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News 47/SA/2017
Lunedì, 20 novembre 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.46 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 91 (9 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per piombo in
occhialone refrigerato (Pagellus bogaraveo) proveniente dalla Tunisia, per
Escherichia coli produttrice di shiga-tossine in carne di manzo congelata
proveniente dal Brasile, per aflatossine in pistacchi sgusciati provenienti dagli Stati
Uniti, via Turchia e per aflatossine in nocciole organiche provenienti dalla Turchia;
dalla Croazia per alto livello di acrilamide in biscotti provenienti dalla Bosnia e
Herzegovina; dall’ Olanda per Salmonella in mezzo petto di pollo salato congelato
proveniente dal Brasile, per aflatossine in arachidi provenienti dalla Bolivia, per
aflatossine in arachidi provenienti dall’Argentina, per aflatossine in peperoncino in
polvere proveniente dall’India e in arachidi provenienti dalla Bolivia, per sostanza
proibita nitrofurano (metabolita) furazolidone (AOZ) in gamberetti bianchi congelati
(Penaeus vannamei) provenienti dall’India, per aflatossine in arachidi sgusciate
provenienti dagli Stati Uniti, per aflatossine in arachidi per uccelli provenienti dall’
Argentina, via Stati Uniti per aflatossine in arachidi provenienti dal Sudan e per
aflatossine in noccioline intere per alimenti per uccelli provenienti dal Sudan; dalla
Germania per aflatossine in nocciole kernels provenienti dall’Azerbaijan, per
Salmonella enterica ser. Enteritidis in petti di pollo congelato provenienti dalla
Tailandia, per aflatossine in fichi secchi biologici provenienti dalla Turchia e per
contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dalla
Grecia per Salmonella enterica ser. Lomita in semi di sesamo provenienti dalla
Nigeria e per Salmonella enterica ser. Bareilly in semi di sesamo provenienti dall’
Etiopia; dalla Polonia per aflatossine in nocciole kernels provenienti dalla Georgia e
per Salmonella in semi di sesamo mondati provenienti dall’India; dalla Bulgaria per
contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia, per
formetanato in peperoni provenienti dalla Turchia, per clorpirifos in melograni
provenienti dalla Turchia, per clorpirifos in peperoni provenienti dalla Turchia, per
aflatossine in nocciole kernels provenienti dalla Georgia e per contenuto troppo alto
di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dal Regno Unito per
imballaggio danneggiato (sacchetti che perdono) di tonno skipjack (Katsuwonus
[Euthynnus] pelamis) proveniente dalle Filippine; dalla Francia per aflatossine in
nocciole kernels provenineti dalla Turchia, per ocratossina A in uva passa
proveniente dalla Turchia, per scarso controllo della temperatura di punte di petto e
scamoni di cavallo disossato refrigerato provenienti dal Canada e per aflatossine in
pistacchi in guscio provenienti dagli Stati Uniti.
Allerta notificati: dall’ Irlanda per soia non dichiarata in seme intero e pane di grano
a fette proveniente dall’ Irlanda; dalla Germania per esplosione di bottiglie
contenenti bevande rinfrescanti provenienti dalla Germania e per frammenti di
plastica (foglio di imballaggio) in formaggio a fette proveniente dalla Germania;
dalla Francia per tossine che causano la sindrome paralitica Shellfish Poisoning
(PSP) di avvelenamento da molluschi bivalvi in ostriche vive (Crassostrea gigas)
provenienti dalla Francia, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare
Epimedium in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito, per alto
contenuto di vitamina A, vitamina B6 and e vitamina E in integratore alimentare
proveniente dagli Stati Uniti, via Belgio; dall’ Olanda per sostanza non autorizzata
propargite in melanzane provenienti dall’Egitto, per aflatossine in arachidi crude
provenienti dalla Bolivia, per sostanze non autorizzate carbofurano, esaconazolo e
propargite in bacche di goji secche provenienti dalla Cina; dal Belgio per
dimetoato in mele provenienti dall’Olanda, per tossine Amnesic Shellfish Poisoning
(ASP) - acido domoico in capesante (Pecten jacobaeus) provenienti dal Belgio e
per livello di residuo sopra l’LMR per clortetraciclina in carne di anatra proveniente
dalla Bulgaria; dalla Polonia per Salmonella enterica ser. Enteritidis in uova
provenienti dalla Polonia; dal Portogallo per frode (inadatto al consumo umano
venduto come adatto al consumo umano) con sottoprodotti di origine animale di
categoria 3 provenienti dal Portogallo; dall’Austria per clorpirifos e malathion in
fagioli occhio nero provenienti dalla Turchia, via Germany; dalla Svezia per sostanza
non autorizzata 1,3-dimethylbutylamine (nor-DMAA) in integratore alimentare
proveniente dagli Stati Uniti, per sostanza non autorizzata sinefrina e alto contenuto
di caffeina in integratori alimentari provenienti dall’Ungheria e per non autorizzato
nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato e sostanza non autorizzata
vinpocetine in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’ Italia per infestazione
parassitaria di sgombri refrigerati provenienti dalla Francia, per irradiazione non
etichettata di vongole congelato provenienti dal Vietnam e brodo di vongole
(Paratapes undulatus) proveniente dalla Turchia, per Escherichia coli produttrice di
Shiga-tossine in filetto di manzo refrigerati sottovuoto proveniente dall’Argentina, per
mercurio in filetti di tonno giallo provenienti dalla Spagna e per etichettatura errata
(assenza di indicazione Italiana della presenza di allergeni) su pancetta affumicata
refrigerato proveniente dalla Romania; dalla Croazia per non autorizzato nuovo
ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare di origine
sconosciuta, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in
integratore alimentare di origine sconosciuta, per non autorizzato nuovo ingrediente
alimentare agmatina solfato in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito,
per nuovo ingrediente alimentare Epimedium grandiflorum in in integratore
alimentare di origine sconosciuta; dall’Olanda per diossine e policlorobifenili
diossina-simili in miscele di erbe per cavalli provenienti dalla Germania, per ossamile
in melanzane provenienti dal Sud Africa e per diossine e policlorobifenili diossina-
simili in miscele di erbe per bestiame proveniente dalla Germania; dall’Estonia per
Salmonella enterica ser. Infantis in gnocchi surgelati con carne di maiale e di manzo
proveniente da Latvia; dall’Irlanda per non autorizzato nuovo ingrediente
alimentare Hoodia gordonii in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti,
per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Hoodia gordonii in integratore
alimentare proveniente dal Regno Unito; dalla Svezia per non autorizzato nuovo
ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare di origini
sconosciute e per per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Hoodia gordonii
in integratore alimentare di origine sconosciuta; dalla Slovacchia per sostanze non
autorizzate vanadil solfato, vinpocetina e huperzina A in integratore alimentare
proveniente dal Canada, via Repubblica Ceca; dalla Francia per non autorizzato
nuovo ingrediente alimentare Epimedium in integratore alimentare proveniente
dall’Italia, per epidemia di origine alimentare (Norovirus GII) causata da ostriche
provenienti dalla Francia, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare
Epimedium grandiflorum in integratore alimentare proveniente dal Belgio, per non
autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium in integratore alimentare
proveniente dal Portogallo e per diossine in premix alle erbe proveniente dall’ India;
da Cipro per solfiti non dichiarati in gamberi cucinati congelati provenienti dal
Vietnam; dalla Danimarca per riso biologico a grani lunghi marrone proveniente
dall’Italia infestato da insetti e per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare
agmatina solfato in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti; dalla
Germania per livello residuo superiore al MRL per ossitetraciclina in filetti di salmone
atlantico congelato provenienti dal Cile; dalla Finlandia per non autorizzato nuovo
ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare di origine
sconosciuta; dalla Norvegia per conta troppo alta di Escherichia coli in menta
piperta proveniente dalla Cambodia, via Vietnam; dalla Slovenia per non
autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium in integratore alimentare di
origine sconosciuta.
Fonte: rasff.eu
Inglesi i più obesi dell’Europa occidentale, secondo l’Ocse. Italiani quart’ultimi su 35
paesi.
Il 54% degli adulti dei 35 paesi dell’Ocse è in sovrappeso, compreso il 19% che è
obeso. Quattro paesi hanno un tasso di obesità superiore al 30%: Ungheria, Nuova
Zelanda, Messico e Stati Uniti. In Europa occidentale, il paese più obeso è la Gran
Bretagna, che registra un tasso del 26,9%, con un aumento del 92% rispetto al 1990.
Una situazione che ha indotto il direttore del Servizio sanitario nazionale inglese (NHS
England) a lanciare un avvertimento: il continuo aumento dell’obesità può portare il
Servizio alla bancarotta.
Come riferisce il Guardian, il National Obesity Forum ricorda che negli ultimi 30 anni i
vari governi inglesi non hanno fatto nulla. Non solo, dieci anni fa un rapporto di un
dipartimento governativo avvertì che il paese si stava incamminando
silenziosamente verso l’obesità, ma nessun ministro ha fatto qualcosa, allora o dopo.
L’organizzazione britannica definisce “patetico” il tentativo di Theresa May di
contrastare la previsione che indica come nel 2050 l’obesità colpirà la metà della
popolazione, affidandosi a impegni volontari dell’industria alimentare e delle
bevande, senza porre alcuna restrizione al cibo spazzatura e alla pubblicità.
Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto dell’Ocse Health at a Glance 2017, basato su
dati del 2015, vede il nostro paese quart’ultimo su 35, con il 35,3% degli adulti in
sovrappeso, compreso il 9,8% di obesi, che nel 1990 erano circa il 7%. Negli ultimi
anni il tasso di obesità in Italia si è stabilizzato. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Gamberi: decongelati, surgelati o freschi, pescati oppure allevati... Come scegliere
quelli da portare a tavola?
Anni fa erano considerati qualcosa di speciale e riservati alle occasioni festive, oggi
invece si trovano a prezzi accessibili e sono sempre più diffusi: parliamo dei gamberi.
Sono i prodotti ittici più commerciati nel mondo, in termini di valore di mercato. Nel
2016 in Europa sono state importate, da Paesi extra-UE, circa 450.000 tonnellate di
gamberi congelati. Il giro d’affari dell’import, in Italia, è secondo solo al tonno: le
mazzancolle sono importate congelate principalmente dall’Ecuador; gamberi e
gamberetti invece arrivano soprattutto da Spagna, Argentina e India.
Al supermercato li troviamo decongelati o surgelati, più raramente freschi; interi o
come “code”, pescati oppure allevati, con il guscio o sgusciati. Siamo andati a
vedere che differenze ci sono fra un tipo e l’altro e quali sono le criticità.
I più venduti sono i gamberi surgelati e tutte le catene della grande distribuzione
hanno dei prodotti a marchio. Le specie incluse nel gruppo di gamberi e
mazzancolle sono numerose, ma per noi consumatori è difficile distinguerle, anche
perché spesso si acquistano le code, magari già sgusciate. A grandi linee, le
mazzancolle si distinguono perché sono più grosse e la coda è attraversata da
bande trasversali arancioni (per approfondire possiamo vedere il repertorio ittico di
Eurofishmarket).
I gamberetti boreali (Pandalus borealis), surgelati, a marchio Esselunga sono venduti
già cotti e sgusciati. Pescati nell’Atlantico nord-orientale, sono surgelati direttamente
sulla barca, poi lavorati in Norvegia. La rapidità delle operazioni e il fatto che siano
venduti sgusciati, fa sì che non ci sia bisogno di aggiungere conservanti, quindi gli
ingredienti dichiarati in etichetta sono solamente gamberetti e sale.
I gamberetti Esselunga sono venduti cotti e sgusciati. Sono surgelati direttamente sulla barca, poi lavorati in Norvegia
La Coop propone un prodotto analogo: gamberetti boreali, pescati in Atlantico
nord-occidentale lavorati e confezionati in Danimarca, scottati, sgusciati e
immediatamente surgelati; senza additivi. Un prodotto simile si trova anche da
Carrefour: gamberetti boreali pescati in Atlantico nord-occidentale (Groenlandia),
certificati MSC, confezionati in Danimarca, privi di additivi.
I gamberi argentini PanaPesca, invece, proposti come code (specie Pleoticus
muelleri), sono pescati nelle acque della Patagonia e confezionati in Tailandia (per
un’azienda che ha sede in provincia di Pistoia). Contengono i correttori di acidità
acido citrico e citrati (E330, E331) considerati assolutamente innocui, e
l’antiossidante metabisolfito di sodio (E223), additivo autorizzato (solfiti), indicato di
solito in grassetto perché potrebbe provocare reazioni nelle persone allergiche.
Le mazzancolle tropicali (Penaeus vannamei) a marchio Arbi sono allevate in
Vietnam e fra gli ingredienti, troviamo acido citrico ma non solfiti.
Fra i prodotti preincartati, al supermercato, si trovano gamberi e mazzancolle, sia
pescati che allevati, quasi sempre addizionati con conservanti, di solito bisolfito di
sodio (E222) o metabisolfito di sodio (E223).
Code di mazzancolle preincartate in un supermercato Coop
La ditta Sal Seafood propone gamberi e mazzancolle confezionati in atmosfera
protettiva, cotti e sgusciati, pronti al consumo. Appartengono a diverse specie,
possono essere pescati (in oceano Atlantico, Pacifico o Indiano) o allevati (in
Indonesia, Tailandia, Vietnam o Ecuador) e sono confezionati in Olanda.
Contengono sei additivi: correttori di acidità, solfiti e in alcuni casi anche coloranti.
Questi ultimi sono innocui, però certamente inutili. Mentre i conservanti, quando
necessari, sono utili, i coloranti sono utilizzati solo per andare incontro alle aspettative
“estetiche” dei consumatori.
Gamberi tropicali in atmosfera protettiva Sal Seafood
Abbiamo chiesto un parere a Valentina Tepedino di Eurofishmarket: “I gamberi sono
molto delicati e, una volta pescati, si forma rapidamente una macchia scura sotto
la testa, a causa della normale degradazione degli organi viscerali. Questa
macchia non compromette la salubrità né il sapore della carne del gambero ma ne
altera l’aspetto, e non è gradita dai consumatori. I solfiti hanno azione conservante
e sbiancante e i gamberi in commercio, per la stragrande maggioranza, sono
trattati con queste sostanze, sia interi che in code, sia freschi che congelati o
decongelati. Sono sostanze autorizzate – aggiunge Tepedino – ma la mia
impressione è che l’industria non stia facendo abbastanza per trovare delle
alternative più naturali”.
Per quanto riguarda il coinvolgimento di Paesi così distanti fra loro, non è anomalo
che un prodotto ittico sia pescato in Argentina, lavorato in Tailandia e
commercializzato da una ditta italiana. “Le norme e i controlli in Europa sono molto
stringenti – sottolinea Tepedino – e tutti gli stabilimenti che commerciano con i Paesi
UE devono avere un’autorizzazione e produrre nel rispetto della normativa europea.
Ci sono Paesi terzi che hanno una normativa che consente anche sostanze non
ammesse dalla UE (come alcuni antibiotici) e non è sempre possibile verificare la
loro correttezza nel differenziare le due linee produttive destinata al mercato UE ed
extra UE. Per questo vengono fatti esami a campione anche su sostanze sospette
non ammesse nel nostro Paese e gli esiti positivi vengono poi riportati nel sistema di
allerta”.
Dato che riguarda una fetta di mercato così importante, il commercio dei gamberi
solleva diversi problemi di sostenibilità. La pesca interessa principalmente le acque
dell’Atlantico settentrionale (Norvegia, Alaska) per il gambero boreale, mentre le
specie tropicali provengono dall’Asia e dalle acque di fronte a Ecuador e
Argentina. “Non mi risulta che siano registrate carenze di questa risorsa ittica nel
Nord-Atlantico. “I Paesi del Nord come la Norvegia e l’Alaska – precisa Tepedino-
sono molto attenti nella gestione delle risorse e tengono in gran conto la
tracciabilità. L’Alaska ha creato un marchio di certificazione pubblico, come
dovrebbero fare tutti i Paesi: un marchio gratuito, concesso sulla base dei controlli
effettuati dagli enti pubblici”.
La situazione è invece problematica per i gamberi tropicali, in particolare quelli di
origine asiatica. La pesca con reti a strascico è correlata a una quantità elevata di
catture accessorie (fra cui tartarughe marine), inoltre diverse inchieste hanno
evidenziato le condizioni di semi-schiavitù in cui si trovano a volte i pescatori
reclutati sulle barche da pesca tailandesi (spesso immigrati da Birmania o
Cambogia) come pure gli addetti alla lavorazione. D’altra parte, metà dei gamberi
commerciati a livello globale non proviene dalla pesca ma da allevamenti,
localizzati principalmente in Asia e in Sud-America. Allevamenti che pongono grossi
problemi, perché per realizzare le vasche vengono distrutti ecosistemi importanti e
fragili come quello delle mangrovie.
“Sarebbe bello – dice l’esperta di Eurofishmarket – poter scegliere gamberi
“sostenibili” sia dal punto di vista ambientale che del rispetto dei diritti umani. Non
ho informazioni in merito a certificazioni “etiche” nel settore dei gamberi; stiamo
comunque approfondendo questo tema a mio parere molto delicato e
importante.”
Code di gamberi decongelate sul banco del pesce (c’è scritto tutto…ma in piccolo!)
Le cose sono diverse se acquistiamo gamberi freschi, pescati nei nostri mari. Questo
prodotto rappresenta certo una piccola parte del settore, ma si possono trovare
anche nei supermercati, per venire incontro alle richieste di filiera corta dei
consumatori più attenti all’origine.
I pregiatissimi gamberi rossi nostrani freschi sono rari, perché le barche che escono a
pesca di gamberi di solito rimangono in mare anche 30-40 giorni e questi crostacei
sono congelati subito dopo la cattura. Più comunemente si trova il gambero rosa,
tipico del nostro mare, più piccolo ma dalle carni molto delicate. “Questa specie –
dice Tepedino – costa meno delle altre tipologie e si trova fresca, ma non è molto
ricercata dai consumatori che in generale preferiscono i più grossi gamberi argentini
o le mazzancolle estere. Consiglio di leggere bene le etichette e di non acquistare
dove gli ingredienti non sono riportati nell’etichetta, accanto ai gamberi esposti al
banco, ma nel libro ingredienti. È una scelta poco corretta, che non garantisce
trasparenza.”
La poca trasparenza è amica delle truffe, piuttosto frequenti in un settore così
redditizio: una delle più comuni è la sostituzione di specie pregiate con altre che lo
sono meno, oppure la presenza, nella stessa confezione di congelato, anche di
gamberi di specie diverse da quella dichiarata; la presenza di gamberi piccoli,
mescolati con i più grandi e pregiati; l’eccesso di solfiti (segnalato anche più volte
dal Rasff) o infine la vendita di decongelato come fresco.
Secondo Tepedino: “Il pesce decongelato è un prodotto senza molto senso, che
non conviene acquistare. Per avere il controllo della catena del freddo è meglio
comprare i surgelati e ricordare che il metodo migliore per scongelarli è di trasferirli
dal freezer al frigorifero la sera prima dell’utilizzo.”
Un’ultima curiosità: se acquistiamo gamberi interi surgelati possiamo verificare se
appartengono tutti alla stessa specie contando i dentelli presenti nel rostro, quel
prolungamento del carapace che sporge anteriormente, fra gli occhi. (Articolo di
Valeria Balboni)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Allergeni, informazione B2B, risponde l’avvocato Dario Dongo.
Carissimo Dario,
scusami ma ho un dubbio. Un’azienda agricola si fa trasformare e confezionare in
barattolo i pomodori.
L’azienda che trasforma dichiara che nel prodotto (pomodoro) e nel processo di
trasformazione e confezionamento non vi è contaminazione crociata.
Però dichiara che nello stabilimento lavora e sono presenti diversi allergeni. E quindi,
il responsabile dell’etichetta deve dichiarare questi allergeni?
Grazie
Francesco
Risponde l’avvocato Avv. Dario Dongo, PhD in diritto alimentare europeo
Caro Francesco,
il fornitore – in questo caso, un’impresa che trasforma per conto terzi i pomodori – ha
dovere di fornire al cliente – che nella fattispecie, assume responsabilità
sull’etichettatura in quanto titolare del marchio con cui le conserve vengono
commercializzate (1) – tutte le notizie necessarie affinché quest’ultimo possa
compilare l’etichetta in conformità alle regole vigenti.
‘Gli operatori del settore alimentare che forniscono ad altri operatori del settore
alimentare alimenti non destinati al consumatore finale o alle collettività assicurano
che a tali altri operatori del settore alimentare siano fornite sufficienti informazioni
che consentano loro, se del caso, di adempiere agli obblighi’ relativi a ‘presenza ed
esattezza delle informazioni fornite sugli alimenti’ (reg. UE 1169/11, articolo 8.8).
L’informazione relativa agli ingredienti allergenici, come è stato da
ultimo ribadito nelle apposite Linee guida della Commissione europea, deve essere
puntuale e specifica.
Il fornitore ha la primaria responsabilità di eseguire un’idonea attività di
autocontrollo. Vale a dire applicare le buone prassi igieniche (2) e l’HACCP (3), al
preciso scopo di prevenire, controllare e mitigare ogni possibile rischio di
contaminazione fisica, chimica e microbiologica che possa avere impatto sulla
sicurezza del prodotto. Ivi compreso il rischio di contaminazione accidentale
con allergeni che – pur non essendo impiegati nel processo di trasformazione del
singolo alimento – siano presenti nei locali di produzione.
Soltanto qualora – a seguito di corretta esecuzione dell’autocontrollo – il
fornitore non sia in grado di escludere il rischio di contaminazione accidentale da
allergeni, esso è tenuto a fornire al cliente una specifica informazione, come di
seguito.
La c.d. Precautionary Allergen Labelling (PAL) deve essere precisa, nel senso di:
- indicare che l’alimento ‘può contenere’ uno o più degli ingredienti allergenici
singolarmente indicati in Allegato II al regolamento UE 1169/11 (così ad esempio,
noci e mandorle e non ‘frutta secca con guscio’, grano e non ‘glutine’),
- evitare di riferire a ‘tracce di’, poiché di esse manca alcuna definizione legale,
- evitare nel modo più assoluto di riferire notizie ambigue del tipo ‘prodotto in uno
stabilimento dove sono presenti (o ‘si lavorano’)…’.
Tale ultima dicitura – oltre a risultare del tutto inidonea a informare i consumatori
allergici – va intesa come una confessione, da parte del fornitore, circa
l’inadeguatezza del proprio sistema di autocontrollo. E deve perciò venire
sanzionata dalle autorità sanitarie di controllo.
Di conseguenza, il cliente responsabile dell’etichettatura non può né deve
accettare alcuna dichiarazione riferita alla presenza di allergeni nello stabilimento o
in altri processi eseguiti dal fornitore. Esponendosi a sua volta, altrimenti, a gravi
responsabilità che incidono sulla sicurezza dell’alimento. (4)
Un caro saluto e a presto
Dario
Note
(1) reg. UE 1169/11, articolo 8.1
(2) Le c.d. GMP, Good Manufacturing Practices,. Sulla base delle linee guida europee e/o nazionali
disponibili per quella filiera e comparto, da adattare alle condizioni specifiche di impianto, procedure
e processi di stoccaggio e lavorazione
(3) HACCP, Hazard Analysis on Critical Control Points
(4) Cfr. reg. CE 178/02, c.d. General Food Law, articolo 14
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
Claim comparativi, questione PL, risponde l’avvocato Dario Dongo.
Egregio Avvocato Dongo,
Le chiedo un parere sul prodotto “Valsoia light”, rispetto all’indicazione offerta sul
sito internet che cita un paragone “rispetto alla media delle bevande di soia più
vendute. Sono state prese in considerazione le prime 10 referenze di BEVANDE DI
SOIA corrispondenti al 49% del volume di mercato, esclusa la marca commerciale.
(Fonte Nielsen, Servizio Market Track, dati a volume Distribuzione Moderna, AT
Febbraio 2016.)”.
Molte grazie
Tommaso
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo
Caro Tommaso,
Il c.d. Nutrition and Health Claims Regulation (NHC), (1) per quanto attiene
ai claim comparativi di tipo nutrizionale, prevede quanto segue.
‘Fatta salva la direttiva 84/450/CEE, (2) il confronto può essere fatto soltanto tra
alimenti della stessa categoria prendendo in considerazione una gamma di alimenti
di tale categoria. La differenza nella quantità di una sostanza nutritiva e/o nel valore
energetico è specificata e il confronto è riferito alla stessa quantità di prodotto. (3)
Le indicazioni nutrizionali comparative confrontano la composizione dell’alimento in
questione con una gamma di alimenti della stessa categoria privi di una
composizione che consenta loro di recare un’indicazione, compresi alimenti di altre
marche.’ (reg. CE 1924/06, articolo 9).
Vale a dire che la comparazione deve venire eseguita raffrontando il singolo
prodotto con la media dei prodotti alimentari più venduti sul mercato di riferimento,
che appartengano alla stessa categoria. (4)
Nell’ambito della stessa categoria di alimenti inoltre, ai fini della comparazione
bisogna escludere quei prodotti che – pur figurando tra i più venduti – a loro volta
già vantino prerogative nutrizionali (es. light, ‘ridotto contenuto di…’, ‘meno…’), ai
sensi dell’applicazione del NHC. (5)
Nel caso in esame, l’operatore Valsoia ha correttamente proceduto a un’analisi di
mercato sui prodotti più venduti nell’ambito della categoria di riferimento. E tuttavia,
le società che provvedono a tali analisi non sono in grado di fornire dati
disaggregati sui prodotti PL (private label), quando pure essi figurino ai primi posti
nelle vendite. In difetto di autorizzazione a divulgare tali dati da parte degli operatori
della GDO, così almeno viene riferito.
Di conseguenza, l’operatore non è in grado di identificare i singoli prodotti a private
label che pure contribuiscano in misura significativa al volume complessivo delle
vendite nell’ambito di una categoria. E risulterebbe arbitrario – oltreché indimostrato
e perciò censurabile – teorizzare da parte sua la prevalenza sul mercato nazionale
al dettaglio di questa o quella SKU (6) a marchio di questo o quell’operatore, sui
canali GDO e discount.
L’unica soluzione che appare ragionevole è dunque quella adottata, in questo
caso, da Valsoia. Vale a dire, identificare quale termine di paragone la media dei
prodotti di marca – ‘esclusa la marca commerciale’ (PL) più venduti sul mercato
nazionale. Con l’accortezza di precisare la rappresentatività del campione di
riferimento.
Linee guida per l’applicazione omogenea dei claim comparativi sarebbero certo
utili, anche al fine di chiarire situazioni come quella in esame. Sarebbe altresì
opportuno condividere, ad esempio, la periodicità entro cui ragionevolmente
provvedere all’aggiornamento delle analisi di mercato, e così dei calcoli
comparativi, e delle etichette.
Cordialmente
Dario
Note
(1) V. reg. CE 1924/06 e successive modifiche
(2) Cfr. dir. 2006/114/CE ‘concernente la pubblicità ingannevole e comparativa’
(3) Sotto tali aspetti è palesemente illegale, ad esempio, il raffronto tra 1 litro di acqua Sangemini e
250 ml di latte. Si vedano gli articoli http://www.greatitalianfoodtrade.it/sangemini-pubblicita-
ingannevole/ e http://www.greatitalianfoodtrade.it/milk-sounding-la-parola-allantitrust/
(4) La categoria di alimenti va individuata, secondo interpretazione costante, avendo cura sia della
medesima occasione di consumo (es. prima colazione, snack, pietanza principale nell’ambito di un
pasto, dessert, etc.), sia dell’identità di materie prime (es. bevande di riso o soia, non comparabili con
il latte). Nonché tenuto conto della similarità del processo produttivo (che rende perciò non
comparabili, ad esempio, un formaggio fresco a pasta filata con un formaggio stagionato a pasta
dura)
(5) Tale è il significato della previsione di cui al secondo comma dell’articolo 9 del reg. CE 1924/06
(6) Stock Keeping Unit, a tal fine intesa come singola referenza, o ‘tipo di prodotto’, immesso sul
mercato

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  • 1. News 47/SA/2017 Lunedì, 20 novembre 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.46 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 91 (9 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per piombo in occhialone refrigerato (Pagellus bogaraveo) proveniente dalla Tunisia, per Escherichia coli produttrice di shiga-tossine in carne di manzo congelata proveniente dal Brasile, per aflatossine in pistacchi sgusciati provenienti dagli Stati Uniti, via Turchia e per aflatossine in nocciole organiche provenienti dalla Turchia; dalla Croazia per alto livello di acrilamide in biscotti provenienti dalla Bosnia e Herzegovina; dall’ Olanda per Salmonella in mezzo petto di pollo salato congelato proveniente dal Brasile, per aflatossine in arachidi provenienti dalla Bolivia, per aflatossine in arachidi provenienti dall’Argentina, per aflatossine in peperoncino in polvere proveniente dall’India e in arachidi provenienti dalla Bolivia, per sostanza proibita nitrofurano (metabolita) furazolidone (AOZ) in gamberetti bianchi congelati (Penaeus vannamei) provenienti dall’India, per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti dagli Stati Uniti, per aflatossine in arachidi per uccelli provenienti dall’ Argentina, via Stati Uniti per aflatossine in arachidi provenienti dal Sudan e per aflatossine in noccioline intere per alimenti per uccelli provenienti dal Sudan; dalla Germania per aflatossine in nocciole kernels provenienti dall’Azerbaijan, per Salmonella enterica ser. Enteritidis in petti di pollo congelato provenienti dalla Tailandia, per aflatossine in fichi secchi biologici provenienti dalla Turchia e per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dalla Grecia per Salmonella enterica ser. Lomita in semi di sesamo provenienti dalla Nigeria e per Salmonella enterica ser. Bareilly in semi di sesamo provenienti dall’ Etiopia; dalla Polonia per aflatossine in nocciole kernels provenienti dalla Georgia e per Salmonella in semi di sesamo mondati provenienti dall’India; dalla Bulgaria per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia, per formetanato in peperoni provenienti dalla Turchia, per clorpirifos in melograni provenienti dalla Turchia, per clorpirifos in peperoni provenienti dalla Turchia, per
  • 2. aflatossine in nocciole kernels provenienti dalla Georgia e per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dal Regno Unito per imballaggio danneggiato (sacchetti che perdono) di tonno skipjack (Katsuwonus [Euthynnus] pelamis) proveniente dalle Filippine; dalla Francia per aflatossine in nocciole kernels provenineti dalla Turchia, per ocratossina A in uva passa proveniente dalla Turchia, per scarso controllo della temperatura di punte di petto e scamoni di cavallo disossato refrigerato provenienti dal Canada e per aflatossine in pistacchi in guscio provenienti dagli Stati Uniti. Allerta notificati: dall’ Irlanda per soia non dichiarata in seme intero e pane di grano a fette proveniente dall’ Irlanda; dalla Germania per esplosione di bottiglie contenenti bevande rinfrescanti provenienti dalla Germania e per frammenti di plastica (foglio di imballaggio) in formaggio a fette proveniente dalla Germania; dalla Francia per tossine che causano la sindrome paralitica Shellfish Poisoning (PSP) di avvelenamento da molluschi bivalvi in ostriche vive (Crassostrea gigas) provenienti dalla Francia, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito, per alto contenuto di vitamina A, vitamina B6 and e vitamina E in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, via Belgio; dall’ Olanda per sostanza non autorizzata propargite in melanzane provenienti dall’Egitto, per aflatossine in arachidi crude provenienti dalla Bolivia, per sostanze non autorizzate carbofurano, esaconazolo e propargite in bacche di goji secche provenienti dalla Cina; dal Belgio per dimetoato in mele provenienti dall’Olanda, per tossine Amnesic Shellfish Poisoning (ASP) - acido domoico in capesante (Pecten jacobaeus) provenienti dal Belgio e per livello di residuo sopra l’LMR per clortetraciclina in carne di anatra proveniente dalla Bulgaria; dalla Polonia per Salmonella enterica ser. Enteritidis in uova provenienti dalla Polonia; dal Portogallo per frode (inadatto al consumo umano venduto come adatto al consumo umano) con sottoprodotti di origine animale di categoria 3 provenienti dal Portogallo; dall’Austria per clorpirifos e malathion in fagioli occhio nero provenienti dalla Turchia, via Germany; dalla Svezia per sostanza non autorizzata 1,3-dimethylbutylamine (nor-DMAA) in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, per sostanza non autorizzata sinefrina e alto contenuto di caffeina in integratori alimentari provenienti dall’Ungheria e per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato e sostanza non autorizzata vinpocetine in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito. Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’ Italia per infestazione
  • 3. parassitaria di sgombri refrigerati provenienti dalla Francia, per irradiazione non etichettata di vongole congelato provenienti dal Vietnam e brodo di vongole (Paratapes undulatus) proveniente dalla Turchia, per Escherichia coli produttrice di Shiga-tossine in filetto di manzo refrigerati sottovuoto proveniente dall’Argentina, per mercurio in filetti di tonno giallo provenienti dalla Spagna e per etichettatura errata (assenza di indicazione Italiana della presenza di allergeni) su pancetta affumicata refrigerato proveniente dalla Romania; dalla Croazia per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare di origine sconosciuta, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare di origine sconosciuta, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito, per nuovo ingrediente alimentare Epimedium grandiflorum in in integratore alimentare di origine sconosciuta; dall’Olanda per diossine e policlorobifenili diossina-simili in miscele di erbe per cavalli provenienti dalla Germania, per ossamile in melanzane provenienti dal Sud Africa e per diossine e policlorobifenili diossina- simili in miscele di erbe per bestiame proveniente dalla Germania; dall’Estonia per Salmonella enterica ser. Infantis in gnocchi surgelati con carne di maiale e di manzo proveniente da Latvia; dall’Irlanda per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Hoodia gordonii in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Hoodia gordonii in integratore alimentare proveniente dal Regno Unito; dalla Svezia per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare di origini sconosciute e per per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Hoodia gordonii in integratore alimentare di origine sconosciuta; dalla Slovacchia per sostanze non autorizzate vanadil solfato, vinpocetina e huperzina A in integratore alimentare proveniente dal Canada, via Repubblica Ceca; dalla Francia per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium in integratore alimentare proveniente dall’Italia, per epidemia di origine alimentare (Norovirus GII) causata da ostriche provenienti dalla Francia, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium grandiflorum in integratore alimentare proveniente dal Belgio, per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium in integratore alimentare proveniente dal Portogallo e per diossine in premix alle erbe proveniente dall’ India; da Cipro per solfiti non dichiarati in gamberi cucinati congelati provenienti dal Vietnam; dalla Danimarca per riso biologico a grani lunghi marrone proveniente dall’Italia infestato da insetti e per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti; dalla Germania per livello residuo superiore al MRL per ossitetraciclina in filetti di salmone
  • 4. atlantico congelato provenienti dal Cile; dalla Finlandia per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare agmatina solfato in integratore alimentare di origine sconosciuta; dalla Norvegia per conta troppo alta di Escherichia coli in menta piperta proveniente dalla Cambodia, via Vietnam; dalla Slovenia per non autorizzato nuovo ingrediente alimentare Epimedium in integratore alimentare di origine sconosciuta. Fonte: rasff.eu Inglesi i più obesi dell’Europa occidentale, secondo l’Ocse. Italiani quart’ultimi su 35 paesi. Il 54% degli adulti dei 35 paesi dell’Ocse è in sovrappeso, compreso il 19% che è obeso. Quattro paesi hanno un tasso di obesità superiore al 30%: Ungheria, Nuova Zelanda, Messico e Stati Uniti. In Europa occidentale, il paese più obeso è la Gran Bretagna, che registra un tasso del 26,9%, con un aumento del 92% rispetto al 1990. Una situazione che ha indotto il direttore del Servizio sanitario nazionale inglese (NHS England) a lanciare un avvertimento: il continuo aumento dell’obesità può portare il Servizio alla bancarotta. Come riferisce il Guardian, il National Obesity Forum ricorda che negli ultimi 30 anni i vari governi inglesi non hanno fatto nulla. Non solo, dieci anni fa un rapporto di un dipartimento governativo avvertì che il paese si stava incamminando
  • 5. silenziosamente verso l’obesità, ma nessun ministro ha fatto qualcosa, allora o dopo. L’organizzazione britannica definisce “patetico” il tentativo di Theresa May di contrastare la previsione che indica come nel 2050 l’obesità colpirà la metà della popolazione, affidandosi a impegni volontari dell’industria alimentare e delle bevande, senza porre alcuna restrizione al cibo spazzatura e alla pubblicità. Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto dell’Ocse Health at a Glance 2017, basato su dati del 2015, vede il nostro paese quart’ultimo su 35, con il 35,3% degli adulti in sovrappeso, compreso il 9,8% di obesi, che nel 1990 erano circa il 7%. Negli ultimi anni il tasso di obesità in Italia si è stabilizzato. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Gamberi: decongelati, surgelati o freschi, pescati oppure allevati... Come scegliere quelli da portare a tavola? Anni fa erano considerati qualcosa di speciale e riservati alle occasioni festive, oggi invece si trovano a prezzi accessibili e sono sempre più diffusi: parliamo dei gamberi. Sono i prodotti ittici più commerciati nel mondo, in termini di valore di mercato. Nel 2016 in Europa sono state importate, da Paesi extra-UE, circa 450.000 tonnellate di gamberi congelati. Il giro d’affari dell’import, in Italia, è secondo solo al tonno: le mazzancolle sono importate congelate principalmente dall’Ecuador; gamberi e gamberetti invece arrivano soprattutto da Spagna, Argentina e India.
  • 6. Al supermercato li troviamo decongelati o surgelati, più raramente freschi; interi o come “code”, pescati oppure allevati, con il guscio o sgusciati. Siamo andati a vedere che differenze ci sono fra un tipo e l’altro e quali sono le criticità. I più venduti sono i gamberi surgelati e tutte le catene della grande distribuzione hanno dei prodotti a marchio. Le specie incluse nel gruppo di gamberi e mazzancolle sono numerose, ma per noi consumatori è difficile distinguerle, anche perché spesso si acquistano le code, magari già sgusciate. A grandi linee, le mazzancolle si distinguono perché sono più grosse e la coda è attraversata da bande trasversali arancioni (per approfondire possiamo vedere il repertorio ittico di Eurofishmarket). I gamberetti boreali (Pandalus borealis), surgelati, a marchio Esselunga sono venduti già cotti e sgusciati. Pescati nell’Atlantico nord-orientale, sono surgelati direttamente sulla barca, poi lavorati in Norvegia. La rapidità delle operazioni e il fatto che siano venduti sgusciati, fa sì che non ci sia bisogno di aggiungere conservanti, quindi gli ingredienti dichiarati in etichetta sono solamente gamberetti e sale. I gamberetti Esselunga sono venduti cotti e sgusciati. Sono surgelati direttamente sulla barca, poi lavorati in Norvegia La Coop propone un prodotto analogo: gamberetti boreali, pescati in Atlantico nord-occidentale lavorati e confezionati in Danimarca, scottati, sgusciati e immediatamente surgelati; senza additivi. Un prodotto simile si trova anche da Carrefour: gamberetti boreali pescati in Atlantico nord-occidentale (Groenlandia), certificati MSC, confezionati in Danimarca, privi di additivi.
  • 7. I gamberi argentini PanaPesca, invece, proposti come code (specie Pleoticus muelleri), sono pescati nelle acque della Patagonia e confezionati in Tailandia (per un’azienda che ha sede in provincia di Pistoia). Contengono i correttori di acidità acido citrico e citrati (E330, E331) considerati assolutamente innocui, e l’antiossidante metabisolfito di sodio (E223), additivo autorizzato (solfiti), indicato di solito in grassetto perché potrebbe provocare reazioni nelle persone allergiche. Le mazzancolle tropicali (Penaeus vannamei) a marchio Arbi sono allevate in Vietnam e fra gli ingredienti, troviamo acido citrico ma non solfiti. Fra i prodotti preincartati, al supermercato, si trovano gamberi e mazzancolle, sia pescati che allevati, quasi sempre addizionati con conservanti, di solito bisolfito di sodio (E222) o metabisolfito di sodio (E223).
  • 8. Code di mazzancolle preincartate in un supermercato Coop La ditta Sal Seafood propone gamberi e mazzancolle confezionati in atmosfera protettiva, cotti e sgusciati, pronti al consumo. Appartengono a diverse specie, possono essere pescati (in oceano Atlantico, Pacifico o Indiano) o allevati (in Indonesia, Tailandia, Vietnam o Ecuador) e sono confezionati in Olanda. Contengono sei additivi: correttori di acidità, solfiti e in alcuni casi anche coloranti. Questi ultimi sono innocui, però certamente inutili. Mentre i conservanti, quando necessari, sono utili, i coloranti sono utilizzati solo per andare incontro alle aspettative “estetiche” dei consumatori. Gamberi tropicali in atmosfera protettiva Sal Seafood Abbiamo chiesto un parere a Valentina Tepedino di Eurofishmarket: “I gamberi sono molto delicati e, una volta pescati, si forma rapidamente una macchia scura sotto la testa, a causa della normale degradazione degli organi viscerali. Questa macchia non compromette la salubrità né il sapore della carne del gambero ma ne altera l’aspetto, e non è gradita dai consumatori. I solfiti hanno azione conservante
  • 9. e sbiancante e i gamberi in commercio, per la stragrande maggioranza, sono trattati con queste sostanze, sia interi che in code, sia freschi che congelati o decongelati. Sono sostanze autorizzate – aggiunge Tepedino – ma la mia impressione è che l’industria non stia facendo abbastanza per trovare delle alternative più naturali”. Per quanto riguarda il coinvolgimento di Paesi così distanti fra loro, non è anomalo che un prodotto ittico sia pescato in Argentina, lavorato in Tailandia e commercializzato da una ditta italiana. “Le norme e i controlli in Europa sono molto stringenti – sottolinea Tepedino – e tutti gli stabilimenti che commerciano con i Paesi UE devono avere un’autorizzazione e produrre nel rispetto della normativa europea. Ci sono Paesi terzi che hanno una normativa che consente anche sostanze non ammesse dalla UE (come alcuni antibiotici) e non è sempre possibile verificare la loro correttezza nel differenziare le due linee produttive destinata al mercato UE ed extra UE. Per questo vengono fatti esami a campione anche su sostanze sospette non ammesse nel nostro Paese e gli esiti positivi vengono poi riportati nel sistema di allerta”. Dato che riguarda una fetta di mercato così importante, il commercio dei gamberi solleva diversi problemi di sostenibilità. La pesca interessa principalmente le acque dell’Atlantico settentrionale (Norvegia, Alaska) per il gambero boreale, mentre le specie tropicali provengono dall’Asia e dalle acque di fronte a Ecuador e Argentina. “Non mi risulta che siano registrate carenze di questa risorsa ittica nel Nord-Atlantico. “I Paesi del Nord come la Norvegia e l’Alaska – precisa Tepedino- sono molto attenti nella gestione delle risorse e tengono in gran conto la tracciabilità. L’Alaska ha creato un marchio di certificazione pubblico, come dovrebbero fare tutti i Paesi: un marchio gratuito, concesso sulla base dei controlli effettuati dagli enti pubblici”. La situazione è invece problematica per i gamberi tropicali, in particolare quelli di origine asiatica. La pesca con reti a strascico è correlata a una quantità elevata di catture accessorie (fra cui tartarughe marine), inoltre diverse inchieste hanno evidenziato le condizioni di semi-schiavitù in cui si trovano a volte i pescatori reclutati sulle barche da pesca tailandesi (spesso immigrati da Birmania o Cambogia) come pure gli addetti alla lavorazione. D’altra parte, metà dei gamberi commerciati a livello globale non proviene dalla pesca ma da allevamenti, localizzati principalmente in Asia e in Sud-America. Allevamenti che pongono grossi
  • 10. problemi, perché per realizzare le vasche vengono distrutti ecosistemi importanti e fragili come quello delle mangrovie. “Sarebbe bello – dice l’esperta di Eurofishmarket – poter scegliere gamberi “sostenibili” sia dal punto di vista ambientale che del rispetto dei diritti umani. Non ho informazioni in merito a certificazioni “etiche” nel settore dei gamberi; stiamo comunque approfondendo questo tema a mio parere molto delicato e importante.” Code di gamberi decongelate sul banco del pesce (c’è scritto tutto…ma in piccolo!) Le cose sono diverse se acquistiamo gamberi freschi, pescati nei nostri mari. Questo prodotto rappresenta certo una piccola parte del settore, ma si possono trovare anche nei supermercati, per venire incontro alle richieste di filiera corta dei consumatori più attenti all’origine. I pregiatissimi gamberi rossi nostrani freschi sono rari, perché le barche che escono a pesca di gamberi di solito rimangono in mare anche 30-40 giorni e questi crostacei sono congelati subito dopo la cattura. Più comunemente si trova il gambero rosa, tipico del nostro mare, più piccolo ma dalle carni molto delicate. “Questa specie – dice Tepedino – costa meno delle altre tipologie e si trova fresca, ma non è molto ricercata dai consumatori che in generale preferiscono i più grossi gamberi argentini o le mazzancolle estere. Consiglio di leggere bene le etichette e di non acquistare dove gli ingredienti non sono riportati nell’etichetta, accanto ai gamberi esposti al banco, ma nel libro ingredienti. È una scelta poco corretta, che non garantisce trasparenza.”
  • 11. La poca trasparenza è amica delle truffe, piuttosto frequenti in un settore così redditizio: una delle più comuni è la sostituzione di specie pregiate con altre che lo sono meno, oppure la presenza, nella stessa confezione di congelato, anche di gamberi di specie diverse da quella dichiarata; la presenza di gamberi piccoli, mescolati con i più grandi e pregiati; l’eccesso di solfiti (segnalato anche più volte dal Rasff) o infine la vendita di decongelato come fresco. Secondo Tepedino: “Il pesce decongelato è un prodotto senza molto senso, che non conviene acquistare. Per avere il controllo della catena del freddo è meglio comprare i surgelati e ricordare che il metodo migliore per scongelarli è di trasferirli dal freezer al frigorifero la sera prima dell’utilizzo.” Un’ultima curiosità: se acquistiamo gamberi interi surgelati possiamo verificare se appartengono tutti alla stessa specie contando i dentelli presenti nel rostro, quel prolungamento del carapace che sporge anteriormente, fra gli occhi. (Articolo di Valeria Balboni) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Allergeni, informazione B2B, risponde l’avvocato Dario Dongo. Carissimo Dario, scusami ma ho un dubbio. Un’azienda agricola si fa trasformare e confezionare in barattolo i pomodori. L’azienda che trasforma dichiara che nel prodotto (pomodoro) e nel processo di trasformazione e confezionamento non vi è contaminazione crociata. Però dichiara che nello stabilimento lavora e sono presenti diversi allergeni. E quindi,
  • 12. il responsabile dell’etichetta deve dichiarare questi allergeni? Grazie Francesco Risponde l’avvocato Avv. Dario Dongo, PhD in diritto alimentare europeo Caro Francesco, il fornitore – in questo caso, un’impresa che trasforma per conto terzi i pomodori – ha dovere di fornire al cliente – che nella fattispecie, assume responsabilità sull’etichettatura in quanto titolare del marchio con cui le conserve vengono commercializzate (1) – tutte le notizie necessarie affinché quest’ultimo possa compilare l’etichetta in conformità alle regole vigenti. ‘Gli operatori del settore alimentare che forniscono ad altri operatori del settore alimentare alimenti non destinati al consumatore finale o alle collettività assicurano che a tali altri operatori del settore alimentare siano fornite sufficienti informazioni che consentano loro, se del caso, di adempiere agli obblighi’ relativi a ‘presenza ed esattezza delle informazioni fornite sugli alimenti’ (reg. UE 1169/11, articolo 8.8). L’informazione relativa agli ingredienti allergenici, come è stato da ultimo ribadito nelle apposite Linee guida della Commissione europea, deve essere puntuale e specifica. Il fornitore ha la primaria responsabilità di eseguire un’idonea attività di autocontrollo. Vale a dire applicare le buone prassi igieniche (2) e l’HACCP (3), al preciso scopo di prevenire, controllare e mitigare ogni possibile rischio di contaminazione fisica, chimica e microbiologica che possa avere impatto sulla sicurezza del prodotto. Ivi compreso il rischio di contaminazione accidentale con allergeni che – pur non essendo impiegati nel processo di trasformazione del singolo alimento – siano presenti nei locali di produzione. Soltanto qualora – a seguito di corretta esecuzione dell’autocontrollo – il
  • 13. fornitore non sia in grado di escludere il rischio di contaminazione accidentale da allergeni, esso è tenuto a fornire al cliente una specifica informazione, come di seguito. La c.d. Precautionary Allergen Labelling (PAL) deve essere precisa, nel senso di: - indicare che l’alimento ‘può contenere’ uno o più degli ingredienti allergenici singolarmente indicati in Allegato II al regolamento UE 1169/11 (così ad esempio, noci e mandorle e non ‘frutta secca con guscio’, grano e non ‘glutine’), - evitare di riferire a ‘tracce di’, poiché di esse manca alcuna definizione legale, - evitare nel modo più assoluto di riferire notizie ambigue del tipo ‘prodotto in uno stabilimento dove sono presenti (o ‘si lavorano’)…’. Tale ultima dicitura – oltre a risultare del tutto inidonea a informare i consumatori allergici – va intesa come una confessione, da parte del fornitore, circa l’inadeguatezza del proprio sistema di autocontrollo. E deve perciò venire sanzionata dalle autorità sanitarie di controllo. Di conseguenza, il cliente responsabile dell’etichettatura non può né deve accettare alcuna dichiarazione riferita alla presenza di allergeni nello stabilimento o in altri processi eseguiti dal fornitore. Esponendosi a sua volta, altrimenti, a gravi responsabilità che incidono sulla sicurezza dell’alimento. (4) Un caro saluto e a presto Dario Note (1) reg. UE 1169/11, articolo 8.1 (2) Le c.d. GMP, Good Manufacturing Practices,. Sulla base delle linee guida europee e/o nazionali disponibili per quella filiera e comparto, da adattare alle condizioni specifiche di impianto, procedure e processi di stoccaggio e lavorazione (3) HACCP, Hazard Analysis on Critical Control Points (4) Cfr. reg. CE 178/02, c.d. General Food Law, articolo 14 Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com Claim comparativi, questione PL, risponde l’avvocato Dario Dongo.
  • 14. Egregio Avvocato Dongo, Le chiedo un parere sul prodotto “Valsoia light”, rispetto all’indicazione offerta sul sito internet che cita un paragone “rispetto alla media delle bevande di soia più vendute. Sono state prese in considerazione le prime 10 referenze di BEVANDE DI SOIA corrispondenti al 49% del volume di mercato, esclusa la marca commerciale. (Fonte Nielsen, Servizio Market Track, dati a volume Distribuzione Moderna, AT Febbraio 2016.)”. Molte grazie Tommaso Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo Caro Tommaso, Il c.d. Nutrition and Health Claims Regulation (NHC), (1) per quanto attiene ai claim comparativi di tipo nutrizionale, prevede quanto segue. ‘Fatta salva la direttiva 84/450/CEE, (2) il confronto può essere fatto soltanto tra alimenti della stessa categoria prendendo in considerazione una gamma di alimenti di tale categoria. La differenza nella quantità di una sostanza nutritiva e/o nel valore energetico è specificata e il confronto è riferito alla stessa quantità di prodotto. (3) Le indicazioni nutrizionali comparative confrontano la composizione dell’alimento in questione con una gamma di alimenti della stessa categoria privi di una composizione che consenta loro di recare un’indicazione, compresi alimenti di altre marche.’ (reg. CE 1924/06, articolo 9). Vale a dire che la comparazione deve venire eseguita raffrontando il singolo prodotto con la media dei prodotti alimentari più venduti sul mercato di riferimento, che appartengano alla stessa categoria. (4) Nell’ambito della stessa categoria di alimenti inoltre, ai fini della comparazione bisogna escludere quei prodotti che – pur figurando tra i più venduti – a loro volta già vantino prerogative nutrizionali (es. light, ‘ridotto contenuto di…’, ‘meno…’), ai sensi dell’applicazione del NHC. (5) Nel caso in esame, l’operatore Valsoia ha correttamente proceduto a un’analisi di mercato sui prodotti più venduti nell’ambito della categoria di riferimento. E tuttavia, le società che provvedono a tali analisi non sono in grado di fornire dati disaggregati sui prodotti PL (private label), quando pure essi figurino ai primi posti
  • 15. nelle vendite. In difetto di autorizzazione a divulgare tali dati da parte degli operatori della GDO, così almeno viene riferito. Di conseguenza, l’operatore non è in grado di identificare i singoli prodotti a private label che pure contribuiscano in misura significativa al volume complessivo delle vendite nell’ambito di una categoria. E risulterebbe arbitrario – oltreché indimostrato e perciò censurabile – teorizzare da parte sua la prevalenza sul mercato nazionale al dettaglio di questa o quella SKU (6) a marchio di questo o quell’operatore, sui canali GDO e discount. L’unica soluzione che appare ragionevole è dunque quella adottata, in questo caso, da Valsoia. Vale a dire, identificare quale termine di paragone la media dei prodotti di marca – ‘esclusa la marca commerciale’ (PL) più venduti sul mercato nazionale. Con l’accortezza di precisare la rappresentatività del campione di riferimento. Linee guida per l’applicazione omogenea dei claim comparativi sarebbero certo utili, anche al fine di chiarire situazioni come quella in esame. Sarebbe altresì opportuno condividere, ad esempio, la periodicità entro cui ragionevolmente provvedere all’aggiornamento delle analisi di mercato, e così dei calcoli comparativi, e delle etichette. Cordialmente Dario Note (1) V. reg. CE 1924/06 e successive modifiche (2) Cfr. dir. 2006/114/CE ‘concernente la pubblicità ingannevole e comparativa’ (3) Sotto tali aspetti è palesemente illegale, ad esempio, il raffronto tra 1 litro di acqua Sangemini e 250 ml di latte. Si vedano gli articoli http://www.greatitalianfoodtrade.it/sangemini-pubblicita- ingannevole/ e http://www.greatitalianfoodtrade.it/milk-sounding-la-parola-allantitrust/ (4) La categoria di alimenti va individuata, secondo interpretazione costante, avendo cura sia della medesima occasione di consumo (es. prima colazione, snack, pietanza principale nell’ambito di un pasto, dessert, etc.), sia dell’identità di materie prime (es. bevande di riso o soia, non comparabili con il latte). Nonché tenuto conto della similarità del processo produttivo (che rende perciò non comparabili, ad esempio, un formaggio fresco a pasta filata con un formaggio stagionato a pasta dura) (5) Tale è il significato della previsione di cui al secondo comma dell’articolo 9 del reg. CE 1924/06 (6) Stock Keeping Unit, a tal fine intesa come singola referenza, o ‘tipo di prodotto’, immesso sul mercato