Studi neuroscientifici sull'arte
Alessandra Calcinotto, Marco Ivaldi
ANNO EDIZIONE: 2016
GENERE: Libro
ISBN: 9788860284518
PAGINE: 134
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pagine da manuale tecnico del pilates terza edizione.pdf
Studi neuroscientifici sull'arte_ estratto capitoli
1. Dai neuroni specchio
alla neuroestetica
Nel corso del primo capitolo, si farà riferimento alla
scoperta, in ambito neuroscientifico, del sistema
specchio; attraverso una panoramica riassuntiva, dal
punto di vista neuro-anatomico, sarà possibile de-
scrivere le principali aree cerebrali che afferiscono a
questa precisa tipologia di neuroni e le svariate fun-
zioni che gli stessi acquisiscono a livello cerebrale.
Ai risultati approfonditi dall’attuale storia dell’arte,
saranno associati concetti determinanti, quali i prin-
cipi alla base dell’esperienza estetica, la fisiologia
delle emozioni, la simulazione incarnata e l’empatia,
affrontata in un’ottica filosofica e neuroscientifica.
C A P I T O L O 1
2. CAPITOLO1
26
STUDI NEUROSCIENTIFICI SULL’ARTE
1.1 Il primo sguardo della ricerca relativo ai neu-
roni specchio
I neuroni specchio (mirror neurons) sono un gruppo di neu-
roni, identificati nella corteccia premotoria, in grado di atti-
varsi sia quando un gesto viene eseguito in prima persona,
in maniera intenzionale, sia durante la semplice osservazio-
ne della stessa azione, eseguita da una terza persona (Gal-
lese et al., 1996).
Gli studi che hanno portato alla scoperta del sistema spec-
chio, condotti originariamente sui macachi nel 1996 all’Uni-
versità di Parma dal neuroscienziato italiano Giacomo Riz-
zolatti e dai suoi colleghi, hanno riscontrato come i primati
fossero predisposti ad osservare e ad imitare le stesse azio-
ni eseguite dai ricercatori.
Uno dei protocolli sperimentali più rilevanti in questo parti-
colare ambito di studio, è stato organizzato in modo tale da
permettere alla scimmia di osservare il ricercatore intento
ad afferrare una mela per poi addentarla; la semplice osser-
vazione dell’azione ha fatto emergere, attraverso i risultati
derivati dalla stimolazione magnetica della corteccia mo-
toria, un incremento dei potenziali evocati motori (MEP),
sia in corrispondenza della corteccia premotoria che del
lobo parietale (Fogassi et al., 2005). Per quanto riguarda il
cervello umano, le fasi successive della ricerca hanno evi-
denziato, nel corso dell’osservazione di un’azione esegui-
ta da una terza persona, l’attivazione omologa delle stesse
aree cerebrali analizzate nei primati (Rizzolatti, Craighero,
2004) (figura 1).
3. Basi neurofisiologiche
e natura fisica
dell’arte performativa
Il presente capitolo intende rendere partecipe il
lettore di una scena dominata dall’arte performa-
tiva che trova sostegno in alcune tra le più recenti
ricerche neuroscientifiche, orientate allo studio del-
le funzionalità dei neuroni specchio. Sarà pertanto
necessario sviscerare il legame che si instaura tra
il performer e lo spettatore, il pubblico al quale si
rivolge, affrontando il concetto della classificazione
degli spazi per poi allacciarsi alle teorie della deco-
dificazione imitativa e dell’impressione emotiva. Tra
le successive pagine, affiorerà l’inestricabile nodo
che ha sempre vincolato il mondo delle sette arti li-
berali a quello della ricerca.
C A P I T O L O 2
4. CAPITOLO2
48
STUDI NEUROSCIENTIFICI SULL’ARTE
2.1 La rottura della quarta parete ed il teatro
sperimentale
Con il concetto di rottura della quarta parete, si intende la
rimozione di quel muro astratto ed immaginario che divide il
vero e, più precisamente, lo spettatore, con il proprio bagaglio
d’esperienze, isolato e protetto in uno spazio concreto e
predefinito della struttura teatrale (ad esempio la galleria
o la platea), dallo spazio fisico della recitazione ovvero il
palcoscenico, in cui gli attori interpretano le rispettive parti.
Questa suddivisione ha lungamente stabilito il netto confine
tra il pubblico e gli attori, separandoli con una distanza fisica
ben percepibile e standardizzata. L’idea di infrangere la quarta
parete ha origine nella commedia latina, in particolar modo in
Plauto, il quale ipotizzò una particolare tecnica stilistica, ripresa
anche da Terenzio.
In quest’ambito, risulta quantomai appropriato ricordare
l’evento accaduto nel teatro romano di Neapolis (I secolo a.C.),
circostanza nella quale Nerone propose al popolo una propria
ode. Durante l’interpretazione, un violento terremoto fece
crollareleparetidipietradellastruttura,spingendol’imperatore
ad obbligare le persone a rimanere per assistere all’opera fino
alla fine. Parafrasando l’evento, l’egocentrismo e il dispotismo di
Nerone hanno permesso alla propria interpretazione di elevarsi
oltre gli schemi, annientando fisicamente il ruolo del pubblico e
dell’attore, in nome degli dei e dell’arte.
Ripercorrendo le tappe della rottura della quarta parete, è
opportuno ricordare alcune delle frasi riportate dal filosofo e
scrittore francese, Denis Diderot, nell’opera Discours de la poésie
dramatique (maggio 1758): “La peinture théâtrale s’interdira
beaucoup de choses, que la peinture ordinaire se permet” (trad.
“la vernice teatrale vieta molte cose che la vernice ordinaria
invece permette”).
5. C A P I T O L O 3
Le neuroscienze
correlate alla danza
Il terzo capitolo è finalizzato ad esplorare la relazione
che intercorre tra la percezione e l’azione, dal punto di
vista della ricerca neuroscientifica; con questo obietti-
vo preponderante, sarà possibile indagare i meccani-
smi cerebrali deputati all’elaborazione dell’esperienza
estetica, all’improvvisazione nella danza e all’empatia
tra partners di danza. Nell’approfondire i fenomeni pre-
cedenti, sarà possibile riscontrare i risultati in merito
alla correlazione tra l’improvvisazione e la creatività,
ottenuti da recenti studi che hanno fatto ricorso all’elet-
troencefalografia.
In questo capitolo, si farà leva sull’idea di come il mo-
vimento e l’espressione corporea siano in grado di cor-
roborare le relazioni interpersonali, attraverso lo scam-
bio di emozioni.
6. CAPITOLO3
76
STUDI NEUROSCIENTIFICI SULL’ARTE
3.1 Relazione tra percezione ed azione
a livello cerebrale
Lostudiodellaperformancenelladanzaedell’esperienzaemotiva
sviluppata dagli spettatori, ha catalizzato a lungo l’interesse
degli stessi ballerini, così� come dei coreografi; recentemente,
quest’ambito è stato in grado di attirare l’attenzione anche di
psicologi e neuroscienziati. In letteratura, risulta pertanto assai
dibattuta la relazione che intercorre tra l’azione e la percezione,
identificando l’associazione tra quanto viene osservato e le
emozioni che vi è possibile ricollegare.
Questo legame rappresenta dunque uno dei più importanti
collegamenti tra questi mondi così� apparentemente distanti:
la danza e la neuroscienze. In merito all’arte della danza, gli
scienziati si sono posti un’interessante questione, concernente
la correlazione tra l’osservazione di un determinato movimento
o di una sequenza di movimenti ed il riflesso sulla percezione
dell’osservatore.Lascopertadeineuronispecchiohapermessodi
far luce sulla maggior parte delle caratteristiche che identificano
la correlazione tra l’azione osservata e la percezione individuale
delsoggettochela osserva;tuttavia,moltepliciquestionirestano
ancora irrisolte: come l’osservazione della danza, vista come una
forma d’arte, possa contribuire alla formazione dell’esperienza
e del giudizio estetico e, soprattutto, quali potrebbero essere
i meccanismi neurali coinvolti (argomento in parte affrontato
nel primo capitolo). La scienza del cervello ricopre quindi un
ruolo fondamentale nel tentativo di chiarire i processi che
compartecipano all’elaborazione dell’esperienza estetica,
conseguente all’osservazione della danza. Nell’approfondire
questo argomento, la maggior parte dei ricercatori è concorde
nell’affermare come le neuroscienze e la danza possano essere
considerate alla stregua di due vie parallele che, se integrate ed
intersecate, permettono di ottenere delle informazioni di un
certo rilievo nell’ambito della comunità scientifica, così� come in
quella artistica.
7. La percezione visiva e la
risposta neuroestetica
nelle arti figurative
Il quarto capitolo è senza dubbio il capitolo maggior-
mente rappresentativo del percorso comune che asso-
cia il mondo delle arti figurative a quello delle neuro-
scienze. Il concetto di neuroestetica nasce dalla fusione
tra le scoperte della ricerca scientifica, condotte sui
meccanismi identificativi della formazione del giudi-
zio estetico e le basi neurali che lo contraddistinguono
e l’insieme delle tracce visibili lasciate dall’artista: le
pennellate che lasciano trasparire espressioni d’aliena-
zione o compiacimento, le increspature sull’argilla che
traducono posture nodose o armoniose, il segno grafico
statico e i graffi dell’arte astratta.
C A P I T O L O 4
8. CAPITOLO4
92
STUDI NEUROSCIENTIFICI SULL’ARTE
4.1 Arte astratta ed attivazione motoria corticale
Le ricerche effettuate in merito al ruolo che il sistema motorio
ricopre nella percezione delle arti figurative, hanno riscontrato
delle sorprendenti evidenze scientifiche, le quali hanno riscosso
l’interesse da parte di una rilevante fetta della stessa comunità;
per quanto questo campo necessiti di ulteriori approfondimenti,
è possibile sostenere come sussista una relazione inscindibile
tra neuroestetica ed arti visive. L’essere umano dispone di una
visione multimodale, estremamente variegata ed adattabile,
che deriva dall’attivazione complementare delle aree cerebrali
motorie, somatosensoriali e viscero-motorie (Umiltà et al,
2012). Alcune ricerche hanno analizzato, mediante il ricorso
all’elettroencefalografia (EEG), l’attivazione cerebrale a
livello delle regioni corticali di alcuni volontari sottoposti
all’osservazione di immagini statiche, ad alta risoluzione,
raffiguranti le opere d’arte astratta di Lucio Fontana (Lucio
Fontana, Concetto spaziale ‘Attesa’, 1960, Tate Gallery di Londra)
(figura 19) e di Jackson Pollock (Number 14: Gray, 1948,
conservato nella Yale University Gallery) (figura 20).
Figura 19
Concetto spaziale ‘Attesa’
(1960) è un’opera di
Lucio Fontana, utilizzata
nell’ambito delle ricerche
incentrate sullo studio
dell’attività elettrocorticale
correlata all’arte astratta.
9. Aspetti neuroscientifici
legati al ritmo
e al beat musicale
Il quinto capitolo è incentrato sull’analisi della lettera-
tura scientifica avente come oggetto di studio la sincro-
nizzazione senso-motoria, legata al beat musicale e l’in-
fluenzadiquest’ultimosulmovimentoumano.Numerose
ricerche hanno cercato di individuare dei precisi pattern
d’attivazione elettrocorticale associati alla coordinazio-
ne motoria, durante l’ascolto di un ritmo musicale. Nel
tentativo di sviluppare nuove teorie in merito, l’utilizzo
dell’elettroencefalografia si è rivelata indubbiamente ef-
ficace e ha permesso di scoprire come alcuni parametri
del segnale EEG si stabilizzino in corrispondenza delle
aree corticali motorie e somato-sensoriali. Il recluta-
mento significativo di alcune regioni motorie del cer-
vello (la corteccia prefrontale, l’area 44 di Broadmann),
correlato alla percezione del beat musicale, ha ottenuto,
da parte delle ricerche più recenti, risultati concordanti.
C A P I T O L O 5
10. CAPITOLO5
112
STUDI NEUROSCIENTIFICI SULL’ARTE
5.1 Sincronizzazione sensomotoria al beat musica-
le e attività elettrocorticale associata
La sincronizzazione dei movimenti con stimoli ritmici, necessita
di una complessa combinazione tra processi neurali sia
sensoriali che motori (London, 2004); questo fenomeno risulta
essere un sottofondo insito nell’uomo, poiché in quest’ultimo
vige la capacità innata e spontanea di percepire una determinata
periodicità all’interno di una sequenza di suoni. Attraverso
una sequenza ritmica, contraddistinta da una determinata
periodicità (caratteristica fondamentale del beat musicale),
è possibile attribuire un ordine sistematico ed una scansione
ben precisa ai movimenti del corpo: uno degli aspetti più
interessanti in merito alla percezione del beat è, per l’appunto,
questa forte associazione con il movimento (Phillips et al.,
2010). � possibile dunque asserire come la musica sia capace di
fondersi spontaneamente al movimento umano ed influenzarne
l’esecuzione e l’organizzazione.
Molteplici ricerche, basate sulle teniche di neuroimmagine,
hanno riscontrato un’attivazione significativa delle aree motorie
corticali, durante l’ascolto di alcune sequenze ritmiche (Grahn,
Brett, 2007). Tuttavia, risulta ancora poco chiaro come differenti
aree cerebrali riescano a coordinare la propria attivazione
durante la sincronizzazione sensomotoria. Una delle teoria
più diffuse sull’argomento, ipotizza come la sincronizzazione
sensomotoria faccia riferimento ad un’alternanza dinamica e
continua tra oscillazioni sensoriali e motorie (Beek et al., 2002).
Questa ipotesi è in linea con la convinzione che la percezione
del beat sia rappresentata nel cervello umano alla stregua di
una forma predittiva dinamica o di un’elaborazione temporale
che trascina e coinvolge l’attenzione dell’ascoltatore verso una
modulazioneperiodicabenprecisa,assimilabileadunafunzione
del tempo (Jones, Boltz, 1989). La percezione della periodicità
nella musica, fa leva sulla risonanza. Recentemente l’utilizzo
dell’elettroencefalografia (EEG) ha permesso di esplorare
con maggior incisività le dinamiche neurali che riguardano la
percezione del beat musicale.
11. Neuroscienze ed arte:
possibili risvolti in futuro
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Per quanto in letteratura sussistano molteplici esempi di
come le neuroscienze contemplino correlazioni con il mon-
do delle sette arti liberali, allo stato attuale non è ancora
possibile reperire una figura professionale, incentrata
esclusivamente su questo ambito di studio. L’evoluzione nel
tempo delle arti performative, così come il forte interesse
riversato nel parallelismo che, da sempre, lega l’arte alla
scienza, potrebbe giustificare l’inserimento di questa nuo-
va disciplina. La possibile scoperta per un ballerino degli
incredibili risvolti a livello neurale, determinati dai propri
movimenti, gesti, passi e tecniche, realizzati attraverso la
danza, potrebbero arricchirne la professionalità, amplian-
done gli orizzonti interpretativi ed aumentandone la con-
sapevolezza. Allo stesso modo, la densità dei colori, la scel-
ta cromatica e dei soggetti, le linee, i contorni, le gradazioni
contenute in un ritratto, potrebbero essere alla base di una
precisa attivazione neurale, circoscritta a determinate aree
cerebrali, in un fenomeno tutt’altro che casuale.
12. CAPITOLO6
122
STUDI NEUROSCIENTIFICI SULL’ARTE
L’intento comune di proseguire nello studio concernente
il sistema specchio e le varie funzioni che questo riveste
nell’ambito neuroscientifico, sociale e culturale dell’uomo, ha
portatoallosviluppodiun’ingentequantitàdispuntietematiche
che necessitano ulteriori approfondimenti. La scoperta di
questo gruppo di neuroni, pur essendo notevolmente recente,
ha generato un nuovo modello razionale, condiviso e supportato
dalla comunità scientifica, relativo alla possibilità di considerare
mondi ritenuti così� agli antipodi, come inaspettatamente simili
e complementari l’uno all’altro: le neuroscienze e l’arte. La netta
separazione dei ruoli tra la figura del neuroscienziato e quella
dell’artista non dovrebbe più rappresentare un necessario
vincolo, ma essere anzi progressivamente attenuata per riuscire
ad affermarsi sull’orizzonte culturale e dell’innovazione.
Nel corso dell’ultimo decennio, la ricerca ha messo in risalto
un’ennesima ricca gamma di correlazioni tra il mondo delle
neuroscienze ed il fronte artistico. L’attenzione degli studiosi
ha sviscerato minuziosamente i dettagli di questo particolare
legame: ne sono la riprova le osservazioni formulate in merito
alle patologie neuropsichiatriche e la tecnica stilistica, la scelta
dei soggetti e dei colori che contraddistinguono i più famosi
artisti (il caso di Vincent Van Gogh e della sua ossessione per il
colore giallo, accostata ai disturbi psichici della sfera relazionale,
affettiva e comportamentale, oppure dei soggetti mostruosi e
grotteschi che costellano le opere di Francisco Goya, affetto da
encefalopatia).
Altri esempi di come le neuroscienze riescano ad intrecciarsi
all’arte, possono essere evidenziati nell’ambito della fotografia
e, nella fattispecie, nell’analisi dei meccanismi cerebrali deputati
all’elaborazione delle illusioni ottiche. In campo fotografico,
numerosi artisti, come Elena Dorfman e David Hockney, hanno
cercato di accostare alle neuroscienze la cosiddetta ambiguità
artistica ovvero la capacità di un’immagine di risultare
emotivamente coinvolgente agli occhi di chi la guarda.
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