1. L’occhio umano e la luce
Lavoro di Lorenzo Mazzocchetti
Classe 5E
Anno scolastico 2020-2021
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2. La luce è un onda
elettromagnetica
La scoperta
James Clerk Maxwell
Il vero punto di svolta, che diede via allo studio della luce come fenomeno
ondulatorio, avvenne nel 1870 dal
fi
sico scozzese James Clerk Maxwell,
studiando la luce capi che quest’ultima è un’onda di natura elettromagnetica in
quanto viaggia alla stessa velocità delle onde elettromagnetiche, uguale nel
vuoto a 3∙108 m/s ed è, come le onde elettromagnetiche, un’onda trasversale e
non longitudinale come invece riteneva Huygens.
Questa scoperta diede il via ad una serie di studi che dimostrarono come la luce
fosse solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico.
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3. Lo spettro elettromagnetico e
l’esperimento di Newton
Le radiazioni elettromagnetiche
Siamo in grado di vedere tutto?
Una radiazione elettromagnetica è, dal punto di vista dell'elettromagnetismo
classico, un fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea propagazione di
perturbazioni periodiche di un campo elettrico e di un campo magnetico,
oscillanti in piani tra di loro ortogonali. L'insieme delle radiazioni
elettromagnetiche costituisce lo spettro elettromagnetico.
Con questo possiamo dire che quello che intendiamo con il termine luce (dal
latino lux) è riferito alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile
dall'occhio umano, ed è compresa tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d'onda,
ossia tra 790 e 434 THz di frequenza.
L’OCCHIO E LA LUCE 3
4. Gli esperimenti di Newton e la scoperta dei colori
Newton comincia gli esperimenti sui colori e la luce nel periodo in cui, per
sfuggire alla peste, si ritira nella casa di famiglia in campagna. A quell’epoca si
pensa che i colori siano un misto di luce e di ombra e che i prismi in qualche
modo colorino la luce.
Newton si procura un prisma triangolare
e lo mette attraverso un raggio di sole.
Nei loro esperimenti Cartesio, Hooke e
Boyle avevano posto uno schermo vicino
alla faccia del prisma da cui usciva la
luce e avevano osservato un miscuglio di
colori. Newton realizza che per ottenere
uno spettro ben visibile, deve allontanare
notevolmente lo schermo. Sfrutta tutta
l’ampiezza del suo studio, dalla
fi
nestra
al muro, per vedere proiettati tutti i
colori separati. Ma per provare che non è il prisma a colorare la luce, Newton
mette a punto un Experimentum crucis, l’esperimento decisivo. Sul percorso
del suo spettro mette uno schermo in cui ha tagliato un fessura sottile, in modo
da far passare solo il raggio verde. Quindi fa passare questo raggio in un
secondo prisma. Se il prisma colora la luce, allora il raggio verde deve uscirne di
colore diverso. Il raggio invece rimane verde, non modi
fi
cato dal prisma.
Newton così dimostra che i colori sono le varie componenti della luce che il
prisma semplicemente separa. Facendo passare tutto lo spettro attraverso il
secondo prisma messo in modo opportuno, Newton riesce infatti a ricomporre il
fascio di luce bianca.
Applicando rigorosamente il metodo scienti
fi
co Newton raccoglie una gran
quantità di dati, ottenuti combinando in vari modi i prismi. Ne conclude che i
raggi vengono rifratti, ossia piegati, nel passaggio dall’aria al vetro e viceversa, in
modo diverso a seconda del loro colore e che “l’indice di rifrazione è sì costante per
due determinati mezzi, qualunque sia l’angolo d’incidenza, ma cambia col cambiare del colore
della luce”.
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5. Tutti i colori dell'arcobaleno
Un arcobaleno è il risultato di un prisma naturale in grande scala. Le gocce
d’acqua sospese in aria possono comportarsi in modo simile ad un prisma,
separando i colori della luce per produrre lo spettro che è appunto l’arcobaleno.
La luce viene piegata, o meglio rifratta, nel passaggio da un materiale ad un
altro, come ad esempio fra l’aria e il vetro o l’aria e l’acqua. I differenti colori
della luce, che oggi sappiamo corrispondere a diverse frequenze dell’onda
luminosa, vengono rifratti in modo diverso. Il violetto, che ha la frequenza più
alta, viene piegato di più, mentre il rosso è la componente che viene deviata di
meno. A causa di questa differente rifrazione, i raggi di colori diversi escono
separati. E se ci troviamo nella posizione giusta, riusciamo a vedere la luce
rifratta dalle gocce d’acqua formare l’arcobaleno.
Newton mostrò che anche una cosa in apparenza semplice come un raggio di
luce, può rivelarsi meravigliosamente complessa.
Fu Newton stesso ad identi
fi
care nello spettro i sette colori. Si tratta in realtà di
una divisione arti
fi
ciosa, perché all’interno dello spettro i colori cambiano in
modo continuo e non netto.
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6. Il ruolo dell’occhio
La percezione dei colori
Abbiamo ripercorso tutti i passaggi che ci hanno portato oggi, ad avere una
visione chiara ed esatta di come la luce funzioni e si differenzi rispetto alle altre
oltre onde elettromagnetiche, e da cosa sia dovuta la presenza di colori differenti
tra loro.
Ora però è necessario parlare del mezzo che ci permette di vedere e distinguere
tutte la variazioni di luce e di colore, ovvero l’occhio.
L’occhio è principalmente suddiviso in:
• Cornea
• Cristallino
• Iride
• Retina
• Vitreo
La luce attraversa cornea, pupilla, cristallino e vitreo e va alla retina, generando
gli stimoli visivi. Gli stimoli visivi vengono trasformati in impulsi elettrici, e
trasportati attraverso il nervo ottico sino al cervello. che li interpreta dando
forma alle immagini. Il modo in cui i raggi di luce vanno a fuoco sulla retina
permettendoci di vedere è detto refrazione: in presenza di un difetto di
refrazione la messa a fuoco dell’occhio è imperfetta.
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7. -La cornea, funge da obbiettivo e consente il passaggio della luce. La sua
funzione è concentrare la luce che entra nell’occhio in modo che arrivi
correttamente sulla retina.
-Il cristallino funziona come lo zoom di una macchina fotogra
fi
ca: consente
infatti di mettere a fuoco le immagini vicine e lontane.
-L’iride controlla la qualità di luce che entra nell’occhio mediante dilatazioni o
concentrazioni.
-La retina è come una pellicola fotogra
fi
ca sulla quale viene catturata la luce
che si trasforma in impulsi nervosi. Questi vengono inviati al cervello tramite il
nervo ottico dove vengono sviluppate le immagini.
-Il vitreo è il liquido presente all’interno dell’occhio che permette all’occhio di
mantenere la sua forma.
La percezione dei colori è adibita a due tipi di fotoricettori presenti nella retina:
i coni (6/7 milioni) e i bastoncelli (circa 110/120 milioni).
I coni sono sensibili alle forme ed ai colori e sono di tre tipi, che rispondono a
particolari lunghezze d’onda nel campo della luce visibile. Questi fotorecettori,
risultano rispettivamente sensibili ad uno stimolo di circa 420 nm (spettro del
blu), 530 nm (verde) e 560 nm (rosso).
I bastoncelli consentono invece la visione in condizioni di scarsa luminosità
(visione scotopica o crepuscolare), ma non la percezione cromatica quindi sono
incapaci di distinguere i colori. Essi sono più attivi durante la visione notturna.
Coni e i bastoncelli contengono pigmenti che, per effetto delle radiazioni
luminose, subiscono trasformazioni biochimiche dalle quali si origina l’impulso
nervoso. Tale impulso viene trasmesso alle cellule della retina contigue
fi
no ad
arrivare a centri specializzati della corteccia cerebrale. Lavorando in sincronia,
coni e bastoncelli garantiscono la visione perfetta.
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8. Oltre la vista
I raggi X
Come abbiamo spiegato inizialmente, tra le onde elettromagnetiche solo la luce
è visibile all’occhio umano, ciò però non comporta che le onde non visibili
all’uomo non esistano.
Una particolare onda elettromagnetica che ha permesso grandi sviluppi
sopratutto in ambito medico, è quella dei raggi X.
I raggi X (o raggi Röntgen) sono quella porzione di spettro elettromagnetico con
lunghezza d'onda compresa approssimativamente tra 10 nanometri (nm) e
1/1000 di nanometro (1 picometro), classi
fi
cati come radiazioni ionizzanti,
avendo un potere di penetrazione molto elevato: solo spessori dell'ordine di
centimetri di piombo o di decimetri di calcestruzzo possono fermarli.
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9. La scoperta dei raggi X e delle sue potenzialità da parte di W. Roentgen
avvenuta nel novembre del 1895 trova la sua prima applicazione nel campo
medico e segnatamente in quello ortopedico. Basti pensare che pochi mesi dopo
la scoperta il colonnello medico Alvaro dell'Ospedale Militare di Napoli riusciva
a localizzare ed estrarre i proiettili dei soldati feriti nella battaglia di Adua del 1°
marzo 1896.
Uno strumento rivoluzionario che
consentiva ai medici di vedere all'interno
del corpo umano e che se fosse stato
presente qualche decennio prima avrebbe
evitato a Garibaldi ferito al malleolo ad
Aspromonte un lungo calvario. Nessuno
degli illustri chirurghi italiani e stranieri
chiamati a consulto nella fortezza del
Varignano era riuscito ad individuare il
proiettile; solo alcuni mesi dopo Augusto
Nelaton con un sondino con la punta di
ceramica che cambiava colore a contatto
di un metallo, riusciva ad estrarlo. Ma
anche il campo artistico si gioverà di
questo straordinario mezzo diagnostico:
l'occasione si presenterà nel 1897, c'è un
dipinto che alcuni critici attribuiscono ad Albrect Durer, altri lo negano. Sarà un
allievo di Roentgen, Walter Konig, a risolvere il caso, con un radiogramma
dimostra che nella pittura sottostante sono ben visibili e in carattere gotico le
iniziali del pittore e la data 1521.
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10. Di li in poi i raggi x presero sempre più piede anche in ambito artistico,
permettendo di fare scoperte che ad occhio nudo sarebbero state impossibili,
come in un famoso dipinto esposto nella Chiesa di San Luigi dei francesi a
Roma, si tratta del “Martirio di San Matteo” del Caravaggio. Nella stesura
de
fi
nitiva i personaggi sono delineati su uno sfondo uniformemente scuro e poco
dietro il carne
fi
ce del Santo si vede il volto di Caravaggio. Ben diverso invece è
lo sfondo del dipinto sottostante che mostra all'esame radiogra
fi
co una ricca
struttura architettonica, un soldato accanto al carne
fi
ce; con la mancanza
dell'autoritratto.
Questo appunto è uno dei casi più celebri di 'pentimenti d’artista. Grazie ai
raggi X si riuscì a scoprire che la realizzazione del dipinto fu alquanto
travagliata e che prima di giungere a quella de
fi
nitiva, Caravaggio delineò sulla
tela altre due versioni.
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