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GLI ORDINI ARCHITETTONICI
NELL’ARCHITETTURA ROMANA
La grande attenzione dedicata alla spazialità e alle tecniche costruttive non deve far credere che gli
architetti romani non abbiano curato anche gli aspetti formali.
L’ordine architettonico, anche se in maniera diversa rispetto a quanto accade nel mondo greco,
costituisce un punto di riferimento e un sistema di regole da seguire.

L’ordine dorico non è molto utilizzato dagli architetti romani, ma i Romani introdussero altri due
tipi di colonne che costituirono:

1. l'ordine tuscanico, una variante del dorico con colonna da fusto non scanalato, che presenta
rastremazione e entasi poco pronunciate; la colonna poggia su una base a plinto quadrato,
sormontato da un toro e da un tondino e da una gola rovesciata. Il capitello si compone, in genere,
da un basso abaco e da un echino dal profilo a quarto di cerchio;

2. l’ordine composito, che nasce dall’incontro di elementi formali dell’ordine ionico e di quello
corinzio, che si differenzia dagli altri prevalentemente nel capitello, prevedendo sopra il fusto ionico
un più ornato capitello corinzio. Questo capitello impiega nella parte inferiore le forme corinzie,
costituite da 2 ordini di foglie, mentre nella parte superiore utilizza 4 volute del capitello ionico,
separate fra loro e sostenenti un abaco di tipo corinzio.

L’ordine ionico, a partire dal I secolo a.C. e durante tutto il periodo imperiale, si rifà ai modelli
ellenistici, introducendo in alcuni casi delle varianti soprattutto nel capitello, le cui volute si
schiacciano e le cui forme divengono meno sinuose e più geometriche.
L’ordine corinzio subisce le maggiori trasformazioni nel capitello, che assume forme più slanciate
e un profilo più frastagliato, mentre le foglie d’acanto risultano più sporgenti.

Comunque, gli ordini in epoca romana persero la loro funzione esclusivamente strutturale per
essere impiegati in una varietà di modi interamente o parzialmente decorativi.

Infatti, il contributo propriamente romano consistette nel combinare l’uso superficiale,
puramente decorativo, degli ordini greci con l’uso dell’arco ed elaborando e valorizzando in
chiave formale le possibilità costruttive offerte dal calcestruzzo.

La muratura e l’arco rendevano inutile la funzione della colonna come elemento portante, ma
gli architetti romani la usano ugualmente come motivo decorativo, intercalandola agli archi
oppure ripetendola in ordini sovrapposti.

Infatti, viene elaborato un sistema di coordinazione degli ordini che vengono sovrapposti
ponendo in basso gli ordini più robusti e in alto quelli più slanciati. La tipologia più frequente era
quella che sovrapponeva, partendo dal basso:
• l’ordine dorico o tuscanico,
• Lo ionico,
• il corinzio
• il composito.

Per i Romani, dunque, gli ordini, divenuti elementi decorativi, potevano essere sovrapposti
(Colosseo, Teatro di Marcello, ecc.): i Greci, invece sovrapponevano gli ordini soltanto all’interno
dei templi, per sostenerre le travi dei tetti e negli stoà (portici a due piani).

I Romani spesso non usarono una colonna vera e propria, ma una semicolonna, addossata alla
parete oppure parzialmente immersa nella muratura.
L’ORDINE TUSCANICO

Il Tuscanico è un ordine architettonico proprio dell'architettura romana e
successivamente rinascimentale italiana.
Fu descritto da Vitruvio, che gli attribuì un'origine etrusca. I

In realtà è un adattamento in terra italica dell'ordine dorico, di cui
mantiene quasi tutte le caratteristiche più importanti, anche se
generalmente abbandonava il fusto scalanato e l'echino era molto ridotto
di spessore.

La distinzione dal dorico è spesso accademica e difficile da interpretare
nelle realizzazioni architettoniche.

La sua supposta origine etrusca ne favorì il largo utilizzo nel Granducato
di Toscana a partire da Cosimo I.

Caratteristiche salienti:

Base presente: il tipo propriamente tuscanico è costituito da un semplice
toro, omodanatura con profilo a semicerchio convesso.

Fusto come nell'ordine dorico, oppure liscio. Tuttavia molti dei fusti che
oggi sembrano lisci avevano in realtà in origine un rivestimento
in stucco che riproduceva le scanalature, oggi scomparso.
Capitello tuscanico, più grosso rispetto all'ordine dorico.

L'abaco era più grande e l'echino più schiacciato ma più rigonfio rispetto
all'ordine dorico.

Architrave teoricamente come nell'ordine dorico.

Fregio teoricamente come nell'ordine dorico.

Cornice teoricamente come nell'ordine dorico.
Schema dell'Ordine tuscanico secondoVignola
Tuscanico secondo Andrea Palladio
Capitello tuscanico con collarino di lesena


Roma, Mercati di Traiano, ordine di inquadramento delle finestre al
secondo piano del Grande Emiciclo (età traianea), in travertino.
L'esemplare presenta l'echino con profilo a gola diritta, sormontato da un
piccolo toro, dal quale è distinto per mezzo di un listello, e seguito
inferiormente da un tondino. La successione delle modanature assimila il
capitello ad una sorta di coronamento di pilastro. Il collarino è distinto dal
fusto per mezzo delle modanature del sommoscapo (tondino e listello,
sporgenti per la terminazione superiore del fusto a cavetto).Il capitello è
intagliato insieme a parte di un blocco che costituisce parte della parete.
L'ordine presenta basi e capitelli in travertino, mentre i fusti delle lesene e
la trabeazione sono realizzati in mattoni.
ORDINE COMPOSITO
L'ordine composito è uno degli ordinI architettonici dell’architettura romana ed è
caratterizzato dalla sintesi del ordine ionico italico e corinzio.

Il capitello composito fu inventato dai romani dopo il 25 a.C., infatti Vitruvio non
menziona quest'ordine tra i suoi, le sue applicazioni nell'architettura romana ebbero
molteplici funzioni decorative.
I primi resti di capitelli compositi si hanno però
sull'Arco di Tito (80-90 d.C.).

Successivamente fu scoperto da Leon Battista
Alberti    e      utilizzato    nel     XVI
secolo da Sebastiano Serlio.

La colonna è formata da una base simile a
quella corinzio;

il fusto è alto dieci volte il suo diametro e
quindi rende la colonna slanciata;

il capitello che raccoglie dell'ordine ionico
le volute sugli spigoli mentre dell'ordine
corinzio le foglie d'acanto ed altro.

L'architrave è diviso in tre fasce sulla quale è
sormontato il fregio con la decorazione
a bassorilievo e infine la cornice e decorata da
dentelli.
Il capitello composito è costituito da un kalathos corinzio, con le sue due
corone di foglie d'acanto, ma privo di caulicoli, calici, elici e volute, a cui si
sovrappone un capitello ionico a quattro facce e terminante
superiormente con un abaco di nuovo corinzio, ossia non quadrato come
nei capitelli dorici e ionici, ma con i lati incurvati e modanati, decorati al
centro dal fiore dell'abaco. Negli spazi rimasti liberi tra le foglie della
seconda corona vengono introdotti dei viticci terminanti in spirali con
rosette "viticci fioriti". Spesso il canale delle volute è decorato da una
fronda vegetale.

Il tipo è un'invenzione romana, elaborata nella prima età augustea e
inizialmente dovette rappresentare solo una delle tante varianti che
vennnero proposte nel momento di formazione dell'arte decorativa
romana. Nacque probabilmente dalla tradizione dei capitelli ionici italici a
quattro facce, alcuni dei quali presentavano collarini decorati con foglie
d'acanto che richiamavano le corone del capiello corinzio.

Come nel caso del capitello corinzio, il capitello composito può
presentarsi "figurato" o a "foglie lisce" o nel tipo "asiatico". Lo schema
compositivo poteva presentare delle varianti, come ad esempio la parte
superiore del kalathos rivestita da baccellature (capitello composito "con
kalathos baccellato").
Capitello composito di colonna

Roma, Foro Romano, Arco di Tito (epoca domizianea), in marmo
lunense.
Il capitello presenta sul kalathos della parte corinzia due corone di foglie d'acanto e due viticci fioriti
nascenti dietro le cime delle foglie della prima corona, al posto dei caulicoli. I viticci sono costituiti
da foglie d'acanto allungate di profilo, terminanti in una spirale con rosetta. Le foglie d'acanto
angolari       della     seconda       corona       sorreggono     le       spirali     delle    volute.
Nella soprastante parte ionica si distinguono l'echino decorato con kyma ionico (nel quale
l'estremità superiore degli sgusci e dell'asta della freccetta sono ricoperte da "lunette") e
sottostante astragalo a fusarole e perline. Il canale delle volute, incurvato seguendo la curvatura
dei lati dell'abaco, è occupato da una fronda vegetale, che si origina al centro dei lati e prosegue
all'interno del nastro delle volute per gran parte della spirale. Sono presenti le semipalmette,
nascenti da un calice con foglie d'acanto, che coprono le estremità del kyma ionico dell'echino.
Capitello composito di colonna
Roma, Foro Romano, Arco di Settimio Severo (202-203), in marmo
proconnesio.
Si presenta decorato con le canoniche due corone di foglie d'acanto, decorate da una foglia
allungata di rivestimento sopra la costolatura centrale. I viticci fioriti ad andamento verticale sono
costituiti da uno stelo sottile terminante a spirale in una rosetta, quasi interamente rivestito da una
foglia d'acanto allungata di profilo.
Nella sparte ionica l'echino è canonicamente decorato da kyma ionico e astragalo a fusarole e
perline. Il canale delle volute, ridotto in altezza rientra rispetto alla curvatura dell'echino ed è
interamente occupato dalla fronda vegetale, che prosegue anche nel nastro delle volute fino
                                              all'occhio.
La curvatura dei lati dell'abaco è ridotta e il fiore dell'abaco al centro copre anche il centro del
canale delle volute.
http://www.decarch.it/wiki/index.php?title=Guida_/_Voce_%22Og
getto%22_/_Vocabolario_/_Ordini_architettonici_/_Capitelli_/_co
mpositi
POMPEI
Vari tipi di laterizio
LA COLONNA TRAIANA A ROMA


E’ un monumento onorario e funebre eretto dal Senato e popolo romano in onore di
Traiano all’interno del Foro omonimo, nel II secolo d.C.

Le dimensioni della colonna sono notevoli:
lo zoccolo su cui poggia, composto di otto blocchi in quattro filari, è alto m 5,37;
sopra lo zoccolo vi è un basamento con la porta di accesso: si tratta di un unico
plinto alto m 1.68;
la colonna soprastante è di marmo: ha il fusto è alto m 26,62 e aggiungendovi toro e
capitello raggiunge m 29,78 cioè esattamente cento piedi romani (colonna
"centenaria");
il fusto della colonna ha un diametro medio di m 3.45;
infine la base cilindrica della statua è alta m 4,66.

Il fusto della colonna si compone di 17 enormi rocchi di marmo Carrara sovrapposti a
secco del diametro di m 3,83 e di m 1,56 di spessore; presenta, a circa un terzo
dall'imoscapo, il tradizionale rigonfiamento (èntasis) utile a migliorare l'effetto ottico,
data la notevole altezza.

Nell’interno si svolge una scala elicoidale che portava all’abaco del capitello ornato
di ovuli.

La decisione di rendere la colonna accessibile mediante una scala interna deve
essere stata presa quando il modello disegnato già era compiuto: ciascuno dei
blocchi della colonna è scavato internamente dai gradini della scala a chiocciola. La
connessione fra un rocchio e l'altro era assicurata, oltre che dall'ampia superficie di
contatto, da perni alloggiati in appositi fori.

Il rilievo esterno a nastro è stato eseguito quando la colonna era già stata montata: i
bassorilievi in 23 zone a spirale, salienti dal basso all’alto nel fusto della colonna,
raffigurano i trionfi di Traiano sui Daci.
Sono capolavori dell’arte storica dei romani e si svolgono per una lunghezza
complessiva di 200 metri.
COLONNA ANTONINA O DI MARCO AURELIO A PIAZZA
COLONNA A ROMA

Altra colonna commemorativa a Roma simile a quella di Traiano è quella ANTONINA o di Marco
Aurelio eretta a Piazza Colonna.
 Ad imitazione del modello traianeo fu costruita, entro il 193, la colonna di Marco Aurelio, anch'essa
centenaria (fusto di m 29,60 con diametro inferiore di m 3,80 e superiore di m 3,66, senza èntasi) e
in rocchi marmorei percorribili al loro interno. Il basamento è costituito da una parte inferiore di
quattro filari di blocchi di marmo, alta m 6,14 e una superiore di tre filari, alta m 4,38. Il fusto si
compone di 19 blocchi comprendenti base e capitello e di un blocco cilindrico di sostegno alla
statua posta in cima.
COLONNE COCLIDI

Le colonne coclidi si differenziano dalle colonne doriche sia per il materiale
strutturale (marmo in luogo di pietre porose) sia per le dimensioni.

Infatti, mentre da un lato le dimensioni in pianta maggiori comportano blocchi molto
più tozzi, dall'altro le notevoli altezze rendono le colonne coclidi, prese nel loro
insieme, molto più snelle.
Tali colonne evidenziano dissesti senz'altro legati a eventi sismici, come dimostrato
dagli spostamenti dei fregi che ricoprono i rocchi della colonna Antonina. I fregi
documentano chiaramente spostamenti relativi diversi (per alcuni punti gli
spostamenti sono prevalentemente radiali, per altri tangenziali) dei rocchi contigui
dovuti ad urti durante il moto sismico innescati da rotazioni intorno a centri istantanei
localizzati in punti differenti sulla superficie di appoggio.

A volte a Roma veniva innalzata una colonna isolata per commemorare
un evento importante o onorare un imperatore o un capo militare.
Tale uso della colonna a fini celebrativi deriva probabilmente
dall'architettura del Vicino Oriente.

Colonne isolate con fusto, alto circa 30 m, scavato all'interno per ospitare
una scala a chiocciola e costituito di enormi rocchi marmorei sovrapposti a
secco la cui connessione era assicurata, oltre che dalla grande superficie
di contatto, da perni alloggiati in appositi fori.

Inaugura la tipologia monumentale della colonna coclide, colonna isolata decorata
da un fregio a spirale e contenente all'interno una scala a chiocciola, la colonna
Traiana, concepita probabilmente da Apollodoro di Damasco, l'architetto del
foro Traianeo e terminata nel 113 d.C. dopo cinque anni di lavori.
Roma. Colonna Traiana come rappresentata in spaccato da
            un'incisione di G. B. Piranesi.
L’ARCO
IL SISTEMA AD ARCO
Nel caso del sistema ad arco la ripartizione dei pesi, ed il loro scarico a terra, avviene in maniera
diversa. Gli elementi che costituiscono un arco sono detti «conci».
Di questi, quello posto più in alto è detto «concio in chiave».
Questo      concio,     per   effetto    del    suo    peso,    tende   a    cadere     in   verticale.
Se ciò non gli è consentito, è per il mutuo contrasto che esiste con i due conci che lo sostengono
sui due lati. Pertanto il suo peso si ripartisce su questi due conci con due forze perpendicolari alla
superficie di contatto.
A loro volta questi due conci trasmetteranno questa forza, più quella dovuta al loro peso, ai conci
seguenti.
È facilmente comprensibile come, in questo modo, i conci vengono ad essere soggetti tutti alla
medesima sollecitazione: ossia di compressione. Sollecitazione che può facilmente essere
assorbita da quasi tutti i materiali da costruzione.
Un arco, quindi, può essere costruito con mattoni o con pietre di dimensioni notevolmente più
piccole di quelle impiegate nel sistema trilitico.
Tuttavia, pur impiegando materiali lapidei di dimensioni ridotte, un arco può coprire luci superiori a
quelle che normalmente si riesce a coprire con il sistema trilitico.




Diverso è invece la sollecitazione che un arco trasmette ai suoi sostegni – siano esse pilastri,
colonne, muri o altro.
Nel caso del sistema trilitico la sollecitazione che l’elemento orizzontale trasmette ai piedritti è
perfettamente verticale.
Nel caso degli archi tale sollecitazione non è perfettamente verticale, ma è inclinata verso l’esterno
dell’arco.
Tale sollecitazione, detta di pressoflessione, tende non solo a comprimere la struttura, ma anche
a spingerla verso l’esterno.
 In questo caso, si dice, infatti, che l’arco trasmette ai suoi sostegni non solo una spinta verticale
ma anche una spinta orizzontale.
È facilmente comprensibile che, mentre la spinta verticale è contrastata dalla resistenza del
materiale, quella orizzontale, per essere contrastata deve trovare una forza uguale e contraria che
le si oppone.
Questa forza, nella maggior parte dei casi, risulta essere il peso stesso dei piedritti.
 Ossia la spinta orizzontale dell’arco è equilibrata dal peso dei sostegni verticali.
Per questa ragione, gli archi necessitano di sostegni verticali di notevoli dimensioni e spessore.
Il sistema costruttivo ad arco fu inventato dai Romani in seguito a dei tentativi già
messi in atto precedentemente dagli Etruschi (l’Arco di Volterra) e grazie all’uso del
mattone cotto, anch’esso di loro invenzione.
Il sistema costruttivo ad arco genera le seguenti strutture: la volta a botte, la volta a
crociera, la cupola, in base alla pianta dello spazio da coprire.
La volta a botte, che è costituita da una successione di archi, chiude spazia pianta
rettangolare;
La volta a crociera, ad arco a tutto sesto e ad arco a sesto ribassato, a arco a sesto
acuto, ecc., chiude spazi a pianta quadrata e rettangolare;
La cupola, che è una successione di archi che ruotano su un asse, chiude spazia a
pianta circolare.




 VOLTE
 Le volte sono coperture di spazi o parti di coperture incurvate, in tensione
 reciproca tra loro o tra le imposte.
 In senso stretto, analogamente alle costruzioni ad arco, si dicono “volte proprie”
 soltanto quelle realizzate con pietre a cuneo in murature con giunti disposti in
 senso radiale. I
 l loro utilizzo esclusivo si riscontra tuttavia in poche epoche storiche.
L’arco è l’elemento architettonico per eccellenza” che, nel corso
dei secoli, ha subito molteplici accorgimenti e miglioramenti, sia
dal punto di vista estetico che statico, raggiungendo la sua
massima capacità espressiva nel periodo romano.

Nella preistoria, era in uso un abbozzo di arco, noto come “falso
arco” o “arco a mensola”, ottenuto mediante la progressiva
sovrapposizione di pietre piatte che, a partire dai due sostegni
laterali, venivano appoggiate l’una sopra l’altra tendendo via via a
ridurre la distanza intermedia, fino a congiungersi nel centro: si
otteneva, così, una struttura “a scalini”, staticamente ben diversa
dall'arco (giacchè scaricava il peso sostanzialmente solo
verticalmente).

Nel corso dei secoli, la tecnica costruttiva si affinò con gli egizi, i
babilonesi e i greci, che usavano generalmente gli archi nelle
costruzioni civili (magazzini, fognature); con gli assiri, a cui si
devono i primi palazzi con soffitti a volta; e con gli etruschi, che
utilizzavano gli archi soprattutto nei ponti e nelle porte.

Ma il momento più importante fu raggiunto grazie ai Romani, che
lo utilizzarono per le costruzioni civili (edifici privati e pubblici,
anfiteatri, ecc), per grandiose opere ingegneristiche (si pensi ai
maestosi acquedotti), per ragioni simbolico/celebrative (archi di
trionfo, atti ad esaltare le vittoriose battaglie dell'imperatore agli
occhi della folla: la cerimonia dei trionfi durava pochi giorni, ma
l'arco ne prolungava il ricordo nei secoli, insieme all'opera dei
poeti e degli storici) e come punti di riferimento posti all'incrocio
di più strade.
L’arco è costituito da una serie di elementi, ciascuno avente una precisa
collocazione e termine tecnico come di seguito precisato:
   intradosso: la superficie che limita inferiormente l'arco
   estradosso: la superficie che limita superiormente l'arco
   spessore: la distanza tra intradosso ed estradosso
   larghezza: la distanza tra le fronti
  fronti: le due superfici verticali che limitano l'arco anteriormente e posteriormente
   piani d'imposta: le superfici da cui ha inizio la costruzione dell'arco
   conci di imposta
   conci intermedi
   conci di controchiave
   concio di chiave
   piani alle reni: sono i piani inclinati di circa 30° rispetto al piano orizzontale
passante per il centro dell'arco (che non necessariamente coincide con il piano
d'imposta)
   luce (o corda): è la distanza tra i due piedritti. In altre parole è la distanza minima
tra i due punti di appoggio dell'arco.
   freccia (o saetta, o monta): è la distanza massima tra l’intradosso ed il piano
L'arco può essere costruito nei materiali più vari. Nel corso della
storia, sono stati principalmente impiegati la pietra (per la quale
occorrono abili scalpellini per la preparazione cuneiforme dei
conci e in mattoni. Naturalmente può essere usato anche il
cemento armato.




La tipologia di arco è determinata anche dai centri geometrici di costruzione; fra i
numerosissimi tipi di archi, quelli di maggior importanza sono:
  -a tutto sesto o pieno centro, quando la sua curva è una semicirconferenza
  -a sesto ribassato (a monta depressa)
  -policentrico ribassato e policentrico rialzato
  -a sesto acuto
  -ellittico
  -parabolico
  -tudor
  -fiammeggiante o inflesso
  -a ferro di cavallo
  -lobato
  -rampante, quando appoggia su piani d'imposta di diversa altezza
  -zoppo
L’esecuzione       dell'arco   richiede   un’opera     provvisionale
particolarissima: la centina. Con questo nome viene indicato il
complesso delle strutture di varia forma e materiale che occorre
impostare tra i piedritti. La complessità della centina, tipicamente
realizzata in legno o in elementi di ferro, aumenta in proporzione
della luce dell’arco.

Una volta eseguita la centinatura, la costruzione dell'arco viene
effettuata cominciando simultaneamente dalle due imposte per
finire, come ultima operazione, alla chiusura con il concio di
chiave, indipendentemente dal materiale impiegato.

Quando l'arco è completo, dopo il tempo necessario alla
stagionatura ed assestamento dei materiali, si procede
all'operazione delicatissima del disarmo della centina, che deve
essere tolta con abbassamenti graduali, uniformi e micrometrici,
affinché l'arco entri progressivamente in carico, evitando shock
improvvisi che potrebbero criticizzarne la staticità.
Le volte
LE VOLTE
Le volte sono coperture di spazi o parti di coperture incurvate, in tensione reciproca
tra loro o tra le imposte.
In senso stretto, analogamente alle costruzioni ad arco, si dicono “volte proprie”
soltanto quelle realizzate con pietre a cuneo in murature con giunti disposti in senso
radiale.
Il loro utilizzo esclusivo si riscontra tuttavia in poche epoche storiche.
L'arco è definibile come una struttura bidimensionale (ovvero, più precisamente,
come una struttura caratterizzata da una modesta importanza dello spessore, ripetto
alle altre due componenti della “luce” e della “freccia”).
L'unione di più archi nel senso dello spessore (definito “generatrice”) dà luogo alla
struttura tridimensionale della volta, ottenuta geometricamente dalla traslazione o
dalla rotazione di archi; di conseguenza, tutti gli elementi già visti per l’arco, si
ritrovano nella volta e conservano quindi la stessa denominazione, con l'aggiunta di
due elementi distintivi: la citata linea dritta della “generatrice” e la linea curva (profilo
dell'arco) della “direttrice”.
Le volte sono sostanzialmente suddivisibili in semplici (quelle costituite da superfici
appartenenti ad un unico solido) e composte (quelle costituite da superfici
appartenenti a corpi solidi diversi) e, al pari dell'arco, possono essere costruite in vari
materiali (pietra da taglio, laterizi, muratura a secco, conglomerato cementizio... ecc).
Tra le volte semplici, troviamo la volta a botte a tutto sesto, la volta policentrica,
la volta ellittica, la volta a sesto acuto e la volta a bacino (meglio nota come
cupola); tra le volte composte, troviamo la volta a crociera (formata da quattro
“unghie”) e la volta a padiglione (formata da quattro “fusi”), entrambe aventi origine
dall'intersezione di due volte cilindriche.
VOLTA A BOTTE E VOLTA A CROCIERA
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13. Architettura romana - Ordini architettonici- Archi e Volte

  • 2. La grande attenzione dedicata alla spazialità e alle tecniche costruttive non deve far credere che gli architetti romani non abbiano curato anche gli aspetti formali. L’ordine architettonico, anche se in maniera diversa rispetto a quanto accade nel mondo greco, costituisce un punto di riferimento e un sistema di regole da seguire. L’ordine dorico non è molto utilizzato dagli architetti romani, ma i Romani introdussero altri due tipi di colonne che costituirono: 1. l'ordine tuscanico, una variante del dorico con colonna da fusto non scanalato, che presenta rastremazione e entasi poco pronunciate; la colonna poggia su una base a plinto quadrato, sormontato da un toro e da un tondino e da una gola rovesciata. Il capitello si compone, in genere, da un basso abaco e da un echino dal profilo a quarto di cerchio; 2. l’ordine composito, che nasce dall’incontro di elementi formali dell’ordine ionico e di quello corinzio, che si differenzia dagli altri prevalentemente nel capitello, prevedendo sopra il fusto ionico un più ornato capitello corinzio. Questo capitello impiega nella parte inferiore le forme corinzie, costituite da 2 ordini di foglie, mentre nella parte superiore utilizza 4 volute del capitello ionico, separate fra loro e sostenenti un abaco di tipo corinzio. L’ordine ionico, a partire dal I secolo a.C. e durante tutto il periodo imperiale, si rifà ai modelli ellenistici, introducendo in alcuni casi delle varianti soprattutto nel capitello, le cui volute si schiacciano e le cui forme divengono meno sinuose e più geometriche. L’ordine corinzio subisce le maggiori trasformazioni nel capitello, che assume forme più slanciate e un profilo più frastagliato, mentre le foglie d’acanto risultano più sporgenti. Comunque, gli ordini in epoca romana persero la loro funzione esclusivamente strutturale per essere impiegati in una varietà di modi interamente o parzialmente decorativi. Infatti, il contributo propriamente romano consistette nel combinare l’uso superficiale, puramente decorativo, degli ordini greci con l’uso dell’arco ed elaborando e valorizzando in chiave formale le possibilità costruttive offerte dal calcestruzzo. La muratura e l’arco rendevano inutile la funzione della colonna come elemento portante, ma gli architetti romani la usano ugualmente come motivo decorativo, intercalandola agli archi oppure ripetendola in ordini sovrapposti. Infatti, viene elaborato un sistema di coordinazione degli ordini che vengono sovrapposti ponendo in basso gli ordini più robusti e in alto quelli più slanciati. La tipologia più frequente era quella che sovrapponeva, partendo dal basso: • l’ordine dorico o tuscanico, • Lo ionico, • il corinzio • il composito. Per i Romani, dunque, gli ordini, divenuti elementi decorativi, potevano essere sovrapposti (Colosseo, Teatro di Marcello, ecc.): i Greci, invece sovrapponevano gli ordini soltanto all’interno dei templi, per sostenerre le travi dei tetti e negli stoà (portici a due piani). I Romani spesso non usarono una colonna vera e propria, ma una semicolonna, addossata alla parete oppure parzialmente immersa nella muratura.
  • 3. L’ORDINE TUSCANICO Il Tuscanico è un ordine architettonico proprio dell'architettura romana e successivamente rinascimentale italiana. Fu descritto da Vitruvio, che gli attribuì un'origine etrusca. I In realtà è un adattamento in terra italica dell'ordine dorico, di cui mantiene quasi tutte le caratteristiche più importanti, anche se generalmente abbandonava il fusto scalanato e l'echino era molto ridotto di spessore. La distinzione dal dorico è spesso accademica e difficile da interpretare nelle realizzazioni architettoniche. La sua supposta origine etrusca ne favorì il largo utilizzo nel Granducato di Toscana a partire da Cosimo I. Caratteristiche salienti: Base presente: il tipo propriamente tuscanico è costituito da un semplice toro, omodanatura con profilo a semicerchio convesso. Fusto come nell'ordine dorico, oppure liscio. Tuttavia molti dei fusti che oggi sembrano lisci avevano in realtà in origine un rivestimento in stucco che riproduceva le scanalature, oggi scomparso. Capitello tuscanico, più grosso rispetto all'ordine dorico. L'abaco era più grande e l'echino più schiacciato ma più rigonfio rispetto all'ordine dorico. Architrave teoricamente come nell'ordine dorico. Fregio teoricamente come nell'ordine dorico. Cornice teoricamente come nell'ordine dorico.
  • 6. Capitello tuscanico con collarino di lesena Roma, Mercati di Traiano, ordine di inquadramento delle finestre al secondo piano del Grande Emiciclo (età traianea), in travertino. L'esemplare presenta l'echino con profilo a gola diritta, sormontato da un piccolo toro, dal quale è distinto per mezzo di un listello, e seguito inferiormente da un tondino. La successione delle modanature assimila il capitello ad una sorta di coronamento di pilastro. Il collarino è distinto dal fusto per mezzo delle modanature del sommoscapo (tondino e listello, sporgenti per la terminazione superiore del fusto a cavetto).Il capitello è intagliato insieme a parte di un blocco che costituisce parte della parete. L'ordine presenta basi e capitelli in travertino, mentre i fusti delle lesene e la trabeazione sono realizzati in mattoni.
  • 7. ORDINE COMPOSITO L'ordine composito è uno degli ordinI architettonici dell’architettura romana ed è caratterizzato dalla sintesi del ordine ionico italico e corinzio. Il capitello composito fu inventato dai romani dopo il 25 a.C., infatti Vitruvio non menziona quest'ordine tra i suoi, le sue applicazioni nell'architettura romana ebbero molteplici funzioni decorative. I primi resti di capitelli compositi si hanno però sull'Arco di Tito (80-90 d.C.). Successivamente fu scoperto da Leon Battista Alberti e utilizzato nel XVI secolo da Sebastiano Serlio. La colonna è formata da una base simile a quella corinzio; il fusto è alto dieci volte il suo diametro e quindi rende la colonna slanciata; il capitello che raccoglie dell'ordine ionico le volute sugli spigoli mentre dell'ordine corinzio le foglie d'acanto ed altro. L'architrave è diviso in tre fasce sulla quale è sormontato il fregio con la decorazione a bassorilievo e infine la cornice e decorata da dentelli.
  • 8. Il capitello composito è costituito da un kalathos corinzio, con le sue due corone di foglie d'acanto, ma privo di caulicoli, calici, elici e volute, a cui si sovrappone un capitello ionico a quattro facce e terminante superiormente con un abaco di nuovo corinzio, ossia non quadrato come nei capitelli dorici e ionici, ma con i lati incurvati e modanati, decorati al centro dal fiore dell'abaco. Negli spazi rimasti liberi tra le foglie della seconda corona vengono introdotti dei viticci terminanti in spirali con rosette "viticci fioriti". Spesso il canale delle volute è decorato da una fronda vegetale. Il tipo è un'invenzione romana, elaborata nella prima età augustea e inizialmente dovette rappresentare solo una delle tante varianti che vennnero proposte nel momento di formazione dell'arte decorativa romana. Nacque probabilmente dalla tradizione dei capitelli ionici italici a quattro facce, alcuni dei quali presentavano collarini decorati con foglie d'acanto che richiamavano le corone del capiello corinzio. Come nel caso del capitello corinzio, il capitello composito può presentarsi "figurato" o a "foglie lisce" o nel tipo "asiatico". Lo schema compositivo poteva presentare delle varianti, come ad esempio la parte superiore del kalathos rivestita da baccellature (capitello composito "con kalathos baccellato").
  • 9. Capitello composito di colonna Roma, Foro Romano, Arco di Tito (epoca domizianea), in marmo lunense. Il capitello presenta sul kalathos della parte corinzia due corone di foglie d'acanto e due viticci fioriti nascenti dietro le cime delle foglie della prima corona, al posto dei caulicoli. I viticci sono costituiti da foglie d'acanto allungate di profilo, terminanti in una spirale con rosetta. Le foglie d'acanto angolari della seconda corona sorreggono le spirali delle volute. Nella soprastante parte ionica si distinguono l'echino decorato con kyma ionico (nel quale l'estremità superiore degli sgusci e dell'asta della freccetta sono ricoperte da "lunette") e sottostante astragalo a fusarole e perline. Il canale delle volute, incurvato seguendo la curvatura dei lati dell'abaco, è occupato da una fronda vegetale, che si origina al centro dei lati e prosegue all'interno del nastro delle volute per gran parte della spirale. Sono presenti le semipalmette, nascenti da un calice con foglie d'acanto, che coprono le estremità del kyma ionico dell'echino.
  • 10. Capitello composito di colonna Roma, Foro Romano, Arco di Settimio Severo (202-203), in marmo proconnesio. Si presenta decorato con le canoniche due corone di foglie d'acanto, decorate da una foglia allungata di rivestimento sopra la costolatura centrale. I viticci fioriti ad andamento verticale sono costituiti da uno stelo sottile terminante a spirale in una rosetta, quasi interamente rivestito da una foglia d'acanto allungata di profilo. Nella sparte ionica l'echino è canonicamente decorato da kyma ionico e astragalo a fusarole e perline. Il canale delle volute, ridotto in altezza rientra rispetto alla curvatura dell'echino ed è interamente occupato dalla fronda vegetale, che prosegue anche nel nastro delle volute fino all'occhio. La curvatura dei lati dell'abaco è ridotta e il fiore dell'abaco al centro copre anche il centro del canale delle volute. http://www.decarch.it/wiki/index.php?title=Guida_/_Voce_%22Og getto%22_/_Vocabolario_/_Ordini_architettonici_/_Capitelli_/_co mpositi
  • 12.
  • 13. Vari tipi di laterizio
  • 14.
  • 15.
  • 16.
  • 17.
  • 18. LA COLONNA TRAIANA A ROMA E’ un monumento onorario e funebre eretto dal Senato e popolo romano in onore di Traiano all’interno del Foro omonimo, nel II secolo d.C. Le dimensioni della colonna sono notevoli: lo zoccolo su cui poggia, composto di otto blocchi in quattro filari, è alto m 5,37; sopra lo zoccolo vi è un basamento con la porta di accesso: si tratta di un unico plinto alto m 1.68; la colonna soprastante è di marmo: ha il fusto è alto m 26,62 e aggiungendovi toro e capitello raggiunge m 29,78 cioè esattamente cento piedi romani (colonna "centenaria"); il fusto della colonna ha un diametro medio di m 3.45; infine la base cilindrica della statua è alta m 4,66. Il fusto della colonna si compone di 17 enormi rocchi di marmo Carrara sovrapposti a secco del diametro di m 3,83 e di m 1,56 di spessore; presenta, a circa un terzo dall'imoscapo, il tradizionale rigonfiamento (èntasis) utile a migliorare l'effetto ottico, data la notevole altezza. Nell’interno si svolge una scala elicoidale che portava all’abaco del capitello ornato di ovuli. La decisione di rendere la colonna accessibile mediante una scala interna deve essere stata presa quando il modello disegnato già era compiuto: ciascuno dei blocchi della colonna è scavato internamente dai gradini della scala a chiocciola. La connessione fra un rocchio e l'altro era assicurata, oltre che dall'ampia superficie di contatto, da perni alloggiati in appositi fori. Il rilievo esterno a nastro è stato eseguito quando la colonna era già stata montata: i bassorilievi in 23 zone a spirale, salienti dal basso all’alto nel fusto della colonna, raffigurano i trionfi di Traiano sui Daci. Sono capolavori dell’arte storica dei romani e si svolgono per una lunghezza complessiva di 200 metri.
  • 19.
  • 20.
  • 21.
  • 22.
  • 23. COLONNA ANTONINA O DI MARCO AURELIO A PIAZZA COLONNA A ROMA Altra colonna commemorativa a Roma simile a quella di Traiano è quella ANTONINA o di Marco Aurelio eretta a Piazza Colonna. Ad imitazione del modello traianeo fu costruita, entro il 193, la colonna di Marco Aurelio, anch'essa centenaria (fusto di m 29,60 con diametro inferiore di m 3,80 e superiore di m 3,66, senza èntasi) e in rocchi marmorei percorribili al loro interno. Il basamento è costituito da una parte inferiore di quattro filari di blocchi di marmo, alta m 6,14 e una superiore di tre filari, alta m 4,38. Il fusto si compone di 19 blocchi comprendenti base e capitello e di un blocco cilindrico di sostegno alla statua posta in cima.
  • 24. COLONNE COCLIDI Le colonne coclidi si differenziano dalle colonne doriche sia per il materiale strutturale (marmo in luogo di pietre porose) sia per le dimensioni. Infatti, mentre da un lato le dimensioni in pianta maggiori comportano blocchi molto più tozzi, dall'altro le notevoli altezze rendono le colonne coclidi, prese nel loro insieme, molto più snelle. Tali colonne evidenziano dissesti senz'altro legati a eventi sismici, come dimostrato dagli spostamenti dei fregi che ricoprono i rocchi della colonna Antonina. I fregi documentano chiaramente spostamenti relativi diversi (per alcuni punti gli spostamenti sono prevalentemente radiali, per altri tangenziali) dei rocchi contigui dovuti ad urti durante il moto sismico innescati da rotazioni intorno a centri istantanei localizzati in punti differenti sulla superficie di appoggio. A volte a Roma veniva innalzata una colonna isolata per commemorare un evento importante o onorare un imperatore o un capo militare. Tale uso della colonna a fini celebrativi deriva probabilmente dall'architettura del Vicino Oriente. Colonne isolate con fusto, alto circa 30 m, scavato all'interno per ospitare una scala a chiocciola e costituito di enormi rocchi marmorei sovrapposti a secco la cui connessione era assicurata, oltre che dalla grande superficie di contatto, da perni alloggiati in appositi fori. Inaugura la tipologia monumentale della colonna coclide, colonna isolata decorata da un fregio a spirale e contenente all'interno una scala a chiocciola, la colonna Traiana, concepita probabilmente da Apollodoro di Damasco, l'architetto del foro Traianeo e terminata nel 113 d.C. dopo cinque anni di lavori.
  • 25.
  • 26.
  • 27. Roma. Colonna Traiana come rappresentata in spaccato da un'incisione di G. B. Piranesi.
  • 29. IL SISTEMA AD ARCO Nel caso del sistema ad arco la ripartizione dei pesi, ed il loro scarico a terra, avviene in maniera diversa. Gli elementi che costituiscono un arco sono detti «conci». Di questi, quello posto più in alto è detto «concio in chiave». Questo concio, per effetto del suo peso, tende a cadere in verticale. Se ciò non gli è consentito, è per il mutuo contrasto che esiste con i due conci che lo sostengono sui due lati. Pertanto il suo peso si ripartisce su questi due conci con due forze perpendicolari alla superficie di contatto. A loro volta questi due conci trasmetteranno questa forza, più quella dovuta al loro peso, ai conci seguenti. È facilmente comprensibile come, in questo modo, i conci vengono ad essere soggetti tutti alla medesima sollecitazione: ossia di compressione. Sollecitazione che può facilmente essere assorbita da quasi tutti i materiali da costruzione. Un arco, quindi, può essere costruito con mattoni o con pietre di dimensioni notevolmente più piccole di quelle impiegate nel sistema trilitico. Tuttavia, pur impiegando materiali lapidei di dimensioni ridotte, un arco può coprire luci superiori a quelle che normalmente si riesce a coprire con il sistema trilitico. Diverso è invece la sollecitazione che un arco trasmette ai suoi sostegni – siano esse pilastri, colonne, muri o altro. Nel caso del sistema trilitico la sollecitazione che l’elemento orizzontale trasmette ai piedritti è perfettamente verticale. Nel caso degli archi tale sollecitazione non è perfettamente verticale, ma è inclinata verso l’esterno dell’arco. Tale sollecitazione, detta di pressoflessione, tende non solo a comprimere la struttura, ma anche a spingerla verso l’esterno. In questo caso, si dice, infatti, che l’arco trasmette ai suoi sostegni non solo una spinta verticale ma anche una spinta orizzontale. È facilmente comprensibile che, mentre la spinta verticale è contrastata dalla resistenza del materiale, quella orizzontale, per essere contrastata deve trovare una forza uguale e contraria che le si oppone. Questa forza, nella maggior parte dei casi, risulta essere il peso stesso dei piedritti. Ossia la spinta orizzontale dell’arco è equilibrata dal peso dei sostegni verticali. Per questa ragione, gli archi necessitano di sostegni verticali di notevoli dimensioni e spessore.
  • 30. Il sistema costruttivo ad arco fu inventato dai Romani in seguito a dei tentativi già messi in atto precedentemente dagli Etruschi (l’Arco di Volterra) e grazie all’uso del mattone cotto, anch’esso di loro invenzione. Il sistema costruttivo ad arco genera le seguenti strutture: la volta a botte, la volta a crociera, la cupola, in base alla pianta dello spazio da coprire. La volta a botte, che è costituita da una successione di archi, chiude spazia pianta rettangolare; La volta a crociera, ad arco a tutto sesto e ad arco a sesto ribassato, a arco a sesto acuto, ecc., chiude spazi a pianta quadrata e rettangolare; La cupola, che è una successione di archi che ruotano su un asse, chiude spazia a pianta circolare. VOLTE Le volte sono coperture di spazi o parti di coperture incurvate, in tensione reciproca tra loro o tra le imposte. In senso stretto, analogamente alle costruzioni ad arco, si dicono “volte proprie” soltanto quelle realizzate con pietre a cuneo in murature con giunti disposti in senso radiale. I l loro utilizzo esclusivo si riscontra tuttavia in poche epoche storiche.
  • 31. L’arco è l’elemento architettonico per eccellenza” che, nel corso dei secoli, ha subito molteplici accorgimenti e miglioramenti, sia dal punto di vista estetico che statico, raggiungendo la sua massima capacità espressiva nel periodo romano. Nella preistoria, era in uso un abbozzo di arco, noto come “falso arco” o “arco a mensola”, ottenuto mediante la progressiva sovrapposizione di pietre piatte che, a partire dai due sostegni laterali, venivano appoggiate l’una sopra l’altra tendendo via via a ridurre la distanza intermedia, fino a congiungersi nel centro: si otteneva, così, una struttura “a scalini”, staticamente ben diversa dall'arco (giacchè scaricava il peso sostanzialmente solo verticalmente). Nel corso dei secoli, la tecnica costruttiva si affinò con gli egizi, i babilonesi e i greci, che usavano generalmente gli archi nelle costruzioni civili (magazzini, fognature); con gli assiri, a cui si devono i primi palazzi con soffitti a volta; e con gli etruschi, che utilizzavano gli archi soprattutto nei ponti e nelle porte. Ma il momento più importante fu raggiunto grazie ai Romani, che lo utilizzarono per le costruzioni civili (edifici privati e pubblici, anfiteatri, ecc), per grandiose opere ingegneristiche (si pensi ai maestosi acquedotti), per ragioni simbolico/celebrative (archi di trionfo, atti ad esaltare le vittoriose battaglie dell'imperatore agli occhi della folla: la cerimonia dei trionfi durava pochi giorni, ma l'arco ne prolungava il ricordo nei secoli, insieme all'opera dei poeti e degli storici) e come punti di riferimento posti all'incrocio di più strade.
  • 32. L’arco è costituito da una serie di elementi, ciascuno avente una precisa collocazione e termine tecnico come di seguito precisato: intradosso: la superficie che limita inferiormente l'arco estradosso: la superficie che limita superiormente l'arco spessore: la distanza tra intradosso ed estradosso larghezza: la distanza tra le fronti fronti: le due superfici verticali che limitano l'arco anteriormente e posteriormente piani d'imposta: le superfici da cui ha inizio la costruzione dell'arco conci di imposta conci intermedi conci di controchiave concio di chiave piani alle reni: sono i piani inclinati di circa 30° rispetto al piano orizzontale passante per il centro dell'arco (che non necessariamente coincide con il piano d'imposta) luce (o corda): è la distanza tra i due piedritti. In altre parole è la distanza minima tra i due punti di appoggio dell'arco. freccia (o saetta, o monta): è la distanza massima tra l’intradosso ed il piano
  • 33.
  • 34. L'arco può essere costruito nei materiali più vari. Nel corso della storia, sono stati principalmente impiegati la pietra (per la quale occorrono abili scalpellini per la preparazione cuneiforme dei conci e in mattoni. Naturalmente può essere usato anche il cemento armato. La tipologia di arco è determinata anche dai centri geometrici di costruzione; fra i numerosissimi tipi di archi, quelli di maggior importanza sono: -a tutto sesto o pieno centro, quando la sua curva è una semicirconferenza -a sesto ribassato (a monta depressa) -policentrico ribassato e policentrico rialzato -a sesto acuto -ellittico -parabolico -tudor -fiammeggiante o inflesso -a ferro di cavallo -lobato -rampante, quando appoggia su piani d'imposta di diversa altezza -zoppo
  • 35.
  • 36. L’esecuzione dell'arco richiede un’opera provvisionale particolarissima: la centina. Con questo nome viene indicato il complesso delle strutture di varia forma e materiale che occorre impostare tra i piedritti. La complessità della centina, tipicamente realizzata in legno o in elementi di ferro, aumenta in proporzione della luce dell’arco. Una volta eseguita la centinatura, la costruzione dell'arco viene effettuata cominciando simultaneamente dalle due imposte per finire, come ultima operazione, alla chiusura con il concio di chiave, indipendentemente dal materiale impiegato. Quando l'arco è completo, dopo il tempo necessario alla stagionatura ed assestamento dei materiali, si procede all'operazione delicatissima del disarmo della centina, che deve essere tolta con abbassamenti graduali, uniformi e micrometrici, affinché l'arco entri progressivamente in carico, evitando shock improvvisi che potrebbero criticizzarne la staticità.
  • 38. LE VOLTE Le volte sono coperture di spazi o parti di coperture incurvate, in tensione reciproca tra loro o tra le imposte. In senso stretto, analogamente alle costruzioni ad arco, si dicono “volte proprie” soltanto quelle realizzate con pietre a cuneo in murature con giunti disposti in senso radiale. Il loro utilizzo esclusivo si riscontra tuttavia in poche epoche storiche. L'arco è definibile come una struttura bidimensionale (ovvero, più precisamente, come una struttura caratterizzata da una modesta importanza dello spessore, ripetto alle altre due componenti della “luce” e della “freccia”). L'unione di più archi nel senso dello spessore (definito “generatrice”) dà luogo alla struttura tridimensionale della volta, ottenuta geometricamente dalla traslazione o dalla rotazione di archi; di conseguenza, tutti gli elementi già visti per l’arco, si ritrovano nella volta e conservano quindi la stessa denominazione, con l'aggiunta di due elementi distintivi: la citata linea dritta della “generatrice” e la linea curva (profilo dell'arco) della “direttrice”. Le volte sono sostanzialmente suddivisibili in semplici (quelle costituite da superfici appartenenti ad un unico solido) e composte (quelle costituite da superfici appartenenti a corpi solidi diversi) e, al pari dell'arco, possono essere costruite in vari materiali (pietra da taglio, laterizi, muratura a secco, conglomerato cementizio... ecc). Tra le volte semplici, troviamo la volta a botte a tutto sesto, la volta policentrica, la volta ellittica, la volta a sesto acuto e la volta a bacino (meglio nota come cupola); tra le volte composte, troviamo la volta a crociera (formata da quattro “unghie”) e la volta a padiglione (formata da quattro “fusi”), entrambe aventi origine dall'intersezione di due volte cilindriche.
  • 39.
  • 40.
  • 41. VOLTA A BOTTE E VOLTA A CROCIERA