2. “artista”
Medioevo
ruolo dell’artista nel Medioevo
Le opere d’arte realizzate nel corso del Medioevo sono
per lo più anonime. Gli artisti sono parte di équipe,
inseriti in una logica di lavoro collettivo che non
distingue il lapicida, il carpentiere, il muratore
dall’architetto o dallo scultore.
Dal XII secolo, e soprattutto nel Duecento e nel
Trecento, la situazione muta, non solo in Italia. Firme,
iscrizioni, fonti ci hanno lasciato una serie di nomi di
autori di opere d’arte. L’anonimia scompare
progressivamente. Tuttavia non si tratta di una
trasformazione radicale della concezione e della
considerazione sociale dell’artista, ma solo di un primo,
piccolo passo. La realtà è ben diversa.
Come gli artigiani e i commercianti, anche gli artisti sono
iscritti a corporazioni, associazioni che li uniscono al loro
interno varie tipologie professionali, ne regolano
l’attività, si fanno loro portavoce sulla scena politica
locale. Il maestro si impegna a insegnare il meLe opere
d’arte realizzate nel corso del Medioevo sono per lo più
anonime. Gli artisti sono parte di équipe, inseriti in una
logica di lavoro collettivo che non distingue il lapicida, il
carpentiere, il muratore dall’architetto o dallo scultore.
3. “artista”
Medioevo
ruolo dell’artista nel Medioevo
Dal XII secolo, e soprattutto nel Duecento e nel Trecento,
la situazione muta, non solo in Italia. Firme, iscrizioni, fonti
ci hanno lasciato una serie di nomi di autori di opere d’arte.
L’anonimia scompare progressivamente. Tuttavia non si
tratta di una trasformazione radicale della concezione e
della considerazione sociale dell’artista, ma solo di un primo,
piccolo passo. La realtà è ben diversa.
Come gli artigiani e i commercianti, anche gli artisti sono
iscritti a corporazioni, associazioni che li uniscono al loro
interno varie tipologie professionali, ne regolano l’attività, si
fanno loro portavoce sulla scena politica locale. Il maestro si
impegna a insegnare il me
Il maestro si impegna a insegnare il mestiere al giovane,
spesso a fornirgli vitto e alloggio. Una volta iscritto, l’artista
è tenuto, nello svolgimento dell’attività, a rispettare le
norme della corporazione: controllo sulla qualità e l’uso dei
materiali, modalità di comportamento nel rispetto dei
contratti stipulati.
Il committente è colui che prende le decisioni principali sulla
composizione dell’opera. I contratti conservatisi mostrano
come, in molti casi, sia il committente a stabilire i materiali
da utilizzarsi, i colori, il numero delle figure, l’iconografia,
spesso chiedendo di seguire o prendere spunto da un modello
ben preciso.
4. “artista”
Rinascimento
ruolo dell’artista nel Rinascimento
Con il Rinascimento cambiò anche l’ambiente di lavoro
dell’artista: mentre prima lavorava quotidianamente nella propria
bottega, da questo periodo in poi cominciò a spostarsi ed aprire
nuovi cantieri presso le numerosissime corti, cui la nostra
penisola era divisa.
Col Rinascimento la figura dell’artista si realizza: da qui in poi
l’artista reclamerà per sè il ruolo di intellettuale e pensatore.
Parecchi artisti, detti artisti cortigiani, esercitarono
direttamente alle dipendenze dei signori, dei principi-mecenate
che controllavano i piccoli stati, in cui l’Italia era divisa nel
1400-1500.
La figura dell’architetto neppure esisteva, ma nel Rinascimento
diventa un professionista, nel senso attuale del termine, cioè
conduce la sua attività per mezzo dello studio teorico e
dell’elaborazione progettuale. Entra anch’egli a far parte, a
pieno diritto, nella schiera di intellettuali del tempo.
Il Rinascimento è l’unico momento della storia italiana, in cui
vediamo un notevole eclettismo: lo stesso artista è architetto,
pittore e scultore. È una similitudine che abbraccia Giotto,
Bernini e tanti altri. Dopo il Rinascimento i ruoli saranno sempre
abbastanza distinti e la professione di architetto non si
aggiungerà a quella di artista.
5. “artista”
Rinascimento
ruolo dell’artista nel Rinascimento
Con il Mecenatismo nelle corti assistiamo dunque a una nuova
relazione tra artisti e committenti: un gruppo di individualità
che affiancavano il principe rinascimentale nel governo del
pubblico. L’artista diventò un personaggio richiesto e lodato.
Nasce così l’individualismo degli artisti che, da qui in poi,
contrassegnerà la storia dell’arte: l’artista matura la propria
personalità, per mezzo dello studio, della ricerca di stile,
abbandonando l’anonimato e incamminandosi verso una nuova
professione.
6. Lorenzo di Piero de' Medici, detto Lorenzo il Magnifico (Firenze, 1º gennaio 1449 –
Careggi, 8 aprile 1492), fu signore di Firenze dal 1469, il terzo della dinastia dei
Medici. È stato anche uno scrittore, mecenate, poeta e umanista, nonché uno dei più
significativi uomini politici del Rinascimento, sia per aver incarnato l'ideale del principe
umanista, sia per l'oculatissima gestione del potere.
Lorenzo divenne, insieme al fratello minore Giuliano, signore de facto di Firenze dopo la
morte del padre Piero. Nei primi anni di governo (1469-1478), condusse una politica
interna volta a rafforzare da un lato le istituzioni repubblicane in senso filo-mediceo,
dall'altro a reprimere le ribellioni delle città sottoposte a Firenze. Sul fronte della
politica estera, invece, Lorenzo manifestò il chiaro disegno di arginare le ambizioni
territoriali di Sisto IV, in nome dell'equilibrio della Lega Italica del 1454.
Divenuto negli anni ottanta l'ago della bilancia della politica italiana, trattato come un
sovrano dai monarchi stranieri, Lorenzo legò il suo nome al periodo di massimo
splendore del Rinascimento fiorentino, circondandosi di intellettuali e di artisti quali
Botticelli e il giovane Michelangelo. Con la sua prematura scomparsa nel 1492, Firenze
si ribellò all'inetto figlio Piero per consegnare il potere nelle mani del frate Girolamo
Savonarola, impiccato e messo al rogo 6 anni dopo. Come conseguenza, la rivalità dei
signori italiani, non più frenati dalla diplomazia di Lorenzo, permise a Carlo VIII di
Francia di scendere in Italia e dare inizio alle guerre franco-spagnole del XVI secolo.
MECENATE
7. Andrea del Verrocchio (originariamente Andrea di Cione), nato a Firenze fra il 1434 ed
il 1437, fu uno scultore, orafo e pittore fiorentino che tra gli scultori italiani del primo
Rinascimento divenne famoso quasi come Donatello.
Della sua vita ci sono rimaste poche note biografiche, era figlio di Michele di Francesco
Cioni, edile, in famiglia i soldi scarseggiavano sempre e Verrocchio, dopo la morte del
padre, dovette mantenere la madre e gli otto fratelli; per questo non si sposò mai.
Iniziò a lavorare come orafo, nella bottega di Giuliano Verrocchi, dal quale sembra che
Andrea abbia in seguito preso il cognome per dedicarsi alla pittura verso il 1465 quando
lavorò con Fra Filippo Lippi nel coro del Duomo a Prato.
La reputazione del Verrocchio andò via via affermandosi, figura tipica dell’artista
imprenditore di se stesso, guidò una importante scuola d’arte di Firenze in cui, oltre a
dipingere ed a scolpire, si realizzavano armi ed armature di pregio, oltre ad oggetti che
richiedevano un’alta preparazione artistica ed un notevole impegno tecnico per
l’esecuzione.
Riconosciuta la sua abilità di orafo e di scultore, già ai suoi tempi fu molto discussa
l’attività pittorica, anche per l'impossibilità di distinguerla da quella dei suoi allievi.
Lo stile del Verrocchio in pittura è intensamente realistico, con modi ripresi dalla
pittura fiamminga, costruito da una linea espressiva e ricca di pathos. Egli si è
soffermato sulla mobilità dei corpi e ha inserito la forma nello spazio; Verrocchio
introduce un moto lento, reso attraverso la dolcezza sempre variata del chiaroscuro.
Rispetto agli scultori fiorentini della sua generazione, egli mostra una maggiore
propensione per la monumentalità, anche se addolcita dai modi aggraziati diffusi a
Firenze.
ARTISTA
8. David
Scultura di Andrea del Verrocchio
Descrizione:
Il David aveva come illustre precedente quello bronzeo di
Donatello (1440 circa), al quale l'artista si ispirò
distaccandosi però dal modello anche sostanzialmente. La
figura dell'eroe biblico non è più nuda, ma abbigliata come un
adolescente paggio cortese, dall'idealizzata e goticizzante
bellezza che rimanda piuttosto alle opere di Lorenzo
Ghiberti.Con la testa del gigante Golia ai piedi, Davide si erge
vittorioso con una posa fiera ed elegante, dolcemente
ancheggiante sulla destra, bilanciata dal braccio appoggiato in
vita e dalla testa girata a sinistra. Nel braccio destro invece
tiene la spada, che scarta verso l'esterno. Lo spazio viene
quindi occupato in maniera complessa e sollecita molteplici
punti di vista da parte dello spettatore.Lo sguardo è
sfuggente, rivolto vagamente di lato, e con il sorriso appena
abbozzato genera una sfumatura espressiva di spavalderia
adolescenziale, che testimonia un inedito interesse verso le
sottigliezze psicologiche.Il modellato dolce ed esatto
anatomicamente e la soffusa psicologia furono elementi che
Verrocchio trasmise al suo più illustre allievo, Leonardo da
Vinci: si ritiene verosimile l'ipotesi che nelle fattezze del
David sia stato ritratto proprio Leonardo da giovane.
Storia:
L'opera è ricordata tra quelle
eseguite dall'artista per i Medici,
in particolare i fratelli Lorenzo e
Giuliano, nell'elenco redatto da
Tommaso Verrocchi nel 1495.
Citato da Vasari, che lo riferiva al
periodo successivo al soggiorno a
Roma dell'artista (inizio degli anni
settanta del quattrocento), venne
acquistato nel 1476 dalla Signoria
di Firenze, ponendo il termine
ante quem.
Agli inizi del Seicento confluì
nelle raccolte granducali degli
Uffizi e verso il 1870 venne
destinato, con la maggior parte
delle sculture rinascimentali, al
nascente Museo nazionale del
Bargello.