http://fb.me/borriello - Pasquale Borriello - Leibniz e Newton: la disputa sul calcolo infinitesimale. Tesi di Laurea Specialistica in Teorie e Tecniche della Conoscenza, Facoltà di Filosofia. Sapienza Università di Roma, febbraio 2009.
Leibniz e Newton: la disputa sul calcolo infinitesimale, di Pasquale Borriello
1. Facolt` di Filosofia
a
Sapienza Universit` di Roma
a
Tesi di Laurea Specialistica in
Teorie e Tecniche della Conoscenza
Leibniz e Newton:
la disputa sul calcolo infinitesimale
Relatore Candidato
Prof. Carlo Cellucci Pasquale Borriello
Correlatore
Prof. Roberto Cordeschi
anno accademico 2007-2008
2.
3. Dedico questa tesi a tutti coloro i quali avranno modo di leggerla. Ed
anche a tutti coloro i quali non la leggeranno mai, ma sono in qualche
modo entrati in contatto con il meraviglioso mondo della filosofia della
matematica.
4.
5. Ringraziamenti
Ringrazio innanzitutto i professori Carlo Cellucci e Roberto Cordeschi per il tempo
che mi hanno dedicato durante la stesura di questa tesi. Ringrazio poi mio padre e
tutti coloro che mi hanno reso la vita un p` pi´ facile in questi mesi impegnativi.
o u
Infine il ringraziamento va a tutti coloro i quali mi hanno comunque sopportato.
`
E stato un lavoro faticoso, che mi ha impegnato duramente, ma di cui porter` il
o
ricordo finch´ avr` memoria.
e o
6.
7. Introduzione
La disputa
Questa tesi analizza storicamente la disputa tra Leibniz e Newton sulla propriet`
a
intellettuale del calcolo infinitesimale, la matematica superiore che si applic` perfet-
o
tamente alla fisica newtoniana.
Una disputa tra due grandi protagonisti del panorama intellettuale del XVI e XVII
secolo, ed anche tra due visioni della matematica agli antipodi: una matematica
generale e teorica secondo Leibniz, una matematica applicata al mondo naturale
secondo Newton.
Lo scontro tra i due giganti fu inizialmente sulla priorit` di scoperta: chi aveva per
a
primo ottenuto i metodi del calcolo infinitesimale? Quando poi fu chiaro che fu
Newton a compiere per primo gli studi sul calcolo, la disputa si spost` sull’equiva-
o
lenza tra i due metodi: erano entrambi validi? Avevano entrambi la stessa potenza
e generalit`?
a
La disputa and` avanti per molti anni e famosi scienziati dell’epoca si schierarono
o
dall’una o dall’altra parte, con perfino alcuni scontri nazionalistici tra matematici
inglesi e continentali.
Ai primi del Settecento fu Newton a trionfare, ma nell’Ottocento il lavoro di Leibniz
fu molto rivalutato. Ci interessa in questa tesi comprendere in modo imparziale come
7
8. 8 Introduzione
andarono veramente le cose e in che relazione possiamo considerare i due approcci
all’analisi matematica.
Riassunto dei capitoli
Il capitolo 1 analizza gli studi matematici di Newton a Cambridge: nell’arco di
dieci anni fece le pi` importanti scoperte matematiche e scientifico-naturali della
u
sua vita. Furono particolarmente produttivi gli anni mirabiles 1665-1666. Tuttavia
Newton non pubblic` niente fine alla seconda met` degli anni ottanta.
o a
Leibniz dal canto suo si avvicin` pi´ tardi alla matematica superiore, ovvero quando
o u
ebbe l’opportunit` di entrare in contatto con la comunit` scientifica di Parigi e
a a
Londra, ed entrare a far parte della Royal Society. Tutto questo verr` approfondito
a
nel capitolo 2.
Il primo contatto indiretto tra Leibniz e Newton ci fu nel 1676, anno in cui i due
si scambiarono alcune lettere tramite Oldenburg. Riportiamo e commentiamo gli
scambi epistolari di questi anni nel capitolo 3.
Nel 1684 Leibniz pubblic` quello che sar` il primo testo sul calcolo infinitesimale: il
o a
Nova Methodus pro maximis at minimis. Riportiamo nel capitolo 4 questi ed altri
sviluppi sul calcolo nel corso degli anni ottanta del XVII secolo.
Nel 1687 venne pubblicato da Newton uno dei testi scientifici pi´ importanti al
u
mondo: i Philosophiae naturalis principia mathematica. Nel capitolo 5 analizziamo
i Principia e delineiamo i motivi per cui quest’opera ` fondamentale nell’ambito della
e
disputa sul calcolo: per la prima volta comparirono in una pubblicazione alcuni dei
lavori matematici di Newton, inoltre l’inglese inizi` ad acquisire una grande fama
o
anche al di fuori dei confini nazionali.
Nel capitolo 6 affrontiamo il primo vero e proprio atto della disputa: il matematico
inglese John Wallis recupera le lettere scambiate tra Leibniz e Newton nel 1676,
9. Introduzione 9
accusando il tedesco di aver da allora plagiato il calcolo infinitesimale di Newton.
Nel capitolo 7 passiamo al secondo atto della disputa: dopo un tentativo fallito da
parte dei sostenitori di Leibniz di screditare le capacit` matematiche di Newton, il
a
tedesco viene duramente attaccato da un articolo scritto da Nicolas Fatio de Duillier.
Ben pi´ serio dell’attacco portato da Fatio fu quello del professore John Keill, trat-
u
tato nel capitolo 8: questa volta Leibniz non pot´ trovare una difesa efficace,
e
nonostante arriv` ad appellarsi alla Royal Society, nella figura del segretario Hans
o
Sloane.
Nel capitolo 9 c’` l’epilogo della vicenda: nelle lettere di Chamberlayne e dell’Abate
e
Conti, nel testo di Leibniz Storia e origine del calcolo differenziale e nelle Osserva-
zioni del Cavaliere Newton ritroviamo le ultime testimonianze riguardanti la disputa
intellettuale pi´ famosa della storia della matematica.
u
Nel capitolo 10 ho trattato nello specifico le due differenti filosofie del calcolo di
Leibniz e Newton. Sebbene le due posizioni filosofiche emergano chiaramente anche
negli altri capitoli, ` opportuno formalizzare rigorosamente quali sono le differenze
e
dei due approcci al calcolo infinitesimale.
Infine ho riservato uno spazio alla mia conclusione, in cui riassumo la mia personale
opinione riguardo alla disputa tra Leibniz e Newton. Da studente di Filosofia ma
anche da studente di Matematica, da un punto di vista storico-filosofico e logico-
operativo.
17. Capitolo 1
Isaac Newton a Cambridge
“Vorrei discutere in modo esplicito la questione dell’alchimia e le ragioni
per cui io la tengo in cos´ gran conto. Voi, infatti, mi considerate sicu-
ı
ramente un po’ svitato, per il fatto che dedico a essa cos´ tanto tempo. E
ı
mi considerate tale perch´ tutti gli alchimisti da voi finora incontrati sono
e
dei ciarlatani o dei pazzoidi, e questo avr` generato in voi un’opinione
a
poco lusinghiera dell’Arte e dei suoi praticanti.”
Newton a Eliza da Confusione di Neal Stephenson
1.1 I primi studi matematici di Newton (1661-1665)
Isaac Newton inizi` i suoi studi matematici al Trinity College dell’Universit` di
o a
Cambridge, dove fu ammesso il 5 giugno 1661. Si form` sui testi dei maggiori
o
matematici dell’epoca, tra i quali figurava anche il suo connazionale Isaac Barrow1 ,
che fu anche il suo primo maestro. Il giovane Newton lo aiut` nella preparazione
o
1
Isaac Barrow (1630-1677) studi` anch’egli al Trinity College. Dopo un viaggio in Francia, Italia e
o
Medio Oriente torn` in Inghilterra dove fu ordinato sacerdote. Divenne membro della Royal Society
o
di Londra fin dal 1663, l’anno successivo fu nominato primo “Lucasian professor” di matematica a
Cambridge. Lasci` la cattedra a Newton nel 1669. La sua produzione fu molto ampia, e include
o
trattati di matematica, geometria ed ottica. Fu molto importante la sua influenza su Newton.
17
18. 18 1.1. I primi studi matematici di Newton (1661-1665)
e nella pubblicazione delle Lectiones opticae et geometricae e alla fine ne prese la
cattedra di matematica a Cambridge quando Barrow si ritir` dall’insegnamento per
o
dedicarsi alla predicazione.
Newton aveva dimostrato interesse per le materie scientifiche fin da giovanissimo,
occupandosi in particolare di chimica e alchimia, discipline che all’epoca erano molto
vicine tra loro. La famiglia era di tradizioni contadine: garant` a Newton una vita
ı
senza troppe difficolt` economiche ma piuttosto umile. Isaac fu il primo della sua
a
famiglia a saper scrivere il proprio nome e cognome. Gli studi che aveva portato
avanti - frequent` la King’s School di Grantham2 - gli avevano conferito una prepa-
o
razione in Latino, Greco ed Ebraico, e basilari nozioni di aritmetica. A diciassette
anni a Newton fu imposta la vita contadina: avrebbe dovuto prendere in mano la
gestione della fattoria di famiglia. Tuttavia ben presto divenne evidente che non era
quello il tipo di vita per il quale il giovane Isaac era nato, fu quindi rimandato alla
Grammar School di Grantham a completare la formazione, in preparazione agli studi
universitari. Quando nel 1661 Newton fu mandato a studiare al Trinity College di
Cambridge, sapeva poco o nulla di matematica.
Anche senza quasi nessuna preparazione specifica, Newton fu indirizzato dal tutor
Isaac Barrow verso gli studi di matematica e fisica, piuttosto che di filosofia. Ma
non furono soltanto le lezioni di Barrow a nutrire la vorace mente del giovane Isaac.
La maggior parte di ci` che Newton apprese nei primi anni a Cambridge ` da con-
o e
siderarsi frutto della sua abilit` da autodidatta: trasse insegnamenti - quasi senza
a
alcun aiuto - direttamente dai libri che riusc` a comprare o a prendere in prestito.
ı
Questo testimonia l’incredibile predisposizione naturale che egli aveva nei confronti
della matematica. Da alcuni appunti scritti dallo stesso Newton, riportiamo questo
breve paragrafo che riporta la data 4 giugno 1699:
Consultando un conto delle mie spese a Cambridge degli anni 1663 e
2
La Grammar School che frequent` Newton venne fondata nel 1528 a Grantham, una piccola
o
citt` nella contea di Lincoln, a nord est di Londra.
a
19. 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 19
1664, ho scoperto che nel 1664, poco prima di Natale (...) riuscii a
comprare la Miscellanies di Van Schooten e la G´om´trie di Descartes
e e
(...) e a prendere in prestito i lavori di Wallis3
Fu un interesse personale a convincere Newton di aver bisogno di ulteriori testi per
approfondire la sua conoscenza sugli sviluppi pi` avanzati in aritmetica e geometria.
u
Gli anni 1664 e 1665 furono dedicati da Newton interamente allo studio dei te-
sti matematici dei francesi Descartes e Vi`te, degli olandesi Hudde, Huygens, Van
e
Schooten e dei connazionali Wallis e Oughtred. Gli appunti di Newton a proposito
di questi autori ci testimoniano l’evoluzione del suo pensiero da una fase di studio ad
una fase di scoperta. Furono proprio questi anni di intenso studio a condurlo ad un
periodo di grande creativit` in diversi ambiti scientifici. Dal punto di vista specifi-
a
camente matematico, nell’inverno del 1664 Newton padroneggiava lo sviluppo della
serie binomiale - da lui inventata - e pochi mesi dopo gi` utilizzava procedimenti
a
di derivazione e integrazione. In pratica a partire dal 1664 Newton si rese conto
di aver raggiunto i lmiti della conoscenza matematica: era ormai pronto a dare il
proprio contributo. In una lettera ad Hooke scritta anni dopo, Newton descrisse
questo particolare momento in modo molto felice:
Se ho visto pi´ in l` di Descartes, ` perch´ mi ero drizzato sulle spalle
u a e e
di giganti.
1.2 Gli anni mirabiles (1665-1666)
Gli anni pi` produttivi dell’intera vita di Newton furono gli anni mirabiles 1665 e
u
1666. Per gran parte dell’anno accademico 1665-1666 il Trinity College rimase chiuso
a causa di un’epidemia di peste, e Newton quindi rientr` a casa per evitare il contagio
o
e per continuare a studiare. In questi mesi di ritiro forzato, Newton fece 4 delle sue
3
Precisamente, qui Newton si riferisce al De arithmetica infinitorum di John Wallis.
20. 20 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
maggiori scoperte fisico-matematiche, in particolare: 1) la formula del binomio, 2) il
metodo delle flussioni (calcolo infinitesimale), 3) la legge di gravitazione universale,
4) la natura dei colori.
In una lettera al francese Pierre Des Maizeaux4 , datata 1718, Newton descrisse molti
anni dopo le sue ricerche degli anni mirabiles.
All’inizio del 1665 trovai il metodo di approssimazione delle serie e la
regola per ridurre qualunque potenza di un binomio in una serie. Nello
stesso anno, a Maggio, trovai il metodo delle tangenti simile a quello di
Gregory e Slusius, ed a Novembre possedevo il metodo delle flussioni5
[...] in Maggio6 iniziai a lavorare sul metodo inverso delle flussioni7 .
1.2.1 La formula del binomio
Newton ebbe modo di raccontare come ottenne la formula del binomio8 oltre 20
anni pi´ tardi dell’effettiva scoperta, in due lettere del 1676 - inviate ad Henry
u
Oldenburg ma indirizzate in realt` a Leibniz9 . Tale formula fu pubblicata da Wallis
a
- che correttamente l’attribu´ a Newton - nella sua Algebra del 1685 ma fu espressa
ı
per la prima volta da Newton stesso in in una lettera inviata ad Oldenburg il 13
giugno 1676, affinch´ la trasmettesse a Leibniz. Riportiamo qui sotto un passo
e
significativo della lettera del 13 giugno10 :
Le estrazioni di radice possono essere molto abbreviate mediante il se-
4
Un ugonotto francese rifugiatosi a Londra. Pubblic` nel 1720, ad Amsterdam, un testo dal
o
titolo Collections of Various Pieces on Philosophy, Natural Religion, History, Mathematics etc by
Messrs Leibniz, Clarke, Newton and other famous Authors.
5
Il calcolo delle derivate.
6
Dell’anno 1666.
7
Il calcolo integrale.
8`
E il teorema che descrive lo sviluppo in serie di un binomio.
9
Henry Oldenburg, allora segretario della Royal Society, fece da tramite tra i due matematici
negli anni 1676-1677.
10
Secondo la traduzione in [8, p.57].
21. 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 21
guente teorema:
m m m m−n m − 2n m − 3n
(P +P Q) n = P n + AQ+ BQ+ CQ+ DQ+etc.
n 2n 3n 4n
Dove P + P Q esprime al quantit` di cui si deve ricercare o la radice,
a
o anche una qualsiasi potenza, o la radice di una potenza. P indica il
primo termine di tale quantit`; Q indica i rimanenti termini divisi per il
a
m
primo, ed n l’indice numerico della potenza di P + P Q; questo sia che
si tratti di una potenza intera, frazionaria, positiva o negativa.
Newton chiarisce dunque la sua notazione di potenze frazionarie e negative:
Infatti come gli analisti sogliono scrivere a2 , a3 etc. invece di aa, aaa etc.,
1 3 5 √ √ √
3
cos´ io scrivo a 2 , a 2 , a 3 ; invece di a, a3 , a5 etc. Egualmente scrivo
ı
1 1 1
a−1 , a−2 , a−3 , invece di a , aa , aaa
Resta da chiarire il significato delle lettere maiuscole coefficienti di Q, ed ` quello
e
che fa Newton subito dopo:
E infine, invece dei termini ottenuti nel quoziente mediante le operazioni
mi servo delle lettere A, B, C, D etc.; e precisamente A al posto del primo
m
m
termine P n , B al posto del secondo n AQ; e cos´ per tutti gli altri
ı
termini.
A questo punto Newton fornisce nove esempi di applicazione della regola, riportiamo
qui sotto quello che ci sembra il pi` chiaro, cio` il quarto esempio:
u e
1
4 4 4ed 3 2ee 4e3
Radice cubica di(d + e)4 [ cio` (d + e) 3 ] = d 3 +
e 2 + 2 − 5 + etc.,
9d 3 9d 3 81d 3
e m 4
infatti P = d, Q = , m = 4, n = 3, A(= P n ) = d 3 etc.
d
22. 22 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Newton utilizza la notazione di potenze frazionarie secondo quanto chiarito in pre-
cedenza e procede poi all’estrazione di radice seguendo la regola enunciata. Egli
riconosce l’abilit` matematica del suo interlocutore e quindi non ritiene necessari
a
ulteriori chiarimenti, ma solo l’elenco con i nove esempi di applicazione della regola.
Nella lettera datata 24 ottobre dello stesso anno11 , in risposta ad una richiesta di
Leibniz, l’inglese spiega dettagliatamente come giunse alla serie binomiale.
Ho gi` esposto a Leibniz uno dei miei metodi, ora voglio esporgliene
a
un altro, proprio quello che per primo mi fece pervenire a queste serie.
Infatti le trovai prima di conoscere le divisioni e le estrazioni di radice, di
cui ora, di preferenza, mi servo. La spiegazione che ora ne dar`, mostrer`
o a
anche il fondamento del teorema, posto all’inizio della lettera precedente,
che Leibniz desiderava conoscere.
Dopo queste considerazioni introduttive, abbiamo alcuni paragrafi che costituisco-
no una delle prime testimonianze del genio assoluto di Newton: egli si serv´ della
ı
sua straordinaria intuizione matematica per ottenere la serie binomiale a partire
da alcuni lavori di Wallis sulle serie12 . Newton stesso descrive dettagliatamente il
procedimento che lo ha portato a formulare alcune considerazioni solamente sulla
base dell’osservazione di termini delle serie di Wallis, finch´ poi arriv` per analogia
e o
al teorema del binomio. Ci si potrebbe chiedere se la fluidit` e semplicit` con cui
a a
Newton presenta i suoi straordinari risultati sia da attribuire al suo genio matema-
tico oppure non sia piuttosto uno stratagemma per apparire migliore agli occhi di
Leibniz, e magari non rivelare dettagliatamente tutti i passaggi - facendoli apparire
ovvi e scontati. La risposta pi` sensata ` la prima, per due ragioni essenziali: in-
u e
nanzitutto nel periodo della lettera del 1676 i rapporti tra Leibniz e Newton erano
piuttosto buoni, e c’era sincero interesse da parte di entrambi nel conoscere i ri-
11 `
E la lettera inviata da Newton ad Oldenburg, da ritrasmettere a Leibniz, 24 ottobre 1676 (vedi
[8, p.81]).
12
In particolare il lavoro sul problema di torvare l’area (da x = 0 a x = x) deimitata da curve le
cui ordinate avevano la forma (1 − x2 )n .
23. 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 23
spettivi risultati, inoltre Leibniz gi` riconosceva - come poi continuer` a fare anche
a a
negli anni successivi - il genio matematico di Newton, che quindi non aveva bisogno
di esagerare i propri meriti. Possiamo dunque leggere le pagine che descrivono la
scoperta della formula del binomio come una genuina testimonianza di Newton, che
voleva semplicemente descrivere ad un amico uno dei pi` importanti risultati della
u
sua carriera matematica.
Quando, all’inizio dei miei studi di matematica, esaminai l’opera del no-
stro celeberrimo Wallis, considerai le serie mediante la cui interpolazione
egli ci d` l’area del cerchio e dell’iperbole, come per esempio la serie delle
a
0
curve aventi per comune base, o asse, x e per ordinate (1 − xx) 2 ; (1 −
1 2 3 4 5
xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 etc., dove se le aree dei
termini alterni che sono x; x− 1 x3 ; x− 3 x3 + 1 x5 ; x− 3 x3 + 5 x5 − 1 x7 etc.,
3
2
5 3
3
7
potessero venire interpolate, otterremmo le aree dei termini intermedi, il
1
primo dei quali (1 − xx) 2 ` il cerchio.
e
Al fine di interpolarli notavo allora che in tutti i casi il primo termi-
ne era x e che i secondi termini erano in progressione aritmetica, e che
quindi i primi due termini della serie da interpolare dovevano essere:
1 3 3 3 5 3
x x x
x− 2
3 ;x − 2
3 ;x − 2
3 etc.
Inoltre per interpolare le restanti consideravo che i denominatori 1, 3, 5, 7
etc., erano in progressione aritmetica, e che quindi dovevano ricercar-
si solo i coefficienti numerici dei numeratori; ma questi nelle aree da-
te alternativamente erano le cifre delle potenze del numero 11, cio`
e
110 , 111 , 112 , 113 , 114 ; ovvero 1; 1, 1; 1, 2, 1; 1, 3, 3, 1; 1, 4, 6, 4, 1 etc.
Mi domandavo inoltre in qual modo, in queste serie, date le prime due
figure, fosse possibile ricavare le rimanenti; e trovai che, posta la secon-
da figura m, si ricavavano tutte le altre, moltiplicando continuamente i
24. 24 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
termini della serie:
m−0 m−1 m−2 m−3 m−4
× × × × etc.
1 2 3 4 5
Con questa formula, posto il secondo termine m = 3 ed essendo il primo termine 1,
la serie sar`
a
3−1 3−2 3−3
3× × × etc.
2 3 4
e dunque i termini saranno rispettivamente 1, 3, 3, 1. Nel caso di m = 4 i termini
saranno 1, 4, 6, 4, 1 e cos` via per m = 5, 6 etc.
ı
Newton procede rapidamente e in modo molto informale, come se i suoi risultati fos-
sero assolutamente ovvi. In particolare si basa su intuizioni personali - testimoniate
anche dall’uso di verbi quali notare, considerare - che gli permettono di muoversi a
salti, senza enunciare e dimostrare rigorosamente tutti i passaggi. Proprio questo
stile - che poi ritroveremo meno accentuato anche nei suoi trattati - fu una delle ca-
ratteristiche peculiari dello scienziato inglese. Egli si discost` molto da Leibniz, che
o
in quanto filosofo, logico e giurista aveva uno stile molto pi` cauto e per certi versi
u
`
moderno nelle dimostrazioni matematiche. E probabile per` che proprio l’audacia
o
di Newton lo port` ad ottenere certi risultati prima di ogni altro: egli era in qualche
o
modo privo di ogni freno, e riusciva a dare libero sfogo al proprio genio matematico.
Pi` avanti nella lettera del 24 ottobre infatti Newton descrive come ` giunto ad
u e
ottenere dei procedimenti per calcolare le aree sottese a determinate curve - facendo
un passo avanti verso la formulazione di una vera e propria teoria dell’integrazione.
Mi sono servito di questa regola per interpolare le serie.13
[...] E con lo stesso procedimento ottenni anche le aree da interpolare
delle restanti curve, come l’area dell’iperbole e delle altre curve alterne
0 1 2 3
nella serie (1 + xx) 2 ; (1 + xx) 2 ; (1 + xx) 2 ; (1 + xx) 2 etc.
13
La regola descritta nelle pagina precedenti.
25. 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 25
E lo stesso ` il procedimento per interpolare le altre serie, e ci` attraverso
e o
intervalli di due o pi` termini mancanti. Questo fu il mio primo esordio
u
in meditazioni di tal genere, che certamente avrei ben presto dimenticato
se gi` da qualche settimana non avessi rivolto la mia attenzione a certi
a
altri fatti.
E, proprio quando avevo appreso le cose di cui sopra, stavo considerando
0 2 4 6
che anche i termini (1 − xx) 2 , (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 etc. cio`
e
1; 1−xx; 1−2xx+x4 ; 1−3xx+3x4 −x6 etc. potevano venir interpolati alla
stessa maniera, e cos` le aree da essi generate; e che a questo scopo niente
ı
altro si richiedeva se non l’eliminazione dei denominatori 1, 3, 5, 7 etc nei
termini esprimenti le aree; che cio` i coefficienti dei termini della quantit`
e a
1 2
da interpolare (1−xx) 2 , o (1−xx) 3 , o in generale (1−xx)m , si ottenevano
continuando la moltiplicazione dei termini delle serie
m−1 m−2 m−3
m× × × etc.
2 3 4
Poco pi` avanti Newton scrisse di aver ottenuto un procedimento per estrarre arit-
u
meticamente le serie, che sono radici della quantit` 1 − xx.
a
Egualmente la riduzione generale dei radicali in serie infinite, mediante
la regola da me stabilita all’inizio della lettera precedente14 , mi era nota
prima che trovassi il modo di farlo mediante estrazioni di radice.
Tuttavia, una volta pervenuto alla conoscenza del primo procedimento,
il secondo non poteva rimanermi a lungo nascosto. Infatti per provare
1 1 1 6
la validit` di queste operazioni, moltiplicai 1 − 2 x2 − 8 x4 −
a 16 x per se
stesso, ottenendo 1 − xx, dato che tutti gli altri termini, continuando la
1 1 5 6
serie, svanivano all’infinito. Anche 1 − 3 xx − 9 x4 − 81 x , moltiplicato
due volte per se steso, dette come risultato 1 − xx. Questo mi indusse,
14
Cfr. pagina 20.
26. 26 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
non appena fu certa la dimostrazione di queste conclusioni, a tentare
se, viceversa, queste serie, che risultavano essere radici della quantit`
a
1 − xx, non potessero venire estratte aritmeticamente. Il tentativo riusc`
ı
perfettamente [...]
[...] tralasciai completamente l’interpolazione delle serie e da allora mi
servii solo delle nuove operazioni in quanto fondamenti pi` genuini.
u
[...] Ma l’epidemia di peste mi costrinse a quel tempo a fuggir via di qua
e a pensare ad altre cose.15
Completata la spiegazione della sua formula del binomio, Newton nel resto della
lettera racconta i suoi progressi nel calcolo delle tangenti, base del suo metodo delle
flussioni.
1.2.2 La scoperta del metodo delle flussioni
Negli anni mirabiles 1665-1666 Newton pervenne ad alcune scoperte che posero le
basi per il suo metodo delle flussioni. Lontano da Cambridge, lavor` tra le altre cose
o
ad un metodo per tracciare le tangenti. Sempre nella lettera del 24 ottobre 1676
indirizzata ad Oldenburg, troviamo importanti informazioni su come Newton giunse
alla scoperta del metodo. Lo stile di Newton si fa molto pi` vago rispetto alla prima
u
parte della lettera nella quale enuncia chiaramente la sua formula del binomio.
Mi sono poi interessato a molte altre cose, fra le quali un metodo per
tracciare le tangenti [...]
Tale procedimento 16 non ha bisogno di dimostrazione e, una volta accet-
tato il mio fondamento, nessuno ha pi` potuto tracciare diversamente
u
le tangenti, a meno che non volesse di proposito allontanarsi dalla retta
via.
15
Siamo nell’anno accademico 1665-1666: Cambridge rimase chiuso per l’epidemia di peste.
16
Il corsivo ` nostro.
e
27. 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 27
Con questo mio metodo non ci si arresta davanti a equazioni, comunque
affette da esponente, in cui compaiono radicali aventi una o entrambe le
quantit` indefinite, ma senza dover compiere nessuna riduzione di tali
a
equazioni (che nella maggior parte dei casi richiederebbe un immenso
lavoro) si traccia immediatamente la tangente. Egualmente si svolge la
cosa nelle questioni dei massimi e dei minimi, e in altre di cui ora non
sto a parlare.
`
E evidente che qui il tono di Newton cambia radicalmente: l’inglese ` molto meno
e
cauto nel suo stile ed anzi vuole rivendicare a s` i meriti di aver trovato un metodo
e
di derivazione potente ed efficace. Nella frase successiva ` ancora pi` palese che
e u
Newton non vuole rivelare al suo destinatario finale - non Oldenburg, bens` Leibniz
ı
- i segreti del suo metodo: compare infatti un famoso anagramma alfanumerico.
Poich` non posso darne qui la spiegazione17 preferisco nascondere nelle
e
cifre che seguono il fondamento (invero abbastanza accessibile) di queste
operazioni: 6accdæ13eff7i3l9n4o4qrr4s9t12vx.
Newton, quasi fosse una sfida a trovare la soluzione dell’anagramma, continua subito
dopo la spiegazione del suo metodo basandosi sul fondamento non rivelato.
Mediante questo fondamento ho cercato di rendere pi` semplici le teorie
u
sulle quadrature, pervenendo a teoremi alquanto pi` generali. Ma per
u
essere sincero ecco qua il primo teorema.
Sia data la curva la cui ordinata dz θ (e+f z η )λ , cade normalmente sull’asse
delle ascisse o base z. Denotino le lettere d, e, f le quantit` date, quali
a
che siano, e siano θ, η, λ, gli indici delle potenze o dignit` delle quantit`
a a
θ+1 d
cui si riferiscono; posto inoltre η = r, λ + r = s, η,f (e + f z η )λ1 =
17
Spiegazione del suo metodo di derivazione.
28. 28 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Q, rη + η = ω, l’area della curva sar`
a
zπ r−1 eA r−2 eB r−3 eC r−4 eD
Q − × η + × η − × η + × η etc.
s s − 1 fz s − 2 fz s − 3 fz s − 4 fz
dove le lettere A, B, C, Detc. denotano i termini immediatamente antece-
zπ
denti; A il termine s , B il termine − r−1 × f z η etc. Questa serie, quando
s−1
eA
r ` una frazione o un numero negativo, sia proseguita all’infinito, quando
e
invece r ` un numero intero o positivo, sia proseguita per tanti termini
e
quante sono le unit` in r. E cos` si ottiene la quadratura geometrica
a ı
della curva.
Poco pi` avanti Newton mostra alcuni esempi di applicazione della regola e fa rife-
u
rimento al procedimento inverso alla derivazione18 , ovvero l’integrazione - che per`
o
egli ancora chiama quadratura delle curve.
Diventa interessante a questo punto leggere come Newton si riferisca direttamente
al lavoro di Leibniz, egli infatti nota:
[...] e io invero ho imparato a calcolare una serie, da una quantit` inde-
a
finita comunque assunta. Lo stesso credo sappia fare anche Leibniz.
Ed ancora poco pi` avanti:
u
[...] e quantunque il metodo che Leibniz ci ha comunicato sembri piutto-
sto appropriato a scegliere simili quantit` indefinite19 , [...] tuttavia ci si
a
pu` servire di qualsivoglia altre quantit` indefinite per formare la serie
o a
con lo stesso metodo che ci permette di risolvere le equazioni affette da
esponenti, purch` si risolvano nei propri termini; cio` formando la serie
e e
con i soli termini che l’equazione possiede.
18
Newton talvolta si riferisce alla derivazione come alla “rettificazione” delle curve.
19
Newton si riferisce ancora alle quantit` indefinite per formare una serie, come nel passo
a
precedente.
29. 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 29
Qui Newton considera il metodo di Leibniz soltanto una versione pi` specifica di
u
un metodo pi` generale del quale sembra rivendicare al paternit`, con uno stile che
u a
poco pi` avanti ` ancora pi` palese:
u e u
Ma quando si presentano quantit` irrazionali, si devono in ogni modo
a
tentare le riduzioni, il che si fa sommando, sottraendo, moltiplicando le
quantit` indefinite, sia mediante il metodo di trasformazione di Leibniz,
a
sia con qualsiasi altro metodo.
Newton effettivamente sembra accomunare il metodo di Leibniz al proprio, cercando
anche di difendersi nel caso altri rivendicassero la paternit` del calcolo infinitesimale.
a
Poco pi` avanti egli dichiara di possedere addirittura due metodi equivalenti per
u
ottenere le tangenti puntuali delle curve20 :
Uno ` simile ai calcoli che, verso la fine della precedente lettera21 , mi
e
servivano a raccogliere le approssimazioni, ed ` facilmente comprensibile
e
con l’esempio seguente:
Sia per l’area dell’iperbole l’equazione z = x+ 1 xx+ 3 x3 + 4 x4 + 1 x5 etc.;
2
1 1
5
11 4
elevando al quadrato ambo i membri, otteniamo z 2 = x2 + x3 + 12 x +
5 5 3 7
6 x etc.; z 3 = x3 + 2 x4 + 4 x5 etc.; z 4 = x4 +2x5 etc.; z 5 = x5 etc.. Togliendo
1 2 1 2
2z da z, resta z = 2z = x − 1 x3 −
6
5 4
24 x − 13 5
60 x etc.; aggiungendo a
1 3
questo 6z si ottiene z − 1 z 2 + 6 z 3 = x +
2
1 1 4
24 x + 3 5
40 x etc. Togliendo
1 4
24 z , resta z − 1 z 2 + 6 z 3 −
2
1 1 4
24 z =x− 1 5
120 x etc. Aggiungendo 1 5
120 z , si
1 1 1 1
ottiene z − 2 z 2 + 6 z 3 − 24 z 4 + 120 z 5 = x, con l’approssimazione maggiore
possibile; ovvero x = z − 1 z 2 + 1 z 3 −
2 6
1 4
24 z + 1 5
120 z .
...Riguardo all’altro mio metodo per risalire dalle aree alle linee rette22 ,
ho deciso di tenerlo nascosto.
20
L’operazione di derivazione.
21
Cio` la lettera del 13 giugno 1676.
e
22
Cio` si tratta sempre di un metodo di derivazione.
e
30. 30 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Ma perch´ Newton, dopo aver fornito un esempio dettagliato di applicazione di un
e
metodo, dovrebbe tenerne nascosto un altro? Probabilmente perch´ i due metodi
e
non sono perfettamente equivalenti, ovvero uno ` forse pi´ generale e potente del-
e u
l’altro, pur essendo non altrettanto pulito ed elegante. Ci` lo possiamo dedurre una
o
risposta da quanto Newton scrive poco pi` avanti: egli passa a parlare dei metodi
u
di integrazione, e ricorre di nuovo allo stratagemma dell’anagramma per evitare che
altri23 possano ottenere lo stesso risultato rivendicandone a s` tutti i meriti.
e
Tuttavia non mi sembra di avere affatto esagerato dicendo che siamo in
grado di risolvere i problemi inversi delle tangenti, come altri ancora pi`
u
difficili, alla cui soluzione pervengo con due metodi, uno pi` elegante,
u
l’altro pi` generale. Ora per` preferisco contrassegnarli entrambi con
u o
lettere trasposte, per non essere costretto a cambiare quanto ho stabilito,
qualora altri ottenessero lo stesso risultato.
5accdæ10ef f h12i4l3m10n60qqr7s11t10v3x :
11ab3cdd10eœg10ill4m7n6o3p3q6r5s11t7vx,
3acœ4egh6i4l4m5n80q4r3s6t4v,
aaddœeeeeeiiimmnnooprrrsssssttuu.
Newton chiude la corrispondenza con Leibniz con la volont` di stabilire un punto
a
fermo: egli possiede gi` un metodo di derivazione e integrazione. Ogni altro metodo
a
sar` successivo e quindi potr` essere ricondotto a questo.
a a
Per concludere quest’analisi dei primissimi studi di Newton sul calcolo, non ci resta
che volgere lo sguardo ai primi testi strutturati sul Metodo delle flussioni, ovvero
il De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas (1669) e il Methodus
fluxionium et serierium infinitarum (1670-1671).
23
Tra cui ovviamente lo stesso Leibniz.
31. 1.3. Il metodo delle flussioni (1671) 31
1.3 Il metodo delle flussioni (1671)
Il metodo delle flussioni (o calcolo delle flussioni), come viene usualmente chiamato
il metodo scoperto da Newton per l’integrazione e la derivazione, risale agli anni
mirabiles 1665 e 1666, ma i primi testi Newtoniani che ne trattano in modo sistema-
tico sono successivi. Sebbene Newton non pubblic` nulla fino al secolo successivo,
o
possiamo datare con ragionevole precisione la stesura dei due testi principali negli
anni intorno al 1670.
ll De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas fu pubblicato nel 1711,
ma cominci` a circolare tra gli amici dello scienziato inglese a partire dal 1669. In
o
questo testo monografico Newton ancora non fa uso della notazione che poi adotter`
a
nel suo metodo delle flussioni, anzi, ancora non usa nemmeno la terminologia tipica
dei suoi lavori successivi. Egli estende l’applicabilit` dei metodi trovati in Barrow e
a
Fermat attraverso il suo teorema del binomio24 .
Newton introduce il concetto di infinitamente piccolo, sia geometricamente che ana-
liticamente, utilizzando l’idea di un rettangolo indefinitamente piccolo25 e ottiene la
quadratura delle curve nel modo seguente:
Sia tracciata una curva in modo tale che per l’ascissa x e l’ordinata y l’area sia
n m+n
z= ax n .
m+m
Sia o il momento o incremento infinitesimo26 sull’asse delle ascisse. Il nuovo valore
sulle ascisse sar` dunque x + o e l’area sar` diventata
a a
n m+n
z + oy = a(x + o) n .
m+m
Applicando il teorema del binomio, dividendo per o e poi annullando tutti i termini
24
Cfr. ancora p.20.
25
Detto anche “momento” dell’area.
26
Qui Newton riprende la notazione di Gregory.
32. 32 1.3. Il metodo delle flussioni (1671)
m
contenenti o27 . Il risultato sar` allora y = ax n .
a
E dunque, se l’area sottesa alla curva `
e
n m+n
z= ax n ,
m+m
m
la curva sar` y = ax n .28
a
m
Mentre data una curva y = ax n , sar` possibile ottenere l’area29
a
n m+n
z= ax n .
m+m
In questo modo Newton - considerando l’incremento dell’area - risolve quello che
in analisi moderna viene detto integrale indefinito30 . In precedenza l’integrazione
veniva considerata soltanto come limite di una somma in un intervallo.31 Centrale in
questo procedimento ` la determinazione dell’incremento, cio` alla base del metodo
e e
di integrazione c’` la derivazione. Newton fu il primo a trovare un metodo generale
e
per calcolare le derivate e un metodo per ricondurre i problemi di somme alla deri-
vazione. In precedenza veniva fatto esattamente l’inverso: i problemi di calcolo di
tangenti venivano ricondotti alla quadratura delle curve.
Sebbene il De Analysi contenga molti dei metodi essenziali alla base del calcolo,
Newton non fornisce alcuna giustificazione rigorosa. Si tratta di una spiegazione
piuttosto che di una dimostrazione, quindi nessun concetto viene chiarito con cu-
ra. Possiamo soltanto dedurre che nell’operazione di integrazione precedentemente
descritta l’ordinata y rappresenta la velocit` dell’incremento dell’area, mentre sulle
a
27
Questo ` un passaggio molto delicato e controverso: Newton prima divide per o, assumendo
e
quindi o = 0, ma poi fa tendere o a valori infinitamente piccoli, annullando quindi tutti i termini
che si moltiplicano per o, come se all’infinito fosse effettivamente o = 0.
28
Questa ` un’operazione di derivazione.
a
29
Questa ` invece l’operazione inversa di integrazione.
e
30
Cio` l’integrazione di una funzione considerata in generale, non all’interno di un intervallo
e
definito
31
Ovvero come estensione in I (insieme dei numeri reali) di una serie in I (numeri naturali)
R N
per un intervallo definito superiormente ed inferiormente - ci` che in analisi moderna viene definito
o
integrale definito.
33. 1.3. Il metodo delle flussioni (1671) 33
ascisse x troviamo il tempo. Newton considerava appartenenti alla metafisica tut-
ti i problemi legati al moto, questa ` una ragione per cui inizialmente evit` ogni
e o
tentativo di definizione troppo rigorosa e limitativa.
Il secondo trattato di Newton sul calcolo - il Methodus fluxionum et serierium infi-
nitarum, che viene fatto risalire al 1671 - ` decisamente pi` esteso e per certi versi
e u
pi` completo. Questo trattato, pubblicato soltanto nel 1736, introduce la notazione
u
caratteristica dei testi successivi e i concetti basilari del calcolo delle flussioni di
Newton. Qui troviamo il concetto di quantit` variabili generate dal moto di punti,
a
linee e piani al posto del vecchio concetto di elementi infinitamente piccoli presente
nel De Analysi.
Fondamentale nel sistema di Newton diventa il concetto di moto, strettamente le-
gato al concetto intuitivo di tempo e quindi considerato primitivo, tanto che non
necessita di alcuna definizione. Newton chiama flussione la velocit` di generazione
a
della quantit` variabile detta fluente. Se denotiamo con x e y le quantit` fluenti,
a a
allora le flussioni saranno denotate con x e y.32 Nell’analisi moderna una flussione `
˙ ˙ e
semplicemente la derivata prima della funzione considerata33 . Ovviamente Newton
considerava anche flussioni di grado superiore - derivate di secondo grado ad esempio
- denotandole con un ulteriore punto al disopra della lettere, ad esempio x, y sono
¨ ¨
le flussioni di x, y, a loro volta flussioni di x, y.
˙ ˙
Nel Methodus Fluxionum Newton enunci` chiaramente il problema fondamentale del
o
calcolo: data una relazione tra le quantit` fluenti, stabilire la relazione tra le relative
a
flussioni, e viceversa. Seguendo il metodo di Newton, consideriamo la relazione
y = xn . La soluzione viene ottenuta con un metodo che si discosta leggermente
ma in modo fondamentale da quello del De Analysi. Sia o un intervallo di tempo
infinitamente piccolo, siano xo e yo gli incrementi infinitesimi, o momenti, delle
˙ ˙
32
Nella notazione Newtoniana a partire dal 1691, una flussione ` denotata da una lettera con un
e
punto al di sopra di essa, in inglese ci si riferisce ad esse come “pricked letter”. Prima di quella
data Newton utilizzava una notazione molto scomoda, con lettere dell’alfabeto diverse per indicare
le fluenti e le relative flussioni.
33
Nel lessico Newtoniano la funzione considerata ` la quantit` fluente.
e a
34. 34 1.3. Il metodo delle flussioni (1671)
quantit` fluenti x ed y. Tornando a y = xn , sostituiamo x con x + xo e y con y + yo.
a ˙ ˙
Infine, in modo analogo a quanto descritto nel De Analysi, applichiamo il teorema
del binomio, cancelliamo tutti i termini non contenenti o e dividiamo tutto per o.
y = xn
y + yo = (x + xo)n
˙ ˙
y = (x + xo)n
˙ ˙
.
y = .
˙ .
y = nxn−1 x
˙ ˙
I cambiamenti di notazione non influenzano sostanzialmente i precedenti risulta-
ti, ma eliminano le difficolt` - secondo Newton - della dottrina degli indivisibili,
a
utilizzando il concetto molto pi` intuitivo di moto. In questa prima formulazione
u
del metodo delle flussioni, resta tuttavia ancora molto incerto il concetto di limite.
Newton tratta le flussioni come quantit` evanescenti34 , perch` ad un certo punto
a e
i termini sono infinitamente piccoli, ma poich` di fatto le flussioni sono sempre in
e
rapporto tra loro - non vengono mai considerate da sole - serve una pi` rigorosa
u
definizione di limite per evitare incertezze nel procedimento.35
Resta comunque il fatto che Newton, a partire dal 1666, gi` possedeva le regole
a
generali del calcolo infinitesimale. Pi´ tardi, intorno al 1671, inizi` ad utilizzare
u o
un metodo molto evoluto per trattare i problemi di calcolo delle tangenti e delle
quadratura, dando vita di fatto al primo sistema strutturato di calcolo di integrali
e derivate nella storia della matematica.
Al di l` dello Stretto della Manica, Leibniz stava per trasferirsi a Parigi dove avrebbe
a
34
Qui rispettiamo esattamente il lessico Newtoniano.
35
Qui ` sotto accusa la leggerezza con la quale Newton prima considera o un divisore e poi elimina
e
i termini che contengono o perch` infinitamente piccoli (o viene trattato come 0).
e
35. 1.4. Lo scontro con Hooke (1672) 35
approfondito i suoi studi di matematica superiore. Il tedesco era ancora lontano dal
primato di Newton, ma non ci vollero molti anni affinch` i matematici del continente
e
riconoscessero in Leibniz il massimo matematico nel campo del calcolo infinitesimale.
Tuttavia ` certo che nessuno, in quel periodo, fosse al corrente dei contenuti dei
e
`
testi di Newton. E opportuno chiedersi come mai Newton abbia deciso di non
pubblicare i suoi lavori. Probabilmente il motivo principale fu che Newton non
riusc´ fino a molti anni pi´ tardi a dare una forma organica e completa ai suoi
ı u
studi di matematica. Se davvero avesse voluto, egli avrebbe potuto pubblicare i suoi
lavori fin dagli anni sessanta, autofinanziandosi. Newton in questo periodo prefer´
ı
mantenere i suoi risultati segreti, e rivelarli soltanto agli amici pi´ intimi.
u
Ma forse il motivo ` anche un altro: uno dei primi tentativi di pubblicazione non
e
ebbe successo e Newton divenne molto pi´ prudente, addirittura insicuro. Vediamo
u
il perch´.
e
1.4 Lo scontro con Hooke (1672)
Nei primi anni del 1670 Newton pubblic` sulle Philosophical Transactions della
o
Royal Society di Londra un testo di ottica. Non meno rivoluzionario delle sue teorie
matematiche, questo trattato metteva in dubbio la teoria della luce e dei colori
considerata valida fino ad allora.
Nei primi anni settanta Newton dimostr` presso la Royal Society il funzionamento
o
del telescopio riflettente da lui inventato, ed in uso ancora oggi. I membri della
Royal Society rimasero cos´ bene impressionati da inviare una lettera a Newton -
ı
tramite il segretario della Royal Society - in cui lo ringraziavano di aver condiviso
una tale scoperta e gli chiedevano di proteggerla “dall’usurpazione degli stranieri”36 .
Sulle Philosophical Transactions dell’11 gennaio 1672 fu pubblicata la descrizione
36
Vedi in inglese [2] a pagina 42.
36. 36 1.4. Lo scontro con Hooke (1672)
del funzionamento del telescopio riflettente. L’inglese avrebbe avuto la possibilit`
a
di approfittare di questa popolarit` per pubblicare i suoi testi di matematica. Tale
a
pubblicazione avrebbe cambiato completamente il corso della storia della matema-
tica ad avrebbe garantito un avanzamento pi` rapido delle conoscenze nel campo
u
del calcolo infinitesimale. Ma egli decise che avrebbe dovuto pubblicare prima i suoi
studi di ottica.
Il 6 febbraio 1672 Newton invi` un manoscritto riguardante alcune sue teorie di
o
ottica all’allora segretario della Royal Society, Henry Oldenburg. Il 19 febbraio
1672 fu pubblicato sulle Philosophical Transactions of the Royal Society il testo di
Newton intitolato “Nuova teoria della luce e dei colori”. Frutto di anni di lavoro, il
trattato di Newton presentava una teoria - completamente nuova - che metteva in
dubbio alcuni capisaldi della teoria della luce e dei colori allora considerata corretta.
Tuttavia, invece di fargli guadagnare gloria e riconoscimenti, questo trattato costitu´
ı
un grande problema. Numerosi scienziati, membri della Royal Society, si scagliarono
contro il testo di Newton. Tra di essi spicc` Robert Hooke, gi` membro da dieci anni
o a
e uno dei maggiori esperti di ottica in Inghilterra. Egli scrisse una famosa lettera
indirizzata a Newton, che non aveva n´ la fama n´ il prestigio per affrontare tali
e e
critiche. Tale lettera faceva parte di un resoconto preparato da un comitato, voluto
dalla Royal Society, che aveva il solo compito di analizzare e valutare il contenuto
scientifico del testo di Newton.
Roberto Hooke attacc` senza mezzi termini quelli che a suo avviso erano gravi pro-
o
blemi di interpretazione dei dati sperimentali. In sostanza Hooke cerc` di dimostrare
o
che le vecchie teorie erano ancora valide, ed era Newton a sbagliarsi. Per Newton
fu uno shock: impieg` tre mesi a rispondere. Alla fine replic` minuziosamente alle
o o
obiezioni di Hooke, contrattaccando: sostenne che era la teoria di Hooke ad essere
inadatta a descrivere il mondo fisico.
Nei mesi seguenti Newton continu` a ricevere critiche da scienziati sparsi nel con-
o
37. 1.4. Lo scontro con Hooke (1672) 37
tinente, ai quali cerc` di rispondere, finch´ non decise di ritirarsi a Cambridge.
o e
Vittime illustri di questo ritiro dalle scene furono i suoi testi sul calcolo infinitesima-
le. Poich´ Newton aveva sempre pensato di pubblicare gli studi di Ottica assieme a
e
quelli sul calcolo, le difficolt` con cui furono accolti i primi lo portarono rimandare
a
la pubblicazione dei secondi.
Ormai non c’era pi´ l’opportunit` di pubblicare i suoi lavori sul suo Metodo delle
u a
Flussioni37 , che quindi continuarono a rimanere ignorati per i successivi venti anni,
quando furono tirati in ballo nel bel mezzo della disputa con Leibniz.
37
Cfr. pagina 33.
38.
39. Capitolo 2
Gottfried Wilhelm Leibniz: i
viaggi matematici in Europa
Ogni essere umano nato in questo universo ` come un bambino cui sia
e
stata data la chiave di una biblioteca infinita, scritta in codici pi` o meno
u
oscuri, organizzata secondo uno schema - da cui dapprincipio non sap-
piamo nulla, a parte il fatto che sembrerebbe esserci un qualche schema
- pervasa da un vapore, da uno spirito, da una fragranza grazie a cui
noi ricordiamo che ` opera di nostro Padre. E questo non ci ` di alcun
e e
aiuto, se non per il fatto che ci ricorda, quando veniamo colti dalla di-
sperazione, che esiste una logica a esso sottesa, la quale una volta ` stata
e
compresa e pu` dunque essere compresa di nuovo.
o
Leibniz a Fatio da Confusione di Neal Stephenson
2.1 I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671)
Leibniz fin da giovanissimo si dimostr` un genio precoce e autodidatta: all’et` di
o a
quindici anni entr` all’universit` di Leipzig, sua citt` natale, dove a diciassette anni
o a a
39
40. 40 2.1. I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671)
consegu` il titolo di baccelliere. All’universit` fece studi di teologia, legge, filosofia
ı a
e matematica: proprio per un cos` vasto bagaglio culturale viene talvolta descritto
ı
come l’ultimo erudito dotato di conoscenze universali.
Quando nel 1666 l’Universit` di Leipzig gli neg` il dottorato in legge si trasfer`
a o ı
ad Altdorf, presso la cui Universit` consegu` un anno pi` tardi il dottorato con
a ı u
una tesi di argomento giuridico dal titolo De Casibus Perplexis. Gli fu offerta una
cattedra di professore in legge ma la rifiut` e si trasfer` nella vicina Nuremberg per
o ı
intraprendere la carriera di avvocato.1 Qui entr` in una societ` alchemica2 , di cui
o a
fu nominato segretario: partecip` per mesi alle discussioni e ai dibattiti anche se in
o
seguito rinneg` il culto dell’alchimia.
o
Nel 1667 ci fu un evento che cambi` per sempre la vita di Leibniz, appena venti-
o
treenne: conobbe un’importante personalit` politica, conosciuta in numerose capi-
a
tali tedesche, il Barone Johann Christian von Boineburg di Mainz. Divenne ben
presto grande amico di Boineburg, per il quale lavor` cinque anni come segretario,
o
assistente, consigliere e avvocato.
A quest’epoca la preparazione di Leibniz in campo matematico era ancora molto
incompleta: pur avendo dimostrato grandi doti in matematica e soprattutto in logi-
ca3 , non era ancora a conoscenza degli ultimi sviluppi della matematica superiore.
La preparazione scolastica tedesca delll’epoca infatti poneva al centro Aristotele e la
logica, lasciando poco spazio alla matematica vera e propria. Fu per questo che Leib-
niz dovette far ricorso alla sua abilit` di autodidatta, sviluppata negli anni trascorsi
a
sui libri della biblioteca di famiglia4 , per studiare i testi dei pi` grandi matematici
u
1
Leibniz, ormai avanti negli anni, scrisse che prese questa decisione perch` pensava che la carriera
e
di avvocato gli avrebbe permesso di fare del bene all’intera umanit` pi` di quanto gli avrebbe
a u
permesso la carriera accademica, chiuso in un aula universitaria.
2
Si racconta che inizialmente i membri della societ` alchemica gli rifiutarono l’iscrizione: ma
a
Leibniz non si arrese, si procur` libri di alchimia particolarmente complessi e - copiandone i termini
o
pi` oscuri - compose un testo che impression` molto i suoi esaminatori. Anche se il testo - come
u o
egli stesso confess` pi` tardi - non aveva alcun significato compiuto, finalmente fu ammesso nella
o u
societ`..
a
3
Si dice che egli riuscisse non solo a padroneggiare tutte le regole della logica aristotelica, ma
che perfino fu in grado di individuare i limiti di tale sistema logico..
4
Il padre di Leibniz era un professore presso l’Universit` di Leipzig.
a
41. 2.2. Leibniz a Parigi (1672) 41
che lo precedettero.
Punto di partenza degli studi matematici di Leibniz fu la volont` di costruire un
a
sistema universale di rappresentazione dei concetti e delle relazioni tra di essi at-
traverso un linguaggio logico matematico del pensiero umano, ci` che egli chiam`
o o
characteristica universalis. Quando scrisse la sua prima tesi di dottorato, la Dis-
sertatio de Arte Combinatori 5 , egli aveva ancora poche conoscenze di matematica
ma tale dissertazione in qualche modo prepar` il terreno alla scoperta del calcolo
o
infinitesimale. Cos’altro ` infatti il calcolo se non un insieme di conoscenze - un
e
linguaggio matematico - che ci permette di operare su numeri e quantit` variabili
a
definite analiticamente e geometricamente? Lo stretto legame con la characteristica
universalis ` evidente, ed anzi il calcolo fu per Leibniz soltanto una parte di un
e
sistema logico pi` generale. Tale approccio logico caratterizz` essenzialmente il cal-
u o
colo infinitesimale di Leibniz, in netta contrapposizione all’approccio pi` pratico di
u
Newton, che partiva da problemi fisici6 piuttosto che filosofici.
Sebbene le premesse per i lavori degli anni successivi ci fossero tutte, intorno agli
anni settanta del Diciassettesimo Secolo, Leibniz ancora non aveva affrontato gli
studi riguardanti le quadrature e il calcolo delle tangenti, mentre Newton aveva gi`
a
prodotto le basi del suo calcolo delle flussioni. Soltanto una straordinaria capacit` di
a
apprendimento - unitamente alla fortuna di aver intrapreso la carriera diplomatica
- gli permise nel giro di pochi anni di diventare uno dei pi` eminenti matematici del
u
suo tempo.
2.2 Leibniz a Parigi (1672)
L’occasione per approfondire gli studi di matematica si present` a Leibniz nel 1672,
o
anno in cui fu inviato dal Barone di Boineburg in missione diplomatica a Parigi. In
5
Fu questo lavoro ad essere rifiutato dall’Universit` di Leipzig.
a
6
Problemi legati al moto dei corpi e al calcolo di quantit` variabili.
a
42. 42 2.2. Leibniz a Parigi (1672)
quegli anni la Francia, di gran lunga la maggiore potenza europea, era in procinto
di invadere l’Olanda: gli Stati Germanici erano divisi tra sostenitori e avversari del
paese governato da Luigi XIV. Boineburg e Leibniz erano contrari ad un alleanza con
Inghilterra, Olanda e Svezia contro la Francia e nel 1671 si preparavano a visitare
Parigi per prendere accordi economicamente vantaggiosi con il ministro degli esteri
francese. Nel 1672 l’ambasciatore francese fu in missione a Magonza per richiedere
la concessione del passaggio di navi da guerra sul Reno, quindi Boineburg non aveva
pi` bisogno di recarsi a Parigi. Fu deciso che fosse il solo Leibniz, assieme ad un
u
servo, a recarvisi in rappresentanza del Barone di Mainz.
Leibniz part` alla volta di Parigi in segretezza il 16 marzo 1672, portando con s´ una
ı e
lettera di presentazione di Boineburg, un ingegnoso piano militare7 e denaro per
coprire tutte le spese. Leibniz non ebbe mai l’opportunit` di presentare il proprio
a
piano a Luigi XIV perch` il 6 aprile la Francia dichiar` guerra all’Olanda.
e o
La permanenza a Parigi divenne per Leibniz - inizialmente libero da ogni impegno la-
vorativo - un’opportunit` unica per studiare il francese ed entrare in contatto con gli
a
intellettuali pi` importanti del periodo. In campo matematico, fu di fondamentale
u
importanza l’amicizia con Christiaan Huygens, un matematico e fisico olandese che
vantava numerosissime amicizie con intellettuali in tutta Europa. A testimonianza
del rispetto di cui godeva Huygens in Francia, egli rimase il membro pi` importante
u
dell’Acad´mie des Sciences8 anche dopo che i rapporti tra Francia e Olanda si de-
e
teriorarono gravemente. Dunque, Huygens spron` Leibniz ad approfondire gli studi
o
matematici, e notandone i rapidi progressi gli sottopose un problema riguardante
una serie matematica, in particolare la somma
1 1 1 1
1+ + + +
3 6 10 15
7
Leibniz avrebbe dovuto proporre a Re Luigi XIV in persona un alternativa all’invasione dell’O-
landa, cio` l’invasione dell’Egitto, all’epoca sotto l’Impero Turco Ottomano. Tale piano fu ripreso da
e
Napoleone - che cap` l’importanza strategica del territorio egiziano negli equilibri del Mediterraneo
ı
- oltre un secolo dopo.
8
Una societ` scientifica francese alla cui fondazione lo stesso Huygens aveva contribuito.
a
43. 2.2. Leibniz a Parigi (1672) 43
ovvero la somma dei reciproci dei numeri triangolari
2
.
n(n + 1)
Leibniz di fronte a questo problema ebbe l’intuizione di osservare che ciascun termine
pu` essere scomposto in due frazioni usando la formula
o
2 1 1
=2 − .
n(n + 1) n n+1
Da questo si deduce che la somma dei primi n termini `
e
1 1
2 −
1 n+1
e poich`
e
1
−→n→∞ 0
n+1
la somma della serie infinita ` 2. In notazione moderna ci` significa che osservando
e o
1
lim =0
n→∞ n+1
si pu` dimostrare che
o
∞
2
→ 2.
n=1
n(n + 1)
Ma ovviamente non c’era ancora la definizione rigorosa di limite per successione, e
nemmeno c’era il concetto di serie come lo intendiamo oggi, quindi il risultato ` da
e
imputarsi interamente al genio matematico di Leibniz.
Dopo che Leibniz riusc` a fornire la soluzione corretta, Huygens lo invit` a studiare
ı o
i testi di John Wallis9 , Gregory St. Vincent e Bonaventura Cavalieri riguardanti la
teoria degli indivisibili10 .
9
In particolare l’Arithmetica Infinitorum che aveva letto anche Newton anni prima.
10
L’idea che una figura geometrica ` costituita da sotto-figure geometriche infinitamente picco-
e
44. 44 2.3. Leibniz a Londra (1673)
Leibniz ampli` le sue conoscenze e arriv` a produrre risultati originali: in quattro
o o
anni e mezzo riusc´ a diventare - da giovane avvocato con una piccola preparazione in
ı
matematica formale qual era - uno studioso in grado di comprendere la matematica
pi` avanzata del suo tempo e di inventare il calcolo differenziale ed integrale.
u
Dopo pochi mesi dal suo arrivo a Parigi arrivarono pessime notizie dalla Germania:
Leibniz fu messo al corrente della morte di Boineburg, che fu per lui ben pi´ di
u
un datore di lavoro. Circa un mese dopo giunse anche la notizia della morte della
sorella di Leibniz. Quando nell’inverno del 1673 Leibniz intraprese un viaggio con il
figliastro di Boinegurg - Melchior Friedrich von Sch¨nborn, diretto a Londra - non
o
immaginava che proprio a Londra avrebbe avuto esperienza di uno dei pi´ grandi
u
fallimenti della sua carriera.
2.3 Leibniz a Londra (1673)
Leibniz e Melchior Friedrich von Sch¨nborn arrivarono a Dover il 21 gennaio 1673,
o
alla volta di Londra. Mentre Sch¨nborn era in missione diplomatica, Leibniz ebbe
o
modo di entrare in contatto con gli intellettuali della Royal Society, l’equivalente
inglese dell’Acad´mie des Sciences.11 Huygens - gi` membro - aveva inviato ad Henry
e a
Oldenburg, segretario della Royal Society, una lettera di presentazione per Leibniz
riguardante un’invenzione definita molto promettente: una macchina calcolatrice
meccanica.
A quel tempo in Germania non c’erano scienziati che potessero essere paragonabili
ai membri della Royal Society, in termini di consapevolezza della direzione che i
progressi nelle scienze stavano prendendo. In sostanza gli scienziati della Royal
Society e quelli tedeschi non condividevano la stessa visione. Fatta eccezione per
le, come ad esempio una linea ` costituita da infiniti punti che presi singolarmente non hanno
e
dimensione.
11
Fondata nel 1662 a Londra con l’obiettivo di promuovere la conoscenza della natura, ne furono
membri tra gli altri gli stessi Newton e Leibniz.
45. 2.3. Leibniz a Londra (1673) 45
Leibniz, che infatti fin´ per entrare a far parte della prestigiosa istituzione scientifica
ı
inglese.
Il primo approccio fu deludente: la Royal Society invit` formalmente Leibniz a di-
o
mostrare il funzionamento della sua macchina calcolatrice, ma la presentazione fu un
completo insuccesso. Di fatto la macchina calcolatrice, che avrebbe dovuto eseguire
addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni, era ancora un prototipo non fun-
zionante. Sebbene Leibniz pot´ spiegarne molto bene il funzionamento, le reazioni
e
dei presenti furono negative. In particolare reag´ in modo molto negativo Robert
ı
Hooke, che gi` si era scagliato contro Newton12 . Pochi giorni dopo la dimostrazione
a
di Leibniz, Hooke lo attacc` pubblicamente facendo commenti pesantemente negati-
o
vi sulla macchina calcolatrice e promettendo di costruirne una propria funzionante.
Nel corso della stessa riunione della Royal Society, Hooke attacc` anche Newton.
o
N´ Leibniz n´ Newton furono presenti per difendersi: addirittura Leibniz fu messo a
e e
conoscenza dell’attacco da Oldenburg13 . Tale episodio tuttavia non imped` Leibniz
ı
di essere eletto membro della Royal Society il 19 aprile 1673.
Durante la sua permanenza a Londra, Leibniz aveva ancora una scarsa preparazione
in matematica e non colse l’occasione per conoscere i matematici pi´ importanti
u
dell’isola. Non visit` n´ Cambridge n´ Oxford e non incontr` n´ Wallis n´ Newton.
o e e o e e
Non ebbe nemmeno modo di conoscere di persona Collins, che pure in seguito si
sarebbe dimostrato molto disponibile. Leibniz manifest` in effetti - a quel tempo -
o
un interesse piuttosto blando per argomenti strettamenti matematici. Del resto la
corrispondenza on Oldenburg, fino a quel punto, aveva riguardato argomenti filoso-
fici. Ma da quando Leibniz rientr` nel continente l’interesse vir` decisamente nel
o o
campo matematico.
Durante il soggiorno londinese, ci fu un episodio che mise in forte imbarazzo il gio-
vane Leibniz - ancora inesperto negli studi di matematica - durante un suo incontro
12
Cfr. pagina 35.
13
Oldenburg tranquillizz` Leibniz, definendo gli attacchi di Hooke pretestuosi e infondati, ma lo
o
invit` a terminare la macchina calcolatrice quanto prima per mettere a tacere gli avversari.
o
46. 46 2.3. Leibniz a Londra (1673)
con il matematico John Pell14 . Egli fu invitato a presentare alcuni dei suoi lavori ad
un ristretto pubblico di scienziati, presso l’abitazione della sorella del grande scien-
ziato inglese Robert Boyle15 . Leibniz prov` ad impressionare la platea mostrando
o
un nuovo metodo matematico per risolvere alcuni problemi algebrici. Pell inform`
o
subito Leibniz che in realt` tale metodo era gi` stato scoperto da un matematico
a a
francese, ripreso poi in un testo pubblicato pochi anni prima.16 Leibniz - che era
in assoluta buona fede - ottenne la sera stessa una copia del libro da Oldenburg:
l’obiezione di Pell era corretta. Poich` il libro era noto anche in Francia, c’era una
e
possibilit` che Leibniz lo avesse letto: fu insinuato che i suoi risultati fossero quindi
a
un plagio.
Leibniz dovette scrivere una lettera di chiarimento indirizzata alla Royal Society e,
sebbene tale lettera testimoniasse pi` l’impreparazione matematica del suo autore
u
che la sua malafede, fu considerata successivamente, dai sostenitori di Newton, una
prova della tendenza del tedesco a copiare i risultati di altri matematici.
L’episodio passato alla storia come The Affair of the Eyebrow 17 in particolare, ed in
generale l’aver constato la sua scarsa preparazione, convinsero Leibniz a raddoppiare
i propri sforzi. Una volta rientrato a Parigi, riprese a dedicarsi alla matematica
superiore con rinnovata energia.
Oldenburg e Collins diedero a Leibniz una lettera da consegnare Huygens una volta
rientrato a Parigi. Dopo che questi l’ebbe ricevuta, indic` al suo pupillo molti
o
testi di matematica per approfondire la propria preparazione. Leibniz dunque si
rivolse ai testi di Descartes sulla geometria analitica, di Bonaventura Cavalieri e di
Evangelista Torricelli sul calcolo di aree e volumi. Lesse Gilles Personne de Roberval
e Blaise Pascal, i cui lavori riguardanti gli indivisibili e gli infinitesimali anticiparono
14
All’epoca Pell era considerato uno tra i migliori due o tre matematici in tutta l’Inghilterra.
15
Il quale, quando si trovava in citt`, risiedeva appunto presso l’abitazione della sorella, Lady
a
Ranelagh, a Pall Mall.
16
Il matematico originale era Francois Regnalud, il cui metodo fu ripreso da Gabriel Mouton nel
libro Observationes diametrorum solis et lunæ apparentium, riguardante il diametro del sole e della
luna.
17
Tale evento fece in effetti alzare il sopracciglio (eyebrow) a pi` di una persona.
u
47. 2.3. Leibniz a Londra (1673) 47
il calcolo integrale. Conobbe i pi` recenti lavori di Johan Hudde e Ren´ Francois
u e
de Sluse sulle tangenti di curve geometriche. Dopo essersi dedicato - fino all’et` di
a
venticinque anni - alla linguistica, alla teologia, alla filosofia e alla giurisprudenza,
Leibniz prese a studiare tutti i risultati pi´ avanzati della matematica del suo tempo.
u
Intorno al 1673 Leibniz aveva gi` scoperto un metodo che utilizzava serie di numeri
a
razionali18 per risolvere il problema della quadratura del cerchio19 : tale soluzione ad
un problema che aveva vessato per anni i suoi contemporanei fu definita da Huygens
particolarmente elegante.
Leibniz estese tale metodo, unitamente ai lavori di Pascal e Sluse sulla regola delle
tangenti, ad una figura geometrica qualunque, non soltanto il cerchio. Ci` condusse
o
Leibniz, nell’arco di pochi anni, alla scoperta del calcolo infinitesimale.
In questi Collins inizi` una corrispondenza con Leibniz, con l’obiettivo di fornire al
o
tedesco aggiornamenti sugli ultimi progressi matematici in Inghilterra. Nella prima
lettera il nome di Newton compare numerose volte, come a chiarire a Leibniz chi fosse
il matematico di riferimento. Newton fu nominato come inventore di metodi grafici
e geometrici per la soluzione di equazione ma anche come inventore di un metodo
`
generale per la quadratura e il calcolo delle derivate. E evidente che ora Leibniz
sapeva a chi doveva rivolgersi per essere messo a conoscenza degli ultimi progressi
della matematica. Fu proprio la corrispondenza con Collins - e con Oldenburg - a
portare al primo scambio epistolare tra Leibniz e Newton.
18
Numero cio` rappresentabile come frazioni.
e
19
La quadratura ` intesa come il calcolo esatto dell’area.
e
48.
49. Capitolo 3
La corrispondenza con
Oldenburg
“Ah, si tratta sempre di quel progetto! Perch´ non continuate ad occu-
e
parvi di monadi? Le monadi sono un argomento assolutamente gradevole
e non necessitano di elaborazione per mezzo di macchine.”
“Io mi sto occupando di monadi, Maest`. Mi occupo di monadologia ogni
a
giorno, ma lavoro anche su altre cose...”
Leibniz e Sophie in Confusione di Neal Stephenson
3.1 La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-
1676)
Una volta tornato a Parigi, Leibniz continu` a mantenere una corrispondenza con
o
il connazionale Oldenburg, ancora segretario della Royal Society. Molti matematici
inglesi iniziarono a vedere con sospetto questa stretta relazione: era pur vero che
entrambi erano tedeschi, ma cosa avrebbero potuto temere i matematici inglesi da
49
50. 50 3.1. La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-1676)
una stretta collaborazione tra Oldenburg e Leibniz? Leibniz non era francese ma
viveva pur sempre a Parigi - ` noto il clima di sospetto e rivalit` tra i due Paesi
e a
divisi dallo Stretto della Manica - e per di pi` era il pupillo di Huygens, unico
u
vero competitore continentale del primato matematico inglese. Tanto era sufficiente
per rendere i matematici britannici restii a confidare al filosofo tedesco gli ultimi
progressi nel calcolo infinitesimale.
Leibniz, dopo aver interrotto nel luglio 1673 la corrispondenza con Oldenburg, la
riprese comunicando di aver trovato un metodo per calcolare l’area del cerchio e di
un qualsiasi suo settore per mezzo di una serie di numeri razionali1 . Nell’ottobre
dello stesso anno scrisse di aver scoperto un teorema che permetteva, dato il seno, di
trovare l’arco o l’ampiezza del settore del cerchio corrispondente, ma non di averne
ancora trovato una dimostrazione. Tale teorema era stato in realt` gi` scoperto da
a a
Newton, che nel Compendio sull’Analisi lo aveva espresso nella forma riportato qui
sotto.
Teorema 3.1.1. Sia 1 il raggio di un cerchio, z l’arco e e x il seno. Le equazio-
ni che, conosciuto il seno danno l’arco e, conosciuto l’arco danno il seno sono le
seguenti:
1 3 5 7 35 9
z = x + x3 + x5 + x + x + etc.
6 40 112 1152
1 1 5 1 7 1
z = z − z3 + z + z + z 9 + etc.
6 120 1050 362880
Nel corso della loro corrispondenza ormai abituale, Oldenburg invi` a Leibniz una
o
lettera di Collins, scritta il 15 aprile 1675, che si suppone contenesse, tra le altre, le
due serie di Newton sopra riportate2 .
1
Cfr. pagina 47
2
Erano presenti nella lettera, in totale, 8 serie trovate da Newton e da Gregory, tra cui quelle