XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
La gioia completa
1. La Gioia Completa
Gv 1511 Vi ho detto queste cose,
affinché la mia gioia dimori in voi
e la vostra gioia sia completa.
Cari amici,
Mi sono posto spesso domande sul razionalismo nihilista, sapete quei
fondamentalisti della negazione di qualunque cosa possa esserci
d'altro e/o d'oltre?
Da un punto di vista pratico problemi non ne ho mai avuti, ognuno
può credere o non credere quello che vuole, ci mancherebbe, però, se
la scelta verso la spiritualità non è una scelta di indifferenza, che è lo
stesso se venga o fatta o meno. Se ho scelto il vangelo rispetto a un
comodo nihilismo ci deve essere pur stato un motivo. Perchè credo
mentre altri non credono? Va bene, ma mi sembra un po'
semplicistico.
Io penso che, rinunciando ad una dimensione spirituale, variamente
intesa, l'essere umano si automutili, che perda qualcosa, che sia
un'opera incompiuta e incompleta.
Intendo riflettere su questo punto mostrando come i Sette Principi
possano offrire una guida molto opportuna sulle motivazioni per le
quali una scelta spirituale completi e compia l’essere umano.
Curiosamente mostrerò come, alla luce dei Principi, la scelta
spirituale si presenti come scelta mediana in mezzo a due estremi
mondani, entrambi da rifiutare.
(I)
Anzitutto è un problema di dignità. Il primo dovere di ogni scelta
autenticamente spirituale che si rispetti è stabilire la prospettiva
2. attraverso la quale una vita possa dirsi degna e i margini all’interno
dei quali essa debba essere difesa e rispettata. La scelta spirituale deve
dunque difendere la dignità dell’individuo, preservandola sia dai
fondamentalismi ciechi, che pretendono di annullare l’individuo in
nome del dogma, sia dal disfattismo nihilista, che, dopo aver
volontariamente perso ogni possibilità di prospettiva annega in un
mare di indifferenza
(II)
Riuscirei davvero a percepire una gioia completa se vedessi le persone
accanto a me esser vittima di ingiustizia? Sarebbe piena la Mia vita
spirituale se la vivessi sapendo di non far nulla affinché quella
compassione che invoco per me in una prospettiva verticale non la
vivessi io stesso a livello orizzontale? Riuscirei davvero a chiedere la
remissione dei miei debiti se me ne frego della remissione Nel
mondo?
(III) Principio accettazione e incoraggiamento
Sarebbe davvero completa la mia Gioia se non beneficiasse della
Ricerca e della testimonianza di Ciascuno dei miei fratelli se Non
riconoscessi in loro un tesoro potenziale del cui beneficio potrebbe
godere tutta l' umanità, e se non incoraggiassi a coltivarlo?
A ben vedere a fondamento dello Uuismo c è una esaltazione della
diversità come valore che la mette al riparo sia dai paladini di un
pensiero unico, che si battono perché il pensiero collettivo coincida
col proprio, sia dai disfattisti di ogni sorta, che pensano non possa
esserci alternativa al lassismo morale, sociale e politico. Nel coltivare
la diversità all’interno dei confini di cui andiamo dicendo, lo UUismo
non solo dimostra che questa via sia possibile, ma mostra anche che
una spiritualità che non tenesse essa in gran conto non sarebbe
davvero completa
3. (IV)
E qui i Principi ci dicono una cosa strana… molto UU, molto
controintuitiva: sarebbe davvero gioiosa una vita in cui qualcuno
potesse dire “so tutto, ho capito tutto, le esperienze di vita non possono
più insegnarmi niente”.
Vivere significa apprendere sempre nuove sfumature, di Sé, dell’Altro
e dell’Oltre. Questo è credo un grande insegnamento, ma, spesso,
anche un grande impiccio: implica infatti la disponibilità a mettersi
in gioco sempre, a interrogarsi, non lasciando nulla di non vissuto. Il
confronto deve essere per noi motore di senso sempre nuovo, stimolo
al rinnovamento e ad una consapevolezza sempre nuova. La lezione
emersoniana ci insegna che la vita è un fiume in divenire, non
possiamo disporci rispetto a questo fiume come una diga dogmatica
che tenti di arginare le acque, dobbiamo piuttosto lasciarci bagnare
da acque sempre nuove e lasciarci cullare da questo placido scorrere
(V)
E come potrebbe avvenire questo confronto se la congregazione non
si dotasse di alcune regole che rispettino la diversità senza sconfinare
nel caos e che promuovano la discussione costruttiva senza
abbandonarsi alla mera giustapposizione di opinioni? Questo aspetto
non piace ai dogmatici, i quali hanno paura del dubbio e del dissenso,
ma non piace nemmeno ai disfattisti per cui è scomodo scoprire che
ci possa essere qualcosa per cui valga la pena di impegnarsi. La
congregazione deve pensare di poter essere ad un tempo la palestra
ed un modello affinchè le regole di discussione e le pratiche di
gestione del dubbio e del dissenso, possano essere replicate e recepite
nella stessa società in cui viviamo.
(VI)
4. Deve sorgere in noi la percezione di essere immersi in una comunità
di viventi ciascuno con gli stessi desideri e bisogni. I desideri di un
bambino a Kinshasa sono gli stessi di uno di New York. Le paure di
un onesto lavoratore a Kabul sono le stesse di uno di Rimini. La storia,
la cultura, gli errori umani hanno permesso che a questi medesimi
bisogni venissero fornite risposte diverse, ma questo non può indurci
a dimenticare quanti siano indietro e non riescano a soddisfare
neanche quelli che ciascuno di noi considererebbe desideri minimi.
Non vi sto dicendo di fare i missionari e di andare in mezzo al deserto,
pochi hanno la personalità e la vocazione per farlo… Vi sto dicendo
però che ci sono tanti modi per contrastare questa tendenza, e che una
gioia spirituale non potrebbe essere completa senza questo impegno
(VII)
Si tratta insomma si sentirci parte di una rete interdipendente. Non
sarebbe vera gioia se, in forza della rete, per quello che gli studiosi
chiamano effetto farfalla, ciò che io faccio qui ed ora può avere
piacevoli e insperate ripercussioni altrove. Proprio in ragione di ciò,
anche il può piccolo gesto di cortesia avvenuto qui ed ora potrebbe
salvare delle vite o cambiare delle prospettive anche molto lontane
da noi. Questo ovviamente disturba sia i dogmatici, persi in un
individualismo fazioso, sia i disfattisti, per i quali il fatto che lo schifo
del mondo non cambierà mai è solo una pigra scusa per autoesentarsi
dal dare il proprio contributo
Mi fermo qui, spero di aver dimostrato come i Principi possano essere
linee guida per attuare contenuti tradizionali che altrimenti
rischierebbero di rimanere solo sulla carta.
Allora facciamolo quest’uomo, rendiamolo capace di gioire
veramente e totalmente