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Raccolta modelli
Raccolta di modelli e di esercizi tematici per l’analisi di alcuni particolari
                            sistemi dinamici.

Documenti:                Elenco   dei modelli:
                              1)   Modello attrattore di Lorenz
                              2)   Modello diffusione epidemica di Kermack e McKendrick
                              3)   Modello emissario immissario
                              4)   Modello logistico
                              5)   Modello massa – molla – smorzatore – piano inclinato
                              6)   Modello popolazione di Fibonacci
                              7)   Modello predatori – prede di Lotka e Volterra
                              8)   Modello termico
                          Elenco   degli esercizi:
                              1)   Esercizio analisi disturbi
Studente:                 Andrea Tino
Corso:                    Elementi di Ingegneria dell’Automazione
Docente:                  Prof. Nunnari
Anno accademico:          2007/2008
Data inizio:              Ottobre 2007
Data fine:                Gennaio 2008
               Università degli studi di Catania - Corso di Ingegneria Informatica




                                                Andrea Tino
                                   Elementi di Ingegneria dell’Automazione
Fascicolo universitario di ricerca

                                  Risoluzione esercizio ed analisi risultati
Modello sistema in controllo mediante retroazione dell’uscita con
l’influenza esterna di disturbi (completato)
Risoluzione degli effetti dei disturbi


Nome file:                            Esercizio analisi disturbi (completato).docx
Ultima stampa:                        2/6/2008 8:41
Oggetto:                              Risoluzione di un problema collegato all’analisi dell’influenza di disturbi presenti
                                      nel modello in retroazione dell’uscita.

Analisi preliminare 
Ci proponiamo di analizzare il sistema rappresentato dal modello raffigurato in basso:




Come è possibile notare il modello in questione è la rappresentazione di un sistema di controllo mediante la retroazione
dell’uscita.
Composizione del modello 
Il modello presenta le seguenti caratteristiche:
    •    Il sistema di controllo possiede una catena diretta ed una catena di controllo. Nella catena diretta sono presenti
         in cascate due sistemi, però, interconnessi tra loro mediante una serie di nodi sommatori. La catena di
         retroazione è invece unitaria, ovvero non è presente alcun trasduttore.
    •    Il sistema che si vuole controllare è indicato con il simbolo P e la sua rappresentazione mediante la funzione di
         trasferimento è:
                        b
          P (s) =
                  s⋅ ( s + 2a )
    •    Il controllore che si utilizza, indicato con il simbolo C, possiede la seguente funzione di trasferimento:
                  50 ⋅ ( s + a )
          C (s) =
                     s + 3a
    •    L’intero sistema di controllo è soggetto a tre differenti disturbi esterni localizzati in vari punti delle due catene di
         cui si compone il sistema; tali perturbazioni esterne vengono indicate con i simboli d1, d2 e d3 e si tratta di
         ingressi a gradino con intensità differente per ciascuno:
              ⎧      10
              ⎪ d1 = s c
              ⎪
              ⎪      100
              ⎨d 2 =      c
              ⎪       s
              ⎪        1       0,1
              ⎪ d3 = 10 ⋅ s c = s c
              ⎩
     •   Il sistema è parametrico e le costanti applicate sono tutte positive.
L’intero sistema è il risultato di un controllo finale soggetto a disturbi esterni dunque.
Richieste 
I tre disturbi apportano, ciascuno, una modifica nella risposta data dal sistema.
Ipotizzando l’assenza di segnali R in ingresso, ma ipotizzando la presenza costante dei disturbi, si vuole cercare di
comprendere quale, tra i tre disturbi, sia quello più influente nella variazione apportata alla risposta senza disturbi.
Richiesta: Si vuole identificare quale dei tre elementi esterni, a regime, influisca di più sulla risposta finale del sistema.
Svolgimento iniziale
Il problema richiede di poter determinare quale sia il valore di regime della risposta. Sappiamo che tale valore di regime
è dato dal calcolo del limite:
y∞ = lim y ( t )
      t →+∞

Si tratta della relazione canonica per il calcolo del regime.

Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi                                                      Pagina 1 di 6
Fascicolo universitario di ricerca
L’analisi dei sistemi però ci permette di dedurre questo limite (grazie al teorema sul valore finito), se esiste finito,
mediante un altro limite che però coinvolge la nostra funzione nel dominio di Laplace, dove i calcoli vengono semplificati.
In particolare abbiamo che:
∃ lim y ( t ) = L < ∞ ⇒ ∃ lim s ⋅ Y ( s ) = L
  t →+∞                                   s →0

Ovvero il valore di regime lo si potrà calcolare, solo se tale regime esiste finito, mediante la relazione:
y∞ = lim s ⋅ Y ( s )
          s→0

Metodo
La chiave per risolvere l’esercizio sarà per l’appunto questa. Utilizzeremo questo limite per verificare quale sia il valore di
regime ottenuto nei corrispondenti ingressi di disturbo e analizzeremo avanti i risultati trovati.
Procedimento risolutivo
Il procedimento con il quale risolveremo il problema è il seguente.
Sappiamo che un sistema rappresentabile mediante combinazione di sistemi lineari e tempo invarianti, sarà anch’esso un
LTI; in effetti ci troviamo proprio nella nostra situazione.
Una delle proprietà dei sistemi LTI è il fatto che ad essi sia possibile l’applicazione del principio di sovrapposizione degli
effetti; mediante tale principio possiamo infatti isolare diversi contributi e vedere come uno per uno essi apportino il loro
contributo nel sistema finale; infatti calcolando la risposta su i singoli elementi e mediante la loro somma è possibile
risalire al valore finale della risposta dovuta a tutti i componenti.
Confronto
La relazione che ci permette di calcolare la risposta a regime è la chiave dello svolgimento.
Inizialmente procederemo infatti a calcolare la risposta a regime senza la presenza di disturbi per vedere quale sarebbe
la risposta senza azioni esterne.
Dunque procederemo poi a calcolare la risposta a regime calcolando questa considerando un disturbo per volta, ponendo
nulli gli altri disturbi.
A questo punto, ottenuti i nostri tre valori, essi saranno comparati alla risposta senza disturbi e il disturbo che avrà
generato un maggiore scostamento del valore di regime della risposta senza disturbi, sarà appunto l’azione più influente
tra le tre proposte.
Calcolo della risposta a regime senza disturbi (risposta pulita)
Procediamo dunque a calcolare, nel dominio di Laplace e con l’ausilio della relazione prima introdotta dal teorema sul
valore finito, la risposta pulita, ovvero la risposta a regime nel momento in cui consideriamo nulli tutti i disturbi.
Percorrimento delle catene: Partendo dall’uscita percorriamo la catena di retroazione e poi quella diretta:
{{{R − {⎣⎡Y ( s ) + d ( s )⎦⎤ + d ( s )}} ⋅ C ( s )} + d ( s )} ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒
                               2             3                         1


{{{R − ⎣⎡Y ( s ) + d       2                                 }             }
                               ( s ) + d 3 ( s ) ⎦} ⋅ C ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒
                                                 ⎤

{{{R − Y ( s ) − d     2                                              }
                           ( s ) − d 3 ( s )} ⋅ C ( s )} + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒

{⎡ R ⋅ C ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) − d
 ⎣                                           2
                                                 ( s ) ⋅ C ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⎦ + d1 ( s )} ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒
                                                                                       ⎤
⎡ R ⋅ C ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) + d1 ( s ) ⎦ ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒
⎣                                                                                        ⎤
Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )
Annulliamo i disturbi:
⎧ d1 ( s ) = d 2 ( s ) = d 3 ( s ) = 0
⎪
⎨                                                                                                                                                   ⇒
⎪Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )
⎩
Y (s) = R ⋅ C (s) ⋅ P (s) − Y (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s) ⇒ Y (s) + Y (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s) = R ⋅ C (s) ⋅ P (s) ⇒
                                                                    R ⋅ C (s) ⋅ P (s)
Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) =
                                                                    1+ C (s) ⋅ P (s)
Sostituiamo le espressioni delle varie funzioni contando che gli ingressi R sono nulli:
        R ⋅ C (s) ⋅ P (s)
Y (s) =                   ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = 0
        1 + C (s) ⋅ P (s)
La risposta si annulla, dunque, naturalmente, anche il regime sarà nullo:
y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim s ⋅ 0 = 0
          s →0                     s →0

Dunque abbiamo che la risposta pulita è nulla; procederemo adesso a calcolare le altre tre risposte considerando perseti
solo un disturbo alla volta e chi sarà maggiore in valore assoluto sarà il disturbo più influente.
Calcolo delle risposte su ciascun disturbo (risposte con rumore)
Partendo dal primo disturbo calcoliamo le risposte per ciascuno di essi fino all’ultimo ottenendo tre valori di regime (con
rumore).
Analisi della risposta con la presenza del primo disturbo
Il percorrimento delle due catene è stato già fatto precedentemente e abbiamo il seguente risultato:
Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )

Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi                                                                                                          Pagina 2 di 6
Fascicolo universitario di ricerca
Procediamo ad annullare tutti i disturbi eccetto il primo, tenendo anche conto che non sono presenti ingressi R:
⎧Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )
⎪
⎨                                                                                                                                                   ⇒
⎪d 2 ( s ) = d3 ( s ) = 0
⎩
Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
Y ( s ) + Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
           R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )                           d (s) ⋅ P (s)
Y (s) =                                               ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = 1
                     1+ C    (s) ⋅ P (s)                                       1+ C (s) ⋅ P (s)
Sostituiamo alle varie espressioni il loro valore:
                 10               b                         1 10 ⋅ b ⋅ c                                1 10 ⋅ b ⋅ c                          1 10 ⋅ b ⋅ c
                      c⋅                                        ⋅                                         ⋅                                      ⋅
                   s       s⋅ ( s + 2a )                     s s⋅   ( s + 2a )                           s s⋅  ( s + 2a )                     s s ⋅ ( s + 2a )
Y (s) =                                           =                                       =                                            =                                =
              50 ⋅ ( s + a )             b               50 ⋅ ( s + a )          b               50 ⋅ b ⋅ ( s + a )            1                 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )
          1+                    ⋅                    1+                 ⋅                    1+                       ⋅                  1+
                  s + 3a          s ⋅ ( s + 2a )           s + 3a         s ⋅ ( s + 2a )             ( s + 3a )         s ⋅ ( s + 2a )      s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )
                       10 ⋅ b ⋅ c
                    s 2 ⋅ ( s + 2a )                       10 ⋅ b ⋅ c                 s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )
=                                                     =                   ⋅                                                     =
   s⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) s 2 ⋅ ( s + 2a ) s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )
             s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )
    10 ⋅ b ⋅ c                    ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )                                10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )
=                 ⋅                                                    =
  s ⋅ ( s + 2a ) s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) s ⋅ ( s + 2a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )]
Non manipoliamo ulteriormente l’espressione in quanto dobbiamo procedere al calcolo di un limite utilizzando il teorema
del valore finale:
                                                       10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )                                          10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )
y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim s ⋅                                                                                  = lim                                                              =
         s →0                 s →0      s ⋅ ( s + 2a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )] s →0 ( s + 2a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )]
                        10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a )                                    10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( 0 + 3a ) ⋅ ( 0 + 2a )                    10 ⋅ b ⋅ c ⋅ 3a ⋅ 2a
= lim                                                                           =                                                                    =                       =
   s → 0 ( s + 2 a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2 a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) ]      ( 0 + 2a ) ⋅ [ 0 ⋅ ( 0 + 3a ) ⋅ ( 0 + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( 0 + a )] 2a ⋅ [ 0 + 50 ⋅ b ⋅ a ]
    10 ⋅ b ⋅ c ⋅ 3a ⋅ 2a 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ 3a ⋅ 2a 10 ⋅ c ⋅ 3 c ⋅ 3 3
=                       =                    =          =     = ⋅c
     2a ⋅ [50 ⋅ b ⋅ a ]    2a ⋅ 50 ⋅ b ⋅ a      50        5    5
Abbiamo trovato l’espressione che cercavamo, ebbene il primo disturbo apporta, da solo, una determinata influenza
sull’alterazione della risposta pulita, dato che la risposta pulita è nulla la misura dell’alterazione è data dal valore stesso
assunto dalla risposta a regime calcolata, abbiamo allora:
         3
y1,∞ =     ⋅c
         5
Procediamo oltre.
Analisi della risposta con la presenza del secondo disturbo
Anche in questo caso sfruttiamo i calcoli effettuati in precedenza:
Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )
Procediamo dunque ad annullare tutti i disturbi tranne il secondo tenendo sempre conto che alla fine gli ingressi R non
dovranno essere presi in considerazione:
⎧Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )
⎪
⎨                                                                                                                                                   ⇒
⎪ d1 ( s ) = d 3 ( s ) = 0
⎩
Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
Y ( s ) + Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
           R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s )                           d (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s)
Y (s) =                                                         ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = − 2
                         1+ C    (s) ⋅ P (s)                                               1+ C (s) ⋅ P (s)
Alle varie espressioni sostituiamo i valori:
          100 50 ⋅ ( s + a )                  b          1 5000 ⋅ ( s + a )               b           1 5000 ⋅ ( s + a )           b⋅c
                c⋅                   ⋅                     c⋅                    ⋅                      ⋅                   ⋅
            s          s + 3a          s ⋅ ( s + 2a )    s        s + 3a           s ⋅ ( s + 2a )     s     s + 3a            s ⋅ ( s + 2a )
Y (s) = −                                             =−                                           =−                                          =
                 50 ⋅ ( s + a )            b                  50 ⋅ ( s + a )           b                  50 ⋅ ( s + a )            b
            1+                    ⋅                        1+                 ⋅                        1+                 ⋅
                     s + 3a         s ⋅ ( s + 2a )               s + 3a         s ⋅ ( s + 2a )              s + 3a          s ⋅ ( s + 2a )
    1                                  b⋅c                                                b⋅c                    5000 ⋅    (s + a) ⋅ b ⋅ c
      ⋅ 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅                                5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ 2
    s                      s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                          s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )           s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )
=−                                                    =−                                                =−                                         =
              50 ⋅ ( s + a )            b                          50 ⋅ ( s + a )           b                   50 ⋅ ( s + a )             b
          1+                  ⋅                               1+                   ⋅                       1+                    ⋅
                  s + 3a        s ⋅ ( s + 2a )                        s + 3a         s ⋅ ( s + 2a )                 s + 3a          s ⋅ ( s + 2a )



Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi                                                                                                         Pagina 3 di 6
Fascicolo universitario di ricerca
                  5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c                    5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c                      5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c
=−               s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                        (         )(
                                                       = − s ⋅ s + 2a s + 3a = −
                                                               2
                                                                                         )                 s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )           =
                                        b                            50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b          s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
    1 + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅                                    1+
                             s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )            s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                   s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )
                 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c
            − 2
               s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                    5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c               s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )
=                                                     =− 2                             ⋅                                               =
  s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b           s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
               s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )
    5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c                    ( s + 2a )( s + 3a )                     5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c                        1
=−                                  ⋅                                              =−                              ⋅                                              =
    s⋅  ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b                          s                s⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
                     5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c
=−
    s ⋅ [ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ]
Possiamo adesso procedere con il calcolo del limite:
                                                          5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c                              5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c
y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim − s ⋅                                                               = lim−                                              =
           s →0               s →0        s ⋅ [ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ] s →0 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
                              (s + a) ⋅ b ⋅ c                                         (0 + a ) ⋅ b ⋅ c                               a ⋅b⋅c
= lim− 5000 ⋅                                                 = −5000 ⋅                                               = −5000 ⋅                        =
    s →0        s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b           0 ⋅ ( 0 + 2a )( 0 + 3a ) + 50 ⋅ ( 0 + a ) ⋅ b           0 + 50 ⋅ ( 0 + a ) ⋅ b
           a ⋅b⋅c                a ⋅b⋅c
= −5000 ⋅             = −100 ⋅            = −100 ⋅ c
          50 ⋅ a ⋅ b              a ⋅b
Abbiamo così ottenuto l’altro risultato voluto:
y2,∞ = −100 ⋅ c
Analisi della risposta con la presenza del terzo disturbo
Infine procediamo ad analizzare l’influenza generata dal terzo disturbo:
Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )
Annulliamo tutti i disturbi presenti tranne il terzo e annulliamo alla fine anche gli ingressi R che non sono presenti nel
nostro modello:
⎧Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s )
⎪
⎨                                                                                                                                                   ⇒
⎪ d1 ( s ) = d 2 ( s ) = 0
⎩
Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
Y ( s ) + Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒
           R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s )                           d (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s)
Y (s) =                                                         ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = − 3
                         1 + C (s) ⋅ P (s)                                                 1 + C (s) ⋅ P (s)
Sostituiamo i rispettivi valori delle varie espressioni presenti:
                 1         50 ⋅ ( s + a )               b             1 5 ⋅ (s + a)                   b               1 5 ⋅ (s + a)                b⋅c
                       c⋅                     ⋅                          c⋅                  ⋅                            ⋅               ⋅
               10 ⋅ s          s + 3a           s⋅  ( s + 2a )         s         s + 3a s ⋅        ( s + 2a )          s s + 3a s ⋅              ( s + 2a )
Y (s) = −                                                       =−                                              =−                                            =
                        50 ⋅ ( s + a )             b                        50 ⋅ ( s + a )            b                     50 ⋅ ( s + a )            b
                  1+                      ⋅                           1+                     ⋅                       1+                     ⋅
                           s + 3a           s ⋅ ( s + 2a )                      s + 3a         s ⋅ ( s + 2a )                  s + 3a          s ⋅ ( s + 2a )
     1                                  b⋅c                                                   b⋅c                                5⋅  (s + a) ⋅ b ⋅ c
         ⋅ 5 ⋅ (s + a) ⋅                                        5 ⋅ (s + a) ⋅ 2
=−    s                    s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) = −                           s ⋅ ( s + 2a ) ( s + 3a ) = −             s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )        =
                50 ⋅ ( s + a )              b                            50 ⋅ ( s + a )            b                        50 ⋅ ( s + a )             b
           1+                     ⋅                                1+                     ⋅                           1+                     ⋅
                    s + 3a          s ⋅ ( s + 2a )                           s + 3a         s ⋅ ( s + 2a )                      s + 3a         s ⋅ ( s + 2a )
                      5⋅  (s + a) ⋅ b ⋅ c                                5⋅  (s + a) ⋅ b ⋅ c                                5⋅  (s + a) ⋅ b ⋅ c
                 s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                         s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                        s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )
=−                                                           =−                                        =−                                                       =
                                            b                               50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b              s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
     1 + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅                                         1+
                              s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                  s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                       s ⋅ ( s + 2a ) ( s + 3a )
                     5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c
             − 2
                s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )                             5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c                     s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )
=                                                           =− 2                                ⋅                                                       =
   s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b                s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
                s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a )
         5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c                          ( s + 2a )( s + 3a )                         5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c                               1
=−                                   ⋅                                                      =−                          ⋅                                                =
     s⋅   ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b                               s               s⋅  ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
     1                    5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c                                            5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c
=− ⋅                                                             =−
     s s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b                   s ⋅ [ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ]


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Trovata l’espressione finale possiamo procedere al calcolo del limite in maniera da applicare il teorema del valore finale
così come fatto in precedenza:
                                                     5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c                                     5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c
y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim − s ⋅                                                         = lim−                                               =
       s →0               s →0       s ⋅ [s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ] s →0 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b
                     5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c                                 5 ⋅ (0 + a) ⋅ b ⋅ c                 5⋅a ⋅b⋅c             a ⋅b⋅c
− lim                                                 =−                                                 =−                =−               =
   s →0 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b       0⋅ ( 0 + 2a )( 0 + 3a ) + 50 ⋅ ( 0 + a ) ⋅ b    0 + 50 ⋅ a ⋅ b       10 ⋅ a ⋅ b
      1 a ⋅b⋅c            1
=− ⋅                = − ⋅c
     10 a ⋅ b            10
Anche questo valore è stato trovato.
            1
y3,∞ = −      ⋅c
           10
Discussione finale
Abbiamo adesso tutti gli elementi per procedere.
Confronto dei contributi
Procediamo quindi a confrontare i tre contributi, il contributo che, in valore assoluto, sarà maggiore degli altri due sarà
proprio quello che stavamo cercando:
⎧⎡        3                                          1 ⎤
⎪ ⎢ y1,∞ = ⋅ c       y2,∞ = −100 ⋅ c     y3,∞ = −     ⋅c
⎨⎣        5                                         10 ⎥ ⇒
                                                         ⎦
⎪c > 0
⎩
          3                                        1       ⎡       3                                      1 ⎤
 y1,∞ =     ⋅c     y2,∞ = −100 ⋅ c     y3,∞ = −      ⋅ c = ⎢ y1,∞ = ⋅ c      y2,∞ = 100 ⋅ c     y3,∞ =     ⋅c
          5                                       10       ⎣       5                                     10 ⎥ ⎦
Deduciamo immediatamente che il disturbo che ha più influenza sulla risposta a regime è proprio il secondo:
y2,∞ = −100 ⋅ c
Fine problema: Il secondo disturbo è quello, tra i tre, più influente.




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Note:                              Esercizio professore.



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                                            Analisi e Risoluzione Sistema Dinamico
Modello descrittivo dell’attrattore di Lorenz (completato)
Studio completo del modello


Nome file:                                          Modello attrattore di Lorenz (completato).docx
Ultima stampa:                                      2/6/2008 8:43
Oggetto:                                            Analisi matematica del sistema costituito dall’attrattore strano di Edward Norton
                                                    Lorenz.

Analisi problema 
Ci proponiamo di studiare la cinematica, dunque il moto, di una particella di un qualsiasi fluido posto sotto riscaldamento
nell’ambito dei movimenti convettivi derivanti dall’alterazione termica e dal regime caotico scatenato da quest’ultima.
Composizione del sistema 
Consideriamo di avere il seguente sistema:
    •   Sia considerato un qualsiasi fluido a densità media, dunque consideriamo una qualsiasi sostanza allo stato più
        liquido che gassoso e consideriamola inserita in un recipiente a pareti diatermiche di qualsiasi dimensione.
    •   Siano considerati i principali parametri che compongono la massa fluida così come essa viene descritta in
        meccanica ed idraulica.
    •   Sia considerata una particella di questo fluido.
    •   Sia considerata una sorgente di calore che, messa a contatto con la massa fluida, generi, per effetto della
        perturbazione di carattere termico, movimenti convettivi all’interno della massa stessa.
    •   Si consideri la natura del moto descritto dalla particella come caotico.
    •   Si supponga la massa della particella ininfluente ovvero infinitesima.
Sotto queste condizioni vediamo di formulare un modello matematico in grado di descrivere, quanto più precisamente o
approssimativamente possibile, il moto della particella appena presa in considerazione.
Equazioni di Lorenz e discussione circa le loro principali proprietà matematico - fisiche
Cercare di derivare le equazioni del modello mediante un’analisi dei dati a nostra disposizione è impossibile data la
grande complessità del problema. Quello che possiamo fare è invece porre subito le equazioni di questo modello,
scoperte da Edward Norton Lorenz (Scienziato attualmente vivente nato nel 1917, noto per i suoi studi sulla meccanica
dei fluidi e per i risultati delle sue ricerche in seno al MIT di Boston).
Equazioni del modello
Lorenz, mediante un gran numero di esperienze e attraverso ricerche approfondite del problema pervenne intorno al
1960 alle equazioni che descrivevano in maniera abbastanza approssimata il moto di una particella in un fluido all’interno
del quale erano presenti movimenti convettivi. Tali equazioni descrivono la posizione della particella istante per istante:
⎧d
⎪ dt   x ( t ) = σ [ y ( t ) − x ( t )]
⎪
⎪d
⎨      y ( t ) = x ( t ) [ ρ − z ( t )] − y ( t )
⎪ dt
⎪d
⎪ dt   z (t ) = x (t ) y (t ) − β z (t )
⎩
Come si può vedere le equazioni descrivono ciascuna la velocità nelle sue componenti x, y, e z.
Analisi delle grandezze
E’ importante comprendere prima di tutto quali siano i significati delle varie costanti presenti nel modello. Si tratta, come
è possibile vedere, di tre costanti numeriche che possiedono però significati rilevanti a livello fisico; per questo motivo
andremo ad analizzarne, per ciascuna, proprietà e principali caratteristiche:
     1. σ Numero di Prandtl: Questo numero adimensionale esprime il rapporto tra il momento diffusivo, ovvero la
         viscosità del fluido, e la diffusività termica:
                    υ μ ρC p μC p
              σ =    = ⋅    =
                    α ρ k     k
             Tale grandezza esprime in sostanza la caratteristica intrinseca di un fluido in relazione alla conduzione termica. I
             valori da cui tale numero dipende sono caratteristiche relative alla sostanza come ad esempio la viscosità
             cinetica.
       2.    ρ Numero di Rayleigh: Si tratta anche questa di una grandezza adimensionale che esprime il trasferimento di
             calore nel fluido, da non confondere con il numero di Prandtl che associa al fluido la sua attitudine a condurre in
             un determinato modo il calore e a diffonderlo nella sua massa:
                         gβ                      gβ       gβ
             ρ = Gr σ =      (Ts − T∞ ) l 3 = l 3 Ts − l 3 T∞ = ρ s − ρ ∞
                               υα                      υα       υα
             In questa equazione ci interessa scomporre l’espressione da cui dipende il numero di Rayleigh in quanto
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             successivamente il procedimento tornerà utile; ebbene in tale scomposizione troviamo che il numero di Rayleigh
             dipende da diversi parametri quali alcuni coefficienti caratteristici del fluido, ma soprattutto due elementi che
             sono T∞ e Ts ovvero si tratta della temperatura interna del fluido e della temperatura superficiale a cui si trova il
             fluido, ovvero la temperatura a cui il fluido è condizionato dall’ambiente esterno (ad esempio quella del
             recipiente in cui il fluido è contenuto).
             L’equazione che ci permette di calcolare questo numero, formulata da John Strutt Rayleigh (scienziato noto
             soprattutto nei suoi studi condotti sulla diffusione delle onde meccaniche, le onde di Rayleigh sono un particolare
             tipo di onde sismiche) sfrutta diverse grandezze presenti sia nell’equazione di Prandtl che nel nostro sistema.
      3.      β Coefficiente di espansione termica: Questa grandezza infine esprime l’andamento dell’espansione
          riscontrata dal fluido in seguito alla conduzione termica a cui è stato sottoposto. Questo parametro è anch’esso
          adimensionale e descrive sostanzialmente il fenomeno a cui tutte le sostanze vanno incontro quando riscaldate:
          per effetto dell’aumento di calore i legami intermolecolari fra le molecole cambiano aumentando di lunghezza ed
          energia, si riscontra dunque un aumento del caos interno e una variazione significativa nel moto di ogni
          particella, ovvero la quantità di moto delle varie particelle aumenta durante il processo di riscaldamento
          provocando un aumento globale dell’energia interna.
Tutti i parametri, ovvero la terna di valori appena presa in esame, sono positivi e al massimo nulli ma mai negativi.
Definizione del modello del sistema
Viste ed analizzate le equazioni di cui abbiamo bisogno vediamo di definire, al fine della nostra futura analisi, quali
grandezze debbano essere considerate come uscita, ingresso o stato:
     1. Identifichiamo come stato la posizione della particella presa in esame, prenderemo allora in esame un vettore di
         tre componenti che rappresenti appunto l’estremo libero del vettore posizione nel sistema di assi tridimensionale
         che prendiamo in considerazione.
     2. Identifichiamo come uscita, ovvero il valore che vogliamo monitorare, ancora la posizione della particella, quindi,
         come lo stato, imporremo che l’uscita sia un vettore tridimensionale che rappresenti le tre componenti del
         vettore posizione della particella.
     3. Infine identifichiamo come ingresso la terna di parametri precedentemente descritta.
         Attenzione: Imponendo come ingresso i parametri stiamo dicendo che considereremo un fluido con delle
         caratteristiche e che queste caratteristiche verranno imposte all’inizio e mai più (infatti è impossibile far variare
         queste grandezze tutte e tre nel tempo perché sarebbe come chiedere che istante per istante il liquido
         cambiasse la sua natura). Rinunciamo dunque a controllare il sistema, vogliamo infatti semplicemente verificarne
         il comportamento imponendo un fluido iniziale e facendolo evolvere indipendentemente senza ulteriori
         perturbazioni. Questo non ci impedirà però di verificare se il sistema sia controllabile o eventualmente
         osservabile.
         E’ importante comprendere questo passaggio in quanto quello che stiamo sostenendo è l’inutilità di effettuare un
         controllo sul sistema in quanto dovremmo, per costruire il controllore, variare l’ingresso ovvero i parametri
         caratteristici del fluido, ovvero cambiare fluido in maniera istantanea, cosa impossibile ed inutile dunque.
Per non confondersi con lo stato abbiamo sostituito a (x,y,z), vettore posizione, la notazione (i,j,k).
Ancora sul controllo
Abbiamo poco fa annunciato la nostra volontà di non costruire un controllore per questo sistema. Spieghiamo il motivo. A
parte infatti l’ovvia situazione descritta prima è necessario comprendere che il nostro intento è vedere come si comporta
nella sua autonoma evoluzione.
Ebbene questo vale se noi imponiamo come ingresso quanto detto, ma se ponessimo come ingresso la temperatura di
superficie, anzi il numero di Rayleigh (a temperatura superficiale per la distinzione effettuata inizialmente), potremmo
effettuare un controllo ponendo ingressi, temperature superficiali, su determinati profili e calcolarne la risposta:
          ⎡ x1 ( t ) ⎤ ⎡ i ( t ) ⎤               ⎡ y1 ( t ) ⎤ ⎡ i ( t ) ⎤
x ( t ) = ⎢ x2 ( t ) ⎥ = ⎢ j ( t ) ⎥   y ( t ) = ⎢ y2 ( t ) ⎥ = ⎢ j ( t ) ⎥ u ( t ) = ρ s
          ⎢          ⎥ ⎢           ⎥             ⎢          ⎥ ⎢           ⎥
          ⎢ x3 ( t ) ⎥ ⎣ k ( t ) ⎦
          ⎣          ⎦ ⎢           ⎥             ⎣ y3 ( t ) ⎦ ⎣ k ( t ) ⎦
                                                 ⎢          ⎥ ⎢           ⎥
Notare che come ingresso abbiamo imposto una delle due componenti in cui il parametro di Rayleigh si divide, questo in
quanto siamo intenzionati a far variare la temperatura del recipiente che contiene il liquido proprio in modo da
determinare quale sarà l’andamento del sistema sotto sollecitazioni termiche. Quanto detto porta come conseguenza che
nelle equazioni del sistema scomporremmo il numero di Rayleigh in una componente statica e una dinamica, quella che
assumeremo poi come ingresso. A tal proposito invece di considerare solo Ts come ingresso, considereremo tutto il
monomio introdotto prima, in quanto si tratta semplicemente di una costante che moltiplica il fattore temperatura.
Così facendo potremmo imporre alla particella un ben determinato profilo che ne condizioni il moto (le componenti
dell’ingresso, ovvero solo una, rappresenta in pratica la temperatura a cui è sottoposto il liquido ipotizzando che il fattore
T∞, la temperatura quiescente ovvero la temperatura nella parte più interna del fluido, sia costante).
E’ importante comprendere che invece di considerare un’evoluzione libera scegliamo l’ingresso citato in
maniera da rendere il nostro modello ad ingresso singolo sottoponibile facilmente a sollecitazioni i cui
effetti potranno essere monitorati con gli strumenti dell’analisi dei sistemi.
Allora il nostro sistema prevederà come ingresso il fattore:
u (t ) = ρs
Il modello
Come si vede in questo modello figurano oltre che allo stato e all’uscita anche l’ingresso.

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Equazioni modelli: Il modello M2 invece è invece, per quanto predisposto al controllo, più semplice in quanto non
compare l’ingresso nelle equazioni:
⎧d ( )              ( )         ( )
⎪ dt i t = σ j t − σ i t                       ⎧d ( )                 ( )          ( )
⎪                                              ⎪ dt x1 t = σ x2 t − σ x1 t
⎪ d j (t ) = ρi (t ) − i (t ) k (t ) − j (t ) ⎪                                                         ⎧ y1 ( t ) = x1 ( t )
⎪ dt                                           ⎪d                                                       ⎪
⎨                                            ⇒ ⎨ x2 ( t ) = ρ x1 ( t ) − x1 ( t ) x3 ( t ) − x2 ( t ) ∩ ⎨ y2 ( t ) = x2 ( t )
⎪d                                             ⎪ dt                                                     ⎪
⎪ dt k ( t ) = i ( t ) j ( t ) − β k ( t )     ⎪d                                                       ⎩ y3 ( t ) = x3 ( t )
⎪                                              ⎪ dt x3 ( t ) = x1 ( t ) x2 ( t ) − β x3 ( t )
                                               ⎩
⎪ y ( t ) = [i ( t ) j ( t ) k ( t )]T
⎩
Dobbiamo però esplicitare l’ingresso, per farlo poniamo al posto del numero di Rayleigh la scomposizione prima
effettuata:
⎧⎧ d
⎪ ⎪ dt x1 ( t ) = σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )           ⎧d ( )                  ( )      ( )
⎪⎪                                                      ⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t
⎪⎪ x ( t ) = ρ ⋅ x ( t ) − x ( t ) ⋅ x ( t ) − x ( t ) ⎪
    d
⎪ ⎪ dt 2                1         1         3   2       ⎪ d x (t ) = ( ρ − ρ ) ⋅ x (t ) − x (t ) ⋅ x (t ) − x (t )
⎪⎪⎪d                                                    ⎪ dt 2                s   ∞  1        1     3        2

⎪⎨ x ( t ) = x ( t ) ⋅ x ( t ) − β ⋅ x ( t )            ⎪
                                                        ⎪
⎨ ⎪ dt 3             1       2               3        ⇒ ⎨ d x (t ) = x (t ) ⋅ x (t ) − β ⋅ x (t )                  ⇒
⎪⎪ ( )                                                  ⎪ dt
                                                                3         1       2         3

⎪ ⎪ y1 t = x1 t
                   ( )                                  ⎪ y (t ) = x (t )
⎪⎪ y ( t ) = x ( t )                                    ⎪ 1           1

⎪⎪ 2             2
                                                        ⎪ y2 ( t ) = x2 ( t )
⎪ ⎪ y3 ( t ) = x3 ( t )
  ⎩                                                     ⎪
⎪                                                       ⎪ y3 ( t ) = x3 ( t )
                                                        ⎩
⎩ ρ = ρ s − ρ∞
⎧d ( )                 ( )           ( )                         ⎧d ( )                ( )        ( )
⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t                                  ⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t
⎪                                                                ⎪
⎪ d x (t ) = ρ ⋅ x (t ) − ρ ⋅ x (t ) − x (t ) ⋅ x (t ) − x (t ) ⎪ d x (t ) = u (t ) ⋅ x (t ) − ρ ⋅ x (t ) − x (t ) ⋅ x (t ) − x (t )
⎪ dt    2           s 1           ∞   1         1 3       2
                                                                 ⎪ dt 2                 1       ∞    1       1        3        2

⎪
⎪d                                                               ⎪
                                                                 ⎪
⎨ x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )                ⇒ ⎨ d x (t ) = x (t ) ⋅ x (t ) − β ⋅ x (t )
⎪ dt                                                             ⎪ dt
                                                                         3         1      2          3

⎪ y (t ) = x (t )                                                ⎪ y (t ) = x (t )
⎪ 1           1
                                                                 ⎪ 1           1

⎪ y2 ( t ) = x2 ( t )                                            ⎪ y2 ( t ) = x2 ( t )
⎪                                                                ⎪
⎪ y3 ( t ) = x3 ( t )
⎩                                                                ⎪ y3 ( t ) = x3 ( t )
                                                                 ⎩
Il modello
Ebbene abbiamo adesso la forma finale del nostro modello:
⎧d ( )                   ( )            ( )
⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t
⎪                                                                                   ⎧ y1 ( t ) = x1 ( t )
⎪d                                                                                  ⎪
⎨ x2 ( t ) = u ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t ) ∩ ⎨ y2 ( t ) = x2 ( t )
⎪ dt                                                                                ⎪ ( )
⎪d                                                                                  ⎩ y3 t = x3 ( t )
⎪ dt x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )
⎩
Principali caratteristiche del modello
Dal punto di vista delle caratteristiche intrinseche i due modelli, atti a descrivere lo stesso sistema, presentano
determinate caratteristiche:
    1. Linearità: Osserviamo che il modello non è lineare in quanto non è possibile individuare la quadrupla matriciale
        classica indice della linearità di un sistema in forma di stato.
    2. Regolarità: Il modello risulta regolare in quanto dipende dallo stato e dall’ingresso e da nessun’altra grandezza,
        dimostrando dunque di soddisfare dunque le equazioni di regolarità.
    3. Limitatezza dell’insieme di stato: Il modello è a stati infiniti dato che la particella si muove in uno spazio
        euclideo, per definizione avremo allora che le posizioni che tale particella può assumere sono infinite, sia perché
        ogni punto intermedio dello spazio è concepibile presi due punti qualsiasi, sia perché, anche non considerando la
        continuità dello spazio, i punti discreti, ipotizzabili, sarebbero infiniti in numero visto che non diamo limiti alla
        dimensione dello spazio in cui la particella si muoverà.
    4. Dimensione dello stato: Il modello è a dimensione dello stato finita in quanto la posizione della particella è
        descrivibile con tre componenti cinematiche.
    5. Tempo continuità: Il modello è tempo continuo in quanto il tempo assume valori in un insieme continuo.
    6. Tempo invarianza: Il modello è tempo invariante in quanto, essendo regolare, non dipende esplicitamente dal
        tempo, questo basta e avanza per affermare la tempo invarianza del modello.
Vediamo dunque che i due modelli possiedono le stesse identiche caratteristiche a parte il fatto che il primo dipende
anche dall’ingresso.


Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli                                                                                    Pagina 3 di 11
Fascicolo universitario di ricerca
Linearizzazione del modello
Il passo successivo è la linearizzazione del modello con il quale saremo poi in grado di utilizzare tutta una serie di
strutture teoriche capaci di darci informazioni utili su molti aspetti dei due sistemi, ed in particolare, saremo in grado di
osservare la reazione del sistema a determinati ingressi e sollecitazioni notevoli.
Processi preliminari
Procediamo adesso a linearizzare il modello. Identifichiamo le funzioni:
⎧ D( t ) [ x ( t )] = f [ x ( t ) , u ( t )]
⎪
⎨
⎪ y ( t ) = η [ x ( t )]
⎩
Iniziamo il processo mediante l’imposizione per cui gli stati, gli ingressi e le uscite siano grandezze da assumersi attorno
ad un determinato polo:
⎧δ ∈ ℜ : δ > 0
⎪x ∈ X           ⎧ x ( t ) = xL + δ x ( t )
⎪ L              ⎪
⎨              ⇒ ⎨ y ( t ) = yL + δ y ( t )
⎪ yL ∈ Y         ⎪ ( )
⎪u L ∈ U         ⎩u t = u L + δ u ( t )
⎩
⎧d                                      ⎧d                                                              ⎧ d
⎪ [ x ( t ) ] = f [ x ( t ) , u ( t ) ] ⎪ ⎣ xL + δ x ( t ) ⎦ = f ⎣ xL + δ x ( t ) , u L + δ u ( t ) ⎦
                                             ⎡             ⎤     ⎡                                  ⎤   ⎪δ [ x ( t )] = f ⎣ xL + δ x ( t ) , u L + δ u ( t ) ⎦
                                                                                                                           ⎡                                 ⎤
⎨ dt                                   ⇒⎨ dt                                                          ⇒ ⎨ dt
⎪ y ( t ) = η [ x ( t )]                ⎪ y + δ y ( t ) = η ⎡ x + δ x ( t )⎤                            ⎪ y + δ y (t ) = η ⎡ x + δ x ( t )⎤
⎩                                       ⎩ L                 ⎣ L            ⎦                            ⎩ L                ⎣ L             ⎦
Linearizzazione effettiva
Passaggio a Taylor: Operiamo adesso il passaggio cruciale con il quale imponiamo al sistema di seguire un
comportamento lineare, dunque calcoliamo il polinomio di Taylor della funzione f e η, fermandoci al primo ordine:
⎧                                      ∂f                                ∂f
⎪ f [ x t , u t ] = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ ⎣ x t − xL ⎦ + ∂u ( xL , u L ) ⋅ ⎣u t − u L ⎦ + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )}
       ( ) ( )                                         ⎡ ( )         ⎤                  ⎡ ( )       ⎤        ( ) ( )
⎪
⎨                                                                                                                                       ⇒
⎪η [ x ( t )] = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ ⎡ x ( t ) − x ⎤ + o { x ( t ) − x }
⎪                                      ⎣          L⎦
⎩                           ∂x
                      L          L                                     L


⎧                                      ∂f                                        ∂f
⎪ f [ x t , u t ] = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ ⎣ xL + δ x t − xL ⎦ + ∂u ( xL , u L ) ⋅ ⎣u L + δ u t − u L ⎦ + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )}
       ( ) ( )                                         ⎡           ( )      ⎤                  ⎡         ( )      ⎤         ( ) ( )
⎪
⎨                                                                                                                                                      ⇒
⎪η [ x ( t )] = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ ⎡ x + δ x ( t ) − x ⎤ + o { x ( t ) − x }
⎪                                      ⎣ L                   L⎦
⎩                           ∂x
                      L          L                                            L


                                       ∂f
⎧                                                            ( ) ∂f
⎪ f [ x t , u t ] = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )}
       ( ) ( )                                                                       ( )         ( ) ( )
⎪
⎨                                                                                                                         ⇒
⎪η [ x ( t )] = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x }
⎪
⎩
                      L
                            ∂x
                                 L                               L


                                          ∂f
⎧d                                                              ( ) ∂f
⎪ dt ⎡ xL + δ x t ⎦ = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )}
     ⎣            ( )⎤                                                                 ( )         ( ) ( )
⎪
⎨                                                                                                                           ⇒
⎪ y + δ y ( t ) = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x }
⎪ L
⎩
                          L
                               ∂x
                                      L                             L


                                   ∂f
⎧ d [ ( )]                                             ( ) ∂f
⎪δ dt x t = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )}
                                                                                 ( )        ( ) ( )
⎪
⎨                                                                                                                     ⇒
⎪ y + δ y ( t ) = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x }
⎪ L
⎩
                          L
                               ∂x
                                      L                             L


⎧                   d
⎪ f ( xL , u L ) = ⎣ xL + δ x ( t ) ⎦ = 0
                        ⎡            ⎤
⎨                  dt                        ⇒
⎪η ( xL , u L ) = yL
⎩
                     ∂f
⎧ d [ ( )]                             ( ) ∂f
⎪δ dt x t = 0 + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )}
                                                               ( )        ( ) ( )
⎪
⎨                                                                                                    ⇒
⎪ y + δ y ( t ) = y + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x }
⎪ L
⎩
                   L
                        ∂x
                            L                               L


⎧ d [ ( )] ∂f                          ( ) ∂f
⎪δ dt x t = ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )}
                                                           ( )        ( ) ( )
⎪
⎨
⎪δ y ( t ) = ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x }
⎪
⎩            ∂x
                   L                               L


Procediamo a trascurare gli infinitesimi di ordine superiore in maniera da procedere con la fase finale dell’intero
processo, questo determinerà naturalmente un’approssimazione dalle caratteristiche rilevanti in quanto il polo di
linearizzazione rappresenterà il punto attorno al quale il sistema linearizzato (per valori davvero poco discostati dal polo)
assumerà validità numerica con percentuali di errori comprese tra l’80% e il 90%:


Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli                                                                                          Pagina 4 di 11
Fascicolo universitario di ricerca
⎧ d [ ( )] ∂f                         ∂f                        ⎧ d [ ( )] ∂f                      ∂f
⎪δ dt x t = ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t   ⎪ dt x t = ∂x ( xL , uL ) ⋅ x t + ∂u ( xL , uL ) ⋅ u t
                                  ( )                      ( )                                 ( )                  ( )
⎪                                                               ⎪
⎨                                                              ⇒⎨
⎪δ y ( t ) = ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t )                               ⎪ y ( t ) = ∂η ( x ) ⋅ x ( t )
⎪
⎩            ∂x
                   L
                                                                ⎪
                                                                ⎩           ∂x
                                                                                  L


Calcolo delle matrici
Calcoliamo i differenziali che sono presenti nelle relazioni e poniamoli poi in funzione dei poli di linearizzazione tenendo
presente che:
⎧
⎪ f1 [ x t , u t ] = dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t
                             d
         ( ) ( )                  ( )               ( )           ( )
⎪                                                                                                              ⎧η1 [ x ( t )] = y1 ( t ) = x1 ( t )
⎪                                                                                                              ⎪
⎨ f 2 [ x ( t ) , u ( t )] = x2 ( t ) = u ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t ) ∧ ⎨η 2 [ x ( t )] = y2 ( t ) = x2 ( t )
                             d
⎪                            dt                                                                                ⎪
⎪                                                                                                              ⎩η3 [ x ( t )] = y3 ( t ) = x3 ( t )
⎪ f 3 [ x ( t ) , u ( t )] = dt x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )
                             d
⎩
Procediamo:
              ⎡ ∂f1              ∂f1              ∂f1
              ⎢ ∂x ( x, u )          ( x, u )          ( x, u ) ⎤
                                                                ⎥
                                 ∂x2              ∂x3
              ⎢ 1                                               ⎥
∂f            ⎢ ∂f               ∂f 2             ∂f 2          ⎥
   ( x, u ) = ⎢ 2 ( x, u )            ( x, u )         ( x, u ) ⎥ =
∂x            ⎢ ∂x1              ∂x2              ∂x3           ⎥
              ⎢ ∂f 3             ∂f 3             ∂f3           ⎥
              ⎢      ( x, u )         ( x, u )         ( x, u ) ⎥
              ⎣ ∂x1              ∂x2              ∂x3           ⎦
⎡                    ∂                                                           ∂                                         ∂
⎢                        {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )}                              {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )}             {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )} ⎤    ⎥
                   ∂x1                                                          ∂x2                                       ∂x3
⎢                                                                                                                                                                ⎥
⎢ ∂                                                                                         ∂f 2                                      ∂f 2                       ⎥
⎢ ∂x {u ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t )}                ∂x2
                                                                                                 ( x, u )
                                                                                                                                      ∂x3
                                                                                                                                           ( x, u )              ⎥=
⎢ 1                                                                                                                                                              ⎥
⎢                 ∂                                                            ∂                                         ∂                                       ⎥
⎢                     { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )}                       { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )}     { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )}⎥
⎣               ∂x1                                                           ∂x2                                       ∂x3                                      ⎦
   ⎡         −σ                     σ           0 ⎤                                  ⎡          −σ             σ        0 ⎤
                                                              ∂f
= ⎢u ( t ) − ρ ∞ − x3 ( t ) −1 − x1 ( t ) ⎥ ⇒
   ⎢                                                  ⎥           ( xL , uL ) = A = ⎢uL − ρ∞ − xL ,3 −1 − xL,1 ⎥
                                                                                     ⎢                                     ⎥
                                                              ∂x
   ⎢
   ⎣        x2 ( t )              x1 ( t )     −β ⎥   ⎦                              ⎢
                                                                                     ⎣          xL ,2          xL ,1 − β ⎦ ⎥
              ⎡ ∂f1           ⎤ ⎡                    ∂                                               ⎤
              ⎢ ∂u ( x, u ) ⎥ ⎢                          {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )}               ⎥
                                                    ∂u
              ⎢               ⎥ ⎢                                                                    ⎥ ⎡ 0 ⎤                          ⎡ 0 ⎤
∂f            ⎢ ∂f 2 ( x, u ) ⎥ = ⎢ ∂ {u ( t ) ⋅ x ( t ) − ρ ⋅ x ( t ) − x ( t ) ⋅ x ( t ) − x ( t )}⎥ = ⎢ x ( t ) ⎥ ⇒ ∂f x , u = B = ⎢ x ⎥
   ( x, u ) = ⎢               ⎥ ⎢ ∂u                          ∞
                                                                                                     ⎥ ⎢ 1 ⎥
                                                                                                                          ( L L)      ⎢ L ,1 ⎥
∂u              ∂u                                                                                                     ∂u
                                                  1                 1          1         3    2

              ⎢               ⎥ ⎢                                                                    ⎥ ⎢ 0 ⎥
                                                                                                         ⎣         ⎦                  ⎢ 0 ⎥
                                                                                                                                      ⎣ ⎦
              ⎢ ∂f 3 ( x, u ) ⎥ ⎢                  ∂
                                                      { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )}          ⎥
              ⎢ ∂u
              ⎣               ⎦ ⎢
                              ⎥ ⎣                 ∂u                                                 ⎥
                                                                                                     ⎦
          ⎡ ∂η1 ( )          ∂η1
                                 ( x)
                                           ∂η1
                                                ( x ) ⎤ ⎡ ∂ { x1 } ∂ { x1 } ∂ { x1 } ⎤
          ⎢ ∂x x             ∂x2           ∂x3        ⎥ ⎢ ∂x         ∂x2        ∂x3       ⎥
          ⎢ 1                                         ⎥ ⎢ 1                               ⎥ ⎡1 0 0 ⎤                  ⎡1 0 0 ⎤
∂η        ⎢ ∂η               ∂η 2          ∂η 2
                                                ( x ) ⎥ = ⎢ ∂ { x2 } ∂ { x2 } ∂ { x2 }⎥ = ⎢ 0 1 0 ⎥ ⇒ ∂η ( xL ) = C = ⎢ 0 1 0 ⎥
                                                      ⎥
   ( x) = ⎢ 2 ( x)                ( x)                    ⎢                               ⎥ ⎢
∂x                                                                                                 ⎥                  ⎢       ⎥
          ⎢ ∂x1              ∂x2           ∂x3        ⎥ ⎢ ∂x1        ∂x2        ∂x3
                                                                                          ⎥ ⎢0 0 1⎥
                                                                                                      ∂x
                                                                                                                      ⎢0 0 1 ⎥
          ⎢ ∂η3                                       ⎥ ⎢ ∂                                 ⎣      ⎦                  ⎣       ⎦
                             ∂η3           ∂η3                        ∂          ∂        ⎥
          ⎢     ( x)             ( x)           ( x ) ⎥ ⎢ { x3 }         { x3 }     { x3 }⎥
          ⎣ ∂x1              ∂x2           ∂x3        ⎦ ⎣ ∂x1        ∂x2        ∂x3       ⎦
Modello linearizzato in forma generale
Il modello linearizzato, in forma generale in quanto il polo non è specificato è:
∀ ( xL , u L ) ∈ Σ = {( x, u ) : x ∈ X ∧ u ∈ U }
                                         ⎧              ⎛               −σ                σ        0 ⎞                 ⎛ 0 ⎞
                                         ⎪ d [ ( )] ⎜                                                    ⎟             ⎜       ⎟
                                         ⎪ dt   x t = ⎜ uL            − ρ ∞ − xL ,3       −1     − xL ,1 ⎟ ⋅ x ( t ) + ⎜ xL ,1 ⎟ ⋅ u ( t )
⎧d                                                      ⎜                                                ⎟             ⎜       ⎟
⎪ [ x ( t )] = A ⋅ x ( t ) + B ⋅ u ( t ) ⎪
                                         ⎪              ⎝                 xL ,2          xL ,1    −β ⎠                 ⎝ 0 ⎠
⎨ dt                                    ⇒⎨
⎪ y (t ) = C ⋅ x (t )                    ⎪          ⎛1 0              0⎞
⎩                                        ⎪ y (t ) = ⎜ 0 1               ⎟
                                                    ⎜                 0 ⎟ ⋅ x (t )
                                         ⎪          ⎜0 0
                                         ⎪
                                         ⎩          ⎝                 1⎟⎠
Analisi dei punti di equilibrio del sistema
Possiamo adesso prendere in esame quei particolari valori dello stato in cui il sistema si trova ad essere in equilibrio, per
trovare tali punti è necessario annullare le relazioni differenziali. Per questa analisi non è necessario il modello

Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli                                                                                                         Pagina 5 di 11
Fascicolo universitario di ricerca
linearizzato, quindi utilizzeremo il modello iniziale, studieremo poi la stabilità dei punti di equilibrio mediante il sistema
linearizzato abbandonando definitivamente il modello originario.
Procediamo a trovare i punti di equilibrio:
⎧d ( )                   ( )            ( )
⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t = 0
⎪                                                                                          ⎧σ ⋅ x2 − σ ⋅ x1 = 0
⎪d ( )            ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t ) = 0 ⇒ ⎪u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x2 = 0 ⇒
⎨ x2 t = u                                                                                 ⎨
⎪ dt                                                                                       ⎪x ⋅ x − β ⋅ x = 0
⎪d                                                                                         ⎩ 1 2            3

⎪ dt x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t ) = 0
⎩
⎧ x2 − x1 = 0                                       ⎧ x2 = x1                                     ⎧ x2 = x1
⎪                                                   ⎪                                             ⎪
⎨u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x2 = 0 ⇒ ⎨u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x1 = 0 ⇒ ⎨u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x1 = 0 ⇒
⎪x ⋅ x − β ⋅ x = 0                                  ⎪x ⋅ x − β ⋅ x = 0                            ⎪ x2 − β ⋅ x = 0
⎩ 1 2             3                                 ⎩ 1 1                3                        ⎩ 1          3

                                       ⎧ x2 = x1
⎧ x2 = x1                              ⎪                        2                                     3
⎪u ⋅ x − ρ ⋅ x − x ⋅ x − x = 0 ⇒ ⎪u ⋅ x − ρ ⋅ x − x ⋅ x1 − x = 0 ⇒ u ⋅ x − ρ ⋅ x − x1 − x = 0 ⇒
⎪           ∞                          ⎪           ∞                                       ∞
⎨
      1          1     1    3  1
                                       ⎨
                                             1          1    1
                                                               β      1              1           1
                                                                                                     β  1

⎪β ⋅ x = x2 ⇒ x =          x12         ⎪        2
⎪
⎩
       3    1        3
                           β           ⎪ x3 = x1
                                       ⎪
                                       ⎩       β
⎧ x2 = x1                                                         ⎧ x2 = x1
⎪         2                                                       ⎪
                                                                           x2
⎪ x = x1
⎪ 3                                                            ⇒ ⎪ x3 = 1
                                                                  ⎨
⎨        β                                                        ⎪        β
⎪                         3
                                                                  ⎪ ⎡ β ( u − ρ ∞ − 1) − x12 ⎤ ⋅ x1 = 0
⎪( u − ρ ∞ − 1) ⋅ x1 − x1 = 0 ⇒ β ( u − ρ ∞ − 1) ⋅ x1 − x13 = 0 ⎩ ⎣                          ⎦
⎪
⎩                        β
Notiamo che arrivati a questo punto il nostro sistema ci da due casi possibili in corrispondenza della terza equazione,
analizziamoli singolarmente partendo dal primo:
⎧ x2 = x1    ⎧ x2 = 0
⎪            ⎪         ⎧ x2 = 0          ⎛0⎞
⎪            ⎪         ⎪
         2
       x1            0                   ⎜ ⎟
⎨ x3 =     ⇒ ⎨ x3 = ⇒ ⎨ x3 = 0 ⇒ xE ,1 = ⎜ 0 ⎟
⎪       β    ⎪      β  ⎪                 ⎜ ⎟
⎪ x1 = 0     ⎪         ⎩ x1 = 0          ⎝0⎠
⎩            ⎩ x1 = 0
Il primo stato di equilibrio trovato è, diciamo, quello banale per cui se la nostra particella si trova nell’origine essa
tenderà a rimanervi. In effetti nel nostro caso non si tratta di una cosa così banale, ebbene pare dunque che se la
particella si trova nell’origine dello spazio in esame, essa vi rimarrà in quanto le scie convettive generano forze che
nell’origine si annullano a vicenda.
Procediamo a trovare gli altri punti di equilibrio:
⎧ x2 = x1                    ⎧ x2 = x1               ⎧ x2 = x1
⎪                            ⎪                       ⎪
⎪                            ⎪
         2                            2
                                                            x2
                                                   ⇒ ⎪ x3 = 1
        x1                          x
⎨ x3 =                     ⇒ ⎨ x3 = 1                ⎨
⎪       β                    ⎪      β                       β
                                                     ⎪
⎪ β ( u − ρ ∞ − 1) − x1 = 0 ⎪ x1 = β ( u − ρ ∞ − 1) ⎪ x = ± β ( u − ρ − 1)
                      2         2
⎩                            ⎩                       ⎩ 1             ∞

Notiamo anche qui la presenza di due sottocasi, in quanto il valore negativo della radice è accettabile essendo essa
assegnata a una coordinata spaziale che può benissimo assumere valori minori di zero.
Esaminiamo il primo sottocaso:
⎧ x2 =                       ⎧ x2 = β ( u − ρ ∞ − 1)
         x1
                             ⎪                         ⎧ x2 = β ( u − ρ ∞ − 1)           ⎛ β ( u − ρ ∞ − 1) ⎞
⎪                                                                                        ⎜                  ⎟
⎪x =     x12                 ⎪      β ( u − ρ ∞ − 1)   ⎪
                                                       ⎪
⎨ 3                        ⇒ ⎨ x3 =                  ⇒ ⎨ x3 = u − ρ ∞ − 1      ⇒ xE ,2 = ⎜ β ( u − ρ ∞ − 1) ⎟
         β                   ⎪             β           ⎪                                 ⎜                  ⎟
⎪                                                                                        ⎜                  ⎟
⎪x =                         ⎪                         ⎪
                                                       ⎩ x1 = β ( u − ρ ∞ − 1)           ⎝ u − ρ∞ − 1 ⎠
⎩ 1        β ( u − ρ ∞ − 1) ⎩ x1 = β ( u − ρ ∞ − 1)
Procediamo con il secondo ed ultimo sottocaso:
⎧ x2 = x1                ⎧ x2 = − β ( u − ρ ∞ − 1)
                         ⎪                           ⎧ x = − β ( u − ρ ∞ − 1)            ⎛ − β ( u − ρ ∞ − 1) ⎞
⎪                                                                                        ⎜                    ⎟
⎪ x = x1
         2
                         ⎪      β ( u − ρ ∞ − 1)     ⎪ 2
                                                     ⎪                                   ⎜ − β ( u − ρ − 1) ⎟
⎨ 3 β                  ⇒ ⎨ x3 =                    ⇒ ⎨ x3 = u − ρ ∞ − 1        ⇒ xE ,3 =
                         ⎪             β             ⎪                                   ⎜             ∞
                                                                                                              ⎟
⎪                                                                                        ⎜   u − ρ∞ − 1 ⎟
⎪ x = − β ( u − ρ − 1)   ⎪                           ⎪
                                                     ⎩ x1 = − β ( u − ρ ∞ − 1)           ⎝                    ⎠
⎩ 1              ∞       ⎩ x1 = − β ( u − ρ ∞ − 1)
Possiamo dunque concludere che il nostro sistema possiede tre punti di equilibrio. Guardiamo, prima di concludere, come
l’ingresso non possa possedere tutti i valori possibili, nel momento in cui linearizzeremo infatti sceglieremo un ingresso
che non faccia diventare negativo il radicando presente negli ultimi due punti di equilibrio, ovvero la relazione da
soddisfare è:
u − ρ∞ − 1 > 0 ⇒ u > ρ∞ + 1

Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli                                                                                Pagina 6 di 11
Fascicolo universitario di ricerca
Analisi della stabilità del sistema (parte 1)
Da questo momento in poi ci apprestiamo ad abbandonare il sistema originale per utilizzare i vantaggi offerti dal sistema
linearizzato. Procediamo dunque ad analizzare la stabilità del sistema utilizzando il sistema linearizzato in un polo
generico.
Ovvero l’intenzione è quella di affrontare la discussione della stabilità non solo discutendo per quali valori dei parametri il
sistema è stabile o meno, ma considerando anche i valori del polo di linearizzazione in maniera da collegare la stabilità
anche a questo fattore in maniera da evitare di linearizzare in punti in cui il sistema è instabile.
Procediamo dunque mediante l’analisi degli autovalori della matrice di stato A:
    ⎛        −σ           σ      0 ⎞                     ⎛ s 0 0⎞ ⎛                 −σ              σ          0 ⎞
    ⎜                               ⎟                    ⎜            ⎟ ⎜                                          ⎟
A = ⎜ u L − ρ ∞ − xL ,3 −1 − xL ,1 ⎟ ⇒ sI − A = 0 ⇒ ⎜ 0 s 0 ⎟ − ⎜ u L − ρ ∞ − xL ,3 −1 − xL ,1 ⎟ = 0 ⇒
    ⎜                     xL ,1 − β ⎟                    ⎜0 0 s⎟ ⎜                                  xL ,1 − β ⎟
    ⎝        xL ,2                  ⎠                    ⎝            ⎠ ⎝           xL ,2                          ⎠
     s +σ           −σ         0
ρ ∞ + xL ,3 − u L s + 1 xL ,1 = 0 ⇒ ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 − ⎡ − ( s + σ ) ⋅ xL ,1 + ( ρ ∞ + xL ,3 − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) ⎤ = 0 ⇒
                                                                                           ⎣
                                                                                                            2
                                                                                                                                                              ⎦
     − xL ,2       − xL ,1 s + β
( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + ( s + σ ) ⋅ xL ,1 − ( ρ ∞ + xL ,3 − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) = 0 ⇒
                                                                    2


( s 2 + 1 + σ ⋅ s + σ ) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + xL ,1 ⋅ s + σ ⋅ xL ,1 + σ ( ρ ∞ + xL ,3 − uL ) ⋅ ( s + β ) = 0 ⇒
                                                           2               2


⎛ s 3 + s + σ ⋅ s 2 + σ ⋅ s + β ⋅ s 2 + β + β ⋅ σ ⋅ s + β ⋅ σ + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + xL ,1 ⋅ s + σ ⋅ xL ,1 +
                                                                                        2            2

⎜                                                                                                           ⇒
⎜ +σ ( ρ ∞ ⋅ s + xL ,3 ⋅ s − u L ⋅ s + ρ ∞ ⋅ β + xL ,3 ⋅ β − u L ⋅ β ) = 0
⎝
⎛ s 3 + s + σ ⋅ s 2 + σ ⋅ s + β ⋅ s 2 + β + β ⋅ σ ⋅ s + β ⋅ σ + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + xL ,1 ⋅ s + σ ⋅ xL ,1 +
                                                                                        2            2

⎜                                                                                                           ⇒
⎜ +σ ⋅ ρ ⋅ s + σ ⋅ x ⋅ s − σ ⋅ u ⋅ s + σ ⋅ ρ ⋅ β + σ ⋅ x ⋅ β − σ ⋅ u ⋅ β = 0
⎝         ∞             L ,3           L             ∞              L ,3           L

⎛ s 3 + σ ⋅ s 2 + β ⋅ s 2 + s + σ ⋅ s + σ ⋅ ρ ∞ ⋅ s + σ ⋅ xL ,3 ⋅ s − σ ⋅ u L ⋅ s + β ⋅ σ ⋅ s +
⎜
⎜ +β ⋅ σ + β + σ ⋅ x ⋅ x + σ ⋅ x2 + σ ⋅ ρ ⋅ β + σ ⋅ x ⋅ β − σ ⋅ u ⋅ β = 0
⎝                        L ,1  L ,2        L ,1        ∞               L ,3          L

Osserviamo subito una cosa: effettuare un’analisi ed una discussione come quella che ci eravamo prefissati è quasi
impossibile data l’elevata presenza di variabili.
Linearizzazione in un polo (parte 1)
Vediamo già adesso come mantenere il sistema linearizzato in forma generale risulti davvero essere una cosa
improponibile in quanto i futuri calcoli vengono vanificati dalla presenza eccessiva di parametri che rendono
complicatissimi calcoli che dovrebbero essere semplici.
Per questo motivo ci troviamo costretti a scegliere, tra i tre punti di equilibrio trovati, uno in cui linearizzare il sistema.
A tal fine procediamo prima con lo studiare la stabilità nei tre poli in maniera da poter scegliere fra quelli in cui il sistema
linearizzato risulti essere quantomeno sempre, o pressoché sempre, stabile.
Analisi della stabilità del sistema (parte 2)
Analizziamo la stabilità del sistema nei tre punti di equilibrio trovati.
Primo punto di equilibrio
Linearizziamo intorno al primo punto di equilibrio trovato:
⎧ xE ,1 = ( 0 0 0 )T
⎪
⎨                                                                                                                                                 ⇒
⎪ sI − A = 0 ⇒ ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 − ⎡ − ( s + σ ) ⋅ xL ,1 + ( ρ ∞ + xL ,3 − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) ⎤ = 0
                                                                                          2
⎩                                                                          ⎣                                                               ⎦
( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) − ⎡( ρ ∞ − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) ⎤ = 0 ⇒ ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) − ( ρ ∞ − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) = 0 ⇒
                                   ⎣                                   ⎦
                                                          ⎧s = −β
⎡( s + σ ) ⋅ ( s + 1) + σ ( ρ ∞ − u L ) ⎦ ( s + β ) = 0 ⇒ ⎨
⎣                                       ⎤
                                                          ⎩( s + σ ) ⋅ ( s + 1) + σ ( ρ ∞ − u L ) = 0
s + s + σ ⋅ s + σ + σ ( ρ ∞ − u L ) = 0 ⇒ s + (1 + σ ) ⋅ s + σ ( ρ ∞ − u L + 1) = 0 ⇒
  2                                                 2


                                        ⎧       1
                                                         ) 1 (
                                        ⎪ s = − 2 1 + σ + 2 1 + σ − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1)
                                                  (                   )2
                                        ⎪
Δ = (1 + σ ) − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) ⇒ ⎨
            2

                                        ⎪ s = − 1 (1 + σ ) − 1 (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ − u + 1)
                                        ⎪
                                        ⎩       2            2
                                                                                    ∞   L

Ci interessa naturalmente il segno di questi autovalori e pertanto il primo autovalore potrebbe recare problemi in quanto
se il radicando fosse positivo bisognerebbe controllare in che modo il valore positivo scavalca quello negativo (notare
come il primo monomio non radicale sia negativo in quanto i parametri del sistema sono tutti positivi).
Procediamo alla discussione:
                                                                              (      )2               (      )2
(1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒ (1 + σ )2 > 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) ⇒ 1 + σ > ρ ∞ − u L + 1 ⇒ 1 + σ + u L − 1 > ρ ∞ ⇒
                                                                                4 ⋅σ                    4 ⋅σ



Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli                                                                                           Pagina 7 di 11
Fascicolo universitario di ricerca
       (1 + σ )2
⇒ ρ∞ <           + uL − 1
         4 ⋅σ
Notiamo che sotto questa condizione il sistema risulta possedere autovalori non complessi, se fosse non verificata avrei
subito il sistema stabile in questo punto di equilibrio. Se si presentasse invece il caso descritto allora bisognerebbe
controllare che il monomio negativo non venga scavalcato dal risultato della radice:
 1           1
− (1 + σ ) +   (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒ − (1 + σ ) + (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒
 2           2
     (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > (1 + σ ) ⇒ (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > (1 + σ )2
(1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 (Da ipotesi)
(1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > (1 + σ )2 ⇒ −4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒ σ ( ρ ∞ − u L + 1) < 0 ⇒ ρ ∞ − u L + 1 < 0 ⇒
ρ∞ < uL − 1
Se la condizione si verificasse si avrebbe il sistema instabile.
Ricapitolando allora ho la seguente situazione sotto riportata.
Il sistema nel primo punto di equilibrio è stabile solo se è verificata:
ρ∞ > uL − 1
Secondo e terzo punto di equilibrio
Vista la complessità formale degli altri due punti di equilibrio e dati i calcoli che si dovrebbero svolgere al fine di
determinare la stabilità, ci proponiamo di linearizzare in questo punto di equilibrio che determina stabilità, così come noi
chiedevamo.
Linearizzazione in un polo (parte 2)
Sappiamo dunque attorno a quale punto far evolvere il sistema, procediamo dunque a sostituire il punto al nostro
modello linearizzato. Inoltre, abbiamo bisogno di determinare per quale valore dell’ingresso si ottiene il punto di
equilibrio.
                 ⎛       −σ                σ          0 ⎞            ⎛ 0 ⎞
 d
    [ x ( t )] = ⎜ uL − ρ∞ − xL ,3 −1 − xL ,1 ⎟ ⋅ x t + ⎜ xL ,1 ⎟ ⋅ u ( t ) ⇒
                 ⎜                                        ⎟ ( ) ⎜
                                                                           ⎟
dt               ⎜                                                   ⎜ 0 ⎟
                 ⎝       xL ,2           xL ,1 − β ⎟      ⎠          ⎝     ⎠
⎛d                ⎞
⎜ dt ⎡ x1 ( t ) ⎤ ⎟
      ⎣         ⎦
⎜                 ⎟ ⎛           −σ                σ        0 ⎞ ⎛ x1 ( t ) ⎞ ⎛         0        ⎞
⎜ d ⎡ x ( t )⎤ ⎟ = ⎜ u − ρ − x                                 ⎟ ⎜ ( )⎟ ⎜                 (t ) ⎟ ⇒
                                                 −1 − xL ,1 ⎟ ⋅ ⎜ x2 t ⎟ + ⎜ xL ,1 ⋅ u ⎟
⎜ dt ⎣ 2 ⎦ ⎟ ⎜ L                  ∞     L ,3

⎜                 ⎟ ⎜ ⎝        xL ,2            xL ,1 − β ⎟ ⎜ x3 ( t ) ⎟ ⎜
                                                               ⎠ ⎝        ⎠ ⎝         0        ⎟
                                                                                               ⎠
   d
⎜ ⎡ x3 ( t ) ⎤ ⎟
⎜ ⎣             ⎦⎟
⎝ dt              ⎠
⎧  d                                                                                                             ⎧d
      ⎣ ( )⎦                  ( )
⎪ dt ⎡ x1 t ⎤ = −σ ⋅ x1 t + σ ⋅ x2 t
                                               ( )                                                                    ⎡ ( )⎤                 ( )
                                                                                                                 ⎪ ⎣ x1 t ⎦ = −σ ⋅ x1 t + σ ⋅ x2 t
                                                                                                                                                            ( )
⎪                                                                                                        ⎛ 0 ⎞ ⎪ dt
⎪d                                                                                                       ⎜ ⎟ ⎪d
⎨ ⎡ x2 ( t ) ⎤ = ( u L − ρ ∞ − xL ,3 ) ⋅ x1 ( t ) − x2 ( t ) − xL ,1 ⋅ x3 ( t ) + xL ,1 ⋅ u ( t ) ⇒ xL = ⎜ 0 ⎟ ⇒ ⎨ ⎣ x2 ( t ) ⎦ = ( u L − ρ ∞ ) ⋅ x1 ( t ) − x2 ( t )
      ⎣         ⎦                                                                                                     ⎡          ⎤
⎪ dt                                                                                                     ⎜ 0 ⎟ ⎪ dt
⎪d                                                                                                       ⎝ ⎠ ⎪d
⎪ dt ⎡ x3 ( t ) ⎤ = xL ,2 ⋅ x1 ( t ) + xL ,1 x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )
⎩
      ⎣         ⎦                                                                                                ⎪ dt ⎣ x3 ( t ) ⎦ = − β ⋅ x3 ( t )
                                                                                                                 ⎩
                                                                                                                      ⎡          ⎤

Notiamo subito che la difficoltà che ci si presenta è proprio quella di determinare l’ingresso di equilibrio per il quale il
sistema raggiunge lo stato di equilibrio.
Ovvero la domanda che ci poniamo è la seguente: “Per quale o quali valori dell’ingresso è possibile far raggiungere allo
stato il punto di equilibrio proposto?”.
Sappiamo che per scegliere l’ingresso di linearizzazione è semplicemente necessario apportare valori che non determinino
incongruenze nel sistema, ovvero che generino punti di equilibrio reali. La condizione affinché questo avvenga la
possediamo già:
u > ρ∞ + 1
Visto che il parametro ρ∞ deve essere positivo (si guardi la definizione a inizio documento di questo parametro),
possiamo scegliere u in modo tale che l’uguaglianza soddisfi la positività richiesta dal parametro. Purtroppo vediamo però
che il parametro coinvolge una temperatura espressa in Kelvin (all’inizio del documento è spiegato come il parametro è
composto), dunque vorremmo anche mantenerci lontani dal valore zero (non ammesso dal terzo principio della
termodinamica meglio noto come principio di Nerst). Dobbiamo scegliere allora un ingresso molto grande, un numero
come 100, 200 o 300 ad esempio.
Nel nostro caso sceglieremo il valore:
u = 500 ⇒
500 > ρ ∞ + 1 ⇒ − ρ ∞ > −500 + 1 ⇒ ρ ∞ < 500 − 1 ⇒ ρ ∞ < 499 ⇒
     gβ                                  υα               υα
l3        T∞ < 499 ⇒ l 3T∞ < 499 ⋅          ⇒ T∞ < 499 ⋅
     υα                                  gβ              g β l3

Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli                                                                                                Pagina 8 di 11
Fascicolo universitario di ricerca
Scegliendo questo valore dovremmo mantenerci su buoni livelli di compatibilità fisica dato che temperature alte verranno
raggiunte ma non così alte.
Anche se poi non tutti i sistemi potranno essere descritti in questo modo, per i nostri esempi infatti considereremo
sistemi che abbiano una configurazione di parametri conforme alla condizione:
u > ρ∞ + 1
Linearizzazione: Ebbene, scelto l’ingresso di linearizzazione, notare anche come esso sia conforme con le altre
condizioni, possiamo procedere.
⎧d
                                                                                    ⎧              ⎛ −σ           σ  0 ⎞
     ⎣ ( )⎦                 ( )
⎪ dt ⎡ x1 t ⎤ = −σ ⋅ x1 t + σ ⋅ x2 t
                                            ( )                                     ⎪ d [ ( )] ⎜                       ⎟
                                                                                           x t = ⎜ 500 − ρ ∞ −1 0 ⎟ ⋅ x ( t )
                                                          ⎧ y1 ( t ) = x1 ( t )     ⎪ dt
⎪                                                                                   ⎪              ⎜                   ⎟
⎪d                                                        ⎪                         ⎪              ⎝  0           0 −β ⎠
⎨ ⎣ x2 ⎤
     ⎡    ( t ) ⎦ = ( 500 − ρ ∞ ) ⋅ x1 ( t ) − x2 ( t ) ∧ ⎨ y2 ( t ) = x2 ( t ) ⇔   ⎨
⎪ dt                                                      ⎪                         ⎪          ⎛1 0 0⎞
⎪d                                                        ⎩ y3 ( t ) = x3 ( t )     ⎪ y (t ) = ⎜ 0 1 0 ⎟ ⋅ x (t )
⎪ dt ⎡ x3 ( t ) ⎤ = − β ⋅ x3 ( t )
⎩
     ⎣          ⎦                                                                   ⎪          ⎜
                                                                                               ⎜0 0 1⎟
                                                                                                       ⎟
                                                                                    ⎪
                                                                                    ⎩          ⎝       ⎠
Da questo momento in poi il sistema sopra riportato sarà il nostro punto di partenza per le analisi
successive, abbandoniamo il modello preciso per facilitare i calcoli con un modello approssimato lineare.
Controllabilità del sistema
Procediamo a vedere come il nostro nuovo sistema si comporta nei confronti della possibilità di imporre autovalori.
Analizziamo dunque la possibilità di effettuare il suddetto processo analizzando la raggiungibilità del sistema:
R = [ B , AB ,..., A n −1 B ] ⇒ n = 3 ⇒ R = [ B , AB , A2 B ]
B = 0 ⇒ ρ (R) = 0
Possiamo vedere come il sistema non sia controllabile e non sia dunque applicabile il processo di allocazione degli
autovalori.
Osservabilità del sistema
Passiamo adesso all’osservabilità del sistema e a vedere se è possibile costruire per questo sistema un osservatore
asintotico dello stato.
O = [C , CA,..., CAn −1 ] ⇒ n = 3 ⇒ O = [C , CA, CA2 ]
                          T                                     T



C = I ⇒ O = [ I , A, A2 ]
                              T



    ⎛ −σ              σ  0 ⎞ ⎛ −σ                  σ  0 ⎞ ⎛      σ 2 + σ ( 500 − ρ∞ )                 −σ 2 − σ           0 ⎞
    ⎜                      ⎟ ⎜                          ⎟ ⎜                                                                 ⎟
A = ⎜ 500 − ρ ∞
  2
                      −1 0 ⎟ ⋅ ⎜ 500 − ρ ∞         −1 0 ⎟ = ⎜ −σ ( 500 − ρ ∞ ) − 500 + ρ ∞        σ ( 500 − ρ ∞ ) + 1    0 ⎟
    ⎜                 0 −β ⎟ ⎜                     0 −β ⎟ ⎜                                                              β2 ⎟
    ⎝    0                 ⎠ ⎝      0                   ⎠ ⎝                0                              0                 ⎠
  ⎛              1                                 0          0 ⎞
  ⎜                                                             ⎟
  ⎜              0                                 1          0 ⎟
  ⎜              0                               0            1 ⎟
  ⎜                                                             ⎟
  ⎜             −σ                               σ            0 ⎟                       1 0 0
O=⎜         500 − ρ ∞                           −1            0 ⎟ ⇒ ρ ( O ) = max = 3 ⇔ 0 1 0 = 1
  ⎜                                                             ⎟
  ⎜              0                               0           −β ⎟                       0 0 1
  ⎜    σ 2 + σ ( 500 − ρ ∞ )                  −σ 2 − σ        0 ⎟
  ⎜                                                             ⎟
  ⎜ −σ ( 500 − ρ ∞ ) − 500 + ρ ∞         σ ( 500 − ρ ∞ ) + 1 0 ⎟
  ⎜                                                          β2 ⎟
  ⎝              0                               0              ⎠
Vediamo che il rango è massimo grazie al minore unità presente dentro O.
Possiamo concludere che il sistema risulta sempre osservabile.
Conclusioni finali
A questo punto si ferma l’analisi dell’attrattore di Lorenz.




Andrea Tino
Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli                                                                            Pagina 9 di 11
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  • 1. Raccolta modelli Raccolta di modelli e di esercizi tematici per l’analisi di alcuni particolari sistemi dinamici. Documenti: Elenco dei modelli: 1) Modello attrattore di Lorenz 2) Modello diffusione epidemica di Kermack e McKendrick 3) Modello emissario immissario 4) Modello logistico 5) Modello massa – molla – smorzatore – piano inclinato 6) Modello popolazione di Fibonacci 7) Modello predatori – prede di Lotka e Volterra 8) Modello termico Elenco degli esercizi: 1) Esercizio analisi disturbi Studente: Andrea Tino Corso: Elementi di Ingegneria dell’Automazione Docente: Prof. Nunnari Anno accademico: 2007/2008 Data inizio: Ottobre 2007 Data fine: Gennaio 2008 Università degli studi di Catania - Corso di Ingegneria Informatica Andrea Tino Elementi di Ingegneria dell’Automazione
  • 2. Fascicolo universitario di ricerca Risoluzione esercizio ed analisi risultati Modello sistema in controllo mediante retroazione dell’uscita con l’influenza esterna di disturbi (completato) Risoluzione degli effetti dei disturbi Nome file: Esercizio analisi disturbi (completato).docx Ultima stampa: 2/6/2008 8:41 Oggetto: Risoluzione di un problema collegato all’analisi dell’influenza di disturbi presenti nel modello in retroazione dell’uscita. Analisi preliminare  Ci proponiamo di analizzare il sistema rappresentato dal modello raffigurato in basso: Come è possibile notare il modello in questione è la rappresentazione di un sistema di controllo mediante la retroazione dell’uscita. Composizione del modello  Il modello presenta le seguenti caratteristiche: • Il sistema di controllo possiede una catena diretta ed una catena di controllo. Nella catena diretta sono presenti in cascate due sistemi, però, interconnessi tra loro mediante una serie di nodi sommatori. La catena di retroazione è invece unitaria, ovvero non è presente alcun trasduttore. • Il sistema che si vuole controllare è indicato con il simbolo P e la sua rappresentazione mediante la funzione di trasferimento è: b P (s) = s⋅ ( s + 2a ) • Il controllore che si utilizza, indicato con il simbolo C, possiede la seguente funzione di trasferimento: 50 ⋅ ( s + a ) C (s) = s + 3a • L’intero sistema di controllo è soggetto a tre differenti disturbi esterni localizzati in vari punti delle due catene di cui si compone il sistema; tali perturbazioni esterne vengono indicate con i simboli d1, d2 e d3 e si tratta di ingressi a gradino con intensità differente per ciascuno: ⎧ 10 ⎪ d1 = s c ⎪ ⎪ 100 ⎨d 2 = c ⎪ s ⎪ 1 0,1 ⎪ d3 = 10 ⋅ s c = s c ⎩ • Il sistema è parametrico e le costanti applicate sono tutte positive. L’intero sistema è il risultato di un controllo finale soggetto a disturbi esterni dunque. Richieste  I tre disturbi apportano, ciascuno, una modifica nella risposta data dal sistema. Ipotizzando l’assenza di segnali R in ingresso, ma ipotizzando la presenza costante dei disturbi, si vuole cercare di comprendere quale, tra i tre disturbi, sia quello più influente nella variazione apportata alla risposta senza disturbi. Richiesta: Si vuole identificare quale dei tre elementi esterni, a regime, influisca di più sulla risposta finale del sistema. Svolgimento iniziale Il problema richiede di poter determinare quale sia il valore di regime della risposta. Sappiamo che tale valore di regime è dato dal calcolo del limite: y∞ = lim y ( t ) t →+∞ Si tratta della relazione canonica per il calcolo del regime. Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi Pagina 1 di 6
  • 3. Fascicolo universitario di ricerca L’analisi dei sistemi però ci permette di dedurre questo limite (grazie al teorema sul valore finito), se esiste finito, mediante un altro limite che però coinvolge la nostra funzione nel dominio di Laplace, dove i calcoli vengono semplificati. In particolare abbiamo che: ∃ lim y ( t ) = L < ∞ ⇒ ∃ lim s ⋅ Y ( s ) = L t →+∞ s →0 Ovvero il valore di regime lo si potrà calcolare, solo se tale regime esiste finito, mediante la relazione: y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) s→0 Metodo La chiave per risolvere l’esercizio sarà per l’appunto questa. Utilizzeremo questo limite per verificare quale sia il valore di regime ottenuto nei corrispondenti ingressi di disturbo e analizzeremo avanti i risultati trovati. Procedimento risolutivo Il procedimento con il quale risolveremo il problema è il seguente. Sappiamo che un sistema rappresentabile mediante combinazione di sistemi lineari e tempo invarianti, sarà anch’esso un LTI; in effetti ci troviamo proprio nella nostra situazione. Una delle proprietà dei sistemi LTI è il fatto che ad essi sia possibile l’applicazione del principio di sovrapposizione degli effetti; mediante tale principio possiamo infatti isolare diversi contributi e vedere come uno per uno essi apportino il loro contributo nel sistema finale; infatti calcolando la risposta su i singoli elementi e mediante la loro somma è possibile risalire al valore finale della risposta dovuta a tutti i componenti. Confronto La relazione che ci permette di calcolare la risposta a regime è la chiave dello svolgimento. Inizialmente procederemo infatti a calcolare la risposta a regime senza la presenza di disturbi per vedere quale sarebbe la risposta senza azioni esterne. Dunque procederemo poi a calcolare la risposta a regime calcolando questa considerando un disturbo per volta, ponendo nulli gli altri disturbi. A questo punto, ottenuti i nostri tre valori, essi saranno comparati alla risposta senza disturbi e il disturbo che avrà generato un maggiore scostamento del valore di regime della risposta senza disturbi, sarà appunto l’azione più influente tra le tre proposte. Calcolo della risposta a regime senza disturbi (risposta pulita) Procediamo dunque a calcolare, nel dominio di Laplace e con l’ausilio della relazione prima introdotta dal teorema sul valore finito, la risposta pulita, ovvero la risposta a regime nel momento in cui consideriamo nulli tutti i disturbi. Percorrimento delle catene: Partendo dall’uscita percorriamo la catena di retroazione e poi quella diretta: {{{R − {⎣⎡Y ( s ) + d ( s )⎦⎤ + d ( s )}} ⋅ C ( s )} + d ( s )} ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒ 2 3 1 {{{R − ⎣⎡Y ( s ) + d 2 } } ( s ) + d 3 ( s ) ⎦} ⋅ C ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒ ⎤ {{{R − Y ( s ) − d 2 } ( s ) − d 3 ( s )} ⋅ C ( s )} + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒ {⎡ R ⋅ C ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) − d ⎣ 2 ( s ) ⋅ C ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⎦ + d1 ( s )} ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒ ⎤ ⎡ R ⋅ C ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) + d1 ( s ) ⎦ ⋅ P ( s ) = Y ( s ) ⇒ ⎣ ⎤ Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) Annulliamo i disturbi: ⎧ d1 ( s ) = d 2 ( s ) = d 3 ( s ) = 0 ⎪ ⎨ ⇒ ⎪Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⎩ Y (s) = R ⋅ C (s) ⋅ P (s) − Y (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s) ⇒ Y (s) + Y (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s) = R ⋅ C (s) ⋅ P (s) ⇒ R ⋅ C (s) ⋅ P (s) Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) = 1+ C (s) ⋅ P (s) Sostituiamo le espressioni delle varie funzioni contando che gli ingressi R sono nulli: R ⋅ C (s) ⋅ P (s) Y (s) = ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = 0 1 + C (s) ⋅ P (s) La risposta si annulla, dunque, naturalmente, anche il regime sarà nullo: y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim s ⋅ 0 = 0 s →0 s →0 Dunque abbiamo che la risposta pulita è nulla; procederemo adesso a calcolare le altre tre risposte considerando perseti solo un disturbo alla volta e chi sarà maggiore in valore assoluto sarà il disturbo più influente. Calcolo delle risposte su ciascun disturbo (risposte con rumore) Partendo dal primo disturbo calcoliamo le risposte per ciascuno di essi fino all’ultimo ottenendo tre valori di regime (con rumore). Analisi della risposta con la presenza del primo disturbo Il percorrimento delle due catene è stato già fatto precedentemente e abbiamo il seguente risultato: Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi Pagina 2 di 6
  • 4. Fascicolo universitario di ricerca Procediamo ad annullare tutti i disturbi eccetto il primo, tenendo anche conto che non sono presenti ingressi R: ⎧Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪d 2 ( s ) = d3 ( s ) = 0 ⎩ Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) + Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) d (s) ⋅ P (s) Y (s) = ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = 1 1+ C (s) ⋅ P (s) 1+ C (s) ⋅ P (s) Sostituiamo alle varie espressioni il loro valore: 10 b 1 10 ⋅ b ⋅ c 1 10 ⋅ b ⋅ c 1 10 ⋅ b ⋅ c c⋅ ⋅ ⋅ ⋅ s s⋅ ( s + 2a ) s s⋅ ( s + 2a ) s s⋅ ( s + 2a ) s s ⋅ ( s + 2a ) Y (s) = = = = = 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) 1 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) 1+ ⋅ 1+ ⋅ 1+ ⋅ 1+ s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) ( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a ) s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) 10 ⋅ b ⋅ c s 2 ⋅ ( s + 2a ) 10 ⋅ b ⋅ c s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) = = ⋅ = s⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) s 2 ⋅ ( s + 2a ) s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) 10 ⋅ b ⋅ c ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) = ⋅ = s ⋅ ( s + 2a ) s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) s ⋅ ( s + 2a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )] Non manipoliamo ulteriormente l’espressione in quanto dobbiamo procedere al calcolo di un limite utilizzando il teorema del valore finale: 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim s ⋅ = lim = s →0 s →0 s ⋅ ( s + 2a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )] s →0 ( s + 2a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a )] 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2a ) 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ ( 0 + 3a ) ⋅ ( 0 + 2a ) 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ 3a ⋅ 2a = lim = = = s → 0 ( s + 2 a ) ⋅ [ s ⋅ ( s + 3a ) ⋅ ( s + 2 a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( s + a ) ] ( 0 + 2a ) ⋅ [ 0 ⋅ ( 0 + 3a ) ⋅ ( 0 + 2a ) + 50 ⋅ b ⋅ ( 0 + a )] 2a ⋅ [ 0 + 50 ⋅ b ⋅ a ] 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ 3a ⋅ 2a 10 ⋅ b ⋅ c ⋅ 3a ⋅ 2a 10 ⋅ c ⋅ 3 c ⋅ 3 3 = = = = = ⋅c 2a ⋅ [50 ⋅ b ⋅ a ] 2a ⋅ 50 ⋅ b ⋅ a 50 5 5 Abbiamo trovato l’espressione che cercavamo, ebbene il primo disturbo apporta, da solo, una determinata influenza sull’alterazione della risposta pulita, dato che la risposta pulita è nulla la misura dell’alterazione è data dal valore stesso assunto dalla risposta a regime calcolata, abbiamo allora: 3 y1,∞ = ⋅c 5 Procediamo oltre. Analisi della risposta con la presenza del secondo disturbo Anche in questo caso sfruttiamo i calcoli effettuati in precedenza: Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) Procediamo dunque ad annullare tutti i disturbi tranne il secondo tenendo sempre conto che alla fine gli ingressi R non dovranno essere presi in considerazione: ⎧Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪ d1 ( s ) = d 3 ( s ) = 0 ⎩ Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) + Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) d (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s) Y (s) = ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = − 2 1+ C (s) ⋅ P (s) 1+ C (s) ⋅ P (s) Alle varie espressioni sostituiamo i valori: 100 50 ⋅ ( s + a ) b 1 5000 ⋅ ( s + a ) b 1 5000 ⋅ ( s + a ) b⋅c c⋅ ⋅ c⋅ ⋅ ⋅ ⋅ s s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) Y (s) = − =− =− = 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 1+ ⋅ 1+ ⋅ 1+ ⋅ s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) 1 b⋅c b⋅c 5000 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c ⋅ 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ 2 s s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) =− =− =− = 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 1+ ⋅ 1+ ⋅ 1+ ⋅ s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi Pagina 3 di 6
  • 5. Fascicolo universitario di ricerca 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c =− s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) ( )( = − s ⋅ s + 2a s + 3a = − 2 ) s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) = b 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b 1 + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ 1+ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c − 2 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) = =− 2 ⋅ = s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c ( s + 2a )( s + 3a ) 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c 1 =− ⋅ =− ⋅ = s⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s s⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c =− s ⋅ [ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ] Possiamo adesso procedere con il calcolo del limite: 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c 5000 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ⋅ c y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim − s ⋅ = lim− = s →0 s →0 s ⋅ [ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ] s →0 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b (s + a) ⋅ b ⋅ c (0 + a ) ⋅ b ⋅ c a ⋅b⋅c = lim− 5000 ⋅ = −5000 ⋅ = −5000 ⋅ = s →0 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b 0 ⋅ ( 0 + 2a )( 0 + 3a ) + 50 ⋅ ( 0 + a ) ⋅ b 0 + 50 ⋅ ( 0 + a ) ⋅ b a ⋅b⋅c a ⋅b⋅c = −5000 ⋅ = −100 ⋅ = −100 ⋅ c 50 ⋅ a ⋅ b a ⋅b Abbiamo così ottenuto l’altro risultato voluto: y2,∞ = −100 ⋅ c Analisi della risposta con la presenza del terzo disturbo Infine procediamo ad analizzare l’influenza generata dal terzo disturbo: Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) Annulliamo tutti i disturbi presenti tranne il terzo e annulliamo alla fine anche gli ingressi R che non sono presenti nel nostro modello: ⎧Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 2 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) + d1 ( s ) ⋅ P ( s ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪ d1 ( s ) = d 2 ( s ) = 0 ⎩ Y ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) + Y ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ Y ( s ) [1 + C ( s ) ⋅ P ( s )] = R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d 3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) ⇒ R ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) − d3 ( s ) ⋅ C ( s ) ⋅ P ( s ) d (s) ⋅ C (s) ⋅ P (s) Y (s) = ⇒ R = 0 ⇒ Y (s) = − 3 1 + C (s) ⋅ P (s) 1 + C (s) ⋅ P (s) Sostituiamo i rispettivi valori delle varie espressioni presenti: 1 50 ⋅ ( s + a ) b 1 5 ⋅ (s + a) b 1 5 ⋅ (s + a) b⋅c c⋅ ⋅ c⋅ ⋅ ⋅ ⋅ 10 ⋅ s s + 3a s⋅ ( s + 2a ) s s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) Y (s) = − =− =− = 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 1+ ⋅ 1+ ⋅ 1+ ⋅ s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) 1 b⋅c b⋅c 5⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c ⋅ 5 ⋅ (s + a) ⋅ 5 ⋅ (s + a) ⋅ 2 =− s s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) = − s ⋅ ( s + 2a ) ( s + 3a ) = − s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) = 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 50 ⋅ ( s + a ) b 1+ ⋅ 1+ ⋅ 1+ ⋅ s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) s + 3a s ⋅ ( s + 2a ) 5⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c 5⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c 5⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s 2 ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) =− =− =− = b 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b 1 + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ 1+ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a ) ( s + 3a ) 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c − 2 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) = =− 2 ⋅ = s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c ( s + 2a )( s + 3a ) 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c 1 =− ⋅ =− ⋅ = s⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s s⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b 1 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c =− ⋅ =− s s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b s ⋅ [ s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ] Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi Pagina 4 di 6
  • 6. Fascicolo universitario di ricerca Trovata l’espressione finale possiamo procedere al calcolo del limite in maniera da applicare il teorema del valore finale così come fatto in precedenza: 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c y∞ = lim s ⋅ Y ( s ) = lim − s ⋅ = lim− = s →0 s →0 s ⋅ [s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b ] s →0 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b 5 ⋅ (s + a) ⋅ b ⋅ c 5 ⋅ (0 + a) ⋅ b ⋅ c 5⋅a ⋅b⋅c a ⋅b⋅c − lim =− =− =− = s →0 s ⋅ ( s + 2a )( s + 3a ) + 50 ⋅ ( s + a ) ⋅ b 0⋅ ( 0 + 2a )( 0 + 3a ) + 50 ⋅ ( 0 + a ) ⋅ b 0 + 50 ⋅ a ⋅ b 10 ⋅ a ⋅ b 1 a ⋅b⋅c 1 =− ⋅ = − ⋅c 10 a ⋅ b 10 Anche questo valore è stato trovato. 1 y3,∞ = − ⋅c 10 Discussione finale Abbiamo adesso tutti gli elementi per procedere. Confronto dei contributi Procediamo quindi a confrontare i tre contributi, il contributo che, in valore assoluto, sarà maggiore degli altri due sarà proprio quello che stavamo cercando: ⎧⎡ 3 1 ⎤ ⎪ ⎢ y1,∞ = ⋅ c y2,∞ = −100 ⋅ c y3,∞ = − ⋅c ⎨⎣ 5 10 ⎥ ⇒ ⎦ ⎪c > 0 ⎩ 3 1 ⎡ 3 1 ⎤ y1,∞ = ⋅c y2,∞ = −100 ⋅ c y3,∞ = − ⋅ c = ⎢ y1,∞ = ⋅ c y2,∞ = 100 ⋅ c y3,∞ = ⋅c 5 10 ⎣ 5 10 ⎥ ⎦ Deduciamo immediatamente che il disturbo che ha più influenza sulla risposta a regime è proprio il secondo: y2,∞ = −100 ⋅ c Fine problema: Il secondo disturbo è quello, tra i tre, più influente. Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi Pagina 5 di 6
  • 7. Fascicolo universitario di ricerca Scheda Revisione e Info Completezza Data creazione: 15/06/2007 10.02.00 Ultimo salvataggio: 04/02/2008 17.31 Percorso: Esercizio analisi disturbi (completato).docx Grandezza file: 118 KB Revisione Numero revisione: 0 Controllato dal NO professore: Risoluzione corretta: Esercizio completato, in attesa di correzione. Note: Esercizio professore. Andrea Tino Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione esercizi Pagina 6 di 6
  • 8. Fascicolo universitario di ricerca Analisi e Risoluzione Sistema Dinamico Modello descrittivo dell’attrattore di Lorenz (completato) Studio completo del modello Nome file: Modello attrattore di Lorenz (completato).docx Ultima stampa: 2/6/2008 8:43 Oggetto: Analisi matematica del sistema costituito dall’attrattore strano di Edward Norton Lorenz. Analisi problema  Ci proponiamo di studiare la cinematica, dunque il moto, di una particella di un qualsiasi fluido posto sotto riscaldamento nell’ambito dei movimenti convettivi derivanti dall’alterazione termica e dal regime caotico scatenato da quest’ultima. Composizione del sistema  Consideriamo di avere il seguente sistema: • Sia considerato un qualsiasi fluido a densità media, dunque consideriamo una qualsiasi sostanza allo stato più liquido che gassoso e consideriamola inserita in un recipiente a pareti diatermiche di qualsiasi dimensione. • Siano considerati i principali parametri che compongono la massa fluida così come essa viene descritta in meccanica ed idraulica. • Sia considerata una particella di questo fluido. • Sia considerata una sorgente di calore che, messa a contatto con la massa fluida, generi, per effetto della perturbazione di carattere termico, movimenti convettivi all’interno della massa stessa. • Si consideri la natura del moto descritto dalla particella come caotico. • Si supponga la massa della particella ininfluente ovvero infinitesima. Sotto queste condizioni vediamo di formulare un modello matematico in grado di descrivere, quanto più precisamente o approssimativamente possibile, il moto della particella appena presa in considerazione. Equazioni di Lorenz e discussione circa le loro principali proprietà matematico - fisiche Cercare di derivare le equazioni del modello mediante un’analisi dei dati a nostra disposizione è impossibile data la grande complessità del problema. Quello che possiamo fare è invece porre subito le equazioni di questo modello, scoperte da Edward Norton Lorenz (Scienziato attualmente vivente nato nel 1917, noto per i suoi studi sulla meccanica dei fluidi e per i risultati delle sue ricerche in seno al MIT di Boston). Equazioni del modello Lorenz, mediante un gran numero di esperienze e attraverso ricerche approfondite del problema pervenne intorno al 1960 alle equazioni che descrivevano in maniera abbastanza approssimata il moto di una particella in un fluido all’interno del quale erano presenti movimenti convettivi. Tali equazioni descrivono la posizione della particella istante per istante: ⎧d ⎪ dt x ( t ) = σ [ y ( t ) − x ( t )] ⎪ ⎪d ⎨ y ( t ) = x ( t ) [ ρ − z ( t )] − y ( t ) ⎪ dt ⎪d ⎪ dt z (t ) = x (t ) y (t ) − β z (t ) ⎩ Come si può vedere le equazioni descrivono ciascuna la velocità nelle sue componenti x, y, e z. Analisi delle grandezze E’ importante comprendere prima di tutto quali siano i significati delle varie costanti presenti nel modello. Si tratta, come è possibile vedere, di tre costanti numeriche che possiedono però significati rilevanti a livello fisico; per questo motivo andremo ad analizzarne, per ciascuna, proprietà e principali caratteristiche: 1. σ Numero di Prandtl: Questo numero adimensionale esprime il rapporto tra il momento diffusivo, ovvero la viscosità del fluido, e la diffusività termica: υ μ ρC p μC p σ = = ⋅ = α ρ k k Tale grandezza esprime in sostanza la caratteristica intrinseca di un fluido in relazione alla conduzione termica. I valori da cui tale numero dipende sono caratteristiche relative alla sostanza come ad esempio la viscosità cinetica. 2. ρ Numero di Rayleigh: Si tratta anche questa di una grandezza adimensionale che esprime il trasferimento di calore nel fluido, da non confondere con il numero di Prandtl che associa al fluido la sua attitudine a condurre in un determinato modo il calore e a diffonderlo nella sua massa: gβ gβ gβ ρ = Gr σ = (Ts − T∞ ) l 3 = l 3 Ts − l 3 T∞ = ρ s − ρ ∞ υα υα υα In questa equazione ci interessa scomporre l’espressione da cui dipende il numero di Rayleigh in quanto Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 1 di 11
  • 9. Fascicolo universitario di ricerca successivamente il procedimento tornerà utile; ebbene in tale scomposizione troviamo che il numero di Rayleigh dipende da diversi parametri quali alcuni coefficienti caratteristici del fluido, ma soprattutto due elementi che sono T∞ e Ts ovvero si tratta della temperatura interna del fluido e della temperatura superficiale a cui si trova il fluido, ovvero la temperatura a cui il fluido è condizionato dall’ambiente esterno (ad esempio quella del recipiente in cui il fluido è contenuto). L’equazione che ci permette di calcolare questo numero, formulata da John Strutt Rayleigh (scienziato noto soprattutto nei suoi studi condotti sulla diffusione delle onde meccaniche, le onde di Rayleigh sono un particolare tipo di onde sismiche) sfrutta diverse grandezze presenti sia nell’equazione di Prandtl che nel nostro sistema. 3. β Coefficiente di espansione termica: Questa grandezza infine esprime l’andamento dell’espansione riscontrata dal fluido in seguito alla conduzione termica a cui è stato sottoposto. Questo parametro è anch’esso adimensionale e descrive sostanzialmente il fenomeno a cui tutte le sostanze vanno incontro quando riscaldate: per effetto dell’aumento di calore i legami intermolecolari fra le molecole cambiano aumentando di lunghezza ed energia, si riscontra dunque un aumento del caos interno e una variazione significativa nel moto di ogni particella, ovvero la quantità di moto delle varie particelle aumenta durante il processo di riscaldamento provocando un aumento globale dell’energia interna. Tutti i parametri, ovvero la terna di valori appena presa in esame, sono positivi e al massimo nulli ma mai negativi. Definizione del modello del sistema Viste ed analizzate le equazioni di cui abbiamo bisogno vediamo di definire, al fine della nostra futura analisi, quali grandezze debbano essere considerate come uscita, ingresso o stato: 1. Identifichiamo come stato la posizione della particella presa in esame, prenderemo allora in esame un vettore di tre componenti che rappresenti appunto l’estremo libero del vettore posizione nel sistema di assi tridimensionale che prendiamo in considerazione. 2. Identifichiamo come uscita, ovvero il valore che vogliamo monitorare, ancora la posizione della particella, quindi, come lo stato, imporremo che l’uscita sia un vettore tridimensionale che rappresenti le tre componenti del vettore posizione della particella. 3. Infine identifichiamo come ingresso la terna di parametri precedentemente descritta. Attenzione: Imponendo come ingresso i parametri stiamo dicendo che considereremo un fluido con delle caratteristiche e che queste caratteristiche verranno imposte all’inizio e mai più (infatti è impossibile far variare queste grandezze tutte e tre nel tempo perché sarebbe come chiedere che istante per istante il liquido cambiasse la sua natura). Rinunciamo dunque a controllare il sistema, vogliamo infatti semplicemente verificarne il comportamento imponendo un fluido iniziale e facendolo evolvere indipendentemente senza ulteriori perturbazioni. Questo non ci impedirà però di verificare se il sistema sia controllabile o eventualmente osservabile. E’ importante comprendere questo passaggio in quanto quello che stiamo sostenendo è l’inutilità di effettuare un controllo sul sistema in quanto dovremmo, per costruire il controllore, variare l’ingresso ovvero i parametri caratteristici del fluido, ovvero cambiare fluido in maniera istantanea, cosa impossibile ed inutile dunque. Per non confondersi con lo stato abbiamo sostituito a (x,y,z), vettore posizione, la notazione (i,j,k). Ancora sul controllo Abbiamo poco fa annunciato la nostra volontà di non costruire un controllore per questo sistema. Spieghiamo il motivo. A parte infatti l’ovvia situazione descritta prima è necessario comprendere che il nostro intento è vedere come si comporta nella sua autonoma evoluzione. Ebbene questo vale se noi imponiamo come ingresso quanto detto, ma se ponessimo come ingresso la temperatura di superficie, anzi il numero di Rayleigh (a temperatura superficiale per la distinzione effettuata inizialmente), potremmo effettuare un controllo ponendo ingressi, temperature superficiali, su determinati profili e calcolarne la risposta: ⎡ x1 ( t ) ⎤ ⎡ i ( t ) ⎤ ⎡ y1 ( t ) ⎤ ⎡ i ( t ) ⎤ x ( t ) = ⎢ x2 ( t ) ⎥ = ⎢ j ( t ) ⎥ y ( t ) = ⎢ y2 ( t ) ⎥ = ⎢ j ( t ) ⎥ u ( t ) = ρ s ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ x3 ( t ) ⎥ ⎣ k ( t ) ⎦ ⎣ ⎦ ⎢ ⎥ ⎣ y3 ( t ) ⎦ ⎣ k ( t ) ⎦ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ Notare che come ingresso abbiamo imposto una delle due componenti in cui il parametro di Rayleigh si divide, questo in quanto siamo intenzionati a far variare la temperatura del recipiente che contiene il liquido proprio in modo da determinare quale sarà l’andamento del sistema sotto sollecitazioni termiche. Quanto detto porta come conseguenza che nelle equazioni del sistema scomporremmo il numero di Rayleigh in una componente statica e una dinamica, quella che assumeremo poi come ingresso. A tal proposito invece di considerare solo Ts come ingresso, considereremo tutto il monomio introdotto prima, in quanto si tratta semplicemente di una costante che moltiplica il fattore temperatura. Così facendo potremmo imporre alla particella un ben determinato profilo che ne condizioni il moto (le componenti dell’ingresso, ovvero solo una, rappresenta in pratica la temperatura a cui è sottoposto il liquido ipotizzando che il fattore T∞, la temperatura quiescente ovvero la temperatura nella parte più interna del fluido, sia costante). E’ importante comprendere che invece di considerare un’evoluzione libera scegliamo l’ingresso citato in maniera da rendere il nostro modello ad ingresso singolo sottoponibile facilmente a sollecitazioni i cui effetti potranno essere monitorati con gli strumenti dell’analisi dei sistemi. Allora il nostro sistema prevederà come ingresso il fattore: u (t ) = ρs Il modello Come si vede in questo modello figurano oltre che allo stato e all’uscita anche l’ingresso. Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 2 di 11
  • 10. Fascicolo universitario di ricerca Equazioni modelli: Il modello M2 invece è invece, per quanto predisposto al controllo, più semplice in quanto non compare l’ingresso nelle equazioni: ⎧d ( ) ( ) ( ) ⎪ dt i t = σ j t − σ i t ⎧d ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎪ dt x1 t = σ x2 t − σ x1 t ⎪ d j (t ) = ρi (t ) − i (t ) k (t ) − j (t ) ⎪ ⎧ y1 ( t ) = x1 ( t ) ⎪ dt ⎪d ⎪ ⎨ ⇒ ⎨ x2 ( t ) = ρ x1 ( t ) − x1 ( t ) x3 ( t ) − x2 ( t ) ∩ ⎨ y2 ( t ) = x2 ( t ) ⎪d ⎪ dt ⎪ ⎪ dt k ( t ) = i ( t ) j ( t ) − β k ( t ) ⎪d ⎩ y3 ( t ) = x3 ( t ) ⎪ ⎪ dt x3 ( t ) = x1 ( t ) x2 ( t ) − β x3 ( t ) ⎩ ⎪ y ( t ) = [i ( t ) j ( t ) k ( t )]T ⎩ Dobbiamo però esplicitare l’ingresso, per farlo poniamo al posto del numero di Rayleigh la scomposizione prima effettuata: ⎧⎧ d ⎪ ⎪ dt x1 ( t ) = σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t ) ⎧d ( ) ( ) ( ) ⎪⎪ ⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t ⎪⎪ x ( t ) = ρ ⋅ x ( t ) − x ( t ) ⋅ x ( t ) − x ( t ) ⎪ d ⎪ ⎪ dt 2 1 1 3 2 ⎪ d x (t ) = ( ρ − ρ ) ⋅ x (t ) − x (t ) ⋅ x (t ) − x (t ) ⎪⎪⎪d ⎪ dt 2 s ∞ 1 1 3 2 ⎪⎨ x ( t ) = x ( t ) ⋅ x ( t ) − β ⋅ x ( t ) ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ dt 3 1 2 3 ⇒ ⎨ d x (t ) = x (t ) ⋅ x (t ) − β ⋅ x (t ) ⇒ ⎪⎪ ( ) ⎪ dt 3 1 2 3 ⎪ ⎪ y1 t = x1 t ( ) ⎪ y (t ) = x (t ) ⎪⎪ y ( t ) = x ( t ) ⎪ 1 1 ⎪⎪ 2 2 ⎪ y2 ( t ) = x2 ( t ) ⎪ ⎪ y3 ( t ) = x3 ( t ) ⎩ ⎪ ⎪ ⎪ y3 ( t ) = x3 ( t ) ⎩ ⎩ ρ = ρ s − ρ∞ ⎧d ( ) ( ) ( ) ⎧d ( ) ( ) ( ) ⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t ⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t ⎪ ⎪ ⎪ d x (t ) = ρ ⋅ x (t ) − ρ ⋅ x (t ) − x (t ) ⋅ x (t ) − x (t ) ⎪ d x (t ) = u (t ) ⋅ x (t ) − ρ ⋅ x (t ) − x (t ) ⋅ x (t ) − x (t ) ⎪ dt 2 s 1 ∞ 1 1 3 2 ⎪ dt 2 1 ∞ 1 1 3 2 ⎪ ⎪d ⎪ ⎪ ⎨ x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t ) ⇒ ⎨ d x (t ) = x (t ) ⋅ x (t ) − β ⋅ x (t ) ⎪ dt ⎪ dt 3 1 2 3 ⎪ y (t ) = x (t ) ⎪ y (t ) = x (t ) ⎪ 1 1 ⎪ 1 1 ⎪ y2 ( t ) = x2 ( t ) ⎪ y2 ( t ) = x2 ( t ) ⎪ ⎪ ⎪ y3 ( t ) = x3 ( t ) ⎩ ⎪ y3 ( t ) = x3 ( t ) ⎩ Il modello Ebbene abbiamo adesso la forma finale del nostro modello: ⎧d ( ) ( ) ( ) ⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t ⎪ ⎧ y1 ( t ) = x1 ( t ) ⎪d ⎪ ⎨ x2 ( t ) = u ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t ) ∩ ⎨ y2 ( t ) = x2 ( t ) ⎪ dt ⎪ ( ) ⎪d ⎩ y3 t = x3 ( t ) ⎪ dt x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t ) ⎩ Principali caratteristiche del modello Dal punto di vista delle caratteristiche intrinseche i due modelli, atti a descrivere lo stesso sistema, presentano determinate caratteristiche: 1. Linearità: Osserviamo che il modello non è lineare in quanto non è possibile individuare la quadrupla matriciale classica indice della linearità di un sistema in forma di stato. 2. Regolarità: Il modello risulta regolare in quanto dipende dallo stato e dall’ingresso e da nessun’altra grandezza, dimostrando dunque di soddisfare dunque le equazioni di regolarità. 3. Limitatezza dell’insieme di stato: Il modello è a stati infiniti dato che la particella si muove in uno spazio euclideo, per definizione avremo allora che le posizioni che tale particella può assumere sono infinite, sia perché ogni punto intermedio dello spazio è concepibile presi due punti qualsiasi, sia perché, anche non considerando la continuità dello spazio, i punti discreti, ipotizzabili, sarebbero infiniti in numero visto che non diamo limiti alla dimensione dello spazio in cui la particella si muoverà. 4. Dimensione dello stato: Il modello è a dimensione dello stato finita in quanto la posizione della particella è descrivibile con tre componenti cinematiche. 5. Tempo continuità: Il modello è tempo continuo in quanto il tempo assume valori in un insieme continuo. 6. Tempo invarianza: Il modello è tempo invariante in quanto, essendo regolare, non dipende esplicitamente dal tempo, questo basta e avanza per affermare la tempo invarianza del modello. Vediamo dunque che i due modelli possiedono le stesse identiche caratteristiche a parte il fatto che il primo dipende anche dall’ingresso. Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 3 di 11
  • 11. Fascicolo universitario di ricerca Linearizzazione del modello Il passo successivo è la linearizzazione del modello con il quale saremo poi in grado di utilizzare tutta una serie di strutture teoriche capaci di darci informazioni utili su molti aspetti dei due sistemi, ed in particolare, saremo in grado di osservare la reazione del sistema a determinati ingressi e sollecitazioni notevoli. Processi preliminari Procediamo adesso a linearizzare il modello. Identifichiamo le funzioni: ⎧ D( t ) [ x ( t )] = f [ x ( t ) , u ( t )] ⎪ ⎨ ⎪ y ( t ) = η [ x ( t )] ⎩ Iniziamo il processo mediante l’imposizione per cui gli stati, gli ingressi e le uscite siano grandezze da assumersi attorno ad un determinato polo: ⎧δ ∈ ℜ : δ > 0 ⎪x ∈ X ⎧ x ( t ) = xL + δ x ( t ) ⎪ L ⎪ ⎨ ⇒ ⎨ y ( t ) = yL + δ y ( t ) ⎪ yL ∈ Y ⎪ ( ) ⎪u L ∈ U ⎩u t = u L + δ u ( t ) ⎩ ⎧d ⎧d ⎧ d ⎪ [ x ( t ) ] = f [ x ( t ) , u ( t ) ] ⎪ ⎣ xL + δ x ( t ) ⎦ = f ⎣ xL + δ x ( t ) , u L + δ u ( t ) ⎦ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎪δ [ x ( t )] = f ⎣ xL + δ x ( t ) , u L + δ u ( t ) ⎦ ⎡ ⎤ ⎨ dt ⇒⎨ dt ⇒ ⎨ dt ⎪ y ( t ) = η [ x ( t )] ⎪ y + δ y ( t ) = η ⎡ x + δ x ( t )⎤ ⎪ y + δ y (t ) = η ⎡ x + δ x ( t )⎤ ⎩ ⎩ L ⎣ L ⎦ ⎩ L ⎣ L ⎦ Linearizzazione effettiva Passaggio a Taylor: Operiamo adesso il passaggio cruciale con il quale imponiamo al sistema di seguire un comportamento lineare, dunque calcoliamo il polinomio di Taylor della funzione f e η, fermandoci al primo ordine: ⎧ ∂f ∂f ⎪ f [ x t , u t ] = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ ⎣ x t − xL ⎦ + ∂u ( xL , u L ) ⋅ ⎣u t − u L ⎦ + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )} ( ) ( ) ⎡ ( ) ⎤ ⎡ ( ) ⎤ ( ) ( ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪η [ x ( t )] = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ ⎡ x ( t ) − x ⎤ + o { x ( t ) − x } ⎪ ⎣ L⎦ ⎩ ∂x L L L ⎧ ∂f ∂f ⎪ f [ x t , u t ] = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ ⎣ xL + δ x t − xL ⎦ + ∂u ( xL , u L ) ⋅ ⎣u L + δ u t − u L ⎦ + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )} ( ) ( ) ⎡ ( ) ⎤ ⎡ ( ) ⎤ ( ) ( ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪η [ x ( t )] = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ ⎡ x + δ x ( t ) − x ⎤ + o { x ( t ) − x } ⎪ ⎣ L L⎦ ⎩ ∂x L L L ∂f ⎧ ( ) ∂f ⎪ f [ x t , u t ] = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )} ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪η [ x ( t )] = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x } ⎪ ⎩ L ∂x L L ∂f ⎧d ( ) ∂f ⎪ dt ⎡ xL + δ x t ⎦ = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )} ⎣ ( )⎤ ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪ y + δ y ( t ) = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x } ⎪ L ⎩ L ∂x L L ∂f ⎧ d [ ( )] ( ) ∂f ⎪δ dt x t = f ( xL , u L ) + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )} ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪ y + δ y ( t ) = η ( x ) + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x } ⎪ L ⎩ L ∂x L L ⎧ d ⎪ f ( xL , u L ) = ⎣ xL + δ x ( t ) ⎦ = 0 ⎡ ⎤ ⎨ dt ⇒ ⎪η ( xL , u L ) = yL ⎩ ∂f ⎧ d [ ( )] ( ) ∂f ⎪δ dt x t = 0 + ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )} ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎨ ⇒ ⎪ y + δ y ( t ) = y + ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x } ⎪ L ⎩ L ∂x L L ⎧ d [ ( )] ∂f ( ) ∂f ⎪δ dt x t = ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t + o {[ x t , u t ] − ( xL , u L )} ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎨ ⎪δ y ( t ) = ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) + o { x ( t ) − x } ⎪ ⎩ ∂x L L Procediamo a trascurare gli infinitesimi di ordine superiore in maniera da procedere con la fase finale dell’intero processo, questo determinerà naturalmente un’approssimazione dalle caratteristiche rilevanti in quanto il polo di linearizzazione rappresenterà il punto attorno al quale il sistema linearizzato (per valori davvero poco discostati dal polo) assumerà validità numerica con percentuali di errori comprese tra l’80% e il 90%: Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 4 di 11
  • 12. Fascicolo universitario di ricerca ⎧ d [ ( )] ∂f ∂f ⎧ d [ ( )] ∂f ∂f ⎪δ dt x t = ∂x ( xL , u L ) ⋅ δ x t + ∂u ( xL , u L ) ⋅ δ u t ⎪ dt x t = ∂x ( xL , uL ) ⋅ x t + ∂u ( xL , uL ) ⋅ u t ( ) ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎪ ⎨ ⇒⎨ ⎪δ y ( t ) = ∂η ( x ) ⋅ δ x ( t ) ⎪ y ( t ) = ∂η ( x ) ⋅ x ( t ) ⎪ ⎩ ∂x L ⎪ ⎩ ∂x L Calcolo delle matrici Calcoliamo i differenziali che sono presenti nelle relazioni e poniamoli poi in funzione dei poli di linearizzazione tenendo presente che: ⎧ ⎪ f1 [ x t , u t ] = dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t d ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ⎪ ⎧η1 [ x ( t )] = y1 ( t ) = x1 ( t ) ⎪ ⎪ ⎨ f 2 [ x ( t ) , u ( t )] = x2 ( t ) = u ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t ) ∧ ⎨η 2 [ x ( t )] = y2 ( t ) = x2 ( t ) d ⎪ dt ⎪ ⎪ ⎩η3 [ x ( t )] = y3 ( t ) = x3 ( t ) ⎪ f 3 [ x ( t ) , u ( t )] = dt x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t ) d ⎩ Procediamo: ⎡ ∂f1 ∂f1 ∂f1 ⎢ ∂x ( x, u ) ( x, u ) ( x, u ) ⎤ ⎥ ∂x2 ∂x3 ⎢ 1 ⎥ ∂f ⎢ ∂f ∂f 2 ∂f 2 ⎥ ( x, u ) = ⎢ 2 ( x, u ) ( x, u ) ( x, u ) ⎥ = ∂x ⎢ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎥ ⎢ ∂f 3 ∂f 3 ∂f3 ⎥ ⎢ ( x, u ) ( x, u ) ( x, u ) ⎥ ⎣ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎦ ⎡ ∂ ∂ ∂ ⎢ {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )} {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )} {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )} ⎤ ⎥ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎢ ⎥ ⎢ ∂ ∂f 2 ∂f 2 ⎥ ⎢ ∂x {u ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t )} ∂x2 ( x, u ) ∂x3 ( x, u ) ⎥= ⎢ 1 ⎥ ⎢ ∂ ∂ ∂ ⎥ ⎢ { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )} { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )} { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )}⎥ ⎣ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎦ ⎡ −σ σ 0 ⎤ ⎡ −σ σ 0 ⎤ ∂f = ⎢u ( t ) − ρ ∞ − x3 ( t ) −1 − x1 ( t ) ⎥ ⇒ ⎢ ⎥ ( xL , uL ) = A = ⎢uL − ρ∞ − xL ,3 −1 − xL,1 ⎥ ⎢ ⎥ ∂x ⎢ ⎣ x2 ( t ) x1 ( t ) −β ⎥ ⎦ ⎢ ⎣ xL ,2 xL ,1 − β ⎦ ⎥ ⎡ ∂f1 ⎤ ⎡ ∂ ⎤ ⎢ ∂u ( x, u ) ⎥ ⎢ {σ ⋅ x2 ( t ) − σ ⋅ x1 ( t )} ⎥ ∂u ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎡ 0 ⎤ ⎡ 0 ⎤ ∂f ⎢ ∂f 2 ( x, u ) ⎥ = ⎢ ∂ {u ( t ) ⋅ x ( t ) − ρ ⋅ x ( t ) − x ( t ) ⋅ x ( t ) − x ( t )}⎥ = ⎢ x ( t ) ⎥ ⇒ ∂f x , u = B = ⎢ x ⎥ ( x, u ) = ⎢ ⎥ ⎢ ∂u ∞ ⎥ ⎢ 1 ⎥ ( L L) ⎢ L ,1 ⎥ ∂u ∂u ∂u 1 1 1 3 2 ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ 0 ⎥ ⎣ ⎦ ⎢ 0 ⎥ ⎣ ⎦ ⎢ ∂f 3 ( x, u ) ⎥ ⎢ ∂ { x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t )} ⎥ ⎢ ∂u ⎣ ⎦ ⎢ ⎥ ⎣ ∂u ⎥ ⎦ ⎡ ∂η1 ( ) ∂η1 ( x) ∂η1 ( x ) ⎤ ⎡ ∂ { x1 } ∂ { x1 } ∂ { x1 } ⎤ ⎢ ∂x x ∂x2 ∂x3 ⎥ ⎢ ∂x ∂x2 ∂x3 ⎥ ⎢ 1 ⎥ ⎢ 1 ⎥ ⎡1 0 0 ⎤ ⎡1 0 0 ⎤ ∂η ⎢ ∂η ∂η 2 ∂η 2 ( x ) ⎥ = ⎢ ∂ { x2 } ∂ { x2 } ∂ { x2 }⎥ = ⎢ 0 1 0 ⎥ ⇒ ∂η ( xL ) = C = ⎢ 0 1 0 ⎥ ⎥ ( x) = ⎢ 2 ( x) ( x) ⎢ ⎥ ⎢ ∂x ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎥ ⎢ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎥ ⎢0 0 1⎥ ∂x ⎢0 0 1 ⎥ ⎢ ∂η3 ⎥ ⎢ ∂ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ∂η3 ∂η3 ∂ ∂ ⎥ ⎢ ( x) ( x) ( x ) ⎥ ⎢ { x3 } { x3 } { x3 }⎥ ⎣ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎦ ⎣ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎦ Modello linearizzato in forma generale Il modello linearizzato, in forma generale in quanto il polo non è specificato è: ∀ ( xL , u L ) ∈ Σ = {( x, u ) : x ∈ X ∧ u ∈ U } ⎧ ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎛ 0 ⎞ ⎪ d [ ( )] ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎪ dt x t = ⎜ uL − ρ ∞ − xL ,3 −1 − xL ,1 ⎟ ⋅ x ( t ) + ⎜ xL ,1 ⎟ ⋅ u ( t ) ⎧d ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎪ [ x ( t )] = A ⋅ x ( t ) + B ⋅ u ( t ) ⎪ ⎪ ⎝ xL ,2 xL ,1 −β ⎠ ⎝ 0 ⎠ ⎨ dt ⇒⎨ ⎪ y (t ) = C ⋅ x (t ) ⎪ ⎛1 0 0⎞ ⎩ ⎪ y (t ) = ⎜ 0 1 ⎟ ⎜ 0 ⎟ ⋅ x (t ) ⎪ ⎜0 0 ⎪ ⎩ ⎝ 1⎟⎠ Analisi dei punti di equilibrio del sistema Possiamo adesso prendere in esame quei particolari valori dello stato in cui il sistema si trova ad essere in equilibrio, per trovare tali punti è necessario annullare le relazioni differenziali. Per questa analisi non è necessario il modello Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 5 di 11
  • 13. Fascicolo universitario di ricerca linearizzato, quindi utilizzeremo il modello iniziale, studieremo poi la stabilità dei punti di equilibrio mediante il sistema linearizzato abbandonando definitivamente il modello originario. Procediamo a trovare i punti di equilibrio: ⎧d ( ) ( ) ( ) ⎪ dt x1 t = σ ⋅ x2 t − σ ⋅ x1 t = 0 ⎪ ⎧σ ⋅ x2 − σ ⋅ x1 = 0 ⎪d ( ) ( t ) ⋅ x1 ( t ) − ρ ∞ ⋅ x1 ( t ) − x1 ( t ) ⋅ x3 ( t ) − x2 ( t ) = 0 ⇒ ⎪u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x2 = 0 ⇒ ⎨ x2 t = u ⎨ ⎪ dt ⎪x ⋅ x − β ⋅ x = 0 ⎪d ⎩ 1 2 3 ⎪ dt x3 ( t ) = x1 ( t ) ⋅ x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t ) = 0 ⎩ ⎧ x2 − x1 = 0 ⎧ x2 = x1 ⎧ x2 = x1 ⎪ ⎪ ⎪ ⎨u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x2 = 0 ⇒ ⎨u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x1 = 0 ⇒ ⎨u ⋅ x1 − ρ ∞ ⋅ x1 − x1 ⋅ x3 − x1 = 0 ⇒ ⎪x ⋅ x − β ⋅ x = 0 ⎪x ⋅ x − β ⋅ x = 0 ⎪ x2 − β ⋅ x = 0 ⎩ 1 2 3 ⎩ 1 1 3 ⎩ 1 3 ⎧ x2 = x1 ⎧ x2 = x1 ⎪ 2 3 ⎪u ⋅ x − ρ ⋅ x − x ⋅ x − x = 0 ⇒ ⎪u ⋅ x − ρ ⋅ x − x ⋅ x1 − x = 0 ⇒ u ⋅ x − ρ ⋅ x − x1 − x = 0 ⇒ ⎪ ∞ ⎪ ∞ ∞ ⎨ 1 1 1 3 1 ⎨ 1 1 1 β 1 1 1 β 1 ⎪β ⋅ x = x2 ⇒ x = x12 ⎪ 2 ⎪ ⎩ 3 1 3 β ⎪ x3 = x1 ⎪ ⎩ β ⎧ x2 = x1 ⎧ x2 = x1 ⎪ 2 ⎪ x2 ⎪ x = x1 ⎪ 3 ⇒ ⎪ x3 = 1 ⎨ ⎨ β ⎪ β ⎪ 3 ⎪ ⎡ β ( u − ρ ∞ − 1) − x12 ⎤ ⋅ x1 = 0 ⎪( u − ρ ∞ − 1) ⋅ x1 − x1 = 0 ⇒ β ( u − ρ ∞ − 1) ⋅ x1 − x13 = 0 ⎩ ⎣ ⎦ ⎪ ⎩ β Notiamo che arrivati a questo punto il nostro sistema ci da due casi possibili in corrispondenza della terza equazione, analizziamoli singolarmente partendo dal primo: ⎧ x2 = x1 ⎧ x2 = 0 ⎪ ⎪ ⎧ x2 = 0 ⎛0⎞ ⎪ ⎪ ⎪ 2 x1 0 ⎜ ⎟ ⎨ x3 = ⇒ ⎨ x3 = ⇒ ⎨ x3 = 0 ⇒ xE ,1 = ⎜ 0 ⎟ ⎪ β ⎪ β ⎪ ⎜ ⎟ ⎪ x1 = 0 ⎪ ⎩ x1 = 0 ⎝0⎠ ⎩ ⎩ x1 = 0 Il primo stato di equilibrio trovato è, diciamo, quello banale per cui se la nostra particella si trova nell’origine essa tenderà a rimanervi. In effetti nel nostro caso non si tratta di una cosa così banale, ebbene pare dunque che se la particella si trova nell’origine dello spazio in esame, essa vi rimarrà in quanto le scie convettive generano forze che nell’origine si annullano a vicenda. Procediamo a trovare gli altri punti di equilibrio: ⎧ x2 = x1 ⎧ x2 = x1 ⎧ x2 = x1 ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ 2 2 x2 ⇒ ⎪ x3 = 1 x1 x ⎨ x3 = ⇒ ⎨ x3 = 1 ⎨ ⎪ β ⎪ β β ⎪ ⎪ β ( u − ρ ∞ − 1) − x1 = 0 ⎪ x1 = β ( u − ρ ∞ − 1) ⎪ x = ± β ( u − ρ − 1) 2 2 ⎩ ⎩ ⎩ 1 ∞ Notiamo anche qui la presenza di due sottocasi, in quanto il valore negativo della radice è accettabile essendo essa assegnata a una coordinata spaziale che può benissimo assumere valori minori di zero. Esaminiamo il primo sottocaso: ⎧ x2 = ⎧ x2 = β ( u − ρ ∞ − 1) x1 ⎪ ⎧ x2 = β ( u − ρ ∞ − 1) ⎛ β ( u − ρ ∞ − 1) ⎞ ⎪ ⎜ ⎟ ⎪x = x12 ⎪ β ( u − ρ ∞ − 1) ⎪ ⎪ ⎨ 3 ⇒ ⎨ x3 = ⇒ ⎨ x3 = u − ρ ∞ − 1 ⇒ xE ,2 = ⎜ β ( u − ρ ∞ − 1) ⎟ β ⎪ β ⎪ ⎜ ⎟ ⎪ ⎜ ⎟ ⎪x = ⎪ ⎪ ⎩ x1 = β ( u − ρ ∞ − 1) ⎝ u − ρ∞ − 1 ⎠ ⎩ 1 β ( u − ρ ∞ − 1) ⎩ x1 = β ( u − ρ ∞ − 1) Procediamo con il secondo ed ultimo sottocaso: ⎧ x2 = x1 ⎧ x2 = − β ( u − ρ ∞ − 1) ⎪ ⎧ x = − β ( u − ρ ∞ − 1) ⎛ − β ( u − ρ ∞ − 1) ⎞ ⎪ ⎜ ⎟ ⎪ x = x1 2 ⎪ β ( u − ρ ∞ − 1) ⎪ 2 ⎪ ⎜ − β ( u − ρ − 1) ⎟ ⎨ 3 β ⇒ ⎨ x3 = ⇒ ⎨ x3 = u − ρ ∞ − 1 ⇒ xE ,3 = ⎪ β ⎪ ⎜ ∞ ⎟ ⎪ ⎜ u − ρ∞ − 1 ⎟ ⎪ x = − β ( u − ρ − 1) ⎪ ⎪ ⎩ x1 = − β ( u − ρ ∞ − 1) ⎝ ⎠ ⎩ 1 ∞ ⎩ x1 = − β ( u − ρ ∞ − 1) Possiamo dunque concludere che il nostro sistema possiede tre punti di equilibrio. Guardiamo, prima di concludere, come l’ingresso non possa possedere tutti i valori possibili, nel momento in cui linearizzeremo infatti sceglieremo un ingresso che non faccia diventare negativo il radicando presente negli ultimi due punti di equilibrio, ovvero la relazione da soddisfare è: u − ρ∞ − 1 > 0 ⇒ u > ρ∞ + 1 Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 6 di 11
  • 14. Fascicolo universitario di ricerca Analisi della stabilità del sistema (parte 1) Da questo momento in poi ci apprestiamo ad abbandonare il sistema originale per utilizzare i vantaggi offerti dal sistema linearizzato. Procediamo dunque ad analizzare la stabilità del sistema utilizzando il sistema linearizzato in un polo generico. Ovvero l’intenzione è quella di affrontare la discussione della stabilità non solo discutendo per quali valori dei parametri il sistema è stabile o meno, ma considerando anche i valori del polo di linearizzazione in maniera da collegare la stabilità anche a questo fattore in maniera da evitare di linearizzare in punti in cui il sistema è instabile. Procediamo dunque mediante l’analisi degli autovalori della matrice di stato A: ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎛ s 0 0⎞ ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ A = ⎜ u L − ρ ∞ − xL ,3 −1 − xL ,1 ⎟ ⇒ sI − A = 0 ⇒ ⎜ 0 s 0 ⎟ − ⎜ u L − ρ ∞ − xL ,3 −1 − xL ,1 ⎟ = 0 ⇒ ⎜ xL ,1 − β ⎟ ⎜0 0 s⎟ ⎜ xL ,1 − β ⎟ ⎝ xL ,2 ⎠ ⎝ ⎠ ⎝ xL ,2 ⎠ s +σ −σ 0 ρ ∞ + xL ,3 − u L s + 1 xL ,1 = 0 ⇒ ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 − ⎡ − ( s + σ ) ⋅ xL ,1 + ( ρ ∞ + xL ,3 − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) ⎤ = 0 ⇒ ⎣ 2 ⎦ − xL ,2 − xL ,1 s + β ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + ( s + σ ) ⋅ xL ,1 − ( ρ ∞ + xL ,3 − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) = 0 ⇒ 2 ( s 2 + 1 + σ ⋅ s + σ ) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + xL ,1 ⋅ s + σ ⋅ xL ,1 + σ ( ρ ∞ + xL ,3 − uL ) ⋅ ( s + β ) = 0 ⇒ 2 2 ⎛ s 3 + s + σ ⋅ s 2 + σ ⋅ s + β ⋅ s 2 + β + β ⋅ σ ⋅ s + β ⋅ σ + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + xL ,1 ⋅ s + σ ⋅ xL ,1 + 2 2 ⎜ ⇒ ⎜ +σ ( ρ ∞ ⋅ s + xL ,3 ⋅ s − u L ⋅ s + ρ ∞ ⋅ β + xL ,3 ⋅ β − u L ⋅ β ) = 0 ⎝ ⎛ s 3 + s + σ ⋅ s 2 + σ ⋅ s + β ⋅ s 2 + β + β ⋅ σ ⋅ s + β ⋅ σ + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 + xL ,1 ⋅ s + σ ⋅ xL ,1 + 2 2 ⎜ ⇒ ⎜ +σ ⋅ ρ ⋅ s + σ ⋅ x ⋅ s − σ ⋅ u ⋅ s + σ ⋅ ρ ⋅ β + σ ⋅ x ⋅ β − σ ⋅ u ⋅ β = 0 ⎝ ∞ L ,3 L ∞ L ,3 L ⎛ s 3 + σ ⋅ s 2 + β ⋅ s 2 + s + σ ⋅ s + σ ⋅ ρ ∞ ⋅ s + σ ⋅ xL ,3 ⋅ s − σ ⋅ u L ⋅ s + β ⋅ σ ⋅ s + ⎜ ⎜ +β ⋅ σ + β + σ ⋅ x ⋅ x + σ ⋅ x2 + σ ⋅ ρ ⋅ β + σ ⋅ x ⋅ β − σ ⋅ u ⋅ β = 0 ⎝ L ,1 L ,2 L ,1 ∞ L ,3 L Osserviamo subito una cosa: effettuare un’analisi ed una discussione come quella che ci eravamo prefissati è quasi impossibile data l’elevata presenza di variabili. Linearizzazione in un polo (parte 1) Vediamo già adesso come mantenere il sistema linearizzato in forma generale risulti davvero essere una cosa improponibile in quanto i futuri calcoli vengono vanificati dalla presenza eccessiva di parametri che rendono complicatissimi calcoli che dovrebbero essere semplici. Per questo motivo ci troviamo costretti a scegliere, tra i tre punti di equilibrio trovati, uno in cui linearizzare il sistema. A tal fine procediamo prima con lo studiare la stabilità nei tre poli in maniera da poter scegliere fra quelli in cui il sistema linearizzato risulti essere quantomeno sempre, o pressoché sempre, stabile. Analisi della stabilità del sistema (parte 2) Analizziamo la stabilità del sistema nei tre punti di equilibrio trovati. Primo punto di equilibrio Linearizziamo intorno al primo punto di equilibrio trovato: ⎧ xE ,1 = ( 0 0 0 )T ⎪ ⎨ ⇒ ⎪ sI − A = 0 ⇒ ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) + σ ⋅ xL ,1 ⋅ xL ,2 − ⎡ − ( s + σ ) ⋅ xL ,1 + ( ρ ∞ + xL ,3 − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) ⎤ = 0 2 ⎩ ⎣ ⎦ ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) − ⎡( ρ ∞ − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) ⎤ = 0 ⇒ ( s + σ ) ⋅ ( s + 1) ⋅ ( s + β ) − ( ρ ∞ − u L ) ⋅ ( −σ ) ⋅ ( s + β ) = 0 ⇒ ⎣ ⎦ ⎧s = −β ⎡( s + σ ) ⋅ ( s + 1) + σ ( ρ ∞ − u L ) ⎦ ( s + β ) = 0 ⇒ ⎨ ⎣ ⎤ ⎩( s + σ ) ⋅ ( s + 1) + σ ( ρ ∞ − u L ) = 0 s + s + σ ⋅ s + σ + σ ( ρ ∞ − u L ) = 0 ⇒ s + (1 + σ ) ⋅ s + σ ( ρ ∞ − u L + 1) = 0 ⇒ 2 2 ⎧ 1 ) 1 ( ⎪ s = − 2 1 + σ + 2 1 + σ − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) ( )2 ⎪ Δ = (1 + σ ) − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) ⇒ ⎨ 2 ⎪ s = − 1 (1 + σ ) − 1 (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ − u + 1) ⎪ ⎩ 2 2 ∞ L Ci interessa naturalmente il segno di questi autovalori e pertanto il primo autovalore potrebbe recare problemi in quanto se il radicando fosse positivo bisognerebbe controllare in che modo il valore positivo scavalca quello negativo (notare come il primo monomio non radicale sia negativo in quanto i parametri del sistema sono tutti positivi). Procediamo alla discussione: ( )2 ( )2 (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒ (1 + σ )2 > 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) ⇒ 1 + σ > ρ ∞ − u L + 1 ⇒ 1 + σ + u L − 1 > ρ ∞ ⇒ 4 ⋅σ 4 ⋅σ Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 7 di 11
  • 15. Fascicolo universitario di ricerca (1 + σ )2 ⇒ ρ∞ < + uL − 1 4 ⋅σ Notiamo che sotto questa condizione il sistema risulta possedere autovalori non complessi, se fosse non verificata avrei subito il sistema stabile in questo punto di equilibrio. Se si presentasse invece il caso descritto allora bisognerebbe controllare che il monomio negativo non venga scavalcato dal risultato della radice: 1 1 − (1 + σ ) + (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒ − (1 + σ ) + (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒ 2 2 (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > (1 + σ ) ⇒ (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > (1 + σ )2 (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 (Da ipotesi) (1 + σ )2 − 4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > (1 + σ )2 ⇒ −4 ⋅ σ ( ρ ∞ − u L + 1) > 0 ⇒ σ ( ρ ∞ − u L + 1) < 0 ⇒ ρ ∞ − u L + 1 < 0 ⇒ ρ∞ < uL − 1 Se la condizione si verificasse si avrebbe il sistema instabile. Ricapitolando allora ho la seguente situazione sotto riportata. Il sistema nel primo punto di equilibrio è stabile solo se è verificata: ρ∞ > uL − 1 Secondo e terzo punto di equilibrio Vista la complessità formale degli altri due punti di equilibrio e dati i calcoli che si dovrebbero svolgere al fine di determinare la stabilità, ci proponiamo di linearizzare in questo punto di equilibrio che determina stabilità, così come noi chiedevamo. Linearizzazione in un polo (parte 2) Sappiamo dunque attorno a quale punto far evolvere il sistema, procediamo dunque a sostituire il punto al nostro modello linearizzato. Inoltre, abbiamo bisogno di determinare per quale valore dell’ingresso si ottiene il punto di equilibrio. ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎛ 0 ⎞ d [ x ( t )] = ⎜ uL − ρ∞ − xL ,3 −1 − xL ,1 ⎟ ⋅ x t + ⎜ xL ,1 ⎟ ⋅ u ( t ) ⇒ ⎜ ⎟ ( ) ⎜ ⎟ dt ⎜ ⎜ 0 ⎟ ⎝ xL ,2 xL ,1 − β ⎟ ⎠ ⎝ ⎠ ⎛d ⎞ ⎜ dt ⎡ x1 ( t ) ⎤ ⎟ ⎣ ⎦ ⎜ ⎟ ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎛ x1 ( t ) ⎞ ⎛ 0 ⎞ ⎜ d ⎡ x ( t )⎤ ⎟ = ⎜ u − ρ − x ⎟ ⎜ ( )⎟ ⎜ (t ) ⎟ ⇒ −1 − xL ,1 ⎟ ⋅ ⎜ x2 t ⎟ + ⎜ xL ,1 ⋅ u ⎟ ⎜ dt ⎣ 2 ⎦ ⎟ ⎜ L ∞ L ,3 ⎜ ⎟ ⎜ ⎝ xL ,2 xL ,1 − β ⎟ ⎜ x3 ( t ) ⎟ ⎜ ⎠ ⎝ ⎠ ⎝ 0 ⎟ ⎠ d ⎜ ⎡ x3 ( t ) ⎤ ⎟ ⎜ ⎣ ⎦⎟ ⎝ dt ⎠ ⎧ d ⎧d ⎣ ( )⎦ ( ) ⎪ dt ⎡ x1 t ⎤ = −σ ⋅ x1 t + σ ⋅ x2 t ( ) ⎡ ( )⎤ ( ) ⎪ ⎣ x1 t ⎦ = −σ ⋅ x1 t + σ ⋅ x2 t ( ) ⎪ ⎛ 0 ⎞ ⎪ dt ⎪d ⎜ ⎟ ⎪d ⎨ ⎡ x2 ( t ) ⎤ = ( u L − ρ ∞ − xL ,3 ) ⋅ x1 ( t ) − x2 ( t ) − xL ,1 ⋅ x3 ( t ) + xL ,1 ⋅ u ( t ) ⇒ xL = ⎜ 0 ⎟ ⇒ ⎨ ⎣ x2 ( t ) ⎦ = ( u L − ρ ∞ ) ⋅ x1 ( t ) − x2 ( t ) ⎣ ⎦ ⎡ ⎤ ⎪ dt ⎜ 0 ⎟ ⎪ dt ⎪d ⎝ ⎠ ⎪d ⎪ dt ⎡ x3 ( t ) ⎤ = xL ,2 ⋅ x1 ( t ) + xL ,1 x2 ( t ) − β ⋅ x3 ( t ) ⎩ ⎣ ⎦ ⎪ dt ⎣ x3 ( t ) ⎦ = − β ⋅ x3 ( t ) ⎩ ⎡ ⎤ Notiamo subito che la difficoltà che ci si presenta è proprio quella di determinare l’ingresso di equilibrio per il quale il sistema raggiunge lo stato di equilibrio. Ovvero la domanda che ci poniamo è la seguente: “Per quale o quali valori dell’ingresso è possibile far raggiungere allo stato il punto di equilibrio proposto?”. Sappiamo che per scegliere l’ingresso di linearizzazione è semplicemente necessario apportare valori che non determinino incongruenze nel sistema, ovvero che generino punti di equilibrio reali. La condizione affinché questo avvenga la possediamo già: u > ρ∞ + 1 Visto che il parametro ρ∞ deve essere positivo (si guardi la definizione a inizio documento di questo parametro), possiamo scegliere u in modo tale che l’uguaglianza soddisfi la positività richiesta dal parametro. Purtroppo vediamo però che il parametro coinvolge una temperatura espressa in Kelvin (all’inizio del documento è spiegato come il parametro è composto), dunque vorremmo anche mantenerci lontani dal valore zero (non ammesso dal terzo principio della termodinamica meglio noto come principio di Nerst). Dobbiamo scegliere allora un ingresso molto grande, un numero come 100, 200 o 300 ad esempio. Nel nostro caso sceglieremo il valore: u = 500 ⇒ 500 > ρ ∞ + 1 ⇒ − ρ ∞ > −500 + 1 ⇒ ρ ∞ < 500 − 1 ⇒ ρ ∞ < 499 ⇒ gβ υα υα l3 T∞ < 499 ⇒ l 3T∞ < 499 ⋅ ⇒ T∞ < 499 ⋅ υα gβ g β l3 Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 8 di 11
  • 16. Fascicolo universitario di ricerca Scegliendo questo valore dovremmo mantenerci su buoni livelli di compatibilità fisica dato che temperature alte verranno raggiunte ma non così alte. Anche se poi non tutti i sistemi potranno essere descritti in questo modo, per i nostri esempi infatti considereremo sistemi che abbiano una configurazione di parametri conforme alla condizione: u > ρ∞ + 1 Linearizzazione: Ebbene, scelto l’ingresso di linearizzazione, notare anche come esso sia conforme con le altre condizioni, possiamo procedere. ⎧d ⎧ ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎣ ( )⎦ ( ) ⎪ dt ⎡ x1 t ⎤ = −σ ⋅ x1 t + σ ⋅ x2 t ( ) ⎪ d [ ( )] ⎜ ⎟ x t = ⎜ 500 − ρ ∞ −1 0 ⎟ ⋅ x ( t ) ⎧ y1 ( t ) = x1 ( t ) ⎪ dt ⎪ ⎪ ⎜ ⎟ ⎪d ⎪ ⎪ ⎝ 0 0 −β ⎠ ⎨ ⎣ x2 ⎤ ⎡ ( t ) ⎦ = ( 500 − ρ ∞ ) ⋅ x1 ( t ) − x2 ( t ) ∧ ⎨ y2 ( t ) = x2 ( t ) ⇔ ⎨ ⎪ dt ⎪ ⎪ ⎛1 0 0⎞ ⎪d ⎩ y3 ( t ) = x3 ( t ) ⎪ y (t ) = ⎜ 0 1 0 ⎟ ⋅ x (t ) ⎪ dt ⎡ x3 ( t ) ⎤ = − β ⋅ x3 ( t ) ⎩ ⎣ ⎦ ⎪ ⎜ ⎜0 0 1⎟ ⎟ ⎪ ⎩ ⎝ ⎠ Da questo momento in poi il sistema sopra riportato sarà il nostro punto di partenza per le analisi successive, abbandoniamo il modello preciso per facilitare i calcoli con un modello approssimato lineare. Controllabilità del sistema Procediamo a vedere come il nostro nuovo sistema si comporta nei confronti della possibilità di imporre autovalori. Analizziamo dunque la possibilità di effettuare il suddetto processo analizzando la raggiungibilità del sistema: R = [ B , AB ,..., A n −1 B ] ⇒ n = 3 ⇒ R = [ B , AB , A2 B ] B = 0 ⇒ ρ (R) = 0 Possiamo vedere come il sistema non sia controllabile e non sia dunque applicabile il processo di allocazione degli autovalori. Osservabilità del sistema Passiamo adesso all’osservabilità del sistema e a vedere se è possibile costruire per questo sistema un osservatore asintotico dello stato. O = [C , CA,..., CAn −1 ] ⇒ n = 3 ⇒ O = [C , CA, CA2 ] T T C = I ⇒ O = [ I , A, A2 ] T ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎛ −σ σ 0 ⎞ ⎛ σ 2 + σ ( 500 − ρ∞ ) −σ 2 − σ 0 ⎞ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ A = ⎜ 500 − ρ ∞ 2 −1 0 ⎟ ⋅ ⎜ 500 − ρ ∞ −1 0 ⎟ = ⎜ −σ ( 500 − ρ ∞ ) − 500 + ρ ∞ σ ( 500 − ρ ∞ ) + 1 0 ⎟ ⎜ 0 −β ⎟ ⎜ 0 −β ⎟ ⎜ β2 ⎟ ⎝ 0 ⎠ ⎝ 0 ⎠ ⎝ 0 0 ⎠ ⎛ 1 0 0 ⎞ ⎜ ⎟ ⎜ 0 1 0 ⎟ ⎜ 0 0 1 ⎟ ⎜ ⎟ ⎜ −σ σ 0 ⎟ 1 0 0 O=⎜ 500 − ρ ∞ −1 0 ⎟ ⇒ ρ ( O ) = max = 3 ⇔ 0 1 0 = 1 ⎜ ⎟ ⎜ 0 0 −β ⎟ 0 0 1 ⎜ σ 2 + σ ( 500 − ρ ∞ ) −σ 2 − σ 0 ⎟ ⎜ ⎟ ⎜ −σ ( 500 − ρ ∞ ) − 500 + ρ ∞ σ ( 500 − ρ ∞ ) + 1 0 ⎟ ⎜ β2 ⎟ ⎝ 0 0 ⎠ Vediamo che il rango è massimo grazie al minore unità presente dentro O. Possiamo concludere che il sistema risulta sempre osservabile. Conclusioni finali A questo punto si ferma l’analisi dell’attrattore di Lorenz. Andrea Tino Elementi di ingegneria dell’automazione – Risoluzione modelli Pagina 9 di 11