Tesi di laurea triennale in critica del cinema, individuo dei modelli pittorici segreti in un film che indaga il rapporto tra pittore e modella (cinema e arte)
Tesi di laurea triennale in critica del cinema, individuo dei modelli pittorici segreti in un film che indaga il rapporto tra pittore e modella (cinema e arte)
Al rapporto tra le donne artista e la società è ispirato il ciclo di conferenze sull’arte contemporanea promosso per il quarto anno consecutivo dalla Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti.
Le conferenze, a cura delle studiose, Chiara Toti e Federica Chezzi, consolidate e preziose collaboratrici della Fondazione, proporranno quest’anno un percorso “di genere”, un viaggio, appassionante e dall’incredibile vitalità, non sempre messo in luce dai canali ufficiali della divulgazione artistica.
La presentazione vuole essere un benvenuto per i ragazzi di età compresa tra gli 11 e 13 anni nella scuola media statale. L'obiettivo è quello di coinvolgerli in un mondo fatto di espressività, dove la manualità e la multimedialità si incontrano!
Il momento scelto per farlo coinciderà con l'inizio dell'anno scolastico e sarà un abbraccio di accoglienza per i piccoli che passeranno dalla scuola primaria alla sec
la tradizione del legno a Sutrio ha radici profonde che si perdono nei secoli passati. Durante i mesi invernali gli uomini si dedicavano alla costruzione di attrezzi agricoli in legno, di mobili, nonchè di sculture e bassorilievi lignei che ornano palazzi e chiese in Italia e all'estero. la Magia del Legno scaturisce dunque dalle dita esperte dei nostri maestri artigiani, eredità di un patrimonio culturale e di tradizione creativa che sì, conserviamo, ma anche sviluppiamo costantemente con la formazione professionale delle nuove leve.
Presentazione dell'opera di Umberto Giordano, tre le più note della giovane scuola italiana. Libretto di Luigi Illica. Prima rappresentazione alla Scala, nel 1896
Il grottesco-dal-testo-alla-scena-ubu-re-di alfred-jarryFoglio di sala
Articolo tratto dalla tesi di laurea di Sara Trecate: "Il grottesco dal testo alla scena: 'Ubu re' di Alfred Jarry". Per contattare l'autrice: info @ fogliodisala.it
www.fogliodisala.it
CdL Scienze dello Spettacolo, Università degli studi di Milano
Due donne le cui esistenze a tratti si intrecciano, due voci poetiche tra le più alte e significative della letteratura russa del Novecento, due esistenze travagliate e sofferte radicate nello stesso terreno sconvolto della Russia novecentesca. Entrambe hanno messo al centro la passione e l’amore, la determinazione e la ribellione alle convenzioni, il valore assoluto e la forza del linguaggio poetico come segno distintivo dell’esistenza.
Klimt. Alle origini di un mito - Catalogo ufficiale della mostraFrattura Scomposta
Klimt. Alle origini di un mito Da mercoledì 12 marzo al 13 luglio venti tele a olio sono in mostra a Palazzo Reale Klimt Milano, 11 marzo 2014 - La mostra “Klimt. Alle origini di un mito", realizzata in collaborazione con il Museo Belvedere di Vienna (Österreichische Galerie Belvedere), promossa dal Comune di Milano-Cultura, organizzata e prodotta da Palazzo Reale, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group, è curata da Alfred Weidinger, affermato studioso di Klimt e vice direttore del Belvedere, e si avvale della collaborazione per l’Italia della studiosa klimtiana Eva di Stefano.
http://www.klimtmilano.it
FRATTURA SCOMPOSTA
Numero di Gennaio - Febbraio 2014
Pagine 326
ARTISTI IN PRIMO PIANO
Ilaria Del Monte
Tina Sgrò
SONO… SARANNO FAMOSI
Alessandra Baldoni
Alice Colombo
Andrea Gnocchi
Anonymous Art
Cristina Costanzo
Daniela Cavallo
Denis Riva
Fabio Giampietro
Gabriele Buratti
Ketty Tagliatti
Linda Carrara
Marco Demis
Ornella Orlandini
Paola Mineo
Samuele Papiro
Simona Bramati
Tamara Repetto
Valentina Bardazzi
Valerio Spisani
Vincenzo Colella
Virginia Panichi
VISITATI PER VOI
RODIN il marmo la vita - Milano
GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO - Milano
AESTHESIS - Villa Panza - Varese
WUNDERKAMMER - Milano
HOMO LUDENS - Milano
ARTISSIMA - Torino
THE OTHERS - Torino
18SBARRA18 - Bologna
MARCUS JANSEN - Milano
ISIDE CONTEMPORANEA - Benevento
CHROMOPHOBIA Ryan Mendoza - Bologna
ANIMA-LI - Maurizio L'Altrella - Milano
WILD - Tiziana Vanetti - Paderno Dugnano
2 ANIME - Marica Fasoli - Brescia
ARCHI.TXT - Fabrizio Musa - Milano
HUMANIMAL - Marco Minotti - Sergno
POSTQARDS - Milano
FLUO REVOLUTION - Seregno
EXISTENCE - Luca Valotta - Milano
LIFEFRAMES - Milano
I MARTEDÌ CRITICI - Massimo Uberti - Milano
LETTERATURA NECESSARIA – Monza
L’INFORMATORE ARTISTICO
L’INTERIORITÀ, LO SGUARDO DENTRO a cura di Alessandra Redaelli - Piacenza
RISVEGLI 100% BIODEGRADABILE- Gianluca Chiodi - Milano
DA HONG KONG A LECCE Jara Marzulli di Flavia Lanza
DOMENICA È SEMPRE DOMENICA Fabrizio Segaricci di Arianna Beretta
THIERRY DE CORDIER di Federica Fiumelli
INTERVISTA A CHRISTIAN COSTA di Jessica Capra
TENDENZE. A QUALCUNO PIACE HOT di Alessandra Redaelli
LA PORTA DEI SOGNI Raimondo Galeano di Federica Fiumelli
PACIFIC - Fulvio Di Piazza - Milano
LA 55° BIENNALE DI VENEZIA I NUMERI
SHOCKING BAG l'ironia in una borsa
AMBARABACICCICOCCÒ
MADONNA NYC 83 - Casa Editrice Damiani
OKWUI ENWEZOR il nuovo direttore della Biennale di Venezia
SETUP Bologna
QUARTA DI COPERTINA
Milena Sgambato
EDITORE: Sergio Curtacci
CAPO REDATTORE: Vania Elettra Tam
COLLABORATORI DI REDAZIONE:
Alessandra Redaelli
Arianna Beretta
Flavia Lanza
Federica Fiumelli
Fulvio Martini
Giorgio Barassi
Isabella Elena Avanzini
Jessica Capra
Marco Besana
Maria Rita Montagnani
SI RINGRAZIA PER LA PREZIOSA COLLABORAZIONE
Paola C. Manfredi Studio
ARTISTI IN PRIMO PIANO
Franco Donaggio
Florencia Martinez
Alberto Gallingani
SONO… SARANNO FAMOSI
Alice Attanasio
Anna Muzi
Domenico Dell'Osso
Elena Tagliapietra
Filippo Manfroni
Francesca Marzorati
Gabriela Bodin
Gianguido Oggeri Breda
Jessica Rimondi
Luca Dalmazio
Marco Minotti
Marianna Gasperini
Massimo Caccia
Mauro Molle
Paolo Previtali
Sabatino Cersosimo
Sabrina Dan
Savina Lombardo
Silvano Bruscella
Sonia Ceccotti
Stefano Perrone
Tiziana Vanetti
VISITATI PER VOI
*Hai Paura Del Buio - Roma
*Premio Celeste 2013
*Il corpo e il dolore attraverso i secoli - Giancarlo Marcali - Como
*Identità Profonda – Milano
*Oltre il buio c’è il colore - Milano
*Brerart 2013 - Milano
*Brera salvata, Brera reinterpretata - Milano
*Back to Saxemberg Island - Vanni Cuoghi - Milano
*Crossroads - El Gato Chimney- Milano
*Out of Work - La crisi è un evento perturbante - Milano
*"di_segni-works 2013” di Mafonso
*The Scientist 2013 - Ferrara
L'INFORMATORE ARTISTICO
*Marcus Jansen - di Alessandra Redaelli
*Carta d’Identità della Cultura: Lecce
La cultura raccontata in prima persona dall’artista Orodè Deoro di Jessica Capra
*Leandro Russo di Arianna Beretta
*Francesco Messina di Arianna Beretta
*Max Gasparini - Alchimia e Passione di Alessandra Redaelli
*Riflessioni di una sera di autunno su: “Il Bacio” di Klimt” by Federica Fiumelli
*Luca Valotta di Alessandra Redaelli
*Aleandro Roncara’ “Non esistono più i conigli di una volta” di Federica Fiumelli
Luca De March di Federica Fiumelli
*Marco Romoli di Giorgio Barassi
*Visible White - Premio Celeste
*Plagio o libertà creativa dell’artista? di Frédéric Joignot
* My-Ysteria (la follia della poesia - la poesia della follia) by Maria Rita Montagnani
*The Oters Fair Torino 8-10 Novembre
*Caos e Bellezza - Alessandra Redaelli
QUARTA DI COPERTINA
*Tina Sgrò
L'effimero e l'illusorio in età barocca di Fausto Di StefanoFrattura Scomposta
Partendo da uno dei più grandi interpreti della pittura illusionistica barocca, Andrea Pozzo, la riflessione di Fausto Di Stefano vuole indagare due grandi temi dell'arte barocca: l'effimero e l'illusorio. Due caratteristiche che contribuiscono anche a rendere l'arte barocca uno strumento di propaganda in mano alla Chiesa cattolica, che avvertiva l'esigenza di imporre ai fedeli un insegnamento ben preciso: l'unica verità indiscussa doveva essere ancora quella cattolica, nonostante la Riforma protestante. E avendo ben chiaro questo obiettivo, l'arte barocca lascia da parte il convincimento razionale, che era uno dei fondamenti dell'arte rinascimentale, per abbracciare invece un messaggio volto a far leva sulle emozioni dell'osservatore. L'effimero e l'illusorio in età barocca è un affascinante viaggio all'interno di questa dimensione, che ci porterà alla scoperta di grandi e potenti capolavori.
Contenuti extra
Insieme a L'effimero e l'illusorio in età barocca sono disponibili anche due "pop-up", versione occidentale del "kirigami": con questo termine giapponese si intende un'opera realizzata su un unico foglio di carta, che piegato dà origine a forme tridimensionali (è una variante del più famoso origami). La differenza tra pop-up e kirigami consiste nel fatto che il secondo si ottiene solo tagliando e piegando un singolo foglio di carta, mentre il primo risulta da un assemblaggio. Sono disponibili, come contenuti extra, due pop-up relativi a due grandi capolavori dell'arte barocca (cliccando sui nomi si apriranno le immagini):
- Niccolò Salvi, Fontana di Trevi
- Pietro da Cortona, Ratto delle Sabine
ederico Barocci (1535 - 1612) è considerato come il più grande interprete della pittura controriformistica. Ma lo scopo di questa monografia, la terza realizzata da Federico Giannini e la prima di carattere divulgativo scritta su Federico Barocci, è dimostrare che la definizione di "pittore della Controriforma" sta stretta al pittore urbinate, perché non dà idea del fascino che i suoi meravigliosi capolavori esercitano su chi li osserva. L'analisi quindi parte dalla biografia di Federico Barocci per continuare con la descrizione di quarantacinque opere che l'artista realizzò durante la sua carriera, cercando di sottolinearne non soltanto gli aspetti storico-artistici ma anche cercando di evidenziare quanto tali dipinti riescano a essere suggestivi grazie alla loro bellezza, alle loro atmosfere, ai loro colori, alla delicatezza di molti dei loro personaggi. Federico Barocci si dimostra così non soltanto un pittore devoto ma anche un artista capace di impressionare, di emozionare e di compiere, nonostante il volontario isolamento nella sua Urbino, una parabola artistica indipendente, destinata a influenzare generazioni di pittori.
Gibellina. Laboratorio di sperimentazione sociale Autore: Giovanni RobustelliFrattura Scomposta
La piccola città di Gibellina, di origine medievale, fu completamente distrutta durante il terremoto del Belice del 1968. La sua ricostruzione però non fu come quella di tutti gli altri borghi colpiti: fu infatti affidata agli artisti, e oggi Gibellina è uno dei centri italiani più importanti per l'arte contemporanea, dal momento che oltre alle sculture all'aperto che vi si possono ammirare (realizzate da artisti come Pietro Consagra, Alberto Burri, Mimmo Rotella e molti altri) sono stati realizzati anche musei dedicati. Giovanni Robustelli ripercorre la storia di Gibellina dal 15 gennaio del 1968 fino ai giorni nostri, conducendo un'analisi non priva di critiche, volta a comprendere quali furono le idee alla base della ricostruzione della città e come Gibellina potrà svilupparsi in futuro. Il libro contiene anche un dialogo inedito con Ludovico Corrao, ex sindaco di Gibellina nonché tra i maggiori artefici della ricostruzione: l'ebook è dedicato alla sua memoria.
Il Museo e l'opera d'arte di Matilde Marzotto CaotortaFrattura Scomposta
La nascita del museo come lo intendiamo oggi, ovvero come istituzione destinata a conservare opere d'arte per istruire ed educare un pubblico ampio ed eterogeneo, risale al diciottesimo secolo. Nel Settecento le grandi capitali europee videro il sorgere di edifici realizzati con lo scopo di accogliere le collezioni, ma nonostante ciò ci fu chi si oppose a questa nascita della cultura del museo: il libro di Matilde Marzotto Caotorta si pone come obiettivo principale l'analisi della riflessione di Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy, archeologo e critico d'arte che fu uno dei principali oppositori di questo nuovo tipo di cultura. Il libro, partendo dal contesto storico e culturale che vide la nascita dei musei, sviluppa una riflessione sul pensiero di Quatremère de Quincy cercando di evidenziarne gli aspetti più singolari e cercando anche di trovare dei punti di contatto con l'attualità.
Rubens in Italia (1600 - 1608). La ritrattistica di Simona Maria FerraioliFrattura Scomposta
Pieter Paul Rubens (1577 - 1640) è stato uno dei più grandi pittori del Seicento. Questa particolare e unica monografia di Simona Maria Ferraioli vuole esplorare il periodo in cui l'artista fiammingo soggiornò in Italia, tra il 1600 e il 1608, per analizzare la ritrattistica prodotta in questi anni. Rubens infatti, durante il suo soggiorno italiano, ebbe a che fare con diversi committenti, tra cui personalità politiche illustri e influenti, ma anche con intellettuali e artisti: il suo contatto con l'arte prodotta in Italia, che si ravvisa anche nella ritrattistica, fu decisivo per il prosieguo della sua carriera. La monografia contiene un'ampia trattazione sul periodo trascorso da Rubens in Italia nonché un catalogo critico che prende in esame trenta ritratti eseguiti dal pittore per i suoi committenti in territorio italiano.
MUSEI S.P.A. di Giovanni N. Ciullo per D Supplemente del sabato di RepubblicaFrattura Scomposta
Qualcuno sostiene
che “con la cultura
non si mangia”, ma
questo sembra essere
vero solo per la
dieta italica. Soprattutto
quando si parla
di musei, e in quel campo l’abisso
fra i caterpillar internazionali (diventati
vere S.p.A, società per azioni con
super fatturati e indotto a tanti zeri) e
i carrozzoni di casa nostra è sempre
più evidente.
La gestione dei musei: un modello di analisi - Stefania Coni Luca MoreschiniFrattura Scomposta
Questo lavoro si propone di offrire un contributo all’elaborazione di un modello di analisi
dei costi di gestione dei musei, che consenta di evidenziare le finalità, gli obiettivi, i programmi
di un museo e la loro corrispondenza con la struttura della spesa.
LA GUIDA ALLA 55a BIENNALE D'ARTE VISIVA DI VENEZIA 2013
IL PALAZZO ENCICLOPEDICO
407 pagine
358 immagini
INDICE ARGOMENTI
Il Palazzo Enciclopedico
Spazi espositivi
Backstage
Giardini - Padiglione Centrale
PADIGLIONI NAZIONALI
Padiglione Santa Sede
Padiglione Venezia
ARSENALE - corderie
Padiglione Italia
Leoni d’oro
FUORI BIENNALE
Ahmet Günestekin. Monumentum of Memory
Ai Weiwei – Disposition
Antoni Muntadas. Protocolli Veneziani I
Back to back to Biennale - Free expression
bestiario contemporaneo
Anthony Caro
CROSSOVER
Artisti internazionali + vetro = GLASSTRESS
Guggenehim - STEPHAN BALKENHOL
Guggenehim - Robert Motherwell - i primi collage
Jacob Hashimoto. Gas Giant
Judi Harvest - Denatured: Honeybees+ Murano
Marc Quinn
MATTA. Roberto Sebastian Matta, Gordon Matta,
Clark e Pablo Echaurren Matta
Maxim Kantor
Omar Galiani Il sogno della Principessa Lyu Ji
Rudolf Stingel
Prima Materia
Qiu Zhijie. L’Unicorno e il Dragone
Roy Lichtenstein Sculptor
Tàpies. Lo sguardo dell'artista
The immigrants. Experiment 2
Il Palazzo di Everything + The Salon of Everything
ARMIN LINKE E DONATO DOZZY /RABIH BEAINI
TIME LAPSE
VEDOVA PLURIMO
Vito Acconci Franco Vaccari
Acconci studio intersection
When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013
Where should Othello go?
Manet Ritorno a Venezia
Articoli dedicati al mondo dell'arte pubblicati sul numero di D del 12/07/2013
1. D 14
COVER STORYCOVER STORY
pERChé
SOnO
fEliCEMarinaAbramovic',lapiù
celebreprotagonistadi
performancechoc,
raccontacom’ècambiata:
“Orabastaprovocazioni,
vogliotrasmettere
unanuovaserenità”di Andrea Visconti Foto di Marco Anelli
Fotodifotografo
Marina Abramovic
nella performance
Kitchen, messa
in scena nel 2009
in Spagna
nelle stanze di un
ex convento.
2. D 16
COVER STORY
S
ono felice. Una felicità interiore profon-
da che non ho mai provato in vita mia. Lo
scriva, ci tengo tanto che si sappia», dice la
performance artist MarinaAbramovic´ arriva-
ta all’angolo di casa,al termine di una lunga
chiacchierata sulla carriera che nell’arco di
quarant’anni l’ha portata da Belgrado,dove
è nata, fino a NewYork, dove abita e lavora
daunaquindicinad’anni.
Di ragioni concrete per essere felice,questa artista fra le più
controverse al mondo, celebre per mettersi in scena in ma-
ratoneallimitedellatorturafisicaedemotivaoggineavreb-
be parecchie: il suo progetto di un “Marina Abramovic´
Institute” sta prendendo forma nella cittadina di Hudson
a nord di NewYork, la piece teatrale Life and Death of Ma-
rinaAbramovic˘, che ha scritto con BobWilson, debutterà a
dicembre all’Armory di Manhattan, e ha appena messo in
cantiere un film sull’attore James Franco... Ma no, non è
niente di tutto questo, chiarisce: «La mia felicità non viene
dai riconoscimenti o dal fatto che l’istituto sta per diventare
realtà.È una felicità che non dipende dalle persone intorno
a me.Viene da una profonda trasformazione interiore, co-
minciataunpaiod’annifadopolaperformancealMoMA».
Si riferisce a The Artist is Presence, una piece che nel 2010
portò per cento giorni al Museum of Modern Art e dalla
quale uscì trasformata. Settecentotrentasei ore e trenta
minuti seduta immobile e in silenzio su una sedia, avvolta
in un lungo abito rosso. Davanti a lei un tavolino spoglio
al di là del quale c’era un’altra sedia. A turno, circa mille-
quattrocento persone si sono sedute davanti a lei, fissando
silenziosamente lo sguardo su quel volto slavo mantenuto
senza espressione, da cui scaturiva una corrente d’energia
mentale. Ha provato anche Lady Gaga, e la cosa ha fatto
notizia. Molti partecipanti hanno reagito all’esperienza
emotiva con un attacco di sommesso pianto, e sul web il
Marina Abramovic´,
nata a Belgrado
66 anni fa, artista
di fama internazionate
e Leone d’oro alla
Biennale di Venezia nel
1997, fotografata
quest’anno in Brasile
durante la performance
Landscape. In alto
a sinistra, l’artista
in un ritratto di
Marco Anelli del 2011.
13 LUGLIO 2013 D 17
Fotodifotografo
“Non vedo che
bisogno ci sia
di definirsi
femministe,
dal momento che
comunque una
donna è sempre
più forte
di un uomo”
3. COVER STORY
DaBelgrado
aNewYork
1964-1970
Quando lei ha 18 anni
i genitori si separano e inizia
un lungo periodo di conflitto
con la madre, che le impone
una disciplina ferrea.
Si diploma nel 1970
all’Accademia di Belle Arti
di Belgrado.
1976
Si trasferisce ad Amsterdam
e incontra l’artista tedesco
Uwe Laysiepen, in arte
Ulay, col quale inizia un
sodalizio professionale umano
intensissimo: parlano di se
stessi come di «un corpo
a due teste» e un’identità sola.
1988
L’addio con Ulay è una
performance clamorosa: l’uno
e l’altra percorrono a piedi
la Grande Muraglia cinese
partendo dagli estremi opposti.
Quando dopo 2500 km di
viaggio solitario si incontrano
a metà, il commiato.
1946
Nasce a Belgrado, figlia di una
coppia di partigiani titini:
il padre, Vojo, eroe nazionale
jugoslavo, la madre Danica
maggiore dell’esercito
e poi direttrice del Museo
dell’Arte e della Rivoluzione.
1971-1975
Si sposa con l’artista concettuale
Nes˘a Paripovic´ (il matrimonio
dura fino al 1976). Tra il 1973
e il 1974 realizza il suo primo
ciclo di performance, le violente
piece Rythm, «una ricerca
sui limiti fisici del dolore».
1977-1987
È il decennio delle performance
a due (Relation, Breathing
in/out, Imponderabilia) e delle
polemiche con il femminismo
per l’ideale di simbiosi di coppia
che Abramovic´ mette in scena.
Qui accanto, la
performance Energy
Clothes, realizzata
nel 2001 a Como.
A destra Anima Mundi:
la pietà (al Carr Theatre
di Amsterdam, 1983)
e, sotto, un momento
della performance
Relation in space, alla
Biennale di Venezia
nel 1976: Marina
Abramovic´ e Ulay
correvano nudi per
ore in una stanza,
mettendo in scena
il tema delle identità
del maschile e del
femminile nella coppia.
In alto a destra, ancora
l’artista in Ritratto
con patate (2008).
FotodiJaapDeGraaf-Themahler.com-CharlesGriffin
D 19
2010
Porta al MoMA
di New York per cento
giorni la performance
The artist is present,
in contemporanea
con una retrospettiva
del suo lavoro al
sesto piano del museo.
2013
In aprile mette
in scena all’Opera
Ballet di Parigi
il Bolero di Ravel.
blog con i filmati Marina Abramovic´ made me cry ha fatto
altrettanta sensazione. «È come un’opera silenziosa nella
quale Abramovic´ è la primadonna», ha scritto esaltando la
performance il critico Holland Cotter sulle pagine del New
YorkTimes, pur facendo a pezzi nello stesso articolo la re-
trospettiva dei lavori dell’artista allestita in contemporanea
al sesto piano del museo: «Lì mancano due elementi che
definiscono l’arte della performance come mezzo di comu-
nicazione:l’imprevedibilità e la natura effimera dell’evento.
In mancanza di questi,tutto suona falso».
Q
uelle 700 ore al MoMA per Abramovic´ sono
state una pietra miliare. L’hanno fatta cono-
scereaunpubblicopiùvasto,soprattuttogio-
vanissimi che fino a quel momento sapevano
pocodell’artistachegiàneglianni’70siferiva
in scena usando coltelli infilati ritmicamente
fre le dita delle mani (Rythm),ballava per ore
alritmoossessivodiuntamburoafricanocon
la testa avvolta in una sciarpa fino a cadere esausta (Freing
the body) o si autoflagellava nuda per poi incidersi una stella
sulventreconunrasoio(LipsofThomas). «Èun’artistainter-
nazionale fra le più inquietanti», scrisse nel 2003 Maureen
Turim sulla rivista Camera Obscura, sottolineando nei lavo-
ri della Abramovic´ «forti implicazioni sia per le teorie della
psicanalisi che per quelle sul femminismo».Un’affermazio-
nechedieciannidopoMarinaancorarespinge:«Quelloche
faccio io non ha niente a che vedere col femminismo. Non
credocheunadonnadebbasentireilbisognodiproclamar-
si femminista quando è comunque più forte dell’uomo».
Sono affermazioni che hanno creato col pubblico delle
donneunrapportodiodio-amore.Odioperlesuecontinue
1997-2005
Vince il Leone d’Oro alla
Biennale di Venezia nel 1997
con il lavoro Balkan Baroque,
sugli orrori della guerra. Nel
2005 Porta al Guggenheim di
New York Seven Easy Pieces,
ripresa dei suoi primi lavori.
4. 13 LUGLIO 2013
provocazioni, come quando con il tedesco Ulay, suo com-
pagno di vita e d’arte per un decennio,arrivò a teorizzare la
totale simbiosi;amore per la sua capacità di sentirsi libera e
rompere ogni regola,come quando forzò il pubblico a pas-
sare per uno spazio stretto fra il suo corpo nudo e quello di
Ulay,scegliendoqualesfiorarecolproprio(Imponderabilia).
A 66 anni, col suo corpo Abramovic´ ha un rapporto com-
plesso. «Durante le mie performance non me ne importa
nulladicomeappaio,perchèinquelmomentoilcorponon
è altro che uno strumento per diffondere un messaggio.
Ma nella vita di tutti giorni ne sono estremanente conscia,
semisentotroppograssaosesemivedoinvecchiata.Èuna
totale contraddizione, ma una cosa che ho imparato è che
le contraddizioni non vanno nascoste».Anche ad accettare
i contrasti, dice Marina, è arrivata nelle ore di «immobile
energia creativa» al MoMA: «Mi hanno fatto prendere co-
scienza che siamo presenze temporanee su questo pianeta.
È qualcosa a cui penso ogni giorno e che mi dà molta con-
centrazione».Pensiericupiperfettamenteinlineaconl’ani-
mo slavo che si è porta dentro dalla nascita nella Belgrado
degli anni ’40, figlia di due partigiani comunisti che com-
batterono conTito durante la Seconda Guerra mondiale.
Marina è cresciuta con tutti i comfort della borghesia rossa
yugoslava,ma a 18 anni ha risentito molto della separazio-
ne dei genitori. La madre tentò di imporle una disciplina
quasi militare, lei si ribellò sposandosi e dopo pochi anni,
con una laurea ottenuta all’Accademia delle Belle Arti di
Belgrado, trasferendosi da sola ad Amsterdam. «All’ini-
zio fu orribile, perchè non ero abituata a essere creativa
quando tutto intorno a me era facile. Come artista avevo
bisognodisofferenza,disituazionidifficili.Èquelsensodel
dramma che noi slavi ci portiamo dentro e che ci influenza
in musica, letteratura, poesia». Ne sa qualcosa il suo pub-
blico italiano che nel 1997, alla Biennale diVenezia, osser-
vò sgomento Abramovic´ su una grande pila di ossa insan-
guinate, che lavava con uno spazzolone nel vano tentativo
diripuliresimbolicamentegliorroridellaguerrainBosnia.
Per la performance,Balkan Baroque,vinse il Leone d’Oro.
D
ifficile pensare che MarinaAbramo-
vic´ possa avere anche un lato legge-
ro. Invece è proprio questo a sor-
prendere chi la incontra:ride spesso
edigusto(«adorolebarzellettespor-
che»), fa battute scanzonate con un
forte accento slavo, in un inglese ai
confini della grammatica. Più che a
parole, comunica con l’energia coltivata in anni di intera-
zione spirituale con aborigeni australiani, monaci tibetani,
gli sciamani in Brasile.«Le culture indigene mi hanno inse-
gnato un rapporto diverso tra corpo ed energia mentale».
È la nuova tappa del suo percorso: «Il mio lavoro non è più
creare performance artistiche. Ora desidero creare cultu-
ra fondendo arte, scienza, spiritualità e nuove tecnologie».
Le ridono gli occhi quando mostra sull’Ipad il prototipo
del “Marina Abramovic´ Institute” a Hudson, che se tutto
andrà come previsto inaugurerà nel 2014.«Ma devo prima
trovare20milionididollari,inqualchemodomelacaverò»,
scherza annunciando che è già partito il fund-raising.Tutto
nasce dall’acquisto di un edificio nel centro di Hudson: un
teatropoidiventatocinema,poicampodatenniscomunale
coperto. «Il progetto è pronto e presto inizieranno i lavori
per trasformarlo in un centro aperto non solo ad artisti,ma
a tutto il pubblico, che lì potrà vivere l’esperienza dell’arte
immateriale».Ivisitatoridovrannoimpegnarsiatrascorrere
nell’Istituto almeno sei ore, durante le quali non avranno
accesso a nessun oggetto personale, neppure il cellulare
o l’orologio. Perderanno la nozione del tempo mentre si
sposteranno di sala in sala con indosso camici bianchi, «un
abbigliamento per sottolineare che saranno ore di eserci-
zi mentali e spirituali, di sperimentazione delle capacità
sensoriali, proprio come stare in un laboratorio», spiega la
Abramovic´.Quanto a lei,che in passato ha fatto un labora-
torio planetario della sua frequentazione di vulcani attivi,
di settimane di marcia lungo la Grande Muraglia e full im-
mersione per mesi nella foresta brasiliana, in ottobre starà
unmeseneldesertodelQatar.«PoitorneròinAmericadove
vivo da quindici anni. Ma non vengo qui per creare.Vengo
per consegnare le mie idee, senza mai scendere a compro-
messi col mercato dell’arte, perchè la mia anima non è in
vendita. Amo fare solo le cose che mi interessano. Quello
che ora mi interessa è elevare lo spirito umano».
COVER STORY
“Ilmiolavoroadesso
nonèpiùfare
performanced’arte,
macrearecultura
fondendoarte,
scienzaetecnologia”
Marina Abramovic´
fotografata da
Marco Anelli
in Brasile (2013).
5. D 84
lavita
Èun
attimo
Ilmaestrodella
fotografiadistrada
JoelMeyerowitz
raccontaaCortona
50annidiarte
centratasul“quieora”
di Valeria Fraschetti
D 85
GRANDI OBIETTIVI
I
l movimento è tutto. Energia,
luce, cellule. È l’essenza della
vita e dell’esperienza fotogra-
fica». Questa intuizione brilla
nei pensieri di Joel da 50 anni.
Si accende in lui un giorno del
1963,quandoèunpromettenteartdi-
rector dell’East Bronx. Viene spedito
dal suo capo a osservare un fotografo
scattareimmaginiperunlibrettodicui
aveva curato la grafica. Quel fotografo
è il gigante Robert Frank. Joel non ne
ha mai sentito parlare,ma resta incan-
tato da quell’uomo che si muove men-
tre fotografa persone che si muovono.
«A ogni clic vedevo il picco assoluto di
quell’istante». Il giorno stesso Joel ras-
segna le dimissioni, prende una mac-
china fotografica in prestito e corre nel
suo nuovo ufficio:la strada.
Joel è quel Joel Meyerowitz (oggi 75
anni) che ha saputo ritagliare alla stre-
et photography un posto al di fuori del
reportage.L’haelevataadarte.Benché
usasseilcolorecomelinguaggioprima-
rio,quando questo era ancora snobba-
to dai colleghi perché riproponeva il
mondotaleequale,senzatrasformarlo,
come si riteneva che la “vera” fotogra-
fia dovesse fare. Più tardi, Meyerowitz
ha anche contribuito a riabilitare il
banco ottico in un territorio che non
fosse quello del documentario. E ora,
dopo mezzo secolo, ha messo insieme
ilsuolavoroinunaretrospettivacapace
direstituireancoralaforzadiquelgior-
New York City,
1975. Pagina
accanto, sempre
Manhattan, 1965.
6. D 86
no con Robert Frank. In due volumi
che condensano i movimenti di cui è
stato testimone «nella loro breve ed ef-
fimera gloria»,istanti tragici e ironici di
vitaquotidiana.
Il sunto della sua opera si chiama Ta-
king my Time, “Prendere il mio tem-
po”. Lo stesso nome che avrà la sua
mostra ospitata,dal 18 luglio,all’inter-
no del festival di fotografia Cortona On
The Move.All’apparenza il titolo stride
con l’immagine di un fotografo che la-
vorasulfilodel“quieora”.Malasciar-
siandareallatentazionedellasemplifi-
cazione con Joel Meyerowitz significa
sbandare. «Durante la mia carriera,
grossomodo ogni sette anni, mi sono
concesso del tempo: per rimettere in
discussione il mio approccio, il mio
metodo», ci racconta, «perché la foto-
grafiaèanchestrumentodiscopertadi
sestessi».Nelfrattempo,ancheilsenso
dellafotografiastessaècambiato:«Ne-
gli anni 70 era considerata come una
forma di artigianato, di commercio».
Poi,è arrivata la sua promozione a for-
ma d’arte e, infine, l’era del sospetto
perl’immagine,acausadiinternet:«Se
Cartier-Bresson scattasse nella Parigi
di oggi, rischierebbe di essere fermato
dallapolizia:quandolagentescopredi
essere immortalata da una macchina
fotografica,specie di un anziano come
me, pensa al peggio: allo sberleffo sul
web,quando non alla pedofilia».
Un percorso di riflessioni ed evolu-
zionicheemergenelle600immagi-
ni(molteinedite)delsuolibro.Dal-
le celebri foto nelle strade della New
Yorkanni60,aquelleingrandeforma-
to, più riflessive, dei paesaggi di Cape
Cod,passando per quelle“più sociali”
e, per molti più note, di Ground Zero.
Nei giorni dopo l’11/9 è stato l’unico
fotografo ad avervi accesso illimita-
to. Eppure anche lì, in quel cratere di
morte e umiliazione, dice, «non ho
smesso di vedere il mestiere come
un’arteottimistache,nell’attimoincui
dai lo scatto,ti fa pensare“Yes”,sì!».
Perché per Meyerowitz il medium è
senz’altro il messaggio. «La fotografia
mi tiene in contatto con l’umanità»,
amaripetere.«Èunaformadicomuni-
cazione che permette agli esseri umani
di sentirsi più vicini». Non è l’estetica,
quindi,l’ingredientechefaparlareuno
scatto, ma il suo potenziale demiurgi-
co. «Una buona foto è una capsula del
tempo: deve trasportarci in quell’esat-
tomomentoincuièstatascattata,con-
nettere la nostra identità con quell’i-
stante e insegnarci qualcosa».
Questa «ricerca di una profondità che
porti ad elevare le persone» ora la sta
focalizzando in un progetto che è già
nel nome: Elements, un approfondi-
mento sui fenomeni che governano le
nostre vite. L’idea gli è venuta mentre
era a Colonia,in Germania,in una ca-
mera dai muri trasparenti interrata ai
bordi in una piscina olimpionica: «Ho
guardato l’enorme esplosione di bolle
prodotta dal tuffo degli atleti. E sono
rimasto lì, a osservarla ancora e anco-
ra».E così ha iniziato a voler andare «al
cuore di ciò che visibile».Uno sforzo al
quale si sta dedicando anche ora che
ha lasciato, per qualche mese, la sua
NewYorkperunafattoriadiBuoncon-
vento,nel senese.
Paesaggi, città, persone sono stati fis-
sati dal suo sguardo affamato,seppure
con approcci diversi. Quale filo invisi-
biletieneinsiemeisuoi50annidilavo-
ro?«Iltentativodisetacciarelabellezza
contenuta nell’effimero», confida. E ti
rendi conto che, nonostante gli anni,
Joel Meyerowitz porta con sé le trac-
ce del ragazzino del Bronx che è stato,
figlio di un piccolo commerciante di
origini ebraiche che, in quel quartiere
che era un proscenio su cui sfilavano
l’ironiaelatragediadellavita,glihain-
segnato a osservare il mondo come un
caleidoscopio di rivelazioni.
New York City, 1976.
Pagina accanto, un
parco nel Bronx, 1967
e, foto grande, Parigi,
sempre nel 1967.
D 87
CORTONA SI MUOVE
Il Viaggio sarà declinato in ogni forma
al festival di fotografia Cortona On
the Move 2013. Dal 18/7 al 29/9, corti e
vicoli della cittadina saranno animati
da racconti e immagini dei viaggiatori
per eccellenza, i fotografi. Giunto
alla III edizione, il festival ospiterà
mostre di artisti importanti: Joel
Meyerowitz, Christian Luz, Zed Nelson.
E workshop, proiezioni, letture di
portfolio arricchiranno un programma
che prevede anche l’assegnazione del
premio On the Move, che quest’anno
sceglierà il miglior lavoro fotografico
sul tema Happiness on the move,
felicità in movimento. Italiani on the
move è invece il nome della novità 2013
per i turisti desiderosi di condividere
un’esperienza di viaggio fatta entro il
1999. Pubblicate sul sito di Repubblica,
media partner dell’evento, le oltre
1500 foto inviate dai 500 partecipanti
daranno vita a una mostra del festival.
«Non ho mai smesso
di vedere il mestiere come
un’arte ottimista, che ti
fa dire mentre scatti: “Sì!”»