1. Il Frutto e la Passione
Mc 4:19 poi gli impegni mondani, l'inganno delle ricchezze, l'avidità
delle altre cose, penetrati in loro, soffocano la parola (il logos), che
così riesce infruttuosa.
1)
Cosa significa accogliere l’ospite? Significa sacrificarci per esso? Può
essere una idea, nel momento in cui Zia Addolorata viene a farci
visita. possiamo anche disporci di buon grado a sostituire i canali
sportivi con TeleReliquia International... ma quanto durerebbe?
Accogliere non può voler dire chiedere di sacrificarci oltre una soglia
sostenibile altrimenti é una mortificazione, senza contare che si può
sempre incorrere in qualche testa di quiz le cui richieste non siano
accettabili. Dobbiamo trovare una dimensione meno passiva del
concetto di accoglienza, che non si veda come semplici riceventi della
volontà altrui quale che sia.
Vorrei proporre una definizione diversa, che possa essere viatico a una
riflessione sul tema. Se definissimo l’accoglienza essere ciò che l’altro
ci chiama ad essere, quali vantaggi potremmo trarne?
Anzitutto in questo caso l’Altro non sarebbe un despota di cui
sopportare i capricci, ma una occasione che ci invita ad essere ciò che
siamo, a sviluppare delle qualità che in nuce già abbiamo.
Quest’aspetto ci invita a riflettere su due punti importanti.
Il nostro essere più autentico è un essere in relazione, noi non
possiamo essere autenticamente noi stessi senza essere in relazione
(pacifica) con l’Altro. Accogliere significa sperimentare la dignità e
l’interdipendenza di tutti gli esseri. Ma non solo, accogliere significa
essere autenticamente noi stessi, usando questa percezione di
autenticità come esperienza della soglia tra la giusta accoglienza e la
sopportazione. Il nostro lavoro su noi stessi per essere l’uomo
2. spirituale che vogliamo essere nella realizzazione dei Principi che
come unitariani ci siamo dati, deve essere ciò che ci permette di capire
quanto, quando e come accogliere.
2)
La vicenda del Maestro ci insegna in questo verso qualcosa di molto
importante sull'animo umano: la presenza dell’impeto (θυμός) .
L’impeto è una energia basica, che ciascuno di noi ha dentro, una
potenza, che fa parte del nostro dire sì alla vita e che è il carburante
che ci ha permesso e ci permette di raggiungere traguardi molto alti
per il genere umano. I moralisti cattolici e i traduttori italiani, vittime
di una esigenza semplificatoria buono/cattivo hanno dato una
connotazione negativa all’impeto… la questione non è così
semplice.Gli antichi paragonavano l’impeto al fuoco, che, in effetti, è
stato un dono per l'umanità ed ha permesso di cuocere i cibi, di
scaldarsi e di difendersi. Però se il fuoco non è disciplinato, quello che
è da sempre stato percepito come un evento divino (pensate a
Prometeo) diventa una disgrazia, si trasforma in incendio e
distruzione. Il verso in oggetto adombra una serie di problemi, che
qui accenno solo, ma che dovrebbero rappresentare parte della
discussione di tutto il testo, un testo ricchissimo di spunti, se solo non
si perdesse tempo a fargli dire ciò che non dice. Ne affronto qualcuno
con la brevità che si addica a un testo che non voglia essere scambiato
come falaschiano.
Anzitutto il verso ci ricorda l’importanza della disciplina e della
moderazione. Se questo impeto non viene disciplinato porta a
rabbia collera, ira… brutte cose. Proprio come con l’esempio del
fuoco, non vuol dire che l’impeto sia sbagliato, ma che richiede
moderazione e controllo (logos)
Se l’impeto non viene moderato si fossilizza su esperienze e
oggetti che diventano passioni smodate (ἐπιθυμία). Buona parte
della nostra vita richiede un costante esercizio di moderazione,
3. il cibo, il vino, il sesso, la sete di potere o di ricchezza…. Non
sono per sé cose malvage, lo diventano se ci rendono schiavi, se
non riusciamo a liberarci da esse.
In generale possiamo dire che l’energia vitale di quest’impeto
deve essere per noi una specie di incubatrice che ci permetta di
maturare nella consapevolezza della nostra natura spirituale. Se
questa incubazione subisce delle interferenze, il frutto che siamo
chiamati ad essere non può nascere
3)
Questo breve excursus ritengo possa fornirci qualche spunto su
quanto accadde la Domenica delle Palme .Il popolo è disposto ad una
accoglienza condizionata, limitata all’idea che in Gesù si realizzi un
progetto politico anti-romano che, di per sé, non ha nulla di
spirituale.Il popolo accoglie chi vuole vedere, e rimarrà presto deluso
voltando le spalle a Gesú, Quello che la gente cercava era un figuro
che incarni la sua sete di vendetta il suo profondo risentimento; cerca
un pretesto per dare libero sfogo ai peggiori istinti che l animo
umano conosca: collera odio pochezza morale... Questa accoglienza è
un chiaro esempio di quella passione smodata e incontrollata che la
predicazione del Maestro chiama a contrastare. Non appena avrà
tempo di conoscerlo un minimo il popolo in Gesù troverà uno
scomodo Maestro spirituale che chiede lo sforzo di contrastare tali
istinti per dimostrare la qualità ultima dell’uomo: quella di essere
figlio di Dio; agente di speranza. Il fraintendimento non sarebbe
potuto durare a lungo ed avrà infatti vita breve. Il popolo cercava un
alleato che assecondasse il vizio, non un medico che indicasse come
curarlo.
4. 4)
Uno dei significati che accomuna le due Pasque giudeo – cristiane è
proprio questo: sentirsi liberi dalle passioni smodate, liberi dalla
schiavitù del desiderio totalizzante.
Libertà è primariamente libertà dell’uomo di saper affermare e
coltivare il proprio essere più alto e spirituale, moderando gli istinti
più bassi. E’ la libertà di trovare il tempo per il percorso spirituale
senza sentirci schiavi di occupazioni che possono avere altre
collocazioni in una logica di moderazione. La libertà è infine
individualmente la possibilità di far vincere una idea di uomo e di
società, orientando ad essa i nostri sforzi, così come gli unitariani
universalisti fanno da decenni e da secoli.
Ma la libertà è anche una libertà collettiva di accogliere l’altro che
non può prescindere dall’idea di riconoscere una intima dignità
spirituale negli occhi del nostro prossimo. L’Altro ad un tempo ci
chiama a moderare i nostri intimi istinti, disciplinare le nostre
passioni e a lasciar vincere quell’idea spirituale da cui, come ci ricorda
questo verso, abbiamo scelto di lasciarci fecondare.
L’incontro con l’Altro ci dirà della qualità del frutto spirituale che
siamo impegnati a coltivare.
E allora facciamolo quest’uomo capace di fare del fuoco della propria
passione uno strumento utile alla propria crescita spirituale, senza
scottarsi
Nasè Adam
נ ֲַֽעש ֶׂ֥ה א ָד םד
Amen