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S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 5
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.5-11
La vita ha avuto origine nell’acqua e ha usato l’ac-
qua per la sua evoluzione. Non conosciamo for-
me di vita in assenza di acqua e non conosciamo
strutture viventi che non utilizzino l’acqua per il
loro funzionamento. Da sempre desideriamo sape-
re se la terra è l’unico posto abitato dell’Universo
e abbiamo costruito strumenti sempre più sofi-
sticati per cercare tracce di vita in mondi sempre
più lontani nello spazio. Abbiamo costruito radio-
telescopi capaci di captare eventuali messaggi da
extraterrestri, ma soprattutto abbiamo sviluppa-
to tecnologie capaci di identificare la presenza di
acqua in pianeti lontanissimi, convinti che solo la
presenza di acqua può fare ipotizzare la vita.
La Terra vista dallo spazio appare azzurra per la
grande quantità di acqua presente sulla sua su-
perficie, eppure quando è nata, circa 4 miliardi e
seicento milioni di anni fa, non aveva acqua! Per
molto tempo, si è creduto che l’acqua fosse com-
parsa nel corso di milioni di anni come conseguen-
za del progressivo raffreddamento del pianeta e
delle reazioni chimiche che hanno accompagnato
la sua evoluzione geologica. Negli ultimi anni, si
è fatta strada la teoria che l’acqua sia arrivata
sulla Terra dallo spazio portata dalle comete, corpi
celesti ricchissimi di acqua: circa il 50% della loro
massa. Si è calcolato che la cometa Hale-Bopp,
molto ammirata nella primavera del 1997, con-
tenga miliardi di tonnellate di acqua e che l’impat-
to con la terra di 14000 comete (numero non in-
verosimile, considerando uno spazio temporale di
miliardi di anni) possa far arrivare metà dell’acqua
contenuta negli oceani. Lo studio della composi-
zione dell’acqua, formula H2
O, cioè due atomi di
Idrogeno (H) e uno di Ossigeno (O), ha però ridotto
l’importanza delle comete. Gli atomi di Idrogeno,
in effetti, non sono tutti uguali, presentandosi
con piccole differenze dette isotopi e gli isotopi
contenuti nell’acqua terrestre solo in minima par-
te sono quelli presenti nell’acqua delle comete.
Si calcola che le comete abbiano contribuito per
meno del 5% al contenuto idrico totale. Diversa
la storia degli isotopi dell’acqua contenuta negli
asteroidi della cintura esterna del nostro siste-
ma solare, in quanto essi contengono acqua della
stessa composizione di quella terrestre. Grazie
all’uso di satelliti artificiali si è potuto dimostrare
che corpi ghiacciati di 20-40 tonnellate si disin-
tegrano a centinaia di migliaia ogni anno al loro
ingresso nella atmosfera terrestre, riversando
enormi quantità di acqua sotto forma di vapore.
La vita ha avuto bisogno dell’acqua per nascere ed
ha continuato ad usare questo elemento in tutte
le tappe della sua evoluzione.
L’acqua svolge numerose funzioni, in quanto è:
•	 materiale costitutivo del nostro organismo:
dal momento del concepimento e per tutta
la nostra vita, l’acqua rappresenta in percen-
tuale il maggior costituente del nostro corpo;
•	 solvente: in essa, sono disciolti sali, zuccheri,
acidi e tutto ciò che deve essere mantenuto
in precise concentrazioni;
•	 mezzo per le reazioni chimiche; trasportatore
di nutrienti e di prodotti di scarto, termore-
golatore, lubrificante e antiurto.
SIAMO FATTI DI ACQUA
In media, il nostro corpo è composto per oltre il
60% di acqua. Al momento del concepimento, il
primo abbozzo di cellule che diventerà poi un bam-
bino contiene oltre il 90% di acqua. Con l’andare
avanti degli anni, diventiamo sempre meno “liqui-
di”, come se l’invecchiamento fosse legato alla
perdita del prezioso liquido.
L’ACQUA
(prima parte)
ANCHE I PESCI BEVONO
ma non tutti!
Menotti Calvani
La macchina
che c’è in me
MENOTTI CALVANI
Medico,
specializzato
in neurologia,
farmacologia
clinica oltre che in
tossicologia
medica, si è
laureato in scienza
della nutrizione
umana.
Ha pubblicato
oltre 200 articoli
scientifici su riviste
internazionali
prevalentemente
sui temi del
metabolismo, sui
mitocondri e sulle
patologie
degenerative.
Figura n°1 - a) La cometa Hale-Bopp, fotografata nei nostri cieli nella
primavera del 1997, aveva un nucleo di 50 Km!, una massa enor-
me per il 50% costituita da acqua. b) Il 12 novembre 2014, la sonda
spaziale Rosetta fa atterrare il suo lander sulla cometa 67P/Churyu-
mov-Gerasimenko, conferma la presenza di acqua, ma la sua com-
posizione è differente dalla maggior parte dell’acqua presente sulla
Terra. c ) Il satellite artificiale Polar (1996-2008) ha evidenziato miglia-
ia di impatti con la nostra atmosfera, ogni anno, di piccoli asteroidi
composti da 20-40 tonnellate di ghiaccio. Il ghiaccio degli asteroidi è
risultato uguale per composizione all’acqua presente sulla Terra.
a b c
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 13
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.13-20
L’EVOLUZIONE DEL TRAINING DI CONDIZIO-
NAMENTO ECCENTRICO NELLA TENDINOPA-
TIA DEL TENDINE ROTULEO (TR).
Gli esercizi eccentrici intesi come base fonda-
mentale del lavoro conservativo della tendinopatia
del TR, sono stati per la prima volta proposti da
Curwin e Stanish nel 1984. Il programma pro-
posto dai due Autori era sostanzialmente basato
sull’esercizio di “drop squat” mostrato in figura
5. Sebbene gli esercizi eccentrici siano stati uti-
lizzati a partire da circa la metà degli anni ’80
dello scorso secolo, questi ultimi non hanno ri-
scosso un vero e proprio generale interesse sino
alla pubblicazione degli studi di Alfredson e coll.
(1998). Il metodo proposto da Alfredson e coll.,
anche se specificatamente dedicato al tendine di
Achille, prevedeva un concetto totalmente nuovo
di esercizio eccentrico rispetto a quello proposto
da Curwin e Stanish (1984). Gli esercizi propo-
sti nel protocollo di Alfredson venivano effettuati
attraverso un’esecuzione lenta e controllata e
resi progressivamente più impegnativi, non da un
incremento della velocità esecutiva come prece-
dentemente proposto da Curwin e Stanish, ma
attraverso un aumento del carico. Inoltre, il pa-
ziente era invitato ad eseguire il piano di lavoro an-
che in presenza di una certa sintomatologia algica
avvertita durante il lavoro stesso. L’accettazione
da parte della comunità scientifica dei protocolli di
Alfredson stimolò la ricerca di un adattamento di
questi ultimi anche nell’ambito della tendinopatia
del TR.
Cannell e coll. (2001) effettuarono un randomized
clinical trial che comparava il drop squat exercise,
effettuato secondo il metodo proposto da Curwin
e Stanish (1984), con gli esercizi di leg extension
I
Gian Nicola Bisciotti
GIAN NICOLA
BISCIOTTI
Physiologist
Lead c/o Qatar
Orthopaedic and
Sport Medicine
Hospital, FIFA
Center, Doha (Q).
Senior Coordinator
Kinemove
Rehabilitation
Centers,
Pontremoli,
La Spezia (I),
Responsabile
recupero
infortunati FC
Internazionale
(Mi).
E TENDINOPATIE DEL
ROTULEO: ANATOMIA,
FISIOLOGIA E TRATTAMENTO
L SECONDA PARTE
FABIO BAGARELLO
Professore
Ordinario di Fisica
Matematica,
Dipartimento
dell’Energia,
Ingegneria
dell’Informazione
e Modelli
Matematici,
Università degli
Studi di Palermo.
Fabio Bagarello, Francesco Gargano, Francesco Oliveri, Salvatore Spagnolo
OMPLESSITÀ E SPORTC
FRANCESCO
GARGANO
Assegnista di
ricerca presso
il Consiglio
Nazionale della
Ricerca, Istituto per
l’Ambiente Marino
Costiero (CNR-
IAMC).
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 21
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.21-25
LA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
E I SUOI FONDAMENTI
Gli ultimi decenni hanno visto una sempre più
crescente diffusione, sia nell’ambito delle scien-
ze empiriche che in quello delle scienze sociali, di
tecniche e strumenti matematici per l’investiga-
zione dei cosiddetti sistemi complessi [1, 2, 3, 4,
5, 6, 22, 23].
Provare a definire in maniera univoca e onnicom-
prensiva il fenomeno della complessità è anco-
ra oggi impresa ardua sia perché l’argomento è
troppo “giovane” dal punto di vista epistemologi-
co, sia per la sua trasversale applicazione ad una
molteplicità di ambiti che ha determinato la nasci-
ta di diverse scuole di pensiero. Nondimeno, per
fissare le idee, possiamo tentare di mettere in
evidenza, senza la pretesa di essere esaustivi, al-
cuni aspetti peculiari comuni. I sistemi complessi
hanno relazioni diffuse fra parti componenti etero-
genee che interagiscono localmente; sono privi di
qualsiasi controllore generale che governi o utilizzi
le interazioni fra le parti per pilotare l’evoluzione
del sistema verso una qualche forma di obiettivo
precostituito; possiedono un’organizzazione più
orizzontale che gerarchica, con molti tipi di inter-
e retro-azione; sono soggetti a un continuo adat-
tamento attraverso processi di evoluzione delle
singole parti; manifestano dinamiche che si tro-
vano in stati molto spesso lontano dall’equilibrio,
o che possono prevedere molti stati di equilibrio
o anche nessun equilibrio; sottoposti a stimoli
esterni nuovi, reagiscono creando dinamiche nuo-
ve, a priori del tutto imprevedibili e ingovernabili. In
sintesi, in un sistema complesso il tutto è maggio-
re della somma delle parti. Nella pratica comune,
succede molto spesso di incontrare un sistema
complesso. Ad esempio, sotto alcune condizioni,
possiamo osservare manifestazioni di dinamiche
complesse nel traffico di una città, in una folla di
persone, nello sviluppo urbanistico di una città,
nei sistemi meteorologici, in uno stormo di uccelli
o in un termitaio, nei mercati azionari, nel sistema
Complessità e sport,
ma anche complessità e
movimento, complessità
ed allenamento.
Cominciamo un cammino,
anzi proviamo a cominciare e
vediamo se ci porta,
come dovrebbe,
lontano.
JAY R. HOFFMAN
è professore in
Sport and Exercise
Science program
presso l’Università
della Florida
centrale.
È attualmente
Capo dipartimento
dell’Education and
Human Sciences
e direttore
dell’Institute of
Exercise Physiology
and Wellness,
oltre che membro
della American
College of Sports
Medicine e della
National Strength
and Conditioning
Association
(NSCA).
Il Dr. Hoffman ha
pubblicato oltre
200 articoli e ha
partecipato a più
di 380 conferenze
e convegni
nazionali ed
internazionali.
asi scientifiche per
l’allenamento della potenza
B
Jay R. Hoffman, Ph.D., FNSCA, FACSM
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp27-32
27
In genere, i soggetti che non hanno una precedente
esperienza dell’allenamento con sovraccarichi andran-
no incontro a notevoli aumenti della forza nelle fasi
iniziali di un programma di allenamento. Via via che i
livelli di forza migliorano, il soggetto potrebbe anche
vedere migliorare altre componenti della prestazione
atletica relative alla potenza, come l’altezza del salto
e la velocità. Ciò è principalmente dovuto alla capacità
dell’atleta di produrre una maggiore quantità di forza.
Quando l’atleta diventa più forte e più esperto, il tas-
so di sviluppo della forza diminuisce e alla fine raggiun-
ge un plateau (Hoffman et al., 2014). A questo pun-
to, non solo i miglioramenti della forza diventano più
difficili da raggiungere, ma il miglioramento della forza
massimale potrebbe non offrire lo stesso stimolo per
potenziare la prestazione di potenza come avveniva
durante le fasi iniziali dell’allenamento.
Un fattore importante per massimizzare la produzio-
ne di potenza è esercitare quanta più forza possibi-
le in un breve lasso di tempo. Allenarsi per la forza
massimale mediante l’allenamento con sovraccarichi
pesanti può essere efficace per migliorare la potenza
nell’atleta inesperto, ma non offre lo stesso stimolo
agli atleti che hanno già esperienza nell’allenamento
contro resistenza. Per questi atleti, se al programma
di allenamento vengono aggiunti esercizi pliometrici o
una combinazione di allenamento pliometrico e allena-
mento contro resistenza (che fa uso di sovraccarichi
leggeri come quelli che potrebbero essere usati nell’al-
lenamento balistico) la capacità dell’atleta di aumen-
tare il tasso di sviluppo della forza può risultare mag-
giore. Tuttavia, è anche importante capire che non si
tratta di eseguire una modalità di allenamento invece
di un’altra, quanto piuttosto di aggiungere qualcosa al
programma di allenamento esistente. Al fine di mante-
nere la prestazione di forza, l’atleta deve continuare a
fornire lo stimolo che mantiene la prestazione di forza
S&C
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PRIM
A
VOL
TA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE PER
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 37
S&C
Come disse un mio caro collega una volta:
“Se desideri risultati diversi devi usare un
sistema diverso”. Sono d’accordo ma, se
possibile, non vorrei avere solo risultati di-
versi, vorrei avere anche risultati migliori. E
per risultati migliori intendo in particolare
risultati migliori ottenuti in modo naturale.
Esiste un tale sistema?
Se esiste, che aspetto ha?
Fondamentalmente, sono 3 i fattori che con-
tribuiscono a un incremento della prestazio-
ne nello strappo (snatch) e nello slancio e
strappo (clean & jerk) in combinazione.
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.37-41
Remco Eenink
REMCO EENINK
Membro della
commissione
tecnica e
scientifica per
l’allenamento e la
scienza dell’EWF
(Federazione
Europea di
Pesistica)
Membro
esecutivo della
Confederazione
pesistica
dell’Unione
Europea - EUWC.
n approccio diverso
Pensare in maniera non convenzionale
U
Questo articolo è un riconoscimento a Josef Schnell, il mio ex allenatore
tedesco, che è deceduto il 26 settembre 2010. Egli ha avuto una grande
influenza sulla mia vita come pesista e come maestro.
Lo ringrazio per avere condiviso con me la sua vasta conoscenza.
“
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 49
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.49-56
EDOARDO
PITTALUGA
Laurea Magistrale
in Scienza dello
Sport, Facoltà di
Scienze Motorie,
Università degli
Studi di Milano.
l Balance Training e la Forza:
dalla ricerca alle ricadute operative
I
Edoardo Pittaluga
L’argomento “equilibrio” o meglio l’allenamento della capacità di equilibrio, come del resto quello della
forza, è senza dubbio importante; e non solo per gli atleti in tutte le loro “età agonistiche”, ma anche
per chi vuole solo contrastare e cercare di limitare alcune conseguenze dell’invecchiamento.
Per gli atleti, rappresenta un mezzo per migliorare la performance, per prevenire possibili infortuni
e ridurre il rischio di re-infortuni. Eventi, questi, molto probabilmente legati ad asimmetrie (anche
funzionali?) dell’uso prevalente di un lato del corpo.
Più in generale, l’allenamento in condizioni di disequilibrio stimola la “core stability” che - a sua volta
- concorre a limitare l’incidenza del rischio di infortuni e, soprattutto, crea vantaggio nelle esecu-
zioni tecniche specifiche, tipiche degli sport di squadra, caratterizzati e condizionati dalla presenza
continua del “contatto agonistico”.
In età evolutiva, il balance training ha lo scopo di integrare la fase di costruzione motoria. In età
adulta e anziana serve, se praticato regolarmente, a mantenere attive ed anzi adeguatamente sup-
portare alcune capacità gestuali che fanno parte della vita di tutti i giorni.
L’argomento forza-equilibrio è stimolante per meglio comprendere quale sia, se esiste, la relazione tra le capacità di
equilibrio e di forza. Studiare questa relazione aiuterebbe a capire se migliorare l’equilibrio vuol dire migliorare anche la
forza e se questo vale in tutte le età e in tutte le età agonistiche o, invece, è circoscritto ad alcune categorie di sog-
getti, dove il miglioramento di una della due capacità influisce positivamente anche sull’altra e, infine, se i miglioramenti
raggiunti restano tali anche in condizioni di affaticamento.
Studiare la relazione tra equilibrio e forza servirebbe anche a capire se, in situazione di disequilibrio (evenienza tipica
degli sport di squadra e in particolare del calcio: condizioni del terreno, situazioni di gioco, contrasto con l’avversa-
rio….), un atleta forte, ma con poco equilibrio, sia effettivamente meno capace di esprimere forza (e quindi, per esem-
pio, saltare meno … ) di un atleta meno forte, ma dotato di maggiore equilibrio.
Indagare sulla relazione tra equilibrio e forza potrebbe confermare se la pratica dei due stimoli, possa essere asso-
ciata al medesimo esercizio o, come alcuni autori rilevano, durante il lavoro muscolare in condizioni di disequilibrio, la
muscolatura del tronco risulti maggiormente attivata, ma forza, velocità e potenza espresse diminuiscano, in quanto
verrebbe privilegiato il controllo del movimento.
Buona parte degli interrogativi presentati (e non ci sembra poco) trova risposte e trova spunti e trova occasioni di
riflessioni in questa bella rassegna della letteratura specialistica, che affidiamo – ancora una volta – al lettore accorto,
perché vi rinvenga tutto il buono che vi è contenuto.
Giampietro Alberti
Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Scienze Motorie - Università degli Studi di Milano
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 69
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.69-71
5. IL MONOCICLO.
DIVAGAZIONI SUL TEMA.
“La propriocezione rappresenta la capaci-
tà di percepire e riconoscere la posizione
del proprio corpo nello spazio e lo stato di
contrazione dei propri muscoli, anche senza
il supporto della vista.
È resa possibile dalla presenza di specifici
recettori, sensibili alle variazioni delle posture
del corpo e dei segmenti corporei, che inviano i
propri segnali ad alcune particolari aree encefali-
che.” (Da Wikipedia).
Quella strana bicicletta senza una ruota è
senz’altro l’attrezzo ginnastico più interessan-
te mai pensato. Peccato non risponda alle “ge-
neralità” proprie dell’attrezzo allenante, alme-
no, così come noi siamo abituati ad accettarlo.
Noi umani ci fermiamo alla bicicletta, tra mo-
dernariato e fantascienza, indecisi tra un comu-
ne antiquato mezzo di trasporto e un velocipede
aerodinamico, partorito dalla galleria del vento.
Il monociclo lo lasciamo agli equilibristi, agli ar-
tisti di strada, dimenticando quanto noi stessi
siamo in realtà e equilibristi e artisti di strada.
Eppure, pedalare su due ruote sottili, rincor-
rendo questo baricentro, a cui tanto fatico-
samente avevamo insegnato come “stare in
piedi”, è un gran bell’esercizio. Ora, se ci pen-
siamo bene, la bicicletta è una conquista pro-
priocettiva. È un agone a cui non eravamo stati
preparati. Ripensiamoci. Noi bambini, e nessuno
a cui venga in mente di avvisarci, che la sfida
non è cosa da poco, che la sfida è totale, peri-
colosa; e graffiante.
Prima due ruote grandi e due ruotine che da
dietro ci puntellano il sedere; poi due ruote e
S&C
Alberto Andorlini
ALBERTO
ANDORLINI
Dopo una lunga
esperienza come
Insegnante di
Educazione Fisica,
è oggi Preparatore
Atletico e
Riabilitatore. La
sua attività si
lega da sempre
all’interesse per
l’evoluzione del
Movimento e per
lo sviluppo della
Performance.
Ha lavorato per
A.C. Fiorentina,
A.C. Siena, Al
Arabi Sports
Club, Chelsea
f.C. e Nazionale
femminile Calcio in
qualità di Terapista
e Preparatore
Atletico.
Attualmente è
Riabilitatore presso
l’U.S.Palermo.
Collabora con
il Training Lab di
Firenze e svolge
attività didattica
nel corso di
Laurea in Scienza
e Tecnica dello
Sport e delle
Attività Motorie
Preventive e
Adattative
dell’Università di
Firenze.
Nuovo lavoro
di Andorlini:
sugli esercizi di
riscaldamento
che non sono i
classici esercizi di
riscaldamento, ma
moderni esercizi
di pensiero che
riscaldano la mente.
Legga il lettore, legga:
non se ne pentirà.
SERCIZI DI RISCALDAMENTOE SECONDA PARTE
(Sono veri esercizi di riscaldamento,
un allenamento mentale, per
prepararci a quello che rimane del
nostro mestiere quotidiano)
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 73
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.73-79
Per la prima volta ci presentiamo, onorati dell’in-
vito a farlo, su questa bella rivista dedicata al mo-
vimento – espressione della forza muscolare – e
all’allenamento - non della macchina muscolare,
ma dell’uomo. Ci presentiamo quindi a lettori che
hanno scelto di essere affidatari di un allenamen-
to inteso come stile di vita e di etica. Mestiere
complesso che richiede sapere, saper fare e sa-
per essere. Riteniamo che per svolgere questo
mestiere occorra costruire ponti – almeno due
tipi di ponte - ed avere il coraggio di fare un’inces-
sante spola su di essi.
Il primo tipo di ponte è quello che ci consente di
partire dalle evidenze scientifiche per arrivare
alla loro applicazione, come anche di partire da
un’esigenza emergente dal campo per individuare
linee di ricerca con le quali rispondere scientifi-
camente a quel bisogno concreto. Purtroppo le
evidenze scientifiche, troppo spesso parcellari e
iper-specialistiche, fanno perdere di vista ‘l’uomo’
con cui abbiamo a che fare quando alleniamo, per
cui difficilmente riusciamo a coglierne i risvolti ap-
plicativi e preferiamo rimanere ancorati alle prassi
consolidate, senza cercare di ‘andare al di là’.
Il secondo tipo di ponte è quello che dobbiamo
percorrere quando alleniamo l’uomo in crescita: vi
chiediamo di accompagnarci nel nostro via-vai tra
l’attività strutturata di allenamento e il gioco di
movimento. Questo percorso da un lato ci con-
sente di appurare che non c’è soluzione di conti-
nuità fra gioco e allenamento strutturato.
Dall’altro ci permette di andare al di là del modello
a ‘2F’ (Fitness & Fatness) delle attività motorie
per bambini, mirato solo a renderli fisicamente ef-
ficienti e a contrastarne il sovrappeso, per proiet-
tarci verso un modello che aggiunge ‘3A’: Atten-
tion, Affiliation e Affect (Burdette et al., 2005).
Vi presentiamo un progetto concreto nato ‘per
gioco’, perché è appunto con i giochi di movimen-
to che miriamo ad allenare i bambini non solo nel
fisico, ma anche nel dominio cognitivo (Attention),
sociale (Affiliation) ed emotivo (Affect).
PER ALLENARE L’UOMO PARTIAMO
DAL DIRITTO AL GIOCO DEL BAMBINO
Non siamo certamente né i primi, né gli ultimi che
dichiarano di voler sposare un modello olistico di
allenamento dell’uomo. La differenza sta nel fatto
che il nostro progetto non si ferma all’ispirazione
di un’idea. È stato creato, implementato, mes-
so alla prova scientificamente con un biennio di
ricerca ed è ora pronto per tradursi in azioni so-
stenibili anche in contesti diversi da quello in cui
è nato. Questo progetto, denominato Joy of Mo-
ving, esemplifica concretamente il percorso sui
due ponti: partendo da un’esigenza del territorio,
abbiamo costruito e sottoposto a verifica scienti-
fica un metodo di allenamento olistico dei bambini
fondato sui giochi di movimento.
Per creare questo progetto, abbiamo preso le
mosse dal diritto del bambino al gioco (Dichia-
razione dei Diritti del Fanciullo, United Nations
Commission on Human Rights, 1959, principio n.
7) ispirandoci, concettualmente ed operativamen-
te, alle parole chiave contenute in un Commen-
to Generale (n. 17) del Comitato sui Diritti del
Fanciullo delle Nazioni Unite (United Nations Com-
mittee on the Rights of the Child, 2013): ‘attività
strutturate’, ‘gioco spontaneo’, ‘creatività’. Infatti,
il metodo educativo che abbiamo sperimentato è
centrato sul gioco deliberato (Coté & Hay. 2002),
una forma organizzata di attività motoria ludica e
creativa, supervisionata e con regole, ma molto
variabile e adattabile, che getta un ponte fra il
gioco spontaneo del bambino e l’attività sportiva
strutturata del ragazzo..
IL GIOCO DI MOVIMENTO:
UN DIRITTO DEL BAMBINO,
UNA RESPONSABILITÀ DEGLI ADULTI
Il progetto Joy of Moving è un tassello che trova la
sua collocazione all’interno del contesto di allarme
sociale per la salute dei bambini sedentari e so-
vrappeso. A livello europeo, ci sono due importan-
ti documenti strategici, i cosiddetti ‘libri bianchi’
sullo sport e sull’obesità (European Commission
2007a,b), che indicano l’esigenza di costruire po-
litiche multisettoriali per riuscire a contrastare
i trend negativi di sedentarietà e sovrappeso, la
GiocosaMente
CATERINA PESCE
Laureata in
Scienze motorie
con Dottorato di
ricerca in Filosofia
presso la Freie
Universität di
Berlino, è membro
fondatore della
Società Italiana di
Scienze Motorie
e Sportive e
professore
associato presso
l’Università degli
Studi di Roma
‘Foro Italico’, dove
insegna attività
motorie per l’età
evolutiva e per gli
anziani.
Caterina Pesce, Rosalba Marchetti, Mario Bellucci, Ilaria Masci
IN QUESTO NUMERO:
ROSALBA
MARCHETTI
Psicologa e
psicoterapeuta ha
dedicato la vita al
movimento e allo
sport da atleta,
da insegnante di
Educazione fisica
e da coordinatore
del Servizio di
Educazione Fisica
di Roma (MIUR).
Diplomata all’ISEF
di Bologna, è
specializzata in
Psicocinetica a
Roma e a Parigi
ed è laureata in
Pedagogia presso
l’Università degli
Studi di Bologna e
in Scienze motorie
presso lo IUSM.
STORIA DI UN PROGETTO
NATO PER GIOCO.
UN GIOCO SOCIALMENTE
RESPONSABILE
GUIDO MARTINELLI
avvocato,
consulente della
FiPE, professore
aggregato di
legislazione
sportiva presso
l’Università degli
studi di Ferrara,
docente nazionale
della Scuola
Centrale dello
sport del CONI,
è autore di diverse
pubblicazioni in
materia di diritto
sportivo.
Guido Martinelli
ncora sul Jobs Act e sulle
società sportive dilettantistiche
A
@VandaBiffani S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 87
S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.87-89
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI SÌ O NO
PER GLI ISTRUTTORI SPORTIVI
ALLA LUCE DEL JOBS ACT?
Queste ultime settimane sono state dominate,
sotto il profilo mediatico, per noi operatori del di-
ritto, dalla recente entrata in vigore del decreto
legislativo sulla disciplina dei contratti di lavoro,
(Decreto Legislativo 81/2015), approvato sulla
base della delega contenuta nella legge 183/2014
(meglio noto come Jobs act). Cercare, nella legge
o nei suoi decreti attuativi, una risposta ai molte-
plici interrogativi che pone l’inquadramento, sot-
to il profilo della disciplina del diritto del lavoro,
delle prestazioni sportive dilettantistiche o, come
riporta la norma, delle “collaborazioni rese a fini
istituzionali in favore delle associazioni e società
sportive dilettantistiche” è lavoro arduo e difficile.
La scelta di fondo del legislatore, sulla base già
della c.d. riforma “Fornero” è palese. Il decreto
che reca la disciplina organica dei contratti di la-
voro, di recentissima definitiva approvazione, re-
cita al suo articolo 1: “Il contratto di lavoro su-
bordinato a tempo indeterminato costituisce la
forma comune di rapporto di lavoro”.
Non vi è quindi dubbio, visto anche l’incipit dell’art.
67 del Tuir che esclude dall’applicabilità i redditi di
lavoro subordinato o di esercizio di arte e pro-
fessione, che in tutti quei casi in cui nella col-
laborazione sportiva dilettantistica si presenta
l’etero-direzione da parte del datore di lavoro con
conseguente subordinazione gerarchica ci si trovi
di fronte ad un rapporto di lavoro dipendente ai
sensi e per gli effetti di cui all’art. 2094 del co-
dice civile.
Analogamente, ove la prestazione venisse svolta
in via principale, ancorché non esclusiva, in favore
di più fruitori, ci troveremmo di fronte al classico
esercizio di arti e professioni di cui all’art. 2222
codice civile, con conseguente assoggettamento
ad imposte e gestione previdenziale del rapporto.
Ne consegue che l’eventuale collocazione della
collaborazione sportiva retribuita tra quelle che
hanno diritto alla agevolazione, sotto il profilo fi-
scale e previdenziale, appare residuale ed efficace
solo nel momento in cui si sia potuto escludere
l’esercizio di una attività professionale o di lavoro
dipendente.
Concentriamoci, invece, su quelle prestazioni (si-
curamente maggioritarie) che vengono svolte con
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Pagine da Strength & Conditioning 14

  • 1. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 5 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.5-11 La vita ha avuto origine nell’acqua e ha usato l’ac- qua per la sua evoluzione. Non conosciamo for- me di vita in assenza di acqua e non conosciamo strutture viventi che non utilizzino l’acqua per il loro funzionamento. Da sempre desideriamo sape- re se la terra è l’unico posto abitato dell’Universo e abbiamo costruito strumenti sempre più sofi- sticati per cercare tracce di vita in mondi sempre più lontani nello spazio. Abbiamo costruito radio- telescopi capaci di captare eventuali messaggi da extraterrestri, ma soprattutto abbiamo sviluppa- to tecnologie capaci di identificare la presenza di acqua in pianeti lontanissimi, convinti che solo la presenza di acqua può fare ipotizzare la vita. La Terra vista dallo spazio appare azzurra per la grande quantità di acqua presente sulla sua su- perficie, eppure quando è nata, circa 4 miliardi e seicento milioni di anni fa, non aveva acqua! Per molto tempo, si è creduto che l’acqua fosse com- parsa nel corso di milioni di anni come conseguen- za del progressivo raffreddamento del pianeta e delle reazioni chimiche che hanno accompagnato la sua evoluzione geologica. Negli ultimi anni, si è fatta strada la teoria che l’acqua sia arrivata sulla Terra dallo spazio portata dalle comete, corpi celesti ricchissimi di acqua: circa il 50% della loro massa. Si è calcolato che la cometa Hale-Bopp, molto ammirata nella primavera del 1997, con- tenga miliardi di tonnellate di acqua e che l’impat- to con la terra di 14000 comete (numero non in- verosimile, considerando uno spazio temporale di miliardi di anni) possa far arrivare metà dell’acqua contenuta negli oceani. Lo studio della composi- zione dell’acqua, formula H2 O, cioè due atomi di Idrogeno (H) e uno di Ossigeno (O), ha però ridotto l’importanza delle comete. Gli atomi di Idrogeno, in effetti, non sono tutti uguali, presentandosi con piccole differenze dette isotopi e gli isotopi contenuti nell’acqua terrestre solo in minima par- te sono quelli presenti nell’acqua delle comete. Si calcola che le comete abbiano contribuito per meno del 5% al contenuto idrico totale. Diversa la storia degli isotopi dell’acqua contenuta negli asteroidi della cintura esterna del nostro siste- ma solare, in quanto essi contengono acqua della stessa composizione di quella terrestre. Grazie all’uso di satelliti artificiali si è potuto dimostrare che corpi ghiacciati di 20-40 tonnellate si disin- tegrano a centinaia di migliaia ogni anno al loro ingresso nella atmosfera terrestre, riversando enormi quantità di acqua sotto forma di vapore. La vita ha avuto bisogno dell’acqua per nascere ed ha continuato ad usare questo elemento in tutte le tappe della sua evoluzione. L’acqua svolge numerose funzioni, in quanto è: • materiale costitutivo del nostro organismo: dal momento del concepimento e per tutta la nostra vita, l’acqua rappresenta in percen- tuale il maggior costituente del nostro corpo; • solvente: in essa, sono disciolti sali, zuccheri, acidi e tutto ciò che deve essere mantenuto in precise concentrazioni; • mezzo per le reazioni chimiche; trasportatore di nutrienti e di prodotti di scarto, termore- golatore, lubrificante e antiurto. SIAMO FATTI DI ACQUA In media, il nostro corpo è composto per oltre il 60% di acqua. Al momento del concepimento, il primo abbozzo di cellule che diventerà poi un bam- bino contiene oltre il 90% di acqua. Con l’andare avanti degli anni, diventiamo sempre meno “liqui- di”, come se l’invecchiamento fosse legato alla perdita del prezioso liquido. L’ACQUA (prima parte) ANCHE I PESCI BEVONO ma non tutti! Menotti Calvani La macchina che c’è in me MENOTTI CALVANI Medico, specializzato in neurologia, farmacologia clinica oltre che in tossicologia medica, si è laureato in scienza della nutrizione umana. Ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici su riviste internazionali prevalentemente sui temi del metabolismo, sui mitocondri e sulle patologie degenerative. Figura n°1 - a) La cometa Hale-Bopp, fotografata nei nostri cieli nella primavera del 1997, aveva un nucleo di 50 Km!, una massa enor- me per il 50% costituita da acqua. b) Il 12 novembre 2014, la sonda spaziale Rosetta fa atterrare il suo lander sulla cometa 67P/Churyu- mov-Gerasimenko, conferma la presenza di acqua, ma la sua com- posizione è differente dalla maggior parte dell’acqua presente sulla Terra. c ) Il satellite artificiale Polar (1996-2008) ha evidenziato miglia- ia di impatti con la nostra atmosfera, ogni anno, di piccoli asteroidi composti da 20-40 tonnellate di ghiaccio. Il ghiaccio degli asteroidi è risultato uguale per composizione all’acqua presente sulla Terra. a b c
  • 2. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 13 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.13-20 L’EVOLUZIONE DEL TRAINING DI CONDIZIO- NAMENTO ECCENTRICO NELLA TENDINOPA- TIA DEL TENDINE ROTULEO (TR). Gli esercizi eccentrici intesi come base fonda- mentale del lavoro conservativo della tendinopatia del TR, sono stati per la prima volta proposti da Curwin e Stanish nel 1984. Il programma pro- posto dai due Autori era sostanzialmente basato sull’esercizio di “drop squat” mostrato in figura 5. Sebbene gli esercizi eccentrici siano stati uti- lizzati a partire da circa la metà degli anni ’80 dello scorso secolo, questi ultimi non hanno ri- scosso un vero e proprio generale interesse sino alla pubblicazione degli studi di Alfredson e coll. (1998). Il metodo proposto da Alfredson e coll., anche se specificatamente dedicato al tendine di Achille, prevedeva un concetto totalmente nuovo di esercizio eccentrico rispetto a quello proposto da Curwin e Stanish (1984). Gli esercizi propo- sti nel protocollo di Alfredson venivano effettuati attraverso un’esecuzione lenta e controllata e resi progressivamente più impegnativi, non da un incremento della velocità esecutiva come prece- dentemente proposto da Curwin e Stanish, ma attraverso un aumento del carico. Inoltre, il pa- ziente era invitato ad eseguire il piano di lavoro an- che in presenza di una certa sintomatologia algica avvertita durante il lavoro stesso. L’accettazione da parte della comunità scientifica dei protocolli di Alfredson stimolò la ricerca di un adattamento di questi ultimi anche nell’ambito della tendinopatia del TR. Cannell e coll. (2001) effettuarono un randomized clinical trial che comparava il drop squat exercise, effettuato secondo il metodo proposto da Curwin e Stanish (1984), con gli esercizi di leg extension I Gian Nicola Bisciotti GIAN NICOLA BISCIOTTI Physiologist Lead c/o Qatar Orthopaedic and Sport Medicine Hospital, FIFA Center, Doha (Q). Senior Coordinator Kinemove Rehabilitation Centers, Pontremoli, La Spezia (I), Responsabile recupero infortunati FC Internazionale (Mi). E TENDINOPATIE DEL ROTULEO: ANATOMIA, FISIOLOGIA E TRATTAMENTO L SECONDA PARTE
  • 3. FABIO BAGARELLO Professore Ordinario di Fisica Matematica, Dipartimento dell’Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici, Università degli Studi di Palermo. Fabio Bagarello, Francesco Gargano, Francesco Oliveri, Salvatore Spagnolo OMPLESSITÀ E SPORTC FRANCESCO GARGANO Assegnista di ricerca presso il Consiglio Nazionale della Ricerca, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (CNR- IAMC). S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 21 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.21-25 LA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ E I SUOI FONDAMENTI Gli ultimi decenni hanno visto una sempre più crescente diffusione, sia nell’ambito delle scien- ze empiriche che in quello delle scienze sociali, di tecniche e strumenti matematici per l’investiga- zione dei cosiddetti sistemi complessi [1, 2, 3, 4, 5, 6, 22, 23]. Provare a definire in maniera univoca e onnicom- prensiva il fenomeno della complessità è anco- ra oggi impresa ardua sia perché l’argomento è troppo “giovane” dal punto di vista epistemologi- co, sia per la sua trasversale applicazione ad una molteplicità di ambiti che ha determinato la nasci- ta di diverse scuole di pensiero. Nondimeno, per fissare le idee, possiamo tentare di mettere in evidenza, senza la pretesa di essere esaustivi, al- cuni aspetti peculiari comuni. I sistemi complessi hanno relazioni diffuse fra parti componenti etero- genee che interagiscono localmente; sono privi di qualsiasi controllore generale che governi o utilizzi le interazioni fra le parti per pilotare l’evoluzione del sistema verso una qualche forma di obiettivo precostituito; possiedono un’organizzazione più orizzontale che gerarchica, con molti tipi di inter- e retro-azione; sono soggetti a un continuo adat- tamento attraverso processi di evoluzione delle singole parti; manifestano dinamiche che si tro- vano in stati molto spesso lontano dall’equilibrio, o che possono prevedere molti stati di equilibrio o anche nessun equilibrio; sottoposti a stimoli esterni nuovi, reagiscono creando dinamiche nuo- ve, a priori del tutto imprevedibili e ingovernabili. In sintesi, in un sistema complesso il tutto è maggio- re della somma delle parti. Nella pratica comune, succede molto spesso di incontrare un sistema complesso. Ad esempio, sotto alcune condizioni, possiamo osservare manifestazioni di dinamiche complesse nel traffico di una città, in una folla di persone, nello sviluppo urbanistico di una città, nei sistemi meteorologici, in uno stormo di uccelli o in un termitaio, nei mercati azionari, nel sistema Complessità e sport, ma anche complessità e movimento, complessità ed allenamento. Cominciamo un cammino, anzi proviamo a cominciare e vediamo se ci porta, come dovrebbe, lontano.
  • 4. JAY R. HOFFMAN è professore in Sport and Exercise Science program presso l’Università della Florida centrale. È attualmente Capo dipartimento dell’Education and Human Sciences e direttore dell’Institute of Exercise Physiology and Wellness, oltre che membro della American College of Sports Medicine e della National Strength and Conditioning Association (NSCA). Il Dr. Hoffman ha pubblicato oltre 200 articoli e ha partecipato a più di 380 conferenze e convegni nazionali ed internazionali. asi scientifiche per l’allenamento della potenza B Jay R. Hoffman, Ph.D., FNSCA, FACSM STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp27-32 27 In genere, i soggetti che non hanno una precedente esperienza dell’allenamento con sovraccarichi andran- no incontro a notevoli aumenti della forza nelle fasi iniziali di un programma di allenamento. Via via che i livelli di forza migliorano, il soggetto potrebbe anche vedere migliorare altre componenti della prestazione atletica relative alla potenza, come l’altezza del salto e la velocità. Ciò è principalmente dovuto alla capacità dell’atleta di produrre una maggiore quantità di forza. Quando l’atleta diventa più forte e più esperto, il tas- so di sviluppo della forza diminuisce e alla fine raggiun- ge un plateau (Hoffman et al., 2014). A questo pun- to, non solo i miglioramenti della forza diventano più difficili da raggiungere, ma il miglioramento della forza massimale potrebbe non offrire lo stesso stimolo per potenziare la prestazione di potenza come avveniva durante le fasi iniziali dell’allenamento. Un fattore importante per massimizzare la produzio- ne di potenza è esercitare quanta più forza possibi- le in un breve lasso di tempo. Allenarsi per la forza massimale mediante l’allenamento con sovraccarichi pesanti può essere efficace per migliorare la potenza nell’atleta inesperto, ma non offre lo stesso stimolo agli atleti che hanno già esperienza nell’allenamento contro resistenza. Per questi atleti, se al programma di allenamento vengono aggiunti esercizi pliometrici o una combinazione di allenamento pliometrico e allena- mento contro resistenza (che fa uso di sovraccarichi leggeri come quelli che potrebbero essere usati nell’al- lenamento balistico) la capacità dell’atleta di aumen- tare il tasso di sviluppo della forza può risultare mag- giore. Tuttavia, è anche importante capire che non si tratta di eseguire una modalità di allenamento invece di un’altra, quanto piuttosto di aggiungere qualcosa al programma di allenamento esistente. Al fine di mante- nere la prestazione di forza, l’atleta deve continuare a fornire lo stimolo che mantiene la prestazione di forza S&C PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLICATO PRIM A VOL TA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C
  • 5. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 37 S&C Come disse un mio caro collega una volta: “Se desideri risultati diversi devi usare un sistema diverso”. Sono d’accordo ma, se possibile, non vorrei avere solo risultati di- versi, vorrei avere anche risultati migliori. E per risultati migliori intendo in particolare risultati migliori ottenuti in modo naturale. Esiste un tale sistema? Se esiste, che aspetto ha? Fondamentalmente, sono 3 i fattori che con- tribuiscono a un incremento della prestazio- ne nello strappo (snatch) e nello slancio e strappo (clean & jerk) in combinazione. S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.37-41 Remco Eenink REMCO EENINK Membro della commissione tecnica e scientifica per l’allenamento e la scienza dell’EWF (Federazione Europea di Pesistica) Membro esecutivo della Confederazione pesistica dell’Unione Europea - EUWC. n approccio diverso Pensare in maniera non convenzionale U Questo articolo è un riconoscimento a Josef Schnell, il mio ex allenatore tedesco, che è deceduto il 26 settembre 2010. Egli ha avuto una grande influenza sulla mia vita come pesista e come maestro. Lo ringrazio per avere condiviso con me la sua vasta conoscenza. “
  • 6. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 49 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.49-56 EDOARDO PITTALUGA Laurea Magistrale in Scienza dello Sport, Facoltà di Scienze Motorie, Università degli Studi di Milano. l Balance Training e la Forza: dalla ricerca alle ricadute operative I Edoardo Pittaluga L’argomento “equilibrio” o meglio l’allenamento della capacità di equilibrio, come del resto quello della forza, è senza dubbio importante; e non solo per gli atleti in tutte le loro “età agonistiche”, ma anche per chi vuole solo contrastare e cercare di limitare alcune conseguenze dell’invecchiamento. Per gli atleti, rappresenta un mezzo per migliorare la performance, per prevenire possibili infortuni e ridurre il rischio di re-infortuni. Eventi, questi, molto probabilmente legati ad asimmetrie (anche funzionali?) dell’uso prevalente di un lato del corpo. Più in generale, l’allenamento in condizioni di disequilibrio stimola la “core stability” che - a sua volta - concorre a limitare l’incidenza del rischio di infortuni e, soprattutto, crea vantaggio nelle esecu- zioni tecniche specifiche, tipiche degli sport di squadra, caratterizzati e condizionati dalla presenza continua del “contatto agonistico”. In età evolutiva, il balance training ha lo scopo di integrare la fase di costruzione motoria. In età adulta e anziana serve, se praticato regolarmente, a mantenere attive ed anzi adeguatamente sup- portare alcune capacità gestuali che fanno parte della vita di tutti i giorni. L’argomento forza-equilibrio è stimolante per meglio comprendere quale sia, se esiste, la relazione tra le capacità di equilibrio e di forza. Studiare questa relazione aiuterebbe a capire se migliorare l’equilibrio vuol dire migliorare anche la forza e se questo vale in tutte le età e in tutte le età agonistiche o, invece, è circoscritto ad alcune categorie di sog- getti, dove il miglioramento di una della due capacità influisce positivamente anche sull’altra e, infine, se i miglioramenti raggiunti restano tali anche in condizioni di affaticamento. Studiare la relazione tra equilibrio e forza servirebbe anche a capire se, in situazione di disequilibrio (evenienza tipica degli sport di squadra e in particolare del calcio: condizioni del terreno, situazioni di gioco, contrasto con l’avversa- rio….), un atleta forte, ma con poco equilibrio, sia effettivamente meno capace di esprimere forza (e quindi, per esem- pio, saltare meno … ) di un atleta meno forte, ma dotato di maggiore equilibrio. Indagare sulla relazione tra equilibrio e forza potrebbe confermare se la pratica dei due stimoli, possa essere asso- ciata al medesimo esercizio o, come alcuni autori rilevano, durante il lavoro muscolare in condizioni di disequilibrio, la muscolatura del tronco risulti maggiormente attivata, ma forza, velocità e potenza espresse diminuiscano, in quanto verrebbe privilegiato il controllo del movimento. Buona parte degli interrogativi presentati (e non ci sembra poco) trova risposte e trova spunti e trova occasioni di riflessioni in questa bella rassegna della letteratura specialistica, che affidiamo – ancora una volta – al lettore accorto, perché vi rinvenga tutto il buono che vi è contenuto. Giampietro Alberti Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Scienze Motorie - Università degli Studi di Milano
  • 7. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 69 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.69-71 5. IL MONOCICLO. DIVAGAZIONI SUL TEMA. “La propriocezione rappresenta la capaci- tà di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, anche senza il supporto della vista. È resa possibile dalla presenza di specifici recettori, sensibili alle variazioni delle posture del corpo e dei segmenti corporei, che inviano i propri segnali ad alcune particolari aree encefali- che.” (Da Wikipedia). Quella strana bicicletta senza una ruota è senz’altro l’attrezzo ginnastico più interessan- te mai pensato. Peccato non risponda alle “ge- neralità” proprie dell’attrezzo allenante, alme- no, così come noi siamo abituati ad accettarlo. Noi umani ci fermiamo alla bicicletta, tra mo- dernariato e fantascienza, indecisi tra un comu- ne antiquato mezzo di trasporto e un velocipede aerodinamico, partorito dalla galleria del vento. Il monociclo lo lasciamo agli equilibristi, agli ar- tisti di strada, dimenticando quanto noi stessi siamo in realtà e equilibristi e artisti di strada. Eppure, pedalare su due ruote sottili, rincor- rendo questo baricentro, a cui tanto fatico- samente avevamo insegnato come “stare in piedi”, è un gran bell’esercizio. Ora, se ci pen- siamo bene, la bicicletta è una conquista pro- priocettiva. È un agone a cui non eravamo stati preparati. Ripensiamoci. Noi bambini, e nessuno a cui venga in mente di avvisarci, che la sfida non è cosa da poco, che la sfida è totale, peri- colosa; e graffiante. Prima due ruote grandi e due ruotine che da dietro ci puntellano il sedere; poi due ruote e S&C Alberto Andorlini ALBERTO ANDORLINI Dopo una lunga esperienza come Insegnante di Educazione Fisica, è oggi Preparatore Atletico e Riabilitatore. La sua attività si lega da sempre all’interesse per l’evoluzione del Movimento e per lo sviluppo della Performance. Ha lavorato per A.C. Fiorentina, A.C. Siena, Al Arabi Sports Club, Chelsea f.C. e Nazionale femminile Calcio in qualità di Terapista e Preparatore Atletico. Attualmente è Riabilitatore presso l’U.S.Palermo. Collabora con il Training Lab di Firenze e svolge attività didattica nel corso di Laurea in Scienza e Tecnica dello Sport e delle Attività Motorie Preventive e Adattative dell’Università di Firenze. Nuovo lavoro di Andorlini: sugli esercizi di riscaldamento che non sono i classici esercizi di riscaldamento, ma moderni esercizi di pensiero che riscaldano la mente. Legga il lettore, legga: non se ne pentirà. SERCIZI DI RISCALDAMENTOE SECONDA PARTE (Sono veri esercizi di riscaldamento, un allenamento mentale, per prepararci a quello che rimane del nostro mestiere quotidiano)
  • 8. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 73 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.73-79 Per la prima volta ci presentiamo, onorati dell’in- vito a farlo, su questa bella rivista dedicata al mo- vimento – espressione della forza muscolare – e all’allenamento - non della macchina muscolare, ma dell’uomo. Ci presentiamo quindi a lettori che hanno scelto di essere affidatari di un allenamen- to inteso come stile di vita e di etica. Mestiere complesso che richiede sapere, saper fare e sa- per essere. Riteniamo che per svolgere questo mestiere occorra costruire ponti – almeno due tipi di ponte - ed avere il coraggio di fare un’inces- sante spola su di essi. Il primo tipo di ponte è quello che ci consente di partire dalle evidenze scientifiche per arrivare alla loro applicazione, come anche di partire da un’esigenza emergente dal campo per individuare linee di ricerca con le quali rispondere scientifi- camente a quel bisogno concreto. Purtroppo le evidenze scientifiche, troppo spesso parcellari e iper-specialistiche, fanno perdere di vista ‘l’uomo’ con cui abbiamo a che fare quando alleniamo, per cui difficilmente riusciamo a coglierne i risvolti ap- plicativi e preferiamo rimanere ancorati alle prassi consolidate, senza cercare di ‘andare al di là’. Il secondo tipo di ponte è quello che dobbiamo percorrere quando alleniamo l’uomo in crescita: vi chiediamo di accompagnarci nel nostro via-vai tra l’attività strutturata di allenamento e il gioco di movimento. Questo percorso da un lato ci con- sente di appurare che non c’è soluzione di conti- nuità fra gioco e allenamento strutturato. Dall’altro ci permette di andare al di là del modello a ‘2F’ (Fitness & Fatness) delle attività motorie per bambini, mirato solo a renderli fisicamente ef- ficienti e a contrastarne il sovrappeso, per proiet- tarci verso un modello che aggiunge ‘3A’: Atten- tion, Affiliation e Affect (Burdette et al., 2005). Vi presentiamo un progetto concreto nato ‘per gioco’, perché è appunto con i giochi di movimen- to che miriamo ad allenare i bambini non solo nel fisico, ma anche nel dominio cognitivo (Attention), sociale (Affiliation) ed emotivo (Affect). PER ALLENARE L’UOMO PARTIAMO DAL DIRITTO AL GIOCO DEL BAMBINO Non siamo certamente né i primi, né gli ultimi che dichiarano di voler sposare un modello olistico di allenamento dell’uomo. La differenza sta nel fatto che il nostro progetto non si ferma all’ispirazione di un’idea. È stato creato, implementato, mes- so alla prova scientificamente con un biennio di ricerca ed è ora pronto per tradursi in azioni so- stenibili anche in contesti diversi da quello in cui è nato. Questo progetto, denominato Joy of Mo- ving, esemplifica concretamente il percorso sui due ponti: partendo da un’esigenza del territorio, abbiamo costruito e sottoposto a verifica scienti- fica un metodo di allenamento olistico dei bambini fondato sui giochi di movimento. Per creare questo progetto, abbiamo preso le mosse dal diritto del bambino al gioco (Dichia- razione dei Diritti del Fanciullo, United Nations Commission on Human Rights, 1959, principio n. 7) ispirandoci, concettualmente ed operativamen- te, alle parole chiave contenute in un Commen- to Generale (n. 17) del Comitato sui Diritti del Fanciullo delle Nazioni Unite (United Nations Com- mittee on the Rights of the Child, 2013): ‘attività strutturate’, ‘gioco spontaneo’, ‘creatività’. Infatti, il metodo educativo che abbiamo sperimentato è centrato sul gioco deliberato (Coté & Hay. 2002), una forma organizzata di attività motoria ludica e creativa, supervisionata e con regole, ma molto variabile e adattabile, che getta un ponte fra il gioco spontaneo del bambino e l’attività sportiva strutturata del ragazzo.. IL GIOCO DI MOVIMENTO: UN DIRITTO DEL BAMBINO, UNA RESPONSABILITÀ DEGLI ADULTI Il progetto Joy of Moving è un tassello che trova la sua collocazione all’interno del contesto di allarme sociale per la salute dei bambini sedentari e so- vrappeso. A livello europeo, ci sono due importan- ti documenti strategici, i cosiddetti ‘libri bianchi’ sullo sport e sull’obesità (European Commission 2007a,b), che indicano l’esigenza di costruire po- litiche multisettoriali per riuscire a contrastare i trend negativi di sedentarietà e sovrappeso, la GiocosaMente CATERINA PESCE Laureata in Scienze motorie con Dottorato di ricerca in Filosofia presso la Freie Universität di Berlino, è membro fondatore della Società Italiana di Scienze Motorie e Sportive e professore associato presso l’Università degli Studi di Roma ‘Foro Italico’, dove insegna attività motorie per l’età evolutiva e per gli anziani. Caterina Pesce, Rosalba Marchetti, Mario Bellucci, Ilaria Masci IN QUESTO NUMERO: ROSALBA MARCHETTI Psicologa e psicoterapeuta ha dedicato la vita al movimento e allo sport da atleta, da insegnante di Educazione fisica e da coordinatore del Servizio di Educazione Fisica di Roma (MIUR). Diplomata all’ISEF di Bologna, è specializzata in Psicocinetica a Roma e a Parigi ed è laureata in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Bologna e in Scienze motorie presso lo IUSM. STORIA DI UN PROGETTO NATO PER GIOCO. UN GIOCO SOCIALMENTE RESPONSABILE
  • 9. GUIDO MARTINELLI avvocato, consulente della FiPE, professore aggregato di legislazione sportiva presso l’Università degli studi di Ferrara, docente nazionale della Scuola Centrale dello sport del CONI, è autore di diverse pubblicazioni in materia di diritto sportivo. Guido Martinelli ncora sul Jobs Act e sulle società sportive dilettantistiche A @VandaBiffani S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno IV - Numero 14 / Ottobre-Dicembre 2015 87 S&C(Ita)n.14,Ottobre-Dicembre2015,pp.87-89 CONTRIBUTI PREVIDENZIALI SÌ O NO PER GLI ISTRUTTORI SPORTIVI ALLA LUCE DEL JOBS ACT? Queste ultime settimane sono state dominate, sotto il profilo mediatico, per noi operatori del di- ritto, dalla recente entrata in vigore del decreto legislativo sulla disciplina dei contratti di lavoro, (Decreto Legislativo 81/2015), approvato sulla base della delega contenuta nella legge 183/2014 (meglio noto come Jobs act). Cercare, nella legge o nei suoi decreti attuativi, una risposta ai molte- plici interrogativi che pone l’inquadramento, sot- to il profilo della disciplina del diritto del lavoro, delle prestazioni sportive dilettantistiche o, come riporta la norma, delle “collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche” è lavoro arduo e difficile. La scelta di fondo del legislatore, sulla base già della c.d. riforma “Fornero” è palese. Il decreto che reca la disciplina organica dei contratti di la- voro, di recentissima definitiva approvazione, re- cita al suo articolo 1: “Il contratto di lavoro su- bordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”. Non vi è quindi dubbio, visto anche l’incipit dell’art. 67 del Tuir che esclude dall’applicabilità i redditi di lavoro subordinato o di esercizio di arte e pro- fessione, che in tutti quei casi in cui nella col- laborazione sportiva dilettantistica si presenta l’etero-direzione da parte del datore di lavoro con conseguente subordinazione gerarchica ci si trovi di fronte ad un rapporto di lavoro dipendente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2094 del co- dice civile. Analogamente, ove la prestazione venisse svolta in via principale, ancorché non esclusiva, in favore di più fruitori, ci troveremmo di fronte al classico esercizio di arti e professioni di cui all’art. 2222 codice civile, con conseguente assoggettamento ad imposte e gestione previdenziale del rapporto. Ne consegue che l’eventuale collocazione della collaborazione sportiva retribuita tra quelle che hanno diritto alla agevolazione, sotto il profilo fi- scale e previdenziale, appare residuale ed efficace solo nel momento in cui si sia potuto escludere l’esercizio di una attività professionale o di lavoro dipendente. Concentriamoci, invece, su quelle prestazioni (si- curamente maggioritarie) che vengono svolte con
  • 10. Visitailnostrosito Cosa troverai sul nostro sito: CATALOGO ON-LINE - Collegandoti al sito puoi visionare nel dettaglio e acquistare gli articoli (libri, video, dvd, riviste), grazie ad un sistema di ricerca semplice ed intuitivo. APPROFONDIMENTI - Il sito è inoltre sempre aggiornato con sezioni specifiche di approfondimento su tutti gli argomenti più interessanti legati allo sport, come eventi, convegni e corsi di aggiornamento. NEWSLETTER - Iscrivendoti e dando la preferenza alla disciplina sportiva che più ti interessa potrai ricevere tutte le news al tuo indirizzo e-mail. www.calzetti-mariucci.it