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Capitolo quarto
LA RICERCA-AZIONE: ORIENTAMENTI E STRUMENTI
4.1 – I focus delle ricerca
Come già detto nell’introduzione, il lavoro di tesi intende presentare le pratiche e
gli strumenti progettati ed applicati dal 1999 al 2012, anni in cui ho rivestito il ruolo
di progettista-coordinatore e di responsabile per l’attività di analisi qualitativa e
valutazione di processo nell’ambito delle attività di sperimentazione dell’Autonomia
scolastica, del Programma Operativo Nazionale 2000/2006 e 2007/2013 e del
Programma Operativo Regionale Campania 2009/2011.
Un’attività di ricerca e di sperimentazione continua che si è orientata e costruita
intorno alla consapevolezza che le azioni di valutazione esterna e di autovalutazione
non possono e non devono connotarsi “tecnicamente” per indagare prioritariamente i
fattori generali di processo e gli esiti delle azioni formative, ma dovrebbero avere
come punto di riferimento cardine lo “scenario complessivo” delineato dalla teoria e
dalla ricerca pedagogica e lo “scenario di contesto” definito dall’attività di
progettazione, verifica e riprogettazione elaborata da ogni singola istituzione
scolastica.
Solo in questo modo, a partire dalla verifica dei livelli di “vicinanza” e/o
“distanza” dallo scenario complessivo, sarebbe possibile definire non solo dei
parametri di riferimento per valutare la qualità dell’offerta formativa, ma anche piste
di miglioramento credibili.
Una ricerca azione che si è delineata ed affinata nel tempo mediante la
progettazione ed il coordinamento di una serie di esperienze finalizzate
all’innovazione delle prassi didattiche rispetto ad un nucleo di 3 focus tematici che
204
racchiudono 6 aree di ricerca scaturite dall’introduzione dell’autonomia scolastica1
:
1) la sperimentazione e l’innovazione metodologica e didattica, con particolare
riferimento alla incidenza del fattore tempo e dei processi comunicativi sulla qualità
della didattica; 2) la progettazione, la valutazione e la documentazione del Piano
dell’Offerta Formativa; 3) il coinvolgimento degli stakeholder sia nella fase di
progettazione sia nella fase di valutazione del POF; 4) l’arricchimento dell’offerta
formativa e la progettazione della quota oraria destinata al curricolo locale; 5) la
valutazione delle competenze degli allievi in ottica formativa; 6) la valorizzazione
delle competenze extrascolastiche, l’analisi qualitativa e la valutazione di processo
nell’ambito dei progetti PON e POR – Campania.
Non sembra superfluo, già in questa fase, evidenziare che se si ricompone
l’insieme delle aree di indagine in un quadro organico è possibile riscontrarne la
corrispondenza con le finalità e le caratteristiche del bilancio sociale.
Per quanto concerne la sperimentazione e l’innovazione metodologica e didattica,
filo conduttore dell’intera attività di ricerca azione, le principali domande che hanno
orientato l’attività sono state le seguenti: a) «In che modo è possible migliorare la
qualità dell’offerta formativa rispetto alle emergenze educative generali e di
contesto?» b) «come tradurre le opzioni teoriche in pratiche ordinarie e renderle
trasparenti in modo da evidenziare il valore educativo aggiunto di “questa” scuola
rispetto alle altre?» c) «quali strumenti utilizzare per garantire l’efficacia del
metodo utilizzato, ovvero tenere sotto costante controllo il nesso teoria-prassi-
teoria?» d) «quali riflessioni riservare al fattore tempo e quali strumenti utilizzare
per monitorare la qualità dei tempi nella didattica?» e) «qual è il ruolo della
1
Legge 15 marzo 1997, n.59 concernente la delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti
alle regioni e agli enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa; DPR 8 marzo 1999, n. 275, recante norme in materia di autonomia delle istituzioni
scolastiche.
205
comunicazione nei processi di apprendimento? Come favorire e documentare i
processi comunicativi?»
In riferimento alla progettazione, la valutazione e la documentazione del Piano
dell’Offerta Formativa, ci si è posti le seguenti domande: a) «come è possibile
definire un’ipotesi di Piano che sia coerente con le finalità del processo di
autonomia scolastica?» b) «quali strategie e quali strumenti è possibile utilizzare
per coinvolgere gli attori sociali nella progettazione e nella valutazione del POF?»
c) «quali strategie e strumenti utilizzare per documentare le attività realizzate?»; d)
«come strutturare l’attività di verifica e valutazione del POF?»
La problematica relativa al coinvolgimento degli stakeholder, ha fatto scaturire le
seguenti domande: a) «come stimolare la predisposizione del piano dell’Offerta
Formativa territoriale?» b) «come coinvolgere l’ente locale nella progettazione del
POF?» c) «come rendere trasparente e comprensibile l’offerta formativa?» d) «a
quali livelli e come coinvolgere genitori ed alunni nella progettazione e valutazione
del POF?» e) «come ampliare le aree di partecipazione e di scelta consapevole da
parte degli stakeholder locali?»
Rispetto al tema dell’arricchimento dell’offerta formativa e la progettazione della
quota oraria destinata al curricolo locale, l’azione è stata orientata dalle seguenti
istanze: a) «in che modo è possibile coniugare il concetto di centralità del soggetto
che apprende con il recupero/potenziamento delle competenze di base e con
l’orientamento professionale?» b) «come potenziare le competenze orientative?» c)
«quali forme flessibili di apprendimento che colleghino sistematicamente la
formazione in aula con l’esperienza pratica?» d) «come correlare l’offerta formativa
scolastica allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio?»
Le problematiche inerenti la valutazione delle competenze degli allievi in ottica
formativa, invece, hanno stimolato i seguenti quesiti: a) «in che modo rendere
206
evidente e tracciabile la connessione tra l’attività di progettazione curricolare e la
valutazione degli allievi in ottica formativa?» b) «in che modo è possibile definire un
curricolo orizzontale e verticale condiviso?» c) «quali procedure e strumenti
utilizzare per rendere più oggettiva e trasparente possibile la valutazione degli
alunni?» d) «in che modo è possibile monitorare i processi di valutazione e
stimolare la riflessione sugli esiti conseguiti?»
Infine per quanto concerne la valorizzazione delle competenze extrascolastiche,
l’analisi qualitativa e la valutazione di processo nell’ambito dei progetti PON e POR
– Campania, l’attività di ricerca azione si è sviluppata intorno ad un unico grande
quesito: a) «come è possibile strutturare processi di analisi dei bisogni2
, di selezione
di risorse professionali esterne, di valutazione qualitativa e di processo nell’ottica
del Piano integrato d’istituto3
e della valorizzazione degli esiti delle esperienze
extrascolastiche in ambito curricolare4
?»
A partire da questi nuclei problematici sono state avviate esperienze di ricerca
azione5
con gruppi diversi di docenti e di scuole raggruppate anche in reti verticali,
mediante un processo di coordinamento e valutazione delle attività progettuali che ha
portato alla elaborazione di metodologie di lavoro, strumenti di indagine,
rappresentazione grafica e analisi idonei a fornire alle istituzioni scolastiche gli
elementi necessari alla “riflessione pedagogica e didattica” in relazione alle
procedure e agli esiti degli interventi messi in atto.
2
Per analisi dei bisogni si intende l’attività di individuazione delle esigenze formative derivanti sia dalle
caratteristiche del contesto sociale in cui opera un’istituzione scolastica (condizioni esterne) sia quelle
relative agli esiti dei processi di apprendimento (condizioni interne).
3
Il concetto di Piano integrato d’istituto è stato introdotto dalla programmazione PON 2007/2013,
laddove si prevede il superamento della logica aggiuntiva delle attività extrascolastiche, in ragione di una
visione organica degli interventi formativi che ciascuna istituzione scolastica mette in atto.
4
Sempre nell’ottica del Piano integrato, è prevista l’attivazione dei consigli di classe, a cui devono
partecipare anche gli esperti esterni, per la definizione delle metodologie e degli strumenti idonei alla
valorizzazione delle esperienze e alla certificazione delle competenze acquisite in ambito extrascolastico,
mediante forme di raccordo disciplinare e di certificazione ufficiale nella scheda di valutazione.
5
Oltre alle esperienze citate nel presente lavoro, altre iniziative sono state condotte nell’ambito dei
progetti Aree a Rischio, Scuole Aperte Nazionale, S.P.O.R.A. (Sperimentare, Orientare, Accogliere),
Heliantus (educazione ambientale).
207
Metodologie di lavoro e strumenti che a differenza dei modelli ufficiali
standardizzati, sembrano essere più idonei a cogliere l’ineludibile interconnessione
esistente tra teoria e pratica, tra programmazione e valutazione e tra la stessa e
l’individualizzazione/personalizzazione dei processi di insegnamento/apprendimento.
Da questa prospettiva di ricerca è stato possibile individuare non solo i livelli di
coerenza/incoerenza formale con le norme generali (leggi, regolamenti, ecc..) con le
scelte operate in fase di progettazione, ma soprattutto i livelli di coerenza della
“progettazione”dell’impianto metodologico complessivo e della “programmazione”
delle attività didattiche; dei criteri di verifica e di valutazione ipotizzati e realizzati;
dei livelli di adeguamento dell’offerta formativa alle reali esigenze di contesto; dei
livelli di corrispondenza e gradimento delle attività mediante l’analisi dei contratti
formativi6
; infine i livelli di riflessività individuali e collettivi generatisi o meno a
seguito delle azioni di formazione rivolte al personale scolastico, nel primo caso, e
delle analisi valutative interne ed esterne, nel secondo.
Un’attività di ricerca e di sperimentazione che è risultata ancora più significativa a
partire dall’introduzione del Piano Integrato degli Interventi (PON 2007/2013), che
richiede una progettazione non più intesa in un’ottica aggiuntiva rispetto alle attività
curriculari e al Piano dell’Offerta Formativa, ma integrata7
ed in quanto tale,
generatrice di specifiche ricadute sul piano dello sviluppo integrale del soggetto che
apprende e sul piano specifico degli apprendimenti curriculari.
4.2 La qualità del tempo e gli esiti dell’azione didattica
La principale istanza posta dal processo di sperimentazione dell’autonomia
scolastica introdotto dalla Legge 440/97, doveva essere la ricerca e la definizione di
6
Nelle esperienze condotte, la stipula dei contratti formativi, previsti dalla Carta dei servizi della scuola,
non si limita alla predisposizione di un modello d’istituto ma riguarda i singoli gruppo-classe con
maggiore incidenza sui livelli di trasparenza delle scelte e delle metodologie e di conseguenza di
consapevolezza e condivisione di alunni e genitori.
7
Vedi nota 3.
208
nuove strategie metodologiche, organizzative e didattiche in grado di rendere il
sistema formativo più rispettoso della personalità in evoluzione dei giovani in linea
con gli standard europei per livello culturale e qualità, aggiornato nei programmi e
nelle metodologie di insegnamento.
Anche rispetto alla progettazione generale si chiariva che essa non poteva
limitarsi unicamente alla ricerca di soluzioni organizzative, ma privilegiare la qualità
didattica dell'innovazione. Così, anche, in riferimento alla flessibilità dell'orario e
alla diversa articolazione della durata della lezione, aspetti eminentemente
organizzativi, veniva puntualizzato che essi dovevano essere comunque realizzati per
finalità didattiche e nel rispetto dei ritmi di apprendimento degli alunni.
Risultava chiaro già da allora che la piena realizzazione dell’autonomia scolastica
sarebbe avvenuta solo attraverso processi di ricerca azione finalizzata alla
definizione e messa in atto di un cambiamento sostanziale del modo di fare pratica
didattica8
.
E al centro di questo processo di rinnovamento, mirato al rispetto dei modi e dei
tempi di apprendimento degli alunni, viene di fatto collocata la problematica della
dimensione temporale nella didattica, in quanto si stimola in modo ancora più
efficace la riflessione sul passaggio dal modello comunicativo “unidirezionale”
caratterizzante il modello tradizionale/trasmissivo centrato sul docente e sul
programma, a quello “circolare” centrato sui bisogni, sugli stili di apprendimento
8
Bisognerebbe però chiedersi, a distanza di ben 15 anni, se mai tale indicazione normativa sia stata
rispettata, in virtù di quanto precedentemente detto sul fenomeno del tradizionalismo didattico; quali
siano state le azioni intraprese a livello nazionale e locale rispetto a tali evidenze negative, testimoniate
anche dagli esiti deludenti delle indagini internazionali e soprattutto, se e come bisognerà rivedere ruolo
e funzione del Dirigente scolastico che ha il compito e la responsabilità di promuovere e sostenere i
processi di ricerca e innovazione e di garantire scelte orientate dal principio delle tre “E”: Efficienza,
Efficacia, Economicità. Anche in questo caso, secondo chi scrive, occorrerà mettere in atto azioni di
indagine, supporto in azione e verifica in situazione, orientate dal costante rapporto teoria-prassi-teoria
per ciascun indicatore di qualità a cui poter ricondurre la positività o meno dell’azione dirigenziale. Al
contrario continuerà a consolidarsi un modello operativo in cui è normale rispondere alle innovazioni
normative solo mediante aggiustamenti formali e burocratici.
209
degli allievi e sulle continue e sistematiche azioni di ricalibrazione degli interventi
didattici.
Un modello in cui, necessariamente bisogna riservare particolare attenzione alle
dinamiche relazionali per garantire l’attivazione di un efficace processo di
comunicazione.
Il tema della gestione dei tempi nella didattica, diviene allora fondamentale in
quanto la mediazione didattica deve consentire lo sviluppo delle competenze relative
alla soluzione di problemi, alla loro comprensione, discussione, valutazione e a
risolverli attraverso la riflessione, il ragionamento argomentato, la comunicazione
dialogica con gli altri.
Tutto ciò richiede tempi distesi e metodologie appropriate rispetto ad un tempo
tradizionalmente gestito, scandito rigidamente secondo la logica della passiva
subordinazione allo svolgimento quantitativo dei programmi ministeriali: un tempo
senza soste, in cui le ore per le "spiegazioni" e le “esercitazioni” si alternano alle ore
per le "interrogazioni e/o verifiche" in una dimensione di sostanziale
superficializzazione degli eventi didattici ed educativi, che, a volte, si realizzano in
modo impoverito.
Nella didattica tradizionale, infatti, la gestione del tempo risulta omologa ad una
prassi di insegnamento che relega l'autentica esperienza di apprendimento, le
dinamiche cognitive ed emotive che la sottendono, negli angoli marginali e
subalterni della vita scolastica9
.
Si configura un'asimmetria tra i tempi didattici attuali e i tempi reali richiesti dalle
esperienze di apprendimento degli allievi.
Il tempo della didattica, per essere connotato dal punto di vista qualitativo, non
può più riferirsi ad un modello di gestione del tempo che neutralizza e sterilizza la
9
Fabbroni F. (2007), Manuale di didattica generale, Laterza, Bari.
210
vitalità delle occasioni di apprendimento, nella misura in cui le depriva della
partecipazione personale, della ricchezza dell'esperienza collettiva del confronto,
della discussione, della ricerca, della comunicazione.
Deve essere un tempo disteso e flessibile che consente di riflettere, di pensare, di
imparare a ragionare, a valutare e a scegliere con responsabilità, la tensione alla
problematizzazione e che difficilmente può realizzarsi al di fuori di un contesto
relazionale, in cui si renda possibile uno scambio comunicativo, che coinvolge tanto
elementi cognitivi quanto affettivi e sociali .
Nella relazione educativa deve essere concesso “il tempo giusto” affinché si renda
possibile una comunicazione intersoggettiva dialogica, in cui ciascun allievo faccia
l'esperienza della definizione delle proprie idee attraverso il confronto con gli altri e
il controllo della discussione razionale.
Non bisogna sottovalutare, infine, che ad uno stile didattico isolante10
, che si
coniuga con una svalutazione di fatto dei processi di rielaborazione-ricostruzione
personale e di gruppo delle informazioni apprese in classe da parte degli allievi,
corrisponde solitamente una condotta individualistica dei docenti nella
programmazione e nella conduzione dell'attività didattica nelle singole classi.
Le forme di collegialità divengono spesso prive di reale contenuto, riti alquanto
superficiali e burocratici, in cui le singole esperienze dei docenti difficilmente si
incontrano e si confrontano su problemi didattici di sostanziale importanza.
Da questa prospettiva, la ricerca azione si è orientata verso: a) lo studio e la
condivisione della normativa di riferimento e delle implicazioni a livello di prassi
didattica; b) la conoscenza degli approcci teorici di riferimento; c) la progettazione
degli interventi; d) la progettazione e la validazione di strumenti idonei a monitorare
i tempi destinati alle “interazioni” comunicative e le metodologie utilizzate; d) la
10
Ibidem
211
progettazione e la validazione di strumenti idonei a monitorare i livelli di
informazione, interesse e gradimento delle azioni didattiche da parte dei genitori
degli alunni.
4.3 La verifica dei livelli di congruenza tra impostazioni teoriche e
metodologiche
Il tema della verifica dei livelli di congruenza tra le impostazioni teoriche e
metodologiche scelte dalle istituzioni scolastiche e le prassi didattiche ed
organizzative realmente applicate trova origine nella consapevolezza che il tema
della qualità dell’offerta formativa si gioca sul terreno della correttezza e coerenza
con i modelli formativi scelti ed esplicitati nel POF dalle stesse istituzioni11
.
Infatti, come già detto in precedenza, il POF, dovrebbe essere lo strumento di
governance partecipata e dovrebbe rappresentare la cornice strategica per mobilitare
le risorse della scuola e del territorio, all’interno della quale monitorare e valutare i
risultati conseguiti12
.
In realtà numerose ricerche13
hanno dimostrato che il divario tra quadro normativo
e realtà operativa delle scuole è però molto forte, individuando almeno tre limiti
principali: a) è stato evidenziato che il POF contiene affermazioni importanti e molto
impegnative per la scuola, ma proprio perché comuni a tutte le scuole, di scarsa
11
L’elaborazione del Piano dell’offerta formativa (POF), prevede, innanzitutto, l’analisi del contesto in
cui l’istituzione scolastica opera. Dagli esiti dell’analisi dovrebbe scaturire la scelta di un modello teorico-
operativo a cui fare riferimento e il confronto costante con le riflessioni maturate nel corso dell’esperienza
formativa, verificando di volta in volta la consistenza e la validità del modello stesso, nonché la sua
applicabilità alla situazione specifica. La scelta del modello e la definizione delle condizioni operative è
un’operazione complessa che dovrebbe tener conto di diverse variabili interagenti: a) il sistema di principi
e valori ispiratori della prassi professionale (rispetto della persona umana, personalizzazione,
autodeterminazione, comunicazione, fiducia nel cambiamento, uguaglianza delle opportunità); b) le teorie
delle scienze sociali, sia per gli orientamenti generali, sia per le indicazioni sugli strumenti da utilizzare
nel concreto nell’operatività; d) la teorizzazione della prassi (processo metodologico, strumenti, tecniche),
che consiste in tutte quelle attività di riflessione attraverso cui, a partire dall’uso concreto di specifici
metodi e tecniche di lavoro, si arriva a formulare generalizzazioni e teorie della pratica del servizio
educativo; e) il contesto entro il quale la scuola esplica la sua azione in risposta allo specifico mandato
istituzionale.
12
 Paletta A. (2007), Il bilancio sociale nella scuola dell'autonomia,ISEDI, Torino. 
13
Si fa riferimento in particolare: alle ricerche della Luiss (a cura di) (2002 e 2003), Rapporto sulla
scuola dell’autonomia, Roma, Armando; alle rilevazioni di sistema effettuate dall’ Invalsi (2004),
Rilevazione sulle attività svolte dalle istituzioni scolastiche, Rapporto di ricerca valutativa. Questionario
Parte II (compilato da 6794 scuole di ogni ordine e grado).
212
significatività per coglierne “il carattere” specifico, l’idea condivisa di capitale
umano e le attese e contributi attesi dagli specifici stakeholder di riferimento per
realizzarla. Di conseguenza, senza una chiara e condivisa “identificazione
istituzionale”, il POF si trasforma in un lungo elenco di obiettivi spesso in
contraddizione tra loro o comunque difficilmente perseguibili all’interno di un
quadro di risorse stringente che, per contro, richiederebbe una precisa identificazione
delle priorità14
; b) è emersa chiara una certa vocazione “artigianale” delle scuole
italiane nella predisposizione dei sistemi di monitoraggio e autovalutazione: si
preferisce la costruzione interna degli strumenti che però trovano scarso riferimento
nelle diverse metodologie e forme strutturate di misurazione suggerite in letteratura;
c) emerge con estrema chiarezza che se da un lato è possibile riscontrare percentuali
elevatissime di attività di monitoraggio dei livelli di gradimento degli stakeholder e
dei bisogni formativi, dall’altro non è possibile non constatare che, nella stragrande
maggioranza dei casi, la comunicazione delle scuole si riduce a colloqui con gli
studenti e le famiglie.
Partendo dalla consapevolezza di tali criticità la ricerca azione si è orientata verso
due aree di indagine: a) la verifica dei livelli di congruenza interna delle scelte
operate per apportare i correttivi necessari; b) la definizione di strategie e strumenti
finalizzati a stimolare la riflessione e la “declinazione operativa” dei principi cardine
discendenti dall’elaborazione teorica complessa (la dialogicità, lo sviluppo integrato,
la transdisciplinarietà, la flessibilità della progettazione formativa,
l’individualizzazione/personalizzazione, la didattica partecipativa/laboratoriale, la
valutazione e l’autovalutazione, la riflessività)15
.
14
De Anna F. (2005), Autonomia scolastica e rendicontazione sociale. Dal POF al Bilancio sociale,
Franco Angeli, Milano.
15
Tutti elementi ampiamente ripresi ed evidenziati anche nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo
della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, 2012
213
L’obiettivo fondamentale, in questa area della ricerca, è stato quello di
contribuire a definire un modello non solo di analisi della qualità dell’offerta
formativa ma soprattutto di proporre piste di ricerca teorico-operative idonee alla
definizione di Piani dell’offerta formativa di qualità basati sul rigore scientifico e
metodologico.
Da questa prospettiva, infatti, non è più possibile riservare analisi frettolose e
superficiali alla verifica dei livelli di applicazione dei modelli scelti e alla coerenza
interna degli obiettivi, delle azioni messe in atto e degli esiti conseguiti.
Non tanto per certificare carenze o eccellenze ma per garantire il costante
incremento del sapere professionale mediante la pratica riflessiva secondo il nesso:
prassi-teoria-prassi, teoria-prassi-teoria.
Al contrario, si tratta di tener ben presenti e valorizzare le tre funzioni che i
modelli svolgono: 1) la funzione euristica e orientativa della prassi, permettendo di
guidare l’analisi della realtà e l’operatività di chi in essa agisce; 2) la funzione
interpretativa, permettendo di costruire gli indicatori di verifica dei risultati
conseguiti in relazione agli obiettivi posti a fondamento dell’azione;3) la funzione
esplicativa della realtà stessa, permettendo di costruire la teoria a partire
dall’osservazione della realtà16
.
Lungo questo orizzonte di senso, la ricerca azione è stata finalizzata a: a)
stimolare l’approfondimento degli approcci teorico-pratici di riferimento; b)
l’elaborazione di matrici progettuali ed operative coerenti con i modelli prescelti; c)
la progettazione e la validazione di strumenti di analisi qualitativa e valutazione di
processo idonei a monitorare i livelli di applicazione, coerenza ed efficacia delle
procedure messe in atto.
16
Dal Pra Ponticelli M. (1985), I modelli teorici di servizio sociale, Astrolabio Ubaldini, Roma. 
214
4.4 La documentazione di processo nell’ottica dell’offerta formativa integrata
La centralità dei processi di documentazione per la promozione della cultura della
qualità dell’offerta formativa è stata riconosciuta a diversi livelli e non ultimo dal IV
protocollo d’intesa tra il MIUR e la Confindustria17
del 24/07/2002 e dalle successive
Linee guida “Per una scuola di qualità”.
In coerenza con gli assunti teorici e metodologici di riferimento fin qui descritti,
nelle Linee guida si puntualizza che la cultura della qualità, attraverso la ricerca e la
sperimentazione di modelli di progettazione integrata, costituisce un sostegno
irrinunciabile al governo di un sistema formativo integrato che interagisce con
l'esterno.
Si evidenzia, inoltre, che è attraverso la pianificazione formalizzata in funzione di
chiari obiettivi formativi, la gestione controllata delle unità di apprendimento, la
verifica e la valutazione delle competenze acquisite dagli allievi, delle attività e delle
scelte strategiche e organizzative, si garantisce che ogni singola attività concorra al
conseguimento degli obiettivi; che per la costruzione delle Unità di Apprendimento
17
Con il protocollo il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e la Confindustria si
impegnano a promuovere, sostenere e sviluppare iniziative di consultazione permanente sui problemi
relativi al miglioramento dei livelli qualitativi del sistema di istruzione e formazione allo scopo di mettere
i giovani nelle condizioni di essere protagonisti consapevoli del loro progetto di vita e di sviluppo. A tal
fine nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, ricercano e sperimentano, d'intesa, modelli che favoriscano il
loro raccordo permanente con l'obiettivo di potenziare l'autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e di
sviluppo della scuola e dell'università, nella dimensione nazionale, locale ed europea. Nell'ambito delle
finalità di collaborazione si concorda di dare priorità alle seguenti tematiche ed aree di intervento: la
qualità del servizio scolastico; le azioni di supporto all'autonomia delle istituzioni scolastiche statali e
paritarie; l'orientamento scolastico, pre e post-universitario; l'innovazione del sistema scolastico ed
universitario, con particolare riguardo agli ordinamenti del settore scientifico e tecnico; l'educazione
permanente degli adulti, ed in particolare la formazione continua e ricorrente dei lavoratori; l'Istruzione e
Formazione Tecnica Superiore; l'alternanza scuola-lavoro; la formazione del personale della scuola; la
formazione dei dirigenti dell'amministrazione centrale e periferica; la collaborazione tra scuole, università
e imprese, con particolare riferimento al Mezzogiorno; lo sviluppo delle nuove tecnologie educative a
distanza; la valorizzazione delle scuole paritarie e delle Università non statali legalmente riconosciute; la
partecipazione ai programmi comunitari.
215
sono rilevanti la ricerca, la progettazione e la sperimentazione di percorsi che
presentino coerenza tra obiettivi, attività, strategie organizzative e risultati.
Si sottolinea pertanto, il ruolo strategico della documentazione che permette di
formalizzare chi fa - che cosa - quando, di stabilire cioè le responsabilità per ogni
attività, la sequenza rigorosa delle operazioni, i controlli e le misurazioni necessari.
Solo il controllo continuo delle attività garantisce la conformità del processo ai
requisiti fissati in fase progettuale, il raggiungimento degli obiettivi, l'andamento e i
risultati del processo stesso: diviene, dunque, strumento per la garanzia del
soddisfacimento dei requisiti che caratterizzano l'offerta formativa di ogni singola
istituzione.
La documentazione consente, inoltre, la riproducibilità del processo secondo le
modalità fissate e indipendentemente dalla figura dell'operatore, permettendo la
valorizzazione del patrimonio di esperienze realizzate, con conseguente
implementazione e diffusione delle buone pratiche, a vantaggio dello sviluppo e della
competitività dell'intero sistema di istruzione e formazione.
La raccolta sistematica ed organizzata di materiale documentale garantisce,
peraltro, la trasparenza e sostiene la comunicazione, il confronto e la collaborazione
in una dimensione locale, nazionale, europea. Nella consapevolezza di tale ruolo
strategico, la ricerca azione si è orientata verso: a) la condivisione di matrici comuni
di progettazione, monitoraggio e valutazione; b) la progettazione di protocolli di
archiviazione e pubblicazione dei materiali prodotti; c) la progettazione e diffusione
di materiale informativo; d) la progettazione, implementazione e pubblicazione del
materiale inerente l’attività valutativa ad ampio raggio; d) la progettazione e
l’implementazione di pagine web ad accesso libero.
216
4.5 Campi d’indagine, strumenti ed acquisizioni realizzate nell’ambito della
sperimentazione metodologico-didattica
I campi d’indagine della ricerca azione hanno, dunque interessato la
sperimentazione e l’innovazione metodologica e didattica; la progettazione, la
valutazione e la documentazione del Piano dell’Offerta Formativa; il coinvolgimento
degli stakeholder sia nella fase di progettazione sia nella fase di valutazione del
POF; l’arricchimento dell’offerta formativa e la progettazione della quota oraria
destinata al curricolo locale; la valutazione delle competenze degli allievi in ottica
formativa; la valorizzazione delle competenze extrascolastiche, l’analisi qualitativa e
la valutazione di processo nell’ambito dei progetti PON e POR – Campania.
Anche se sviluppati in tempi e contesti diversi, i materiali prodotti contribuiscono
a definire un modello complessivo originale e coerente con le ricerche che si stanno
sviluppando e realizzando a livello internazionale nell’ottica del bilancio sociale.
Metodologie, strumenti di rilevazione e di analisi, di rappresentazione grafica,
pratiche documentali e di sensibilizzazione che si sono affinate nel tempo, fino a
raggiungere la loro espressione più compiuta nell’ambito della programmazione
PON 2007/2013, che ha visto coinvolto l’estensore della tesi in qualità di progettista,
coordinatore e referente per la valutazione in diverse istituzioni scolastiche di Napoli
e provincia.
Un modello che ha mostrato nel tempo di essere in grado di indagare fino in fondo
i processi attivati dalle istituzioni scolastiche, individuando non solo con precisione
le positività e le criticità per ciascuna area di indagine, ma anche offrendo chiari
spunti di riflessione per poter sviluppare strategie alternative in relazione agli esiti di
volta in volta rilevati.
Una profondità che spesso, se non sempre, ha generato atteggiamenti di chiusura e
di rifiuto, anche e soprattutto da parte dei Dirigenti scolastici che, rispetto alle
217
evidenze, hanno mostrato da un lato una certa difficoltà ad accettare i limiti
sostanziali emersi e dall’altra a modificare assetti organizzativi “stabili” e prassi
consolidate.
Atteggiamenti che hanno portato all’interruzione dei processi di analisi e
miglioramento o alla loro burocratizzazione, limitando i livelli di confronto esterno
ed interno e lasciando inalterati gli equilibri organizzativi e le dinamiche decisionali.
Difficoltà e reticenze che trovano giustificazione anche dalla possibilità offerta dai
sistemi “istituzionali”18
non solo di conseguire, comunque, certificazioni di qualità
che servono a mostrare un’immagine positiva della scuola, e quindi dell’operato
della dirigenza, ma che soprattutto, non entrando mai nello specifico dei processi
decisionali e delle pratiche riflessive (a tutti i livelli) non incidono in maniera
significativa sulle “consuetudini” e sulle posizioni “consolidate”, anzi
paradossalmente finiscono per consolidarle e legalizzarle.
Ed è forse proprio questa una delle cause principali del permanere di forme
diffuse di tradizionalismo didattico e degli scarsi livelli di competenza dei giovani
italiani rispetto ai coetanei europei.
Infatti, nonostante il progresso della ricerca teorico-pratica, le innovazioni
normative e lo stanziamento di fondi speciali19
(a livello locale, nazionale ed
europeo) per arginare il fenomeno dell’insuccesso e dell’abbandono scolastico, i
livelli di innovazione prodotti dalle istituzioni scolastiche negli ultimi 30/40 anni
risultano davvero pochi, se non inesistenti.
18
Ci si riferisce alla certificazione che rilasciano i poli qualità, istituiti presso gli USR, a seguito della
realizzazione di protocolli valutativi e a quelle conseguibili partecipando ai progetti CAF for MIUR,
VALES o VSQ, a cui si è fatto ampio riferimento nel capitolo precedente.
19
Come testimoniato dal rapporto del CENSIS (2013) , La crisi sociale del mezzogiorno, all’incremento
esponenziale della spesa pubblica per l’istruzione e la formazione non è corrisposto un incremento dei
livelli di apprendimento e di competenze ed il tasso di abbandono scolastico è al 21,2% rispetto al 16%
del Centro-Nord. Alle scuole della Campania è attualmente concesso di poter accedere
contemporaneamente e per le stesse finalità e, quindi alunni, ai finanziamenti previsti dai PON, dai POR
regionali, dai fondi contrattuali per le Aree a Rischio e da altri progetti promossi da enti locali o nazionali. 
218
Così non ci si meraviglia nemmeno più di tanto se, nonostante la particolare
attenzione prestata ai processi di certificazione della qualità, di valutazione delle
competenze degli allievi e di documentazione delle azioni attivate diffusasi in modo
ancora più evidente negli ultimi anni, risulta particolarmente difficile trovare “buone
prassi” che si siano caratterizzate per scientificità dell’impostazione e delle strategie
di validazione, e che pertanto siano assurte a livelli di interesse nazionale.
In tempi socialmente e tecnologicamente meno favorevoli, invece, la nostra
tradizione didattica, andando oltre il quadro istituzionale rigidamente
regolamentante, è stata capace di far emergere esperienze innovative di altissimo
spessore. Questo dato qualche riflessione più approfondita dovrebbe pur stimolarla.
4.5.1 La metodologia enattiva e la didattica non lineare
L’attività di ricerca azione inizia nel 1997 quando, con il Decreto ministeriale 765
del 27 novembre 199720
, si autorizzavano nel quadro di un programma da realizzare
in ambito nazionale, sperimentazioni volte a promuovere e sostenere i processi di
autonomia delle istituzioni scolastiche.
In quell’anno mi resi promotore di un progetto di sperimentazione metodologico -
didattica dal titolo «Autonomia scolastica: tra innovazione metodologica e
ampliamento dell’offerta formativa»21
.
20
Il decreto stabiliva che in attesa della piena adozione dei regolamenti di cui all'art. 21 della legge 15
marzo 1997, n. 59, venivano autorizzate, nel quadro di un programma da realizzare in ambito nazionale,
sperimentazioni volte a promuovere e sostenere i processi di autonomia delle istituzioni scolastiche sui
seguenti aspetti: adattamento del calendario scolastico; flessibilità dell'orario e diversa articolazione della
durata della lezione nel rispetto del monte ore annuale complessivo previsto per ciascun curriculum e per
ciascuna delle discipline ed attività comprese nei piani di studio, fermi restando la distribuzione
dell'attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto dei complessivi obblighi
annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi; articolazione flessibile del gruppo classe,
delle classi o sezioni, anche nel rispetto del principio dell'integrazione scolastica degli alunni con
handicap; organizzazione di iniziative di recupero e sostegno; attivazione di insegnamenti integrativi
facoltativi; realizzazione di attività organizzate in collaborazione con altre scuole e con soggetti esterni
per l'integrazione della scuola con il territorio; iniziative di orientamento scolastico e professionale.
21
Formulario progetto di sperimentazione, doc. n° 3 in appendice.
219
Il progetto triennale, realizzato in rete tra il 2° Circolo didattico e la Scuola Media
Statale “ Francesco d’Assisi” di Sant’Anastasia, si presentava come “la risultante di
una progettualità operata nella prospettiva di continuità e unitarietà-organicità
dell’offerta formativa «sul» e «per» il territorio”, al fine rivitalizzare la qualità
dell’offerta formativa, di favorire i processi di integrazione dei soggetti portatori di
handicap e di combattere il fenomeno della dispersione scolastica.
Inoltre, nella prospettiva di intervento intenzionale e calibrato in un «unico
progetto formativo», le scuole consorziate si proponevano come «centro di ricerca»
aperto al territorio e come centro di «consulenza didattica», intendendo tale
operazione progettuale come risorsa per la realtà scolastica locale.
Coerentemente con questa impostazione erano stati realizzati protocolli d’intesa22
e stipulate convenzioni con l’Università di Salerno, il W.W.F. Campania, l’
Associazione Interculturale per la lettura “H. Finn”, la Coldiretti di Somma
Vesuviana, il comune di Sant’Anastasia e alcuni artigiani locali.
La progettazione partiva dall’identificazione del problema, individuato nelle
difficoltà riscontrate dagli operatori scolastici nell’affrontare casi di difficoltà di
apprendimento, di difficili interazioni relazionali, di insuccesso scolastico, di
insofferenza verso l’ ambiente scuola e del conseguente senso di frustrazione e di
impotenza che provano allorquando devono prendere atto che la consolidata prassi
didattica, difficilmente offre punti di riferimento specifici per determinare l’
approccio migliore a tali problematiche.
Rispetto a questa palese crisi della prassi didattica giornaliera, il progetto
proponeva di rivolgere l’attenzione verso alcuni studi nel campo della pedagogia e
della didattica moderna, che evidenziavano il contrasto esistente tra insegnamento
22
Modello di protocollo d’intesa, doc. n° 4 in appendice 
220
istituzionale, caratterizzato da astrazione-linearità-formalizzazione, e tipo di
apprendimento spontaneo degli allievi, a prevalente carattere enattivo-non lineare23
.
Il modello di riferimento scelto per sviluppare l’attività di ricerca azione, fu
dunque quello della metodologia enattiva e della didattica non lineare.
Tale modello si è sviluppato a partire dalla consapevolezza che l’apprendimento si
articola sui due livelli della conoscenza (quello di risposta che corrisponde alla logica
del programma; quello legato alle ristrutturazioni interne e all’azione creatrice, che
corrisponde alla logica strategica) e presenta una metodologia che recupera in pieno
la dimensione corporea e la funzione centrale che la comunicazione (intesa come
fattore che contribuisce in modo fondamentale al processo di con-crescita
docente/alunno) occupa nel processo di sviluppo della personalità.
Proprio partendo da questo tipo di orientamenti teorici, si elaborò un’ipotesi
progettuale finalizzata a: 1) integrare le tradizionali tecniche di insegnamento che
tendono di norma a privilegiare il pensiero logico, mediante l’introduzione di
modalità di insegnamento/apprendimento che sfruttando e potenziando le capacità
immaginative ed operative degli alunni, risultassero più adeguate a promuovere il
pieno sviluppo dei processi di conoscenza e di crescita integrata; 2) sperimentare
strumenti idonei a garantire l’ effettiva realizzazione della Continuità educativa e
didattica; 3) realizzare interventi integrativi dell’offerta curricolare orientati a
23
Per la teoria enattiva, la conoscenza è il processo continuo che modella il nostro mondo mediante il
gioco reciproco tra vincoli esterni e l’attività generata internamente. Nella dimensione attuale della
società postmoderna, le origini di questo processo reciproco sono ormai perdute, ma è proprio l’accento
posto sulla “codeterminazione” che distingue il punto di vista enattivo da ogni forma di costruttivismo e
di neo-kantismo biologico. Nella teoria enattiva la cognizione viene, dunque, intesa come “azione
incarnata”: in primo luogo, incarnata, perché dipende dal tipo di esperienza derivante dal possesso di un
corpo con diverse capacità senso-motorie; in secondo luogo perché, tali capacità senso-motorie
individuali sono esse stesse incluse in un contesto biologico, psicologico e culturale più ampio; in
secondo luogo, azione, per evidenziare che nella cognizione vissuta, i processi sensori e motori, la
percezione e l’azione sono fondamentalmente inscindibili. È a questo punto che emergono i significati più
rilevanti dal punto di vista dell’educazione: la cognizione non può essere vista come la risoluzione di
problemi per mezzo delle rappresentazioni, bensì come l’emergenza, la creazione di un mondo. Ciò
significa che essa è azione comune; che essa è azione responsabile. Dunque nella prospettiva enattiva
l’apprendimento è considerato come costruzione di un mondo comune del quale ciascuno è responsabile.
221
garantire la formazione delle abilità di base per l’inserimento nel mondo del lavoro,
in particolare per le professioni di: giornalista, scrittore, artigiano, operatore nel
settore ambientale, operatore informatico; 4) realizzare interventi di formazione
comune; 5) realizzare interventi formativi che richiedono un’interazione continua
con il territorio di appartenenza .
Per concretizzare tali finalità furono previsti e realizzati laboratori multimediali,
ambientali e di scrittura creativa, in orario curricolare, sia perché in essi potevano
essere sviluppate attività applicative ed elaborative di grande efficacia, sia perché
rappresentavano una chiara espressione della volontà di definire elementi concreti di
continuità educativa verticale, che troverà ulteriori sviluppi nella definizione di
curricoli, di prassi e procedure comuni.
Riassumendo, il presupposto teorico di partenza era che al tipo di apprendimento
spontaneo degli allievi, a prevalente carattere enattivo-non lineare, non facesse
riscontro un insegnamento istituzionale adeguato, conservando quest’ ultimo
dominanti caratteristiche di astrazione-linearità-formalizzazione.
La sperimentazione intendeva verificare l’ipotesi se ad un tipo di insegnamento
immersivo-reticolare-enattivo, insieme all’ ampliamento dell’ offerta formativa e una
più funzionale organizzazione dei tempi e degli spazi, corrispondesse un sostanziale
incremento delle capacità di comprensione degli allievi con incidenza maggiore,
rispetto alle attuali pratiche educative, per i soggetti portatori di handicap.
Altri punti di riferimento importante, per l’impianto teorico progettuale, furono
ritenuti l’approccio psico-pedagogico delineato da Carl Rogers24
e le tecniche
24
Esponente di spicco della psicologia umanistica, centra l’educazione sull’impegno personale e la
capacità di iniziativa e auto valutazione dello studente, la congruenza dell’insegnante come persona
genuina e reale, la sua capacità di empatia e di facilitazione del processo di maturazione dei suoi studenti,
la significatività esistenzialmente verificabile dei contenuti proposti, la soluzione democratica e
collaborativa dei problemi. Sul piano didattico tali principi si traducono in sequenze operative coerenti tra
loro e realizzate in modo da avere un andamento processuale organico e sinergico. Corollario di questi
presupposti è che all’educatore spetta il compito di promuovere la realizzazione di un “setting” educativo
222
elaborate da Thomas Gordon25
per l’incremento dell’efficacia delle relazioni e della
comunicazione nel processo di insegnamento - apprendimento.
L’ipotesi di lavoro prevedeva le seguenti fasi di ricerca-azione:
a) 1° anno - Costituzione del gruppo: presentazione del lavoro, formazione del
gruppo, precisazione della meta, training del gruppo;
a.1) la Ricerca: definizione del problema, abitudine agli strumenti della
ricerca, analisi dei dati, ipotesi di azione;
a.2) l’Azione: definizione dell’azione, sviluppo del piano, inizio, attuazione
del piano.
b) 2° anno - Attuazione del piano;
c) 3° anno - Verifica e valutazione dell’azione: verifica dei dati mediante prove
di competenza degli allievi e rilevamento dei progressi; elaborazione di un
ipermedia per narrare l’azione.
Le attività avrebbero coinvolto: le sezioni della Scuola materna - plesso Santa
Caterina da Siena; una I-II-IV Classe - modulo della Scuole Elementare - plesso
Santa Caterina da Siena; due I Classe di Scuola Media Inferiore; una II e III sezione
di scuola materna plesso “A. Sodano”; le classi prime del plesso “A. Sodano”.
Il primo quesito a cui bisognava rispondere, “in che modo è possible migliorare la
qualità dell’offerta formativa rispetto alle emergenze educative generali e di
che faciliti nell’individuo e nei gruppi questa impresa di progressiva autogestione del progetto di
comprendere ed essere se stesso. L’interesse, in tal modo, si sposta dai contenuti e dalle metodologie
didattiche alla qualità della relazione, alla intenzionalità, ai processi di comunicazione e interazione, alla
capacità dell’insegnante di facilitare gli alunni nella soluzione dei loro problemi e di essere congruente e
trasparente nella ricerca di una soluzione ai suoi stessi problemi.
25
T. Gordon, psicologo americano, è famoso per l’invenzione del metodo centrato su due competenze
comunicative fondamentali (l’ascolto attivo e il messaggio-io) e sull’assunto che i conflitti non si possono
risolvere con l’uso di tecniche coercitive, che hanno semplicemente l’effetto di danneggiare
irreparabilmente le relazioni: molto meglio la comunicazione utilizzata nella dovuta maniera. Oltre queste
competenze fondamentali, il metodo Gordon mette in mostra ben 12 barriere alla comunicazione: si tratta
di atteggiamenti che caratterizzano il non ascolto e che in un certo senso limitano il potenziale della
comunicazione. Per questo vanno limitate ed evitate il più possibile:Ordinare, esigere; Minacciare; Fare la
morale; Dare soluzioni già pronte; Persuadere con argomentazioni logiche; Giudicare, disapprovare,
criticare; Fare complimenti e approvare immeritatamente; Umiliare, ridicolizzare; Interpretare, analizzare
i comportamenti altrui; Consolare, minimizzare; Cambiare argomento;Indagare, interrogare.
223
contesto?>>, aveva dunque trovato riscontro nell’attività di studio e
successivamente di condivisione di gruppo e collegiale che aveva individuato come
punto di riferimento l’elaborazione teorico-pratica della metodologia enattiva e
didattica non lineare da un lato, e dall’altro dell’approccio psico-pedagogico di C.
Rogers e di T. Gordon.
Per quanto concerne gli altri quesiti, «come tradurre le opzioni teoriche in
pratiche ordinarie e renderle trasparenti in modo da evidenziare il valore educativo
aggiunto di “questa” scuola rispetto alle altre?» «Quali strumenti utilizzare per
garantire l’efficacia del metodo utilizzato, ovvero tenere sotto costante controllo il
nesso teoria-prassi-teoria?» «Quali riflessioni riservare al fattore tempo e quali
strumenti utilizzare per monitorare la qualità dei tempi nella didattica?» «Qual è il
ruolo della comunicazione nei processi di apprendimento?» «Come favorire e
documentare i processi comunicativi?», la ricerca azione si è concretizzata per un
verso nella progettazione, condivisione e realizzazione di un percorso di formazione
dei docenti sulle tecniche di comunicazione e la qualità dell’intervento educativo,
l’alfabetizzazione informatica e la costruzione di software ipermediali, l’educazione
ambientale26
; per l’altro verso sia promuovendo il cambiamento della didattica in
classe mediante nuove modalità organizzative, l’applicazione sistematica delle
tecniche della comunicazione efficace e la strutturazione di strumenti di raccolta di
dati e di analisi finalizzati alla verifica dei livelli di applicazione delle metodologie
apprese durante la fase di formazione, sia mediante l’attivazione di cinque laboratori
condotti da esperti esterni, (educazione ambientale, lettura e scrittura creativa,
multimediale, psicomotorio e di musicoterapia) individuati come ambienti di
apprendimento in cui il bambino potesse esprimere tutto il potenziale personale e
creativo.
26
 Progetto formazione operatori coinvolti, doc. n° 5 in appendice 
224
Per quanto concerne l’innovazione didattica, il gruppo di ricerca azione, fu
invitato ad individuare forme organizzative e strategie operative, coerenti con
l’ipotesi teorica di partenza e con gli indicatori di qualità dedotti dallo studio della
legge delega sull’autonomia scolastica e dal regolamento attuativo27
.
Nella scuola dell’infanzia l’innovazione doveva essere garantita dalla
predisposizione di angoli di attività (pittura, modellaggio, gioco simbolico, lettura di
immagini) a cui i bambini potevano avere libero accesso e che sarebbero stati
strutturati in modo da stimolare la creatività e la libera esperienza dei bambini.
Le insegnanti avrebbero dovuto svolgere un ruolo più da osservatrici dell’attività
che da “direttrici” delle stesse: la maggiore attenzione al fare libero dei bambini,
avrebbe consentito loro di comprendere meglio i bisogni di crescita di ognuno.
Avrebbero dovuto, inoltre, dedicare maggiore attenzione alle attività motorie e
psicomotorie fondamentali in questa fase dello sviluppo della persona.
Per i bambini di 5 anni erano, infine, previste ore di attività laboratoriali
(multimedialità, educazione ambientale, lettura e scrittura creativa, musicoterapia,
psicomotricità) in piccoli gruppi in modo da poter sviluppare il potenziale personale
di ognuno e offrire nuovi campi di esperienza, ritenuti più stimolanti per lo sviluppo
degli stessi.
Le ore di compresenza delle insegnanti non dovevano più essere destinate alla
sola assistenza mensa, ma soprattutto alle attività per gruppi misti di alunni, della
stessa sezione o di sezione diversa.
Per la scuola elementare, fu previsto l’aumento delle ore di compresenza (2
insegnanti presenti durante le stesse ore), in modo tale da poter dividere il gruppo
classe in 2 sottogruppi in base alla necessità di sviluppo dei bambini.
27
Legge n. 59/97 e D.P.R. n. 275/99
225
Dovevano, inoltre, essere attivate metodologie che comportassero maggiore
possibilità di esperienza diretta da parte degli alunni e soprattutto maggiore
attenzione al modo di essere e di pensare di ogni bambino: doveva essere
incrementato il tempo del dialogo e del confronto ed essere predisposte attività più
rispettose dello sviluppo psicologico in relazione all’età e ai diversi bisogni.
Anche per i bambini della scuola elementare era prevista la fruizione dei
laboratori (multimediale, ambientale, lettura e scrittura creativa, musicoterapia,
psicomotricità) che doveva avvenire sempre con il criterio dei piccoli gruppi: quando
un gruppo era impegnato in laboratorio, l’altro gruppo determinato in base al livello
di sviluppo raggiunto, sarebbe stato impegnato in classe in attività di recupero o
sviluppo; dopo un’ora i gruppi avrebbero invertito le attività.
Le attività di recupero, sarebbero state finalizzate al potenziamento delle abilità
non ancora del tutto acquisite; le attività di sviluppo, all’acquisizione di abilità di
livello superiore.
La stessa impostazione fu prevista anche per la Scuola Media, ma nel caso
specifico, per poter consentire un maggior rispetto dei diversi tempi di
apprendimento si realizzò la modifica dell’orario dei docenti e dei ragazzi in modo
tale da ottenere ore di compresenza (2 insegnanti presenti in classe durante le stesse
ore) che potessero consentire di dividere in due sottogruppi il gruppo classe e, quindi,
poter calibrare l’intervento didattico in base alle diverse esigenze dei ragazzi.
L’ora fu ridotta a 50 minuti e in questo modo, ciascun docente poteva svolgere 3
ore di compresenza settimanali, a tutto vantaggio degli alunni.
Per le attività di laboratorio (Educazione ambientale e Lettura e Scrittura Creativa,
Psicomotricità, Musicoterapia, gestiti dal W. W. F. Campania, dall’Associazione
interculturale per la Lettura, dalla Coldiretti e operatori qualificati) il gruppo di
ricerca azione composto dagli esperti esterni, dall’operatrice tecnologica Concetta
226
Fricchione e dagli insegnanti, stabilì le attività da svolgere e le modalità operative
ritenute più idonee: la presenza degli esperti era prevista ogni 15 giorni, in tal modo
quando le attività erano condotte dall’esperto, l’insegnante che guidava il piccolo
gruppo in laboratorio partecipava alle attività annotando tutti i passaggi realizzati;
durante la settimana successiva, doveva essere il docente/osservatore a guidare le
attività di laboratorio.
In questo modo si sarebbe garantita anche la formazione in azione dei docenti
curricolari e l’incremento di competenze trasversali legate all’apprendimento non
formale.
Parallelamente allo svolgimento del percorso di formazione furono attivati
incontri di lavoro28
per la realizzazione delle azioni da mettere in atto e degli
strumenti operativi da utilizzare nel corso del secondo anno, secondo uno schema di
sintesi29
(vedi tabella 1) elaborato tenendo presenti gli indicatori di qualità
individuati dallo studio del Regolamento delle Istituzioni Scolastiche in regime di
autonomia30
.
28
I partecipanti, che aderirono liberamente, ebbero accesso ai compensi previsti a carico del Fondo
d’Istituto.
29
Tabella di rilevazione delle attività progettate e realizzate, doc. n° 6 in appendice 
30
Tutti i materiali pubblicati nel sito internet dell’Istituto Comprensivo “ Contrada Romani” -
http://space.tin.it/scuola/salsquil, sono consultabili nel cd allegato in appendice (doc. n° 7).
227
Tabella1
Lo schema di sintesi è parte integrante del sistema di monitoraggio ideato
dall’estensore della tesi con il supporto tecnico-informatico del Sig. Carotenuto
Antonio, rappresentante di classe e successivamente presidente del Consiglio di
Istituto31
.
Il sistema di monitoraggio32
era articolato secondo 5 direttrici principali:
1. rilevazione delle attività e dei tempi destinati all’incremento della
comunicazione e dell’interazione significativa in aula;
2. rilevazione dello scarto esistente tra qualità progettata e qualità realizzata;
3. rilevazione delle capacità di comprensione e di apprendimento degli alunni;
4. rilevazione della qualità percepita.
5. autovalutazione.
31
Anche questo è un dato significativo dei livelli di condivisione, trasparenza e coinvolgimento attivo
degli stakeholder che furono generati dal progetto di sperimentazione dell’autonomia didattica.
32
Documento di presentazione dell’attività di monitoraggio, doc. n° 8 in appendice.
228
Il monitoraggio delle attività riferite all’applicazione della metodologia enattiva e
della didattica non lineare, ha riguardato la rilevazione dei tempi destinati alla
comunicazione e al rispetto dei ritmi e dei tempi di apprendimento degli alunni.
Oggetto di rilevazione, dunque, sono stati i tempi destinati alla:
didattica lineare
didattica non lineare
Per la rilevazione dei tempi destinati alla didattica lineare furono individuate le
seguenti attività:
Lezione frontale
Lavori collettivi
Interrogazioni
Per la rilevazione dei tempi rapportabili alla didattica non lineare:
Brainstorming esperienziale
Brainstorming operativo
Lavori di gruppo
L’indicatore per la rilevazione della capacità del gruppo docente di riformulare
l’offerta formativa in base ai ritmi ed agli stili di apprendimento degli alunni, fu
individuato nella quantità di modifiche apportate dai docenti alla programmazione in
riferimento al numero degli incontri previsti a tale scopo.(vedi tabella 2, 3, 4, 5)
I docenti dovevano riportare nella scheda di rilevazione33
il tempo destinato a
ciascuna delle attività indicate (ogni 30 minuti) per ciascuna area di indagine, così
come al termine delle attività dovevano relazionare circa le positività e negatività
rilevate in merito a ciascun indicatore di qualità34
.
33
Scheda rilevazione attività d’aula, doc. n° 9 in appendice
34
Modello relazione docenti, doc. n° 10
229
Tabella 2
Tabella 3
230
Tabella 4
Tabella 5
Rispetto alla progettazione, la valutazione e la documentazione del Piano
dell’Offerta Formativa, la ricerca azione doveva individuare le risposte alle seguenti
domande: a) «come è possibile definire un’ipotesi di Piano che sia coerente con le
finalità del processo di autonomia scolastica?» b) «quali strategie e quali strumenti
è possibile utilizzare per coinvolgere gli attori sociali nella progettazione e nella
valutazione del POF?» c) «quali strategie e strumenti utilizzare per documentare le
231
attività realizzate?» d) «come strutturare l’attività di verifica e valutazione del
POF?».
Per la progettazione del POF si è proceduto partendo dalla consapevolezza della
necessità di prevedere e predisporre occasioni di ricerca , studio e approfondimento
rispetto del Regolamento delle Istituzioni Scolastiche.
In tal senso furono organizzati gruppi di studio a livello di
sezione/classe/interclasse in modo da favorire non solo la conoscenza del testo
normativo di riferimento, ma anche il confronto tra i docenti e la predisposizione
progettuale delle azioni che si intendevano mettere in atto al fine di garantire il
massimo rispetto delle finalità generali indicate dal suddetto documento.
Per rendere più concreta l’azione di studio e di ricerca, metodologica-
organizzativa-didattica, ogni gruppo avrebbe dovuto stilare una relazione scritta
seguendo il seguente schema di lavoro: a) lettura ed elaborazione collettiva di uno
schema di sintesi sugli aspetti innovativi introdotti dal Regolamento; b)
individuazione degli elementi caratterizzanti l’innovazione didattica e organizzativa
(indicatori) ed elaborazione delle azioni che si intendono mettere in atto al fine di
consentirne l’applicazione per ciascun indicatore individuato (vedi tabella 7); c)
individuazione di criteri di verifica e valutazione al fine di rendere effettiva
l’autoanalisi di istituto e dell’azione didattica; d) esplicitazione, in base al confronto
delle professionalità del gruppo, di proposte e progettazioni di massima di attività
extracurricolari da inserire nel POF; e) predisposizione di un elenco di materiali di
cui si auspica l’acquisto (grandi e piccoli sussidi, materiale di facile consumo).
Le relazioni elaborate sarebbero state oggetto di analisi e confronto in collegio dei
docenti al fine di scegliere quali azioni inserire annualmente nel POF35
.
35
Pof 2000/2001, doc. n° 11 in appendice
232
Gli indicatori individuati (vedi tabella 6) come aree di esplicitazione progettuale
furono: l’identità educativa e formativa36
, l’analisi del territorio, la progettazione
curricolare (mediante la definizione condivisa degli obiettivi minimi/massimi
disciplinari), la valorizzazione delle diversità (attraverso la regolazione dei tempi
dell’insegnamento e delle attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di
apprendimento degli alunni e adottando forme di flessibilità37
), i bisogni formativi, le
strategie educative, la flessibilità del gruppo classe, l’individualizzazione, la
continuità, il recupero ed il sostegno, la verifica e la valutazione, l’ampliamento
dell’offerta formativa, le funzioni obiettivo.
Tabella 6
36
Lo slogan individuato era: “crescere e apprendere insieme”.
37
Articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina; definizione di unità di
insegnamento non coincidenti con l’unità oraria; attivazione di percorsi didattici individualizzati ;
articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di
corso; aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari
 
233
Immagine 7
234
Una delle problematiche maggiori da affrontare, sia per i livelli di diffidenza che
il personale scolastico mostra nei confronti dell’utenza sia per i livelli di scarsa
interazione “progettuale” esistenti tra ente locale e istituzioni scolastiche, fu quella
delle interazione con gli stakeholder locali.
Non è un caso, infatti, che nel POF relativo all’anno 2000, veniva evidenziato che
“in assenza del Piano dell’Offerta Formativa Territoriale e di risposte alle
sollecitazioni fatte pervenire ai responsabili dell’Ente Locale, l’Istituto Comprensivo
avrebbe predisposto autonomamente accordi diretti con le diverse realtà locali per
favorire l’integrazione scuola/territorio”38
.
Rispetto quindi al problema del coinvolgimento dell’ente locale e degli altri
portatori di interesse (associazioni, ASL, imprese, ecc), la ricerca definì due livelli
d’intervento: da un lato furono stabiliti incontri con i diversi attori locali in cui
veniva presentata l’ipotesi di POF, verificati gli interessi comuni e le possibilità di
collaborazione, dall’altra furono predisposti modelli di protocolli d’intesa e/o
convenzioni, oltre che bozze di regolamenti per l’istituzione di organismi di
progettazione integrata, a livello comunale39
.
Tali modalità, portarono alla definizione di un buon numero di accordi progettuali
per la realizzazione di attività scolastiche curricolari ed extra, condotte da esperti
individuati dai diversi portatori d’interesse: dalla Protezione civile alla Coltivatori
diretti, dall’Arci al WWF Campania, passando per numerose altre entità locali e
nazionali.
Non solo, crearono anche una maggiore attenzione politica, intorno al mondo
della scuola che per la prima volta si stava muovendo non solo e non più come
fruitore di servizi, ma come motore di cambiamento e come supporto alle scelte di
38
POF a.s. 2000/2001 (doc. n° 11), p. 3
39
Bozza regolamento per l’istituzione dell’Osservatorio ambientale del Comune di Sant’Anastasia, doc.
12 in appendice
235
carattere generale generando processi di collaborazione progettuale nell’ambito delle
politiche scolastiche, ambientali e sociali.
Tant’è che lo scrivente fu chiamato a formare e coordinare un gruppo di lavoro (a
cui parteciparono genitori e rappresentanti di associazioni) per l’elaborazione di uno
studio per la formulazione del Piano di dimensionamento scolastico40
delle scuole del
territorio di Sant’Anastasia41
.
Anche in questo caso l’intervento si caratterizzò come processo di ricerca azione
in cui, a partire dalla chiarificazione teorica e normativa, la scientificità,
l’accessibilità e la trasparenza dei dati e delle proposte furono i principi operatori
(esempio rappresentazione dati, tabella 8).
40
In premessa si chiarisce che l’esigenza di uno studio approfondito che permettesse di conoscere la
situazione reale delle strutture del territorio era nata da una serie di riflessioni poste dagli estensori dello
studio (Izzo Corrado, Carotenuto Antonio) nella riunione convocata dall’Assessore alla Pubblica
Istruzione del Comune di Sant’Anastasia sull’annosa questione del reperimento di aule per il I° Circolo
didattico e sul piano di razionalizzazione. Tali riflessioni hanno portato alla costituzione di una
commissione di studio e alla conseguente realizzazione e stesura dello “ Studio di fattibilità delle strutture
scolastiche del territorio 
41
Proposta di Piano di dimensionamento scolastico, doc. n° 13 in appendice 
236
Tabella 8
237
238
239
Per quanto concerne il coinvolgimento dei genitori, le azioni si differenziarono su
tre livelli: informazione, supporto psico-pedagogico, rilevazione dei livelli di qualità
percepita.
Per il livello informativo furono predisposte le seguenti azioni e strumenti: a) il
contratto formativo d’aula42
, con elaborazione di un modello comune per i tre ordini
di scuola, che fu condiviso e consegnato alle famiglie e agli alunni; la diffusione di
un libretto e di una brochure informativa su tutti gli aspetti della sperimentazione43
,
condiviso in un incontro aperto con i genitori (circa 300), il gruppo di
sperimentazione, gli esperti e il comitato tecnico scientifico; l’implementazione
informatica della documentazione dell'intero percorso di sperimentazione per
garantire la massima diffusione e trasparenza di tutti i passaggi effettuati durante la
sperimentazione (sito internet) 44
.
Il contratto formativo d’aula, in particolare consentiva non solo di sviluppare
un’azione di informazione dettagliata sull’attività da realizzare e sugli impegni da
assumere da parte dei docenti, degli alunni e dei genitori, ma soprattutto la
strutturazione di questionari per la rilevazione della qualità percepita dagli utenti, con
riferimento anche ai diversi aspetti delle modalità didattiche e relazionali dei singoli
docenti coinvolti (in tabella 9 un esempio di questionario e di rappresentazione dei
dati).
Dagli esiti delle rilevazioni, si sarebbe partiti per individuare piste di lavoro e di
miglioramento sia per quanto concerne la progettazione delle attività didattiche, sia
per la definizione di percorsi di formazione rivolti al personale docente.
42
Modello contratto formativo d’aula, doc. n° 14 in appendice.
43
Brochure informativa, doc. n° 15 in appendice.
44
Vedi doc. n° 7 in appendice. 
240
Tabella 9
241
242
243
244
Per garantire il supporto psico-pedagogico fu istituito uno Sportello di ascolto45
,
progettato e condotto dall’estensore del presente lavoro di tesi, finalizzato a creare
ulteriori occasioni di confronto sulle problematiche relative al rapporto
alunno/insegnante, genitore/insegnante, genitore/figlio e a favorire il superamento
delle situazioni di contrapposizione puntando alla valorizzazione del dialogo e della
cooperazione educativa tra adulti al fine dell’attuazione di interventi condivisi.
In tal senso, era prevista anche la possibilità di sperimentare e monitorare nuove
forme di comunicazione scuola – famiglia che, su base giornaliera, tendessero ad
evidenziare non solo gli aspetti negativi, ma soprattutto quelli relativi alla
gratificazione dei comportamenti positivi46
.
Per quanto concerne, infine, la valutazione complessiva del POF furono
concordate e stabilite una serie di procedure e di strumenti utili alla rilevazione e
rappresentazione dei dati.
In particolare fu condivisa la necessità che i candidati a ricoprire il ruolo di
funzione obiettivo, articolassero una proposta di piano di attività47
in relazione a
quanto stabilito nel POF (in tabella 10 un esempio di piano, di relazione conclusiva e
di questionario).
In tal modo, il collegio dei docenti avrebbe potuto valutare, quali delle differenti
proposte interpretative dei bisogni dell’istituto fosse più corrispondente alle reali
esigenze.
Non solo. Perché a partire dai piani presentati sarebbe stato possibile predisporre
questionari di rilevazione dello scarto qualità progettata/realizzata e di gradimento
delle azioni messe in atto48
, connotando di senso riflessivo le attività di valutazione
45
Progetto sportello d’ascolto, doc. n° 16 in appendice.
46
Kelley M.L. (2001), Comunicazioni scuola-famiglia,, Erickson, Trento.
47
Piano attività Funzione Obiettivo area 1, doc. n° 17 in appendice.
48
Questionario per la valutazione delle Funzioni Obiettivo, doc. n° 18 in appendice.
245
finale delle funzioni obiettivo, che troppo spesso si caratterizzano come pratiche
noiose e formali49
.
Tabella 10
49
Non fu possibile sviluppare tale azione di monitoraggio, per il verificarsi di una serie di condizioni
ostative, soprattutto da parte dei docenti di scuola media (nel frattempo il 2° Circolo si era trasformato in
Istituto comprensivo). Condizioni a cui si rimanda nella parte che riguarda la presentazione degli esiti.
246
247
248
249
Gli altri strumenti utilizzati per la valutazione del POF furono a) un
questionario50
, organizzato per aree corrispondenti agli indicatori inseriti nel Piano
dell’Offerta Formativa, per le verifica e la valutazione del livello di condivisione, del
livello di applicazione delle opzioni educative ed organizzative e dei progetti messi
in atto. La predisposizione degli strumenti utili al monitoraggio era demandata alle
Funzioni obiettivo, mentre la valutazione degli esiti e delle conseguenti azioni al
collegio dei docenti; b) strumenti di rappresentazione grafica (tecnica a cruscotto)
utili ad una facile interpretazione dei dati51
(in tabella 11 un esempio di questionario
e di rappresentazione dei dati).
Tabella 11
50
Questionario per la valutazione del POF, doc. n° 19 in appendice
51
Grafici rappresentazione dati valutazione POF, doc. n° 20
250
251
Naturalmente il complesso degli strumenti e delle metodologie utilizzate vennero
presentate mediante la predisposizione e condivisione di documenti tecnici: le linee
guida52
e le relazioni conclusive53
.
Volendo riassumere gli esiti dell’intero processo di ricerca azione messo in atto
presso il 2° Circolo didattico di Sant’Anastasia, divenuto I.C. “Contrada Romani”
nell’a.s. 2000/2001, sembra possibile affermare che essa è riuscita senz’altro a
promuovere processi di innovazione finalizzati alla messa in atto di un cambiamento
sostanziale del modo di fare pratica didattica, più mirata al rispetto dei modi, dei
tempi di apprendimento degli alunni, ma soprattutto più attenta alle dinamiche
relazionali per garantire l’attivazione di un efficace processo di comunicazione.
Infatti i primi dati rilevati, avevano evidenziato un incremento abbastanza
significativo, anche se inferiore alle aspettative, dei tempi destinati alla
comunicazione nelle classi sperimentali in rapporto ai dati rilevati nelle classi di
52
Linee guida attività di monitoraggio, doc. n° 20 in appendice.
53
Modello relazione finale attività di funzione, doc. n° 21 in appendice. 
252
controllo; inoltre, il gruppo di sperimentazione aveva effettuato un maggior numero
di adeguamenti della programmazione in rapporto ai piani programmati, mostrando
un’evidente tendenza ad adeguare i tempi dell’ insegnamento ai tempi
dell’apprendimento.
La lettura comparata delle tabelle di confronto tra qualità progettata e qualità
realizzata aveva messo in evidenza uno scarto minimo tra ipotesi progettuale e azioni
realmente attivate, così come gli esiti del monitoraggio della qualità percepita erano
stati molto soddisfacenti, in quanto il livello di condivisione manifestato dai genitori
era stato alquanto elevato.
L’attività di auto valutazione aveva evidenziato, infine, un ottimo livello di
condivisione delle scelte operate, soprattutto in riferimento all’effettiva ricaduta
sull’attività di insegnamento – apprendimento.
Definendo strumenti e strategie comunicative tenendo ben presenti sia i
riferimenti teorici, sia gli esiti della ricerca didattica, sia le prescrizioni normative la
ricerca azione è sicuramente riuscita a proporre un modello di progettazione e
valutazione formativa capace di superare i limiti dell’autoreferenzialità, ponendosi
come stimolo e sintesi delle esigenze territoriali da organizzare in un unico sistema
formativo integrato.
Attraverso la progettazione aperta ai contributi esterni, la politica della
trasparenza totale e la costante ricerca del dialogo e del confronto, ha saputo proporre
modelli operativi e strumenti di rilevazione idonei a valorizzare la partecipazione
degli stakeholder locali e ad orientare politiche di cittadinanza attiva.
Tali aspetti positivi contribuirono in modo fondamentale alla decisione dell’allora
Provveditorato agli Studi di Napoli, di presentare l’esperienza di sperimentazione
253
alla Fiera del libro di Bologna54
ed, in seguito al grande interesse riscontrato dagli
operatori di settore di altre regioni, alla pubblicazione di parte dei materiali
presentati55
, nel testo realizzato dal Polo Qualità di Napoli allora diretto dal Prof.
Domenico Montanari.
Successivamente, della qualità del lavoro svolto è stato possibile trovare conferma
nella Legge n° 30 10 Febbraio 200056
, che definiva l’identità pedagogica, curricolare
ed organizzativa della scuola di base come è possibile evincere anche dallo schema
riassuntivo, elaborato all’epoca per una riflessione collegiale. (vedi tabella 12)
Tabella12
54
Fiera Internazionale del Libro per ragazzi, Punto Blu: Autoanalisi e valutazione di sistema –Modelli di
Comunicazione, Bologna, 10-13 Aprile 2002.
55
Slide presentazione progetto sperimentazione autonomia, doc. n° 23 in appendice.
56
Legge 10 febbraio 2000, n. 30 in GU 23 febbraio 2000, n. 44), Legge Quadro in materia di Riordino dei
Cicli dell'Istruzione .
254
Nonostante le premesse positive, la sperimentazione fu interrotta alla fine
dell’anno scolastico 2000/2001, in quanto il corpo docente delle scuole medie,
confluito nel 2° Circolo a causa del processo di dimensionamento, non solo si oppose
all’ampliamento dell’esperienza con particolare riferimento all’utilizzo delle tecniche
della comunicazione efficace e degli strumenti di monitoraggio ( rilevazione dei
tempi e delle attività – qualità percepita – progettata – realizzata ), nonostante avesse
condiviso l’inserimento nel POF di gran parte delle acquisizioni della ricerca azione,
ma riuscì a far venir meno anche il necessario supporto da parte del Dirigente
scolastico, che fino a quel momento non era mai mancato.
Tale nuova situazione fu favorita anche dalla posizione assunta dalle docenti di
scuola materna, che nel corso della sperimentazione avevano mostrato scarsi livelli
di applicazione dei principi adottati e delle scelte operate in fase di progettazione.
Il vero problema, quello della rendicontazione e delle pratiche documentali
dell’agire didattico, si era già manifestato all’atto dell’elezione delle Funzioni
obiettivo, laddove il Dirigente scolastico non volle ritenere nulla la candidatura della
“rappresentante” dei docenti della scuola media, nonostante essa fosse stata
presentata senza il supporto del previsto ed obbligatorio piano di funzione.
E’ il classico schema che si è manifestato costantemente: di fronte ad ipotesi di
azione sviluppate nell’ottica della trasparenza e del bilancio sociale, la prospettiva di
poter mantenere lo status quo e di percepire gli stessi margini di compenso
economico senza maggiori carichi di lavoro (dovuti ai processi di riflessività e di
documentazione) e, soprattutto, senza verifiche sulla coerenza/qualità dell’offerta
formativa, risulta più appetibile anche se meno qualificante dal punto di vista dei
compiti istituzionali collegati alla funzione docente.
Una prospettiva, quella del mantenimento dello status quo (che caratterizza la
scuola italiana, in particolare quella meridionale), possibile solo laddove sorretta da
255
una visione dirigenziale attenta più all’apparenza del sistema scuola che alla sua
essenza.
Anche dal punto di vista dirigenziale, in assenza di qualsiasi differenziazione nei
compensi (non essendo evidentemente possibile riscontrare il riconoscimento di
valori più significativi e prioritari che dovrebbero orientare comunque l’azione
dirigenziale nel settore educativo) risulta più appetibile una gestione “flessibile
rispetto alle norme” e “meno problematica” dal punto di vista del coordinamento
dell’azione didattica e della gestione delle dinamiche relazionali.
Eppure, come è possibile evincere anche dalla lettura dei documenti allegati in
appendice, avevo previsto, in qualità di coordinatore, tutte le forme di informazione e
condivisione collegiale e di incentivazione economica possibili a supporto dei
maggiori carichi documentali, con particolare attenzione alle problematiche poste dal
diverso ordinamento delle scuole medie.
Dunque il dato significativo dal punto di vista della ricerca sui sistemi di qualità
nella scuola, è la facilità con cui è possibile riscontrare la sistematicità di tali
dinamiche che si concretizzano nella pratica di rimozione del problema (così come
spiegato anche nel primo capitolo).
La rimozione del problema si manifesta puntualmente con il rifiuto totale delle
evidenze rilevate (ciò che crea disagio, fastidio) e con la messa in atto di strategie
oppositive nei confronti dell’elemento disturbatore dell’equilibrio consolidato, fino a
quando lo stesso non decide di “togliere il disturbo” e libera definitivamente le
“coscienze”.
Dal punto di vista più squisitamente tecnico, le criticità evidenziatesi durante il
processo di ricerca azione furono le seguenti: a) qualità degli interventi a carico
dell’Università; b) qualità e completezza degli strumenti da utilizzare per la
valutazione degli apprendimenti degli allievi; c) incompletezza degli strumenti di
256
rilevazione dello scarto esistente tra qualità progettata e realizzata; d) leggibilità degli
strumenti di rappresentazione grafica dei dati rilevati; e) assenza di strumenti utili
alla valutazione delle attività di formazione in servizio riservate ai docenti.
La collaborazione con la cattedra di Didattica Generale (prof. Minichiello G.) si
rivelò interessante e positiva dal punto di vista teorico sia nella fase di ideazione
dell’ipotesi progettuale sia in quella di supporto e validazione delle proposte
operative di volta in volta ideate e/o presentate dall’estensore della tesi.
Meno stimolante si mostrò la collaborazione operativa (prof.ssa Mannese E.) che
doveva garantire scientificità all’intero progetto, mediante la puntuale strutturazione
e realizzazione del processo di valutazione delle competenze degli allievi.
Nonostante l’enorme quantità di dati forniti dai docenti rispetto alla rilevazione
dei prerequisiti e la qualità dei test da somministrare (validati a livello
internazionale), il lavoro non è stato mai portato a termine e ciò non ha inciso
positivamente sia sugli operatori coinvolti sia sui livelli di riconoscimento esterno
della qualità degli interventi realizzati.
Gli unici strumenti predisposti per la verifica degli apprendimenti57
, se da un lato
mostrano una certa tendenza a rendere maggiormente trasparente la valutazione,
evidenziano chiari limiti di scientificità.
Lo schema utilizzato per la rilevazione dello scarto esistente tra qualità progettata
e realizzata, aveva mostrato di poter essere ulteriormente migliorato dal punto di
vista della tenuta scientifica, soprattutto se integrato con tecniche di indagine
qualitative e reso più completo dal punto di vista della descrizione del processo e
della valutazione complessiva da assegnare alle varie aree di indagine.
Anche gli strumenti di rappresentazione grafica si erano mostrati efficaci, ma
risultava chiara la necessità di rendere maggiormente evidenti le connessioni esistenti
57
Griglie per la valutazione e la registrazione degli apprendimenti, docc. n° 24,25,26 in appendice.
257
tra i vari indicatori di processo e di suddividere, anche graficamente, le tre aree di
analisi: qualità percepita, esiti apprendimenti, scarto qualità progettata/realizzata.
Per l’attività di formazione in servizio, invece, la questione della misurazione
degli impatti della stessa non era stata affrontata e ciò costituiva il vero punto debole
dell’intera ricerca azione.
Tutti temi ed elementi che, però, troveranno occasione di studio e di
sperimentazione nel corso delle numerose esperienze realizzate negli anni successivi
in altre istituzioni scolastiche.
4.6 La flessibilità curricolare nei percorsi di alternanza scuola-lavoro
Nel 2004/2005 in qualità di responsabile scientifico della Società Michelangelo
S.r.l. di Somma Vesuviana, accreditata presso il MIUR per la formazione, fui
incaricato di ideare e coordinare un progetto di alternanza scuola-lavoro58
, presso
l’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “ Matilde Serao” di Pomigliano d’Arco.
Anche in questa esperienza il punto di riferimento teorico è stato l’approccio
centrato sul discente di C. Rogers e la centralità che assumono i processi
comunicativi ed esperenziali nel processo formativo.
Il tema di fondo era quello della flessibilità, dell’arricchimento dell’offerta
formativa e della progettazione della quota oraria destinata al curricolo locale, ed in
questo caso l’azione è stata orientata dalle seguenti istanze: a) «in che modo è
possibile coniugare il concetto di centralità del soggetto che apprende con il
recupero/potenziamento delle competenze di base e con l’orientamento
professionale?» b) «come potenziare le competenze orientative?» c) «quali possibili
forme flessibili di apprendimento mettere in atto per collegare sistematicamente la
58
Legge 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e
dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 Aprile 2003.
258
formazione in aula con l’esperienza pratica?» d) «come correlare l’offerta formativa
scolastica allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio?»
Rispetto a tali istanze di partenza il progetto59
fu concepito come un percorso della
durata di tre anni dotato di una specifica unitarietà anche se si articolava in tre
“blocchi” progressivamente finalizzati al: a) potenziamento delle competenze
comunicative; b) rinforzo delle competenze disciplinari; c) creazione di percorsi di
orientamento professionale.
Le prime risposte furono individuate nella progettazione di un percorso modulare
in cui la prima e la terza fase (introduttiva e finale) fossero finalizzate alla
“valorizzazione del soggetto che apprende” e alla sperimentazione delle capacità
ideative ed operative in situazioni di apprendimento non formale.
Solo nella fase intermedia, e solo dopo aver attivato processi di
autoconsapevolezza e di autovalutazione, sarebbe stata data priorità ad un piano di
lavoro centrato su di un apprendimento di tipo istituzionale anche se arricchito di
elementi utili ad incrementare la conoscenza del tessuto culturale, sociale ed
economico del territorio.
Durante il primo anno, il percorso puntava essenzialmente a consolidare nei
ragazzi le competenze trasversali necessarie a favorire la loro crescita umana prima
che professionale.
Le aree coinvolte riguardavano la comunicazione, la relazione e il lavoro di
gruppo ed erano finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi trasversali: a)
adottare consapevolmente atteggiamenti di "intenzionalità" nelle relazioni
interpersonali; b) migliorare la sensibilità, la comunicazione e le capacità relazionali;
c) acquisire competenze relative alla valorizzazione dell'esperienza personale e i
lavoro di gruppo; d) migliorare le capacità di ascolto: ascolto passivo; e)
59
Progetto alternanza Scuola-Lavoro, doc. n° 27 in appendice.
259
comprendere il vissuto esperenziale dei compagni, allievi, colleghi: ascolto attivo; f)
facilitare l'autoapprendimento; g) migliorare la propria capacità di inviare messaggi
(messaggi-io); h) saper individuare e gestire il conflitto; i) promuovere l'autostima,
l'autoresponsabilità, l'autodisciplina; j) conoscere e riflettere su aspetti teorici che
rappresentano il sapere di base sul gruppo e ai sistemi di gruppo; k) individuare i
nuclei problematici in ordine a comunicazione, relazione e metodo; l) conoscere e
sperimentare i nodi critici dei gruppi quali la cultura, la leadership, il conflitto,
ecc…; m) aumentare la consapevolezza sul proprio modo di stare nel gruppo sia nel
ruolo di partecipante sia in quello di conduttore/responsabile; n) risvegliare negli
allievi modalità di comunicazione creativa; o) potenziare le capacità di problem
solving; p) conoscere i tratti essenziali delle strutture cerebrali; q) utilizzare la
comunicazione in modo professionale; r) conoscere il concetto di marketing; s)
individuare ed utilizzare i registri della comunicazione formale e informale.
Durante il secondo anno, invece, era previsto un indirizzo di tipo disciplinare
finalizzato a potenziare le conoscenze essenziali per l’inserimento nel mondo del
lavoro.
Tale fase progettuale, che prevedeva l’elaborazione di percorsi didattici integrativi
anche da parte dei docenti del Consiglio di Classe, era finalizzata al raggiungimento
dei seguenti obiettivi: Conoscenza: a) del diritto del lavoro e dei contratti; b) della
Legge N. 196/2003; c) delle procedure di accreditamento; d) della legislazione
turistica; e) del francese/inglese tecnico; e) del territorio campano; f) del sistema
integrato del turismo; g) di elementi di marketing; h) delle tecniche di rilevazione
statistica; i) della progettazione, del monitoraggio e della valutazione; j) delle linee
operative e di indirizzo dei PON e POR ; l) delle Certificazioni di Qualità.
Nel corso del terzo anno, infine, si prevedeva un approccio operativo-
professionale finalizzato a mettere in condizione gli allievi di sperimentarsi in una
260
vera esperienza di lavoro autonomamente gestita (sebbene in ambiente protetto). In
tale modulo si sarebbero concretizzati gli apprendimenti realizzati nel primo biennio
e perseguiti i seguenti obiettivi professionali: 1 - INDIRIZZO LINGUISTICO – a)
Realizzazione di un pacchetto di offerte per le visite guidate rivolte agli studenti del
quinto anno dell’intero Istituto; b) ricerca di tipo documentale con la scelta delle
ipotetiche mete di viaggio, degli elementi di attrattività dei diversi luoghi e la
realizzazione dei contatti con gli hotels e le agenzie di viaggio; c) gestione delle
prenotazioni e delle sistemazioni in camera, della prenotazione di biglietti per luoghi
che si intendono visitare e della predisposizione di un dèpliant in più lingue di
descrizione dell’itinerario proposto; d) sviluppo di tecniche di valutazione e
autovalutazione; 2 - INDIRIZZO SOCIO-PSICO-PEDAGOGICO – a) Realizzazione
di modello progettuale per consentire all’Istituto Scolastico di accedere ai nuovi
fondi previsti per i progetti di alternanza scuola-lavoro; b) ricognizione dei bisogni
formativi delle classi da inserire nel progetto; c) stesura dei contenuti e
individuazione delle risorse umane da impiegare; d) elaborazione piano degli acquisti
di materiali ed attrezzature necessarie; e) documentazione dei progetti approvati; f)
realizzazione di presentazioni multimediali rivolte ad alunni docenti e genitori; g)
sviluppo di tecniche di valutazione e autovalutazione.
L’esperienza, che strada facendo si è sempre più caratterizzata come processo di
ricerca azione, ha coinvolto due classi: la III CL (indirizzo linguistico) composta da
22 alunni e la III AP (indirizzo socio-psico-pedagogico) composta da19 allievi.
Le attività sono state svolte entro un monte ore annuale di 80 per classe, di cui: 25
ore di lezioni teoriche e 55 ore di stage da effettuare all’interno di aziende del settore
(differenziate sulla base del percorso di studi: Hotel Quadrifoglio e Società di
formazione Michelangelo S.r.l).
261
Anche in questa esperienza, si è cercato in prima istanza di giustificare la
progettazione degli interventi non solo dal punto di vista della ricerca teorico-pratica,
ma anche da quello normativo, soprattutto per offrire ai diversi soggetti coinvolti, in
particolare ai docenti, un quadro esaustivo delle opportunità e degli impegni
previsti60
(vedi tabella 13).
Tabella 13
La prima fase, dunque fu dedicata alla predisposizione di materiale informativo
(slide)61
da utilizzare nei previsti incontri preliminari, previsti sia con gli allievi sia
con i docenti. (Vedi esempio slide, tabella 14)
60
Documento di presentazione delle ipotesi operative, doc. 28 in appendice.
61
 Slide di presentazione delle attività, docc. n° 29, 30 in appendice. 
262
Tabella 14
In entrambi gli incontri ebbi modo di illustrare le linee guida del progetto in
termini di riferimenti legislativi, di obiettivi e di figure coinvolte.
Ma anche, e soprattutto, di soffermarmi sulle modalità concrete di svolgimento
del progetto sia per quanto concerneva le ore curricolari e la quota di flessibilità da
riservare al curricolo locale62
sia in merito alle ore di stage chiarendo molte delle
perplessità manifestate dai docenti, abituati ad operare secondo rigidi schemi orari.
Tale tipo di approccio provocò reazioni positive e propositive da parte del gruppo
dei docenti che non solo confermarono il loro interesse alla realizzazione del
62
Ai sensi dell’art. 8 del DPR 275/99, alle istituzioni scolastiche viene riservata una quota pari al 20% del
curricolo obbligatorio per la scelta di discipline e attività idonee a dare risposta ai bisogni formativi locali
da inserire liberamente nel Piano dell’Offerta Formativa.
263
progetto, ma formularono anche le prime ipotesi di attività integrative e
individuarono le discipline coinvolte.
Elevato fu anche il gradimento riscontrato con gli allievi i quali si mostrarono
subito molto interessati alle modalità operative del progetto.
Da alcune indicazioni fornite dai ragazzi coinvolti nacque l’idea di ri-modulare il
progetto in una direzione meno disciplinare e più mirata all’espansione delle
competenze trasversali in modo da essere più confacente ai bisogni e alle esigenze
dei ragazzi stessi, finendo così con l’essere maggiormente uniforme alle linee guida
previste dall’ USR della Campania le quali per il primo anno prevedevano un
percorso “essenzialmente finalizzato all’acquisizione di competenze orientative”.
Il problema del possibile collegamento tra la formazione d’aula e l’esperienza
pratica, trovava in questa occasione possibilità di sperimentazione e validazione
tramite la realizzazione di forme di flessibilità curricolare e di flessibilità
organizzativa.
Per quanto concerne la flessibilità curricolare, i docenti avevano condiviso
l’opportunità e la necessità di inserire, all’interno della loro progettazione formativa,
nuovi nuclei tematici e adottare nuove metodologie formative riferibili alla didattica
orientativa; così come avevano preso atto della necessaria rimodulazione dei propri
schemi mentali.
Fu evidenziato in modo molto netto che nell’adesione al progetto, ciascun
docente, avrebbe dovuto necessariamente considerare la reale disponibilità a
modificare gli schemi didattici consolidati e il modo di intendere il proprio ruolo in
relazione ai diversi tempi e modalità di svolgimento dell’intervento progettuale.
La flessibilità organizzativa, invece, richiedeva la strutturazione di una diversa
organizzazione dell’orario scolastico con particolare riferimento alle ore di stage
formativo.
264
Per facilitare il processo di integrazione furono predisposte ipotesi di
progettazione integrata63
, alcuni materiali strutturati ed organizzati una serie di
incontri per: la co - progettazione dei percorsi, l’organizzazione delle attività (aspetti
organizzativi e didattici), la verifica, la valutazione, la certificazione delle
competenze e la scelta degli allievi.
Durante gli incontri il gruppo dei docenti delle classi interessate individuò le
discipline che avrebbero assunto una dimensione di progettazione integrata,
riservando il 20% del monte ore allo sviluppo di contenuti ed attività direttamente
connesse con le finalità del progetto di alternanza scuola-lavoro.
Furono individuate aree di connessione riferite all’ approfondimento delle
conoscenze relative alle risorse territoriali, mediante lo studio, da parte dei docenti,
dei programmi di valorizzazione turistica, culturale ed economica del territorio
regionale, elaborati dalla Regione Campania (ad esempio il sistema dei grandi
attrattori culturali).
Le discipline individuate furono: lettere, filosofia, sociologia, metodologia della
ricerca, pedagogia, inglese, francese, spagnolo, matematica, storia dell’arte.
A queste discipline, caratterizzanti il percorso curricolare, fu aggiunto il Diritto, il
cui insegnamento sarebbe stato garantito dal docente di filosofia, nell’ottica di una
prima alfabetizzazione degli allievi rispetto al quadro legislativo generale che
regolamenta il mondo del lavoro.
Per facilitare il lavoro dei docenti fu predisposto un fascicolo complessivo in cui
furono raccolte anche le ipotesi di interconnessione64
curricolare differenziate per
discipline e per indirizzo di studio, in relazione ai percorsi progettati per gli allievi,
sia per la formazione teorica sia per la formazione in azienda.
63
Ipotesi di progettazione integrata predisposta dal team della Michelangelo Srl, doc. n° 31 in appendice.
64
Vedi nota 63.
265
I docenti, che assumevano la funzione di tutor interni, avrebbero dovuto
predisporre e consegnare le progettazioni annuali integrate con gli elementi di
interconnessione individuati; utilizzare gli strumenti selezionati per la valutazione e
la certificazione delle competenze, parallelamente a quelli predisposti ed utilizzati
dagli esperti esterni; realizzare ulteriori incontri per la valutazione degli esiti della
prima fase e di progettazione integrata, prima dell’avvio della seconda fase.
In questo modo non solo si era riusciti a definire un approccio integrato al
problema dell’apprendimento formale e non formale, ma anche a correlare l’offerta
formativa di tipo curricolare con la necessaria conoscenza delle risorse territoriali e
delle politiche regionali di valorizzazione e di promozione dello sviluppo culturale,
ambientale ed economico del territorio campano, nell’ottica dell’inserimento
lavorativo.
Per quanto concerne l’attività di valutazione e di analisi qualitativa, la ricerca
azione si è indirizzata verso la sperimentazione di strumenti idonei alla valutazione
degli impatti dell’attività svolta dai formatori, sia gli esperti esterni sia i tutor interni,
e alla certificazione delle competenze acquisite dagli allievi al termine delle varie
fasi progettuali.
L’attività di valutazione degli impatti dell’attività di formazione fu realizzata
mediante i seguenti strumenti: la scheda allievo per la rilevazione dei bisogni e delle
aspettative65
; il questionario di gradimento dell’azione; strumenti per la
rappresentazione grafica; relazioni esplicative per l’analisi dei dati.
L’ attività di valutazione e di certificazione delle competenze acquisite dagli
allievi previde: la predisposizione di prove strutturate per ciascun segmento
formativo; strumenti per la rappresentazione grafica; relazioni esplicative per
l’analisi dei dati.
65
Scheda allievo per la rilevazione dei bisogni e delle aspettative, doc. n° 32 in appendice.
266
Al termine della fase d’aula ai ragazzi furono somministrati due test, uno
valutativo per saggiare il livello di conoscenze conseguito, e uno per monitorare la
qualità percepita dai ragazzi rispetto a tutto l’impianto del corso e rispetto alle
singole dimensioni caratterizzanti (docenti, tutor, programmi, clima d’aula, ecc…).
Alla somministrazione del test erano presenti tutti i 38 ragazzi coinvolti (19 per
l’indirizzo linguistico e 19 per l’indirizzo pedagogico).
La prima valutazione sul corso fu effettuata in relazione al tasso di assenze dei
soggetti coinvolti.
Il tasso di assenza rilevato risultò molto basso, pari al 4,2% (8 assenze su 190).
Tale tasso risultò più alto per i ragazzi del linguistico, pari al 7,4% (7 assenze su
95), mentre per il gruppo del socio-psicopedagogico fu dell’1,05% (1 assenza su 95).
Ciò fu interpretato come un chiaro segno di interesse per il progetto e i contenuti
delle lezioni teoriche. (Vedi esempio grafici, tabella 15)
267
Tabella 15
Allievi ore percent.
Ausiello Daniela 25 0%
Caccia Mariana 25 0%
Cantone Emilia 25 0%
Carrella Caterina 25 0%
Chiatti Maria 25 0%
Coppola Stefania 25 0%
Dioguardi Serena 25 0%
D'Urso Massimiliano 19 24%
Esposito Mariagrazia 25 0%
Esposito Rachela Anna 25 0%
Ferrone Federica 25 0%
Filomeno Valeria 25 0%
Perone Maria 25 0%
Pizza Marianna 17 32%
Polise Anna 25 0%
Proietti Ambra 25 0%
Russo Francesco 17 32%
Russo Marianna 2 92%
Siciliano Erika 25 0%
*Russo Marianna ha frequentato regolarmente
la seconda parte del corso e superato i test
conclusivi
Tasso dispersione 5,20%
Iscritti: 19
Frequentanti: 18
Assenze Allievi - Indirizzo Linguistico
0
5
10
15
20
25
30
268
Il secondo campo d’indagine riguardò i livelli di qualità percepita dai corsisti.
Per quanto concerne i ragazzi dell’indirizzo linguistico si poté rilevare un forte
gradimento per il progetto.
Il 63,2% dei ragazzi dichiarò di aver scelto di partecipare al progetto per un
interesse specifico verso la materia e tale dato, dimostrava l’esistenza di una
motivazione interiore a partecipare e a conoscere escludendo che la partecipazione
fosse stata indotta da cause esterne (genitori, insegnanti, amici).
Diverse furono le altre aree indagate mediante la somministrazione “guidata”66
del
questionario strutturato:
- Rispetto alle metodologie fu possibile riscontrare un livello di gradimento pari
al 61,1%;
- per i programmi (tale dimensione fu valutata incrociando i dati ricavabili dalle
risposte alle domande 6 e 12) un tasso di apprezzamento pari al 66,7%,
- per le attività dei docenti esterni, considerati preparati e competenti, il 100% di
gradimento;
- il clima di coinvolgimento in aula, fu percepito come “forte” dal 57,9% degli
intervistati;
- l’utilità dei materiali didattici, percepita positivamente dal 100% del gruppo
classe;
- l’usabilità nel tempo delle conoscenze acquisite, riconosciuta come possibile dal
100% degli intervistati;
- l’accoglienza ricevuta, gradita dal 94,7%;
- la definizione degli obiettivi all’inizio del corso, soddisfacente per l’89,5% dei
ragazzi intervistati;
66
Per evitare equivoci di tipo linguistico (condivisione dei significati) gli item vennero presentati e
discussi uno per volta.
269
- la completezza nella trattazione degli argomenti, ritenuta soddisfacente
dall’89,9%.
Fu possibile inoltre rilevare un buon gradimento del corso da parte degli studenti, in
quanto l’84,2% dichiarò: a) di non aver mai avuto la tentazione di abbandonare il corso;
b) di considerare soddisfatte le aspettative iniziali (100% tra livello alto e livello medio)
e di considerare professionalizzante il corso (100%).
Le criticità riguardavano esclusivamente:
- i tutor interni, ritenuti poco coinvolti, con scarsa padronanza dei temi trattati
(68,5%) e scarsa capacità di gestione del gruppo (57,9%);
- la distribuzione dei contenuti, ritenuta equilibrata dal 57,9% dei ragazzi ma
giudicata troppo sbilanciata sull’aspetto teorico dal 42,1%; tale dimensione fu
confermata dall’incrocio con i valori delle risposte alla domanda 9 dove il 36,7% dei
ragazzi richiese un maggior numero di esercitazioni pratiche67
. (Vedi esempio
questionario e grafici, tabella 16).
67
Relazione monitoraggio indirizzo linguistico, doc. n° 33 in appendice.
270
Capitolo 4 - LA RICERCA-AZIONE: ORIENTAMENTI E STRUMENTI
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Capitolo 4 - LA RICERCA-AZIONE: ORIENTAMENTI E STRUMENTI

  • 1. Capitolo quarto LA RICERCA-AZIONE: ORIENTAMENTI E STRUMENTI 4.1 – I focus delle ricerca Come già detto nell’introduzione, il lavoro di tesi intende presentare le pratiche e gli strumenti progettati ed applicati dal 1999 al 2012, anni in cui ho rivestito il ruolo di progettista-coordinatore e di responsabile per l’attività di analisi qualitativa e valutazione di processo nell’ambito delle attività di sperimentazione dell’Autonomia scolastica, del Programma Operativo Nazionale 2000/2006 e 2007/2013 e del Programma Operativo Regionale Campania 2009/2011. Un’attività di ricerca e di sperimentazione continua che si è orientata e costruita intorno alla consapevolezza che le azioni di valutazione esterna e di autovalutazione non possono e non devono connotarsi “tecnicamente” per indagare prioritariamente i fattori generali di processo e gli esiti delle azioni formative, ma dovrebbero avere come punto di riferimento cardine lo “scenario complessivo” delineato dalla teoria e dalla ricerca pedagogica e lo “scenario di contesto” definito dall’attività di progettazione, verifica e riprogettazione elaborata da ogni singola istituzione scolastica. Solo in questo modo, a partire dalla verifica dei livelli di “vicinanza” e/o “distanza” dallo scenario complessivo, sarebbe possibile definire non solo dei parametri di riferimento per valutare la qualità dell’offerta formativa, ma anche piste di miglioramento credibili. Una ricerca azione che si è delineata ed affinata nel tempo mediante la progettazione ed il coordinamento di una serie di esperienze finalizzate all’innovazione delle prassi didattiche rispetto ad un nucleo di 3 focus tematici che 204
  • 2. racchiudono 6 aree di ricerca scaturite dall’introduzione dell’autonomia scolastica1 : 1) la sperimentazione e l’innovazione metodologica e didattica, con particolare riferimento alla incidenza del fattore tempo e dei processi comunicativi sulla qualità della didattica; 2) la progettazione, la valutazione e la documentazione del Piano dell’Offerta Formativa; 3) il coinvolgimento degli stakeholder sia nella fase di progettazione sia nella fase di valutazione del POF; 4) l’arricchimento dell’offerta formativa e la progettazione della quota oraria destinata al curricolo locale; 5) la valutazione delle competenze degli allievi in ottica formativa; 6) la valorizzazione delle competenze extrascolastiche, l’analisi qualitativa e la valutazione di processo nell’ambito dei progetti PON e POR – Campania. Non sembra superfluo, già in questa fase, evidenziare che se si ricompone l’insieme delle aree di indagine in un quadro organico è possibile riscontrarne la corrispondenza con le finalità e le caratteristiche del bilancio sociale. Per quanto concerne la sperimentazione e l’innovazione metodologica e didattica, filo conduttore dell’intera attività di ricerca azione, le principali domande che hanno orientato l’attività sono state le seguenti: a) «In che modo è possible migliorare la qualità dell’offerta formativa rispetto alle emergenze educative generali e di contesto?» b) «come tradurre le opzioni teoriche in pratiche ordinarie e renderle trasparenti in modo da evidenziare il valore educativo aggiunto di “questa” scuola rispetto alle altre?» c) «quali strumenti utilizzare per garantire l’efficacia del metodo utilizzato, ovvero tenere sotto costante controllo il nesso teoria-prassi- teoria?» d) «quali riflessioni riservare al fattore tempo e quali strumenti utilizzare per monitorare la qualità dei tempi nella didattica?» e) «qual è il ruolo della 1 Legge 15 marzo 1997, n.59 concernente la delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa; DPR 8 marzo 1999, n. 275, recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche. 205
  • 3. comunicazione nei processi di apprendimento? Come favorire e documentare i processi comunicativi?» In riferimento alla progettazione, la valutazione e la documentazione del Piano dell’Offerta Formativa, ci si è posti le seguenti domande: a) «come è possibile definire un’ipotesi di Piano che sia coerente con le finalità del processo di autonomia scolastica?» b) «quali strategie e quali strumenti è possibile utilizzare per coinvolgere gli attori sociali nella progettazione e nella valutazione del POF?» c) «quali strategie e strumenti utilizzare per documentare le attività realizzate?»; d) «come strutturare l’attività di verifica e valutazione del POF?» La problematica relativa al coinvolgimento degli stakeholder, ha fatto scaturire le seguenti domande: a) «come stimolare la predisposizione del piano dell’Offerta Formativa territoriale?» b) «come coinvolgere l’ente locale nella progettazione del POF?» c) «come rendere trasparente e comprensibile l’offerta formativa?» d) «a quali livelli e come coinvolgere genitori ed alunni nella progettazione e valutazione del POF?» e) «come ampliare le aree di partecipazione e di scelta consapevole da parte degli stakeholder locali?» Rispetto al tema dell’arricchimento dell’offerta formativa e la progettazione della quota oraria destinata al curricolo locale, l’azione è stata orientata dalle seguenti istanze: a) «in che modo è possibile coniugare il concetto di centralità del soggetto che apprende con il recupero/potenziamento delle competenze di base e con l’orientamento professionale?» b) «come potenziare le competenze orientative?» c) «quali forme flessibili di apprendimento che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica?» d) «come correlare l’offerta formativa scolastica allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio?» Le problematiche inerenti la valutazione delle competenze degli allievi in ottica formativa, invece, hanno stimolato i seguenti quesiti: a) «in che modo rendere 206
  • 4. evidente e tracciabile la connessione tra l’attività di progettazione curricolare e la valutazione degli allievi in ottica formativa?» b) «in che modo è possibile definire un curricolo orizzontale e verticale condiviso?» c) «quali procedure e strumenti utilizzare per rendere più oggettiva e trasparente possibile la valutazione degli alunni?» d) «in che modo è possibile monitorare i processi di valutazione e stimolare la riflessione sugli esiti conseguiti?» Infine per quanto concerne la valorizzazione delle competenze extrascolastiche, l’analisi qualitativa e la valutazione di processo nell’ambito dei progetti PON e POR – Campania, l’attività di ricerca azione si è sviluppata intorno ad un unico grande quesito: a) «come è possibile strutturare processi di analisi dei bisogni2 , di selezione di risorse professionali esterne, di valutazione qualitativa e di processo nell’ottica del Piano integrato d’istituto3 e della valorizzazione degli esiti delle esperienze extrascolastiche in ambito curricolare4 ?» A partire da questi nuclei problematici sono state avviate esperienze di ricerca azione5 con gruppi diversi di docenti e di scuole raggruppate anche in reti verticali, mediante un processo di coordinamento e valutazione delle attività progettuali che ha portato alla elaborazione di metodologie di lavoro, strumenti di indagine, rappresentazione grafica e analisi idonei a fornire alle istituzioni scolastiche gli elementi necessari alla “riflessione pedagogica e didattica” in relazione alle procedure e agli esiti degli interventi messi in atto. 2 Per analisi dei bisogni si intende l’attività di individuazione delle esigenze formative derivanti sia dalle caratteristiche del contesto sociale in cui opera un’istituzione scolastica (condizioni esterne) sia quelle relative agli esiti dei processi di apprendimento (condizioni interne). 3 Il concetto di Piano integrato d’istituto è stato introdotto dalla programmazione PON 2007/2013, laddove si prevede il superamento della logica aggiuntiva delle attività extrascolastiche, in ragione di una visione organica degli interventi formativi che ciascuna istituzione scolastica mette in atto. 4 Sempre nell’ottica del Piano integrato, è prevista l’attivazione dei consigli di classe, a cui devono partecipare anche gli esperti esterni, per la definizione delle metodologie e degli strumenti idonei alla valorizzazione delle esperienze e alla certificazione delle competenze acquisite in ambito extrascolastico, mediante forme di raccordo disciplinare e di certificazione ufficiale nella scheda di valutazione. 5 Oltre alle esperienze citate nel presente lavoro, altre iniziative sono state condotte nell’ambito dei progetti Aree a Rischio, Scuole Aperte Nazionale, S.P.O.R.A. (Sperimentare, Orientare, Accogliere), Heliantus (educazione ambientale). 207
  • 5. Metodologie di lavoro e strumenti che a differenza dei modelli ufficiali standardizzati, sembrano essere più idonei a cogliere l’ineludibile interconnessione esistente tra teoria e pratica, tra programmazione e valutazione e tra la stessa e l’individualizzazione/personalizzazione dei processi di insegnamento/apprendimento. Da questa prospettiva di ricerca è stato possibile individuare non solo i livelli di coerenza/incoerenza formale con le norme generali (leggi, regolamenti, ecc..) con le scelte operate in fase di progettazione, ma soprattutto i livelli di coerenza della “progettazione”dell’impianto metodologico complessivo e della “programmazione” delle attività didattiche; dei criteri di verifica e di valutazione ipotizzati e realizzati; dei livelli di adeguamento dell’offerta formativa alle reali esigenze di contesto; dei livelli di corrispondenza e gradimento delle attività mediante l’analisi dei contratti formativi6 ; infine i livelli di riflessività individuali e collettivi generatisi o meno a seguito delle azioni di formazione rivolte al personale scolastico, nel primo caso, e delle analisi valutative interne ed esterne, nel secondo. Un’attività di ricerca e di sperimentazione che è risultata ancora più significativa a partire dall’introduzione del Piano Integrato degli Interventi (PON 2007/2013), che richiede una progettazione non più intesa in un’ottica aggiuntiva rispetto alle attività curriculari e al Piano dell’Offerta Formativa, ma integrata7 ed in quanto tale, generatrice di specifiche ricadute sul piano dello sviluppo integrale del soggetto che apprende e sul piano specifico degli apprendimenti curriculari. 4.2 La qualità del tempo e gli esiti dell’azione didattica La principale istanza posta dal processo di sperimentazione dell’autonomia scolastica introdotto dalla Legge 440/97, doveva essere la ricerca e la definizione di 6 Nelle esperienze condotte, la stipula dei contratti formativi, previsti dalla Carta dei servizi della scuola, non si limita alla predisposizione di un modello d’istituto ma riguarda i singoli gruppo-classe con maggiore incidenza sui livelli di trasparenza delle scelte e delle metodologie e di conseguenza di consapevolezza e condivisione di alunni e genitori. 7 Vedi nota 3. 208
  • 6. nuove strategie metodologiche, organizzative e didattiche in grado di rendere il sistema formativo più rispettoso della personalità in evoluzione dei giovani in linea con gli standard europei per livello culturale e qualità, aggiornato nei programmi e nelle metodologie di insegnamento. Anche rispetto alla progettazione generale si chiariva che essa non poteva limitarsi unicamente alla ricerca di soluzioni organizzative, ma privilegiare la qualità didattica dell'innovazione. Così, anche, in riferimento alla flessibilità dell'orario e alla diversa articolazione della durata della lezione, aspetti eminentemente organizzativi, veniva puntualizzato che essi dovevano essere comunque realizzati per finalità didattiche e nel rispetto dei ritmi di apprendimento degli alunni. Risultava chiaro già da allora che la piena realizzazione dell’autonomia scolastica sarebbe avvenuta solo attraverso processi di ricerca azione finalizzata alla definizione e messa in atto di un cambiamento sostanziale del modo di fare pratica didattica8 . E al centro di questo processo di rinnovamento, mirato al rispetto dei modi e dei tempi di apprendimento degli alunni, viene di fatto collocata la problematica della dimensione temporale nella didattica, in quanto si stimola in modo ancora più efficace la riflessione sul passaggio dal modello comunicativo “unidirezionale” caratterizzante il modello tradizionale/trasmissivo centrato sul docente e sul programma, a quello “circolare” centrato sui bisogni, sugli stili di apprendimento 8 Bisognerebbe però chiedersi, a distanza di ben 15 anni, se mai tale indicazione normativa sia stata rispettata, in virtù di quanto precedentemente detto sul fenomeno del tradizionalismo didattico; quali siano state le azioni intraprese a livello nazionale e locale rispetto a tali evidenze negative, testimoniate anche dagli esiti deludenti delle indagini internazionali e soprattutto, se e come bisognerà rivedere ruolo e funzione del Dirigente scolastico che ha il compito e la responsabilità di promuovere e sostenere i processi di ricerca e innovazione e di garantire scelte orientate dal principio delle tre “E”: Efficienza, Efficacia, Economicità. Anche in questo caso, secondo chi scrive, occorrerà mettere in atto azioni di indagine, supporto in azione e verifica in situazione, orientate dal costante rapporto teoria-prassi-teoria per ciascun indicatore di qualità a cui poter ricondurre la positività o meno dell’azione dirigenziale. Al contrario continuerà a consolidarsi un modello operativo in cui è normale rispondere alle innovazioni normative solo mediante aggiustamenti formali e burocratici. 209
  • 7. degli allievi e sulle continue e sistematiche azioni di ricalibrazione degli interventi didattici. Un modello in cui, necessariamente bisogna riservare particolare attenzione alle dinamiche relazionali per garantire l’attivazione di un efficace processo di comunicazione. Il tema della gestione dei tempi nella didattica, diviene allora fondamentale in quanto la mediazione didattica deve consentire lo sviluppo delle competenze relative alla soluzione di problemi, alla loro comprensione, discussione, valutazione e a risolverli attraverso la riflessione, il ragionamento argomentato, la comunicazione dialogica con gli altri. Tutto ciò richiede tempi distesi e metodologie appropriate rispetto ad un tempo tradizionalmente gestito, scandito rigidamente secondo la logica della passiva subordinazione allo svolgimento quantitativo dei programmi ministeriali: un tempo senza soste, in cui le ore per le "spiegazioni" e le “esercitazioni” si alternano alle ore per le "interrogazioni e/o verifiche" in una dimensione di sostanziale superficializzazione degli eventi didattici ed educativi, che, a volte, si realizzano in modo impoverito. Nella didattica tradizionale, infatti, la gestione del tempo risulta omologa ad una prassi di insegnamento che relega l'autentica esperienza di apprendimento, le dinamiche cognitive ed emotive che la sottendono, negli angoli marginali e subalterni della vita scolastica9 . Si configura un'asimmetria tra i tempi didattici attuali e i tempi reali richiesti dalle esperienze di apprendimento degli allievi. Il tempo della didattica, per essere connotato dal punto di vista qualitativo, non può più riferirsi ad un modello di gestione del tempo che neutralizza e sterilizza la 9 Fabbroni F. (2007), Manuale di didattica generale, Laterza, Bari. 210
  • 8. vitalità delle occasioni di apprendimento, nella misura in cui le depriva della partecipazione personale, della ricchezza dell'esperienza collettiva del confronto, della discussione, della ricerca, della comunicazione. Deve essere un tempo disteso e flessibile che consente di riflettere, di pensare, di imparare a ragionare, a valutare e a scegliere con responsabilità, la tensione alla problematizzazione e che difficilmente può realizzarsi al di fuori di un contesto relazionale, in cui si renda possibile uno scambio comunicativo, che coinvolge tanto elementi cognitivi quanto affettivi e sociali . Nella relazione educativa deve essere concesso “il tempo giusto” affinché si renda possibile una comunicazione intersoggettiva dialogica, in cui ciascun allievo faccia l'esperienza della definizione delle proprie idee attraverso il confronto con gli altri e il controllo della discussione razionale. Non bisogna sottovalutare, infine, che ad uno stile didattico isolante10 , che si coniuga con una svalutazione di fatto dei processi di rielaborazione-ricostruzione personale e di gruppo delle informazioni apprese in classe da parte degli allievi, corrisponde solitamente una condotta individualistica dei docenti nella programmazione e nella conduzione dell'attività didattica nelle singole classi. Le forme di collegialità divengono spesso prive di reale contenuto, riti alquanto superficiali e burocratici, in cui le singole esperienze dei docenti difficilmente si incontrano e si confrontano su problemi didattici di sostanziale importanza. Da questa prospettiva, la ricerca azione si è orientata verso: a) lo studio e la condivisione della normativa di riferimento e delle implicazioni a livello di prassi didattica; b) la conoscenza degli approcci teorici di riferimento; c) la progettazione degli interventi; d) la progettazione e la validazione di strumenti idonei a monitorare i tempi destinati alle “interazioni” comunicative e le metodologie utilizzate; d) la 10 Ibidem 211
  • 9. progettazione e la validazione di strumenti idonei a monitorare i livelli di informazione, interesse e gradimento delle azioni didattiche da parte dei genitori degli alunni. 4.3 La verifica dei livelli di congruenza tra impostazioni teoriche e metodologiche Il tema della verifica dei livelli di congruenza tra le impostazioni teoriche e metodologiche scelte dalle istituzioni scolastiche e le prassi didattiche ed organizzative realmente applicate trova origine nella consapevolezza che il tema della qualità dell’offerta formativa si gioca sul terreno della correttezza e coerenza con i modelli formativi scelti ed esplicitati nel POF dalle stesse istituzioni11 . Infatti, come già detto in precedenza, il POF, dovrebbe essere lo strumento di governance partecipata e dovrebbe rappresentare la cornice strategica per mobilitare le risorse della scuola e del territorio, all’interno della quale monitorare e valutare i risultati conseguiti12 . In realtà numerose ricerche13 hanno dimostrato che il divario tra quadro normativo e realtà operativa delle scuole è però molto forte, individuando almeno tre limiti principali: a) è stato evidenziato che il POF contiene affermazioni importanti e molto impegnative per la scuola, ma proprio perché comuni a tutte le scuole, di scarsa 11 L’elaborazione del Piano dell’offerta formativa (POF), prevede, innanzitutto, l’analisi del contesto in cui l’istituzione scolastica opera. Dagli esiti dell’analisi dovrebbe scaturire la scelta di un modello teorico- operativo a cui fare riferimento e il confronto costante con le riflessioni maturate nel corso dell’esperienza formativa, verificando di volta in volta la consistenza e la validità del modello stesso, nonché la sua applicabilità alla situazione specifica. La scelta del modello e la definizione delle condizioni operative è un’operazione complessa che dovrebbe tener conto di diverse variabili interagenti: a) il sistema di principi e valori ispiratori della prassi professionale (rispetto della persona umana, personalizzazione, autodeterminazione, comunicazione, fiducia nel cambiamento, uguaglianza delle opportunità); b) le teorie delle scienze sociali, sia per gli orientamenti generali, sia per le indicazioni sugli strumenti da utilizzare nel concreto nell’operatività; d) la teorizzazione della prassi (processo metodologico, strumenti, tecniche), che consiste in tutte quelle attività di riflessione attraverso cui, a partire dall’uso concreto di specifici metodi e tecniche di lavoro, si arriva a formulare generalizzazioni e teorie della pratica del servizio educativo; e) il contesto entro il quale la scuola esplica la sua azione in risposta allo specifico mandato istituzionale. 12  Paletta A. (2007), Il bilancio sociale nella scuola dell'autonomia,ISEDI, Torino.  13 Si fa riferimento in particolare: alle ricerche della Luiss (a cura di) (2002 e 2003), Rapporto sulla scuola dell’autonomia, Roma, Armando; alle rilevazioni di sistema effettuate dall’ Invalsi (2004), Rilevazione sulle attività svolte dalle istituzioni scolastiche, Rapporto di ricerca valutativa. Questionario Parte II (compilato da 6794 scuole di ogni ordine e grado). 212
  • 10. significatività per coglierne “il carattere” specifico, l’idea condivisa di capitale umano e le attese e contributi attesi dagli specifici stakeholder di riferimento per realizzarla. Di conseguenza, senza una chiara e condivisa “identificazione istituzionale”, il POF si trasforma in un lungo elenco di obiettivi spesso in contraddizione tra loro o comunque difficilmente perseguibili all’interno di un quadro di risorse stringente che, per contro, richiederebbe una precisa identificazione delle priorità14 ; b) è emersa chiara una certa vocazione “artigianale” delle scuole italiane nella predisposizione dei sistemi di monitoraggio e autovalutazione: si preferisce la costruzione interna degli strumenti che però trovano scarso riferimento nelle diverse metodologie e forme strutturate di misurazione suggerite in letteratura; c) emerge con estrema chiarezza che se da un lato è possibile riscontrare percentuali elevatissime di attività di monitoraggio dei livelli di gradimento degli stakeholder e dei bisogni formativi, dall’altro non è possibile non constatare che, nella stragrande maggioranza dei casi, la comunicazione delle scuole si riduce a colloqui con gli studenti e le famiglie. Partendo dalla consapevolezza di tali criticità la ricerca azione si è orientata verso due aree di indagine: a) la verifica dei livelli di congruenza interna delle scelte operate per apportare i correttivi necessari; b) la definizione di strategie e strumenti finalizzati a stimolare la riflessione e la “declinazione operativa” dei principi cardine discendenti dall’elaborazione teorica complessa (la dialogicità, lo sviluppo integrato, la transdisciplinarietà, la flessibilità della progettazione formativa, l’individualizzazione/personalizzazione, la didattica partecipativa/laboratoriale, la valutazione e l’autovalutazione, la riflessività)15 . 14 De Anna F. (2005), Autonomia scolastica e rendicontazione sociale. Dal POF al Bilancio sociale, Franco Angeli, Milano. 15 Tutti elementi ampiamente ripresi ed evidenziati anche nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, 2012 213
  • 11. L’obiettivo fondamentale, in questa area della ricerca, è stato quello di contribuire a definire un modello non solo di analisi della qualità dell’offerta formativa ma soprattutto di proporre piste di ricerca teorico-operative idonee alla definizione di Piani dell’offerta formativa di qualità basati sul rigore scientifico e metodologico. Da questa prospettiva, infatti, non è più possibile riservare analisi frettolose e superficiali alla verifica dei livelli di applicazione dei modelli scelti e alla coerenza interna degli obiettivi, delle azioni messe in atto e degli esiti conseguiti. Non tanto per certificare carenze o eccellenze ma per garantire il costante incremento del sapere professionale mediante la pratica riflessiva secondo il nesso: prassi-teoria-prassi, teoria-prassi-teoria. Al contrario, si tratta di tener ben presenti e valorizzare le tre funzioni che i modelli svolgono: 1) la funzione euristica e orientativa della prassi, permettendo di guidare l’analisi della realtà e l’operatività di chi in essa agisce; 2) la funzione interpretativa, permettendo di costruire gli indicatori di verifica dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi posti a fondamento dell’azione;3) la funzione esplicativa della realtà stessa, permettendo di costruire la teoria a partire dall’osservazione della realtà16 . Lungo questo orizzonte di senso, la ricerca azione è stata finalizzata a: a) stimolare l’approfondimento degli approcci teorico-pratici di riferimento; b) l’elaborazione di matrici progettuali ed operative coerenti con i modelli prescelti; c) la progettazione e la validazione di strumenti di analisi qualitativa e valutazione di processo idonei a monitorare i livelli di applicazione, coerenza ed efficacia delle procedure messe in atto. 16 Dal Pra Ponticelli M. (1985), I modelli teorici di servizio sociale, Astrolabio Ubaldini, Roma.  214
  • 12. 4.4 La documentazione di processo nell’ottica dell’offerta formativa integrata La centralità dei processi di documentazione per la promozione della cultura della qualità dell’offerta formativa è stata riconosciuta a diversi livelli e non ultimo dal IV protocollo d’intesa tra il MIUR e la Confindustria17 del 24/07/2002 e dalle successive Linee guida “Per una scuola di qualità”. In coerenza con gli assunti teorici e metodologici di riferimento fin qui descritti, nelle Linee guida si puntualizza che la cultura della qualità, attraverso la ricerca e la sperimentazione di modelli di progettazione integrata, costituisce un sostegno irrinunciabile al governo di un sistema formativo integrato che interagisce con l'esterno. Si evidenzia, inoltre, che è attraverso la pianificazione formalizzata in funzione di chiari obiettivi formativi, la gestione controllata delle unità di apprendimento, la verifica e la valutazione delle competenze acquisite dagli allievi, delle attività e delle scelte strategiche e organizzative, si garantisce che ogni singola attività concorra al conseguimento degli obiettivi; che per la costruzione delle Unità di Apprendimento 17 Con il protocollo il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e la Confindustria si impegnano a promuovere, sostenere e sviluppare iniziative di consultazione permanente sui problemi relativi al miglioramento dei livelli qualitativi del sistema di istruzione e formazione allo scopo di mettere i giovani nelle condizioni di essere protagonisti consapevoli del loro progetto di vita e di sviluppo. A tal fine nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, ricercano e sperimentano, d'intesa, modelli che favoriscano il loro raccordo permanente con l'obiettivo di potenziare l'autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e di sviluppo della scuola e dell'università, nella dimensione nazionale, locale ed europea. Nell'ambito delle finalità di collaborazione si concorda di dare priorità alle seguenti tematiche ed aree di intervento: la qualità del servizio scolastico; le azioni di supporto all'autonomia delle istituzioni scolastiche statali e paritarie; l'orientamento scolastico, pre e post-universitario; l'innovazione del sistema scolastico ed universitario, con particolare riguardo agli ordinamenti del settore scientifico e tecnico; l'educazione permanente degli adulti, ed in particolare la formazione continua e ricorrente dei lavoratori; l'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore; l'alternanza scuola-lavoro; la formazione del personale della scuola; la formazione dei dirigenti dell'amministrazione centrale e periferica; la collaborazione tra scuole, università e imprese, con particolare riferimento al Mezzogiorno; lo sviluppo delle nuove tecnologie educative a distanza; la valorizzazione delle scuole paritarie e delle Università non statali legalmente riconosciute; la partecipazione ai programmi comunitari. 215
  • 13. sono rilevanti la ricerca, la progettazione e la sperimentazione di percorsi che presentino coerenza tra obiettivi, attività, strategie organizzative e risultati. Si sottolinea pertanto, il ruolo strategico della documentazione che permette di formalizzare chi fa - che cosa - quando, di stabilire cioè le responsabilità per ogni attività, la sequenza rigorosa delle operazioni, i controlli e le misurazioni necessari. Solo il controllo continuo delle attività garantisce la conformità del processo ai requisiti fissati in fase progettuale, il raggiungimento degli obiettivi, l'andamento e i risultati del processo stesso: diviene, dunque, strumento per la garanzia del soddisfacimento dei requisiti che caratterizzano l'offerta formativa di ogni singola istituzione. La documentazione consente, inoltre, la riproducibilità del processo secondo le modalità fissate e indipendentemente dalla figura dell'operatore, permettendo la valorizzazione del patrimonio di esperienze realizzate, con conseguente implementazione e diffusione delle buone pratiche, a vantaggio dello sviluppo e della competitività dell'intero sistema di istruzione e formazione. La raccolta sistematica ed organizzata di materiale documentale garantisce, peraltro, la trasparenza e sostiene la comunicazione, il confronto e la collaborazione in una dimensione locale, nazionale, europea. Nella consapevolezza di tale ruolo strategico, la ricerca azione si è orientata verso: a) la condivisione di matrici comuni di progettazione, monitoraggio e valutazione; b) la progettazione di protocolli di archiviazione e pubblicazione dei materiali prodotti; c) la progettazione e diffusione di materiale informativo; d) la progettazione, implementazione e pubblicazione del materiale inerente l’attività valutativa ad ampio raggio; d) la progettazione e l’implementazione di pagine web ad accesso libero. 216
  • 14. 4.5 Campi d’indagine, strumenti ed acquisizioni realizzate nell’ambito della sperimentazione metodologico-didattica I campi d’indagine della ricerca azione hanno, dunque interessato la sperimentazione e l’innovazione metodologica e didattica; la progettazione, la valutazione e la documentazione del Piano dell’Offerta Formativa; il coinvolgimento degli stakeholder sia nella fase di progettazione sia nella fase di valutazione del POF; l’arricchimento dell’offerta formativa e la progettazione della quota oraria destinata al curricolo locale; la valutazione delle competenze degli allievi in ottica formativa; la valorizzazione delle competenze extrascolastiche, l’analisi qualitativa e la valutazione di processo nell’ambito dei progetti PON e POR – Campania. Anche se sviluppati in tempi e contesti diversi, i materiali prodotti contribuiscono a definire un modello complessivo originale e coerente con le ricerche che si stanno sviluppando e realizzando a livello internazionale nell’ottica del bilancio sociale. Metodologie, strumenti di rilevazione e di analisi, di rappresentazione grafica, pratiche documentali e di sensibilizzazione che si sono affinate nel tempo, fino a raggiungere la loro espressione più compiuta nell’ambito della programmazione PON 2007/2013, che ha visto coinvolto l’estensore della tesi in qualità di progettista, coordinatore e referente per la valutazione in diverse istituzioni scolastiche di Napoli e provincia. Un modello che ha mostrato nel tempo di essere in grado di indagare fino in fondo i processi attivati dalle istituzioni scolastiche, individuando non solo con precisione le positività e le criticità per ciascuna area di indagine, ma anche offrendo chiari spunti di riflessione per poter sviluppare strategie alternative in relazione agli esiti di volta in volta rilevati. Una profondità che spesso, se non sempre, ha generato atteggiamenti di chiusura e di rifiuto, anche e soprattutto da parte dei Dirigenti scolastici che, rispetto alle 217
  • 15. evidenze, hanno mostrato da un lato una certa difficoltà ad accettare i limiti sostanziali emersi e dall’altra a modificare assetti organizzativi “stabili” e prassi consolidate. Atteggiamenti che hanno portato all’interruzione dei processi di analisi e miglioramento o alla loro burocratizzazione, limitando i livelli di confronto esterno ed interno e lasciando inalterati gli equilibri organizzativi e le dinamiche decisionali. Difficoltà e reticenze che trovano giustificazione anche dalla possibilità offerta dai sistemi “istituzionali”18 non solo di conseguire, comunque, certificazioni di qualità che servono a mostrare un’immagine positiva della scuola, e quindi dell’operato della dirigenza, ma che soprattutto, non entrando mai nello specifico dei processi decisionali e delle pratiche riflessive (a tutti i livelli) non incidono in maniera significativa sulle “consuetudini” e sulle posizioni “consolidate”, anzi paradossalmente finiscono per consolidarle e legalizzarle. Ed è forse proprio questa una delle cause principali del permanere di forme diffuse di tradizionalismo didattico e degli scarsi livelli di competenza dei giovani italiani rispetto ai coetanei europei. Infatti, nonostante il progresso della ricerca teorico-pratica, le innovazioni normative e lo stanziamento di fondi speciali19 (a livello locale, nazionale ed europeo) per arginare il fenomeno dell’insuccesso e dell’abbandono scolastico, i livelli di innovazione prodotti dalle istituzioni scolastiche negli ultimi 30/40 anni risultano davvero pochi, se non inesistenti. 18 Ci si riferisce alla certificazione che rilasciano i poli qualità, istituiti presso gli USR, a seguito della realizzazione di protocolli valutativi e a quelle conseguibili partecipando ai progetti CAF for MIUR, VALES o VSQ, a cui si è fatto ampio riferimento nel capitolo precedente. 19 Come testimoniato dal rapporto del CENSIS (2013) , La crisi sociale del mezzogiorno, all’incremento esponenziale della spesa pubblica per l’istruzione e la formazione non è corrisposto un incremento dei livelli di apprendimento e di competenze ed il tasso di abbandono scolastico è al 21,2% rispetto al 16% del Centro-Nord. Alle scuole della Campania è attualmente concesso di poter accedere contemporaneamente e per le stesse finalità e, quindi alunni, ai finanziamenti previsti dai PON, dai POR regionali, dai fondi contrattuali per le Aree a Rischio e da altri progetti promossi da enti locali o nazionali.  218
  • 16. Così non ci si meraviglia nemmeno più di tanto se, nonostante la particolare attenzione prestata ai processi di certificazione della qualità, di valutazione delle competenze degli allievi e di documentazione delle azioni attivate diffusasi in modo ancora più evidente negli ultimi anni, risulta particolarmente difficile trovare “buone prassi” che si siano caratterizzate per scientificità dell’impostazione e delle strategie di validazione, e che pertanto siano assurte a livelli di interesse nazionale. In tempi socialmente e tecnologicamente meno favorevoli, invece, la nostra tradizione didattica, andando oltre il quadro istituzionale rigidamente regolamentante, è stata capace di far emergere esperienze innovative di altissimo spessore. Questo dato qualche riflessione più approfondita dovrebbe pur stimolarla. 4.5.1 La metodologia enattiva e la didattica non lineare L’attività di ricerca azione inizia nel 1997 quando, con il Decreto ministeriale 765 del 27 novembre 199720 , si autorizzavano nel quadro di un programma da realizzare in ambito nazionale, sperimentazioni volte a promuovere e sostenere i processi di autonomia delle istituzioni scolastiche. In quell’anno mi resi promotore di un progetto di sperimentazione metodologico - didattica dal titolo «Autonomia scolastica: tra innovazione metodologica e ampliamento dell’offerta formativa»21 . 20 Il decreto stabiliva che in attesa della piena adozione dei regolamenti di cui all'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, venivano autorizzate, nel quadro di un programma da realizzare in ambito nazionale, sperimentazioni volte a promuovere e sostenere i processi di autonomia delle istituzioni scolastiche sui seguenti aspetti: adattamento del calendario scolastico; flessibilità dell'orario e diversa articolazione della durata della lezione nel rispetto del monte ore annuale complessivo previsto per ciascun curriculum e per ciascuna delle discipline ed attività comprese nei piani di studio, fermi restando la distribuzione dell'attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi; articolazione flessibile del gruppo classe, delle classi o sezioni, anche nel rispetto del principio dell'integrazione scolastica degli alunni con handicap; organizzazione di iniziative di recupero e sostegno; attivazione di insegnamenti integrativi facoltativi; realizzazione di attività organizzate in collaborazione con altre scuole e con soggetti esterni per l'integrazione della scuola con il territorio; iniziative di orientamento scolastico e professionale. 21 Formulario progetto di sperimentazione, doc. n° 3 in appendice. 219
  • 17. Il progetto triennale, realizzato in rete tra il 2° Circolo didattico e la Scuola Media Statale “ Francesco d’Assisi” di Sant’Anastasia, si presentava come “la risultante di una progettualità operata nella prospettiva di continuità e unitarietà-organicità dell’offerta formativa «sul» e «per» il territorio”, al fine rivitalizzare la qualità dell’offerta formativa, di favorire i processi di integrazione dei soggetti portatori di handicap e di combattere il fenomeno della dispersione scolastica. Inoltre, nella prospettiva di intervento intenzionale e calibrato in un «unico progetto formativo», le scuole consorziate si proponevano come «centro di ricerca» aperto al territorio e come centro di «consulenza didattica», intendendo tale operazione progettuale come risorsa per la realtà scolastica locale. Coerentemente con questa impostazione erano stati realizzati protocolli d’intesa22 e stipulate convenzioni con l’Università di Salerno, il W.W.F. Campania, l’ Associazione Interculturale per la lettura “H. Finn”, la Coldiretti di Somma Vesuviana, il comune di Sant’Anastasia e alcuni artigiani locali. La progettazione partiva dall’identificazione del problema, individuato nelle difficoltà riscontrate dagli operatori scolastici nell’affrontare casi di difficoltà di apprendimento, di difficili interazioni relazionali, di insuccesso scolastico, di insofferenza verso l’ ambiente scuola e del conseguente senso di frustrazione e di impotenza che provano allorquando devono prendere atto che la consolidata prassi didattica, difficilmente offre punti di riferimento specifici per determinare l’ approccio migliore a tali problematiche. Rispetto a questa palese crisi della prassi didattica giornaliera, il progetto proponeva di rivolgere l’attenzione verso alcuni studi nel campo della pedagogia e della didattica moderna, che evidenziavano il contrasto esistente tra insegnamento 22 Modello di protocollo d’intesa, doc. n° 4 in appendice  220
  • 18. istituzionale, caratterizzato da astrazione-linearità-formalizzazione, e tipo di apprendimento spontaneo degli allievi, a prevalente carattere enattivo-non lineare23 . Il modello di riferimento scelto per sviluppare l’attività di ricerca azione, fu dunque quello della metodologia enattiva e della didattica non lineare. Tale modello si è sviluppato a partire dalla consapevolezza che l’apprendimento si articola sui due livelli della conoscenza (quello di risposta che corrisponde alla logica del programma; quello legato alle ristrutturazioni interne e all’azione creatrice, che corrisponde alla logica strategica) e presenta una metodologia che recupera in pieno la dimensione corporea e la funzione centrale che la comunicazione (intesa come fattore che contribuisce in modo fondamentale al processo di con-crescita docente/alunno) occupa nel processo di sviluppo della personalità. Proprio partendo da questo tipo di orientamenti teorici, si elaborò un’ipotesi progettuale finalizzata a: 1) integrare le tradizionali tecniche di insegnamento che tendono di norma a privilegiare il pensiero logico, mediante l’introduzione di modalità di insegnamento/apprendimento che sfruttando e potenziando le capacità immaginative ed operative degli alunni, risultassero più adeguate a promuovere il pieno sviluppo dei processi di conoscenza e di crescita integrata; 2) sperimentare strumenti idonei a garantire l’ effettiva realizzazione della Continuità educativa e didattica; 3) realizzare interventi integrativi dell’offerta curricolare orientati a 23 Per la teoria enattiva, la conoscenza è il processo continuo che modella il nostro mondo mediante il gioco reciproco tra vincoli esterni e l’attività generata internamente. Nella dimensione attuale della società postmoderna, le origini di questo processo reciproco sono ormai perdute, ma è proprio l’accento posto sulla “codeterminazione” che distingue il punto di vista enattivo da ogni forma di costruttivismo e di neo-kantismo biologico. Nella teoria enattiva la cognizione viene, dunque, intesa come “azione incarnata”: in primo luogo, incarnata, perché dipende dal tipo di esperienza derivante dal possesso di un corpo con diverse capacità senso-motorie; in secondo luogo perché, tali capacità senso-motorie individuali sono esse stesse incluse in un contesto biologico, psicologico e culturale più ampio; in secondo luogo, azione, per evidenziare che nella cognizione vissuta, i processi sensori e motori, la percezione e l’azione sono fondamentalmente inscindibili. È a questo punto che emergono i significati più rilevanti dal punto di vista dell’educazione: la cognizione non può essere vista come la risoluzione di problemi per mezzo delle rappresentazioni, bensì come l’emergenza, la creazione di un mondo. Ciò significa che essa è azione comune; che essa è azione responsabile. Dunque nella prospettiva enattiva l’apprendimento è considerato come costruzione di un mondo comune del quale ciascuno è responsabile. 221
  • 19. garantire la formazione delle abilità di base per l’inserimento nel mondo del lavoro, in particolare per le professioni di: giornalista, scrittore, artigiano, operatore nel settore ambientale, operatore informatico; 4) realizzare interventi di formazione comune; 5) realizzare interventi formativi che richiedono un’interazione continua con il territorio di appartenenza . Per concretizzare tali finalità furono previsti e realizzati laboratori multimediali, ambientali e di scrittura creativa, in orario curricolare, sia perché in essi potevano essere sviluppate attività applicative ed elaborative di grande efficacia, sia perché rappresentavano una chiara espressione della volontà di definire elementi concreti di continuità educativa verticale, che troverà ulteriori sviluppi nella definizione di curricoli, di prassi e procedure comuni. Riassumendo, il presupposto teorico di partenza era che al tipo di apprendimento spontaneo degli allievi, a prevalente carattere enattivo-non lineare, non facesse riscontro un insegnamento istituzionale adeguato, conservando quest’ ultimo dominanti caratteristiche di astrazione-linearità-formalizzazione. La sperimentazione intendeva verificare l’ipotesi se ad un tipo di insegnamento immersivo-reticolare-enattivo, insieme all’ ampliamento dell’ offerta formativa e una più funzionale organizzazione dei tempi e degli spazi, corrispondesse un sostanziale incremento delle capacità di comprensione degli allievi con incidenza maggiore, rispetto alle attuali pratiche educative, per i soggetti portatori di handicap. Altri punti di riferimento importante, per l’impianto teorico progettuale, furono ritenuti l’approccio psico-pedagogico delineato da Carl Rogers24 e le tecniche 24 Esponente di spicco della psicologia umanistica, centra l’educazione sull’impegno personale e la capacità di iniziativa e auto valutazione dello studente, la congruenza dell’insegnante come persona genuina e reale, la sua capacità di empatia e di facilitazione del processo di maturazione dei suoi studenti, la significatività esistenzialmente verificabile dei contenuti proposti, la soluzione democratica e collaborativa dei problemi. Sul piano didattico tali principi si traducono in sequenze operative coerenti tra loro e realizzate in modo da avere un andamento processuale organico e sinergico. Corollario di questi presupposti è che all’educatore spetta il compito di promuovere la realizzazione di un “setting” educativo 222
  • 20. elaborate da Thomas Gordon25 per l’incremento dell’efficacia delle relazioni e della comunicazione nel processo di insegnamento - apprendimento. L’ipotesi di lavoro prevedeva le seguenti fasi di ricerca-azione: a) 1° anno - Costituzione del gruppo: presentazione del lavoro, formazione del gruppo, precisazione della meta, training del gruppo; a.1) la Ricerca: definizione del problema, abitudine agli strumenti della ricerca, analisi dei dati, ipotesi di azione; a.2) l’Azione: definizione dell’azione, sviluppo del piano, inizio, attuazione del piano. b) 2° anno - Attuazione del piano; c) 3° anno - Verifica e valutazione dell’azione: verifica dei dati mediante prove di competenza degli allievi e rilevamento dei progressi; elaborazione di un ipermedia per narrare l’azione. Le attività avrebbero coinvolto: le sezioni della Scuola materna - plesso Santa Caterina da Siena; una I-II-IV Classe - modulo della Scuole Elementare - plesso Santa Caterina da Siena; due I Classe di Scuola Media Inferiore; una II e III sezione di scuola materna plesso “A. Sodano”; le classi prime del plesso “A. Sodano”. Il primo quesito a cui bisognava rispondere, “in che modo è possible migliorare la qualità dell’offerta formativa rispetto alle emergenze educative generali e di che faciliti nell’individuo e nei gruppi questa impresa di progressiva autogestione del progetto di comprendere ed essere se stesso. L’interesse, in tal modo, si sposta dai contenuti e dalle metodologie didattiche alla qualità della relazione, alla intenzionalità, ai processi di comunicazione e interazione, alla capacità dell’insegnante di facilitare gli alunni nella soluzione dei loro problemi e di essere congruente e trasparente nella ricerca di una soluzione ai suoi stessi problemi. 25 T. Gordon, psicologo americano, è famoso per l’invenzione del metodo centrato su due competenze comunicative fondamentali (l’ascolto attivo e il messaggio-io) e sull’assunto che i conflitti non si possono risolvere con l’uso di tecniche coercitive, che hanno semplicemente l’effetto di danneggiare irreparabilmente le relazioni: molto meglio la comunicazione utilizzata nella dovuta maniera. Oltre queste competenze fondamentali, il metodo Gordon mette in mostra ben 12 barriere alla comunicazione: si tratta di atteggiamenti che caratterizzano il non ascolto e che in un certo senso limitano il potenziale della comunicazione. Per questo vanno limitate ed evitate il più possibile:Ordinare, esigere; Minacciare; Fare la morale; Dare soluzioni già pronte; Persuadere con argomentazioni logiche; Giudicare, disapprovare, criticare; Fare complimenti e approvare immeritatamente; Umiliare, ridicolizzare; Interpretare, analizzare i comportamenti altrui; Consolare, minimizzare; Cambiare argomento;Indagare, interrogare. 223
  • 21. contesto?>>, aveva dunque trovato riscontro nell’attività di studio e successivamente di condivisione di gruppo e collegiale che aveva individuato come punto di riferimento l’elaborazione teorico-pratica della metodologia enattiva e didattica non lineare da un lato, e dall’altro dell’approccio psico-pedagogico di C. Rogers e di T. Gordon. Per quanto concerne gli altri quesiti, «come tradurre le opzioni teoriche in pratiche ordinarie e renderle trasparenti in modo da evidenziare il valore educativo aggiunto di “questa” scuola rispetto alle altre?» «Quali strumenti utilizzare per garantire l’efficacia del metodo utilizzato, ovvero tenere sotto costante controllo il nesso teoria-prassi-teoria?» «Quali riflessioni riservare al fattore tempo e quali strumenti utilizzare per monitorare la qualità dei tempi nella didattica?» «Qual è il ruolo della comunicazione nei processi di apprendimento?» «Come favorire e documentare i processi comunicativi?», la ricerca azione si è concretizzata per un verso nella progettazione, condivisione e realizzazione di un percorso di formazione dei docenti sulle tecniche di comunicazione e la qualità dell’intervento educativo, l’alfabetizzazione informatica e la costruzione di software ipermediali, l’educazione ambientale26 ; per l’altro verso sia promuovendo il cambiamento della didattica in classe mediante nuove modalità organizzative, l’applicazione sistematica delle tecniche della comunicazione efficace e la strutturazione di strumenti di raccolta di dati e di analisi finalizzati alla verifica dei livelli di applicazione delle metodologie apprese durante la fase di formazione, sia mediante l’attivazione di cinque laboratori condotti da esperti esterni, (educazione ambientale, lettura e scrittura creativa, multimediale, psicomotorio e di musicoterapia) individuati come ambienti di apprendimento in cui il bambino potesse esprimere tutto il potenziale personale e creativo. 26  Progetto formazione operatori coinvolti, doc. n° 5 in appendice  224
  • 22. Per quanto concerne l’innovazione didattica, il gruppo di ricerca azione, fu invitato ad individuare forme organizzative e strategie operative, coerenti con l’ipotesi teorica di partenza e con gli indicatori di qualità dedotti dallo studio della legge delega sull’autonomia scolastica e dal regolamento attuativo27 . Nella scuola dell’infanzia l’innovazione doveva essere garantita dalla predisposizione di angoli di attività (pittura, modellaggio, gioco simbolico, lettura di immagini) a cui i bambini potevano avere libero accesso e che sarebbero stati strutturati in modo da stimolare la creatività e la libera esperienza dei bambini. Le insegnanti avrebbero dovuto svolgere un ruolo più da osservatrici dell’attività che da “direttrici” delle stesse: la maggiore attenzione al fare libero dei bambini, avrebbe consentito loro di comprendere meglio i bisogni di crescita di ognuno. Avrebbero dovuto, inoltre, dedicare maggiore attenzione alle attività motorie e psicomotorie fondamentali in questa fase dello sviluppo della persona. Per i bambini di 5 anni erano, infine, previste ore di attività laboratoriali (multimedialità, educazione ambientale, lettura e scrittura creativa, musicoterapia, psicomotricità) in piccoli gruppi in modo da poter sviluppare il potenziale personale di ognuno e offrire nuovi campi di esperienza, ritenuti più stimolanti per lo sviluppo degli stessi. Le ore di compresenza delle insegnanti non dovevano più essere destinate alla sola assistenza mensa, ma soprattutto alle attività per gruppi misti di alunni, della stessa sezione o di sezione diversa. Per la scuola elementare, fu previsto l’aumento delle ore di compresenza (2 insegnanti presenti durante le stesse ore), in modo tale da poter dividere il gruppo classe in 2 sottogruppi in base alla necessità di sviluppo dei bambini. 27 Legge n. 59/97 e D.P.R. n. 275/99 225
  • 23. Dovevano, inoltre, essere attivate metodologie che comportassero maggiore possibilità di esperienza diretta da parte degli alunni e soprattutto maggiore attenzione al modo di essere e di pensare di ogni bambino: doveva essere incrementato il tempo del dialogo e del confronto ed essere predisposte attività più rispettose dello sviluppo psicologico in relazione all’età e ai diversi bisogni. Anche per i bambini della scuola elementare era prevista la fruizione dei laboratori (multimediale, ambientale, lettura e scrittura creativa, musicoterapia, psicomotricità) che doveva avvenire sempre con il criterio dei piccoli gruppi: quando un gruppo era impegnato in laboratorio, l’altro gruppo determinato in base al livello di sviluppo raggiunto, sarebbe stato impegnato in classe in attività di recupero o sviluppo; dopo un’ora i gruppi avrebbero invertito le attività. Le attività di recupero, sarebbero state finalizzate al potenziamento delle abilità non ancora del tutto acquisite; le attività di sviluppo, all’acquisizione di abilità di livello superiore. La stessa impostazione fu prevista anche per la Scuola Media, ma nel caso specifico, per poter consentire un maggior rispetto dei diversi tempi di apprendimento si realizzò la modifica dell’orario dei docenti e dei ragazzi in modo tale da ottenere ore di compresenza (2 insegnanti presenti in classe durante le stesse ore) che potessero consentire di dividere in due sottogruppi il gruppo classe e, quindi, poter calibrare l’intervento didattico in base alle diverse esigenze dei ragazzi. L’ora fu ridotta a 50 minuti e in questo modo, ciascun docente poteva svolgere 3 ore di compresenza settimanali, a tutto vantaggio degli alunni. Per le attività di laboratorio (Educazione ambientale e Lettura e Scrittura Creativa, Psicomotricità, Musicoterapia, gestiti dal W. W. F. Campania, dall’Associazione interculturale per la Lettura, dalla Coldiretti e operatori qualificati) il gruppo di ricerca azione composto dagli esperti esterni, dall’operatrice tecnologica Concetta 226
  • 24. Fricchione e dagli insegnanti, stabilì le attività da svolgere e le modalità operative ritenute più idonee: la presenza degli esperti era prevista ogni 15 giorni, in tal modo quando le attività erano condotte dall’esperto, l’insegnante che guidava il piccolo gruppo in laboratorio partecipava alle attività annotando tutti i passaggi realizzati; durante la settimana successiva, doveva essere il docente/osservatore a guidare le attività di laboratorio. In questo modo si sarebbe garantita anche la formazione in azione dei docenti curricolari e l’incremento di competenze trasversali legate all’apprendimento non formale. Parallelamente allo svolgimento del percorso di formazione furono attivati incontri di lavoro28 per la realizzazione delle azioni da mettere in atto e degli strumenti operativi da utilizzare nel corso del secondo anno, secondo uno schema di sintesi29 (vedi tabella 1) elaborato tenendo presenti gli indicatori di qualità individuati dallo studio del Regolamento delle Istituzioni Scolastiche in regime di autonomia30 . 28 I partecipanti, che aderirono liberamente, ebbero accesso ai compensi previsti a carico del Fondo d’Istituto. 29 Tabella di rilevazione delle attività progettate e realizzate, doc. n° 6 in appendice  30 Tutti i materiali pubblicati nel sito internet dell’Istituto Comprensivo “ Contrada Romani” - http://space.tin.it/scuola/salsquil, sono consultabili nel cd allegato in appendice (doc. n° 7). 227
  • 25. Tabella1 Lo schema di sintesi è parte integrante del sistema di monitoraggio ideato dall’estensore della tesi con il supporto tecnico-informatico del Sig. Carotenuto Antonio, rappresentante di classe e successivamente presidente del Consiglio di Istituto31 . Il sistema di monitoraggio32 era articolato secondo 5 direttrici principali: 1. rilevazione delle attività e dei tempi destinati all’incremento della comunicazione e dell’interazione significativa in aula; 2. rilevazione dello scarto esistente tra qualità progettata e qualità realizzata; 3. rilevazione delle capacità di comprensione e di apprendimento degli alunni; 4. rilevazione della qualità percepita. 5. autovalutazione. 31 Anche questo è un dato significativo dei livelli di condivisione, trasparenza e coinvolgimento attivo degli stakeholder che furono generati dal progetto di sperimentazione dell’autonomia didattica. 32 Documento di presentazione dell’attività di monitoraggio, doc. n° 8 in appendice. 228
  • 26. Il monitoraggio delle attività riferite all’applicazione della metodologia enattiva e della didattica non lineare, ha riguardato la rilevazione dei tempi destinati alla comunicazione e al rispetto dei ritmi e dei tempi di apprendimento degli alunni. Oggetto di rilevazione, dunque, sono stati i tempi destinati alla: didattica lineare didattica non lineare Per la rilevazione dei tempi destinati alla didattica lineare furono individuate le seguenti attività: Lezione frontale Lavori collettivi Interrogazioni Per la rilevazione dei tempi rapportabili alla didattica non lineare: Brainstorming esperienziale Brainstorming operativo Lavori di gruppo L’indicatore per la rilevazione della capacità del gruppo docente di riformulare l’offerta formativa in base ai ritmi ed agli stili di apprendimento degli alunni, fu individuato nella quantità di modifiche apportate dai docenti alla programmazione in riferimento al numero degli incontri previsti a tale scopo.(vedi tabella 2, 3, 4, 5) I docenti dovevano riportare nella scheda di rilevazione33 il tempo destinato a ciascuna delle attività indicate (ogni 30 minuti) per ciascuna area di indagine, così come al termine delle attività dovevano relazionare circa le positività e negatività rilevate in merito a ciascun indicatore di qualità34 . 33 Scheda rilevazione attività d’aula, doc. n° 9 in appendice 34 Modello relazione docenti, doc. n° 10 229
  • 28. Tabella 4 Tabella 5 Rispetto alla progettazione, la valutazione e la documentazione del Piano dell’Offerta Formativa, la ricerca azione doveva individuare le risposte alle seguenti domande: a) «come è possibile definire un’ipotesi di Piano che sia coerente con le finalità del processo di autonomia scolastica?» b) «quali strategie e quali strumenti è possibile utilizzare per coinvolgere gli attori sociali nella progettazione e nella valutazione del POF?» c) «quali strategie e strumenti utilizzare per documentare le 231
  • 29. attività realizzate?» d) «come strutturare l’attività di verifica e valutazione del POF?». Per la progettazione del POF si è proceduto partendo dalla consapevolezza della necessità di prevedere e predisporre occasioni di ricerca , studio e approfondimento rispetto del Regolamento delle Istituzioni Scolastiche. In tal senso furono organizzati gruppi di studio a livello di sezione/classe/interclasse in modo da favorire non solo la conoscenza del testo normativo di riferimento, ma anche il confronto tra i docenti e la predisposizione progettuale delle azioni che si intendevano mettere in atto al fine di garantire il massimo rispetto delle finalità generali indicate dal suddetto documento. Per rendere più concreta l’azione di studio e di ricerca, metodologica- organizzativa-didattica, ogni gruppo avrebbe dovuto stilare una relazione scritta seguendo il seguente schema di lavoro: a) lettura ed elaborazione collettiva di uno schema di sintesi sugli aspetti innovativi introdotti dal Regolamento; b) individuazione degli elementi caratterizzanti l’innovazione didattica e organizzativa (indicatori) ed elaborazione delle azioni che si intendono mettere in atto al fine di consentirne l’applicazione per ciascun indicatore individuato (vedi tabella 7); c) individuazione di criteri di verifica e valutazione al fine di rendere effettiva l’autoanalisi di istituto e dell’azione didattica; d) esplicitazione, in base al confronto delle professionalità del gruppo, di proposte e progettazioni di massima di attività extracurricolari da inserire nel POF; e) predisposizione di un elenco di materiali di cui si auspica l’acquisto (grandi e piccoli sussidi, materiale di facile consumo). Le relazioni elaborate sarebbero state oggetto di analisi e confronto in collegio dei docenti al fine di scegliere quali azioni inserire annualmente nel POF35 . 35 Pof 2000/2001, doc. n° 11 in appendice 232
  • 30. Gli indicatori individuati (vedi tabella 6) come aree di esplicitazione progettuale furono: l’identità educativa e formativa36 , l’analisi del territorio, la progettazione curricolare (mediante la definizione condivisa degli obiettivi minimi/massimi disciplinari), la valorizzazione delle diversità (attraverso la regolazione dei tempi dell’insegnamento e delle attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni e adottando forme di flessibilità37 ), i bisogni formativi, le strategie educative, la flessibilità del gruppo classe, l’individualizzazione, la continuità, il recupero ed il sostegno, la verifica e la valutazione, l’ampliamento dell’offerta formativa, le funzioni obiettivo. Tabella 6 36 Lo slogan individuato era: “crescere e apprendere insieme”. 37 Articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina; definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria; attivazione di percorsi didattici individualizzati ; articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso; aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari   233
  • 32. Una delle problematiche maggiori da affrontare, sia per i livelli di diffidenza che il personale scolastico mostra nei confronti dell’utenza sia per i livelli di scarsa interazione “progettuale” esistenti tra ente locale e istituzioni scolastiche, fu quella delle interazione con gli stakeholder locali. Non è un caso, infatti, che nel POF relativo all’anno 2000, veniva evidenziato che “in assenza del Piano dell’Offerta Formativa Territoriale e di risposte alle sollecitazioni fatte pervenire ai responsabili dell’Ente Locale, l’Istituto Comprensivo avrebbe predisposto autonomamente accordi diretti con le diverse realtà locali per favorire l’integrazione scuola/territorio”38 . Rispetto quindi al problema del coinvolgimento dell’ente locale e degli altri portatori di interesse (associazioni, ASL, imprese, ecc), la ricerca definì due livelli d’intervento: da un lato furono stabiliti incontri con i diversi attori locali in cui veniva presentata l’ipotesi di POF, verificati gli interessi comuni e le possibilità di collaborazione, dall’altra furono predisposti modelli di protocolli d’intesa e/o convenzioni, oltre che bozze di regolamenti per l’istituzione di organismi di progettazione integrata, a livello comunale39 . Tali modalità, portarono alla definizione di un buon numero di accordi progettuali per la realizzazione di attività scolastiche curricolari ed extra, condotte da esperti individuati dai diversi portatori d’interesse: dalla Protezione civile alla Coltivatori diretti, dall’Arci al WWF Campania, passando per numerose altre entità locali e nazionali. Non solo, crearono anche una maggiore attenzione politica, intorno al mondo della scuola che per la prima volta si stava muovendo non solo e non più come fruitore di servizi, ma come motore di cambiamento e come supporto alle scelte di 38 POF a.s. 2000/2001 (doc. n° 11), p. 3 39 Bozza regolamento per l’istituzione dell’Osservatorio ambientale del Comune di Sant’Anastasia, doc. 12 in appendice 235
  • 33. carattere generale generando processi di collaborazione progettuale nell’ambito delle politiche scolastiche, ambientali e sociali. Tant’è che lo scrivente fu chiamato a formare e coordinare un gruppo di lavoro (a cui parteciparono genitori e rappresentanti di associazioni) per l’elaborazione di uno studio per la formulazione del Piano di dimensionamento scolastico40 delle scuole del territorio di Sant’Anastasia41 . Anche in questo caso l’intervento si caratterizzò come processo di ricerca azione in cui, a partire dalla chiarificazione teorica e normativa, la scientificità, l’accessibilità e la trasparenza dei dati e delle proposte furono i principi operatori (esempio rappresentazione dati, tabella 8). 40 In premessa si chiarisce che l’esigenza di uno studio approfondito che permettesse di conoscere la situazione reale delle strutture del territorio era nata da una serie di riflessioni poste dagli estensori dello studio (Izzo Corrado, Carotenuto Antonio) nella riunione convocata dall’Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Sant’Anastasia sull’annosa questione del reperimento di aule per il I° Circolo didattico e sul piano di razionalizzazione. Tali riflessioni hanno portato alla costituzione di una commissione di studio e alla conseguente realizzazione e stesura dello “ Studio di fattibilità delle strutture scolastiche del territorio  41 Proposta di Piano di dimensionamento scolastico, doc. n° 13 in appendice  236
  • 35. 238
  • 36. 239
  • 37. Per quanto concerne il coinvolgimento dei genitori, le azioni si differenziarono su tre livelli: informazione, supporto psico-pedagogico, rilevazione dei livelli di qualità percepita. Per il livello informativo furono predisposte le seguenti azioni e strumenti: a) il contratto formativo d’aula42 , con elaborazione di un modello comune per i tre ordini di scuola, che fu condiviso e consegnato alle famiglie e agli alunni; la diffusione di un libretto e di una brochure informativa su tutti gli aspetti della sperimentazione43 , condiviso in un incontro aperto con i genitori (circa 300), il gruppo di sperimentazione, gli esperti e il comitato tecnico scientifico; l’implementazione informatica della documentazione dell'intero percorso di sperimentazione per garantire la massima diffusione e trasparenza di tutti i passaggi effettuati durante la sperimentazione (sito internet) 44 . Il contratto formativo d’aula, in particolare consentiva non solo di sviluppare un’azione di informazione dettagliata sull’attività da realizzare e sugli impegni da assumere da parte dei docenti, degli alunni e dei genitori, ma soprattutto la strutturazione di questionari per la rilevazione della qualità percepita dagli utenti, con riferimento anche ai diversi aspetti delle modalità didattiche e relazionali dei singoli docenti coinvolti (in tabella 9 un esempio di questionario e di rappresentazione dei dati). Dagli esiti delle rilevazioni, si sarebbe partiti per individuare piste di lavoro e di miglioramento sia per quanto concerne la progettazione delle attività didattiche, sia per la definizione di percorsi di formazione rivolti al personale docente. 42 Modello contratto formativo d’aula, doc. n° 14 in appendice. 43 Brochure informativa, doc. n° 15 in appendice. 44 Vedi doc. n° 7 in appendice.  240
  • 39. 242
  • 40. 243
  • 41. 244
  • 42. Per garantire il supporto psico-pedagogico fu istituito uno Sportello di ascolto45 , progettato e condotto dall’estensore del presente lavoro di tesi, finalizzato a creare ulteriori occasioni di confronto sulle problematiche relative al rapporto alunno/insegnante, genitore/insegnante, genitore/figlio e a favorire il superamento delle situazioni di contrapposizione puntando alla valorizzazione del dialogo e della cooperazione educativa tra adulti al fine dell’attuazione di interventi condivisi. In tal senso, era prevista anche la possibilità di sperimentare e monitorare nuove forme di comunicazione scuola – famiglia che, su base giornaliera, tendessero ad evidenziare non solo gli aspetti negativi, ma soprattutto quelli relativi alla gratificazione dei comportamenti positivi46 . Per quanto concerne, infine, la valutazione complessiva del POF furono concordate e stabilite una serie di procedure e di strumenti utili alla rilevazione e rappresentazione dei dati. In particolare fu condivisa la necessità che i candidati a ricoprire il ruolo di funzione obiettivo, articolassero una proposta di piano di attività47 in relazione a quanto stabilito nel POF (in tabella 10 un esempio di piano, di relazione conclusiva e di questionario). In tal modo, il collegio dei docenti avrebbe potuto valutare, quali delle differenti proposte interpretative dei bisogni dell’istituto fosse più corrispondente alle reali esigenze. Non solo. Perché a partire dai piani presentati sarebbe stato possibile predisporre questionari di rilevazione dello scarto qualità progettata/realizzata e di gradimento delle azioni messe in atto48 , connotando di senso riflessivo le attività di valutazione 45 Progetto sportello d’ascolto, doc. n° 16 in appendice. 46 Kelley M.L. (2001), Comunicazioni scuola-famiglia,, Erickson, Trento. 47 Piano attività Funzione Obiettivo area 1, doc. n° 17 in appendice. 48 Questionario per la valutazione delle Funzioni Obiettivo, doc. n° 18 in appendice. 245
  • 43. finale delle funzioni obiettivo, che troppo spesso si caratterizzano come pratiche noiose e formali49 . Tabella 10 49 Non fu possibile sviluppare tale azione di monitoraggio, per il verificarsi di una serie di condizioni ostative, soprattutto da parte dei docenti di scuola media (nel frattempo il 2° Circolo si era trasformato in Istituto comprensivo). Condizioni a cui si rimanda nella parte che riguarda la presentazione degli esiti. 246
  • 44. 247
  • 45. 248
  • 46. 249
  • 47. Gli altri strumenti utilizzati per la valutazione del POF furono a) un questionario50 , organizzato per aree corrispondenti agli indicatori inseriti nel Piano dell’Offerta Formativa, per le verifica e la valutazione del livello di condivisione, del livello di applicazione delle opzioni educative ed organizzative e dei progetti messi in atto. La predisposizione degli strumenti utili al monitoraggio era demandata alle Funzioni obiettivo, mentre la valutazione degli esiti e delle conseguenti azioni al collegio dei docenti; b) strumenti di rappresentazione grafica (tecnica a cruscotto) utili ad una facile interpretazione dei dati51 (in tabella 11 un esempio di questionario e di rappresentazione dei dati). Tabella 11 50 Questionario per la valutazione del POF, doc. n° 19 in appendice 51 Grafici rappresentazione dati valutazione POF, doc. n° 20 250
  • 48. 251
  • 49. Naturalmente il complesso degli strumenti e delle metodologie utilizzate vennero presentate mediante la predisposizione e condivisione di documenti tecnici: le linee guida52 e le relazioni conclusive53 . Volendo riassumere gli esiti dell’intero processo di ricerca azione messo in atto presso il 2° Circolo didattico di Sant’Anastasia, divenuto I.C. “Contrada Romani” nell’a.s. 2000/2001, sembra possibile affermare che essa è riuscita senz’altro a promuovere processi di innovazione finalizzati alla messa in atto di un cambiamento sostanziale del modo di fare pratica didattica, più mirata al rispetto dei modi, dei tempi di apprendimento degli alunni, ma soprattutto più attenta alle dinamiche relazionali per garantire l’attivazione di un efficace processo di comunicazione. Infatti i primi dati rilevati, avevano evidenziato un incremento abbastanza significativo, anche se inferiore alle aspettative, dei tempi destinati alla comunicazione nelle classi sperimentali in rapporto ai dati rilevati nelle classi di 52 Linee guida attività di monitoraggio, doc. n° 20 in appendice. 53 Modello relazione finale attività di funzione, doc. n° 21 in appendice.  252
  • 50. controllo; inoltre, il gruppo di sperimentazione aveva effettuato un maggior numero di adeguamenti della programmazione in rapporto ai piani programmati, mostrando un’evidente tendenza ad adeguare i tempi dell’ insegnamento ai tempi dell’apprendimento. La lettura comparata delle tabelle di confronto tra qualità progettata e qualità realizzata aveva messo in evidenza uno scarto minimo tra ipotesi progettuale e azioni realmente attivate, così come gli esiti del monitoraggio della qualità percepita erano stati molto soddisfacenti, in quanto il livello di condivisione manifestato dai genitori era stato alquanto elevato. L’attività di auto valutazione aveva evidenziato, infine, un ottimo livello di condivisione delle scelte operate, soprattutto in riferimento all’effettiva ricaduta sull’attività di insegnamento – apprendimento. Definendo strumenti e strategie comunicative tenendo ben presenti sia i riferimenti teorici, sia gli esiti della ricerca didattica, sia le prescrizioni normative la ricerca azione è sicuramente riuscita a proporre un modello di progettazione e valutazione formativa capace di superare i limiti dell’autoreferenzialità, ponendosi come stimolo e sintesi delle esigenze territoriali da organizzare in un unico sistema formativo integrato. Attraverso la progettazione aperta ai contributi esterni, la politica della trasparenza totale e la costante ricerca del dialogo e del confronto, ha saputo proporre modelli operativi e strumenti di rilevazione idonei a valorizzare la partecipazione degli stakeholder locali e ad orientare politiche di cittadinanza attiva. Tali aspetti positivi contribuirono in modo fondamentale alla decisione dell’allora Provveditorato agli Studi di Napoli, di presentare l’esperienza di sperimentazione 253
  • 51. alla Fiera del libro di Bologna54 ed, in seguito al grande interesse riscontrato dagli operatori di settore di altre regioni, alla pubblicazione di parte dei materiali presentati55 , nel testo realizzato dal Polo Qualità di Napoli allora diretto dal Prof. Domenico Montanari. Successivamente, della qualità del lavoro svolto è stato possibile trovare conferma nella Legge n° 30 10 Febbraio 200056 , che definiva l’identità pedagogica, curricolare ed organizzativa della scuola di base come è possibile evincere anche dallo schema riassuntivo, elaborato all’epoca per una riflessione collegiale. (vedi tabella 12) Tabella12 54 Fiera Internazionale del Libro per ragazzi, Punto Blu: Autoanalisi e valutazione di sistema –Modelli di Comunicazione, Bologna, 10-13 Aprile 2002. 55 Slide presentazione progetto sperimentazione autonomia, doc. n° 23 in appendice. 56 Legge 10 febbraio 2000, n. 30 in GU 23 febbraio 2000, n. 44), Legge Quadro in materia di Riordino dei Cicli dell'Istruzione . 254
  • 52. Nonostante le premesse positive, la sperimentazione fu interrotta alla fine dell’anno scolastico 2000/2001, in quanto il corpo docente delle scuole medie, confluito nel 2° Circolo a causa del processo di dimensionamento, non solo si oppose all’ampliamento dell’esperienza con particolare riferimento all’utilizzo delle tecniche della comunicazione efficace e degli strumenti di monitoraggio ( rilevazione dei tempi e delle attività – qualità percepita – progettata – realizzata ), nonostante avesse condiviso l’inserimento nel POF di gran parte delle acquisizioni della ricerca azione, ma riuscì a far venir meno anche il necessario supporto da parte del Dirigente scolastico, che fino a quel momento non era mai mancato. Tale nuova situazione fu favorita anche dalla posizione assunta dalle docenti di scuola materna, che nel corso della sperimentazione avevano mostrato scarsi livelli di applicazione dei principi adottati e delle scelte operate in fase di progettazione. Il vero problema, quello della rendicontazione e delle pratiche documentali dell’agire didattico, si era già manifestato all’atto dell’elezione delle Funzioni obiettivo, laddove il Dirigente scolastico non volle ritenere nulla la candidatura della “rappresentante” dei docenti della scuola media, nonostante essa fosse stata presentata senza il supporto del previsto ed obbligatorio piano di funzione. E’ il classico schema che si è manifestato costantemente: di fronte ad ipotesi di azione sviluppate nell’ottica della trasparenza e del bilancio sociale, la prospettiva di poter mantenere lo status quo e di percepire gli stessi margini di compenso economico senza maggiori carichi di lavoro (dovuti ai processi di riflessività e di documentazione) e, soprattutto, senza verifiche sulla coerenza/qualità dell’offerta formativa, risulta più appetibile anche se meno qualificante dal punto di vista dei compiti istituzionali collegati alla funzione docente. Una prospettiva, quella del mantenimento dello status quo (che caratterizza la scuola italiana, in particolare quella meridionale), possibile solo laddove sorretta da 255
  • 53. una visione dirigenziale attenta più all’apparenza del sistema scuola che alla sua essenza. Anche dal punto di vista dirigenziale, in assenza di qualsiasi differenziazione nei compensi (non essendo evidentemente possibile riscontrare il riconoscimento di valori più significativi e prioritari che dovrebbero orientare comunque l’azione dirigenziale nel settore educativo) risulta più appetibile una gestione “flessibile rispetto alle norme” e “meno problematica” dal punto di vista del coordinamento dell’azione didattica e della gestione delle dinamiche relazionali. Eppure, come è possibile evincere anche dalla lettura dei documenti allegati in appendice, avevo previsto, in qualità di coordinatore, tutte le forme di informazione e condivisione collegiale e di incentivazione economica possibili a supporto dei maggiori carichi documentali, con particolare attenzione alle problematiche poste dal diverso ordinamento delle scuole medie. Dunque il dato significativo dal punto di vista della ricerca sui sistemi di qualità nella scuola, è la facilità con cui è possibile riscontrare la sistematicità di tali dinamiche che si concretizzano nella pratica di rimozione del problema (così come spiegato anche nel primo capitolo). La rimozione del problema si manifesta puntualmente con il rifiuto totale delle evidenze rilevate (ciò che crea disagio, fastidio) e con la messa in atto di strategie oppositive nei confronti dell’elemento disturbatore dell’equilibrio consolidato, fino a quando lo stesso non decide di “togliere il disturbo” e libera definitivamente le “coscienze”. Dal punto di vista più squisitamente tecnico, le criticità evidenziatesi durante il processo di ricerca azione furono le seguenti: a) qualità degli interventi a carico dell’Università; b) qualità e completezza degli strumenti da utilizzare per la valutazione degli apprendimenti degli allievi; c) incompletezza degli strumenti di 256
  • 54. rilevazione dello scarto esistente tra qualità progettata e realizzata; d) leggibilità degli strumenti di rappresentazione grafica dei dati rilevati; e) assenza di strumenti utili alla valutazione delle attività di formazione in servizio riservate ai docenti. La collaborazione con la cattedra di Didattica Generale (prof. Minichiello G.) si rivelò interessante e positiva dal punto di vista teorico sia nella fase di ideazione dell’ipotesi progettuale sia in quella di supporto e validazione delle proposte operative di volta in volta ideate e/o presentate dall’estensore della tesi. Meno stimolante si mostrò la collaborazione operativa (prof.ssa Mannese E.) che doveva garantire scientificità all’intero progetto, mediante la puntuale strutturazione e realizzazione del processo di valutazione delle competenze degli allievi. Nonostante l’enorme quantità di dati forniti dai docenti rispetto alla rilevazione dei prerequisiti e la qualità dei test da somministrare (validati a livello internazionale), il lavoro non è stato mai portato a termine e ciò non ha inciso positivamente sia sugli operatori coinvolti sia sui livelli di riconoscimento esterno della qualità degli interventi realizzati. Gli unici strumenti predisposti per la verifica degli apprendimenti57 , se da un lato mostrano una certa tendenza a rendere maggiormente trasparente la valutazione, evidenziano chiari limiti di scientificità. Lo schema utilizzato per la rilevazione dello scarto esistente tra qualità progettata e realizzata, aveva mostrato di poter essere ulteriormente migliorato dal punto di vista della tenuta scientifica, soprattutto se integrato con tecniche di indagine qualitative e reso più completo dal punto di vista della descrizione del processo e della valutazione complessiva da assegnare alle varie aree di indagine. Anche gli strumenti di rappresentazione grafica si erano mostrati efficaci, ma risultava chiara la necessità di rendere maggiormente evidenti le connessioni esistenti 57 Griglie per la valutazione e la registrazione degli apprendimenti, docc. n° 24,25,26 in appendice. 257
  • 55. tra i vari indicatori di processo e di suddividere, anche graficamente, le tre aree di analisi: qualità percepita, esiti apprendimenti, scarto qualità progettata/realizzata. Per l’attività di formazione in servizio, invece, la questione della misurazione degli impatti della stessa non era stata affrontata e ciò costituiva il vero punto debole dell’intera ricerca azione. Tutti temi ed elementi che, però, troveranno occasione di studio e di sperimentazione nel corso delle numerose esperienze realizzate negli anni successivi in altre istituzioni scolastiche. 4.6 La flessibilità curricolare nei percorsi di alternanza scuola-lavoro Nel 2004/2005 in qualità di responsabile scientifico della Società Michelangelo S.r.l. di Somma Vesuviana, accreditata presso il MIUR per la formazione, fui incaricato di ideare e coordinare un progetto di alternanza scuola-lavoro58 , presso l’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “ Matilde Serao” di Pomigliano d’Arco. Anche in questa esperienza il punto di riferimento teorico è stato l’approccio centrato sul discente di C. Rogers e la centralità che assumono i processi comunicativi ed esperenziali nel processo formativo. Il tema di fondo era quello della flessibilità, dell’arricchimento dell’offerta formativa e della progettazione della quota oraria destinata al curricolo locale, ed in questo caso l’azione è stata orientata dalle seguenti istanze: a) «in che modo è possibile coniugare il concetto di centralità del soggetto che apprende con il recupero/potenziamento delle competenze di base e con l’orientamento professionale?» b) «come potenziare le competenze orientative?» c) «quali possibili forme flessibili di apprendimento mettere in atto per collegare sistematicamente la 58 Legge 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 Aprile 2003. 258
  • 56. formazione in aula con l’esperienza pratica?» d) «come correlare l’offerta formativa scolastica allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio?» Rispetto a tali istanze di partenza il progetto59 fu concepito come un percorso della durata di tre anni dotato di una specifica unitarietà anche se si articolava in tre “blocchi” progressivamente finalizzati al: a) potenziamento delle competenze comunicative; b) rinforzo delle competenze disciplinari; c) creazione di percorsi di orientamento professionale. Le prime risposte furono individuate nella progettazione di un percorso modulare in cui la prima e la terza fase (introduttiva e finale) fossero finalizzate alla “valorizzazione del soggetto che apprende” e alla sperimentazione delle capacità ideative ed operative in situazioni di apprendimento non formale. Solo nella fase intermedia, e solo dopo aver attivato processi di autoconsapevolezza e di autovalutazione, sarebbe stata data priorità ad un piano di lavoro centrato su di un apprendimento di tipo istituzionale anche se arricchito di elementi utili ad incrementare la conoscenza del tessuto culturale, sociale ed economico del territorio. Durante il primo anno, il percorso puntava essenzialmente a consolidare nei ragazzi le competenze trasversali necessarie a favorire la loro crescita umana prima che professionale. Le aree coinvolte riguardavano la comunicazione, la relazione e il lavoro di gruppo ed erano finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi trasversali: a) adottare consapevolmente atteggiamenti di "intenzionalità" nelle relazioni interpersonali; b) migliorare la sensibilità, la comunicazione e le capacità relazionali; c) acquisire competenze relative alla valorizzazione dell'esperienza personale e i lavoro di gruppo; d) migliorare le capacità di ascolto: ascolto passivo; e) 59 Progetto alternanza Scuola-Lavoro, doc. n° 27 in appendice. 259
  • 57. comprendere il vissuto esperenziale dei compagni, allievi, colleghi: ascolto attivo; f) facilitare l'autoapprendimento; g) migliorare la propria capacità di inviare messaggi (messaggi-io); h) saper individuare e gestire il conflitto; i) promuovere l'autostima, l'autoresponsabilità, l'autodisciplina; j) conoscere e riflettere su aspetti teorici che rappresentano il sapere di base sul gruppo e ai sistemi di gruppo; k) individuare i nuclei problematici in ordine a comunicazione, relazione e metodo; l) conoscere e sperimentare i nodi critici dei gruppi quali la cultura, la leadership, il conflitto, ecc…; m) aumentare la consapevolezza sul proprio modo di stare nel gruppo sia nel ruolo di partecipante sia in quello di conduttore/responsabile; n) risvegliare negli allievi modalità di comunicazione creativa; o) potenziare le capacità di problem solving; p) conoscere i tratti essenziali delle strutture cerebrali; q) utilizzare la comunicazione in modo professionale; r) conoscere il concetto di marketing; s) individuare ed utilizzare i registri della comunicazione formale e informale. Durante il secondo anno, invece, era previsto un indirizzo di tipo disciplinare finalizzato a potenziare le conoscenze essenziali per l’inserimento nel mondo del lavoro. Tale fase progettuale, che prevedeva l’elaborazione di percorsi didattici integrativi anche da parte dei docenti del Consiglio di Classe, era finalizzata al raggiungimento dei seguenti obiettivi: Conoscenza: a) del diritto del lavoro e dei contratti; b) della Legge N. 196/2003; c) delle procedure di accreditamento; d) della legislazione turistica; e) del francese/inglese tecnico; e) del territorio campano; f) del sistema integrato del turismo; g) di elementi di marketing; h) delle tecniche di rilevazione statistica; i) della progettazione, del monitoraggio e della valutazione; j) delle linee operative e di indirizzo dei PON e POR ; l) delle Certificazioni di Qualità. Nel corso del terzo anno, infine, si prevedeva un approccio operativo- professionale finalizzato a mettere in condizione gli allievi di sperimentarsi in una 260
  • 58. vera esperienza di lavoro autonomamente gestita (sebbene in ambiente protetto). In tale modulo si sarebbero concretizzati gli apprendimenti realizzati nel primo biennio e perseguiti i seguenti obiettivi professionali: 1 - INDIRIZZO LINGUISTICO – a) Realizzazione di un pacchetto di offerte per le visite guidate rivolte agli studenti del quinto anno dell’intero Istituto; b) ricerca di tipo documentale con la scelta delle ipotetiche mete di viaggio, degli elementi di attrattività dei diversi luoghi e la realizzazione dei contatti con gli hotels e le agenzie di viaggio; c) gestione delle prenotazioni e delle sistemazioni in camera, della prenotazione di biglietti per luoghi che si intendono visitare e della predisposizione di un dèpliant in più lingue di descrizione dell’itinerario proposto; d) sviluppo di tecniche di valutazione e autovalutazione; 2 - INDIRIZZO SOCIO-PSICO-PEDAGOGICO – a) Realizzazione di modello progettuale per consentire all’Istituto Scolastico di accedere ai nuovi fondi previsti per i progetti di alternanza scuola-lavoro; b) ricognizione dei bisogni formativi delle classi da inserire nel progetto; c) stesura dei contenuti e individuazione delle risorse umane da impiegare; d) elaborazione piano degli acquisti di materiali ed attrezzature necessarie; e) documentazione dei progetti approvati; f) realizzazione di presentazioni multimediali rivolte ad alunni docenti e genitori; g) sviluppo di tecniche di valutazione e autovalutazione. L’esperienza, che strada facendo si è sempre più caratterizzata come processo di ricerca azione, ha coinvolto due classi: la III CL (indirizzo linguistico) composta da 22 alunni e la III AP (indirizzo socio-psico-pedagogico) composta da19 allievi. Le attività sono state svolte entro un monte ore annuale di 80 per classe, di cui: 25 ore di lezioni teoriche e 55 ore di stage da effettuare all’interno di aziende del settore (differenziate sulla base del percorso di studi: Hotel Quadrifoglio e Società di formazione Michelangelo S.r.l). 261
  • 59. Anche in questa esperienza, si è cercato in prima istanza di giustificare la progettazione degli interventi non solo dal punto di vista della ricerca teorico-pratica, ma anche da quello normativo, soprattutto per offrire ai diversi soggetti coinvolti, in particolare ai docenti, un quadro esaustivo delle opportunità e degli impegni previsti60 (vedi tabella 13). Tabella 13 La prima fase, dunque fu dedicata alla predisposizione di materiale informativo (slide)61 da utilizzare nei previsti incontri preliminari, previsti sia con gli allievi sia con i docenti. (Vedi esempio slide, tabella 14) 60 Documento di presentazione delle ipotesi operative, doc. 28 in appendice. 61  Slide di presentazione delle attività, docc. n° 29, 30 in appendice.  262
  • 60. Tabella 14 In entrambi gli incontri ebbi modo di illustrare le linee guida del progetto in termini di riferimenti legislativi, di obiettivi e di figure coinvolte. Ma anche, e soprattutto, di soffermarmi sulle modalità concrete di svolgimento del progetto sia per quanto concerneva le ore curricolari e la quota di flessibilità da riservare al curricolo locale62 sia in merito alle ore di stage chiarendo molte delle perplessità manifestate dai docenti, abituati ad operare secondo rigidi schemi orari. Tale tipo di approccio provocò reazioni positive e propositive da parte del gruppo dei docenti che non solo confermarono il loro interesse alla realizzazione del 62 Ai sensi dell’art. 8 del DPR 275/99, alle istituzioni scolastiche viene riservata una quota pari al 20% del curricolo obbligatorio per la scelta di discipline e attività idonee a dare risposta ai bisogni formativi locali da inserire liberamente nel Piano dell’Offerta Formativa. 263
  • 61. progetto, ma formularono anche le prime ipotesi di attività integrative e individuarono le discipline coinvolte. Elevato fu anche il gradimento riscontrato con gli allievi i quali si mostrarono subito molto interessati alle modalità operative del progetto. Da alcune indicazioni fornite dai ragazzi coinvolti nacque l’idea di ri-modulare il progetto in una direzione meno disciplinare e più mirata all’espansione delle competenze trasversali in modo da essere più confacente ai bisogni e alle esigenze dei ragazzi stessi, finendo così con l’essere maggiormente uniforme alle linee guida previste dall’ USR della Campania le quali per il primo anno prevedevano un percorso “essenzialmente finalizzato all’acquisizione di competenze orientative”. Il problema del possibile collegamento tra la formazione d’aula e l’esperienza pratica, trovava in questa occasione possibilità di sperimentazione e validazione tramite la realizzazione di forme di flessibilità curricolare e di flessibilità organizzativa. Per quanto concerne la flessibilità curricolare, i docenti avevano condiviso l’opportunità e la necessità di inserire, all’interno della loro progettazione formativa, nuovi nuclei tematici e adottare nuove metodologie formative riferibili alla didattica orientativa; così come avevano preso atto della necessaria rimodulazione dei propri schemi mentali. Fu evidenziato in modo molto netto che nell’adesione al progetto, ciascun docente, avrebbe dovuto necessariamente considerare la reale disponibilità a modificare gli schemi didattici consolidati e il modo di intendere il proprio ruolo in relazione ai diversi tempi e modalità di svolgimento dell’intervento progettuale. La flessibilità organizzativa, invece, richiedeva la strutturazione di una diversa organizzazione dell’orario scolastico con particolare riferimento alle ore di stage formativo. 264
  • 62. Per facilitare il processo di integrazione furono predisposte ipotesi di progettazione integrata63 , alcuni materiali strutturati ed organizzati una serie di incontri per: la co - progettazione dei percorsi, l’organizzazione delle attività (aspetti organizzativi e didattici), la verifica, la valutazione, la certificazione delle competenze e la scelta degli allievi. Durante gli incontri il gruppo dei docenti delle classi interessate individuò le discipline che avrebbero assunto una dimensione di progettazione integrata, riservando il 20% del monte ore allo sviluppo di contenuti ed attività direttamente connesse con le finalità del progetto di alternanza scuola-lavoro. Furono individuate aree di connessione riferite all’ approfondimento delle conoscenze relative alle risorse territoriali, mediante lo studio, da parte dei docenti, dei programmi di valorizzazione turistica, culturale ed economica del territorio regionale, elaborati dalla Regione Campania (ad esempio il sistema dei grandi attrattori culturali). Le discipline individuate furono: lettere, filosofia, sociologia, metodologia della ricerca, pedagogia, inglese, francese, spagnolo, matematica, storia dell’arte. A queste discipline, caratterizzanti il percorso curricolare, fu aggiunto il Diritto, il cui insegnamento sarebbe stato garantito dal docente di filosofia, nell’ottica di una prima alfabetizzazione degli allievi rispetto al quadro legislativo generale che regolamenta il mondo del lavoro. Per facilitare il lavoro dei docenti fu predisposto un fascicolo complessivo in cui furono raccolte anche le ipotesi di interconnessione64 curricolare differenziate per discipline e per indirizzo di studio, in relazione ai percorsi progettati per gli allievi, sia per la formazione teorica sia per la formazione in azienda. 63 Ipotesi di progettazione integrata predisposta dal team della Michelangelo Srl, doc. n° 31 in appendice. 64 Vedi nota 63. 265
  • 63. I docenti, che assumevano la funzione di tutor interni, avrebbero dovuto predisporre e consegnare le progettazioni annuali integrate con gli elementi di interconnessione individuati; utilizzare gli strumenti selezionati per la valutazione e la certificazione delle competenze, parallelamente a quelli predisposti ed utilizzati dagli esperti esterni; realizzare ulteriori incontri per la valutazione degli esiti della prima fase e di progettazione integrata, prima dell’avvio della seconda fase. In questo modo non solo si era riusciti a definire un approccio integrato al problema dell’apprendimento formale e non formale, ma anche a correlare l’offerta formativa di tipo curricolare con la necessaria conoscenza delle risorse territoriali e delle politiche regionali di valorizzazione e di promozione dello sviluppo culturale, ambientale ed economico del territorio campano, nell’ottica dell’inserimento lavorativo. Per quanto concerne l’attività di valutazione e di analisi qualitativa, la ricerca azione si è indirizzata verso la sperimentazione di strumenti idonei alla valutazione degli impatti dell’attività svolta dai formatori, sia gli esperti esterni sia i tutor interni, e alla certificazione delle competenze acquisite dagli allievi al termine delle varie fasi progettuali. L’attività di valutazione degli impatti dell’attività di formazione fu realizzata mediante i seguenti strumenti: la scheda allievo per la rilevazione dei bisogni e delle aspettative65 ; il questionario di gradimento dell’azione; strumenti per la rappresentazione grafica; relazioni esplicative per l’analisi dei dati. L’ attività di valutazione e di certificazione delle competenze acquisite dagli allievi previde: la predisposizione di prove strutturate per ciascun segmento formativo; strumenti per la rappresentazione grafica; relazioni esplicative per l’analisi dei dati. 65 Scheda allievo per la rilevazione dei bisogni e delle aspettative, doc. n° 32 in appendice. 266
  • 64. Al termine della fase d’aula ai ragazzi furono somministrati due test, uno valutativo per saggiare il livello di conoscenze conseguito, e uno per monitorare la qualità percepita dai ragazzi rispetto a tutto l’impianto del corso e rispetto alle singole dimensioni caratterizzanti (docenti, tutor, programmi, clima d’aula, ecc…). Alla somministrazione del test erano presenti tutti i 38 ragazzi coinvolti (19 per l’indirizzo linguistico e 19 per l’indirizzo pedagogico). La prima valutazione sul corso fu effettuata in relazione al tasso di assenze dei soggetti coinvolti. Il tasso di assenza rilevato risultò molto basso, pari al 4,2% (8 assenze su 190). Tale tasso risultò più alto per i ragazzi del linguistico, pari al 7,4% (7 assenze su 95), mentre per il gruppo del socio-psicopedagogico fu dell’1,05% (1 assenza su 95). Ciò fu interpretato come un chiaro segno di interesse per il progetto e i contenuti delle lezioni teoriche. (Vedi esempio grafici, tabella 15) 267
  • 65. Tabella 15 Allievi ore percent. Ausiello Daniela 25 0% Caccia Mariana 25 0% Cantone Emilia 25 0% Carrella Caterina 25 0% Chiatti Maria 25 0% Coppola Stefania 25 0% Dioguardi Serena 25 0% D'Urso Massimiliano 19 24% Esposito Mariagrazia 25 0% Esposito Rachela Anna 25 0% Ferrone Federica 25 0% Filomeno Valeria 25 0% Perone Maria 25 0% Pizza Marianna 17 32% Polise Anna 25 0% Proietti Ambra 25 0% Russo Francesco 17 32% Russo Marianna 2 92% Siciliano Erika 25 0% *Russo Marianna ha frequentato regolarmente la seconda parte del corso e superato i test conclusivi Tasso dispersione 5,20% Iscritti: 19 Frequentanti: 18 Assenze Allievi - Indirizzo Linguistico 0 5 10 15 20 25 30 268
  • 66. Il secondo campo d’indagine riguardò i livelli di qualità percepita dai corsisti. Per quanto concerne i ragazzi dell’indirizzo linguistico si poté rilevare un forte gradimento per il progetto. Il 63,2% dei ragazzi dichiarò di aver scelto di partecipare al progetto per un interesse specifico verso la materia e tale dato, dimostrava l’esistenza di una motivazione interiore a partecipare e a conoscere escludendo che la partecipazione fosse stata indotta da cause esterne (genitori, insegnanti, amici). Diverse furono le altre aree indagate mediante la somministrazione “guidata”66 del questionario strutturato: - Rispetto alle metodologie fu possibile riscontrare un livello di gradimento pari al 61,1%; - per i programmi (tale dimensione fu valutata incrociando i dati ricavabili dalle risposte alle domande 6 e 12) un tasso di apprezzamento pari al 66,7%, - per le attività dei docenti esterni, considerati preparati e competenti, il 100% di gradimento; - il clima di coinvolgimento in aula, fu percepito come “forte” dal 57,9% degli intervistati; - l’utilità dei materiali didattici, percepita positivamente dal 100% del gruppo classe; - l’usabilità nel tempo delle conoscenze acquisite, riconosciuta come possibile dal 100% degli intervistati; - l’accoglienza ricevuta, gradita dal 94,7%; - la definizione degli obiettivi all’inizio del corso, soddisfacente per l’89,5% dei ragazzi intervistati; 66 Per evitare equivoci di tipo linguistico (condivisione dei significati) gli item vennero presentati e discussi uno per volta. 269
  • 67. - la completezza nella trattazione degli argomenti, ritenuta soddisfacente dall’89,9%. Fu possibile inoltre rilevare un buon gradimento del corso da parte degli studenti, in quanto l’84,2% dichiarò: a) di non aver mai avuto la tentazione di abbandonare il corso; b) di considerare soddisfatte le aspettative iniziali (100% tra livello alto e livello medio) e di considerare professionalizzante il corso (100%). Le criticità riguardavano esclusivamente: - i tutor interni, ritenuti poco coinvolti, con scarsa padronanza dei temi trattati (68,5%) e scarsa capacità di gestione del gruppo (57,9%); - la distribuzione dei contenuti, ritenuta equilibrata dal 57,9% dei ragazzi ma giudicata troppo sbilanciata sull’aspetto teorico dal 42,1%; tale dimensione fu confermata dall’incrocio con i valori delle risposte alla domanda 9 dove il 36,7% dei ragazzi richiese un maggior numero di esercitazioni pratiche67 . (Vedi esempio questionario e grafici, tabella 16). 67 Relazione monitoraggio indirizzo linguistico, doc. n° 33 in appendice. 270