Pagine da Giornale Italiano di Psicologia dello Sport, n° 1-2
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pagine da manuale tecnico del pilates terza edizione.pdf
Pagine da gips
1. STRUMENTI
GIORNALE ITALIANO
STRUMENTI
DI PSICOLOGIA DELLO SPORT
N UOVE SCALE PER LA MISURA DELLE CONVINZIONI DI EFFICACIA
PERSONALE E COLLETTIVA NELLO SPORT
Jessica Militello
Patrizia Steca
Università degli Studi di Milano –
Bicocca, Facoltà di Psicologia
RIASSUNTO
Scopo del presente contributo è quello di
presentare quattro nuove scale sviluppate per
valutare l’efficacia percepita personale e collettiva
nel basket e nel calcio. Le nuove scale sono state
sviluppate seguendo le linee guida sviluppate da
Bandura, a partire da interviste con atleti
professionisti e allenatori. Sia le scale di efficacia
personale che quelle di efficacia collettiva misurano
differenti dimensioni, che spaziano dal possesso
delle abilità tecniche alla gestione delle emozioni e
delle relazioni con i compagni e l’allenatore. Ai fini
del presente contributo, 381 giocatori di basket e
176 calciatori, appartenenti a squadre di diverse
categorie, hanno compilato le nuove scale. Per tutte
le dimensioni da esse misurate è stato esaminato
il ruolo dell’età, dell’anzianità di gioco, della durata
di appartenenza alla squadra e della categoria.
Le nuove scale hanno mostrano una buona capacità
di discriminare atleti caratterizzati da diversi livelli
di efficacia percepita e possono essere utilizzate
per elaborare profili relativi a punti di forza e
di debolezza percepiti e riportati dagli atleti.
La loro applicazione può risultare molto utile
inprogrammi di allenamento personalizzati, finalizzati
a promuovere il miglioramento della prestazione
e il benessere dell’atleta.
PAROLE CHIAVE
Efficacia personale percepita; efficacia collettiva
percepita; basket; calcio.
ABSTRACT
The present study aims to present four new scales
measuring self- and collective efficacy beliefs of
basket and soccer players. The new scales have
been developed following Bandura’s guidelines,
mainly using materials collected through interviews
with players and coaches. The scales assess
various dimensions of self- and collective efficacy
beliefs, ranging from the management of technical
abilities to the regulation of emotions and the
management of interpersonal relationships with
team mates and coach. The new scales were
administered to 381 basket players and 176 soccer
players, belonging to teams of different categories.
The role of age, seniority, seniority in the actual
team and category in influencing both self- and
collective efficacy beliefs has been explored. The
new scale showed a good discriminative capacity
and they may be fruitfully used in order to create
individual profiles of strengths and weaknesses,
perceived and reported by the athletes. Their
application may be very useful in implementing
training programs highly personalized and aimed to
promote athletes high performance and well-being.
KEY WORDS
Self-efficacy beliefs; collective efficacy beliefs;
basket; soccer.
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Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 1 – 2008
INTRODUZIONE
Bandura (1995; 1997) definisce l’autoefficacia percepita come l’insieme delle convinzioni relative alle proprie capacità di organizzare
ed eseguire le sequenze di azioni necessarie
per produrre determinati risultati in domini
specifici. Numerosi studi testimoniano i
“vantaggi” dell’autoefficacia, soprattutto nei
contesti in cui la prestazione è di centrale
importanza (si veda Bandura, 1997 per una
rassegna): chi possiede elevate convinzioni
di efficacia personale, s’impegna in compiti
difficili nei quali può mettere alla prova e
mostrare le sue capacità, ha aspirazioni ed
obiettivi ambiziosi, non desiste di fronte alle
difficoltà ma intensifica lo sforzo e sfrutta al
meglio le proprie risorse.
Chi, al contrario, ha uno scarso senso di
autoefficacia, si ritira di fronte a compiti difficili o vi mette uno scarso impegno, ha basse
aspirazioni, in caso di difficoltà o fallimenti si
riprende lentamente ed è soggetto a sconforto e disagio emotivo.
In ambito sportivo, le convinzioni degli atleti
relative alla propria efficacia rivestono un
ruolo centrale, sia nella fase di gara, dove
promuovono la scelta ottimale delle strategie, regolando il grado di sforzo e favorendo
la coordinazione nell’esecuzione delle attività, sia nella fase preparatoria e di allenamento, in quanto sostegno essenziale nella
costruzione e nel consolidamento di un elevato livello di prestazione (Bandura, 1997;
Caprara, 1996; Caprara e Pastorelli, 2002).
Vari sono i meccanismi attraverso i quali le
convinzioni di autoefficacia influenzano positivamente l’autoregolazione e il successo
dell’atleta (Bandura, 1997; Feltz e Lirgg,
2001; Feltz, Short, e Sullivan, 2007; Moritz,
Feltz, Fahrbach, e Mach, 2000). Elevate convinzioni di autoefficacia favoriscono la scelta
di obiettivi stimolanti e sostengono l’impegno e lo sforzo anche quando i successi non
si raggiungono facilmente o i fallimenti
minacciano pericolosamente le aspettative
di riuscita. Gli atleti più sicuri della propria
efficacia mostrano una maggiore capacità di
concentrazione, soprattutto attraverso il controllo di pensieri intrusivi e una gestione adeguata dei fattori di stress; tendono ad accettare maggiormente i rischi della competizione, mostrandosi pronti anche a fronteggiare
gli inevitabili momenti di crisi. Elevate convinzioni di autoefficacia, inoltre, favoriscono
la tolleranza alla fatica e il controllo del dolore, così come un più rapido recupero dagli
2. GIORNALE ITALIANO
RICERCHE
DI PSICOLOGIA DELLO SPORT
A SPETTI PSICOLOGICI DEL TIFO ULTRÀ: APPARTENENZA
E VIOLENZA IN DUE GRUPPI PALERMITANI
Cinzia Novara
Gioachino Lavanco
Università degli Studi di Palermo,
Facoltà di Scienze della Formazione
INTRODUZIONE
RIASSUNTO
Lo studio è finalizzato a comprendere
l’atteggiamento di due gruppi del tifo palermitano
(38 Warriors e 26 Brigate Rosa Nero), nei
confronti della violenza calcistica ed il legame
di appartenenza in quanto gruppi ultras. La ricerca
consiste di una parte quantitativa e di una
qualitativa. Per la prima è stato impiegato
un questionario a risposte chiuse delle quali sono
state calcolate le percentuali di risposta da parte
delle due tifoserie. Per la seconda sono state
utilizzate domande aperte per comprendere
la percezione della fan violence da parte
degli intervistati. Per entrambi i gruppi, l’interazione
tra i tesserati ai rispettivi club risulta importante
anche al di fuori dell’evento calcistico. La violenza
viene principalmente motivata, nel campione,
quale risposta alle provocazioni avversarie,
provocazioni che possono anche non dipendere
dalla competizione sportiva. Si evince, inoltre,
una percezione della violenza come “inevitabile”
specialmente quando c’è da difendere i colori
della squadra, l’onore della città e della maglia.
PAROLE CHIAVE
Violenza calcistica; psicologia di comunità;
dinamiche sociali.
ABSTRACT
The study aims to understand the attitude of the two
groups of gaming Palermo (38 Warriors, 26 Brigate
Rosa Nero), against football violence and the bond
of belonging as ultras groups. The research includes
a quantitative and a qualitative part. For the first part
it has been used a questionnaire which closed
answers and were calculated response rates by the
two groups. For the second part it has been used
open-ended questions to understand the perception
of fan violence. For both groups, the interaction of
ingroup is important even outside the football field.
Violence is mainly motivated, in the sample, as a
response to provocations rivals, provocations that
may not depend from sports competition. It follows
also a perception of violence as “inevitable”
especially when there is to defend the colours of
the team, the honour of the city and the mesh.
KEY WORDS
Fan violence; community psychology;
social dynamics.
Elias e Dunning (1989), riprendendo la teoria
aristotelica, considerano l’esperienza sportiva
come una sfera emetica nella quale possono
essere trasferite quelle tensioni, quella alternanza di stati emotivi che risulterebbero
sconvolgenti e pericolosi se vissuti nella vita
reale; è in questo clima del laissez faire che
atleti e tifosi si lascerebbero trasportare da
emozioni che nel tempo “ordinario” sarebbero altrimenti represse. In luogo di una teoria
siffatta, che potremmo definire catartica, in
quanto codifica il tifo come un agire “straordinario” e precipitato di un quotidiano amaro
e ricco di tensioni, proponiamo una lettura
situazionale del tifo, sia esso violento o non.
La teoria di Lewin (1972) legge qualsiasi comportamento o mutamento in un campo psicologico come dipendente dalla particolare
configurazione del campo stesso in quel dato
momento. Il campo di cui parla Lewin è un
sistema dinamico, un sistema di forze interdipendenti e contestualmente definite. Così,
fattori interni e fattori esterni al soggetto contribuiscono ad influenzarne il comportamento. Utilizzando la teoria lewiniana possiamo
comprendere meglio le caratteristiche psicologiche dell’esperienza sportiva, che risulta
dall’interdipendenza tra fattori psicologi –
intrinseci – e fattori sociali – estrinseci – che
finiscono, però, per ricadere nel mondo psichico del soggetto. Ciò consente di approfondire la conoscenza di quelle forze che
entrano in gioco nel determinare gli umori e i
comportamenti degli ultras, le cui motivazioni vanno ricercate al di là della dimensione
individuale.
Anche l’ambiente reale e fisico sembra indirizzare il comportamento delle persone
verso determinate forme espressive. Barker
(1987) individuò l’esistenza di setting comportamentali, unità sovraindividuali che
danno omogeneità e regolarità ai comportamenti delle persone. Si può pertanto supporre che il setting “stadio” induca i tifosi ad
assumere atteggiamenti specifici di quella
situazione. Similare è il modello assunto
dalla teoria di Dal Lago (2001), il quale ritiene
che i diversi settori all’interno dello stadio
spingano e autorizzino a comportamenti prescrittivi di ruoli. Così avremo il tifoso di tribuna (spesso una persona distinta e benestante) che manifesterà il proprio dissenso in
maniera più o meno garbata, i sostenitori
presenti in gradinata che saranno più inclini
ad assumere comportamenti di intemperan-
Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 1 – 2008
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3. RICERCHE
GIORNALE ITALIANO
RICERCHE
DI PSICOLOGIA DELLO SPORT
N UOVE SCALE PER LA MISURA DELLE CONVINZIONI DI EFFICACIA
PERSONALE E COLLETTIVA NELLO SPORT
Anna Maria Roncoroni
Sara Peruselli
Università degli Studi di Pavia,
Dipartimento di Psicologia
RIASSUNTO
L’attività sportiva riveste un ruolo importante per i giovani in quanto contribuisce allo sviluppo armonico
dell’individuo in termini di benessere psico-fisico, sociale e relazionale, oltre a rappresentare un’esperienza
formativa importante. Il ruolo dell’allenatore, figura importante che funge da guida del gruppo, gestendone
le relazioni, educando, fungendo da modello, serve per comprendere il funzionamento della squadra in
termini di motivazione e prestazione. Il Modello Multidimensionale di Chelladurai consente di esaminare
l’efficacia della leadership in contesti sportivi considerando l’interazione e l’interdipendenza di leader/
squadra/ambiente, misurabile attraverso la Leadership Scale for Sports (LSS). L’obiettivo di questa ricerca
è di analizzare, attraverso l’utilizzo della LSS, le caratteristiche della leadership in 111 calciatori e
19 calciatrici di età comparsa tra i 12 ed i 20 anni ed i rispettivi allenatori, analizzando le differenze
di età e genere. I dati sono stati analizzati attraverso il test di Mann-Whitney per confrontare le tre scale
somministrate ed il test di Kruskal-Wallis per analizzare le differenze di sesso ed età. Inoltre il test di
Wilcoxon ha consentito di confrontare la scala dell’allenatore ideale con quella della percezione che
gli atleti hanno del proprio attuale allenatore. L’allenatore è visto come meno propenso a dare istruzioni,
meno supportivo e fornirebbe meno feedback positivi. Dai dati sembra che l’allenatore ideale debba dare
meno istruzioni e direttive rispetto a quanto dice di fare l’allenatore attuale, ma dovrebbe darne di più
rispetto a quanto è invece percepito dai ragazzi. Per spiegare questi risultati si ipotizza l’esistenza di una
difficoltà a livello comunicativo.
PAROLE CHIAVE
Leadership in contesti sportivi; relazione coach-atleti; LSS; squadre di calcio.
ABSTRACT
Sportive activity assumes an important role for young people since it contributes to the harmonic
development of individuals and to their well-being in terms of psycho-physical, social and relational
well-being and it is also fundamental as a formative experience. The role of the coach, who represents
the guide of the team, consists in managing relations, educating, being a model and his role is also
important in order to understand how the team works in terms of motivation and performance.
The Chelladurai’s Multidimensional Model allows to examine the effectiveness of leadership functioning
in sportive contexts by considering interaction and interdependence of leader/team/context, which can
be evaluated by using the Leadership Scale for Sports (LSS). The aim of this research regards the analysis of leadership characteristics in 130 soccer players (111 males and 19 females) aging from 12 to 20,
and their respective coaches, by analyzing age and gender differences. Data were analyzed with the
Mann-Whitney test which was used to compare the 3 scale administered and the Kruskal-Wallis test
was used to analyze the differences in age and sex. Moreover we used the Wilcoxon test to allow
the comparison between the scale which refers to the ideal coach with the one of the actual coach.
The coach is perceived to be less instructive, supportive and he encourages less their athletes by giving
positive feedback. The ideal coach seems to give less information and instructions than the coach say
to do, but he might give more of them as the athletes say. In order to explain this results we hypothesize
the presence of some difficulties in communication.
KEY WORDS
Leadership in sport contexts; coach-athlete relation; LSS; soccer teams.
INTRODUZIONE ED OBIETTIVI
La leadership è quel processo attraverso il quale è possibile influenzare individui e gruppi nel
raggiungimento di obiettivi (Barrow, 1977). Nel caso di squadre sportive, intese come sistemi dinamici di relazioni, gli obiettivi di squadra sono perseguibili attraverso continue interazioni tra i membri e con l’allenatore che cerca di incrementare le abilità dei singoli guidando gli
atleti attraverso allenamenti che si configurano come training non solo fisici, ma anche tecnici, tattici e psicologici (Bompa, 1983; Martens, 1987).
Studiare i processi di leadership in contesti sportivi diviene dunque importante in quanto permette di comprendere molti degli aspetti che riguardano la performance sportiva (Chelladurai
e Saleh, 1980). Inoltre dagli studi in letteratura emerge come oltre alle interazioni tra leader e
coloro che lo seguono (Tannenbaum, Weschler, e Massarik, 1961), ossia rispettivamente il
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Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 1 – 2008
4. GIORNALE ITALIANO
RICERCHE
DI PSICOLOGIA DELLO SPORT
L E DINAMICHE DI GRUPPO E LE CONVINZIONI DI EFFICACIA
IN DUE DIFFERENTI DISCIPLINE SPORTIVE
Francesca Castellini
Dario Monzani
Andrea Greco
Università degli Studi di Milano Bicocca
INTRODUZIONE
RIASSUNTO
Lo studio delle dinamiche di gruppo nella psicologia
dello sport si è generalmente occupato delle
discipline di squadra. Il presente contributo indaga
la coesione di gruppo e le convinzioni di efficacia
collettiva e personale in due differenti discipline
sportive: il basket, tipico sport di squadra, e l’atletica
leggera, tipico sport individuale. Rispetto alle
dimensioni indagate è stato esplorato il ruolo di età,
sesso, anzianità agonistica, categoria (nel basket)
e specialità (nell’atletica). Alla ricerca hanno
partecipato 292 soggetti, 131 atleti di differenti
specialità e 161 giocatori di basket di diverse
categorie, a cui sono stati somministrati questionari
finalizzati a valutare l’efficacia percepita personale
e collettiva e il GEQ per la misura della coesione;
le scale di efficacia personale e collettiva, di nuova
costruzione, indagano numerose dimensioni che
vanno dalla gestione delle emozioni alla relazione
col gruppo e l’allenatore. I risultati mostrano livelli
più alti di integrazione sociale tra giocatori ed atleti
più giovani, e una maggiore coesione nelle femmine
di entrambi gli sport; le convinzioni di efficacia
collettiva risultano maggiori nelle squadre di
pallacanestro che giocano nelle più alte serie
del campionato; inoltre, per gli atleti si sono rilevati
alti livelli di aggregazione sociale, più bassi per
i giocatori di pallacanestro.
PAROLE CHIAVE
Efficacia personale; efficacia collettiva;
coesione di squadra.
ABSTRACT
TIn sport psychology, the study of group dynamics
has been generally focused on team disciplines. The
present study explores group cohesion and self and
collective efficacy beliefs, in two sports: basketball,
a typical team sport, and athletics, a typical individual
sport. The role of several variables, such as age, sex,
agonistic seniority, category (for basketball) and
specializations (for athletics) has been investigated.
The research involved 292 individuals: 131 athletes
of several specializations and 161 basketball players
of several categories, which has been asked to fill
in various questionnaires in order to measure self and
collective efficacy beliefs and the GEQ for measuring
cohesion. The individual and collective efficacy scales
are new and assess several dimensions, from
emotions regulation to relationship within the group
and with the coach. Results show higher levels of
social integration in young basketball player and
athletes, and a higher cohesion in females of both
sports. Moreover, collective efficacy beliefs are higher
in basketball teams which play in high leagues,
and social attraction is higher for athletes than
for basketball players.
KEY WORDS
Self-efficacy beliefs ; collective efficacy beliefs;
group cohesion.
L’atletica leggera è un tipico sport individuale
nel quale l’atleta agisce da solo, contro uno o
più avversari: è, inoltre, uno sport fianco a
fianco e “indipendente” a causa della mancanza di attività coordinata tra i singoli atleti.
Al contrario, la pallacanestro, è un tipico sport
di squadra, dove l’atleta agisce contro la
squadra avversaria, in quanto membro di un
gruppo; è uno sport faccia a faccia e dipendente-interattivo a causa della forte cooperazione che si instaura tra i giocatori: per questi
motivi rientra tra gli sport definiti “gioco”, cioè
sport che si pratica con infinite variazioni possibili, dettate dalle specifiche situazioni, entro
le regole proprie di ogni attività (Tassi, 1993).
La differenziazione tra sport individuali e sport
di squadra si basa principalmente sul momento della gara e della competizione; gli
allenamenti, invece, si svolgono solitamente
in gruppo in entrambe le tipologie di sport. Il
“gruppo”, quindi, esiste anche negli sport
individuali, nonostante la responsabilità del
risultato raggiunto in gara appartenga al singolo atleta, che gareggia comunque in nome
di una squadra o società sportiva di cui fa
parte. Il gruppo è quindi un importante
“comune denominatore” di entrambe le tipologie di sport, benché scarsamente considerato negli sport individuali.
Zelli (2002) distingue i gruppi in “non sociali”
e “sociali”. Nel primo caso si riferisce ad un
insieme di persone che stanno nello stesso
posto nello stesso momento, ma che non
comunicano tra loro; il gruppo sociale è, invece, l’insieme di due o più persone che interagiscono tra loro e sono interdipendenti: i loro
bisogni e i loro scopi, infatti, fanno sì che
siano dipendenti l’uno dall’altro durante la
gara e nel raggiungimento degli obiettivi.
Secondo questa distinzione i gruppi sportivi
rientrano certamente tra i gruppi sociali. Però,
a differenza di quanto accade negli sport collettivi dove i giocatori lavorano ed interagiscono sempre sia in allenamento che durante le
competizioni, negli sport individuali ogni atleta affronta la gara da solo. Per questo solo
quando ci si riferisce a gruppi di giocatori di
una stessa società si parla di “squadra” quale
“gruppo sociale orientato al compito e alla
prestazione, i cui membri sono interdipendenti e sviluppano una forte identità collettiva” (Wegner e Whilhelm, 1999, p 15).
Gruppo e squadra non sono quindi la medesima cosa: la squadra può essere considerata un particolare tipo di gruppo, o meglio
qualcosa di più di un semplice gruppo; infat-
Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 1 – 2008
23
5. GIORNALE ITALIANO
DI PSICOLOGIA DELLO SPORT
P S ICOPATOLOGIE FEMMINILI NELLO SPORT
E DIFFERENZA DI GENERE
Alessandra Parroni
Marta Corazzi
Lucia Corazza
Comitato Regionale Umbro
per il Gioco e lo Sport
RIASSUNTO
Nonostante la presenza femminile sia sempre più massiccia anche in ambiti sportivi un tempo considerati
prettamente maschili, come la boxe, il calcio, il rugby, scarseggiano ancora studi e letteratura scientifica in merito
alle differenze sessuali. L’importanza attribuita dalle atlete alla mediazione maschile nella valutazione dei propri
successi o insuccessi è rilevante nella pratica sportiva, poiché gli allenatori sono prevalentemente uomini, mentre
difficoltosi appaiono l’affidamento ad una donna ed il riconoscimento dell’autorevolezza femminile. Anche come
modelli ideali, con i quali confrontarsi nelle discipline agonistiche, vengono più spesso indicati dalle donne i
campioni del sesso opposto. Da un rapporto tutto “di genere” con il proprio corpo sessuato scaturiscono poi non
infrequenti patologie e disagi psichici, fra i quali i più evidenti sono i disturbi del comportamento alimentare,
il controllo ossessivo e l’eccessivo sfruttamento dell’efficienza fisica e della “performance”, il desiderio, talvolta
esasperato,di mantenere un “corpo da bambina” o ritornare ad una androginia preadolescenziale, tramite
la cancellazione dei cicli mestruali. Anche l’elevata statura o un particolare sviluppo della massa muscolare,
entrambe caratteristiche essenziali in sport quali, ad esempio il basket, possono indurre dismorfofobie
e problematiche di accettazione della propria immagine fisica.
PAROLE CHIAVE
Genere; Differenza sessuale; Psicopatologie femminili specifiche ed aspecifiche da sport; Dismorfofobie;
Androginia
ABSTRACT
Despite the increasingly presence of women in sport, especially in those usually practiced by male, such as
boxing, football, rugby, there are still insufficient studies and literature on sexual differences. The importance
attributed to masculine mediation in evaluating successes or failures from the athletes in competitive settings
remains significant, because coaches and trainers are mostly men. Male champions are then more often viewed
by women as ideals models. Psychical diseases and psychopathologies are not infrequent. The most
frequent are eating disorders, obsessive control, and exploitation of physical efficiency and performance, namely,
the desire to maintain a “child body” or to return to preadolescential androgyny through the control or elimination
of the menstruations. Even height or muscle development, which are important characteristics in sports such as
basket, can lead to dismorfofobie and problems of acceptance of individual physical image.
KEY WORDS
Gender; Sexual difference; Specific and aspecific psychopathologies from sport; dismorfofobie; androgyny
Con il termine “genere” (dall’inglese “gender”) si intendono le aspettative sociali e culturali riguardo all’appartenenza biologica ed anatomica
di ciascun individuo al sesso maschile o femminile. L’identità di genere è il nucleo organizzatore dell’esperienza psichica e della relazione
con il mondo esterno. Chi si occupa di psicologia sa che le dimensioni interne del femminile e del maschile sono labili e complesse, spesso fluttuanti, e non si inscrivono nel dualismo rigido della struttura biologica ed anatomica. In pari modo può comunque constatare senza
alcun dubbio una specificità nei processi di costruzione della soggettività femminile ed una differenziazione, rispetto al maschile, nel percorso di sviluppo psicologico.
Gli “studi di genere” (“gender studies”), volti a verificare le effettive differenze fra uomini e donne in vari settori, sono completamente assenti dalla ricerca psicologica internazionale sino all’inizio degli anni ottanta. Per più di un secolo le teorie psicologiche si sono basate esclusivamente sul soggetto maschile. Significativo è che Freud sia giunto a formulare una teoria dello sviluppo infantile unica per entrambi i generi,
pur essendosi basato soprattutto sull’osservazione e l’ascolto di
donne. Del resto fu il primo a parlare di “indicibilità” dell’esperienza
femminile, soprattutto per quanto ne concerne la sessualità e l’affettività, tanto che le definì “un continente oscuro”. Anche i contributi femminili al pensiero psicoanalitico, come quelli di Anna Freud, Marie
Bonaparte, Helene Deutsch, Karen Horney ed altre, riconducono
comunque la donna ad una mancanza: ella è non-uomo, definita per
negazione.
Il nostro contributo consiste in una rassegna critica degli studi inerenti la specificità dei disagi e delle psicopatologie femminili nelle discipline agonistiche. Premettiamo che riguardo alle differenze di genere e
le loro implicazioni nella psicologia dello sport, la disamina accurata
della letteratura e delle ricerche esistenti fa riscontrare una forte carenza. Lo sport è tradizionalmente un dominio maschile, ma negli ultimi
anni si sono verificati notevoli cambiamenti, includendo una sempre
più massiccia presenza femminile anche in discipline un tempo considerate prettamente maschili come la boxe, il calcio, il rugby, il ciclismo
agonistico. Cann (1991) ha identificato fra i fattori sociali che hanno
limitato la partecipazione femminile allo sport principalmente la rappresentazione estetica del corpo femminile, secondo la quale, fino agli
anni cinquanta, l’assenza di sviluppo muscolare era una caratteristica
desiderabile. Le attività motorie considerate appropriate per le donne
erano la danza, il pattinaggio artistico, il tennis e l’equitazione, poi gli
sport individuali o che comunque non implicassero contatti fisici.
Ricordiamo che la prima squadra di ginnastica preparatoria femminile
fu fondata a Torino dall’istruttore svizzero Rudolph Obermann nel
1867.
Nella prima metà del novecento iniziano le discipline olimpioniche ed
aumenta la partecipazione delle donne a sport di squadra e di contatto, mentre l’educazione fisica diviene materia scolastica anche per le
ragazze. Nel periodo fascista in Italia lo sport viene associato alla virilità, mentre le donne devono praticare attività che ne esaltino i movimenti aggraziati. Con l’accesso femminile al voto ed il diffondersi del
Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 1 – 2008
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6. ESPERIENZE
GIORNALE ITALIANO
ESPERIENZE
DI PSICOLOGIA DELLO SPORT
S FERA: UN MODELLO PER IL MIGLIORAMENTO CONTINUO
IN PSICOLOGIA DELLO SPORT
Giuseppe Vercelli
Claudia Gambarino
Unità Operativa di Psicologia
dello Sport – SUISM –
Università degli Studi di Torino
RIASSUNTO
Il modello SFERA è stato sviluppato all’interno dell’Unità
Operativa di Psicologia dello Sport – Suism di Torino,
coniugando l’esperienza e l’osservazione maturata sul campo
e la ricerca scientifica, condotta analizzando le prestazioni di
centinaia di atleti che hanno raggiunto prestazioni di alto livello.
Tale modello, volto all’ottimizzazione della prestazione ed
al miglioramento continuo, ipotizza che si possano evidenziare
cinque fattori fondamentali, sui quali agire per la strutturazione
della rappresentazione mentale dell’atleta. Le dimensioni
riassunte attraverso l’acronimo SFERA sono Sincronia, punti di
Forza, Energia, Ritmo, Attivazione. Attualmente viene utilizzato
per la preparazione mentale di alcune Federazioni Sportive,
quali per esempio la FISI (Federazione Italiana Sport Invernali)
e la FICK (Federazione Italiana Canoa Kayak). Vi è inoltre la
possibilità di esportare la metodologia propria di SFERA in altri
ambiti operativi, collegati, per esempio, alla psicologia del lavoro, alla formazione aziendale e al management. Attualmente
sono in corso protocolli di ricerca, che hanno come obiettivo
la strutturazione e validazione di strumenti di valutazione ed
analisi, al fine di una codifica scientifica dei risultati ottenuti.
Il modello SFERA è stato sviluppato all’interno dell’Unità Operativa di Psicologia
dello Sport – Suism di Torino, coniugando l’esperienza e l’osservazione maturata
sul campo e la ricerca scientifica, condotta analizzando le prestazioni di centinaia di atleti che hanno raggiunto prestazioni di alto livello.
Attraverso una ricerca intervento, si è giunti allo sviluppo di un modello italiano
di tipo complesso, multidimensionale, con l’obiettivo di sistematizzare procedure che consentano l’ottimizzazione della prestazione ed il miglioramento continuo. Tale modello, nasce dalle basi teoriche del costruttivismo e ipotizza che si
possano evidenziare cinque fattori fondamentali, sui quali agire per la strutturazione della rappresentazione mentale dell’atleta. Le dimensioni non sono indipendenti una dall’altra, bensì ogni fattore è, in modo dinamico, alla base di un
altro ed ogni fattore agisce influenzandone reciprocamente il miglioramento e il
potenziamento.
In una prima fase è stata quindi effettuata una ricerca su un campione di 102 sciatori di alto livello, che ha utilizzato i seguenti strumenti di valutazione: intervista
semi-strutturata, Big Five Questionnaire (BFQ) (Caprara, Barbaranelli, e Borgogni,
1993), Test di Banati Fischer, Test di Bender – Visual Motor Gestalt Test (Bender,
1979), Heart Rate Variability (HRV).
Dall’analisi statistica dei dati ottenuti al BFQ e dall’analisi qualitativa degli strumenti utilizzati, è stato possibile evidenziare cinque fattori correlati positivamente con una prestazione di eccellenza, che hanno così delineato un Profilo
Emotivo. Tali fattori – Motivazione – Adattamento – Stabilità Emotiva – Energia –
Autoefficacia sono stati in seguito ri-nominalizzati e riassunti nell’acronimo
SFERA. Secondo il presente modello, entrare nella SFERA della massima prestazione, significa “costruire uno stato mentale che porti alla più funzionale rappresentazione della realtà della prestazione” (Vercelli, 2006). “L’entrata” nella SFERA
è favorita dal riconoscimento di un punto di riferimento, chiamato “punto attrattore” dal quale si può iniziare il percorso.
I FATTORI DELLA SFERA
PAROLE CHIAVE
Sincronia
SFERA; miglioramento continuo; ottimizzazione prestazione
La sincronia è la capacità di essere perfettamente presenti e concentrati su ciò
che si sta facendo nel momento in cui lo si sta facendo. È puro presente, vissuto, istante per istante, in uno stato di perfetta connessione tra mente e corpo.
Un atleta è in sincronia nel momento in cui riesce a fare ed immaginare allo stesso tempo, quando riesce ad agire nel qui ed ora, senza dialogo interno rispetto
al passato (per esempio ho sbagliato) o al futuro (per esempio non devo cadere).
Inoltre, in questo particolare stato si può raggiungere una perfetta corrispondenza tra risorse interne e risorse esterne. Nel momento in cui si è in sincronia si ha
la sensazione che il corpo e la mente siano un’unica cosa e parlino lo stesso linguaggio.
La mancanza di sincronia si esprime quindi principalmente attraverso una dissociazione tra mente e corpo. Questo avviene quando la mente si allontana dal presente e viaggia verso il futuro o ritorna al passato. Esempi di questo allontanamento dal presente sono il “pensare ad altro”, focalizzarsi sul giudizio degli altri
rispetto a quello che stiamo facendo, pensare a cose fatte in precedenza o da
fare in seguito, aver paura di sbagliare, focalizzarsi sul risultato e non sull’azione.
La sincronia si può allenare in diversi modi, attraverso, per esempio, esercizi sul
proprio dialogo interno, oppure attraverso l’allenamento al mantenimento di una
maggiore consapevolezza sul qui ed ora.
ABSTRACT
The SFERA model has been developed by the Sport
Psychology Unit of the University of Turin, Faculty of Motor
Science, combining observation and practical experience
on the field and the scientific research, conducted analyzing
hundreds of athletes that have reached high-level
performances. The aims of the model are the performance
optimization and the continuous improvement, and it
hypothesizes that five fundamental factors can be found. These
factors are important for structuring the mental representation
of athletes. The dimensions summarized in the acronym SFERA
are: Synchrony, points of Strength (in italian “Forza”), Energy,
Rhythm, Activation. Currently the SFERA model is used for
the mental training of some Sport Federations, like FISI (Italian
Winter Sports Federation) and FICK (Italian Canoe Kayak
Federation). Furthermore, there is the possibility to export the
SFERA methodology in others practical contests, linked, for
example, to the work and organizational psychology, to the
business formation and the management. Actually, scientific
studies are in progress, with the aim to structuralize and
validate an evaluation and analysis tool, with the purpose
of a scientific coding of the research results
KEY WORDS
SFERA; continuous improvement; performance optimization
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Punti di forza
Sono le caratteristiche positive che si è consapevoli di possedere. In gara è infatti importante portare solo i punti di forza, per lasciare agli allenamenti successivi le aree di miglioramento. Il primo passo per poter realizzare questo obiettivo è
necessariamente saper riconoscere i propri punti di forza, saperli identificare,
esserne consapevoli e valorizzarli.
Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 1 – 2008