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Charlie hebdo le nuove regole morali planetarie-7 gennaio 2015
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CharlieHebdo:lenuove
regolemoraliplanetarieCreato Mercoledì, 07 Gennaio 2015 12:27
Scritto da Paolo Petrucciani
Questo redazionale è stato scritto tra il 7 e il 9 gennaio 2015, a fatti in corso.
L’attacco proditorio alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi di ieri mi lascia
senza fiato. Non pensavo alla mia età di rimanere ancora scosso da situazioni
del genere. Era il mio sessantatreesimo compleanno, lo ricorderò. E mi sono
posto una serie di interrogativi di tipo sociale in vista di una riflessione di tipo
etico-religioso e dei suoi risvolti comportamentali per una convivenza civile.
Interrogativieconseguenzesociali
Primo: la nostra crescente indifferenza e memoria short-sighted (dalla vista
corta) verso gli avvenimenti mondiali da deprecare porta a conseguenze
nefaste se non si prendono i necessari provvedimenti sulle linee di azione
successive, o non si apprende dal passato, come si direbbe in gergo lessons
learned (lezioni imparate). Gli effetti della nostra indifferenza sono sotto gli
occhi di tutti.
Secondo: dobbiamo ripensare lo stare insieme in questo pianeta in un modo
nuovo, senza per questo rinunciare alle nostre differenze. Le conseguenze
sono che ci vorranno decenni, spero non secoli, per recuperare dialoghi
interreligiosi e interculturali per colmare questo gap, con ruoli e persone da
dedicare a questo scopo e recuperare le ricchezze e i talenti personali.
Terzo: senza una presa di posizione e una discussione approfondita sulle
regole della convivenza civile nel pianeta, religioni incluse, non potremo avere
ancora molto tempo per pensare di cavarcela alla bell’e meglio, sperando di
passare inosservati. Marshall McLuhan ci ha a suo tempo insegnato che il
mondo è un villaggio globale mediatico (“il mezzo è il messaggio”), oggi, con
internet e i social network, potremmo dire che il mondo è una famiglia globale
e quindi i rapporti e i termini dei comportamenti vanno continuamente
ridefiniti, concordati e condivisi, per evitare conflitti interni e più in generale di
rimanere senza ossigeno, o, più semplicemente, senza la borsa della spesa
riempita per mangiare.
Libertàdiespressione:aspettietico-religiosi
La mia riflessione prosegue sul concetto di libertà che i giornali di questi giorni
si stanno rincorrendo a citare. Nelle tre religioni monoteiste, se non sbaglio, chi
guida è Mosè, poi le declinazioni ebraica, cristiana e musulmana portano a dei
dettati comportamentali estremamente differenti.
Di seguito una mia veramente succinta e personale semplificazione degli
effetti. In quella islamica regna la conformità (compliance) e l’ortodossia, ovvero
il rispetto delle regole religiose e la punizione per gli infedeli, in quella ebraica
la supremazia, ovvero il predominio sugli altri come popolo eletto, e le
conseguenze di inclusione o emarginazione, in quella cristiana la tolleranza agli
errori e l’estensione del libero arbitrio fino al concetto di redenzione.
ARCHIVIO
Leccebenecomune
Regionipiùtrasparenti:c’èancora
moltodafare
Cassonetti,bidoniemuriimbrattati
Classidirigenti,crescitaebenecomune
I“cantieridelbenecomune"
LacomunicazioneinunoStatoetico
29marzo2014:l'oradellaTerra
Unapensioneanche perinostrilibri
Cinquemilionidibenicomuni
trascurati
Tia,TorVergatarisponde
Trasparenza,integritàeanticorruzione.
Terra.Benecomune
Unlavorettopulito
NasceilTavolocivicopermigliorarelo
Stato
Unaretedivolontari
L'Italiadeibenicomuni
Lorsignori
Unacasaperl'acquadelsindaco
Ilfinetravestimentodell'etica
Eseparlassimodibioetica?
Laresponsabilitàsocialedeimanager
Pitythenation
IlbenecomunediunaGiustiziagiusta
Perfarfiorirelamorale
Labsussipresentaallastampa
L'eticanonèunoscherzo
GliindicatoridiefficienzadiunPaese
MimandaPicone
Ladiasporadeitalenti
Classedirigentecercasi...
IlrestylingdiLabsus
ETICA E BENI
COMUNI
Deibenicomuninonsene occupa
nessuno.Soloicittadini.Enelfarlosi
dimostranoculturalmentee
politicamentepiùavantidellaclasse
"dirigente",avendocapitochedallacura
deibenicomunidipendelaqualitàdelle
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2. Di fatto nasce una questione di tipo etico:
chi può avere più ragione di altri nello stabilire regole di comportamento e
modalità di condivisione?
e poi di cosa o su cosa in particolare?
Qui il tema che si pone è quello della libertà di espressione (Ndr: satira politico-
religiosa di Charlie Hebdo), già ma se c’è di mezzo la religione, tutto si complica
e non di poco.
Kante lamorale:eticaedeontologiadeicomportamenti.
Se ci poniamo sul piano materiale ritorniamo a concetti di deontologia citati da
Immanuel Kant ed altri. L’etica in filosofia indica infatti
«una branca di tale disciplina che studia i fondamenti razionali che
permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico,
ovvero distinguerli in buoni, giusti, leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti
ingiusti, illeciti, sconvenienti o cattivi secondo un ideale modello
comportamentale».
Analogamente la deontologia, in contrapposizione al consequenzialismo (che
determina la bontà delle azioni dai loro scopi), afferma che
«fini e mezzi sono strettamente dipendenti gli uni dagli altri, il che significa che
un fine giusto sarà il risultato dell'utilizzo di giusti mezzi».
Kant, per quanto riguarda la formulazione della deontologia (studio sui doveri,
dover essere, dal greco) indica che per stabilire un sistema etico non bisogna
dipendere da esperienze soggettive, ma da una logica inconfutabile, ovvero da
un sistema oggettivo. Quindi, nella sua visione, la correttezza etica di un
comportamento dovrebbe essere un dovere assoluto e innegabile (imperativo
categorico), determinato dalla logica, alla stessa maniera in cui nessuno
potrebbe negare che due per due fa quattro.
Imperativoipoteticoeimperativocategorico
Secondo Kant, gli esseri umani occupano uno speciale posto nella creazione, e
la moralità può essere definita come somma ultima dei comandamenti della
ragione, o imperativi, da cui derivano tutte le obbligazioni ed i doveri. Egli definì
un imperativo come una proposizione che dichiara una certa azione (o
inazione) essere necessaria.
Un imperativo ipotetico costringe all'azione in determinate circostanze: se io
desidero dissetarmi devo assolutamente bere qualcosa.
Un imperativo categorico, d'altro canto, denota un'assoluta e incondizionata
richiesta che dichiara la sua autorità in qualsiasi circostanza, entrambi
necessari e giustificati come un fine in se stesso.
Prima formulazione:
«Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello
stesso tempo come principio di legislazione universale»
Altre due formulazioni dello stesso imperativo categorico:
«Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona quanto nella
persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai
unicamente come un mezzo».
«Agisci in modo tale che la tua volontà possa, in forza della sua massima,
considerare contemporaneamente se stessa come universalmente
legislatrice».
lorovite.Dell'eticanonseneoccupa
nessuno.Nemmenoicittadini.
Cosasonoibenicomuni?
Sonobenisiamateriali(acqua,aria,
paesaggio,spaziurbani,ambiente,
territorio,beniculturali,strade,scuole,
ospedali,biblioteche,musei),sia
immateriali(riconoscimentodelmerito,
etica,legalità,salute,conoscenza,cultura,
lingua,memoriacollettiva).Cos'él'etica?
Unbenecomune
Ibenicomuninonsononèpubblici(nel
sensodibenidelloStato),nèprivati.
Nessunopuòpossedereibenicomuni,ma
tuttilipossonousare. Sevengono
rispettatieutilizzati,sivivemeglio.
Perchébenicomunieetica
insieme?
Perchélacuradeiprimiel'ossessiva
regolapersonaledellasecondasonole
chiaviperunsaltoimpressionantenella
qualitàdellanostravita,inparticolarein
Italia.Eperchéinentrambii"casi" la
situazionedelnostroPaeseèdrammatica.
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3. Liceità eilliceità:eticaecondizionamentodeimedia
L’imperativo categorico si fonda sull'idea che
«la massima divenuta universale contraddice se stessa».
L'esempio adatto è quello di chi si rifiuta di aiutare gli altri, perché è
indifferente alle loro sorti. Kant, in questo caso, ci dice che può anche esistere,
ed è coerentemente immaginabile, un mondo in cui ognuno pensi solo alla
propria felicità e personale benessere, tuttavia afferma che una qualsiasi
volontà (aggiungerei politica o di governo, quando non religiosa) che istituisse
questo principio si auto-contraddirebbe, poiché ogni singolo perderebbe la
possibilità di essere soccorso o aiutato nel momento del bisogno e questo non
è razionalmente desiderabile da alcun essere vivente.
Quindi se l’azione, direi, più che terroristica, ultraradicale, dell’uccisione di 12
persone, a partire dal direttore del giornale, deve essere considerata un fine
giusto e il risultato dell’utilizzo di mezzi giusti, quanto meno nella visione islamica
dei suoi esecutori (“Allah è grande, abbiamo vendicato Allah …”, “ .. abbiamo
ucciso Charlie Hebdo …”), ci spostiamo su un piano molto scivoloso.
Quello per l’appunto della valutazione della libertà di espressione come
conseguenza delle implicazioni delle religioni e non tanto su quella della libertà
personale tout-court per la propria sopravvivenza (.. se infatti gli esecutori sono
riusciti a scappare dopo la loro azione avevano bisogno di cercare, per la
propria personale sopravvivenza [o giustificazione?], un’altra sede dove trovare
soccorso, aiuto e accoglienza, … e torna il concetto di razionalmente
desiderabile di Kant, prima citato …).
O, per lo meno, questa è la condizione informativa che ci viene fornita in questi
giorni dai media sull’accaduto.
Ripensarelalibertà:iperimetrimoraliesociali
Tornando alla mia riflessione mi viene da chiedermi come dovremmo
immaginare la nostra libertà in un prossimo futuro.
Guidata da principi morali universali (imperativi categorici) o da principi morali
personali (imperativi ipotetici), che possono seguire principi di reciprocità non
condivisa?
Se guardiamo all’accaduto e ci inorridiamo dei comportamenti agiti, significa
che dobbiamo completamente ripensarla e rivederne i perimetri morali e quelli
sociali.
D’altronde l’azione di rappresaglia non è avvenuta all’interno di una guerra
formale, ma sostanziale sì, le controparti non avevano infatti armi per
difendersi (forse le penne o le matite … come hanno disegnato alcuni in varie
vignette in questi giorni).
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4. Dei tre concetti di libertè, egalitè e fraternitè della rivoluzione francese, su cui
tanto si fondano le democrazie europee occidentali dalla fine del ‘700, è
rimasto in piedi, quale predominante, quello di libertè.
L’egalitè è decisamente venuta meno per nostra insipienza mondiale (se
guardiamo al divario tra ricchi, meno ricchi e poveri, a livello globale, e ai
continui dibattiti sulle misure dell’equità o dell’iniqutà).
E, ancora meno, quella della fraternitè, … oggi chiamata innovativamente
sussidiarietà o solidarietà, che ha però pochi seguiti oggettivi su larga o
larghissima scala, tali da incidere significativamente sulle nostre abitudini,
costumi e culture.
La ghigliottina usata contro la regina Maria Antonietta nell’ottobre del 1793 era
invece, in quell’epoca, legata forse ad una affermazione, o desiderio di
recupero, del principio di egalitè, … molto .. troppo ai nobili … nulla o quasi al
popolo …
Robespierre nel “Periodo del terrore”
Uno dei futuri criteri per definire un perimetro morale e sociale è quello citato
dal deontologo John Rawls Nel suo libro A Theory of Justice sancisce che
dovrebbe essere creato un sistema di sana redistribuzione che segua un
insieme di regole morali. In sua mancanza, a mio avviso, avremo solo anarchia
e distruzione.
Come dovremo comportarci in termini di libertà di azione, che è di fatto un tipo
di espressione?
Se i principi di libertà di pensiero ed azione sono guidati, come nella
rappresaglia che abbiamo visto, anche da principi religiosi, e se questi a loro
volta, riguardano l’osservanza o la non osservanza di determinati
comportamenti, suggerirei di istituire e convocare in fretta un insieme di
conferenze permanenti intraculturali e interreligiose per avviare un dibattito
sempre aperto sul tema delle libertà di espressione ed azione e sui loro limiti
condivisibili e accettabili.
Ogni opera di sensibilizzazione non può che aumentare le nostre coscienze ed
educare le prossime generazioni a coesistere più pacificamente.
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5. Due esempi di propaganda contro gli impera�vi categorici
Se non voglio pensare ad inorridirmi di nuovo, un’opera permanente di
educazione alla compenetrazione tra le culture e ad imparare dagli errori
ma anche dalle ricchezze degli altri è ormai diventata un bisogno collettivo
ineludibile. Senza questa decisione il resto è guerra.
Capire le ragioni degli altri, trovarne limiti, stabilire principi condivisi di
contenimento o eliminazione dei danni reciproci, se non proprio quelli della
condivisione e redistribuzione delle ricchezze, trovare soluzioni arbitre per le
dispute, che abbiano senso nella “famiglia mondiale”, saranno i presupposti
minimi per coesistere.
Diventerà un “must” capire e ridurre le distanze culturali che valorizzino le
differenze e non, al contrario, come vediamo, le enfatizzino escludendo o
eliminando l’altro o cercando, quando possibile, di farlo, in modo asimmetrico.
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Fonti
Marshall McLuhan (1962): La galassia Gutenberg, nascita dell'uomo �pografico, Roma,
Armando, 1976
Wikipedia: Emanuele Kant
Wikipedia: E�ca
Wikipedia: Deontologia
John Rawls (1971): A Theory of Jus�ce, Cambridge, Massachuse�s: Belknap Press of
Harvard University Press, 1971
Paolo Petrucciani (2014): Dalla spending review alla shared saving speding, Officine
Einstein, 12 maggio 2014
Paolo Petrucciani (2013): Trasformare la cultura aziendale in valore, Officine Einstein, 3
maggio 2013.
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