1. Vecchie abitudini dure a morire
Il risparmio gestito, negli ultimi anni bistrattato dalle banche e smontato a favore di strumenti finanziari di più
immediata redditività per le stesse (come le obbligazioni bancarie, utili anche a finanziarsi presso la clientela, e
le unit linked) sta rialzando la testa. Nei primi nove mesi del 2013 la raccolta netta ha superato i 55 miliardi di
euro, risultato che non si vedeva da moltissimo tempo, e sappiamo bene, purtroppo, come la parte del leone la
facciano sempre gli istituti di credito. Si muovono loro, in una direzione o in un’altra, e la raccolta sale o scende
come uno yoyo.
Il grafico sotto mostra il dato complessivo della raccolta netta negli strumenti di risparmio gestito, e la
conseguente divisione tra quella effettuata nelle gestioni collettive (fondi comuni di diritto italiano ed estero, e
sicav) e quella nelle gestioni di portafoglio.
RISPARMIO GESTITO
60.000
50.000
40.000
30.000
20.000
10.000
0
55.668
39.593
16.075
TOTALE
Gestioni collettive
Gestioni patrimoniali
Non parlerò della raccolta sulle gestioni di portafoglio, tra l’altro inferiore rispetto a quella confluita nelle
gestioni collettive, se non per evidenziare una curiosità: di 16 miliardi confluiti su questi strumenti, oltre il
91% è riferita a investitori istituzionali (14,6 mld). Strano vero ? Gli istituzionali si rivolgono a strumenti
normalmente scansati dalle banche e dalle reti: chissà perché.
Parlo invece della raccolta sulle gestioni collettive, e quindi sui fondi aperti. Il grafico che segue evidenzia il
dato complessivo e il dettaglio per singola tipologia di fondo.
42.000
38.000
34.000
30.000
26.000
22.000
18.000
14.000
10.000
6.000
2.000
-2.000
GESTIONI COLLETTIVE (FONDI APERTI)
39.551
Numero 18 del 15 novembre 2013
21.939
13.286
4.083
1.174
888
-285
-1.535
Marcello Agnello
2. A occhio nudo si vede come i fondi flessibili e quelli obbligazionari abbiano maramaldeggiato (89% del totale) a
discapito degli altri, e i fondi azionari (2,96%) giacciano in un angolo.
Ma come sono andati i mercati in questi primi nove mesi ? I sei indici evidenziati nel grafico (tre azionari e tre
obbligazionari) ci dicono cosa è successo.
Msci AC World Index
Euro Stoxx 50
Ftse MIB
16,95%
14,61%
15,11%
JPMorgan EMU 10+yr
JPMorgan Global Agg. Bond
Jpmorgan Embi Global
1,39%
-3,92%
-8,7%
I mercati azionari sono andati bene (colonna di sinistra), quelli obbligazionari molto meno (a destra). Eppure
gli investimenti dei clienti sono finiti sui secondi, e non sui primi, col solito tempismo indotto da chi “consiglia”
l’allocazione.
Poi dovremmo parlare dei fondi flessibili, e l’unica considerazione è che di flessibile hanno solo il nome.
Cosa quindi è davvero successo ? Da un lato, per i flessibili, si spaccia al cliente una gestione attiva, stile carta
bianca, che permetterebbe al gestore di spostarsi liberamente e senza vincoli tra la varie asset class a seconda
degli umori dei mercati; ma sappiamo che nella migliore delle ipotesi i fondi flessibili sono dei bilanciatoni, e il
solo scopo del nome è di sfuggire ai confronti col benchmark, oltre che ad applicare allegramente eventuali
commissioni di performance.
Dall’altro, per gli obbligazionari, la nuova moda sono i fondi a cedola. Visto che i titoli di stato (in vendita) non
sono appetibili in termini commissionali per le banche, mentre lo sono per i propri portafogli (in acquisto), si
offre al cliente il succedaneo a questi, ovvero i fondi obbligazionari che promettono di riconoscere interessi a
cadenze regolari. Saranno però effettivi ratei maturati oppure, al contrario, rimborsi di quota parte del capitale
investito, soprattutto quando i mercati non vanno bene ?
Passa il tempo ma i vecchi vizi sono duri a morire: timing pessimo negli investimenti e vendita di strumenti
panacea che, come tali, non “curano” nulla. Colpa dei clienti ? Affatto: come sempre il difetto sta nel manico.
Numero 18 del 15 novembre 2013
Marcello Agnello