PMexpo 2017 - 27 ottobre 2017
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Il ruolo del project management nei progetti di cooperazione internazionale
(Cecilia Colasanti - Staff Assessorato Roma Semplice, Roma Capitale
https://www.pmexpo.it/2017/programma/020tk
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PMexpo17- Il ruolo del project management nei progetti di cooperazione internazionale - Cecilia Colasanti
1. Il ruolo del PM nei
progetti di cooperazione
internazionale
Cecilia Colasanti
Un evento organizzato da:
2. Indice
1. Istat e i progetti di cooperazione internazionale
2. Community Capacity Building
3. Il caso della cooperazione Istat in Giordania
Il ruolo del PM nei progetti di
cooperazione internazionale –
Relatore: Cecilia Colasanti
3. A partire dagli anni ’90 Istat
investe nei progetti di
cooperazione internazionale
su specifiche regioni o paesi di
interesse nazionale e
comunitario
L’approccio adottato nella gran
parte dei progetti di
cooperazione internazionale è
basato su Capacity building
Istat e i progetti di cooperazione internazionale
Il ruolo del PM nei progetti di
cooperazione internazionale –
Relatore: Cecilia Colasanti
4. Community Capacity Building (CCB)
E’ un approccio concettuale allo sviluppo personale e sociale che si
concentra sul superamento degli ostacoli che si frappongono alla
realizzazione degli obiettivi di sviluppo di persone, organizzazioni e
governi.
Obiettivo del CCB è rafforzare capacità, competenze e abilità di persone e
comunità nel raggiungimento di risultati misurabili e sostenibili.
Elemento chiave: sostenere i paesi in via di sviluppo senza generare una
forma di dipendenza dall’aiuto.
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Relatore: Cecilia Colasanti
5. Community Capacity Building (CCB) – un po’ di storia
Già all’inizio degli anni ’70, le Nazioni Unite, prima attraverso il UNDP
(United Nations Development Programme) e successivamente con il
UNISDR (United Nations International Strategy for Disaster Reduction),
diedero una guida ai propri operatori relativa al CCB (allora chiamato
institution building)
Il CCB era allora definito come “il processo attraverso cui persone,
organizzazioni e società stimolano e sviluppano sistematicamente le
proprie capacità nel tempo per raggiungere i propri obiettivi sociali ed
economici, investendo sul miglioramento delle proprie conoscenze,
professionalità, e del proprio ambiente sociale e culturale”.
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Relatore: Cecilia Colasanti
6. Community Capacity Building (CCB) – un po’ di storia
Durante gli anni ’90 il termine community capacity building è entrato nel
lessico comune ed è oggi incluso nei più importanti programmi di
organizzazioni internazionali (World Bank, United Nations, NGOs - Oxfam
International) che lavorano per lo sviluppo.
UNDP definisce il CCB come un processo continuo di sviluppo di lungo
termine che coinvolge tutti gli stakeholders, compresi ministri, autorità
locali, organizzazioni non governative, membri di comunità
professionali, accademici, che usa le risorse umane, scientifiche,
tecnologiche, organizzative e istituzionali dei paesi beneficiatari.
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Relatore: Cecilia Colasanti
7. Community Capacity Building (CCB)
Il CCB si può costruire a livello individuale, istituzionale e sociale.
CCB a livello individuale - richiede lo sviluppo delle condizioni che
possano consentire ai partecipanti (singoli individui) di “essere coinvolti
nel processo di apprendimento di competenze e professionalità e di
adattarsi al cambiamento”.
CCB a livello istituzionale – si riferisce al modo di operare delle
organizzazioni internazionali governative e non-governative. NON
richiede la creazione di nuove istituzioni locali, ma piuttosto la
modernizzazione delle istituzioni esistenti
CCB a livello sociale – supporta le amministrazioni pubbliche locali per
favorire un approccio di governo in cui le azioni operate siano basate sui
feedback ricevuti dalla popolazione
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8. Community Capacity Building (CCB)
UNDP pone l’attenzione sul livello istituzionale partendo dal presupposto
che le istituzioni siano il cuore dello sviluppo di un paese, e che quando
erogano migliori servizi possano significativamente contribuire al
miglioramento delle condizioni umane e sociali dei cittadini.
Nel piano strategico per lo sviluppo UNDP focalizza l’attenzione sul CCB a
livello istituzionale, formalizzando un processo in 5 passi:
1. Coinvolgimento degli stakeholders sulla capacità di sviluppo
2. Valutazione dei beni e delle capacità esistenti (as is)
3. Disegno di una strategia per lo sviluppo delle capacità
4. Realizzazione del programma di sviluppo delle capacità
5. Valutazione dell’efficacia del programma
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Relatore: Cecilia Colasanti
9. Coinvolgimento degli stakeholders
Un processo CCB efficace deve incoraggiare la partecipazione di tutte le
persone coinvolte.
Se anche i beneficiatari dell’intervento condividono la titolarità del
processo di sviluppo, si sentiranno più responsabili dei risultati raggiunti e
della loro sostenibilità.
Coinvolgere tutti gli interessati consente inoltre di lavorare in modo più
trasparente e di semplificare il processo decisionale.
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Relatore: Cecilia Colasanti
10. Valutazione dei beni e delle capacità esistenti
Valutare le condizioni prima dell’intervento, attraverso il supporto degli
stakeholders, consente di:
- dare delle priorità rispetto alle aree di intervento,
- verificare quali sono le situazioni più critiche su cui l’intervento deve
essere più incisivo,
- considerare in che modo l’approccio CCB può essere incorporato nelle
strategie di sviluppo locali, in modo che l’azione complessiva risulti
sostenibile sul lungo termine.
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11. Disegno di una strategia per lo sviluppo delle capacità
A partire dall’analisi dell’esistente, si può formulare un piano strategico
sulle azioni da intraprendere, basato su quattro aree principali:
1. Ridefinizione/modernizzazione delle istituzioni locali
Spesso l’assessment iniziale trova inefficienze nelle istituzioni locali per
mancanza di una visione strategica forte, debolezza nella gestione delle
risorse, carenza di manager preparati, scarsa comunicazione.
UNDP usualmente propone un piano di lavoro per lo sviluppo delle risorse
umane legato alle modalità di recruitment, allo sviluppo delle
professionalità, dei sistemi di monitoraggio e valutazione del lavoro,
dell’introduzione di una cultura dei valori etici.
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12. Disegno di una strategia per lo sviluppo delle capacità
2. Investimento sulla leadership
E’ un attributo delle persone o delle organizzazioni, legata al
raggiungimento degli obiettivi di sviluppo dell’organizzazione.
Una forte leadership consente maggiore flessibilità rispetto ai
cambiamenti e di influenzare i comportamenti delle persone.
Per sviluppare la leadership, i programmi di cooperazione prevedono
spesso sessioni di coaching e mentoring
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13. Disegno di una strategia per lo sviluppo delle capacità
3. Investimento sulla conoscenza
Le conoscenze sono il fondamento dello sviluppo delle capacità. Maggiori
sono gli investimenti nei programmi formativi e nei sistemi di educazione,
maggiori sono le opportunità di aumentare le proprie capacità.
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14. Disegno di una strategia per lo sviluppo delle capacità
4. Investimento sulla responsabilità
Anche in questo caso la responsabilità è legata a persone e a istituzioni.
Sapere identificare “chi fa cosa” migliora l’efficienza e diminuisce la
corruzione.
Il programma UNDP promuove sia interventi sul monitoraggio delle azioni
condotte dai vertici di una istituzione nonchè il controllo di una istituzione
sull’altra.
Il “monitoraggio ideale” sulle istituzioni è quello dei cittadini. Quando
possibile, i programmi di cooperazione incoraggiano questo modello.
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Relatore: Cecilia Colasanti
15. Realizzazione del programma di sviluppo delle capacità
Coinvolge diverse istituzioni a livello internazionale e locale.
I piani realizzativi prevedono generalmente una continua rivalutazione
della situazione del beneficiatario, attraverso indicatori stringenti che
misurano l’avanzamento dei programmi.
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Relatore: Cecilia Colasanti
16. Valutazione dell’efficacia del programma
Le misure sono generalmente riferite al livello di miglioramento
nell’erogazione dei servizi delle istituzioni locali.
In questa fase l’elemento di identificazione della responsabilità delle
azioni è chiave.
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17. Indicatori di valutazione
Problema: determinare meccanismi chiari per valutare l’efficacia delle
iniziative di capacity building. Nel 2007 David Watson, dopo aver studiato
18 casi di intervento, sviluppò dei criteri specifici monitorando:
1. chiarezza della mission dell’organizzazione – quali sono gli obiettivi di
una organizzazione e quanto bene sono compresi a tutti i livelli
2. leadership dell’organizzazione – come rafforzarla per incoraggiare la
sperimentazione, la riflessione sul proprio operato, la flessibilità al
cambiamento di strutture e processi
3. capacità di imparare – come l’organizzazione impara dall’esperienza,
quanto sono coinvolti tutti i livelli in questo processo
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18. Indicatori di valutazione
4. enfasi sul concetto di on-the-job-
development – quanto
l’organizzazione incoraggia
l’apprendimento continuo
5. processi di monitoraggio interni
– quanto l’organizzazione si
auto-valuta e incoraggia la
crescita a partire dagli errori
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19. Il caso della cooperazione Istat in Giordania
La Commissione Europea ha finanziato il progetto di gemellaggio con il
Dipartimento di Statistica giordano ‘Strengthening the capabilities of the
Department of Statistics of Jordan’, con l’obiettivo di: (i) implementare i
metodi europei presso la Contabilità Nazionale (Componente 1 – National
Account); (ii) migliorare le metodologie di campionamento e le tecniche di
indagine (Componente 2 – Sampling technics); (iii) assicurare il controllo
di qualità dei dati statistici (Componente 3 – Quality and Metadata); (iv)
sviluppare sistemi IT per la diffusione dei dati statistici (Componente 4 –
IT and on line dissemination).
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20. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Le finalità del progetto e la sua conduzione
Il mandato del progetto è duplice:
- da un punto di vista tecnico ha richiesto la realizzazione del nuovo
sistema web di diffusione dei dati statistici giordani
- da un punto di vista organizzativo ha richiesto la revisione dei ruoli e
delle responsabilità all’interno della Direzione Informatica e delle
relazioni tra la Direzione ICT e le Direzioni di produzione statistica.
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21. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Complessivamente si possono individuare quattro macro-fasi:
(1)primo assessment e individuazione dei punti di forza e di
miglioramento,
(2)trasferimento delle competenze tecniche e organizzative dagli esperti
al personale giordano per realizzare il progetto
(3)rilascio in esercizio del sistema web e realizzazione dell’effettivo
cambiamento dei processi (attraverso il ICT change management)
(4)chiusura del progetto e valutazione della sua sostenibilità sul breve-
medio/medio-lungo termine.
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Relatore: Cecilia Colasanti
22. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
L’assessment del progetto ha visto il personale giordano e gli esperti
lavorare insieme. Gli strumenti utilizzati sono state le interviste individuali
e di gruppo al personale coinvolto, il brainstorming e la verifica degli
aspetti tecnologici.
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23. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Direttrici del progetto:
(1)forte sponsorship del Project Board giordano e della Comunità Europea
(2)logica cliente fornitore
(3)ownership del progetto (non solo la direzione ICT ma tutto il DoS)
(4)individuazione chiara dei Key Performance Indicator (KPI) e Critical
Success Factor (CSF).
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24. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
La direzione ICT ha lavorato nella logica cliente/fornitore
Cliente Fornitore
Interno al DoS
Direzioni Statistiche e Ufficio
Relazioni Esterne
Esterno al DoS
cittadini, giornalisti, ricercatori,
policy maker
Direzione ICT del DoS
gli esperti che hanno tradotto in
linguaggio tecnico e organizzativo i
requisiti formulati in modo diretto e
indiretto dal cliente.
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25. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Per poter misurare e monitorare il lavoro, sono stati proposti dagli esperti
e condivisi col personale del DoS, fin dall’inizio, gli indicatori di
performance (KPI).
In particolare, sono stati scelti:
(i) indicatori generali per misurare il volume di lavoro (GG/P necessari al
progetto)
(ii) indicatori di qualità (soddisfazione del cliente rispetto alle specifiche
date)
(iii)indicatori di costo (costo del progetto)
(iv)indicatori di servizio (durata del progetto)
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26. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Gli esperti hanno inoltre individuato i fattori critici di successo (CSF), ossia
quelle caratteristiche del servizio, o dei suoi aspetti accessori, a cui i
clienti riconoscono un’importanza superiore alle altre, in quanto in grado
di soddisfare un bisogno particolarmente sentito.
Per operare in modo efficace è stata condotta un’analisi tra gli stakeholder
interni, considerando il punto di vista di ciascuno.
Questo ha consentito di operare nelle fasi successive da una posizione
privilegiata, puntando sempre al conseguimento di quegli obiettivi definiti
prioritari dal cliente.
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27. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Soddisfazione del cliente: rispondenza dei deliverable alle specifiche date;
Futuro: aumentare il numero di accessi al sito;
Relazioni strategiche: aumentare il numero di contatti tra gli utenti esterni
e il personale del DoS attraverso il sito;
Capitale intellettuale: trasferire le competenze tecnico organizzative per
poter lavorare con la stessa tecnologia e le stesse modalità organizzative a
progetti analoghi;
Sostenibilità: trasmettere un metodo di lavoro per rendere indipendente
il personale del DoS dagli esperti.
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28. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Per ottenere la massima efficacia, i KPI e i CSF sono stati il più possibile
posti in relazione tra loro, esprimendo quanto più possibile in termini
quantitativi anche gli elementi intangibili.
Esempi
1. Il CSF “soddisfazione del cliente” è stato associato all’indicatore
quantitativo percentuale di specifiche realizzate/specifiche richieste
(almeno 85%)
2. Il CSF “capitale intellettuale” è stato associato all’indicatore generale di
misura del volume di lavoro quantificato in GG/P degli esperti necessari
ad effettuare il training on the job al personale giordano.
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29. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Il deliverable, condiviso con tutti gli attori in gioco, è stato un report da
parte degli esperti che ha evidenziato:
(i) la necessità di definire delle policy per la diffusione dei dati statistici
(ii) la scelta di introdurre un CMS per la gestione del sito web,
(iii)la necessità di ridefinire ruoli e responsabilità, nonché modalità
comunicative interne per migliorare l’efficacia, l’efficienza e la qualità
del lavoro.
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30. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Dal punto di vista organizzativo, il rischio più importante è stato
individuato nel fattore umano (resistenza delle persone al cambiamento)
e si è operato cercando di mitigare il rischio, introducendo cambiamenti
graduali.
Il modello organizzativo fortemente gerarchico del DoS è stato
“ammorbidito”, introducendo forme matriciali di trasversalità,
evidenziando i vantaggi di una modalità collaborativa di lavoro e di una
comunicazione più funzionale e meno gerarchica.
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31. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Seconda fase del lavoro
Trasferimento delle competenze
tecniche e organizzative dagli esperti
europei al personale giordano per
realizzare il progetto
Valutazione skill di 5 tecnici ICT
giordani, coinvolti nello sviluppo del
sito web (metodo del bilancio delle
competenze)
Individuazione di alcune aree di
miglioramento (conoscenza specifica
dello strumento WordPress,
approfondimento di alcuni aspetti
sistemistici e di sicurezza informatica)
colmate in parte attraverso il tutoring e
il training on the job
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Relatore: Cecilia Colasanti
Matrice RACI per individuare ruoli e
responsabilità e per la descrizione dei
flussi di lavoro di alto livello
32. Matrice RACI
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33. Il caso della cooperazione Istat in Giordania: la
diffusione dei dati
Chiusura del progetto
Sostenibilità del progetto
Può essere garantita avviando un progetto di change management che porti avanti quanto
avviato in questa prima fase.
Criticità: passare da un modello di tipo stove pipe, gerarchico, in cui ognuno lavora “per sé”,
ad un modello a matrice dove ciascuno lavora per raggiungere obiettivi collettivi del DoS.
CSF: trarre valore dalle iniziative IT per migliorare le fasi del processo statistico. E’ possibile
attraverso l’allineamento strategico tra la funzione informatica e il business statistico.
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Relatore: Cecilia Colasanti
34. Questo progetto ha rappresentato per il DoS un modello di riferimento
concreto per imparare a condurre un progetto di successo.
Ciascun attore del processo ha giocato il proprio ruolo in un modo diverso,
tenendo conto della matrice RACI e dei conseguenti flussi di lavoro
La velocità del rilascio del sistema è stata impressionante (un mese di lavoro
per 5 persone)
Con le stesse modalità tecnica e organizzativa è stato impostato un nuovo
sistema web per la raccolta e diffusione dei dati censuari
Siamo anche finiti sulla TV araba!!!
Conclusioni
Il ruolo del PM nei progetti di
cooperazione internazionale –
Relatore: Cecilia Colasanti