respingimento alla frontiera è sempre possibile anche se il cittadino straniero è titolare di visto di ingresso valido, art. 13 del Regolamento N. 562/2006 del PE e del Consiglio del 15 marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen). 46 Più avanti, nel capitolo 1.4.2 della tesi, saranno discusse le liste definite dei Paesi terzi definite dalle istituzioni comunitarie. Cfr. il Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(versione consolidata del 11.01.2011). www.koreuropa.eu
  • 20. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna All’opposto, nei confronti degli individui provenienti da tutti gli altri Paesi terzi sembra creare un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni al fine di stabilire se essi, singolarmente, sono degni di godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e responsabile. L’obiettivo è quello di bloccare in anticipo coloro che sembrano non essere in grado di farlo, frammentando così la popolazione tra coloro che hanno l’autorizzazione a viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti a stare fermi. Nei loro confronti la regola di valutazione pare essere quella del sospetto47. Il metodo definito per suddividere la popolazione in queste due classi è l’analisi del rischio. Il rischio tuttavia è un concetto probabilistico, indica la possibilità che un evento negativo si verifichi. Ma anche la possibilità di errore è proporzionale alla dimensione dell’incertezza. Da qui deriva il problema fondamentale dell’analisi del rischio applicata alla valutazione della (probabile) sicurezza della mobilità degli individui: presupporrebbe la disponibilità totale di informazioni per ridurre o annullare rischio ed errori. Richiede un incessante aumento della domanda di sorveglianza e di moltiplicazione dei controlli, nonché, ove necessario, lo scambio di dati utili. I cambiamenti avvenuti dopo l’11 settembre 2001 non rappresentano una rottura col passato. L’idea di messa in sicurezza della mobilità delle persone e l’associazione di quest’ultima con crimine e terrorismo esistevano già prima. Tuttavia, dopo tale data, sia nell’America settentrionale, sia in Europa, il nuovo clima di paura ha permesso la giustificazione e l’accettazione di misure di sorveglianza e di prevenzione più severe ed intrusive. Abbiamo assistito senza accorgercene ad un rapidissimo aumento dell’impiego di nuove tecnologie applicate, separatamente ed in rete, alla gestione della mobilità delle persone. Gli Stati e le Istituzioni europee si sono servite delle minacce globali e delle derivanti paure per giustificare l’idea di un’“Europa più sicura”48, prioritaria spesso rispetto all’“Europa della libera circolazione delle persone”. 47 Come già indicato precedentemente, non è condizione sufficiente perché al possesso di un visto valido non corrisponde un diritto di ingresso, il respingimento alla frontiera rimane possibile.GUILD, BIGO, cit., 2003, p. 8295, Cap.4,Le visa: instrument de la mise à distance des “indésirables”. 48 Per approfondire cfr. il documento: (2005/C 53/01) CONSIGLIO, Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione Europea. Vedi in particolare il punto 2.4 Gestione delle crisi all'interno dell’Unione europea con effetti transfrontalieri. www.koreuropa.eu
  • 21. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna La convinzione che le nuove tecnologie potessero essere impiegate con successo su questo fronte ha influenzato energicamente le scelte dei Governi e delle Istituzioni europee49. La produzione di documenti rispondenti a requisiti ad elevata sicurezza e contenenti tecnologie a prova di contraffazione, la realizzazione di strumenti sofisticati per l’identificazione degli individui, la digitalizzazione delle informazioni, la disponibilità di dati e lo scambio di essi in tempo reale, l’istituzione di banche di dati sugli individui e la loro interoperabilità sono diventati i precetti della nuova soluzione al dilemma tra libera circolazione degli individui e sicurezza. In un mondo in cui la mobilità e la velocità del movimento divengono valori di massimo rilievo, le misure di sicurezza possono apparire ai singoli come intralci, ostacoli, cause di attese ed inutili perdite di tempo. Non è così per quelle forme di controllo che non rallentano il viaggio o che lo velocizzano, innovando rispetto ad altre forme di controllo usate in passato50, oppure che risultano semplicemente impercettibili. La digitalizzazione, la dematerializzazione rendono possibile l’invisibilità delle misure di sorveglianza: gli individui si trovano nella condizione di non avvertire i controlli sul movimento, d’altro lato le autorità coinvolte nel settore sono in grado di raccogliere, registrare e scambiare dati sugli individui in quantità maggiori e a velocità incomparabili rispetto a quelle che sarebbero necessarie per l’invio e la ricezione di corpi materiali. I sistemi di sicurezza per essere efficaci non devono quindi intralciare i movimenti e devono operare per quanto possibile inosservati. Gli obiettivi sono la sorveglianza attiva e la capacità di effettuare interventi mirati per bloccare in tempo le mobilità a rischio, identificando e fermando coloro che non rispettano le regole stabilite. Se la mobilità legale è utile alla società e l’autonomia dei soggetti è il fondamento dell’agire umano, la sicurezza è diventata l’unico correttivo impiegato nei discorsi delle istituzioni per controllare gli individui. Secondo questa visione, il governo della libera circolazione si compie attraverso la definizione dei comportamenti considerati responsabili e quelli che non lo sono, distinguendo 49 Cfr. GUILD, BIGO, op.cit, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), cit., Leiden, 2010, pp. 257-280. BIGO, Delivering liberty and security? The reframing of freedom when associated with security, in BIGO, CARRERA, GUILD, WALKER (a cura di), Europe’s 21st Century Challenge. Delivering Liberty, Farnham, 2010, pp. 263-288. 50 www.koreuropa.eu
  • 22. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna così sottoinsiemi della popolazione in categorie distinte e soggette a loro volta a gradi di regolazione e di controllo diversi. Nell’ambito dell’acquis di Schengen l’oggetto delle misure di sicurezza sono i gruppi ritenuti non qualificati per l’autonomo esercizio della libera circolazione, ossia i potenziali migranti illegali in senso stretto, coloro che rappresentano rischi per la sicurezza e, ad un livello più ampio, tutti i cittadini di Paesi terzi che in base alla loro cittadinanza sono soggetti all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen. Le principali misure adottate nei loro confronti prevedono la raccolta di dati e di informazioni significative in relazione alla loro identità, alla loro situazione economica e sociale ed agli obiettivi del loro ingresso nell’area Schengen. Sono previste in un secondo momento le analisi del rischio migratorio ed alla sicurezza rappresentato dalle loro mobilità per mezzo del confronto incrociato delle informazioni a disposizione. La Commissione prevede l’uso estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse siano utilizzate in modo proporzionale al raggiungimento degli obiettivi definiti51. Il fine è quello di documentare tali mobilità, valutarne la legittimità, monitorarle in base ai dati disponibili e, se l’esito dei controlli è negativo, prevenirne il movimento, quando possibile, oppure identificare coloro che hanno abusato delle condizioni dettate dall’autorizzazione loro concessa ed allontanarli dall’area Schengen. Le strategie dell’analisi del rischio applicate alla circolazione delle persone possono essere classificate, a scopo introduttivo e per chiarezza di analisi, in tre gruppi fondamentali: le misure messe in atto prima dell’arrivo del cittadino straniero alla frontiera esterna dell’area Schengen, quelle applicate all’arrivo alla frontiera esterna e infine quelle utilizzate in un momento successivo al passaggio della frontiera. In tutti e tre casi è fondamentale il metodo della raccolta di informazioni, di analisi dei rischi e di interoperabilità tra le informazioni raccolte nelle tre fasi. Il primo gruppo include le attività dei Consolati dei Paesi Schengen all’estero e degli ufficiali di collegamento, la politica dei visti, il sistema di sanzioni ai vettori52, il secondo gruppo comprende i controlli relativi all’identità e alla sicurezza effettuati 51 COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in border management in the European Union, Brussels, 2008. 52 Cfr. il contenuto della Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate. www.koreuropa.eu
  • 23. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dalle guardie doganali e di frontiera, l’ultimo gruppo prevede misure di sorveglianza, di prevenzione e di polizia. Strumenti nuovi sono subentrati nel tempo e si sono addizionati a quelli in uso in precedenza. Il passaporto non è più ritenuto un mezzo sicuro e affidabile, sufficiente per l’identificazione di un individuo. I passaporti rilasciati da certi Stati aprono letteralmente le porte ad un gran numero di altri Paesi e la loro contraffazione e il loro mercato abusivo hanno raggiunto nel tempo livelli elevati. Gli Stati hanno dunque preso accordi per rendere i passaporti più difficili da riprodurre, sofisticandoli grazie all’introduzione di sistemi di lettura ottica e di identificativi biometrici. I passaporti sono stati presto affiancati dai visti. Questi possono essere rilasciati solamente in favore di titolari di un passaporto valido e riconosciuto e completano la funzione di identificazione svolta dal passaporto includendo dati anagrafici ed altre informazioni significative. Tra i dati menzionati sui visti figurano spesso le condizioni dell’ingresso e del soggiorno indispensabili al fine di determinare la legittimità della mobilità del titolare di tale autorizzazione. Come i passaporti, anche i visti hanno subito un’evoluzione nel tempo in direzione di una maggiore sofisticazione allo scopo di rendere più difficile l’imitazione. Esattamente come per i permessi di soggiorno rilasciati in un momento successivo al passaggio della frontiera esterna in favore di migranti di lungo periodo, gli Stati Schengen hanno deciso di creare un formato unico di visto che includa identificativi biometrici tra cui una foto ad alta definizione. Le informazioni riguardanti lo straniero che richiede il visto, le indicazioni contenute sul visto stesso, la foto elettronica e i dati biometrici sono già immagazzinati per i richiedenti di alcuni Paesi terzi53 nel Sistema d’Informazione Visti (VIS), ossia la banca dati elettronica in corso di sviluppo che rende possibile l’accesso in tempo reale ai dati in esso contenuti alle autorità competenti di tutti i Paesi europei che vi partecipano, secondo profili di utenza prestabiliti. Il VIS archivia le informazioni di tutte le domande di visto indipendentemente dal loro esito positivo o negativo. Grazie all’accessibilità in rete da parte delle autorità statali competenti, siano esse locate nell’area Schengen, alla frontiera o all’estero, il sistema rende effettivo un processo di identificazione integrato, disponibile In merito all’inizio dell’attività del VIS, cfr. la Decisione della Commissione Europea del 30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS). 53 www.koreuropa.eu
  • 24. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna prima, durante e dopo il passaggio della frontiera esterna da parte del cittadino straniero, attraverso il confronto tra i dati biometrici del corpo fisico di un individuo (foto ed impronte digitali) e le informazioni contenute nei documenti in suo possesso con i dati registrati nella banca dati. La prima banca dati tecnologica creata nel quadro della Convenzione di Schengen, attiva dal 1995, è il Sistema d’Informazione Schengen (SIS). L’architettura del sistema prevede una banca dati centrale (C-SIS) situata a Strasburgo, collegata in rete con quelle nazionali (N-SIS), ubicate nei Paesi che partecipano alla cooperazione, a loro volta comunicanti con i terminali locali in uso secondo profili di utenza diversi presso le autorità statali competenti. Il SIS è utilizzato per archiviare e condividere informazioni di interesse su individui e oggetti al fine di preservare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, compresa la sicurezza dello Stato e di assicurare l’applicazione nel territorio delle Parti contraenti delle disposizioni sulla circolazione delle persone stabilite nella Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen54. Le minacce a cui opporsi sono il crimine transnazionale, il terrorismo e l’immigrazione clandestina. Oltre ai cinque Paesi partecipanti originari, si sono aggiunti nel tempo alla cooperazione riguardante il SIS altri venti Paesi. Sebbene non abbiano partecipato alla conclusione della Convenzione sopra citata, il Regno Unito e Irlanda hanno optato per la loro inclusione alla cooperazione in merito al SIS in base ai termini stabiliti dal Trattato di Amsterdam che ha incluso l’acquis di Schengen nel quadro dell’Unione Europea. In virtù delle disposizioni ivi contenute, Regno Unito ed Irlanda, sebbene non vincolate, hanno la facoltà di partecipare a tutte o a parte delle disposizioni riguardanti la Convenzione di Schengen55. La logica di base del Sistema d’Informazione Schengen è quella dell’interoperabilità del sistema e del reciproco accesso da parte delle autorità competenti dei Cfr. il Titolo IV della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen relativo al Sistema d’Informazione Schengen (SIS). L’art. 93 indica lo scopo del sistema. 55 Regno Unito e Irlanda usano al momento il SIS per motivi di esecuzione delle decisioni giudiziarie. Non utilizzano il SIS secondo le disposizioni dell’articolo 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen perché non intendono rimuovere i controlli alle frontiere con il resto dell’Europa. Per approfondire cfr. 2000/365/CE. Decisione del Consiglio del 29 maggio 2000riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, nonché 2002/192/CE. Decisione del Consiglio del 28 febbraio 2002 riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen. 54 www.koreuropa.eu
  • 25. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Paesi membri. Il SIS è regolarmente utilizzato con profili diversi da autorità di polizia e consolari, di frontiera, delle dogane e dalle autorità giudiziarie. La prima versione del SIS permetteva di registrare solo dati alfanumerici, tra cui nomi, cognomi, soprannomi, data e luogo di nascita, sesso, nazionalità, caratteri fisici distintivi, informazioni concernenti la pericolosità o al possesso di armi, le motivazioni dell’iscrizione del dato nel SIS ed eventuale azioni da prendere. A causa della limitatezza dei dati inscrivibili e delle opzioni a disposizione, ad esso è stato aggiunto SIRENE56, un sistema informatico supplementare incrociato al SIS che permette lo scambio di informazioni complementari quali fotografie o dati biometrici. I dati restano immagazzinati nel SIS ma SIRENE rende possibile lo scambio di dati aggiuntivi come ad esempio informazioni di intelligence relative al crimine. È possibile inserire i dati nel SIS per le seguenti categorie di persone: persone ricercate per l’arresto ai fini dell’estradizione, stranieri segnalati ai fini della non ammissione nell’Area Schengen, persone scomparse, minorenni o persone con problemi psichici che, ai fini della loro tutela o per prevenire minacce nei loro confronti, devono essere provvisoriamente poste sotto protezione, testimoni o persone citate a comparire dinanzi all’autorità giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale, nonché persone alle quali deve essere notificata una sentenza penale o subire una pena privativa della libertà. Possono essere inseriti anche dati su oggetti, ad esempio su documenti d’identità o veicoli persi o rubati. La voce per la quale sono presenti più dati è quella che riguarda i migranti irregolari57, ovvero le persone non gradite per le quali deve essere rifiutato l’accesso all’area Schengen. Data la sistematicità dell’interpellazione del sistema durante la fase di controllo dei documenti prima del rilascio di un visto o alla frontiera, il SIS rappresenta uno strumento di grande impatto nel controllo della mobilità dei cittadini stranieri. I dati sono tuttavia inseriti in maniera difforme in base agli standard nazionali58. Tale difformità nell’inserimento dei dati è palese soprattutto quando si confronta il numero di inserimenti di Paesi quali Germania, Francia, e Italia, iperattivi, o, al Supplément d’information requis a l’entrée nationale. Da notare che di tale sistema informatico non c’è menzione nella Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen. Cfr. la successiva Decisione del Consiglio del 14 ottobre 2002relativa alla declassificazione di talune parti del manuale Sirene adottato dal Comitato esecutivo istituito dalla convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985. 57 Ex. art. 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen. 58 Per approfondire cfr. il cap. 3.1 tesi. 56 www.koreuropa.eu
  • 26. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna contrario, dei Paesi nordici o del Portogallo che ritengono che l’inscrizione nel SIS debba avvenire solo per crimini e delitti significativi59. Il primo gruppo di Paesi utilizza dunque il SIS come uno strumento chiave per impedire la mobilità in ingresso dei cittadini stranieri a loro non graditi anche qualora essi si presentino all’Ufficio Consolare o alla frontiera di un Paese del secondo gruppo. Il SIS diventa per così dire uno strumento per obbligare gli altri Paesi dell’area Schengen a fare la guardia ai propri indesiderati. Il sistema SIS è del tipo “hit/no hit”, vale a dire nel momento in cui un’autorità si rivolge al sistema per verificare se un individuo è registrato in esso, esso risponde in maniera affermativa o negativa: produce una cosiddetta “hit” se il nominativo dell’individuo è presente nel database. Anche nel caso di “hit”, non tutte le informazioni sono direttamente accessibili, in dipendenza dal profilo d’utenza dell’operatore il sistema risponde solitamente con un comando60. L’ottica della sorveglianza e della valutazione del rischio si allontana quindi dai corpi concreti per focalizzare l’attenzione sui flussi di dati e sulle correlazioni tra di essi. Se i dati raccolti sono accurati e sono assenti errori od omonimie, dovrebbero sussistere le corrispondenze biunivoche tra corpo fisico e dato archiviato e da questo al corpo fisico se necessario. I dati immateriali sono estremamente maneggevoli e trasferibili in tempo reale. La gestione di tale flusso di dati, nonché l’osservazione di correlazioni e corrispondenze potrebbe dunque permettere alle autorità di individuare e conoscere alcune regolarità del mondo reale, facilitando quindi la valutazione di rischi e la previsione di alcuni tipi di comportamenti di certe categorie di individui. Il limite più evidente del SIS è la limitatezza della tipologia dei dati archiviabili. Per risolvere questo problema è stato creato SIRENE ed è in corso di definizione una seconda Per quantoriguardal’iscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA PROTECTION SECRETARIAT JOINT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of the recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels, 2010, nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, Activity Report – December 2005 – December 2008. 60 BROEDERS, Tracing, identifying and sorting. The role of EU migration databases in the internal control on irregular migrants, in FASSMANN, HALLER, STUART LANE, (a cura di), Migration and mobility in Europe. Trends, patterns and control, Cheltenham, 2009, pp. 249-271. 59 www.koreuropa.eu
  • 27. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna versione del sistema, denominata SISII, che sarà in grado di registrare anche indicativi biometrici61 e che sarà completamente operativa nel 201362. Il SIS inoltre permette di inscrivere solamente i dati di persone per le quali le autorità dei Paesi Membri hanno già verificato i rischi. Quindi, con riferimento a cittadini stranieri esso include sostanzialmente solo coloro che sono già stati sul territorio dei Paesi Schengen e dei quali è stata appresa dalle autorità la condizione illegale o la notizia di reati commessi. È per questo motivo che l’Unione ha deciso di sviluppare altri database più sofisticati capaci di registrare non solo dati alfanumerici ma anche altre informazioni, tra cui foto e dati biometrici, riguardanti tutti i cittadini stranieri in movimento verso il territorio Schengen indipendentemente dalla loro carriera migratoria63: EURODAC64, già attivo, registra i dati di cittadini di Paesi terzi richiedenti asilo o fermati in relazione all’attraversamento irregolare della frontiera esterna; il Sistema d’informazione Visti (VIS)65, archivia i dati riguardanti tutte le domande di visto presentate presso tutti i Consolati dei Paesi membri. Questa proliferazione di banche dati elettroniche dimostra come le istanze relative al controllo e messa in sicurezza della mobilità degli individui creino una spirale senza fine in risposta alla domanda insaziabile di informazioni per l’analisi e la valutazione dei rischi. Il In merito allo stato dei lavori sull’istituzione del SIS II è possibile consultare il sito eurlex alla pagina: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2012:0334:FIN:IT:PDF. 62 Cfr. Decisione 2009/724/GAI della Commissione del 17 settembre 2009 che fissa la data di completamento della migrazione dal sistema d'informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II); Decisione 2008/839/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008sulla migrazione dal sistema d’informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Vedi anche le informazioni disponibili sul sito della Commissione Europea Direzione Generale Affari Interni in: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/borders-and-visas/schengen-informationsystem/index_en.htm. 63 Il concetto carriera migratoria indica la sequenza dei passi, ognuno dei quali è marcato da eventi definiti come significanti nella struttura delle narrative degli attori e riconosciuti pubblicamente come tali da vari gruppi di ascoltatori. La nozione di carriera migratoria è particolarmente utile per analizzare i processi dinamici della migrazione irregolare internazionale. Per unatrattazioneapprofondita di questitemicfr. CVAJNER, SCIORTINO, A tale of networks and policies: prolegomena to an analysis of irregular migration careers and their developmental path, in Population, Space and Place, Wiley Online Library, 2010. Il testo è disponibile alla pagina internet: http://ccs.research.yale.edu/documents/public/PubsAndRes/Faculty/Cvajner_ Sciortino_ policy_networks.pdf. 64 Il sistema Eurodac è stato istituito per mezzo del Regolamento n. 2725/2000 del Consiglio dell’11 dicembre 2000che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino. 65 Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è stato istituito per mezzo della Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS) (2004/512/CE). 61 www.koreuropa.eu
  • 28. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna metodo neoliberale di governo della sicurezza è diventato dipendente dall’idea secondo cui la gestione di grandi flussi di informazioni dettagliate e accurate sugli individui per mezzo di sistemi tecnologici permetta l’individuazione delle persone a rischio e la capacità di adozione in tempo utile di misure di prevenzione adeguate66 in grado di bloccare le mobilità non conformi alla regola convenuta. In questo senso risultano indispensabili le modalità di raccolta dei dati, l’osservazione di correlazioni e regolarità, la creazione di statistiche efficaci, unite alla realizzazione di profili di individui a rischio grazie al contributo di sapere umano poliziesco, di cognizioni psicologiche e sociologiche e di conoscenze specifiche relative alla situazione interna locale di Paesi terzi. Oltre a problemi di efficacia ed alla possibilità di errori nella selezione su base individuale degli individui da ammettere sul territorio comune, è necessario ripetere che l’analisi del rischio è un concetto che si basa sulla valutazione della probabilità e che quindi include in sé incertezza e margini di errore. Inoltre, l’implementazione di politiche di selezione e di controllo della mobilità delle persone secondo questo metodo comporta problematiche di difficile soluzione in riferimento al grado di arbitrarietà delle scelte effettuate dalle autorità competenti e in relazione alla legittimità stessa di tali politiche67. Resta un compito impossibile quello di definire senza margine di errore che ad un rischio elevato, calcolato su un numero elevato di correlazioni verificate in passato, corrisponda ora, a livello di scelta su base individuale, una certezza del verificarsi di un comportamento. L’eccezione resta sempre possibile: è certamente possibile che un individuo, richiedente un visto, dotato di mezzi finanziari sotto alla media, proveniente da una zona considerata a rischio migratorio, senza un lavoro stabile e senza legami sociali stretti nel luogo di origine, decida di spendere tutti i suoi risparmi per comprare un biglietto aereo e recarsi da un amico in Europa per visitare alcune città celebri e, senza nutrire alcun desiderio di immigrare illegalmente, faccia rientro, felice, nel suo luogo natale. Un rischio estremamente elevato non implica deterministicamente una relazione di causa-effetto. Scelte 66 Cfr. BIGO, op. cit., JAFFRELOT, LEQUESNE (a cura di), op. cit., Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla pagina internet: www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf. 67 Per approfondire cfr. § 6 e 7 del presente lavoro. www.koreuropa.eu
  • 29. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna basate sul rischio contengono margini di errore e, in definitiva, sono macchiate dal dubbio e dal sospetto. 4. Uno sguardo alla politica europea dei visti: quadro normativo e strumenti giuridici Il visto è uno strumento tecnico che rende possibile una più efficace individuazione e selezione dei cittadini stranieri ai fini del controllo e dell’incanalamento delle loro mobilità. Allegato ad un titolo di viaggio valido e riconosciuto, il visto rappresenta un’innovazione rispetto all’uso del passaporto, impiegato prima allo stesso scopo, poiché il visto regola la possibilità di spostamento in maniera molto più precisa e dettagliata indicando limiti temporali, modalità e finalità del movimento. A differenza del passaporto, il visto è rilasciato dalle autorità competenti dello Stato di transito o di destinazione e non dalle autorità dello Stato di cui il cittadino straniero è originario. La nozione di visto nel diritto europeo non è semplice. Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, agli artt. 77 e 79 al Capo 2 del Titolo V Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia, menziona una prima suddivisione tra visti di breve durata e di lunga durata. Il visto, secondo le disposizioni del legislatore europeo, è l’autorizzazione rilasciata da uno Stato membro necessaria ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo ingresso, oppure ai fini del transito nelle zone internazionali degli aeroporti degli Stati membri68. Dal punto di vista della validità territoriale, i visti sono classificati in “visto uniforme”, valido cioè nell’intero territorio degli Stati membri e non membri dell’Unione che partecipano alla cooperazione di Schengen69, “visto con validità territoriale limitata”, valido cioè per il territorio di uno o più Stati membri ma non per tutti, e infine “visto di transito Cfr. l’art.2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012. 69 In realtà valido solo nell’area Schengen, porzione del territorio degli Stati Schengen. Con quest’ultima espressione di indicano i Paesi membri dell’Unione Europea e non che cooperano nel quadro definito dall’acquis di Schengen. Invece di “Stati Schengen” verrà utilizzata più avanti la dicitura “Stati membri” nonostante la possibile ambiguità perché la non partecipazione alla cooperazione di Schengen da parte di Stati membri dell’Unione e la partecipazione ad essa di Paesi non membri dell’Unione possono essere considerate le eccezioni. 68 www.koreuropa.eu
  • 30. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna aeroportuale”70, valido solo per il transito nelle zone internazionali di uno o più aeroporti degli Stati Schengen e che non prevede il passaggio attraverso i controlli della frontiera esterna e l’ingresso nell’area Schengen. La nozione di visto Schengen uniforme individua solamente un sottoinsieme della più ampia casistica di visti che permettono l’ingresso sul territorio dell’Unione Europea. Per “visto adesivo” il legislatore europeo indica il formato uniforme per i visti quale definito dal regolamento n. 1683 del 1995 che istituisce un modello uniforme per i visti71. Il regolamento è stato adottato dal Consiglio, in seguito alla proposta della Commissione e visto il parere del Parlamento europeo, sulla base giuridica dell’articolo 100 C del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tale modello uniforme può essere utilizzato dagli Stati Schengen sia per il rilascio del cosiddetto visto Schengen uniforme72 e di visti di transito73 e di transito aeroportuale74, sia per altri fini diversi75, ad indicare tutti i casi di visti di ingresso nazionali di lunga durata superiori a novanta giorni, rilasciati secondo le disposizioni dei singoli Paesi76. Il visto adesivo, che già secondo il modello previsto nel 1995 conteneva elementi che ne impedissero la falsificazione, è stato modificato a più riprese per ragioni pratiche di sicurezza. Tra le modifiche più importanti rispetto alla prima versione del visto uniforme è opportuno menzionare l’introduzione nel 2002 di una fotografia del richiedente rispondente ad elevati Cfr. l’art. 3 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 71 Per approfondire vedi: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31995R1683:IT:NOT e i collegamenti ivi disponibili. L’ultima versione consolidata del regolamento è disponibile alla pagina internet: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1995R1683:20080922:IT:PDF. 72 Visto tipo C: per l’ingresso e il soggiorno di breve durata, fino a 90 giorni, con uno o più ingressi. Cfr. anche art. 62 par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea. 73 Vistotipo B: transito, è stato abolito di seguito all’entrata in vigore del Regolamento ( UE) n. 265/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 marzo 2010. Nei casi di transito viene rilasciato ora visto di tipo C. 74 Visto tipo A: transito aeroportuale. 75 Cfr. art. 7 del regolamento n.1683/95 del Consiglio, relativo al caso di rilascio di visto nazionale, cioè visto tipo D, che individua tutti i casidi ingresso e di soggiorno di lunga durata superiori a 90 giorni e l’esercizio del diritto di libera circolazione nei Paesi Schengen diversi da quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi, nei limiti definiti dal legislatore europeo. Il modello è utilizzato anche da Regno Unito e Irlanda che partecipano solo ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen e da Cipro, Bulgaria e Romania che non sono ancora membri a tutti gli effetti della cooperazione di Schengen. 76 Anche i visti nazionali D di lunga durata permettono l’esercizio del diritto di libera circolazione negli altri Paesi Schengen, oltre a quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi, nei limiti definiti dal legislatore europeo. Cfr. al proposito il regolamento n. 265 del 2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 marzo 2010 che modifica la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e il regolamento n. 562 del 2006 per quanto riguarda la circolazione dei titolari di visto per soggiorni di lunga durata. 70 www.koreuropa.eu
  • 31. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna requisiti di sicurezza al fine di mettere in relazione univoca l’etichetta del visto all’identità del titolare del documento di viaggio. Il visto uniforme non è un’entità unica. Secondo il criterio del numero di ingressi, esso può essere classificato in visto uniforme a uno, due o molteplici ingressi77, in quest’ultimo caso può avere un periodo di validità massimo di cinque anni 78 e può essere rilasciato al fine di ridurre gli oneri amministrativi dei consolati degli Stati membri e agevolare lo spostamento rapido di chi viaggia frequentemente o regolarmente. Il visto uniforme prevede il pagamento da parte dei richiedenti79 di diritti pari a 60 euro, indipendentemente dalla nazionalità e dal Paese membro di destinazione, salvi i casi particolari di minori tra i sei e i dodici anni per i quali i diritti per i visti ammontano a 35 euro, di minori di sei anni, studenti e familiari di cittadini europei80 ai quali viene rilasciato gratuitamente o in tutti gli altri casi stabiliti dal legislatore, in sede di Cooperazione locale Schengen oppure in virtù di accordi di facilitazione tra l’Unione ed un Paese terzo. Secondo il criterio della finalità del viaggio, i visti uniformi possono essere classificati in maniera non esaustiva in visti rilasciati per motivi di affari, di studio o di formazione, per viaggi turistici o privati, per manifestazioni politiche, scientifiche, culturali, sportive, religiose o per altre ragioni, per viaggi di membri di delegazioni ufficiali che, su invito ufficiale indirizzato al governo del paese terzo interessato, partecipano a riunioni, consultazioni, negoziati o programmi di scambio ovvero a eventi organizzati nel territorio di uno Stato membro da organizzazioni intergovernative o, infine, per viaggi per motivi di salute81. Si può notare da questo breve excursus sulle tipologie di visto che la nozione stessa di visto è estremamente complessa. Le categorie sono state definite dal legislatore europeo per Cfr. l’art. 24, par. 1 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 78 Cfr. l’art. 24, par. 1 e 2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 79 Cfr. l’art. 16 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 cheistituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 80 Cfr. anche l’art. 5 della Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. 81 Cfr. il regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), in particolare l’Allegato II relativo all’elenco non esaustivo di documenti giustificativi per le finalità del viaggio. 77 www.koreuropa.eu
  • 32. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna individuare e classificare in modo stabile e univoco le mobilità dei cittadini di Paesi terzi. Virtualmente possono esistere tante tipologie quanti sono gli individui in movimento82. Oltre alle tipologie pure individuate dal legislatore (affari, turismo ecc.), le mobilità possono essere multiple e dislocarsi sul territorio di più Stati Schengen: un individuo richiedente il visto può recarsi in un Paese europeo per visitare ad esempio partner commerciali, cogliendo allo stesso tempo l’occasione per incontrare alcuni amici in un contesto territoriale diverso in un altro Stato, visitare alcune città famose e, data la disponibilità di strutture in una determinata località di un terzo Stato dell’area Schengen, sottoporsi ad un breve ciclo di cure termali. Questa eventualità di mobilità complesse ha stimolato il legislatore europeo ha introdurre per necessità pratiche due ulteriori concetti, quelli di “scopo principale del viaggio” e di “competenza per l’esame della domanda di visto”83. Esistono altre disposizioni pratiche definite dal legislatore al fine di introdurre margini di flessibilità nel caso di variazioni del piano di viaggio dovute ad eventi non prevedibili al momento della presentazione della domanda di visto: in tali termini andrebbe letta, per esempio, la previsione dell’aggiunta di una franchigia supplementare di quindici giorni al periodo di validità del visto84. Il visto, in quanto strumento tecnico in forma di vignetta applicabile ad un titolo di viaggio, è diventato il mezzo privilegiato per effettuare il controllo in anticipo degli stranieri prima che essi intraprendano il viaggio per arrivare alla frontiera esterna. Esso rappresenta una condizione necessaria per l’accesso all’area Schengen, in base alla cittadinanza, per tutti i cittadini dei Paesi terzi per cui l’Unione definisce l’obbligo di essere in possesso di un visto valido all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne85. Ciò non significa che alla frontiera esterna non vengano effettuati controlli: il visto non rappresenta un diritto di ingresso sul territorio, il rifiuto all’ingresso è possibile anche se il cittadino straniero è in 82 Per approfondire cfr. Capitolo 1.1.3 della presente tesi. Cfr. le disposizioni del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) e del regolamento n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS). 84 Cfr. art. 24del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 85 Cfr. il regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo, e successive modifiche. 83 www.koreuropa.eu