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Istituto Statale d’Istruzione Secondaria di 1° Grado
                      “N. Festa” - Matera

    Progetto Studio del Territorio                   Anno Scol.
                                                     2007 2008




Docenti
A. La Padula - R. Matera -
O. Altamura - M. Carnovale
                                             Classi a T. P. 2 B – 2aD
Indice
Introduzione                                        Sperimentando – Come si formano le nuvole
La molecola dell’acqua                              Sperimentando - La diversa permeabilità dei
Le proprietà dell’acqua                             terreni
L’acqua che beviamo è una soluzione                 Sperimentando – Costruzione di un filtro
Sperimentando – Misuriamo il pH dell’acqua          dell’acqua
La Terra, il pianeta blu                            L’acqua e la biosfera
La ripartizione dell’acqua sulla Terra              Idrografia della Basilicata
L’acqua e i suoi stati                              I laghi di Monticchio
Il ciclo dell’acqua
                                                    Uscita didattica – La fonti del Vulture
Evaporazione
                                                    La fabbrica dell’acqua
Traspirazione – Sublimazione
                                                    Geomorfologia, idrologia e clima del territorio
Condensazione
                                                    materano
Precipitazioni
                                                    Carsismo
Perneabilità
Falde idriche                                       Relazione sull’uscita didattica alla diga di S.
                                                    Giuliano
Sperimentando – Come si formano le precipitazioni
Continua ………..
La collina di La Nera
                                Indice    Acqua per bere
Matera e le sue soluzioni alla scarsità   Acqua per lavare
d’acqua - Approfondimento                 Acqua per coltivare
Approvvigionamento idrico a Matera        Acqua per allevare
prima dell’arrivo dell’acquedotto         Acqua per far funzionare le industrie
Le cisterne
                                          Acqua per produrre energia
Cisterna a campana
                                          Acqua per fare sport e divertirsi
Cisterne a tetto
Il Palombaro lungo                        Acqua, oro blu - Approfondimento
Relazione sull’uscita didattica al        Comportamenti corretti per risparmiare
Palombaro lungo                           acqua
Le neviere                                Soluzioni tecniche per il risparmio
La Fontana pubblica                       dell‟acqua
I pozzi                                   Per giocare con l‟acqua……crucipuzzle
Lo Jurio                                  Per giocare con l‟acqua……rebus
I tanti usi dell’acqua                    Per giocare con l‟acqua……..soluzioni
L’ACQUA E’ LA
        SOSTANZA DA CUI
       TRAGGONO ORIGINE
         TUTTE LE COSE
                                        Talete            di Mileto

                                    Filosofo vissuto tra il 640 e il 560
                                                  circa a. C

 Talete non aveva poi torto, se è stato dimostrato dagli
scienziati, qualche millennio dopo, che le prime forme di
    vita sono nate in acqua, nell’oceano primordiale
LA MOLECOLA DELL’ACQUA
      IDROGENO

                                                 OSSIGENO




      IDROGENO

L'acqua è una sostanza composta, la cui molecola è formata da due
   atomi di idrogeno e uno di ossigeno, la formula è quindi H2O.
LA MOLECOLA DELL’ACQUA
          Gli atomi di idrogeno e di ossigeno
          rendono la molecola dell'acqua un
          po' speciale dal punto di vista
          chimico. Gli atomi di ossigeno
          attirano elettroni e quindi risultano
          elettricamente negativi, mentre gli
          atomi di idrogeno sono
          elettricamente positivi. Ciò fa sì che
          le molecole dell'acqua abbiano due
          poli: uno positivo (+) e uno
          negativo (-) (molecola bipolare),
          ragione per cui si legano tra loro
          creando una specie di reticolo con
          dei legami, detti legami idrogeno.
LE PROPRIETA’ DELL’ACQUA
• Agli stati solido e liquido ha un volume proprio e
  quindi non è comprimibile. Allo stato gassoso non
  ha volume proprio, è comprimibile.
• Allo stato solido ha forma propria, agli stati
  liquido e gassoso assume la forma del recipiente
  che la contiene.
• Presenta deboli forze di coesione fra le molecole
• Ha un elevato calore specifico e un'alta capacità
  termica: si scalda e si raffredda lentamente,
  proprio per la presenza di legami di idrogeno
LE PROPRIETA’ DELL’ACQUA
• Quando si solidifica il volume         aumenta, al
  contrario di ciò che accade con le altre sostanze;
  quindi la densità del ghiaccio diminuisce, pesa
  meno e perciò galleggia sull'acqua. Ciò ha una
  notevole importanza perché rende possibile la vita
  sotto i mari ghiacciati in superficie.
• Ha un suo peso ed esercita quindi anch'essa una
  pressione, la pressione idrostatica: è un fenomeno
  importante per le pressioni che l'acqua può
  esercitare negli abissi oceanici.
• Come un qualsiasi liquido, anche l'acqua, se è in
  riposo mantiene la sua superficie libera sempre
  piana ed orizzontale.
L’acqua che beviamo è una soluzione
  L’acqua pura in natura praticamente non esiste; essa
  contiene disciolti, in quantità variabili, sali e gas, è,
                 perciò, una soluzione




H2O (solvente)    + soluto (sale o gas) = soluzione
Misuriamo il pH dell’acqua
Materiali: acque minerali di diverse marche, acqua di rubinetto, acqua
distillata, cartina di tornasole, bicchieri di plastica trasparente, cartoncini per
etichettare.
Ipotesi: L‟acqua che beviamo non è fatta solo dalla sostanza acqua, ma è una
soluzione contenente gas e Sali minerali disciolti; a seconda della qualità e
della quantità di questi avrà un diverso pH.
Procedimento:Abbiamo versato ciascuna acqua in un bicchiere
precedentemente etichettato con un numero e il tipo di acqua, abbiamo
misurato il pH con la cartina di tornasole, ottenendo i seguenti risultati:
          acqua 1 – effervescente naturale pH 5,5
           acqua 2 – effervescente naturale pH 6
           acqua 3 – oligominerale pH 6,5
           acqua 4 – oligominerale pH 7,5
           acqua 5 – del rubinetto pH 6,5
           acqua 6 – distillata pH 7
Conclusioni: L‟acqua che beviamo si discosta dalla neutralità a seconda dei
gas presenti e del tipo e della quantità di sali in essa disciolti.
La Terra, il pianeta blu



La superficie del nostro pianeta è ricoperta per circa il
70 % dall’acqua. Il volume stimato è di circa 1,5
miliardi di Km3.
L’insieme   di    tutta                              idrosfera
                               70%                   litosfera
l’acqua che si trova
sulla Terra costituisce
l’IDROSFERA                                         30%
L’acqua sulla Terra
    è così ripartita




       acqua dolce
           3%




           oceani e mari
               97%
L’acqua dolce
              è così ripartita


                acqua dolce in
                  superficie
                  facilmente
  acqua          accessibile
sotterranea           1%
    20%




                                 calotte glaciali e
                                     ghiacciai
                                       79%
L’acqua dolce in superficie
                     è così ripartita




        vapore acqueo fiumi e torrenti
             8%             1%

                                         laghi
                                          53%
umidità del
  suolo
   38%
L’acqua e i suoi stati
E’ presente sulla Terra in tutti e tre i suoi stati fisici

SOLIDO




                                                 LIQUIDO



  GASSOSO
Il ciclo dell’acqua
EVAPORAZIONE

                             evaporano



                              di acqua
dalle grandi masse d’acqua               dalla terraferma
TRASPIRAZIONE



                           Le    piante   traspirano
                           emettendo vapore acqueo

                            SUBLIMAZIONE
Nelle giornate fredde il
vapore acqueo può
sublimare, ossia passare
direttamente allo stato
solido, dando origine al
fenomeno della brina
Le correnti d’aria
   ascensionali
sollevano il vapore                    Le goccioline
       in alto                         microscopiche
  nell’atmosfera                       condensano
                      raffreddandosi


CONDENSAZIONE




         formando le
     NUVOLE
Le goccioline d’acqua presenti nelle nuvole sono tenute in costante
       movimento dalle correnti di aria calda ed aria fredda
           si scontrano            si aggregano
  Quando, per effetto della gravità, il loro peso non può più
                 essere sostenuto dall’aria
               e si hanno le precipitazioni




pioggia                                                grandine
                            neve
L’acqua con le precipitazioni ritorna a terra
    Se la precipitazione è solida tenderà ad accumularsi sulla
       superficie fintanto che le condizioni di temperatura e
    radiazione non ne consentano la fusione o la sublimazione
Se invece la precipitazione
      è liquida si ha




•E’ INTERCETTATA DALLA VEGETAZIONE


 • VIENE CAPTATA DA OCEANI, MARI, LAGHI E CORSI
 D’ACQUA

                                è richiamata dalle radici delle piante
•SI INFILTRA NEL TERRENO

                                andrà a ricaricare le falde sottostanti
Ma perchè una parte dell’acqua                                DIPENDE
rimane in superficie ed una parte                              DALLA
si infiltra nel terreno
     .
                                                             NATURA DEI
                                        dalla loro             SUOLI

                               Permeabilità
                   capacità di farsi attraversare dall’acqua
     Se il materiale solido che costituisce un terreno è di tipo granulare fra un
    granulo e l'altro vi sono degli spazi vuoti chiamati pori. E’ tra questi pori che
                                    l’acqua si infiltra
         Quando, invece, si è in presenza di roccia, gli eventuali vuoti presenti
                   possono essere costituiti da fratture o da strati
L’acqua che si infiltra nel terreno contribuisce alla
   formazione delle falde idriche sotterranee
Dove la falda incontra la superficie l’acqua
  sgorga all’esterno e forma una sorgente




             Oppure si ha l’alimentazione per
             via sotterranea dei corsi d’acqua


L’acqua ritorna in superficie
Il ciclo dell’acqua ricomincia
  La vita sulla Terra dipende proprio da questo
                   continuo ciclo
Evaporazione - Condensazione
                    Come si formano le precipitazioni
Materiali : Fornello elettrico, pentolino con coperchio, acqua.
Ipotesi : Il calore somministrato all’acqua la farà evaporare; le
molecole di vapore acqueo tenderanno a salire e, incontrando una
superficie più fredda (il coperchio), condenseranno in minuscole
goccioline che, unendosi tra loro, cadranno.
Procedimento : Abbiamo posto sul fornello elettrico un pentolino
pieno d’acqua munito di un coperchio, abbiamo atteso l’ebollizione
e, sollevando il coperchio abbiamo osservato che il vapore
acqueo, depositandosi sulla superficie metallica, formava goccioline
sempre più grosse; quando esse diventavano piuttosto
pesanti, cadevano staccandosi dal coperchio.
Conclusioni : Con il nostro esperimento abbiamo simulato
artificialmente il fenomeno naturale della formazione delle nuvole e
della pioggia.
Evaporazione - Condensazione
                                Come si formano le nuvole
Materiali : Acqua molto calda, barattolo di vetro, garza, nastro
adesivo, ghiaccio.
Ipotesi : L’acqua, evaporando, sale e, se incontra strati d’aria più fredda., cede
una parte del suo calore, condensando in minuscole goccioline che formeranno
una nuvola.
Procedimento : Abbiamo riscaldato dell’acqua e abbiamo riempito a metà, con
essa, un barattolo di vetro trasparente che abbiamo coperto con una garza e
sigillato con del nastro adesivo. Abbiamo posto sul barattolo del ghiaccio
che, raffreddando la garza e la parte superiore del barattolo, simulava gli strati
d’aria fredda presenti nell’atmosfera. Dopo poco tempo abbiamo potuto
osservare una densa nuvoletta biancastra che ha appannato il vetro del
barattolo , e successivamente una leggera pioggerellina lungo le pareti di esso.
Conclusioni : Con il nostro esperimento abbiamo simulato artificialmente il
fenomeno naturale della formazione delle nuvole e della pioggia. L’aria
calda, proveniente dall’evaporazione al suolo, incontra gli strati più freddi
dell’atmosfera, condensa in minuscole goccioline e si formano le nuvole.
Quando le goccioline, aggregandosi tra loro, diventano pesanti, cadono sotto
forma di pioggia.
L’acqua e il suolo
                          La diversa permeabilità dei terreni
Materiali : Tre bottiglie di plastica trasparente, humus, sabbia e
argilla, ovatta, acqua.
Ipotesi : Abbiamo ipotizzato che l’acqua filtra nel terreno in modo differente a
seconda della grandezza delle particelle di cui è composto: tanto più piccole
sono, tanto più la trattengono. La sabbia, perciò, doveva risultare la più
permeabile, seguita dall’humus e poi dall’argilla.
Procedimento : Abbiamo tagliato la parte superiore delle bottiglie e l’abbiamo
disposta capovolta, a imbuto, sulla parte inferiore. Abbiamo chiuso gli imbuti con
dell’ovatta e li abbiamo riempiti, ciascuno con un tipo di terra, in quantità
uguali. Abbiamo, poi, versato in ognuno la stessa quantità d’acqua. Abbiamo
osservato che l’acqua filtrava velocemente attraverso la sabbia, più lentamente
attraverso l’humus e con molta difficoltà attraverso l’argilla.
Conclusioni : Con questo esperimento abbiamo verificato la validità della nostra
ipotesi: i suoli hanno diversa permeabilità, ossia diversa capacità di lasciarsi
attraversare dall’acqua; un terreno sabbioso è molto permeabile; i terreni ricchi di
humus e, ancora di più quelli ricchi di argilla, hanno maggiore capacità di
trattenere l’acqua, questa capacità si chiama potere adsorbente.
La filtrazione dell’acqua attraverso il suolo
                           Costruzione di un filtro dell’acqua
Materiali : Una bottiglia di plastica trasparente, ghiaia grossa, ghiaia
sottile, sabbia, ovatta, barattolo di vetro, acqua mista a terra raccolta
da pozzanghere e contenente piccole e grossolane impurità.
Ipotesi : Abbiamo ipotizzato che l’acqua che penetra nel
terreno, attraversando i vari strati di roccia, viene filtrata e si purifica.
Abbiamo pensato, perciò, di costruire un filtro che riproducesse questi
strati per verificare la nostra ipotesi.
Procedimento : Abbiamo tagliato la parte inferiore della
bottiglia, l’abbiamo capovolta, come se fosse un imbuto e abbiamo
riempito il collo di ovatta. Dopo aver lavato accuratamente la ghiaia e
la sabbia in una bacinella per eliminare eventuali impurità, abbiamo
capovolto la bottiglia su un barattolo di vetro trasparente e
versato,nell’ordine, uno strato di sabbia, uno di ghiaia sottile e uno di
ghiaia grossolana. Il nostro filtro dell’acqua era pronto!
Abbiamo, poi, versato nel filtro l’acqua sporca precedentemente
preparata; le impurità, le particelle di terra, i residui vegetali, i sassolini
venivano trattenuti e nel barattolo si raccoglieva dell’acqua limpida.
Conclusioni :E’ sul principio della filtrazione che si basa la formazione
delle falde idriche sotterranee che alimentano i pozzi e le sorgenti .
Tutte le reazioni del metabolismo cellulare
avvengono in acqua, di cui sono composte in gran
percentuale sia le cellule animali e vegetali che i
procarioti   Tutti gli organismi viventi sono costituiti in
             gran parte da acqua (medusa 98%, pomodoro
             95%, mais 70%)
             Il corpo umano è formato per il 60- 70% di
             acqua.
             Siamo nati nell’acqua, dove incominciamo a
             crescere e restiamo fino al momento in cui
             veniamo alla luce.
             Abbiamo bisogno di bere circa 2 litri di acqua
             al giorno
             Nel nostro corpo l’acqua ha anche una
             funzione escretrice, come solvente delle
             sostanze di rifiuto, e termoregolatrice, con la
             sudorazione
Idrografia della Basilicata
I maggiori corsi d’acqua della
Basilicata sfociano nel Mar
Jonio: partendo da Nord Est e
andando verso Sud Ovest
troviamo       nell’ordine    il
Bradano, il Basento, il
Cavone, l’Agri e il Sinni.
I fiumi Melandro e Platano
(affluenti del Sele), il Noce e
il Lao si riversano, invece, nel
Mar Tirreno.
Scorre in parte anche in
Basilicata il fiume Ofanto che
sfocia nel Mar Adriatico.
I fiumi Basento, Agri e Cavone
scorrono interamente nel territorio
regionale,     mentre      i    fiumi
Bradano, Sinni, Noce, Lao e Sele
scorrono in parte nelle regioni
limitrofe    Puglia,    Calabria    e
Campania.
La rete idrografica della Basilicata
viene divisa in 8 bacini di cui 3
regionali: Basento, Agri e Cavone e 5
interregionali: Bradano, Sinni -
Noce, Sele, Lao e Ofanto
I bacini del Bradano e del Basento sono
 caratterizzati da ridotte precipitazioni e da poche
 sorgenti; le portate medie di questi fiumi sono
 piuttosto basse.
 I bacini dell’Agri e del Sinni presentano
 precipitazioni più elevate e sorgenti consistenti; le
 portate medie e di magra di questi due corsi
 d’acqua sono più elevate rispetto agli altri proprio      Bradano
 perché possono godere dell’apporto di numerose
 sorgenti e per il fatto di essere caratterizzati da una
 nevosità maggiore rispetto al Bradano e al Basento.




                                                           Basento


Agri                             Sinni
Tuttavia tutti i corsi d’acqua della Basilicata sono a carattere prevalentemente
torrentizio, per cui mostrano un notevole divario tra le portate di magra e le
portate di piena, ciò vale anche per l’Agri e il Sinni.
Verso valle, l’alveo dei fiumi lucani, soprattutto per il Bradano e il
Basento, tende a formare ripetuti meandri, con greti larghi, che sono soggetti
ad esondazione durante le piene e a impaludamenti nella stagione secca.
Il Noce e il Lao, che sfociano nel mar Tirreno, hanno un’idrografia diversa da
quelli del mar Ionio, essendo più rapidi e brevi.




    Noce                                         Lao
In Basilicata sono stati realizzati dodici invasi (laghi)
artificiali, di cui nove sono caratterizzati da rilevanti o
discrete capacità.
 La diga di Ponte Fontanelle sul Torrente
Camastra, costruita nel 1962, in terra, può contenere
sino ad un volume di 32 Mm3 di acqua, ma è soggetta
al fenomeno dell’interrimento, la sua risorsa idrica è
utilizzata ad uso potabile, irriguo e industriale.
 La diga di Acerenza intercetta il fiume Bradano nei
pressi dell’omonimo comune, realizzata nel 1984, è in
terra e ha un volume di circa 38 Mm3 , l’utilizzazione
delle risorse idriche è a scopo irriguo e potabile.
 La diga di Genzano sbarra il torrente La Fiumarella,
che fa parte del bacino del Bradano; realizzata nel
1978, è situata nel comune di Genzano e ha un volume
di invaso di 56 Mm3 ; l’utilizzazione delle risorse
idriche è sia a scopo irriguo che potabile.
La diga di Serra del Corvo sul torrente
Basentello ricade nel bacino del fiume Bradano ed è
situata nei comuni di Gravina di Puglia e Genzano di
Lucania; è stata realizzata, in terra, nel 1974 e ha un
volume di 28 Mm3; l’utilizzazione delle risorse
idriche è a scopo irriguo.
 La diga di San Giuliano è uno sbarramento
realizzato in cemento sul fiume Bradano nei pressi dei
comuni di Matera, Miglionico e Grottole tra gli anni
1950 e 1955; è caratterizzata da un volume di 107
Mm3 ; le acque sono utilizzate a scopo irriguo.
 La Diga del Pertusillo sul fiume Agri, situata nel
comune di Spinoso, è stata realizzata, in calcestruzzo,
tra il 1957 e il 1963; ha un volume di 145 Mm3 ed
alimenta una centrale idroelettrica caratterizzata da
una produzione di 150b Gwh all’anno; l’acqua in
uscita dalle turbine viene potabilizzata presso un
impianto situato nel comune di Missanello. Oltre che
a scopo potabile e idroelettrico, l’acqua dell’invaso ha
anche una destinazione irrigua.
 La diga di Monte Cotugno sul fiume Sinni è
situata nel comune di Senise, realizzata nel 1972,
è la più grande diga d’Europa in terra battuta; ha
un volume di 450 Mm3; le sue risorse idriche
sono utilizzate in modo vario: a scopo irriguo,
potabile, industriale (approvvigiona l’ILVA di
Taranto).
 La diga sul torrente Lampeggiano è uno
sbarramento realizzato nel 1993, è situato nei
pressi del comune di Lavello ed ha un invaso di
4,6 Mm3 ; l’utilizzazione della risorsa idrica è sia
a scopo irriguo che potabile.
 La diga del Rendina sbarra l’omonimo
torrente ed è situata nei pressi del comune di
Lavello; è stata realizzata tra il 1952 e il 1957; il
volume dell’invaso è di 22,8 Mm3 ; l’acqua è
utilizzata a scopo irriguo.
I laghi di Monticchio
La maggior parte dei corsi d'acqua
della Basilicata         sono stati
intercettati mediante la costruzione
di dighe e laghi artificiali e
sfruttati per uso potabile, irriguo e
per la produzione di energia
idroelettrica.
Vi sono, però, anche laghi di
formazione naturale come: il lago
Sirino, i laghi di Monticchio (due
laghi di origine vulcanica), il lago
Laudemio (alla falde del gruppo
montuoso del Sirino).
I laghi di Monticchio sono due
splendidi laghi presenti all'interno
del cratere del cono eruttivo del
Monte Vulture, costituito da due
bocche. I laghi prendono il nome
della località di Monticchio
(Rionero in Vulture).
Il Lago Grande copre un'area di 40
ettari e si trova a quota 656 metri
sul livello del mare. Il Lago
Piccolo, che copre un'area di 10
ettari si trova a 658 metri sul livello
del mare. I due laghi sono separati
da un sottile lembo di terra e
differiscono l'uno da l'altro per la
colorazione dell'acqua. Infatti, il
Lago Grande ha una colorazione
verde olivastro, mentre il Lago
Piccolo ha un'acqua di colore verde
intenso.
Nel fondo dei laghi sono presenti
numerose sorgenti e le acque
sono popolate di varie specie
ittiche, tra cui tinche, carpe ed
anguille.
Sulle pendici dell'antico cratere
venne       costruita    l'Abbazia
Benedettina di San Michele, sorta
intorno a una delle grotte abitate
da Monaci Basiliani; all'interno di
una cripta si conservano tracce di
affreschi risalenti alla metà del
secolo XI .
La zona è, inoltre, ricca di
numerose sorgenti di acque
minerali utilizzate come acque da
tavola.
Il territorio circostante i due laghi è
ammantato         di     una    rigogliosa
vegetazione. Molte specie floreali e
faunistiche        devono     la      loro
sopravvivenza        grazie   a     questa
rigogliosa vegetazione. E' stupendo
ammirare la "ginestra dei carbonai"
caratteristica per il colore giallo
intenso       dei      fiori,   "l'ontano                            Ontano napoletano
napoletano" con i tipici frutti simili a     Ginestra dei carbonai
piccoli coni, le chiome dei castagni
che, qui, formano boschi molto estesi.
La diffusione del castagno nell'area è
certamente giustificata dalla versatilità
di questa pianta, in grado di fornire una
buona produzione di frutti e fornire il
legname, molto richiesto, anche da
viticoltori e frutticoltori.                                              Castagni
Per ciò che riguarda la
fauna, esistono delle
testimonianze         della
presenza, in epoche
precedenti,       dell'orso
bruno e del capriolo.
Sono         attualmente
presenti      il      gufo
comune, il falco di
palude, e di particolare
importanza         è     la
farfalla         notturna
(Acanthobrahmaea
europea           Harting)
legata alla presenza dei
frassini.
Relazione sull’uscita didattica alle “Fonti
   del Vulture” e ai laghi di Monticchio
Giovedì 29 Maggio 2008, noi alunni delle classi 2° D e 2°
B, abbiamo effettuato un‟uscita didattica a Rionero in
Vulture per visitare lo stabilimento di imbottigliamento di
acque minerali “Le fonti del Vulture” e i laghi di
Monticchio.
Giunti a Rionero, ci siamo fermati nel piazzale antistante
lo stabilimento dove ci attendeva la nostra guida.
Fatte le presentazioni, la guida ha cominciato a darci
delle informazioni sia rispondendo alle nostre domande
che facendocene lui stesso delle altre per capire quello che
conoscevamo sull‟argomento acque minerali.
Abbiamo, così, appreso che l‟acqua minerale del Vulture
impiega da 45 a 50 anni, dal momento in cui cade sotto
forma di pioggia, per essere pronta per il prelievo.
In questo periodo di tempo, l’acqua filtra attraverso il
terreno, si depura, si arricchisce di sali minerali, che
possono essere di diversa quantità e tipo a seconda della
natura del terreno e può arricchirsi di anidride
carbonica, come avviene per le acque effervescenti
naturali.
L’acqua minerale è prelevata dalle falde aspirandola da
pozzi molto profondi e trasportandola con condotte agli
stabilimenti di imbottigliamento. In un’ora si possono
prelevare circa 50 000 litri, anche se la quantità esatta
è stabilita dagli studi di portata, in quanto nelle falde la
quantità d’acqua può variare.
L’acqua minerale non è acqua potabile, in quanto non è
sottoposta a trattamenti di potabilizzazione, non viene
trattata con cloro ma viene imbottigliata così come
sgorga alla sorgente. La sua purezza è assicurata dalla
filtrazione del terreno.
Tuttavia le acque minerali subiscono dei controlli sulla
loro purezza e qualità, mensilmente da parte delle ASL
e senza preavviso da parte dei NAS e giornalmente
vengono fatti controlli anche da parte dei tecnici dello
stabilimento.
L‟acqua è un alimento e come tale va trattata. Le
confezioni di acqua minerale devono essere conservate,
rispettando tutte le norme che valgono per gli altri alimenti,
in un luogo idoneo, lontano da sostanze che emanano
vapori che possono essere assorbiti dalla plastica e alterare
la qualità dell‟acqua; per ragioni di praticità, infatti,
l‟acqua è conservata prevalentemente in bottiglie di
plastica. Anche l‟acqua minerale, come ogni altra bibita, ha
una scadenza: 12 mesi.
Dopo aver ascoltato queste spiegazioni siamo entrati nello
stabilimento per seguire il ciclo produttivo di
imbottigliamento e confezione dell‟acqua.
I contenitori di plastica, per ragioni di praticità di
trasporto, giungono allo stabilimento come “preforme” che
poi vengono “soffiate” in uno stampo modellandole nella
loro forma definitiva.
Le bottiglie vengono, poi, riempite con l‟acqua che arriva
direttamente dalle condotte provenienti dalla sorgente.
Vengono etichettate, assemblate prima in “fardelli“ e poi in
“colli” tramite l‟avvolgimento in fogli di plastica, infine
escono dallo stabilimento caricate sui tir che le portano a
destinazione.
In tutto questo processo l‟acqua non viene mai a contatto
con l‟ambiente esterno, se non nell‟istante in cui le
bottiglie vengono riempite, ma anche in questo momento
ciò avviene in un ambiente chiuso, sterile, ove è presente
aria microfiltrata, per impedire qualsiasi contaminazione.
Terminata la visita, abbiamo ringraziato la nostra guida
per la sua disponibilità e per averci consentito di portar
via, come gadget, delle piccole “preforme” di bottiglie e ci
siamo recati ai laghi di Monticchio.
Qui abbiamo pranzato “a sacco” in un‟area attrezzata.
Successivamente abbiamo fatto una passeggiata lungo il
percorso che costeggia i laghi, osservando e ammirando
quanto già avevamo studiato per prepararci all‟uscita
didattica. La vegetazione ci è apparsa veramente
rigogliosa: ontani, castagni, ginestre, orchidee selvatiche,
erbe e cespugli della macchia mediterranea.
Siamo riusciti a distinguere il diverso colore dei due laghi:
verde olivastro il lago grande, verde intenso il lago piccolo.
Infine ci siamo inerpicati lungo il sentiero che porta
all‟abbazia di San Michele Arcangelo.
Prima di giungervi siamo passati davanti ad un‟antica
grotta- neviera, scavata nella roccia, ora adibita a
negozio di souvenir. Questo ci ha ricordato la nostra
Matera e ciò che avevamo studiato a proposito delle
neviere dei Sassi e della raccolta e conservazione della
neve.
Arrivati all‟abbazia abbiamo potuto visitare la chiesa,
davvero molto suggestiva, con affreschi risalenti
all‟undicesimo secolo. Dalle ampie finestre di questa si
gode un panorama mozzafiato sui laghi.
È stata un‟uscita davvero istruttiva che ha unito
aspetti tecnologici, scientifici, naturalistici e artistici,
senza tralasciare momenti di divertimento.
Video Uscita Didattica“Le Fonti del
  Vulture e i Laghi di Monticchio
LA “FABBRICA” DELL’ACQUA
L’acqua che arriva ai rubinetti di casa subisce un percorso obbligato, a partire dalla fonte di approvvigionamento e per tutto
l’acquedotto. Un acquedotto è l’insieme delle opere destinate alla provvista e alla distribuzione di alti quantitativi di acqua
                          potabile per gli usi pubblici e privati. Ecco le tappe di questo viaggio…




                                                                                      2. TRATTAMENTO


       1. APPROVVIGIONAMENTO




                                                                                    3. ACCUMULO
                 4. TRASPORTO
                       E
                 DISTRIBUZIONE
APPROVVIGIONAMENTO
Le opere di approvvigionamento sono quelle che servono
    per la captazione delle acque. Le possibili fonti di
    approvvigionamento idrico per un acquedotto sono:
• le ACQUE PROFONDE: falde idriche la cui acqua può
    essere prelevata direttamente dalle sorgenti o tramite
    pozzi
• le ACQUE SUPERFICIALI: fiumi, laghi ed invasi artificiali
    formati dalla presenza di dighe
• le ACQUE METEORICHE: derivate dalle precipitazioni.
    Vengono utilizzate di preferenza per l'agricoltura e
    l'industria

…in BASILICATA…
Il Sistema di approvvigionamento di Acquedotto Lucano
     provvede a ricavare l’acqua potabile da circa 400
     sorgenti e dagli invasi del Pertusillo, del Camastra e
     di Monte Cotugno. L’acqua di sorgente è in genere di
     ottima qualità e la sua emissione è costante
TRATTAMENTO
E’ il processo di trasformazione delle caratteristiche dell’acqua per renderla idonea agli
     usi successivi. Avviene in due fasi: la potabilizzazione e la disinfezione.
La potabilizzazione rende l’acqua idonea al consumo umano, con parametri
     organolettici, fisici, chimici, microbiologici rientranti nei valori stabiliti dalle norme di
     legge in vigore. Questo processo avviene in impianti detti “potabilizzatori”
La disinfezione è il trattamento dell’acqua che serve ad eliminare eventuali inquinanti di
     tipo organico. Come agente sterilizzante viene spesso usato il cloro

…in BASILICATA…
Grazie alle sue ottime qualità, l’acqua di sorgente non ha bisogno di particolari
   trattamenti prima di essere avviata alla distribuzione. E’ sufficiente la clorazione nel
   serbatoio di accumulo: è un sistema rapido ed efficace, che avviene utilizzando
   ipoclorito di sodio. L’acqua proveniente dagli invasi, al contrario di quella di
   sorgente, necessita di un processo di potabilizzazione che si struttura in cinque
   fasi:1. accumulo e sedimentazione: l’acqua “grezza” è stoccata presso l’impianto di
   potabilizzazione in un bacino d’accumulo. 2. preclorazione: l’acqua subisce una
   preclorazione con biossido di cloro con l’obiettivo di rimuovere in una fase iniziale
   parte degli inquinanti ottenendo, nel frattempo, una predisinfezione; 3.
   chiariflocculazione: durante questa fase si ha la rimozione di sostanze solide in
   sospensione, tipo argille, colloidi e sabbie. 4.filtrazione rapida: l’acqua, ormai priva
   di ogni sostanza inquinante, è filtrata su filtri rapidi monostrato, costituiti da sabbia;
   5.post-clorazione: l’acqua filtrata è raccolta in una vasca d’accumulo. Subisce la
   post-clorazione con ipoclorito di sodio ed è immessa in un serbatoio di raccolta
ACCUMULO
L'acqua potabile viene immagazzinata in serbatoi per
    brevi periodi, per poi essere distribuita agli utenti
    che ne hanno necessità. I serbatoi consentono di
    disporre di riserve d’acqua in caso di improvvisa
    interruzione del flusso idrico a causa di guasti o
    anche di manutenzione delle opere di trasporto
    dell'acqua, o di picchi di consumo. I serbatoi sono
    in genere collocati in posizione
    sopraelevata, oppure su una torre per l'acqua.
    Grazie alla differenza di altezza rispetto alle case
    degli utenti l'acqua risulta costantemente sotto
    pressione. L'acqua potabile scorre quindi senza
    bisogno di energia supplementare fino ai rubinetti.
    Ma spesso accade anche che i serbatoi degli
    abitati si trovino a quote più alte rispetto agli
    adduttori idrici principali, per cui è necessario
    l'impiego dei sollevamenti meccanici

…in BASILICATA…

Gli impianti di sollevamento utilizzati da Acquedotto
     Lucano sono in tutto 98, mentre 593 sono i
     serbatoi dislocati in aree diverse della Basilicata
TRASPORTO E DISTRIBUZIONE

L’impianto di trasporto è costituito da tutte le opere necessarie
    per convogliare le acque degli impianti di captazione agli
    impianti di accumulo e poi a quelli di distribuzione. Si tratta
    di un complesso di gallerie idrauliche, di condotte, di
    tubazioni, di impianti di sollevamento che portano l’acqua
    ai serbatoi di distribuzione costituiti da grandi cisterne.
Per impianto di distribuzione si intende invece il complesso
    delle condotte che portano l’acqua agli edifici che devono
    essere serviti. Le principali opere della distribuzione sono
    costituite da tubazioni installate lungo le strade dei centri
    abitati
…in BASILICATA…
Acquedotto Lucano è un gigantesco sistema di
    infrastrutture, collegate da più di 7.000 chilometri di
    tubazioni, che si distinguono fra adduttrici (condotte che
    trasportano l’acqua dalla sorgente, o dall’invaso, al
    serbatoio), e distributrici (che trasportano l’acqua dal
    serbatoio ai rubinetti delle abitazioni). Con i 7.000
    chilometri di condotte di Acquedotto Lucano, non solo è
    possibile collegare diversi comuni della regione, ad
    esempio Matera a Potenza, ma sarebbe possibile coprire
    l’intera lunghezza della Muraglia Cinese, e addirittura la
    lunghezza del fiume Nilo.
Geomorfologia, idrologia e clima del
       territorio materano
Il territorio materano è detto anche Murgia
materana.
Murgia (dal latino murex o murices: sporgenza
rocciosa, scoglio aguzzo o sasso acuto) è un
termine, usato in Basilicata, Calabria e
Puglia, per indicare un altopiano terrazzato, la
cui roccia sedimentaria di origine marina, alla
base, è costituita da calcari compatti bianco-
grigiastri, e, nella parte superiore, da
un’arenaria: la calcarenite, comunemente
conosciuta come tufo calcareo. Tuttavia la roccia
dura, il calcare, affiora in più punti.
Il territorio è caratterizzato da numerosi solchi di
erosione: le “Lame” meno profonde, e le
“Gravine” più profonde con pareti molto ripide.
Il processo di formazione della Murgia inizia circa 70 milioni di anni
fa, nel Cretaceo superiore, e termina alla fine del Pleistocene medio, circa
700 mila anni fa, quando si formano le profonde incisioni della Gravina di
Matera e della gravina di Picciano. In questo lungo intervallo di tempo si
alternano periodi in cui la Murgia è sommersa dal mare e periodi in cui
emerge.
Geograficamente l'altopiano calcareo della
Murgia materana (altezza media 450 m s.l.m.) è
caratterizzato da alture collinari, solchi profondi
(gravine),     rughe       (valloncelli),   piccole
depressioni (vallicelle e lame), inghiottitoi e
grotte di origine carsica.
Sul fondo degli avvallamenti e dei terrazzi ci
sono depositi di terre ricche di ossido di ferro
dette “terre rosse”, sempre dovute a fenomeni di
carsismo.
 Il territorio materano è, per lo più, nudo e
accidentato ma anche con ampie zone di
boscaglia e macchia mediterranea.
Il manto di tufo, ricco di fosfati, che ricopre per
buona parte la Murgia, permette l’arboricoltura
poiché consente alle radici una facile
penetrazione e un lento assorbimento dell’acqua.
Inoltre, un ricco humus, asportato dalle
piogge, va a colmare le “vallatelle”, permettendo
lo sviluppo delle coltivazioni erbacee.
L’area murgiana, per la natura stessa del
terreno, è priva di veri e propri corsi d’acqua
superficiali. La roccia calcarea, ricca di fessure
e permeabile, dà luogo a torrenti e scorrimenti
superficiali solo quando le precipitazioni sono
così violente da non lasciare il tempo all’acqua
di penetrare nella roccia.
È presente, invece, un’idrografia sotterranea
alimentata dall’acqua piovana.
Tra i torrenti delle “gravine” più profonde, che
sopravvivono       alla    siccità    dei      mesi   Torrente Jesce
estivi, ricordiamo: il torrente Gravina di
Matera, che costeggia il lato est della città, il
torrente Gravina di Picciano ad occidente, il
torrente Jesce che alimenta, nel tratto
terminale, un laghetto di acqua perenne: lo
“Jurio”, ossia gorgo. Questo bacino serviva per
il rifornimento idrico nei periodi di siccità.
L’agro materano è lambito dal fiume
Bradano, lì dove questo viene sbarrato dando
origine alla diga di S. Giuliano.
                                                          Lo Juro
Matera, che fa parte dell’area collinare
orientale della Basilicata, ha un clima
temperato semiarido ad estati secche, con
escursioni stagionali di circa 16°C, con
piovosità media che si aggira sui 600 mm annui
ed un bilancio idrico fortemente deficitario nei
mesi estivi. Rientra nell’area climatica che si
estende lungo i confini con la Puglia e lungo le
coste dello Jonio (Bernalda, Matera, Nova
Siri, Palazzo S. Gervasio, Lavello). I mesi caldi
sono generalmente 3, a volte 4 e compaiono da
Giugno ad Agosto, raramente Settembre. Sono
mesi         confortevoli       maggio          e
ottobre, accompagnati da aprile o settembre.
Possono presentarsi sino a 6 mesi freddi e sino
a 5 mesi molto freddi.
Il clima murgiano è, perciò, tipicamente
mediterraneo, con piogge in autunno-
inverno, scarse in primavera e quasi assenti in
estate. La temperatura media va da una minima
di 8,7° C a una massima di 22,8° C. La minima
e la massima registrate hanno toccato i – 7 ° C
e i 35° C. Le massime, in genere, sono
accompagnate dal vento caldo “Favonio” che
spira da Sud Sud-Ovest.
Il carsismo
Per carsismo si intende quel particolare processo chimico attraverso cui la acque meteoriche (pioggia, neve ..) e sorgive
sciolgono ed erodono (consumano) le rocce calcaree e altre rocce solubili.
l fenomeno prende il nome dal Carso, un altopiano delle Alpi orientali, in cui è particolarmente evidente questo tipo di
processo.
Le rocce calcaree sono formate da carbonato di calcio che è poco solubile nell’acqua pura, ma nelle acque meteoriche è
presente sempre, in soluzione, una piccola quantità di anidride carbonica che, combinandosi con l’acqua, forma l’acido
carbonico; la presenza di questo acido fa sì che l’acqua possa intaccare il carbonato di calcio, formando il bicarbonato
di calcio, il quale essendo solubile in acqua, può essere facilmente asportato dalle rocce.
Schematizzando:
                                ANIDRIDE CARBONICA + ACQUA                            ACIDO CARBONICO

            ACIDO CARBONICO + CARBONATO DI CALCIO                                     BICARBONATO DI CALCIO
                                                                                            Solubile in acqua
Il processo di dissoluzione delle rocce calcaree è tanto più intenso e rapido quanto più facilmente le acque meteoriche
possono penetrare nella roccia e, cioè, quanto più la roccia è fratturata.
Se il calcare non è puro, possono restare nel suolo minerali residui, che conferiscono colorazioni particolari al terreno;
nelle regioni mediterranee, quindi anche a Matera, resta spesso una copertura di argilla rossa (terre rosse). Si forma,
così, un suolo, anche se ridotto, in grado di trattenere acqua e utilizzabile per le coltivazioni.
Dove lo strato calcareo ha uno spessore di decine o centinaia di metri, le precipitazioni sono frequenti e sono presenti
rilievi, il carsismo porta a un territorio caratterizzato da:
Assenza di fiumi o forme di scorrimento superficiali e rete idrografica sotterranea.
Le zone carsiche sono sempre caratterizzate da una notevole aridità: manca la circolazione superficiale poiché
l’acqua, erodendo, penetra nello strato roccioso e crea una circolazione sotterranea.
Forme superficiali di erosione causate dalla dissoluzione delle rocce
Forme geomorfologiche sotterranee, come grotte e cavità.
L’acqua, penetrando nelle fratture, ingrandisce le cavità formando grotte o gallerie, all’interno delle quali si può
stabilire una circolazione idrica di una certa entità, fino alla costituzione di veri e propri fiumi sotterranei. Queste
grotte, talvolta si aprono all’esterno.
 Nelle grotte si formano spesso delle concrezioni calcaree perché l’acqua che contiene il carbonato di calcio in
soluzione, a contatto con l’aria, perde una certa quantità di anidride carbonica, diminuisce l’acidità e si ha un processo
inverso a quello della dissoluzione del calcare, ossia, il bicarbonato di calcio si trasforma in carbonato di calcio, che
essendo insolubile si accumula formando le stalattiti (pendono dal soffitto) e le stalagmiti (dal basso verso l’alto). Se
stalattiti e stalagmiti si incontrano si formano le colonne di alabastro.
Relazione sull‟uscita didattica
            alla diga di San Giuliano
Il 7 febbraio 2008, con le classi 2a B e 2a D, ho fatto
un‟uscita didattica alla Diga di San Giuliano.
Ero curiosa di scoprire dal vivo il suo habitat
naturale di cui i miei insegnanti mi avevano
anticipato le bellezze. Osservando attentamente il
territorio che mi circondava, mi sono accorta della
varietà del paesaggio: il lago, infatti, è circondato da
una cornice di colline e da tanta vegetazione, in parte
spontanea, in parte opera dell‟uomo. Nei terreni
circostanti un tempo cresceva una vegetazione
xerofila che, grazie alle trasformazioni dovute alla
presenza dell‟acqua, è diventata igrofila. Il paesaggio
che ora si presenta ai nostri occhi è un paesaggio
incantato che ha attirato anche molti uccelli
migratori che hanno scelto l‟ambiente del lago come
loro dimora fissa.
La diga nasce dalla costruzione dello sbarramento
del fiume Bradano nel luogo in cui il fiume si
restringe bruscamente in una forra rocciosa incisa
nella formazione calcarea in cui si svolge il corso
del fiume. Questi ha un letto che va via via
restringendosi verso la Murgia Piccola. L‟intero
territorio, dagli anni ‟50, è proprietà dello
Stato, che l‟ha dato in concessione al Consorzio di
Bonifica del Bradano e Metaponto. Il territorio
della     riserva    fa     parte     dell‟agro    di
Matera, Miglionico e Grottole e comprende parte
del medio corso del fiume Bradano, il lago e la
gravina.
La superficie del lago misura circa 8 km2. e ha una
capacità di 100 milioni di m3 d‟acqua. L‟acqua
presente nell‟invaso di San Giuliano viene
utilizzata per scopi agricoli grazie ad un sistema di
canalizzazioni. L‟acqua in eccesso viene scaricata
grazie alle paratoie che si aprono a seconda della
quantità d‟acqua da scaricare.
Ultimamente è stata installata anche una piccola
centrale idroelettrica per la produzione di energia
che poi il Consorzio rivende all‟Enel.
Dal 1976 la diga è inserita in un‟oasi naturale
regionale di circa 100 ettari in cui numerose specie
animali e vegetali hanno trovato il loro habitat.
L‟oasi protetta dal WWF comprende un‟area
all‟interno dei comuni di Matera, Miglionico e
Grottole. La sua storia è legata a quella dell'omonimo
invaso artificiale creato dallo sbarramento sul fiume
Bradano avvenuto tra il 1950 e il 1957. L'intera area
protetta include un tratto fluviale a monte del lago, il
lago vero e proprio ed un tratto di fiume a valle dello
sbarramento.
Dal punto di vista geomorfologico l'area è
caratterizzata da colline argillose digradanti verso il
lago; ma, nel tratto immediatamente a valle dello
sbarramento, il fiume Bradano scorre nei calcari del
Cretaceo formando la "gravina". La coltura prevalente
è quella cerealicola con quote marginali riservate
all'olivo, vite, ortaggi e frutta. Intorno al lago vi sono
alcune masserie che allevano prevalentemente ovini e
bovini.
Il WWF ha creato qui delle strutture per la
salvaguardia e lo studio dell‟avifauna e della
flora e per la divulgazione della cultura
ambientalista; un esempio ne è il centro
visite dell‟oasi, il centro di primo soccorso
per gli animali malati o feriti e delle
capannine per l‟osservazione della fauna in
libertà. Molto bello è stato il momento in cui
abbiamo liberato, insieme alla guida, due
poiane che erano state curate dagli operatori
del WWF.
Sul tetto della sede del consorzio di bonifica
è presente una stazione meteorologica
completa                                    di
anemometro, igrometro, termometro e
pluviometro.
Dopo aver ascoltato la nostra guida che ci ha
illustrato le numerose bellezze del lago, è arrivata
per noi la parte più affascinante della giornata:
quella dedicata al birdwatching. Ci siamo sistemati
sul versante destro del bacino che, essendo
piuttosto alto rispetto al livello dell‟acqua, offre al
visitatore, se fornito, come noi, di binocolo, uno
scenario davvero inimmaginabile: svassi maggiori
che percorrono lunghi tratti sott‟acqua, alberi che
ondeggiano nella direzione del vento, aironi
cinerini disposti quasi in fila indiana in bilico su
una sola zampa, garzette dalle piume bianco neve;
il tutto circondato da una vegetazione dalle varie
tonalità del verde, insomma tutto davvero
emozionante.
Video Uscita Didattica
“Oasi di san Giuliano”
La collina di La Nera e le sue falde
                idriche
Il nome dato alla località, “La Nera”, deriva da
quello di un albero, il Prunus mahaleb o ciliegio
canino, denominato comunemente “La Nera” per
via dei suoi frutti piccoli e neri, che cresceva
diffusamente tra gli orti e i giardini del luogo.
Quest’area agricola si estendeva su un’altura, la
collina dei Lapilli, al di fuori della città, allora
racchiusa nei Sassi.
Vi si producevano ortaggi e leguminose ed era ricca
di alberi da frutto e vigneti grazie all’abbondanza di
acqua, per la presenza di falde freatiche dovute alla
struttura morfologica del terreno, formata da
arenarie, permeabili, e da sottostanti argille,
impermeabili.
 Le acque meteoriche, penetrando nel terreno,
alimentavano i pozzi sparsi nella zona collinare,
defluivano più giù nelle cisterne del centro di Matera
o si raccoglievano presso la chiesa del Purgatorio, nel
cosiddetto “lago di città”, da molto tempo ormai
prosciugato.
Nel punto in cui ora sorge il palazzo
occupato dagli uffici del Giudice di Pace,




                                                  Flussi idrici dalle colline
all’angolo tra via Lucana e via La Nera, vi




                                                        verso la città
era un acquedotto che canalizzava verso la
città le acque provenienti dalla collina,
garantendo ai Materani buone fonti idriche.
Oggi tutto è cambiato. Del prunus mahaleb
non vi è più traccia e degli antichi orti ne è
rimasto solo uno, davanti alla Scuola Media
“N. Festa”, curato da un vecchio ortolano.
Il quartiere, che si è man mano sviluppato su
tutta la collina di La Nera e verso il Castello
Tramontano, dove terminava la via
Montigny, oggi via Gramsci, ha avuto
come nucleo originario il rione sorto alla
fine degli anni ’50 per ospitare le famiglie
sfollate dai Sassi, secondo il piano
regolatore elaborato dall’architetto Luigi
Piccinato.
Abbiamo più volte effettuato uscite didattiche in
questo quartiere, che è quello a cui appartiene la
nostra scuola. Ultimamente siamo andati alla
ricerca dei segni della presenza dell’acqua, di
quelle falde che hanno alimentato per molto tempo
il fabbisogno idrico della città.
Ci siamo soffermati ad osservare la rigogliosa
vegetazione che cresce spontanea nei luoghi non
cementificati.
Abbiamo localizzato l’ultimo pozzo ancora
funzionante, ben evidente, proprio di fronte
all’ingresso della “N. Festa”.
Qualcuno di noi ha ipotizzato che l’umidità che si
nota nella sala teatro della scuola, parzialmente
interrata è, probabilmente, dovuta alle infiltrazioni
d’acqua che risale in superficie.
Soprattutto, pero, abbiamo rilevato la presenza di
due piante che crescono spontanee qui e che sono
indicatrici della presenza d’acqua: La canna
domestica o comune (arudo donax) e la coda
cavallina (equisetum arvense). Riportiamo, di
seguito, alcune notizie su queste due specie
vegetali.
Nome volgare: Canna domestica o comune o gentile
Nome scientifico: Arudo donax
Famiglia delle Graminacee - Genere Arundo
La canna comune (Arundo donax), nativa dell'Asia
occidentale e del bacino mediterraneo, è particolarmente
diffusa nelle regioni mediterranee, si caratterizza per il
grosso rizoma. Il fusto eretto detto culmo, è alto fino a 4
m. Da esso si dipanano grandi foglie lanceolate il cui
margine presenta piccolissimi denti che le rendono
taglienti e fiori in pannocchia violaceo-argentea.
Nome volgare: Coda cavallina, asperella, coda equina ,
code di cavallo code d'asino.
Nome scientifico: equisetum arvense - Divisione
Pteridophita - Famiglia Equisetacee – Genere Equiseto
Alto da 20 a 65 cm, perenne, l’equiseto è molto
particolare in quanto ha radici, ma né fiori né semi, la sua
riproduzione è assicurata dalle spore, con involucro è
costituito da 4 strisce elastiche che si srotolano quando
l’aria è calda, liberandole.
Sullo stesso ceppo si succedono due fusti differenti, il
primo compare in primavera, è fertile, lungo 10-25 cm,
non ramificato, di colore rossastro e porta all’ apice la
spiga con le spore, scompare in estate. Viene sostituito da
un fusto sterile verde, scanalato, cavo, molto ramificato,
alto fino a 50 cm, diviso in segmenti separati tra loro da
nodi. I rami sono verticillati, gracili, ruvidi.
Matera e le sue soluzioni alla
             scarsità d’acqua
Prima di affrontare il discorso sulle
soluzioni che la città di Matera ha trovato
nel corso della storia alla naturale
mancanza d’acqua, dovuta all’aridità del
territorio della Murgia, le nostre
insegnanti, per motivarci, ci hanno
proposto la visione di un documentario
della serie “Quark”
Si parlava proprio di Matera e delle
strategie per recuperare ogni singola
goccia d’acqua caduta dal cielo.
Dopo la visione ci è state posta una serie di
domande, a cui abbiamo dato risposta e
che proponiamo di seguito.
D. Perché a Matera, per avere accesso
all’acqua, è stato necessario costruire
delle cisterne?
R. Matera è una città povera d’acqua
poiché non ci sono fiumi o torrenti che
possano       garantire      il    necessario
approvvigionamento idrico; per risolvere
questo problema in passato si sono scavate
nella roccia tufacea delle cisterne al fine di
raccogliere ed utilizzare l’acqua piovana.
D. Quando sono stati scavati nella roccia
i primi canali, grondaie e vasche nei
Sassi?
R. I primi canali e le prime vasche e
grondaie risalgono all’età del Bronzo, che
va dalla fine del 3000 a. C. al 700 a. C.
D. A cosa l’autore del documentario
paragona i Sassi di Matera e i suoi canali
lungo i pendii?
R. L’autore del documentario paragona il
sistema di canali presenti lungo i pendii dei
Sassi di Matera ad un albero con le sue radici:
i canali rappresentano le radici dell’albero e le
cisterne ne costituiscono il tronco e la
chioma.
D. Perché venivano costruite più cisterne
in comunicazione l’una con l’altra?
R. Venivano costruite più cisterne
comunicanti tra loro per fare in modo che
l’acqua si depurasse.
D. Con l’aumento della popolazione come
vennero utilizzate alcune cisterne?
R. Con l’aumentare della popolazione si rese
necessario trovare nuovi spazi da destinare ad
uso abitativo, così spesso furono svuotate
delle cisterne e l’ambiente interno venne
modificato in modo tale da realizzare delle
case – grotta.
D. Come venivano irrigati i giardini
pensili?
R. I giardini pensili venivano irrigati grazie
ad un complesso sistema di grondaie
D. Perché si scelse il territorio della
Murgia per fondare i primi insediamenti?
R. Si scelse il territorio della Murgia perché
era riparato dalle intemperie, presentava una
pendenza adeguata per la raccolta dell’acqua
piovana, c’era vegetazione ed erano già
presenti parecchie grotte naturali; inoltre la
roccia calcarea che caratterizza la Murgia
poteva essere facilmente scavata e modellata.
D. Perché le case – grotta venivano
costruite in pendenza?
R. Le case-grotta venivano costruite in
pendenza perché in questo modo in estate i
raggi solari non superavano l’ingresso,
quindi l’interno dell’abitazione si manteneva
fresco; in inverno, invece, i raggi del sole,
più inclinati, riuscivano ad arrivare in fondo
alla casa – grotta riscaldando tutto
l’ambiente.
D. Su cosa si basava l’economia di
Matera?
R. L’economia materana si basava
principalmente sull’agricoltura, sull’
allevamento e sul commercio della lana.
Matera era una tappa importante della
transumanza.
D. Perché Matera subì un tracollo
economico e decadde?
R. Matera subì un tracollo economico e
decadde perché risentì fortemente della
concorrenza         dell’Inghilterra     e
dell’Australia nel commercio della lana.
Approvvigionamento idrico a Matera
  prima dell’arrivo dell’acquedotto


                                                       Modalità di

                                                   approvvigionamento


                                                                     Fontana
            Cisterne             Palombari   Neviere                            Pozzi   Jurio
                                                                     pubblica



A campana              A tetto
Le cisterne
In un territorio come quello materano, caratterizzato dalla scarsità
d‟acqua, le cisterne, a campana o a tetto, avevano la funzione di
raccogliere l‟acqua, per lo più piovana, per i bisogni dei cittadini.
Ogni casa dei Sassi aveva la sua cisterna a campana, scavata nella
roccia spesso ubicata all‟ingresso dell‟abitazione, per raccogliere più
facilmente l‟acqua canalizzata della strada o dei tetti. Quest‟acqua
veniva usata per usi domestici e per abbeverare le bestie. Quando le
cisterne servivano più case di un unico vicinato, nella vendita di
una delle case veniva citato nell‟atto notarile l‟uso della cisterna.
Cisterne molto grandi, ottenute dalla fusione di più unità,
prendevano il nome di palombari, questi potevano raccogliere sia
acqua sorgiva che piovana. L‟acqua del palombaro veniva tenuta di
riserva e i boccagli erano aperti e messi a disposizione dei cittadini
quando le altre fonti scarseggiavano. L‟adduzione delle acque, sia
per le cisterne sia per i palombari, avveniva tramite dei canaletti.
Nella piazza erano in funzione tre palombari:
uno di acqua sorgiva, vicino alla fontana
pubblica, il secondo di acqua per lo più piovana
(chiamato Palombaro lungo), con tre boccagli,
era posto ai margini dello slargo di S.
Domenico, il terzo, presso il cappellone del ss.
Rosario, veniva aperto in caso di estrema
necessità.
Le cisterne a tetto, dette anche palombari a
tetto, erano costruite nelle campagne, dove
erano anche presenti cisterne a muro,
microcisterne e vasche per abbeverare gli
animali e raccogliere ogni singola goccia
d‟acqua.
Le cisterne a campana

Le cisterne a campana, così chiamate per la loro tipica
forma, venivano scavate nella roccia tufacea, la
calcarenite, e poi impermeabilizzate intonacandole con
calce, pozzolana e cocciopesto.
Lo scavo della cisterna partiva da una circonferenza
iniziale di diametro alquanto ridotto e poi si allargava
progressivamente verso il fondo, proprio come una
campana dove raggiungeva ampiezza e profondità di
alcuni metri.
Nei Sassi le cisterne raccoglievano, tramite
canalette e grondaie, l‟acqua piovana, del vicinato,
dei tetti e della strada, che serviva per gli usi
domestici e per abbeverare gli animali. Ogni cisterna
poteva servire per una singola abitazione, ed era
posta ad un lato dell‟ingresso, o per l‟intero
vicinato.
Prima che l‟acqua arrivasse alla cisterna, spesso
decantava in piccole fosse. Questa tecnica delle
vasche di decantazione era già usata sin dal
Neolitico, come dimostra il sistema di vasche di
diversa profondità, collegate tra loro, scoperte da
Domenico Ridola a Murgia Timone.
Il sistema di canalizzazione dell‟acqua piovana, nei
Sassi, con i terrazzamenti che facilitavano il defluire
dell‟acqua verso il basso, le canalette, le grondaie,
faceva in modo che nemmeno una goccia d‟acqua
potesse andare persa. Quando è venuta a mancare la
manutenzione delle canalizzazioni e alcune cisterne
sono state destinate ad altri usi, tra cui quello
abitativo, i Sassi hanno incominciato a risentire
della mancanza d‟acqua e a diventare sempre meno
vivibili.
Le cisterne a tetto
Le cisterne a tetto, presenti in tutto il
territorio della Murgia materana, come quelle
di jazzo Gattini, masseria Del Monte, sono
collocate sul fondo di una conca, dove sviene
convogliata l‟acqua che, durante le piogge,
scorre lungo la pendenza del terreno.                Mappa cisterne a tetto
Sono formate da una parte scavata e una parte
costruita. La parte scavata è intonacata a
pozzolana (materiale impermeabile e resistente
di origine lavica) , calce e cocciopesto. La parte
costruita è appoggiata a due spallette laterali
dello scavo con funzione di sostegno e presenta
una volta a botte fatta con quadrelli di tufo.
La volta fuoriesce dal terreno di circa 50 cm;
la copertura è molto spiovente per favorire lo
scorrimento delle acque ed è pavimentata con
chianche di tufo dure.
La cisterne a tetto sono provviste di una finestrella
per il controllo del livello dell‟acqua e per aerare il
locale. L‟apertura delle cisterne, “vuccuaro”, ha la
funzione non solo di prelevare l‟acqua ma anche di
permetterne la pulizia e la manutenzione.
Due colonnine di tufo sostengono un meccanismo
simile alla carrucola (macegna) che, ruotando intorno
ad un asse di legno, permette l‟avvolgimento della
corda (zoca, fatta di peli di animali) a cui sono
attaccate le “jalette” (secchi di legno).
Il punto di deflusso dell‟acqua in eccesso, denominato
troppo pieno, porta l‟acqua in più in un‟altra cisterna
oppure la disperde nuovamente nel terreno.
Esistono esempi di cisterne, collegate
con vasche costruite in tufo o scavate
nella roccia, in cui l‟acqua prima di
raggiungere la cisterna stessa viene
decantata.
Le cisterne a tetto erano utilizzate dai
pastori per abbeverare il bestiame al
rientro dal pascolo: dalla cisterna
veniva prelevata l‟acqua e versata in
collettori che la portavano in vasche
per l‟abbeveraggio comunicanti tra
loro.
Il Palombaro Lungo
Di recente, nel compiere
lavori di stabilizzazione e
consolidamento del piano
stradale che dessero anche
un nuovo assetto alla
Piazza Vittorio Veneto, è
venuto alla luce uno
straordinario complesso
ipogeo; la sua datazione
non è semplice, ma sembra
che alcune strutture siano
addirittura        anteriori
all‟anno 1000 e con ogni
probabilità
appartenevano all‟antico
“Fondaco di Mezzo”
Prima del 1880, infatti, data in cui fu
realizzata l‟attuale Piazza Vittorio
Veneto, tra il Monastero dell‟Annunziata e
il Monastero dei Domenicani c‟era la “Porta
grande” o “della Bruna”, difesa da alcuni
fortilizi. Da questa porta partiva la strada
per la fontana pubblica, mentre a sinistra si
sviluppava il “Fondaco di Mezzo”, uno dei
due mercati settimanali di Matera
I Fondaci hanno avuto massima fioritura
tra l‟undicesimo e il quattordicesimo
secolo, quando fu in auge il mercato nel
Mediterraneo. Quello materano si teneva il
lunedì.
Nel 1880, con la realizzazione della nuova
Piazza su di un piano superiore rispetto alla
preesistente “Piazza del Mercato”, il
Fondaco con le sue strutture caratteristiche
fu coperto e dimenticato.
Oggi, grazie ai lavori di recupero e riqualificazione, è possibile visitare questo
importante patrimonio e apprezzarne la complessità e la
varietà, ricavandone anche importanti informazioni sulla vita quotidiana di
un tempo.
Gli ipogei di Piazza Vittorio Veneto, che mantengono ancora la tipica
pavimentazione a “chiancarelle”, sono ricchi di ramificazioni e sono
caratterizzati da grotte di varia dimensione, utilizzate in passato per scopi
assai diversi.
Sull‟antica piazza si aprono infatti cinque varchi che ci introducono in
strutture differenti, alcune molto articolate e di difficile identificazione.
Probabilmente solo poche di queste strutture erano utilizzate come botteghe;
alcuni di questi ambienti erano senz‟altro delle cantine, di cui, in alcuni
casi, sono ancora visibili i palmenti; molti altri invece costituivano delle
cisterne.
Il motivo della presenza di tante cisterne è rintracciabile nella
grande necessità che i Materani avevano di raccogliere e
conservare l‟acqua, visto che i periodi di siccità erano frequenti.
Il territorio di Matera ha infatti una piovosità molto bassa e il
torrente Gravina, piccolo e incostante, non poteva fornire in
alcun modo il necessario apporto d'acqua; di
conseguenza, l‟unico modo che gli abitanti avevano per
assicurarsi l‟approvvigionamento idrico indispensabile alla
sopravvivenza era fare ricorso a strutture come le cisterne, in
grado di “imbrigliare” l‟acqua piovana e quella che si
condensava con l‟umidità notturna.
In genere ogni casa, cantina, bottega, grotta, aveva almeno una
cisterna per la raccolta dell‟acqua per usi domestici, mentre
quella potabile veniva prelevata alla fontana pubblica che, per
oltre seicento anni ai piedi del colle del Lapillo (collina del
castello Tramontano), ha distribuito l‟acqua intercettata dalla
falda freatica.
C‟erano poi delle “cisterne comuni”, di grandezza
variabile, alimentate con l‟acqua piovana che si raccoglieva dalle
strade e dai tetti. Al fine di depurarla, ingegnosamente era stato
“progettato” un sistema di piccole vasche comunicanti tra loro
che avevano la funzione di “vasche di decantazione”; in questo
modo l‟acqua che arrivava nelle cisterne e veniva poi prelevata
dai cittadini tramite i boccagli presenti sul soffitto era filtrata e
“purificata”.
Negli ipogei di piazza Vittorio Veneto, ai
margini dello slargo di San Domenico, è
presente il più grande pozzo – cisterna
della città di Matera, il cosiddetto
“Palumbaro Lungo”. I “Palumbari”
costituivano delle preziose riserve d’acqua e
la città ne possedeva diversi, ma quello che
è venuto alla luce con i lavori di
riqualificazione della piazza è senza
dubbio il più maestoso.
E' profondo ben 15 metri e, percorrendo
quasi tutta la piazza ipogea, ha una
lunghezza di oltre 50 metri.
Poteva contenere circa 5000 metri cubi di acqua. Fu
ingrandito proprio nel 1880, quando si interrò il
Fondaco di Mezzo, e per ampliarlo furono abbattute
case – grotta, altre cisterne, cantine, neviere, al fine di
renderlo capiente a sufficienza per far fronte alle
esigenze di una popolazione ormai cresciuta.
Aveva tre boccagli, riceveva acqua piovana e sorgiva e
veniva aperto nei periodi in cui l’acqua scarseggiava o si
era in piena siccità.
Malgrado questa struttura di riserva, l’acqua veniva a
mancare comunque e, fino all’arrivo dell’acqua del Sele
nel 1926, si era costretti spesso a scendere nella Gravina
per attingere acqua dallo Jurio, il laghetto perenne
alimentato dal torrente Jesce.
Relazione sull’uscita didattica al
       Palombaro lungo
                  Mercoledì, 3 ottobre 2007, noi alunni delle
                  classi IID e IIB, accompagnati dalle
                  professoresse, abbiamo visitato una parte
                  degli Ipogei di Piazza Vittorio Veneto, in
                  particolare il “Palombaro Lungo”.
                  Abbiamo fatto questa uscita didattica
                  perché quest‟anno, nell‟ambito del
                  laboratorio        di       studio      del
                  territorio, studieremo l‟acqua. Ci ha fatto
                  da guida l‟architetto Tonio Acito che ha
                  curato il recupero dei locali ipogei. Sotto
                  l‟occhio vigile dei nostri professori
                  abbiamo ascoltato interessati tutto quello
                  che la nostra guida d‟eccezione ci ha
                  spiegato, scattando anche qualche
                  fotografia.
Arrivati in piazza Vittorio Veneto, siamo scesi attraverso una scalinata e siamo giunti in
un ambiente in cui erano visibili degli affreschi; si trattava dell‟antica Chiesa chiamata
“Cripta dello Spirito Santo”. Fu scavata intorno al 900 e la nostra guida ci ha detto che
faceva parte di essa anche il campanile che oggi appartiene alla sovrastante chiesetta “dei
cavalieri di Malta” . Fino a 17 anni fa la Cripta dello Spirito Santo e le cisterne che fanno
parte della piazza ipogea erano coperte. Furono occultate infatti nel 1880, quando venne
costruita al livello superiore l‟odierna Piazza Vittorio Veneto. Dell‟antica Piazza del
Mercato ipogea si perse, così, ogni memoria.
Dopo questa spiegazione ci siamo inoltrati in un
luogo buio e umido, che abbiamo illuminato con le
torce: il “Palombaro Lungo”, un insieme di cisterne
per la raccolta dell‟acqua fuse a formare un pozzo
comune, il più grande della città. Conteneva circa
5000 metri cubi d‟acqua.
La nostra guida ci ha rivelato che al momento della
scoperta dell‟antico Palombaro, la sua prima
impressione è stata quella di trovarsi all‟interno di
una cattedrale dell‟acqua. La struttura, infatti, è
imponente, con pareti e colonne altissime
interamente scavate nella roccia.
Tempo fa l‟acqua piovana proveniente dai
sovrastanti pendii si raccoglieva e confluiva dove
ora si trova la moderna fontana di Piazza Vittorio
Veneto. Scendeva attraverso dei canali e entrava
nel Palombaro Lungo tramite delle aperture nella
volta; vi erano, poi, sulla piazza, “bocche di
approvvigionamento” che ne permettevano il
prelievo.
L‟architetto Acito ha provato a farci fare
delle ipotesi che spiegassero la presenza di
tracce arancioni simili a cerchi, sulla volta
del Palombaro. Le nostre ipotesi, però, sono
risultate non corrette, perciò la nostra guida
ci ha spiegato che erano tracce di ruggine
formatesi in seguito al contatto dei
secchi, che i materani avevano perso nel
pozzo, con il soffitto.
Il Palombaro Lungo era una grande riserva
d‟acqua e per i cittadini di Matera era
davvero importante, infatti stabilivano delle
regole per utilizzarla al meglio. Ad ogni
famiglia era assegnata una quota massima di
secchi da poter prelevare.
Poiché la calcarenite, ossia la roccia tufacea
degli ipogei, è molto porosa, viene da chiedersi
come abbiano fatto i materani a conservare
l‟acqua in ambienti scavati in questo tipo di
materiale. La nostra guida ci ha risposto che le
cisterne       venivano       impermeabilizzate
utilizzando
calce, pozzolana, cocciopesto, ossia frammenti
di mattoni, e paglia.
Il Palombaro Lungo fu utilizzato come riserva
d‟acqua fino all‟arrivo dell‟acquedotto, nel
1926.
Annessa al Palombaro lungo vi è una
neviera, un ambiente di forma conica in cui la
neve veniva raccolta attraverso un boccaglio
posto sul soffitto e conservata grazie
all‟azione isolante della paglia.
Al termine della visita l‟‟architetto Acito ci ha
condotto presso il suo studio, dove ci ha
mostrato il plastico degli ambienti ipogei che
avevamo appena visitato
Il Palombaro Lungo ci ha affascinato molto e
vorremmo tanto ritornarci.
Le neviere
I nostri antenati non avevano i mezzi e le
tecnologie di cui disponiamo adesso per
conservare i prodotti alimentari deperibili e per
rinfrescare le bevande; si servivano per questo
della neve- ghiaccio che raccoglievano e
ammassavano in strutture chiamate neviere.
Vi erano neviere nei Sassi, in periferia e sulla
Murgia, sia per uso privato, piuttosto
piccole, che destinate alla vendita della neve al
pubblico, di maggiori dimensioni.
Come dimostrano precisi documenti, la vendita
della neve, come quella del pane e della
carne, era regolata da precise disposizioni
municipali che fissavano il prezzo e l‟orario
della vendita.
La neve non veniva richiesta, come si potrebbe           Documento
pensare , solo in estate, ma per tutto l‟anno.      sull’estrazione della
                                                             neve
Delle molte neviere esistenti sia dentro che
fuori la cerchia muraria della città, poche
sono giunte a noi integre: alcune sono state
trasformate        e       utilizzate    come
stalle, pollai, depositi, altre sono andate, in
parte o completamente distrutte.
Quelle che ancora si possono esaminare
mostrano che la loro costruzione era molto
curata: erano tutte scavate nella roccia
tufacea, con ingresso rivolto a settentrione
e presentavano vani contigui comunicanti.
La loro forma era, nella parte inferiore
cilindrica o, raramente, quadrata, nella
parte superiore conica; a volte la parte
inferiore era divisa da quella superiore da
un piccolo cordolo ; terminavano, in alto         neviera in contrada
con un‟imboccatura da cui si versava la                 Malve
neve.
La raccolta della neve avveniva formando delle grosse palle
che venivano trasportate fino all‟imboccatura. Versata la
neve su uno strato di paglia, veniva pressata con mazze
speciali, in modo da formare una massa ben compatta.
Negli ipogei di piazza Vittorio Veneto, delle neviere
esistenti se ne riescono a individuare almeno due: una è
ancora integra, è di forma cilindrico conica, con
imboccatura quadrata, è preceduta da un‟ampia grotta e ha
una porta di ingresso circa a un metro e mezzo dalla base;
l‟altra, riconoscibile dalla forma cilindrico –conica, è stata
inglobata nel Palombaro lungo.
Nella neviera di S. Nicola all‟Ofra, il vano, intonacato e
dotato di un‟apertura sul soffitto per riempire la cavità di
neve, aveva una canaletta scavata intorno a questo foro di
immissione, per impedire all‟acqua piovana di entrare nel
locale e provocare lo scioglimento della neve. Un                neviera di S. Nicola
accesso, sormontato da una grondaia rupestre, permetteva               all’Ofra
l‟ingresso alla stanza per poter utilizzare il ghiaccio.
La fontana pubblica
                                Della Fontana Pubblica si ha notizia già nelle cronache
                                        del Verricelli del 1596. Dice lo storico che
                                        nell‟entrare nella città, vi era una fontana
                                        d‟acqua sorgente freschissima e abbondante.
                                        L‟acqua della Fontana Pubblica proveniva dalla
                                        falda freatica della collina di La Nera, detta in
                                        passato “Colle del Lapillo”.
                                        L‟acqua di tale falda scorreva a valle, utilizzata
                                        per pozzi in Via Cappelluti, Via Lucana e Via
                                        La Nera, e poi veniva canalizzata arrivando
                                        nello slargo del ponticello chiamato: “Piano della
                                        Fontana”. Possiamo individuarla, quindi, come
                                        posta tra le odierne Via La Vista e Via Ascanio
                                        Persio.
                                        Sono noti numerosi interventi di manutenzione
                                        sulla Fontana Pubblica soggetta a occlusioni e
                                        dissestamenti: 1548-1555-1591-1748.
In uno dei tanti interventi di manutenzione, furono rinvenute delle antiche pietre sulle
quali era segnata la data del 1351. Ciò significava che la costruzione della fontana era
antecedente a quell‟epoca.
Si sa per certo che nel 1577 l‟antica fontana,
 piuttosto modesta, fu sostituita da una più bella
e grande, sormontata da una croce. La costruzione
 fu ordinata da monsignor Sigismondo Saraceno,
arcivescovo di Matera. Poiché tutt‟intorno non vi
era nessuna costruzione, era visibile da molto lontano.
Lo spiazzo davanti alla fontana era, allora, chiamato
“Piazza della Croce”.
Nel frattempo, per utilizzare l‟acqua in esubero
proveniente dalla collina di La Nera,
 fu costruita una cisterna chiamata “Palombaro”.
Nel secolo seguente la fontana di monsignor
 Saraceno andò via via degradandosi tanto da
 non assicurare quasi nessun flusso di acqua, con notevoli difficoltà del popolo di attingere
acqua.
Nel 1825 furono appaltati i lavori per un nuovo acquedotto e per il ripristino della fontana.
Questa fu inaugurata nel 1932 quando era sindaco Domenico Ridola Senior. Sull‟architrave
fu incisa l‟iscrizione: “FERDINANDO II REGE FONS ET AQUAE DUCTUS AERE
CIVIUM CONLATO/INSTAURATUS AMPLIATUSQUE FUIT A.D. MDCCCXXIII
CURANTE/AEQUITE FERD. DE GEMMIS PROPRAEFECTO AE DOM. DOM.
RIDOLA SYNDICO.
I problemi relativi alla scarsezza d‟acqua
continuarono però ad esserci. Ciò è
testimoniato dai numerosi verbali del
Consiglio Comunale, in cui furono
trattati argomenti relativi al
funzionamento della Fontana Pubblica,
all‟aumento dell‟afflusso idrico e alla
 riparazione delle condotte.
Nel 1888 fu costruita una condotta
 sotterranea lungo la strada dietro
la fontana e si costruì davanti a quest‟ultima una grande cisterna di riserva munita di
pompa, per assicurare l‟acqua anche nei periodi di siccità.
Ma tali interventi non risolsero le difficoltà: le falde acquifere di Via La Nera erano
limitate, i periodi di siccità sempre più frequenti, una parte delle acque andava dispersa e
la continua crescita della popolazione aumentava il fabbisogno.
Per l‟acqua potabile, la cittadinanza ricorreva esclusivamente alla fontana pubblica; per
altri bisogni si faceva uso, finché c‟era l‟acqua, delle cisterne esistenti, di norma, in ogni
casa dei Sassi. Quando si esauriva l‟acqua delle cisterne, si era costretti a scendere giù alla
Gravina e riempire i barili dallo Jurio, con grave pericolo della sicurezza igienico-sanitaria.
Per attingere l‟acqua alla Fontana Pubblica, specie nei mesi estivi, si era costretti a lunghe
attese. Le donne con i loro recipienti affluivano nella piazza e si mettevano in fila per
cinque aspettando il loro turno.
Per disciplinare l‟attinzione e evitare litigi per la precedenza
vi era la necessità della presenza di una guardia municipale.
Per molto tempo, fu addetto a questo sgradito compito il paziente
 ma intransigente vigile Gianpaolo Lapolla.
Con l‟inoltrarsi dell‟estate, infatti, il getto delle cannelle si
riduceva sempre più, per cui l‟attesa e il numero delle utenti
aumentavano. E di tanto in tanto avveniva l‟imprevisto:
 non tutte le donne erano tolleranti, qualcuna incapace di
aspettare tentava il sorpasso: immediata e violenta la reazione
 delle altre, avveniva ciò che si diceva “ „u rivult”; la guardia
 cercava con la sua autorità di sedare il tumulto ma alla fine
il risultato si riduceva nella rottura della gran parte delle “rizzole”.
La carenza d‟acqua si risolse con l‟arrivo, nel 1926, dell‟Acquedotto
Pugliese che portò a Matera l‟acqua del Sele. Si risolveva così
il problema ricorrente del fabbisogno di un elemento indispensabile per una città che con
l‟elevazione a capoluogo di Provincia sii avviava ad avere ulteriori esigenze. Con la rete
idrica, man mano ampliata e portata in tutti i rioni cittadini, l‟antica Fontana perse le sue
tradizionali funzioni e divenne un vero e proprio monumento.
Per allargare l‟incrocio fra Via La Vista e Via Ascanio Persio, la Fontana fu smontata e i
blocchi ammassati all‟atrio dell‟ex-monastero di Santa Lucia allora usato come sede del
Municipio. I materani non accolsero favorevolmente la decisione e per anni insistettero per la
ricostruzione del “Monumento all‟Acqua”. Finalmente nel 1958, il Comune decise di ricostruire
la Fontana alle Tre Vie davanti ai giardinetti pubblici.
I pozzi
I pozzi erano e sono realizzati a valle di
falde freatiche e ricevono acqua potabile.
Sono scavati nella terra e sono rivestiti
con tufo. Ad una certa altezza, nella
muratura, c‟è la presenza di feritoie per
l‟afflusso e deflusso dell‟acqua.
 Di pozzi se ne trovano ancora nella
periferia della città e nelle campagne.
Ricca di pozzi era un tempo la collina di
La Nera.
Lo Jurio
Il torrente Jesce         alimenta, nel tratto
terminale, un laghetto di acqua perenne: lo
“Jurio”, ossia gorgo. Nell‟uscita didattica
effettuata lo scorso anno con il geologo, ci è
stato detto che si lo Jurio si è formato perché
l‟acqua, in quel punto, va in
contropendenza, avendo una faglia interrotto
il corso del torrente. Questo bacino serviva per
il rifornimento idrico nei periodi di siccità.
Quando, infatti, le cisterne erano vuote e
l‟acqua nei palombari e alla fontana pubblica
scarseggiava, le donne scendevano allo Jurio
per il rifornimento d‟acqua, con grande
pericolo per l‟igiene e la salute.
I tanti usi dell’acqua
Acqua per …….
Bere
Lavare
Coltivare
Allevare
Far funzionare le industrie
Produrre energia
Fare sport e divertirsi
Acqua per bere
L’acqua è la radice della vita ma è anche un nutriente fondamentale dell’
organismo.
Se del neonato ne costituisce fino al 75% del suo peso corporeo, in età adulta è il
55-60% del corpo umano. Ogni cellula del nostro corpo è ricchissima di molecole
d’acqua, ma è presente più negli uomini che nelle donne perché queste ultime
hanno una maggiore quantità di adipe.
L’acqua è un macro nutriente ma spesso non viene considerato tale dal momento
che non ne possiamo trarre alcun nutrimento reale, tuttavia l’acqua, oltre a
rappresentare il costituente fondamentale del nostro corpo, è anche il componente
che meno possiamo permetterci di perdere, perché trasporta le sostanze
metaboliche e regola la temperatura corporea. E’ grazie alla capacità dell’ acqua
di sciogliere un numero elevatissimo di sostanze che l’uomo, così come le piante e
gli animali, è in grado di assimilare gli elementi nutritivi, i minerali e tutti quei
composti chimici necessari alla sopravvivenza, come pure di espellere i rifiuti e le
tossine prodotti dall’ organismo eliminandoli con l’ urina o il sudore.
L’equilibrio del nostro organismo dipende in gran parte dal nostro
bilancio idrico. Bere acqua, dunque, è fondamentale perché
dobbiamo riequilibrare quella persa con la respirazione e con
l’escrezione.
 Il nostro organismo si regola da solo sul bisogno d’acqua con il
senso della sete; quando la bocca è secca bisogna bere perché vuol
dire che c’è già carenza. Se, infatti, sono le cellule nervose ad
avvertire per prime lo stimolo della sete, è anche vero che il
meccanismo si genera quando già abbiamo perso l’1-2% dell’acqua
necessaria.
Normalmente l’acqua si assume bevendola, ma si assume anche
attraverso gli alimenti, che possono essere più o meno ricchi d’
acqua. Frutta, verdura e latte ne contengono l’85%, meno la carne
e il pesce ancora meno
Non è vero che l’acqua fa ingrassare, infatti non contiene
calorie. Perdere acqua per far scendere il peso corporeo è un
illusione momentanea. Bere durante i pasti non è affatto
sbagliato, si favorisce la digestione pur allungandone i tempi.
La ritenzione idrica non dipende dall’acqua che si ingerisce,
ma dal sale e da altri componenti presenti nei cibi.
Sul consumo delle acque minerali, che in Italia sono una vera
fissazione, bisogna sfatare alcune credenze diffuse, tra cui
quella che bere acqua oligominerale, con pochi sali, favorisce
il restare in forma. Ricerche recenti dicono che il calcio,
contenuto in alcune acque minerali, è ben assimilato dal
nostro organismo.
Se si vuol crescere sani, quindi, bisogna bere almeno un litro e
mezzo di acqua al giorno, una quantità che va raddoppiata se
si fa sport, quindi si suda di più. Ricordate che i sali che si
perdono possono essere reintegrati semplicemente mangiando
frutta e verdura,che è anche un modo gustoso di bere durante
la giornata.
L’acqua che giunge nelle nostre
case e che beviamo deve essere
sottoposta a una serie di
trattamenti di potabilizzazione
che la rendono biologicamente e
microbiologicamente         pura;
inoltre,     deve      presentarsi
limpida, inodore e di sapore
gradevole. I requisiti di qualità
sono regolati per legge e la
qualità dell’acqua che fuoriesce
dal nostro rubinetto è controllata
durante tutto il percorso
attraverso gli acquedotti per
preservarle da infiltrazioni e
fattori inquinanti.
Un discorso a parte meritano le acque imbottigliate
e distribuite in commercio.
In Italia queste si divido in acque minerali e in acque
minerali gassate. E’ importante conoscere le
proprietà dell’acqua acquistata per scegliere quella
più adatta al proprio organismo. Guardando le
etichette si nota che ogni acqua minerale ha una
composizione chimica diversa: alcune favoriscono la
diuresi, altre la digestione, altre ancora risultano
particolarmente adatte per i neonati.
Questo perché, durante il loro viaggio nel terreno, le
acque raccolgono quantità differenti di sali disciolti.
Le acque oligominerali, povere di sali, sono adatte a
chi ha problemi renali e urinari, quelle medio
minerali sono indicate per organismi senza
particolari problemi, le acque ricche di sali minerali
le consiglia il medico in caso di terapie specifiche.
La quantità di sali disciolti è misurata pesando i sali
che si accumulano facendo evaporare un litro di
acqua alla temperatura di 180 °C.
Acqua per lavare
Tra gli usi dell’acqua vi è quello per l’igiene personale e degli ambienti
domestici e pubblici, oltre che per annaffiare piante e giardini.




Lavarsi le mani prima di uscire dal bagno o prima di sedersi a tavola evita
molte infezioni; lavarsi i denti regolarmente serve a prevenire la carie;
facciamo questi gesti automaticamente ma sono importantissimi per la nostra
salute.



Il consumo di acqua per “usi civili” è, negli ultimi anni, molto aumentato, più
che raddoppiato, sia per l’incremento demografico, sia per l’aumento del
consumo dei singoli individui, specie nelle società ricche.
Adesso l’acqua arriva in tutte le nostre case, ma non per questo si deve pensare
che ce ne sia in abbondanza; bisogna fare attenzione ai consumi giornalieri, in
modo da non sprecarla, e ridurne al minimo l’inquinamento, che la rende non
utilizzabile.
E’ importante, perciò non lasciare il rubinetto
aperto quando ci insaponiamo, usare poco detersivo,
 assicurandoci che sia biodegradabile, preferire
elettrodomestici che riducano il consumo d’acqua
e gli scarichi di sapone. Questi e altri gesti non
richiedono molto sacrificio ma sono rispettosi
dell’ambiente.
Acqua per coltivare
L’acqua è fondamentale in agricoltura sia perché le piante
sono costituite per il 90% d’acqua, sia perché fornisce sali
minerali alla loro crescita. Copre quasi i 2/3 del consumo
di acqua dolce del pianeta.
Nei paesi poveri e nelle comunità rurali la crescita delle
colture dipende quasi del tutto dalla pioggia, in quelle in
via di sviluppo o a rischio siccità si adottano sistemi di
irrigazione. L’acqua per l’irrigazione è prelevata
artificialmente da un fiume, un lago, da un bacino oppure
da falde sotterranee e distribuita con canalizzazioni
nell’area coltivata. Con questo sistema le colture crescono
più in fretta e più abbondanti.
L’acqua di irrigazione, però, evapora al sole lasciando
uno strato di sali minerali sul terreno, che può
diventare, col tempo, così salato da rendere impossibile la
coltivazione. Per questo si preferisce il sistema
dell’annaffiatura, che consiste nel creare una pioggia
artificiale. E’ preferibile praticarla la mattina presto, la
sera o la notte, per ridurre al minimo l’evaporazione.
Anche l’agricoltura è fonte di inquinamento, perché, quando
piove, i fertilizzanti, gli erbicidi e gli antiparassitari vengono
assorbiti dal terreno e finiscono per inquinare le falde
acquifere.
Il consumo eccessivo di acqua in agricoltura, a causa
dell’irrigazione, mette in serio pericolo le risorse idriche di
molte regioni.
Oggi esistono numerose tecnologie in grado di ridurre i
consumi e gli sprechi di acqua, anche se spesso non vengono
utilizzate. Le tecniche più avanzate portano l’acqua ai piedi
delle piante o degli alberi da frutto, liberandola goccia dopo
goccia, ottimizzando la produzione.
Il miglioramento nel gestire l’acqua destinata all’agricoltura
sarà determinante per combattere le crisi idriche del
pianeta, poiché, tra i tanti usi dell’acqua, quello in
agricoltura è sicuramente il più importante in termini
quantitativi.
Acqua per allevare
Anche gli animali, per vivere hanno
bisogno di bere molta acqua,soprattutto
gli animali da allevamento, da cui
ricaviamo la carne, il latte, le uova.
Secondo calcoli effettuati, per ottenere un
chilo di carne risulta che il consumo di
acqua è di circa 31.500 litri, e una mucca
da latte beve più di 100 litri d’acqua al
giorno e consuma tonnellate di
foraggi, che a loro volta richiedono
ettolitri d’acqua.
Il ruolo e la qualità dell’acqua
nell’allevamento ultimamente è stato
rivalutato. In passato, quando gli animali
si ammalavano si pensava che l’unica
causa fosse l’alimentazione, senza
considerare       l’influenza    dell’acqua
bevuta, che può rappresentare il veicolo di
numerose malattie infettive. L’acqua
costituisce l’habitat naturale di milioni di
animali e ci fornisce uno degli alimenti più
importanti: il pesce.
Oggi la pesca copre in media il 16% del fabbisogno mondiale di
proteine animali. Gli oceani e i mari ospitano una varietà di tipi
di animali, maggiore di qualsiasi altro sistema terrestre. In
passato si praticava una pesca limitata, ma oggi i moderni
pescherecci catturano enormi quantità di pesce, correndo il
rischio di limitare il ciclo riproduttivo. Oltre a ciò, nelle grandi
reti da pesca rimangono impigliati anche animali non
commestibili, che vengono uccisi inutilmente. Si rischia perciò di
modificare l’equilibrio della vita degli ambienti marini, senza
considerare che del benessere degli oceani e dei mari dipende
anche il nostro benessere.
 C’è, infine, da dire che negli ultimi anni si sono intensificate le
pratiche     dell’itticoltura, ossia l’’allevamento dei pesci in
vasche, stagni, laghi, o sulle rive del mare.
Acqua per far funzionare le
                  industrie
L’acqua viene impiegata in quantità rilevanti anche nelle attività industriali:
nella classifica dei consumi l’industria è al 2 posto. dopo l’agricoltura. Più
un paese è sviluppato, maggiore è l’utilizzo d’acqua per le industrie (in Italia
il consumo è del 20%).
La quantità utilizzata dipende dal tipo di utilizzo: può essere usata come
materia prima, per raffreddare le macchine, per lavare gli impianti. Di solito
quest’acqua viene prelevata da laghi e fiumi e in alcuni casi il fabbisogno è
elevato. Le cartiere, per esempio, vengono costruite vicino ai corsi d’acqua
perché ne consumano grandi quantità: basti pensare che per un giornale
servono almeno trecento litri d’acqua.
Spesso l’acqua in uscita dai processi industriali è inquinata perché
contiene materie prime o scorie altamente nocive.
In molti paesi industrializzati vi sono severe leggi che obbligano le industrie a
trattare preventivamente le acque in uscita dalle fabbriche in appositi
depuratori che riducono fortemente le concentrazioni di inquinanti prima di
scaricarle in laghi, fiumi e mari, in modo che siano compatibili con la salute
dell’uomo e dell’ambiente.
Acqua per produrre energia
L’acqua costituisce anche una fonte di energia rinnovabile, una delle più
antiche per l’uomo, che con la forza dell’acqua dei fiumi faceva muovere le
pale di mulini.
Oggi questa tecnica si è evoluta e viene usata nelle centrali idro-elettriche.
Queste vengono costruite ai piedi di una diga, in modo che l’acqua cadendo
dall’alto sfrutti la sua energia potenziale (energia di un corpo che si trova ad
una certa altezza). All’interno delle condotte forzate l’acqua precipita a valle
sviluppando energia cinetica. Alla base delle condotte forzate, all’interno della
centrale, l’energia cinetica dell’acqua fa muovere una ruota: la turbina
che, con lo stesso principio della ruota dei mulini, trasforma l’energia cinetica
in energia meccanica. La turbina è collegata a un generatore che, a sua
volta, trasforma l’energia meccanica in energia elettrica.
Le centrali elettriche in genere hanno bisogno di molto vapore per azionare i
generatori: più di 260.000 litri d’acqua all’ora per raffreddarli; l’acqua calda
che si ottiene con questo processo viene spesso riversata nel mare, nei fiumi e
nei laghi circostanti, ove danneggia la flora e la fauna, con un inquinamento
delle acque di tipo termico, che favorisce fenomeni di eutrofizzazione e
impedisce la riproduzione di pesci o di altri animali che normalmente vivono in
quell’ambiente.
Acqua per fare sport e divertirsi
L’acqua ha un ruolo importante come mezzo ricreativo: in
piscina, al mare, nei parchi di divertimento.
Gli sport acquatici ci permettono di scaricare la tensione
attraverso il gioco e l’attività fisica. In essi la fusione con
l’acqua ci ricorda che da essa siamo nati e che è un bene
prezioso che va rispettato, compreso e anche temuto. Anche
quotidianamente usiamo l’acqua per rilassarci: quando
torniamo da una pesante giornata lavorativa o anche da uno
stanchevole allenamento facciamo una bella doccia.
Le vacanze per lo più si trascorrono dove sono possibili
attività a contatto con l’acqua sia essa dolce che salata:
windsurf, nuoto, vela, canottaggio, ma troviamo giovamento
anche solo a prendere il sole in riva.
Un modo piacevole di trascorrere le vacanze è quello di
andare alle terme, in cui si possono sfruttare gli effetti
benefici sulla salute di alcune acque termali e minerali
Usare l’acqua a scopo ricreativo comporta, però, degli
accorgimenti: bisogna fare attenzione a fare il bagno solo
dove le acque sono riconosciute balenabili dalle normative
CEE: il contatto con acque inquinate può, infatti, comportare
danni per la nostra salute.
Bisogna, poi, considerare che
molte attività sportive e molti
svaghi possono danneggiare
l’habitat     degli    ambienti
naturali e la qualità delle
acque: un esempio tipico è
l’inquinamento provocato dai
rifiuti prodotti dai turisti o
quello dovuto agli scarichi dei
combustibili delle barche a
motore.
Acqua, oro blu
Cosa beviamo quando abbiamo sete? Il 98% di noi beve acqua minerale,
spesso proveniente da altri continenti. Si è calcolato che per arrivare in
Europa l’acqua può percorrere 15000 Km, consumando enormi quantità di
carburante e contribuendo in maniera sostanziale all’inquinamento. È stato,
inoltre, calcolato che ogni anno 22 milioni di tonnellate di acqua si spostano da
un continente all’altro: queste sono scelte di consumo non sostenibile per
l’ambiente.
Gli italiani sono i più grandi consumatori di acque minerali con 191 litri pro
capite, anche se vi sono acque potabili di ottima qualità. D’altra parte si è
visto, da blintest effettuati, che le persone testate non riescono a distinguere le
acque minerali da quella del rubinetto, anzi spesso, quando non sono
influenzati dalle etichette, trovano quest’ultima di sapore più gradevole.
Ma qual è la differenza tra acqua minerale e acqua potabile?
Per la legge esiste solo l’acqua potabile e l’acqua non potabile; l’acqua
minerale è considerata bibita. Ci sono, però, acque minerali ottime.
L’acqua potabile è quella portata nelle nostre case dall’acquedotto ed ha un
basso residuo fisso (l’acqua lasciata evaporare a 180 C deposita i sali
disciolti). L’acqua del rubinetto ne contiene meno di 1,5 g/l, inoltre è
chimicamente e microbiologicamente pura, ossia sicura, non contaminata da
inquinanti chimici e biologici.
Più alto è il residuo fisso, più l’acqua è mineralizzata. La classificazione è la
seguente:
 100 – 500 mg/l oligominerali
 500 – 1500 mg/l minerali
 > 1500 mg/l sono ricche di sali, danno effetti significativi sull’organismo e
devono essere consumate su consiglio medico.
Le acque minerali, lisce o effervescenti, devono essere imbottigliate così come
sgorgano alla sorgente, con l’unica eccezione di quelle addizionate alla fonte
con anidride carbonica. Le aziende che imbottigliano le acque minerali sono
soggette a controlli periodici da parte dei NAS e delle ASL..
Ma perchè si preferiscono le acque minerali piuttosto che quelle del rubinetto?
Le analisi di mercato hanno dato le seguenti motivazioni: vengono percepite
senza odore, talvolta più leggere e gradevoli, le etichette e le confezioni
sigillate sono avvertite come una garanzia; inoltre i sali minerali contenuti, che
potrebbero avere effetti curativi, stuzzicano l’interesse di chi compra.
L’acqua minerale richiama mondi di salute, benessere e bellezza: sempre più
persone scelgono un’acqua minerale ritenendo che faccia più bene, anche se
alcune reti idriche cittadine vantano una miscela di sali che le rendono
altrettanto minerali.
Mentre i paesi a sviluppo avanzato bevono le acque minerali e sprecano
l’acqua, cosa si beve nel resto del mondo? Quali sono le difficoltà di
approvvigionamento dell’acqua?
Ci sono luoghi in cui occorre percorrere ancora 20-30-40 Km per
l’approvvigionamento idrico. C’è ancora una parte del mondo in cui intorno al
punto d’acqua, alla sorgente, al pozzo si struttura la società, il villaggio; su
quell’acqua nascono i grandi e i piccoli conflitti.
L’acqua dolce potabile è solo una piccola parte di quella disponibile sul
pianeta; ma la sua scarsità non è una condizione naturale, spesso dipende dalla
difficoltà di prelevarla, di sfruttarla, dal consumo eccessivo e squilibrato. Se le
nazioni sviluppate possono contare sull’abbondanza delle risorse, altrove si
affronta, giorno per giorno, la faticosa ricerca di fonti pulite.
Nel sud del mondo l’acqua resta ancora non soltanto un problema primario per
la sopravvivenza di intere popolazioni, ma anche possibile motivo di conflitti e
di guerre. Alcuni paesi hanno governato le acque dei fiumi come se
appartenessero solo a loro, è il caso dell’Egitto, con la costruzione sul Nilo
della grande diga di Assuan; l’acqua del Nilo appartiene, però, anche al Sudan
e all’Etiopia.
Se non vogliamo che ci siano delle guerre per l’acqua, come in passato ci sono
state per il petrolio, è ora di cominciare a gestire in maniera più oculata e
giusta questa grande risorsa che è di tutti i popoli della Terra.
D’altra parte dietro molti conflitti latenti si nasconde la corsa all’oro blu.
In tutti i continenti del pianeta l’accaparramento di risorse idriche da parte di
alcuni paesi rischia di assetarne altri: la Turchia è in conflitto con la Siria e
l’Irak per lo sfruttamento delle risorse idriche, Israele con i palestinesi, l’India
con il Bangladesh, quattro paesi africani si contendono le acque del lago Ciad,
gli Stati Uniti hanno sottratto al Messico le acque del fiume Colorado.
La storia è costellata di rivolte scatenate dalla richiesta di pane e grano, le
insurrezioni del futuro potrebbero essere scatenate dall’acqua.
I percorsi dell'acqua
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I percorsi dell'acqua

  • 1. Istituto Statale d’Istruzione Secondaria di 1° Grado “N. Festa” - Matera Progetto Studio del Territorio Anno Scol. 2007 2008 Docenti A. La Padula - R. Matera - O. Altamura - M. Carnovale Classi a T. P. 2 B – 2aD
  • 2. Indice Introduzione Sperimentando – Come si formano le nuvole La molecola dell’acqua Sperimentando - La diversa permeabilità dei Le proprietà dell’acqua terreni L’acqua che beviamo è una soluzione Sperimentando – Costruzione di un filtro Sperimentando – Misuriamo il pH dell’acqua dell’acqua La Terra, il pianeta blu L’acqua e la biosfera La ripartizione dell’acqua sulla Terra Idrografia della Basilicata L’acqua e i suoi stati I laghi di Monticchio Il ciclo dell’acqua Uscita didattica – La fonti del Vulture Evaporazione La fabbrica dell’acqua Traspirazione – Sublimazione Geomorfologia, idrologia e clima del territorio Condensazione materano Precipitazioni Carsismo Perneabilità Falde idriche Relazione sull’uscita didattica alla diga di S. Giuliano Sperimentando – Come si formano le precipitazioni
  • 3. Continua ……….. La collina di La Nera Indice Acqua per bere Matera e le sue soluzioni alla scarsità Acqua per lavare d’acqua - Approfondimento Acqua per coltivare Approvvigionamento idrico a Matera Acqua per allevare prima dell’arrivo dell’acquedotto Acqua per far funzionare le industrie Le cisterne Acqua per produrre energia Cisterna a campana Acqua per fare sport e divertirsi Cisterne a tetto Il Palombaro lungo Acqua, oro blu - Approfondimento Relazione sull’uscita didattica al Comportamenti corretti per risparmiare Palombaro lungo acqua Le neviere Soluzioni tecniche per il risparmio La Fontana pubblica dell‟acqua I pozzi Per giocare con l‟acqua……crucipuzzle Lo Jurio Per giocare con l‟acqua……rebus I tanti usi dell’acqua Per giocare con l‟acqua……..soluzioni
  • 4. L’ACQUA E’ LA SOSTANZA DA CUI TRAGGONO ORIGINE TUTTE LE COSE Talete di Mileto Filosofo vissuto tra il 640 e il 560 circa a. C Talete non aveva poi torto, se è stato dimostrato dagli scienziati, qualche millennio dopo, che le prime forme di vita sono nate in acqua, nell’oceano primordiale
  • 5. LA MOLECOLA DELL’ACQUA IDROGENO OSSIGENO IDROGENO L'acqua è una sostanza composta, la cui molecola è formata da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, la formula è quindi H2O.
  • 6. LA MOLECOLA DELL’ACQUA Gli atomi di idrogeno e di ossigeno rendono la molecola dell'acqua un po' speciale dal punto di vista chimico. Gli atomi di ossigeno attirano elettroni e quindi risultano elettricamente negativi, mentre gli atomi di idrogeno sono elettricamente positivi. Ciò fa sì che le molecole dell'acqua abbiano due poli: uno positivo (+) e uno negativo (-) (molecola bipolare), ragione per cui si legano tra loro creando una specie di reticolo con dei legami, detti legami idrogeno.
  • 7. LE PROPRIETA’ DELL’ACQUA • Agli stati solido e liquido ha un volume proprio e quindi non è comprimibile. Allo stato gassoso non ha volume proprio, è comprimibile. • Allo stato solido ha forma propria, agli stati liquido e gassoso assume la forma del recipiente che la contiene. • Presenta deboli forze di coesione fra le molecole • Ha un elevato calore specifico e un'alta capacità termica: si scalda e si raffredda lentamente, proprio per la presenza di legami di idrogeno
  • 8. LE PROPRIETA’ DELL’ACQUA • Quando si solidifica il volume aumenta, al contrario di ciò che accade con le altre sostanze; quindi la densità del ghiaccio diminuisce, pesa meno e perciò galleggia sull'acqua. Ciò ha una notevole importanza perché rende possibile la vita sotto i mari ghiacciati in superficie. • Ha un suo peso ed esercita quindi anch'essa una pressione, la pressione idrostatica: è un fenomeno importante per le pressioni che l'acqua può esercitare negli abissi oceanici. • Come un qualsiasi liquido, anche l'acqua, se è in riposo mantiene la sua superficie libera sempre piana ed orizzontale.
  • 9. L’acqua che beviamo è una soluzione L’acqua pura in natura praticamente non esiste; essa contiene disciolti, in quantità variabili, sali e gas, è, perciò, una soluzione H2O (solvente) + soluto (sale o gas) = soluzione
  • 10. Misuriamo il pH dell’acqua Materiali: acque minerali di diverse marche, acqua di rubinetto, acqua distillata, cartina di tornasole, bicchieri di plastica trasparente, cartoncini per etichettare. Ipotesi: L‟acqua che beviamo non è fatta solo dalla sostanza acqua, ma è una soluzione contenente gas e Sali minerali disciolti; a seconda della qualità e della quantità di questi avrà un diverso pH. Procedimento:Abbiamo versato ciascuna acqua in un bicchiere precedentemente etichettato con un numero e il tipo di acqua, abbiamo misurato il pH con la cartina di tornasole, ottenendo i seguenti risultati: acqua 1 – effervescente naturale pH 5,5 acqua 2 – effervescente naturale pH 6 acqua 3 – oligominerale pH 6,5 acqua 4 – oligominerale pH 7,5 acqua 5 – del rubinetto pH 6,5 acqua 6 – distillata pH 7 Conclusioni: L‟acqua che beviamo si discosta dalla neutralità a seconda dei gas presenti e del tipo e della quantità di sali in essa disciolti.
  • 11. La Terra, il pianeta blu La superficie del nostro pianeta è ricoperta per circa il 70 % dall’acqua. Il volume stimato è di circa 1,5 miliardi di Km3. L’insieme di tutta idrosfera 70% litosfera l’acqua che si trova sulla Terra costituisce l’IDROSFERA 30%
  • 12. L’acqua sulla Terra è così ripartita acqua dolce 3% oceani e mari 97%
  • 13. L’acqua dolce è così ripartita acqua dolce in superficie facilmente acqua accessibile sotterranea 1% 20% calotte glaciali e ghiacciai 79%
  • 14. L’acqua dolce in superficie è così ripartita vapore acqueo fiumi e torrenti 8% 1% laghi 53% umidità del suolo 38%
  • 15. L’acqua e i suoi stati E’ presente sulla Terra in tutti e tre i suoi stati fisici SOLIDO LIQUIDO GASSOSO
  • 17. EVAPORAZIONE evaporano di acqua dalle grandi masse d’acqua dalla terraferma
  • 18. TRASPIRAZIONE Le piante traspirano emettendo vapore acqueo SUBLIMAZIONE Nelle giornate fredde il vapore acqueo può sublimare, ossia passare direttamente allo stato solido, dando origine al fenomeno della brina
  • 19. Le correnti d’aria ascensionali sollevano il vapore Le goccioline in alto microscopiche nell’atmosfera condensano raffreddandosi CONDENSAZIONE formando le NUVOLE
  • 20. Le goccioline d’acqua presenti nelle nuvole sono tenute in costante movimento dalle correnti di aria calda ed aria fredda si scontrano si aggregano Quando, per effetto della gravità, il loro peso non può più essere sostenuto dall’aria e si hanno le precipitazioni pioggia grandine neve
  • 21. L’acqua con le precipitazioni ritorna a terra Se la precipitazione è solida tenderà ad accumularsi sulla superficie fintanto che le condizioni di temperatura e radiazione non ne consentano la fusione o la sublimazione
  • 22. Se invece la precipitazione è liquida si ha •E’ INTERCETTATA DALLA VEGETAZIONE • VIENE CAPTATA DA OCEANI, MARI, LAGHI E CORSI D’ACQUA è richiamata dalle radici delle piante •SI INFILTRA NEL TERRENO andrà a ricaricare le falde sottostanti
  • 23. Ma perchè una parte dell’acqua DIPENDE rimane in superficie ed una parte DALLA si infiltra nel terreno . NATURA DEI dalla loro SUOLI Permeabilità capacità di farsi attraversare dall’acqua Se il materiale solido che costituisce un terreno è di tipo granulare fra un granulo e l'altro vi sono degli spazi vuoti chiamati pori. E’ tra questi pori che l’acqua si infiltra Quando, invece, si è in presenza di roccia, gli eventuali vuoti presenti possono essere costituiti da fratture o da strati
  • 24. L’acqua che si infiltra nel terreno contribuisce alla formazione delle falde idriche sotterranee
  • 25. Dove la falda incontra la superficie l’acqua sgorga all’esterno e forma una sorgente Oppure si ha l’alimentazione per via sotterranea dei corsi d’acqua L’acqua ritorna in superficie Il ciclo dell’acqua ricomincia La vita sulla Terra dipende proprio da questo continuo ciclo
  • 26. Evaporazione - Condensazione Come si formano le precipitazioni Materiali : Fornello elettrico, pentolino con coperchio, acqua. Ipotesi : Il calore somministrato all’acqua la farà evaporare; le molecole di vapore acqueo tenderanno a salire e, incontrando una superficie più fredda (il coperchio), condenseranno in minuscole goccioline che, unendosi tra loro, cadranno. Procedimento : Abbiamo posto sul fornello elettrico un pentolino pieno d’acqua munito di un coperchio, abbiamo atteso l’ebollizione e, sollevando il coperchio abbiamo osservato che il vapore acqueo, depositandosi sulla superficie metallica, formava goccioline sempre più grosse; quando esse diventavano piuttosto pesanti, cadevano staccandosi dal coperchio. Conclusioni : Con il nostro esperimento abbiamo simulato artificialmente il fenomeno naturale della formazione delle nuvole e della pioggia.
  • 27. Evaporazione - Condensazione Come si formano le nuvole Materiali : Acqua molto calda, barattolo di vetro, garza, nastro adesivo, ghiaccio. Ipotesi : L’acqua, evaporando, sale e, se incontra strati d’aria più fredda., cede una parte del suo calore, condensando in minuscole goccioline che formeranno una nuvola. Procedimento : Abbiamo riscaldato dell’acqua e abbiamo riempito a metà, con essa, un barattolo di vetro trasparente che abbiamo coperto con una garza e sigillato con del nastro adesivo. Abbiamo posto sul barattolo del ghiaccio che, raffreddando la garza e la parte superiore del barattolo, simulava gli strati d’aria fredda presenti nell’atmosfera. Dopo poco tempo abbiamo potuto osservare una densa nuvoletta biancastra che ha appannato il vetro del barattolo , e successivamente una leggera pioggerellina lungo le pareti di esso. Conclusioni : Con il nostro esperimento abbiamo simulato artificialmente il fenomeno naturale della formazione delle nuvole e della pioggia. L’aria calda, proveniente dall’evaporazione al suolo, incontra gli strati più freddi dell’atmosfera, condensa in minuscole goccioline e si formano le nuvole. Quando le goccioline, aggregandosi tra loro, diventano pesanti, cadono sotto forma di pioggia.
  • 28. L’acqua e il suolo La diversa permeabilità dei terreni Materiali : Tre bottiglie di plastica trasparente, humus, sabbia e argilla, ovatta, acqua. Ipotesi : Abbiamo ipotizzato che l’acqua filtra nel terreno in modo differente a seconda della grandezza delle particelle di cui è composto: tanto più piccole sono, tanto più la trattengono. La sabbia, perciò, doveva risultare la più permeabile, seguita dall’humus e poi dall’argilla. Procedimento : Abbiamo tagliato la parte superiore delle bottiglie e l’abbiamo disposta capovolta, a imbuto, sulla parte inferiore. Abbiamo chiuso gli imbuti con dell’ovatta e li abbiamo riempiti, ciascuno con un tipo di terra, in quantità uguali. Abbiamo, poi, versato in ognuno la stessa quantità d’acqua. Abbiamo osservato che l’acqua filtrava velocemente attraverso la sabbia, più lentamente attraverso l’humus e con molta difficoltà attraverso l’argilla. Conclusioni : Con questo esperimento abbiamo verificato la validità della nostra ipotesi: i suoli hanno diversa permeabilità, ossia diversa capacità di lasciarsi attraversare dall’acqua; un terreno sabbioso è molto permeabile; i terreni ricchi di humus e, ancora di più quelli ricchi di argilla, hanno maggiore capacità di trattenere l’acqua, questa capacità si chiama potere adsorbente.
  • 29. La filtrazione dell’acqua attraverso il suolo Costruzione di un filtro dell’acqua Materiali : Una bottiglia di plastica trasparente, ghiaia grossa, ghiaia sottile, sabbia, ovatta, barattolo di vetro, acqua mista a terra raccolta da pozzanghere e contenente piccole e grossolane impurità. Ipotesi : Abbiamo ipotizzato che l’acqua che penetra nel terreno, attraversando i vari strati di roccia, viene filtrata e si purifica. Abbiamo pensato, perciò, di costruire un filtro che riproducesse questi strati per verificare la nostra ipotesi. Procedimento : Abbiamo tagliato la parte inferiore della bottiglia, l’abbiamo capovolta, come se fosse un imbuto e abbiamo riempito il collo di ovatta. Dopo aver lavato accuratamente la ghiaia e la sabbia in una bacinella per eliminare eventuali impurità, abbiamo capovolto la bottiglia su un barattolo di vetro trasparente e versato,nell’ordine, uno strato di sabbia, uno di ghiaia sottile e uno di ghiaia grossolana. Il nostro filtro dell’acqua era pronto! Abbiamo, poi, versato nel filtro l’acqua sporca precedentemente preparata; le impurità, le particelle di terra, i residui vegetali, i sassolini venivano trattenuti e nel barattolo si raccoglieva dell’acqua limpida. Conclusioni :E’ sul principio della filtrazione che si basa la formazione delle falde idriche sotterranee che alimentano i pozzi e le sorgenti .
  • 30. Tutte le reazioni del metabolismo cellulare avvengono in acqua, di cui sono composte in gran percentuale sia le cellule animali e vegetali che i procarioti Tutti gli organismi viventi sono costituiti in gran parte da acqua (medusa 98%, pomodoro 95%, mais 70%) Il corpo umano è formato per il 60- 70% di acqua. Siamo nati nell’acqua, dove incominciamo a crescere e restiamo fino al momento in cui veniamo alla luce. Abbiamo bisogno di bere circa 2 litri di acqua al giorno Nel nostro corpo l’acqua ha anche una funzione escretrice, come solvente delle sostanze di rifiuto, e termoregolatrice, con la sudorazione
  • 31. Idrografia della Basilicata I maggiori corsi d’acqua della Basilicata sfociano nel Mar Jonio: partendo da Nord Est e andando verso Sud Ovest troviamo nell’ordine il Bradano, il Basento, il Cavone, l’Agri e il Sinni. I fiumi Melandro e Platano (affluenti del Sele), il Noce e il Lao si riversano, invece, nel Mar Tirreno. Scorre in parte anche in Basilicata il fiume Ofanto che sfocia nel Mar Adriatico.
  • 32. I fiumi Basento, Agri e Cavone scorrono interamente nel territorio regionale, mentre i fiumi Bradano, Sinni, Noce, Lao e Sele scorrono in parte nelle regioni limitrofe Puglia, Calabria e Campania. La rete idrografica della Basilicata viene divisa in 8 bacini di cui 3 regionali: Basento, Agri e Cavone e 5 interregionali: Bradano, Sinni - Noce, Sele, Lao e Ofanto
  • 33. I bacini del Bradano e del Basento sono caratterizzati da ridotte precipitazioni e da poche sorgenti; le portate medie di questi fiumi sono piuttosto basse. I bacini dell’Agri e del Sinni presentano precipitazioni più elevate e sorgenti consistenti; le portate medie e di magra di questi due corsi d’acqua sono più elevate rispetto agli altri proprio Bradano perché possono godere dell’apporto di numerose sorgenti e per il fatto di essere caratterizzati da una nevosità maggiore rispetto al Bradano e al Basento. Basento Agri Sinni
  • 34. Tuttavia tutti i corsi d’acqua della Basilicata sono a carattere prevalentemente torrentizio, per cui mostrano un notevole divario tra le portate di magra e le portate di piena, ciò vale anche per l’Agri e il Sinni. Verso valle, l’alveo dei fiumi lucani, soprattutto per il Bradano e il Basento, tende a formare ripetuti meandri, con greti larghi, che sono soggetti ad esondazione durante le piene e a impaludamenti nella stagione secca. Il Noce e il Lao, che sfociano nel mar Tirreno, hanno un’idrografia diversa da quelli del mar Ionio, essendo più rapidi e brevi. Noce Lao
  • 35. In Basilicata sono stati realizzati dodici invasi (laghi) artificiali, di cui nove sono caratterizzati da rilevanti o discrete capacità.  La diga di Ponte Fontanelle sul Torrente Camastra, costruita nel 1962, in terra, può contenere sino ad un volume di 32 Mm3 di acqua, ma è soggetta al fenomeno dell’interrimento, la sua risorsa idrica è utilizzata ad uso potabile, irriguo e industriale.  La diga di Acerenza intercetta il fiume Bradano nei pressi dell’omonimo comune, realizzata nel 1984, è in terra e ha un volume di circa 38 Mm3 , l’utilizzazione delle risorse idriche è a scopo irriguo e potabile.  La diga di Genzano sbarra il torrente La Fiumarella, che fa parte del bacino del Bradano; realizzata nel 1978, è situata nel comune di Genzano e ha un volume di invaso di 56 Mm3 ; l’utilizzazione delle risorse idriche è sia a scopo irriguo che potabile.
  • 36. La diga di Serra del Corvo sul torrente Basentello ricade nel bacino del fiume Bradano ed è situata nei comuni di Gravina di Puglia e Genzano di Lucania; è stata realizzata, in terra, nel 1974 e ha un volume di 28 Mm3; l’utilizzazione delle risorse idriche è a scopo irriguo.  La diga di San Giuliano è uno sbarramento realizzato in cemento sul fiume Bradano nei pressi dei comuni di Matera, Miglionico e Grottole tra gli anni 1950 e 1955; è caratterizzata da un volume di 107 Mm3 ; le acque sono utilizzate a scopo irriguo.  La Diga del Pertusillo sul fiume Agri, situata nel comune di Spinoso, è stata realizzata, in calcestruzzo, tra il 1957 e il 1963; ha un volume di 145 Mm3 ed alimenta una centrale idroelettrica caratterizzata da una produzione di 150b Gwh all’anno; l’acqua in uscita dalle turbine viene potabilizzata presso un impianto situato nel comune di Missanello. Oltre che a scopo potabile e idroelettrico, l’acqua dell’invaso ha anche una destinazione irrigua.
  • 37.  La diga di Monte Cotugno sul fiume Sinni è situata nel comune di Senise, realizzata nel 1972, è la più grande diga d’Europa in terra battuta; ha un volume di 450 Mm3; le sue risorse idriche sono utilizzate in modo vario: a scopo irriguo, potabile, industriale (approvvigiona l’ILVA di Taranto).  La diga sul torrente Lampeggiano è uno sbarramento realizzato nel 1993, è situato nei pressi del comune di Lavello ed ha un invaso di 4,6 Mm3 ; l’utilizzazione della risorsa idrica è sia a scopo irriguo che potabile.  La diga del Rendina sbarra l’omonimo torrente ed è situata nei pressi del comune di Lavello; è stata realizzata tra il 1952 e il 1957; il volume dell’invaso è di 22,8 Mm3 ; l’acqua è utilizzata a scopo irriguo.
  • 38. I laghi di Monticchio La maggior parte dei corsi d'acqua della Basilicata sono stati intercettati mediante la costruzione di dighe e laghi artificiali e sfruttati per uso potabile, irriguo e per la produzione di energia idroelettrica. Vi sono, però, anche laghi di formazione naturale come: il lago Sirino, i laghi di Monticchio (due laghi di origine vulcanica), il lago Laudemio (alla falde del gruppo montuoso del Sirino). I laghi di Monticchio sono due splendidi laghi presenti all'interno del cratere del cono eruttivo del Monte Vulture, costituito da due bocche. I laghi prendono il nome della località di Monticchio (Rionero in Vulture).
  • 39. Il Lago Grande copre un'area di 40 ettari e si trova a quota 656 metri sul livello del mare. Il Lago Piccolo, che copre un'area di 10 ettari si trova a 658 metri sul livello del mare. I due laghi sono separati da un sottile lembo di terra e differiscono l'uno da l'altro per la colorazione dell'acqua. Infatti, il Lago Grande ha una colorazione verde olivastro, mentre il Lago Piccolo ha un'acqua di colore verde intenso.
  • 40. Nel fondo dei laghi sono presenti numerose sorgenti e le acque sono popolate di varie specie ittiche, tra cui tinche, carpe ed anguille. Sulle pendici dell'antico cratere venne costruita l'Abbazia Benedettina di San Michele, sorta intorno a una delle grotte abitate da Monaci Basiliani; all'interno di una cripta si conservano tracce di affreschi risalenti alla metà del secolo XI . La zona è, inoltre, ricca di numerose sorgenti di acque minerali utilizzate come acque da tavola.
  • 41. Il territorio circostante i due laghi è ammantato di una rigogliosa vegetazione. Molte specie floreali e faunistiche devono la loro sopravvivenza grazie a questa rigogliosa vegetazione. E' stupendo ammirare la "ginestra dei carbonai" caratteristica per il colore giallo intenso dei fiori, "l'ontano Ontano napoletano napoletano" con i tipici frutti simili a Ginestra dei carbonai piccoli coni, le chiome dei castagni che, qui, formano boschi molto estesi. La diffusione del castagno nell'area è certamente giustificata dalla versatilità di questa pianta, in grado di fornire una buona produzione di frutti e fornire il legname, molto richiesto, anche da viticoltori e frutticoltori. Castagni
  • 42. Per ciò che riguarda la fauna, esistono delle testimonianze della presenza, in epoche precedenti, dell'orso bruno e del capriolo. Sono attualmente presenti il gufo comune, il falco di palude, e di particolare importanza è la farfalla notturna (Acanthobrahmaea europea Harting) legata alla presenza dei frassini.
  • 43. Relazione sull’uscita didattica alle “Fonti del Vulture” e ai laghi di Monticchio Giovedì 29 Maggio 2008, noi alunni delle classi 2° D e 2° B, abbiamo effettuato un‟uscita didattica a Rionero in Vulture per visitare lo stabilimento di imbottigliamento di acque minerali “Le fonti del Vulture” e i laghi di Monticchio. Giunti a Rionero, ci siamo fermati nel piazzale antistante lo stabilimento dove ci attendeva la nostra guida. Fatte le presentazioni, la guida ha cominciato a darci delle informazioni sia rispondendo alle nostre domande che facendocene lui stesso delle altre per capire quello che conoscevamo sull‟argomento acque minerali. Abbiamo, così, appreso che l‟acqua minerale del Vulture impiega da 45 a 50 anni, dal momento in cui cade sotto forma di pioggia, per essere pronta per il prelievo.
  • 44. In questo periodo di tempo, l’acqua filtra attraverso il terreno, si depura, si arricchisce di sali minerali, che possono essere di diversa quantità e tipo a seconda della natura del terreno e può arricchirsi di anidride carbonica, come avviene per le acque effervescenti naturali. L’acqua minerale è prelevata dalle falde aspirandola da pozzi molto profondi e trasportandola con condotte agli stabilimenti di imbottigliamento. In un’ora si possono prelevare circa 50 000 litri, anche se la quantità esatta è stabilita dagli studi di portata, in quanto nelle falde la quantità d’acqua può variare. L’acqua minerale non è acqua potabile, in quanto non è sottoposta a trattamenti di potabilizzazione, non viene trattata con cloro ma viene imbottigliata così come sgorga alla sorgente. La sua purezza è assicurata dalla filtrazione del terreno. Tuttavia le acque minerali subiscono dei controlli sulla loro purezza e qualità, mensilmente da parte delle ASL e senza preavviso da parte dei NAS e giornalmente vengono fatti controlli anche da parte dei tecnici dello stabilimento.
  • 45. L‟acqua è un alimento e come tale va trattata. Le confezioni di acqua minerale devono essere conservate, rispettando tutte le norme che valgono per gli altri alimenti, in un luogo idoneo, lontano da sostanze che emanano vapori che possono essere assorbiti dalla plastica e alterare la qualità dell‟acqua; per ragioni di praticità, infatti, l‟acqua è conservata prevalentemente in bottiglie di plastica. Anche l‟acqua minerale, come ogni altra bibita, ha una scadenza: 12 mesi. Dopo aver ascoltato queste spiegazioni siamo entrati nello stabilimento per seguire il ciclo produttivo di imbottigliamento e confezione dell‟acqua. I contenitori di plastica, per ragioni di praticità di trasporto, giungono allo stabilimento come “preforme” che poi vengono “soffiate” in uno stampo modellandole nella loro forma definitiva. Le bottiglie vengono, poi, riempite con l‟acqua che arriva direttamente dalle condotte provenienti dalla sorgente. Vengono etichettate, assemblate prima in “fardelli“ e poi in “colli” tramite l‟avvolgimento in fogli di plastica, infine escono dallo stabilimento caricate sui tir che le portano a destinazione.
  • 46. In tutto questo processo l‟acqua non viene mai a contatto con l‟ambiente esterno, se non nell‟istante in cui le bottiglie vengono riempite, ma anche in questo momento ciò avviene in un ambiente chiuso, sterile, ove è presente aria microfiltrata, per impedire qualsiasi contaminazione. Terminata la visita, abbiamo ringraziato la nostra guida per la sua disponibilità e per averci consentito di portar via, come gadget, delle piccole “preforme” di bottiglie e ci siamo recati ai laghi di Monticchio. Qui abbiamo pranzato “a sacco” in un‟area attrezzata. Successivamente abbiamo fatto una passeggiata lungo il percorso che costeggia i laghi, osservando e ammirando quanto già avevamo studiato per prepararci all‟uscita didattica. La vegetazione ci è apparsa veramente rigogliosa: ontani, castagni, ginestre, orchidee selvatiche, erbe e cespugli della macchia mediterranea. Siamo riusciti a distinguere il diverso colore dei due laghi: verde olivastro il lago grande, verde intenso il lago piccolo.
  • 47. Infine ci siamo inerpicati lungo il sentiero che porta all‟abbazia di San Michele Arcangelo. Prima di giungervi siamo passati davanti ad un‟antica grotta- neviera, scavata nella roccia, ora adibita a negozio di souvenir. Questo ci ha ricordato la nostra Matera e ciò che avevamo studiato a proposito delle neviere dei Sassi e della raccolta e conservazione della neve. Arrivati all‟abbazia abbiamo potuto visitare la chiesa, davvero molto suggestiva, con affreschi risalenti all‟undicesimo secolo. Dalle ampie finestre di questa si gode un panorama mozzafiato sui laghi. È stata un‟uscita davvero istruttiva che ha unito aspetti tecnologici, scientifici, naturalistici e artistici, senza tralasciare momenti di divertimento.
  • 48. Video Uscita Didattica“Le Fonti del Vulture e i Laghi di Monticchio
  • 49. LA “FABBRICA” DELL’ACQUA L’acqua che arriva ai rubinetti di casa subisce un percorso obbligato, a partire dalla fonte di approvvigionamento e per tutto l’acquedotto. Un acquedotto è l’insieme delle opere destinate alla provvista e alla distribuzione di alti quantitativi di acqua potabile per gli usi pubblici e privati. Ecco le tappe di questo viaggio… 2. TRATTAMENTO 1. APPROVVIGIONAMENTO 3. ACCUMULO 4. TRASPORTO E DISTRIBUZIONE
  • 50. APPROVVIGIONAMENTO Le opere di approvvigionamento sono quelle che servono per la captazione delle acque. Le possibili fonti di approvvigionamento idrico per un acquedotto sono: • le ACQUE PROFONDE: falde idriche la cui acqua può essere prelevata direttamente dalle sorgenti o tramite pozzi • le ACQUE SUPERFICIALI: fiumi, laghi ed invasi artificiali formati dalla presenza di dighe • le ACQUE METEORICHE: derivate dalle precipitazioni. Vengono utilizzate di preferenza per l'agricoltura e l'industria …in BASILICATA… Il Sistema di approvvigionamento di Acquedotto Lucano provvede a ricavare l’acqua potabile da circa 400 sorgenti e dagli invasi del Pertusillo, del Camastra e di Monte Cotugno. L’acqua di sorgente è in genere di ottima qualità e la sua emissione è costante
  • 51. TRATTAMENTO E’ il processo di trasformazione delle caratteristiche dell’acqua per renderla idonea agli usi successivi. Avviene in due fasi: la potabilizzazione e la disinfezione. La potabilizzazione rende l’acqua idonea al consumo umano, con parametri organolettici, fisici, chimici, microbiologici rientranti nei valori stabiliti dalle norme di legge in vigore. Questo processo avviene in impianti detti “potabilizzatori” La disinfezione è il trattamento dell’acqua che serve ad eliminare eventuali inquinanti di tipo organico. Come agente sterilizzante viene spesso usato il cloro …in BASILICATA… Grazie alle sue ottime qualità, l’acqua di sorgente non ha bisogno di particolari trattamenti prima di essere avviata alla distribuzione. E’ sufficiente la clorazione nel serbatoio di accumulo: è un sistema rapido ed efficace, che avviene utilizzando ipoclorito di sodio. L’acqua proveniente dagli invasi, al contrario di quella di sorgente, necessita di un processo di potabilizzazione che si struttura in cinque fasi:1. accumulo e sedimentazione: l’acqua “grezza” è stoccata presso l’impianto di potabilizzazione in un bacino d’accumulo. 2. preclorazione: l’acqua subisce una preclorazione con biossido di cloro con l’obiettivo di rimuovere in una fase iniziale parte degli inquinanti ottenendo, nel frattempo, una predisinfezione; 3. chiariflocculazione: durante questa fase si ha la rimozione di sostanze solide in sospensione, tipo argille, colloidi e sabbie. 4.filtrazione rapida: l’acqua, ormai priva di ogni sostanza inquinante, è filtrata su filtri rapidi monostrato, costituiti da sabbia; 5.post-clorazione: l’acqua filtrata è raccolta in una vasca d’accumulo. Subisce la post-clorazione con ipoclorito di sodio ed è immessa in un serbatoio di raccolta
  • 52. ACCUMULO L'acqua potabile viene immagazzinata in serbatoi per brevi periodi, per poi essere distribuita agli utenti che ne hanno necessità. I serbatoi consentono di disporre di riserve d’acqua in caso di improvvisa interruzione del flusso idrico a causa di guasti o anche di manutenzione delle opere di trasporto dell'acqua, o di picchi di consumo. I serbatoi sono in genere collocati in posizione sopraelevata, oppure su una torre per l'acqua. Grazie alla differenza di altezza rispetto alle case degli utenti l'acqua risulta costantemente sotto pressione. L'acqua potabile scorre quindi senza bisogno di energia supplementare fino ai rubinetti. Ma spesso accade anche che i serbatoi degli abitati si trovino a quote più alte rispetto agli adduttori idrici principali, per cui è necessario l'impiego dei sollevamenti meccanici …in BASILICATA… Gli impianti di sollevamento utilizzati da Acquedotto Lucano sono in tutto 98, mentre 593 sono i serbatoi dislocati in aree diverse della Basilicata
  • 53. TRASPORTO E DISTRIBUZIONE L’impianto di trasporto è costituito da tutte le opere necessarie per convogliare le acque degli impianti di captazione agli impianti di accumulo e poi a quelli di distribuzione. Si tratta di un complesso di gallerie idrauliche, di condotte, di tubazioni, di impianti di sollevamento che portano l’acqua ai serbatoi di distribuzione costituiti da grandi cisterne. Per impianto di distribuzione si intende invece il complesso delle condotte che portano l’acqua agli edifici che devono essere serviti. Le principali opere della distribuzione sono costituite da tubazioni installate lungo le strade dei centri abitati …in BASILICATA… Acquedotto Lucano è un gigantesco sistema di infrastrutture, collegate da più di 7.000 chilometri di tubazioni, che si distinguono fra adduttrici (condotte che trasportano l’acqua dalla sorgente, o dall’invaso, al serbatoio), e distributrici (che trasportano l’acqua dal serbatoio ai rubinetti delle abitazioni). Con i 7.000 chilometri di condotte di Acquedotto Lucano, non solo è possibile collegare diversi comuni della regione, ad esempio Matera a Potenza, ma sarebbe possibile coprire l’intera lunghezza della Muraglia Cinese, e addirittura la lunghezza del fiume Nilo.
  • 54. Geomorfologia, idrologia e clima del territorio materano Il territorio materano è detto anche Murgia materana. Murgia (dal latino murex o murices: sporgenza rocciosa, scoglio aguzzo o sasso acuto) è un termine, usato in Basilicata, Calabria e Puglia, per indicare un altopiano terrazzato, la cui roccia sedimentaria di origine marina, alla base, è costituita da calcari compatti bianco- grigiastri, e, nella parte superiore, da un’arenaria: la calcarenite, comunemente conosciuta come tufo calcareo. Tuttavia la roccia dura, il calcare, affiora in più punti. Il territorio è caratterizzato da numerosi solchi di erosione: le “Lame” meno profonde, e le “Gravine” più profonde con pareti molto ripide.
  • 55. Il processo di formazione della Murgia inizia circa 70 milioni di anni fa, nel Cretaceo superiore, e termina alla fine del Pleistocene medio, circa 700 mila anni fa, quando si formano le profonde incisioni della Gravina di Matera e della gravina di Picciano. In questo lungo intervallo di tempo si alternano periodi in cui la Murgia è sommersa dal mare e periodi in cui emerge.
  • 56. Geograficamente l'altopiano calcareo della Murgia materana (altezza media 450 m s.l.m.) è caratterizzato da alture collinari, solchi profondi (gravine), rughe (valloncelli), piccole depressioni (vallicelle e lame), inghiottitoi e grotte di origine carsica. Sul fondo degli avvallamenti e dei terrazzi ci sono depositi di terre ricche di ossido di ferro dette “terre rosse”, sempre dovute a fenomeni di carsismo. Il territorio materano è, per lo più, nudo e accidentato ma anche con ampie zone di boscaglia e macchia mediterranea. Il manto di tufo, ricco di fosfati, che ricopre per buona parte la Murgia, permette l’arboricoltura poiché consente alle radici una facile penetrazione e un lento assorbimento dell’acqua. Inoltre, un ricco humus, asportato dalle piogge, va a colmare le “vallatelle”, permettendo lo sviluppo delle coltivazioni erbacee.
  • 57. L’area murgiana, per la natura stessa del terreno, è priva di veri e propri corsi d’acqua superficiali. La roccia calcarea, ricca di fessure e permeabile, dà luogo a torrenti e scorrimenti superficiali solo quando le precipitazioni sono così violente da non lasciare il tempo all’acqua di penetrare nella roccia. È presente, invece, un’idrografia sotterranea alimentata dall’acqua piovana. Tra i torrenti delle “gravine” più profonde, che sopravvivono alla siccità dei mesi Torrente Jesce estivi, ricordiamo: il torrente Gravina di Matera, che costeggia il lato est della città, il torrente Gravina di Picciano ad occidente, il torrente Jesce che alimenta, nel tratto terminale, un laghetto di acqua perenne: lo “Jurio”, ossia gorgo. Questo bacino serviva per il rifornimento idrico nei periodi di siccità. L’agro materano è lambito dal fiume Bradano, lì dove questo viene sbarrato dando origine alla diga di S. Giuliano. Lo Juro
  • 58. Matera, che fa parte dell’area collinare orientale della Basilicata, ha un clima temperato semiarido ad estati secche, con escursioni stagionali di circa 16°C, con piovosità media che si aggira sui 600 mm annui ed un bilancio idrico fortemente deficitario nei mesi estivi. Rientra nell’area climatica che si estende lungo i confini con la Puglia e lungo le coste dello Jonio (Bernalda, Matera, Nova Siri, Palazzo S. Gervasio, Lavello). I mesi caldi sono generalmente 3, a volte 4 e compaiono da Giugno ad Agosto, raramente Settembre. Sono mesi confortevoli maggio e ottobre, accompagnati da aprile o settembre. Possono presentarsi sino a 6 mesi freddi e sino a 5 mesi molto freddi. Il clima murgiano è, perciò, tipicamente mediterraneo, con piogge in autunno- inverno, scarse in primavera e quasi assenti in estate. La temperatura media va da una minima di 8,7° C a una massima di 22,8° C. La minima e la massima registrate hanno toccato i – 7 ° C e i 35° C. Le massime, in genere, sono accompagnate dal vento caldo “Favonio” che spira da Sud Sud-Ovest.
  • 59. Il carsismo Per carsismo si intende quel particolare processo chimico attraverso cui la acque meteoriche (pioggia, neve ..) e sorgive sciolgono ed erodono (consumano) le rocce calcaree e altre rocce solubili. l fenomeno prende il nome dal Carso, un altopiano delle Alpi orientali, in cui è particolarmente evidente questo tipo di processo. Le rocce calcaree sono formate da carbonato di calcio che è poco solubile nell’acqua pura, ma nelle acque meteoriche è presente sempre, in soluzione, una piccola quantità di anidride carbonica che, combinandosi con l’acqua, forma l’acido carbonico; la presenza di questo acido fa sì che l’acqua possa intaccare il carbonato di calcio, formando il bicarbonato di calcio, il quale essendo solubile in acqua, può essere facilmente asportato dalle rocce. Schematizzando: ANIDRIDE CARBONICA + ACQUA ACIDO CARBONICO ACIDO CARBONICO + CARBONATO DI CALCIO BICARBONATO DI CALCIO Solubile in acqua Il processo di dissoluzione delle rocce calcaree è tanto più intenso e rapido quanto più facilmente le acque meteoriche possono penetrare nella roccia e, cioè, quanto più la roccia è fratturata. Se il calcare non è puro, possono restare nel suolo minerali residui, che conferiscono colorazioni particolari al terreno; nelle regioni mediterranee, quindi anche a Matera, resta spesso una copertura di argilla rossa (terre rosse). Si forma, così, un suolo, anche se ridotto, in grado di trattenere acqua e utilizzabile per le coltivazioni. Dove lo strato calcareo ha uno spessore di decine o centinaia di metri, le precipitazioni sono frequenti e sono presenti rilievi, il carsismo porta a un territorio caratterizzato da: Assenza di fiumi o forme di scorrimento superficiali e rete idrografica sotterranea. Le zone carsiche sono sempre caratterizzate da una notevole aridità: manca la circolazione superficiale poiché l’acqua, erodendo, penetra nello strato roccioso e crea una circolazione sotterranea. Forme superficiali di erosione causate dalla dissoluzione delle rocce Forme geomorfologiche sotterranee, come grotte e cavità. L’acqua, penetrando nelle fratture, ingrandisce le cavità formando grotte o gallerie, all’interno delle quali si può stabilire una circolazione idrica di una certa entità, fino alla costituzione di veri e propri fiumi sotterranei. Queste grotte, talvolta si aprono all’esterno. Nelle grotte si formano spesso delle concrezioni calcaree perché l’acqua che contiene il carbonato di calcio in soluzione, a contatto con l’aria, perde una certa quantità di anidride carbonica, diminuisce l’acidità e si ha un processo inverso a quello della dissoluzione del calcare, ossia, il bicarbonato di calcio si trasforma in carbonato di calcio, che essendo insolubile si accumula formando le stalattiti (pendono dal soffitto) e le stalagmiti (dal basso verso l’alto). Se stalattiti e stalagmiti si incontrano si formano le colonne di alabastro.
  • 60. Relazione sull‟uscita didattica alla diga di San Giuliano Il 7 febbraio 2008, con le classi 2a B e 2a D, ho fatto un‟uscita didattica alla Diga di San Giuliano. Ero curiosa di scoprire dal vivo il suo habitat naturale di cui i miei insegnanti mi avevano anticipato le bellezze. Osservando attentamente il territorio che mi circondava, mi sono accorta della varietà del paesaggio: il lago, infatti, è circondato da una cornice di colline e da tanta vegetazione, in parte spontanea, in parte opera dell‟uomo. Nei terreni circostanti un tempo cresceva una vegetazione xerofila che, grazie alle trasformazioni dovute alla presenza dell‟acqua, è diventata igrofila. Il paesaggio che ora si presenta ai nostri occhi è un paesaggio incantato che ha attirato anche molti uccelli migratori che hanno scelto l‟ambiente del lago come loro dimora fissa.
  • 61. La diga nasce dalla costruzione dello sbarramento del fiume Bradano nel luogo in cui il fiume si restringe bruscamente in una forra rocciosa incisa nella formazione calcarea in cui si svolge il corso del fiume. Questi ha un letto che va via via restringendosi verso la Murgia Piccola. L‟intero territorio, dagli anni ‟50, è proprietà dello Stato, che l‟ha dato in concessione al Consorzio di Bonifica del Bradano e Metaponto. Il territorio della riserva fa parte dell‟agro di Matera, Miglionico e Grottole e comprende parte del medio corso del fiume Bradano, il lago e la gravina. La superficie del lago misura circa 8 km2. e ha una capacità di 100 milioni di m3 d‟acqua. L‟acqua presente nell‟invaso di San Giuliano viene utilizzata per scopi agricoli grazie ad un sistema di canalizzazioni. L‟acqua in eccesso viene scaricata grazie alle paratoie che si aprono a seconda della quantità d‟acqua da scaricare. Ultimamente è stata installata anche una piccola centrale idroelettrica per la produzione di energia che poi il Consorzio rivende all‟Enel.
  • 62. Dal 1976 la diga è inserita in un‟oasi naturale regionale di circa 100 ettari in cui numerose specie animali e vegetali hanno trovato il loro habitat. L‟oasi protetta dal WWF comprende un‟area all‟interno dei comuni di Matera, Miglionico e Grottole. La sua storia è legata a quella dell'omonimo invaso artificiale creato dallo sbarramento sul fiume Bradano avvenuto tra il 1950 e il 1957. L'intera area protetta include un tratto fluviale a monte del lago, il lago vero e proprio ed un tratto di fiume a valle dello sbarramento. Dal punto di vista geomorfologico l'area è caratterizzata da colline argillose digradanti verso il lago; ma, nel tratto immediatamente a valle dello sbarramento, il fiume Bradano scorre nei calcari del Cretaceo formando la "gravina". La coltura prevalente è quella cerealicola con quote marginali riservate all'olivo, vite, ortaggi e frutta. Intorno al lago vi sono alcune masserie che allevano prevalentemente ovini e bovini.
  • 63. Il WWF ha creato qui delle strutture per la salvaguardia e lo studio dell‟avifauna e della flora e per la divulgazione della cultura ambientalista; un esempio ne è il centro visite dell‟oasi, il centro di primo soccorso per gli animali malati o feriti e delle capannine per l‟osservazione della fauna in libertà. Molto bello è stato il momento in cui abbiamo liberato, insieme alla guida, due poiane che erano state curate dagli operatori del WWF. Sul tetto della sede del consorzio di bonifica è presente una stazione meteorologica completa di anemometro, igrometro, termometro e pluviometro.
  • 64. Dopo aver ascoltato la nostra guida che ci ha illustrato le numerose bellezze del lago, è arrivata per noi la parte più affascinante della giornata: quella dedicata al birdwatching. Ci siamo sistemati sul versante destro del bacino che, essendo piuttosto alto rispetto al livello dell‟acqua, offre al visitatore, se fornito, come noi, di binocolo, uno scenario davvero inimmaginabile: svassi maggiori che percorrono lunghi tratti sott‟acqua, alberi che ondeggiano nella direzione del vento, aironi cinerini disposti quasi in fila indiana in bilico su una sola zampa, garzette dalle piume bianco neve; il tutto circondato da una vegetazione dalle varie tonalità del verde, insomma tutto davvero emozionante.
  • 65.
  • 66. Video Uscita Didattica “Oasi di san Giuliano”
  • 67. La collina di La Nera e le sue falde idriche Il nome dato alla località, “La Nera”, deriva da quello di un albero, il Prunus mahaleb o ciliegio canino, denominato comunemente “La Nera” per via dei suoi frutti piccoli e neri, che cresceva diffusamente tra gli orti e i giardini del luogo. Quest’area agricola si estendeva su un’altura, la collina dei Lapilli, al di fuori della città, allora racchiusa nei Sassi. Vi si producevano ortaggi e leguminose ed era ricca di alberi da frutto e vigneti grazie all’abbondanza di acqua, per la presenza di falde freatiche dovute alla struttura morfologica del terreno, formata da arenarie, permeabili, e da sottostanti argille, impermeabili. Le acque meteoriche, penetrando nel terreno, alimentavano i pozzi sparsi nella zona collinare, defluivano più giù nelle cisterne del centro di Matera o si raccoglievano presso la chiesa del Purgatorio, nel cosiddetto “lago di città”, da molto tempo ormai prosciugato.
  • 68. Nel punto in cui ora sorge il palazzo occupato dagli uffici del Giudice di Pace, Flussi idrici dalle colline all’angolo tra via Lucana e via La Nera, vi verso la città era un acquedotto che canalizzava verso la città le acque provenienti dalla collina, garantendo ai Materani buone fonti idriche. Oggi tutto è cambiato. Del prunus mahaleb non vi è più traccia e degli antichi orti ne è rimasto solo uno, davanti alla Scuola Media “N. Festa”, curato da un vecchio ortolano. Il quartiere, che si è man mano sviluppato su tutta la collina di La Nera e verso il Castello Tramontano, dove terminava la via Montigny, oggi via Gramsci, ha avuto come nucleo originario il rione sorto alla fine degli anni ’50 per ospitare le famiglie sfollate dai Sassi, secondo il piano regolatore elaborato dall’architetto Luigi Piccinato.
  • 69. Abbiamo più volte effettuato uscite didattiche in questo quartiere, che è quello a cui appartiene la nostra scuola. Ultimamente siamo andati alla ricerca dei segni della presenza dell’acqua, di quelle falde che hanno alimentato per molto tempo il fabbisogno idrico della città. Ci siamo soffermati ad osservare la rigogliosa vegetazione che cresce spontanea nei luoghi non cementificati. Abbiamo localizzato l’ultimo pozzo ancora funzionante, ben evidente, proprio di fronte all’ingresso della “N. Festa”. Qualcuno di noi ha ipotizzato che l’umidità che si nota nella sala teatro della scuola, parzialmente interrata è, probabilmente, dovuta alle infiltrazioni d’acqua che risale in superficie. Soprattutto, pero, abbiamo rilevato la presenza di due piante che crescono spontanee qui e che sono indicatrici della presenza d’acqua: La canna domestica o comune (arudo donax) e la coda cavallina (equisetum arvense). Riportiamo, di seguito, alcune notizie su queste due specie vegetali.
  • 70. Nome volgare: Canna domestica o comune o gentile Nome scientifico: Arudo donax Famiglia delle Graminacee - Genere Arundo La canna comune (Arundo donax), nativa dell'Asia occidentale e del bacino mediterraneo, è particolarmente diffusa nelle regioni mediterranee, si caratterizza per il grosso rizoma. Il fusto eretto detto culmo, è alto fino a 4 m. Da esso si dipanano grandi foglie lanceolate il cui margine presenta piccolissimi denti che le rendono taglienti e fiori in pannocchia violaceo-argentea. Nome volgare: Coda cavallina, asperella, coda equina , code di cavallo code d'asino. Nome scientifico: equisetum arvense - Divisione Pteridophita - Famiglia Equisetacee – Genere Equiseto Alto da 20 a 65 cm, perenne, l’equiseto è molto particolare in quanto ha radici, ma né fiori né semi, la sua riproduzione è assicurata dalle spore, con involucro è costituito da 4 strisce elastiche che si srotolano quando l’aria è calda, liberandole. Sullo stesso ceppo si succedono due fusti differenti, il primo compare in primavera, è fertile, lungo 10-25 cm, non ramificato, di colore rossastro e porta all’ apice la spiga con le spore, scompare in estate. Viene sostituito da un fusto sterile verde, scanalato, cavo, molto ramificato, alto fino a 50 cm, diviso in segmenti separati tra loro da nodi. I rami sono verticillati, gracili, ruvidi.
  • 71. Matera e le sue soluzioni alla scarsità d’acqua Prima di affrontare il discorso sulle soluzioni che la città di Matera ha trovato nel corso della storia alla naturale mancanza d’acqua, dovuta all’aridità del territorio della Murgia, le nostre insegnanti, per motivarci, ci hanno proposto la visione di un documentario della serie “Quark” Si parlava proprio di Matera e delle strategie per recuperare ogni singola goccia d’acqua caduta dal cielo. Dopo la visione ci è state posta una serie di domande, a cui abbiamo dato risposta e che proponiamo di seguito.
  • 72. D. Perché a Matera, per avere accesso all’acqua, è stato necessario costruire delle cisterne? R. Matera è una città povera d’acqua poiché non ci sono fiumi o torrenti che possano garantire il necessario approvvigionamento idrico; per risolvere questo problema in passato si sono scavate nella roccia tufacea delle cisterne al fine di raccogliere ed utilizzare l’acqua piovana. D. Quando sono stati scavati nella roccia i primi canali, grondaie e vasche nei Sassi? R. I primi canali e le prime vasche e grondaie risalgono all’età del Bronzo, che va dalla fine del 3000 a. C. al 700 a. C.
  • 73. D. A cosa l’autore del documentario paragona i Sassi di Matera e i suoi canali lungo i pendii? R. L’autore del documentario paragona il sistema di canali presenti lungo i pendii dei Sassi di Matera ad un albero con le sue radici: i canali rappresentano le radici dell’albero e le cisterne ne costituiscono il tronco e la chioma. D. Perché venivano costruite più cisterne in comunicazione l’una con l’altra? R. Venivano costruite più cisterne comunicanti tra loro per fare in modo che l’acqua si depurasse. D. Con l’aumento della popolazione come vennero utilizzate alcune cisterne? R. Con l’aumentare della popolazione si rese necessario trovare nuovi spazi da destinare ad uso abitativo, così spesso furono svuotate delle cisterne e l’ambiente interno venne modificato in modo tale da realizzare delle case – grotta.
  • 74. D. Come venivano irrigati i giardini pensili? R. I giardini pensili venivano irrigati grazie ad un complesso sistema di grondaie D. Perché si scelse il territorio della Murgia per fondare i primi insediamenti? R. Si scelse il territorio della Murgia perché era riparato dalle intemperie, presentava una pendenza adeguata per la raccolta dell’acqua piovana, c’era vegetazione ed erano già presenti parecchie grotte naturali; inoltre la roccia calcarea che caratterizza la Murgia poteva essere facilmente scavata e modellata. D. Perché le case – grotta venivano costruite in pendenza? R. Le case-grotta venivano costruite in pendenza perché in questo modo in estate i raggi solari non superavano l’ingresso, quindi l’interno dell’abitazione si manteneva fresco; in inverno, invece, i raggi del sole, più inclinati, riuscivano ad arrivare in fondo alla casa – grotta riscaldando tutto l’ambiente.
  • 75. D. Su cosa si basava l’economia di Matera? R. L’economia materana si basava principalmente sull’agricoltura, sull’ allevamento e sul commercio della lana. Matera era una tappa importante della transumanza. D. Perché Matera subì un tracollo economico e decadde? R. Matera subì un tracollo economico e decadde perché risentì fortemente della concorrenza dell’Inghilterra e dell’Australia nel commercio della lana.
  • 76. Approvvigionamento idrico a Matera prima dell’arrivo dell’acquedotto Modalità di approvvigionamento Fontana Cisterne Palombari Neviere Pozzi Jurio pubblica A campana A tetto
  • 77. Le cisterne In un territorio come quello materano, caratterizzato dalla scarsità d‟acqua, le cisterne, a campana o a tetto, avevano la funzione di raccogliere l‟acqua, per lo più piovana, per i bisogni dei cittadini. Ogni casa dei Sassi aveva la sua cisterna a campana, scavata nella roccia spesso ubicata all‟ingresso dell‟abitazione, per raccogliere più facilmente l‟acqua canalizzata della strada o dei tetti. Quest‟acqua veniva usata per usi domestici e per abbeverare le bestie. Quando le cisterne servivano più case di un unico vicinato, nella vendita di una delle case veniva citato nell‟atto notarile l‟uso della cisterna. Cisterne molto grandi, ottenute dalla fusione di più unità, prendevano il nome di palombari, questi potevano raccogliere sia acqua sorgiva che piovana. L‟acqua del palombaro veniva tenuta di riserva e i boccagli erano aperti e messi a disposizione dei cittadini quando le altre fonti scarseggiavano. L‟adduzione delle acque, sia per le cisterne sia per i palombari, avveniva tramite dei canaletti.
  • 78. Nella piazza erano in funzione tre palombari: uno di acqua sorgiva, vicino alla fontana pubblica, il secondo di acqua per lo più piovana (chiamato Palombaro lungo), con tre boccagli, era posto ai margini dello slargo di S. Domenico, il terzo, presso il cappellone del ss. Rosario, veniva aperto in caso di estrema necessità. Le cisterne a tetto, dette anche palombari a tetto, erano costruite nelle campagne, dove erano anche presenti cisterne a muro, microcisterne e vasche per abbeverare gli animali e raccogliere ogni singola goccia d‟acqua.
  • 79. Le cisterne a campana Le cisterne a campana, così chiamate per la loro tipica forma, venivano scavate nella roccia tufacea, la calcarenite, e poi impermeabilizzate intonacandole con calce, pozzolana e cocciopesto. Lo scavo della cisterna partiva da una circonferenza iniziale di diametro alquanto ridotto e poi si allargava progressivamente verso il fondo, proprio come una campana dove raggiungeva ampiezza e profondità di alcuni metri.
  • 80. Nei Sassi le cisterne raccoglievano, tramite canalette e grondaie, l‟acqua piovana, del vicinato, dei tetti e della strada, che serviva per gli usi domestici e per abbeverare gli animali. Ogni cisterna poteva servire per una singola abitazione, ed era posta ad un lato dell‟ingresso, o per l‟intero vicinato.
  • 81. Prima che l‟acqua arrivasse alla cisterna, spesso decantava in piccole fosse. Questa tecnica delle vasche di decantazione era già usata sin dal Neolitico, come dimostra il sistema di vasche di diversa profondità, collegate tra loro, scoperte da Domenico Ridola a Murgia Timone. Il sistema di canalizzazione dell‟acqua piovana, nei Sassi, con i terrazzamenti che facilitavano il defluire dell‟acqua verso il basso, le canalette, le grondaie, faceva in modo che nemmeno una goccia d‟acqua potesse andare persa. Quando è venuta a mancare la manutenzione delle canalizzazioni e alcune cisterne sono state destinate ad altri usi, tra cui quello abitativo, i Sassi hanno incominciato a risentire della mancanza d‟acqua e a diventare sempre meno vivibili.
  • 82. Le cisterne a tetto Le cisterne a tetto, presenti in tutto il territorio della Murgia materana, come quelle di jazzo Gattini, masseria Del Monte, sono collocate sul fondo di una conca, dove sviene convogliata l‟acqua che, durante le piogge, scorre lungo la pendenza del terreno. Mappa cisterne a tetto Sono formate da una parte scavata e una parte costruita. La parte scavata è intonacata a pozzolana (materiale impermeabile e resistente di origine lavica) , calce e cocciopesto. La parte costruita è appoggiata a due spallette laterali dello scavo con funzione di sostegno e presenta una volta a botte fatta con quadrelli di tufo. La volta fuoriesce dal terreno di circa 50 cm; la copertura è molto spiovente per favorire lo scorrimento delle acque ed è pavimentata con chianche di tufo dure.
  • 83. La cisterne a tetto sono provviste di una finestrella per il controllo del livello dell‟acqua e per aerare il locale. L‟apertura delle cisterne, “vuccuaro”, ha la funzione non solo di prelevare l‟acqua ma anche di permetterne la pulizia e la manutenzione. Due colonnine di tufo sostengono un meccanismo simile alla carrucola (macegna) che, ruotando intorno ad un asse di legno, permette l‟avvolgimento della corda (zoca, fatta di peli di animali) a cui sono attaccate le “jalette” (secchi di legno). Il punto di deflusso dell‟acqua in eccesso, denominato troppo pieno, porta l‟acqua in più in un‟altra cisterna oppure la disperde nuovamente nel terreno.
  • 84. Esistono esempi di cisterne, collegate con vasche costruite in tufo o scavate nella roccia, in cui l‟acqua prima di raggiungere la cisterna stessa viene decantata. Le cisterne a tetto erano utilizzate dai pastori per abbeverare il bestiame al rientro dal pascolo: dalla cisterna veniva prelevata l‟acqua e versata in collettori che la portavano in vasche per l‟abbeveraggio comunicanti tra loro.
  • 85. Il Palombaro Lungo Di recente, nel compiere lavori di stabilizzazione e consolidamento del piano stradale che dessero anche un nuovo assetto alla Piazza Vittorio Veneto, è venuto alla luce uno straordinario complesso ipogeo; la sua datazione non è semplice, ma sembra che alcune strutture siano addirittura anteriori all‟anno 1000 e con ogni probabilità appartenevano all‟antico “Fondaco di Mezzo”
  • 86. Prima del 1880, infatti, data in cui fu realizzata l‟attuale Piazza Vittorio Veneto, tra il Monastero dell‟Annunziata e il Monastero dei Domenicani c‟era la “Porta grande” o “della Bruna”, difesa da alcuni fortilizi. Da questa porta partiva la strada per la fontana pubblica, mentre a sinistra si sviluppava il “Fondaco di Mezzo”, uno dei due mercati settimanali di Matera I Fondaci hanno avuto massima fioritura tra l‟undicesimo e il quattordicesimo secolo, quando fu in auge il mercato nel Mediterraneo. Quello materano si teneva il lunedì. Nel 1880, con la realizzazione della nuova Piazza su di un piano superiore rispetto alla preesistente “Piazza del Mercato”, il Fondaco con le sue strutture caratteristiche fu coperto e dimenticato.
  • 87. Oggi, grazie ai lavori di recupero e riqualificazione, è possibile visitare questo importante patrimonio e apprezzarne la complessità e la varietà, ricavandone anche importanti informazioni sulla vita quotidiana di un tempo. Gli ipogei di Piazza Vittorio Veneto, che mantengono ancora la tipica pavimentazione a “chiancarelle”, sono ricchi di ramificazioni e sono caratterizzati da grotte di varia dimensione, utilizzate in passato per scopi assai diversi. Sull‟antica piazza si aprono infatti cinque varchi che ci introducono in strutture differenti, alcune molto articolate e di difficile identificazione. Probabilmente solo poche di queste strutture erano utilizzate come botteghe; alcuni di questi ambienti erano senz‟altro delle cantine, di cui, in alcuni casi, sono ancora visibili i palmenti; molti altri invece costituivano delle cisterne.
  • 88. Il motivo della presenza di tante cisterne è rintracciabile nella grande necessità che i Materani avevano di raccogliere e conservare l‟acqua, visto che i periodi di siccità erano frequenti. Il territorio di Matera ha infatti una piovosità molto bassa e il torrente Gravina, piccolo e incostante, non poteva fornire in alcun modo il necessario apporto d'acqua; di conseguenza, l‟unico modo che gli abitanti avevano per assicurarsi l‟approvvigionamento idrico indispensabile alla sopravvivenza era fare ricorso a strutture come le cisterne, in grado di “imbrigliare” l‟acqua piovana e quella che si condensava con l‟umidità notturna. In genere ogni casa, cantina, bottega, grotta, aveva almeno una cisterna per la raccolta dell‟acqua per usi domestici, mentre quella potabile veniva prelevata alla fontana pubblica che, per oltre seicento anni ai piedi del colle del Lapillo (collina del castello Tramontano), ha distribuito l‟acqua intercettata dalla falda freatica. C‟erano poi delle “cisterne comuni”, di grandezza variabile, alimentate con l‟acqua piovana che si raccoglieva dalle strade e dai tetti. Al fine di depurarla, ingegnosamente era stato “progettato” un sistema di piccole vasche comunicanti tra loro che avevano la funzione di “vasche di decantazione”; in questo modo l‟acqua che arrivava nelle cisterne e veniva poi prelevata dai cittadini tramite i boccagli presenti sul soffitto era filtrata e “purificata”.
  • 89. Negli ipogei di piazza Vittorio Veneto, ai margini dello slargo di San Domenico, è presente il più grande pozzo – cisterna della città di Matera, il cosiddetto “Palumbaro Lungo”. I “Palumbari” costituivano delle preziose riserve d’acqua e la città ne possedeva diversi, ma quello che è venuto alla luce con i lavori di riqualificazione della piazza è senza dubbio il più maestoso. E' profondo ben 15 metri e, percorrendo quasi tutta la piazza ipogea, ha una lunghezza di oltre 50 metri.
  • 90. Poteva contenere circa 5000 metri cubi di acqua. Fu ingrandito proprio nel 1880, quando si interrò il Fondaco di Mezzo, e per ampliarlo furono abbattute case – grotta, altre cisterne, cantine, neviere, al fine di renderlo capiente a sufficienza per far fronte alle esigenze di una popolazione ormai cresciuta. Aveva tre boccagli, riceveva acqua piovana e sorgiva e veniva aperto nei periodi in cui l’acqua scarseggiava o si era in piena siccità. Malgrado questa struttura di riserva, l’acqua veniva a mancare comunque e, fino all’arrivo dell’acqua del Sele nel 1926, si era costretti spesso a scendere nella Gravina per attingere acqua dallo Jurio, il laghetto perenne alimentato dal torrente Jesce.
  • 91. Relazione sull’uscita didattica al Palombaro lungo Mercoledì, 3 ottobre 2007, noi alunni delle classi IID e IIB, accompagnati dalle professoresse, abbiamo visitato una parte degli Ipogei di Piazza Vittorio Veneto, in particolare il “Palombaro Lungo”. Abbiamo fatto questa uscita didattica perché quest‟anno, nell‟ambito del laboratorio di studio del territorio, studieremo l‟acqua. Ci ha fatto da guida l‟architetto Tonio Acito che ha curato il recupero dei locali ipogei. Sotto l‟occhio vigile dei nostri professori abbiamo ascoltato interessati tutto quello che la nostra guida d‟eccezione ci ha spiegato, scattando anche qualche fotografia.
  • 92. Arrivati in piazza Vittorio Veneto, siamo scesi attraverso una scalinata e siamo giunti in un ambiente in cui erano visibili degli affreschi; si trattava dell‟antica Chiesa chiamata “Cripta dello Spirito Santo”. Fu scavata intorno al 900 e la nostra guida ci ha detto che faceva parte di essa anche il campanile che oggi appartiene alla sovrastante chiesetta “dei cavalieri di Malta” . Fino a 17 anni fa la Cripta dello Spirito Santo e le cisterne che fanno parte della piazza ipogea erano coperte. Furono occultate infatti nel 1880, quando venne costruita al livello superiore l‟odierna Piazza Vittorio Veneto. Dell‟antica Piazza del Mercato ipogea si perse, così, ogni memoria.
  • 93. Dopo questa spiegazione ci siamo inoltrati in un luogo buio e umido, che abbiamo illuminato con le torce: il “Palombaro Lungo”, un insieme di cisterne per la raccolta dell‟acqua fuse a formare un pozzo comune, il più grande della città. Conteneva circa 5000 metri cubi d‟acqua. La nostra guida ci ha rivelato che al momento della scoperta dell‟antico Palombaro, la sua prima impressione è stata quella di trovarsi all‟interno di una cattedrale dell‟acqua. La struttura, infatti, è imponente, con pareti e colonne altissime interamente scavate nella roccia. Tempo fa l‟acqua piovana proveniente dai sovrastanti pendii si raccoglieva e confluiva dove ora si trova la moderna fontana di Piazza Vittorio Veneto. Scendeva attraverso dei canali e entrava nel Palombaro Lungo tramite delle aperture nella volta; vi erano, poi, sulla piazza, “bocche di approvvigionamento” che ne permettevano il prelievo.
  • 94. L‟architetto Acito ha provato a farci fare delle ipotesi che spiegassero la presenza di tracce arancioni simili a cerchi, sulla volta del Palombaro. Le nostre ipotesi, però, sono risultate non corrette, perciò la nostra guida ci ha spiegato che erano tracce di ruggine formatesi in seguito al contatto dei secchi, che i materani avevano perso nel pozzo, con il soffitto. Il Palombaro Lungo era una grande riserva d‟acqua e per i cittadini di Matera era davvero importante, infatti stabilivano delle regole per utilizzarla al meglio. Ad ogni famiglia era assegnata una quota massima di secchi da poter prelevare.
  • 95. Poiché la calcarenite, ossia la roccia tufacea degli ipogei, è molto porosa, viene da chiedersi come abbiano fatto i materani a conservare l‟acqua in ambienti scavati in questo tipo di materiale. La nostra guida ci ha risposto che le cisterne venivano impermeabilizzate utilizzando calce, pozzolana, cocciopesto, ossia frammenti di mattoni, e paglia. Il Palombaro Lungo fu utilizzato come riserva d‟acqua fino all‟arrivo dell‟acquedotto, nel 1926. Annessa al Palombaro lungo vi è una neviera, un ambiente di forma conica in cui la neve veniva raccolta attraverso un boccaglio posto sul soffitto e conservata grazie all‟azione isolante della paglia. Al termine della visita l‟‟architetto Acito ci ha condotto presso il suo studio, dove ci ha mostrato il plastico degli ambienti ipogei che avevamo appena visitato Il Palombaro Lungo ci ha affascinato molto e vorremmo tanto ritornarci.
  • 96.
  • 97. Le neviere I nostri antenati non avevano i mezzi e le tecnologie di cui disponiamo adesso per conservare i prodotti alimentari deperibili e per rinfrescare le bevande; si servivano per questo della neve- ghiaccio che raccoglievano e ammassavano in strutture chiamate neviere. Vi erano neviere nei Sassi, in periferia e sulla Murgia, sia per uso privato, piuttosto piccole, che destinate alla vendita della neve al pubblico, di maggiori dimensioni. Come dimostrano precisi documenti, la vendita della neve, come quella del pane e della carne, era regolata da precise disposizioni municipali che fissavano il prezzo e l‟orario della vendita. La neve non veniva richiesta, come si potrebbe Documento pensare , solo in estate, ma per tutto l‟anno. sull’estrazione della neve
  • 98. Delle molte neviere esistenti sia dentro che fuori la cerchia muraria della città, poche sono giunte a noi integre: alcune sono state trasformate e utilizzate come stalle, pollai, depositi, altre sono andate, in parte o completamente distrutte. Quelle che ancora si possono esaminare mostrano che la loro costruzione era molto curata: erano tutte scavate nella roccia tufacea, con ingresso rivolto a settentrione e presentavano vani contigui comunicanti. La loro forma era, nella parte inferiore cilindrica o, raramente, quadrata, nella parte superiore conica; a volte la parte inferiore era divisa da quella superiore da un piccolo cordolo ; terminavano, in alto neviera in contrada con un‟imboccatura da cui si versava la Malve neve.
  • 99. La raccolta della neve avveniva formando delle grosse palle che venivano trasportate fino all‟imboccatura. Versata la neve su uno strato di paglia, veniva pressata con mazze speciali, in modo da formare una massa ben compatta. Negli ipogei di piazza Vittorio Veneto, delle neviere esistenti se ne riescono a individuare almeno due: una è ancora integra, è di forma cilindrico conica, con imboccatura quadrata, è preceduta da un‟ampia grotta e ha una porta di ingresso circa a un metro e mezzo dalla base; l‟altra, riconoscibile dalla forma cilindrico –conica, è stata inglobata nel Palombaro lungo. Nella neviera di S. Nicola all‟Ofra, il vano, intonacato e dotato di un‟apertura sul soffitto per riempire la cavità di neve, aveva una canaletta scavata intorno a questo foro di immissione, per impedire all‟acqua piovana di entrare nel locale e provocare lo scioglimento della neve. Un neviera di S. Nicola accesso, sormontato da una grondaia rupestre, permetteva all’Ofra l‟ingresso alla stanza per poter utilizzare il ghiaccio.
  • 100. La fontana pubblica Della Fontana Pubblica si ha notizia già nelle cronache del Verricelli del 1596. Dice lo storico che nell‟entrare nella città, vi era una fontana d‟acqua sorgente freschissima e abbondante. L‟acqua della Fontana Pubblica proveniva dalla falda freatica della collina di La Nera, detta in passato “Colle del Lapillo”. L‟acqua di tale falda scorreva a valle, utilizzata per pozzi in Via Cappelluti, Via Lucana e Via La Nera, e poi veniva canalizzata arrivando nello slargo del ponticello chiamato: “Piano della Fontana”. Possiamo individuarla, quindi, come posta tra le odierne Via La Vista e Via Ascanio Persio. Sono noti numerosi interventi di manutenzione sulla Fontana Pubblica soggetta a occlusioni e dissestamenti: 1548-1555-1591-1748. In uno dei tanti interventi di manutenzione, furono rinvenute delle antiche pietre sulle quali era segnata la data del 1351. Ciò significava che la costruzione della fontana era antecedente a quell‟epoca.
  • 101. Si sa per certo che nel 1577 l‟antica fontana, piuttosto modesta, fu sostituita da una più bella e grande, sormontata da una croce. La costruzione fu ordinata da monsignor Sigismondo Saraceno, arcivescovo di Matera. Poiché tutt‟intorno non vi era nessuna costruzione, era visibile da molto lontano. Lo spiazzo davanti alla fontana era, allora, chiamato “Piazza della Croce”. Nel frattempo, per utilizzare l‟acqua in esubero proveniente dalla collina di La Nera, fu costruita una cisterna chiamata “Palombaro”. Nel secolo seguente la fontana di monsignor Saraceno andò via via degradandosi tanto da non assicurare quasi nessun flusso di acqua, con notevoli difficoltà del popolo di attingere acqua. Nel 1825 furono appaltati i lavori per un nuovo acquedotto e per il ripristino della fontana. Questa fu inaugurata nel 1932 quando era sindaco Domenico Ridola Senior. Sull‟architrave fu incisa l‟iscrizione: “FERDINANDO II REGE FONS ET AQUAE DUCTUS AERE CIVIUM CONLATO/INSTAURATUS AMPLIATUSQUE FUIT A.D. MDCCCXXIII CURANTE/AEQUITE FERD. DE GEMMIS PROPRAEFECTO AE DOM. DOM. RIDOLA SYNDICO.
  • 102. I problemi relativi alla scarsezza d‟acqua continuarono però ad esserci. Ciò è testimoniato dai numerosi verbali del Consiglio Comunale, in cui furono trattati argomenti relativi al funzionamento della Fontana Pubblica, all‟aumento dell‟afflusso idrico e alla riparazione delle condotte. Nel 1888 fu costruita una condotta sotterranea lungo la strada dietro la fontana e si costruì davanti a quest‟ultima una grande cisterna di riserva munita di pompa, per assicurare l‟acqua anche nei periodi di siccità. Ma tali interventi non risolsero le difficoltà: le falde acquifere di Via La Nera erano limitate, i periodi di siccità sempre più frequenti, una parte delle acque andava dispersa e la continua crescita della popolazione aumentava il fabbisogno. Per l‟acqua potabile, la cittadinanza ricorreva esclusivamente alla fontana pubblica; per altri bisogni si faceva uso, finché c‟era l‟acqua, delle cisterne esistenti, di norma, in ogni casa dei Sassi. Quando si esauriva l‟acqua delle cisterne, si era costretti a scendere giù alla Gravina e riempire i barili dallo Jurio, con grave pericolo della sicurezza igienico-sanitaria. Per attingere l‟acqua alla Fontana Pubblica, specie nei mesi estivi, si era costretti a lunghe attese. Le donne con i loro recipienti affluivano nella piazza e si mettevano in fila per cinque aspettando il loro turno.
  • 103. Per disciplinare l‟attinzione e evitare litigi per la precedenza vi era la necessità della presenza di una guardia municipale. Per molto tempo, fu addetto a questo sgradito compito il paziente ma intransigente vigile Gianpaolo Lapolla. Con l‟inoltrarsi dell‟estate, infatti, il getto delle cannelle si riduceva sempre più, per cui l‟attesa e il numero delle utenti aumentavano. E di tanto in tanto avveniva l‟imprevisto: non tutte le donne erano tolleranti, qualcuna incapace di aspettare tentava il sorpasso: immediata e violenta la reazione delle altre, avveniva ciò che si diceva “ „u rivult”; la guardia cercava con la sua autorità di sedare il tumulto ma alla fine il risultato si riduceva nella rottura della gran parte delle “rizzole”. La carenza d‟acqua si risolse con l‟arrivo, nel 1926, dell‟Acquedotto Pugliese che portò a Matera l‟acqua del Sele. Si risolveva così il problema ricorrente del fabbisogno di un elemento indispensabile per una città che con l‟elevazione a capoluogo di Provincia sii avviava ad avere ulteriori esigenze. Con la rete idrica, man mano ampliata e portata in tutti i rioni cittadini, l‟antica Fontana perse le sue tradizionali funzioni e divenne un vero e proprio monumento. Per allargare l‟incrocio fra Via La Vista e Via Ascanio Persio, la Fontana fu smontata e i blocchi ammassati all‟atrio dell‟ex-monastero di Santa Lucia allora usato come sede del Municipio. I materani non accolsero favorevolmente la decisione e per anni insistettero per la ricostruzione del “Monumento all‟Acqua”. Finalmente nel 1958, il Comune decise di ricostruire la Fontana alle Tre Vie davanti ai giardinetti pubblici.
  • 104.
  • 105. I pozzi I pozzi erano e sono realizzati a valle di falde freatiche e ricevono acqua potabile. Sono scavati nella terra e sono rivestiti con tufo. Ad una certa altezza, nella muratura, c‟è la presenza di feritoie per l‟afflusso e deflusso dell‟acqua. Di pozzi se ne trovano ancora nella periferia della città e nelle campagne. Ricca di pozzi era un tempo la collina di La Nera.
  • 106. Lo Jurio Il torrente Jesce alimenta, nel tratto terminale, un laghetto di acqua perenne: lo “Jurio”, ossia gorgo. Nell‟uscita didattica effettuata lo scorso anno con il geologo, ci è stato detto che si lo Jurio si è formato perché l‟acqua, in quel punto, va in contropendenza, avendo una faglia interrotto il corso del torrente. Questo bacino serviva per il rifornimento idrico nei periodi di siccità. Quando, infatti, le cisterne erano vuote e l‟acqua nei palombari e alla fontana pubblica scarseggiava, le donne scendevano allo Jurio per il rifornimento d‟acqua, con grande pericolo per l‟igiene e la salute.
  • 107. I tanti usi dell’acqua Acqua per ……. Bere Lavare Coltivare Allevare Far funzionare le industrie Produrre energia Fare sport e divertirsi
  • 108. Acqua per bere L’acqua è la radice della vita ma è anche un nutriente fondamentale dell’ organismo. Se del neonato ne costituisce fino al 75% del suo peso corporeo, in età adulta è il 55-60% del corpo umano. Ogni cellula del nostro corpo è ricchissima di molecole d’acqua, ma è presente più negli uomini che nelle donne perché queste ultime hanno una maggiore quantità di adipe. L’acqua è un macro nutriente ma spesso non viene considerato tale dal momento che non ne possiamo trarre alcun nutrimento reale, tuttavia l’acqua, oltre a rappresentare il costituente fondamentale del nostro corpo, è anche il componente che meno possiamo permetterci di perdere, perché trasporta le sostanze metaboliche e regola la temperatura corporea. E’ grazie alla capacità dell’ acqua di sciogliere un numero elevatissimo di sostanze che l’uomo, così come le piante e gli animali, è in grado di assimilare gli elementi nutritivi, i minerali e tutti quei composti chimici necessari alla sopravvivenza, come pure di espellere i rifiuti e le tossine prodotti dall’ organismo eliminandoli con l’ urina o il sudore.
  • 109. L’equilibrio del nostro organismo dipende in gran parte dal nostro bilancio idrico. Bere acqua, dunque, è fondamentale perché dobbiamo riequilibrare quella persa con la respirazione e con l’escrezione. Il nostro organismo si regola da solo sul bisogno d’acqua con il senso della sete; quando la bocca è secca bisogna bere perché vuol dire che c’è già carenza. Se, infatti, sono le cellule nervose ad avvertire per prime lo stimolo della sete, è anche vero che il meccanismo si genera quando già abbiamo perso l’1-2% dell’acqua necessaria. Normalmente l’acqua si assume bevendola, ma si assume anche attraverso gli alimenti, che possono essere più o meno ricchi d’ acqua. Frutta, verdura e latte ne contengono l’85%, meno la carne e il pesce ancora meno
  • 110. Non è vero che l’acqua fa ingrassare, infatti non contiene calorie. Perdere acqua per far scendere il peso corporeo è un illusione momentanea. Bere durante i pasti non è affatto sbagliato, si favorisce la digestione pur allungandone i tempi. La ritenzione idrica non dipende dall’acqua che si ingerisce, ma dal sale e da altri componenti presenti nei cibi. Sul consumo delle acque minerali, che in Italia sono una vera fissazione, bisogna sfatare alcune credenze diffuse, tra cui quella che bere acqua oligominerale, con pochi sali, favorisce il restare in forma. Ricerche recenti dicono che il calcio, contenuto in alcune acque minerali, è ben assimilato dal nostro organismo. Se si vuol crescere sani, quindi, bisogna bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, una quantità che va raddoppiata se si fa sport, quindi si suda di più. Ricordate che i sali che si perdono possono essere reintegrati semplicemente mangiando frutta e verdura,che è anche un modo gustoso di bere durante la giornata.
  • 111. L’acqua che giunge nelle nostre case e che beviamo deve essere sottoposta a una serie di trattamenti di potabilizzazione che la rendono biologicamente e microbiologicamente pura; inoltre, deve presentarsi limpida, inodore e di sapore gradevole. I requisiti di qualità sono regolati per legge e la qualità dell’acqua che fuoriesce dal nostro rubinetto è controllata durante tutto il percorso attraverso gli acquedotti per preservarle da infiltrazioni e fattori inquinanti.
  • 112. Un discorso a parte meritano le acque imbottigliate e distribuite in commercio. In Italia queste si divido in acque minerali e in acque minerali gassate. E’ importante conoscere le proprietà dell’acqua acquistata per scegliere quella più adatta al proprio organismo. Guardando le etichette si nota che ogni acqua minerale ha una composizione chimica diversa: alcune favoriscono la diuresi, altre la digestione, altre ancora risultano particolarmente adatte per i neonati. Questo perché, durante il loro viaggio nel terreno, le acque raccolgono quantità differenti di sali disciolti. Le acque oligominerali, povere di sali, sono adatte a chi ha problemi renali e urinari, quelle medio minerali sono indicate per organismi senza particolari problemi, le acque ricche di sali minerali le consiglia il medico in caso di terapie specifiche. La quantità di sali disciolti è misurata pesando i sali che si accumulano facendo evaporare un litro di acqua alla temperatura di 180 °C.
  • 113. Acqua per lavare Tra gli usi dell’acqua vi è quello per l’igiene personale e degli ambienti domestici e pubblici, oltre che per annaffiare piante e giardini. Lavarsi le mani prima di uscire dal bagno o prima di sedersi a tavola evita molte infezioni; lavarsi i denti regolarmente serve a prevenire la carie; facciamo questi gesti automaticamente ma sono importantissimi per la nostra salute. Il consumo di acqua per “usi civili” è, negli ultimi anni, molto aumentato, più che raddoppiato, sia per l’incremento demografico, sia per l’aumento del consumo dei singoli individui, specie nelle società ricche.
  • 114. Adesso l’acqua arriva in tutte le nostre case, ma non per questo si deve pensare che ce ne sia in abbondanza; bisogna fare attenzione ai consumi giornalieri, in modo da non sprecarla, e ridurne al minimo l’inquinamento, che la rende non utilizzabile. E’ importante, perciò non lasciare il rubinetto aperto quando ci insaponiamo, usare poco detersivo, assicurandoci che sia biodegradabile, preferire elettrodomestici che riducano il consumo d’acqua e gli scarichi di sapone. Questi e altri gesti non richiedono molto sacrificio ma sono rispettosi dell’ambiente.
  • 115. Acqua per coltivare L’acqua è fondamentale in agricoltura sia perché le piante sono costituite per il 90% d’acqua, sia perché fornisce sali minerali alla loro crescita. Copre quasi i 2/3 del consumo di acqua dolce del pianeta. Nei paesi poveri e nelle comunità rurali la crescita delle colture dipende quasi del tutto dalla pioggia, in quelle in via di sviluppo o a rischio siccità si adottano sistemi di irrigazione. L’acqua per l’irrigazione è prelevata artificialmente da un fiume, un lago, da un bacino oppure da falde sotterranee e distribuita con canalizzazioni nell’area coltivata. Con questo sistema le colture crescono più in fretta e più abbondanti. L’acqua di irrigazione, però, evapora al sole lasciando uno strato di sali minerali sul terreno, che può diventare, col tempo, così salato da rendere impossibile la coltivazione. Per questo si preferisce il sistema dell’annaffiatura, che consiste nel creare una pioggia artificiale. E’ preferibile praticarla la mattina presto, la sera o la notte, per ridurre al minimo l’evaporazione.
  • 116. Anche l’agricoltura è fonte di inquinamento, perché, quando piove, i fertilizzanti, gli erbicidi e gli antiparassitari vengono assorbiti dal terreno e finiscono per inquinare le falde acquifere. Il consumo eccessivo di acqua in agricoltura, a causa dell’irrigazione, mette in serio pericolo le risorse idriche di molte regioni. Oggi esistono numerose tecnologie in grado di ridurre i consumi e gli sprechi di acqua, anche se spesso non vengono utilizzate. Le tecniche più avanzate portano l’acqua ai piedi delle piante o degli alberi da frutto, liberandola goccia dopo goccia, ottimizzando la produzione. Il miglioramento nel gestire l’acqua destinata all’agricoltura sarà determinante per combattere le crisi idriche del pianeta, poiché, tra i tanti usi dell’acqua, quello in agricoltura è sicuramente il più importante in termini quantitativi.
  • 117. Acqua per allevare Anche gli animali, per vivere hanno bisogno di bere molta acqua,soprattutto gli animali da allevamento, da cui ricaviamo la carne, il latte, le uova. Secondo calcoli effettuati, per ottenere un chilo di carne risulta che il consumo di acqua è di circa 31.500 litri, e una mucca da latte beve più di 100 litri d’acqua al giorno e consuma tonnellate di foraggi, che a loro volta richiedono ettolitri d’acqua. Il ruolo e la qualità dell’acqua nell’allevamento ultimamente è stato rivalutato. In passato, quando gli animali si ammalavano si pensava che l’unica causa fosse l’alimentazione, senza considerare l’influenza dell’acqua bevuta, che può rappresentare il veicolo di numerose malattie infettive. L’acqua costituisce l’habitat naturale di milioni di animali e ci fornisce uno degli alimenti più importanti: il pesce.
  • 118. Oggi la pesca copre in media il 16% del fabbisogno mondiale di proteine animali. Gli oceani e i mari ospitano una varietà di tipi di animali, maggiore di qualsiasi altro sistema terrestre. In passato si praticava una pesca limitata, ma oggi i moderni pescherecci catturano enormi quantità di pesce, correndo il rischio di limitare il ciclo riproduttivo. Oltre a ciò, nelle grandi reti da pesca rimangono impigliati anche animali non commestibili, che vengono uccisi inutilmente. Si rischia perciò di modificare l’equilibrio della vita degli ambienti marini, senza considerare che del benessere degli oceani e dei mari dipende anche il nostro benessere. C’è, infine, da dire che negli ultimi anni si sono intensificate le pratiche dell’itticoltura, ossia l’’allevamento dei pesci in vasche, stagni, laghi, o sulle rive del mare.
  • 119. Acqua per far funzionare le industrie L’acqua viene impiegata in quantità rilevanti anche nelle attività industriali: nella classifica dei consumi l’industria è al 2 posto. dopo l’agricoltura. Più un paese è sviluppato, maggiore è l’utilizzo d’acqua per le industrie (in Italia il consumo è del 20%). La quantità utilizzata dipende dal tipo di utilizzo: può essere usata come materia prima, per raffreddare le macchine, per lavare gli impianti. Di solito quest’acqua viene prelevata da laghi e fiumi e in alcuni casi il fabbisogno è elevato. Le cartiere, per esempio, vengono costruite vicino ai corsi d’acqua perché ne consumano grandi quantità: basti pensare che per un giornale servono almeno trecento litri d’acqua. Spesso l’acqua in uscita dai processi industriali è inquinata perché contiene materie prime o scorie altamente nocive. In molti paesi industrializzati vi sono severe leggi che obbligano le industrie a trattare preventivamente le acque in uscita dalle fabbriche in appositi depuratori che riducono fortemente le concentrazioni di inquinanti prima di scaricarle in laghi, fiumi e mari, in modo che siano compatibili con la salute dell’uomo e dell’ambiente.
  • 120. Acqua per produrre energia L’acqua costituisce anche una fonte di energia rinnovabile, una delle più antiche per l’uomo, che con la forza dell’acqua dei fiumi faceva muovere le pale di mulini. Oggi questa tecnica si è evoluta e viene usata nelle centrali idro-elettriche. Queste vengono costruite ai piedi di una diga, in modo che l’acqua cadendo dall’alto sfrutti la sua energia potenziale (energia di un corpo che si trova ad una certa altezza). All’interno delle condotte forzate l’acqua precipita a valle sviluppando energia cinetica. Alla base delle condotte forzate, all’interno della centrale, l’energia cinetica dell’acqua fa muovere una ruota: la turbina che, con lo stesso principio della ruota dei mulini, trasforma l’energia cinetica in energia meccanica. La turbina è collegata a un generatore che, a sua volta, trasforma l’energia meccanica in energia elettrica. Le centrali elettriche in genere hanno bisogno di molto vapore per azionare i generatori: più di 260.000 litri d’acqua all’ora per raffreddarli; l’acqua calda che si ottiene con questo processo viene spesso riversata nel mare, nei fiumi e nei laghi circostanti, ove danneggia la flora e la fauna, con un inquinamento delle acque di tipo termico, che favorisce fenomeni di eutrofizzazione e impedisce la riproduzione di pesci o di altri animali che normalmente vivono in quell’ambiente.
  • 121. Acqua per fare sport e divertirsi L’acqua ha un ruolo importante come mezzo ricreativo: in piscina, al mare, nei parchi di divertimento. Gli sport acquatici ci permettono di scaricare la tensione attraverso il gioco e l’attività fisica. In essi la fusione con l’acqua ci ricorda che da essa siamo nati e che è un bene prezioso che va rispettato, compreso e anche temuto. Anche quotidianamente usiamo l’acqua per rilassarci: quando torniamo da una pesante giornata lavorativa o anche da uno stanchevole allenamento facciamo una bella doccia. Le vacanze per lo più si trascorrono dove sono possibili attività a contatto con l’acqua sia essa dolce che salata: windsurf, nuoto, vela, canottaggio, ma troviamo giovamento anche solo a prendere il sole in riva. Un modo piacevole di trascorrere le vacanze è quello di andare alle terme, in cui si possono sfruttare gli effetti benefici sulla salute di alcune acque termali e minerali Usare l’acqua a scopo ricreativo comporta, però, degli accorgimenti: bisogna fare attenzione a fare il bagno solo dove le acque sono riconosciute balenabili dalle normative CEE: il contatto con acque inquinate può, infatti, comportare danni per la nostra salute.
  • 122. Bisogna, poi, considerare che molte attività sportive e molti svaghi possono danneggiare l’habitat degli ambienti naturali e la qualità delle acque: un esempio tipico è l’inquinamento provocato dai rifiuti prodotti dai turisti o quello dovuto agli scarichi dei combustibili delle barche a motore.
  • 123. Acqua, oro blu Cosa beviamo quando abbiamo sete? Il 98% di noi beve acqua minerale, spesso proveniente da altri continenti. Si è calcolato che per arrivare in Europa l’acqua può percorrere 15000 Km, consumando enormi quantità di carburante e contribuendo in maniera sostanziale all’inquinamento. È stato, inoltre, calcolato che ogni anno 22 milioni di tonnellate di acqua si spostano da un continente all’altro: queste sono scelte di consumo non sostenibile per l’ambiente. Gli italiani sono i più grandi consumatori di acque minerali con 191 litri pro capite, anche se vi sono acque potabili di ottima qualità. D’altra parte si è visto, da blintest effettuati, che le persone testate non riescono a distinguere le acque minerali da quella del rubinetto, anzi spesso, quando non sono influenzati dalle etichette, trovano quest’ultima di sapore più gradevole. Ma qual è la differenza tra acqua minerale e acqua potabile? Per la legge esiste solo l’acqua potabile e l’acqua non potabile; l’acqua minerale è considerata bibita. Ci sono, però, acque minerali ottime.
  • 124. L’acqua potabile è quella portata nelle nostre case dall’acquedotto ed ha un basso residuo fisso (l’acqua lasciata evaporare a 180 C deposita i sali disciolti). L’acqua del rubinetto ne contiene meno di 1,5 g/l, inoltre è chimicamente e microbiologicamente pura, ossia sicura, non contaminata da inquinanti chimici e biologici. Più alto è il residuo fisso, più l’acqua è mineralizzata. La classificazione è la seguente:  100 – 500 mg/l oligominerali  500 – 1500 mg/l minerali  > 1500 mg/l sono ricche di sali, danno effetti significativi sull’organismo e devono essere consumate su consiglio medico. Le acque minerali, lisce o effervescenti, devono essere imbottigliate così come sgorgano alla sorgente, con l’unica eccezione di quelle addizionate alla fonte con anidride carbonica. Le aziende che imbottigliano le acque minerali sono soggette a controlli periodici da parte dei NAS e delle ASL.. Ma perchè si preferiscono le acque minerali piuttosto che quelle del rubinetto? Le analisi di mercato hanno dato le seguenti motivazioni: vengono percepite senza odore, talvolta più leggere e gradevoli, le etichette e le confezioni sigillate sono avvertite come una garanzia; inoltre i sali minerali contenuti, che potrebbero avere effetti curativi, stuzzicano l’interesse di chi compra.
  • 125. L’acqua minerale richiama mondi di salute, benessere e bellezza: sempre più persone scelgono un’acqua minerale ritenendo che faccia più bene, anche se alcune reti idriche cittadine vantano una miscela di sali che le rendono altrettanto minerali. Mentre i paesi a sviluppo avanzato bevono le acque minerali e sprecano l’acqua, cosa si beve nel resto del mondo? Quali sono le difficoltà di approvvigionamento dell’acqua? Ci sono luoghi in cui occorre percorrere ancora 20-30-40 Km per l’approvvigionamento idrico. C’è ancora una parte del mondo in cui intorno al punto d’acqua, alla sorgente, al pozzo si struttura la società, il villaggio; su quell’acqua nascono i grandi e i piccoli conflitti. L’acqua dolce potabile è solo una piccola parte di quella disponibile sul pianeta; ma la sua scarsità non è una condizione naturale, spesso dipende dalla difficoltà di prelevarla, di sfruttarla, dal consumo eccessivo e squilibrato. Se le nazioni sviluppate possono contare sull’abbondanza delle risorse, altrove si affronta, giorno per giorno, la faticosa ricerca di fonti pulite.
  • 126. Nel sud del mondo l’acqua resta ancora non soltanto un problema primario per la sopravvivenza di intere popolazioni, ma anche possibile motivo di conflitti e di guerre. Alcuni paesi hanno governato le acque dei fiumi come se appartenessero solo a loro, è il caso dell’Egitto, con la costruzione sul Nilo della grande diga di Assuan; l’acqua del Nilo appartiene, però, anche al Sudan e all’Etiopia. Se non vogliamo che ci siano delle guerre per l’acqua, come in passato ci sono state per il petrolio, è ora di cominciare a gestire in maniera più oculata e giusta questa grande risorsa che è di tutti i popoli della Terra. D’altra parte dietro molti conflitti latenti si nasconde la corsa all’oro blu. In tutti i continenti del pianeta l’accaparramento di risorse idriche da parte di alcuni paesi rischia di assetarne altri: la Turchia è in conflitto con la Siria e l’Irak per lo sfruttamento delle risorse idriche, Israele con i palestinesi, l’India con il Bangladesh, quattro paesi africani si contendono le acque del lago Ciad, gli Stati Uniti hanno sottratto al Messico le acque del fiume Colorado. La storia è costellata di rivolte scatenate dalla richiesta di pane e grano, le insurrezioni del futuro potrebbero essere scatenate dall’acqua.