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Il welfare sussidiario: un vantaggio per aziende e dipendenti.
Francesca Rizzi, Roberta Marracino, Laura Toia - McKinsey & Company
In un contesto in cui i vincoli di finanza pubblica rappresentano una limitazione a gran parte degli investimenti
necessari per la modernizzazione del sistema di welfare, lo sviluppo di soluzioni di welfare sussidiario può
essere di grande vantaggio economico per le imprese e di notevole beneficio per i dipendenti che ne
usufruiscono. Per la prima volta McKinsey & Company, attraverso una ricerca ad-hoc che verrà presentata a
Roma il prossimo 23 aprile al Forum di Valore D, riesce a dare evidenza della domanda di servizi di welfare
aziendale e a quantificarne il beneficio economico per gli attori coinvolti.
Negli ultimi 40 anni il bisogno di welfare in Italia è cambiato in maniera radicale, a seguito di tendenze
irreversibili: l’aumento della vita media e il progressivo invecchiamento della popolazione, la riduzione della
dimensione del nucleo familiare, il crescente numero di donne al lavoro, ma anche di nonni al lavoro, visto
l’innalzamento dell’età pensionabile. Sono tendenze che hanno decretato la scomparsa del modello di famiglia
ampia e allargata, che funge da sostegno naturale per discendenti e ascendenti (GRAFICO 1).
GRAFICO 1
La spesa pubblica a sostegno del welfare rimane, al contempo, fortemente concentrata su pensioni e sanità,
mentre solo il 25% è destinato ai servizi di supporto a famiglie, invalidi e poveri (pari a 1.800 Euro pro-capite,
rispetto ai 3.100 della Francia, 2.500 della Germania, 2.200 del Regno Unito), lasciando di conseguenza
scoperti i bisogni di sicurezza sociale di gran parte della popolazione.
E’ possibile per le imprese dare un contributo a colmare questo bisogno, rendendo l’intervento
vantaggioso anche sotto il profilo economico?
La ricerca di McKinsey & Company dà una risposta affermativa. Le aziende, infatti, hanno compreso che il
welfare sussidiario è fonte di numerose opportunità: aumenta la produttività, consente di ripensare i modelli
organizzativi, supporta la diversity, contiene i costi e permette di offrire politiche retributive più rispondenti alle
necessità dei destinatari.
La pre-condizione è che si conoscano approfonditamente i bisogni di welfare della popolazione aziendale.
Contrariamente a quanto si pensa, infatti, la domanda di servizi di welfare riguarda tutta la popolazione
aziendale, indipendentemente dalle caratteristiche socio-demografiche ed economiche, dall’età o dal genere
(GRAFICO 2).
GRAFICO 2
L’analisi condotta sfata anche un altro mito. Prima della cura dei figli la popolazione aziendale ritiene più
urgente il soddisfacimento di altri bisogni, in particolare la cura degli anziani, la presenza di orari flessibili, la
possibilità di usufruire di congedi parentali retribuiti anche da parte degli uomini (GRAFICO 3).
GRAFICO 3
Inoltre, la tipologia di servizi richiesti cambia notevolmente a seconda delle fasi ciclo di vita del
lavoratore: orari flessibili e servizi “salva-tempo” a vent’anni, asili aziendali (o in convenzione) e part-time a
trenta, congedi parentali e part-time a quaranta, orari flessibili e assistenza anziani a sessanta (GRAFICO 4).
GRAFICO 4
Che il welfare sussidiario sia un bisogno fortemente sentito dai lavoratori è dimostrato dal valore economico
intrinseco da loro riconosciuto ai servizi offerti rispetto al costo effettivo di produzione di tali servizi. Questo
extra-valore può tradursi in un beneficio superiore fino al 70% rispetto al costo sostenuto, il 25% del
quale dipende dai prezzi più favorevoli che l’azienda può ottenere dai fornitori di tali servizi rispetto al singolo
individuo, e dalla messa a disposizione di strutture e servizi in economia (es. spazi aziendali per asili, etc.)
(GRAFICO 5).
GRAFICO 5
Questo extra-valore è tanto più elevato per qui servizi di welfare meno reperibili sul mercato per il singolo
individuo o giudicati troppo costosi per poterseli concedere (es. cura anziani, servizi “salva-tempo”, congedi
parentali extra retribuiti).
Una politica di welfare aziendale ben strutturata produce effetti positivi e tangibili: maggior soddisfazione al
lavoro, migliore immagine aziendale e più attaccamento al datore di lavoro. In questo senso, esso diventa
perciò una leva di vantaggio competitivo importante sotto il profilo del benessere organizzativo. L’engagement
index di un lavoratore può aumentare del 30% nelle aziende che non hanno welfare, e del 15% nelle
aziende che già lo hanno ma potrebbero migliorarlo tarando meglio il pacchetto di servizi offerti in base ai
bisogni (Grafico 6).
GRAFICO 6
L’impatto del welfare aziendale sulla produttività è molto positivo: per esempio può portare ad assenze
per maternità più brevi (1,6 mesi, pari a 1.200 Euro di minori costi per dipendente), a una riduzione delle
assenze per assistenza agli anziani del 15% (pari a circa 1.350 Euro all’anno), e alla disponibilità a lavorare di
più (+5%, pari a poco meno di mezz’ora in una giornata di 8 ore).
Le analisi condotte, tuttavia, dimostrano che l’offerta di welfare sussidiario non può essere standardizzata sui
bisogni medi della popolazione aziendale. Se realizzata in questo modo, rischia di essere inefficace e di
disperdere le poche risorse disponibili in servizi non considerati prioritari dai beneficiari. Al contrario, conoscere i
fabbisogni dei propri dipendenti in ciascuna fase del ciclo di vita significa, per l’azienda, essere in grado di
tarare il proprio piano di offerta di servizi di welfare in base a ciascun target e ottenerne il maggior beneficio in
termini di soddisfazione della popolazione aziendale, produttività e risultati economici.
La realizzazione di un welfare aziendale personalizzato sulle esigenze e bisogni dei vari target di popolazione
aziendale, lungo le fasi del loro ciclo di vita (e di lavoro), consente infatti alle aziende di ottenere il massimo del
valore rispetto allo sforzo sostenuto. A fronte di un costo per dipendente di circa 150 € l’anno, un’azienda
può ottenere un beneficio economico netto di circa 300 €, due volte superiore rispetto ai costi sostenuti.
Solo una parte minoritaria di questo beneficio è riferibile a risparmi di costo, il resto corrisponde a un
aumento della produttività (Grafico 7).
GRAFICO 7
Dal punto di vista dell’azienda, quindi, offrire welfare non è filantropia, ma una leva strategica di vantaggio
competitivo, che permetter di migliorare il benessere organizzativo e le performance economiche.
Inoltre, la creazione di valore è tanto maggiore quanto più il piano si adatta al ciclo di vita dei bisogni del
dipendente (che cambiano nel tempo) e quanto più l’impresa riesce a raggiungere il maggior numero di
beneficiari.
Vale la pena ricordare che introdurre o adeguare un piano di welfare non comporta per l’azienda
necessariamente spendere più di quanto l’azienda già faccia, ma spendere meglio. L’utilizzo di risorse interne
(es. spazi, mense, convenzioni con fornitori) permette di offrire servizi in economia; il potere contrattuale
dell’azienda consente di acquistare “servizi per la famiglia” a un costo inferiore del 20% rispetto al prezzo di
mercato per l’individuo; l’erogazione di servizi “in rete di aziende” permette di fornire servizi in economicità
laddove le dimensioni aziendali sono ridotte. Se si considera che ¾ dei dipendenti sono disposti a rinunciare ad
altri benefit (e la metà rinuncerebbe anche al cash) pur di avere strumenti che rispondono alle proprie esigenze,
si comprende quanto il bisogno di welfare sussidiario sia universalmente sentito.
* * * * *
Struttura del campione analizzato

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2013 mc kinsey ricerca sul welfare_sussidiario

  • 1. Il welfare sussidiario: un vantaggio per aziende e dipendenti. Francesca Rizzi, Roberta Marracino, Laura Toia - McKinsey & Company In un contesto in cui i vincoli di finanza pubblica rappresentano una limitazione a gran parte degli investimenti necessari per la modernizzazione del sistema di welfare, lo sviluppo di soluzioni di welfare sussidiario può essere di grande vantaggio economico per le imprese e di notevole beneficio per i dipendenti che ne usufruiscono. Per la prima volta McKinsey & Company, attraverso una ricerca ad-hoc che verrà presentata a Roma il prossimo 23 aprile al Forum di Valore D, riesce a dare evidenza della domanda di servizi di welfare aziendale e a quantificarne il beneficio economico per gli attori coinvolti. Negli ultimi 40 anni il bisogno di welfare in Italia è cambiato in maniera radicale, a seguito di tendenze irreversibili: l’aumento della vita media e il progressivo invecchiamento della popolazione, la riduzione della dimensione del nucleo familiare, il crescente numero di donne al lavoro, ma anche di nonni al lavoro, visto l’innalzamento dell’età pensionabile. Sono tendenze che hanno decretato la scomparsa del modello di famiglia ampia e allargata, che funge da sostegno naturale per discendenti e ascendenti (GRAFICO 1). GRAFICO 1 La spesa pubblica a sostegno del welfare rimane, al contempo, fortemente concentrata su pensioni e sanità, mentre solo il 25% è destinato ai servizi di supporto a famiglie, invalidi e poveri (pari a 1.800 Euro pro-capite, rispetto ai 3.100 della Francia, 2.500 della Germania, 2.200 del Regno Unito), lasciando di conseguenza scoperti i bisogni di sicurezza sociale di gran parte della popolazione. E’ possibile per le imprese dare un contributo a colmare questo bisogno, rendendo l’intervento vantaggioso anche sotto il profilo economico? La ricerca di McKinsey & Company dà una risposta affermativa. Le aziende, infatti, hanno compreso che il welfare sussidiario è fonte di numerose opportunità: aumenta la produttività, consente di ripensare i modelli
  • 2. organizzativi, supporta la diversity, contiene i costi e permette di offrire politiche retributive più rispondenti alle necessità dei destinatari. La pre-condizione è che si conoscano approfonditamente i bisogni di welfare della popolazione aziendale. Contrariamente a quanto si pensa, infatti, la domanda di servizi di welfare riguarda tutta la popolazione aziendale, indipendentemente dalle caratteristiche socio-demografiche ed economiche, dall’età o dal genere (GRAFICO 2). GRAFICO 2 L’analisi condotta sfata anche un altro mito. Prima della cura dei figli la popolazione aziendale ritiene più urgente il soddisfacimento di altri bisogni, in particolare la cura degli anziani, la presenza di orari flessibili, la possibilità di usufruire di congedi parentali retribuiti anche da parte degli uomini (GRAFICO 3). GRAFICO 3
  • 3. Inoltre, la tipologia di servizi richiesti cambia notevolmente a seconda delle fasi ciclo di vita del lavoratore: orari flessibili e servizi “salva-tempo” a vent’anni, asili aziendali (o in convenzione) e part-time a trenta, congedi parentali e part-time a quaranta, orari flessibili e assistenza anziani a sessanta (GRAFICO 4). GRAFICO 4 Che il welfare sussidiario sia un bisogno fortemente sentito dai lavoratori è dimostrato dal valore economico intrinseco da loro riconosciuto ai servizi offerti rispetto al costo effettivo di produzione di tali servizi. Questo extra-valore può tradursi in un beneficio superiore fino al 70% rispetto al costo sostenuto, il 25% del quale dipende dai prezzi più favorevoli che l’azienda può ottenere dai fornitori di tali servizi rispetto al singolo individuo, e dalla messa a disposizione di strutture e servizi in economia (es. spazi aziendali per asili, etc.) (GRAFICO 5). GRAFICO 5
  • 4. Questo extra-valore è tanto più elevato per qui servizi di welfare meno reperibili sul mercato per il singolo individuo o giudicati troppo costosi per poterseli concedere (es. cura anziani, servizi “salva-tempo”, congedi parentali extra retribuiti). Una politica di welfare aziendale ben strutturata produce effetti positivi e tangibili: maggior soddisfazione al lavoro, migliore immagine aziendale e più attaccamento al datore di lavoro. In questo senso, esso diventa perciò una leva di vantaggio competitivo importante sotto il profilo del benessere organizzativo. L’engagement index di un lavoratore può aumentare del 30% nelle aziende che non hanno welfare, e del 15% nelle aziende che già lo hanno ma potrebbero migliorarlo tarando meglio il pacchetto di servizi offerti in base ai bisogni (Grafico 6). GRAFICO 6 L’impatto del welfare aziendale sulla produttività è molto positivo: per esempio può portare ad assenze per maternità più brevi (1,6 mesi, pari a 1.200 Euro di minori costi per dipendente), a una riduzione delle assenze per assistenza agli anziani del 15% (pari a circa 1.350 Euro all’anno), e alla disponibilità a lavorare di più (+5%, pari a poco meno di mezz’ora in una giornata di 8 ore). Le analisi condotte, tuttavia, dimostrano che l’offerta di welfare sussidiario non può essere standardizzata sui bisogni medi della popolazione aziendale. Se realizzata in questo modo, rischia di essere inefficace e di disperdere le poche risorse disponibili in servizi non considerati prioritari dai beneficiari. Al contrario, conoscere i fabbisogni dei propri dipendenti in ciascuna fase del ciclo di vita significa, per l’azienda, essere in grado di tarare il proprio piano di offerta di servizi di welfare in base a ciascun target e ottenerne il maggior beneficio in termini di soddisfazione della popolazione aziendale, produttività e risultati economici.
  • 5. La realizzazione di un welfare aziendale personalizzato sulle esigenze e bisogni dei vari target di popolazione aziendale, lungo le fasi del loro ciclo di vita (e di lavoro), consente infatti alle aziende di ottenere il massimo del valore rispetto allo sforzo sostenuto. A fronte di un costo per dipendente di circa 150 € l’anno, un’azienda può ottenere un beneficio economico netto di circa 300 €, due volte superiore rispetto ai costi sostenuti. Solo una parte minoritaria di questo beneficio è riferibile a risparmi di costo, il resto corrisponde a un aumento della produttività (Grafico 7). GRAFICO 7 Dal punto di vista dell’azienda, quindi, offrire welfare non è filantropia, ma una leva strategica di vantaggio competitivo, che permetter di migliorare il benessere organizzativo e le performance economiche. Inoltre, la creazione di valore è tanto maggiore quanto più il piano si adatta al ciclo di vita dei bisogni del dipendente (che cambiano nel tempo) e quanto più l’impresa riesce a raggiungere il maggior numero di beneficiari. Vale la pena ricordare che introdurre o adeguare un piano di welfare non comporta per l’azienda necessariamente spendere più di quanto l’azienda già faccia, ma spendere meglio. L’utilizzo di risorse interne (es. spazi, mense, convenzioni con fornitori) permette di offrire servizi in economia; il potere contrattuale dell’azienda consente di acquistare “servizi per la famiglia” a un costo inferiore del 20% rispetto al prezzo di mercato per l’individuo; l’erogazione di servizi “in rete di aziende” permette di fornire servizi in economicità laddove le dimensioni aziendali sono ridotte. Se si considera che ¾ dei dipendenti sono disposti a rinunciare ad altri benefit (e la metà rinuncerebbe anche al cash) pur di avere strumenti che rispondono alle proprie esigenze, si comprende quanto il bisogno di welfare sussidiario sia universalmente sentito. * * * * *