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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
     FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE


    CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN
COMUNICAZIONE PUBBLICA E D’IMPRESA




NOI CI CREDIAMO-SANTA CROCE CAMERINA:
il Metodo CDA per costruire il Patto tra Generazioni.




                      Tesi di Laurea di: Carmelo Caggia
                         Relatore: Prof. Marco Cacciotto
                 Correlatore: Prof. Gianpietro Mazzoleni
                           Anno Accademico 2011/2012




                         -1-
Ai miei nonni Carmelo e Salvatore

esempi immortali di amore per la famiglia e passione per il lavoro




                              -2-
Indice

         Introduzione                                                                   5
I        Il marketing politico: la consulenza strategica e la comunicazione             8
         politica
I.1      I modelli di marketing politico                                                14
I.2      La comunicazione politica nel contesto italiano                                17
II       Il metodo CDA: un approccio strategico per vincere le elezioni e               23
         governare
II.1     CAPIRE: analisi degli obiettivi, degli attori in campo, delle regole e del     26
         terreno di gioco.
II.1.1   Il contesto competitivo                                                        28
II.1.2   Il Candidato                                                                   30
II.1.3   Gli elettori                                                                   32
II.1.4   L’opinione pubblica                                                            34
II.2     DECIDERE: definire la strategia, gli obiettivi, i pubblici, i messaggi.        37
II.2.1   Definire la strategia e gli obiettivi                                          38
II.2.2   I pubblici: segmentazione e targeting.                                         44
II.2.3   Il messaggio: “costruire” il destinatario.                                     47
II.3     AGIRE: si va “in scena”. Organizzare il “piano”, disporre gli strumenti        52
         della campagna e vincere le elezioni.
II.3.1   L’organizzazione della campagna elettorale                                     54
II.3.2   Il piano di campagna                                                           57
II.3.3   Gli strumenti della campagna                                                   59
III      Il   Caso      Studio:    NOI     CI     CREDIAMO      SANTA      CROCE        61
         CAMERINA.
III.1    CAPIRE il contesto santacrocese: analisi statistiche, lo storico elettorale,   64
         la legge elettorale, i competitors e i sondaggi.




                                            -3-
III.1.2   Le regole del gioco: la Legge Elettorale Siciliana.                  68
III.1.3   Profilo d’identità e competitor research                             70
III.1.4   I sondaggi: i questionari di valutazione dell’associazione giovanile 73
          Generazione Santa Croce

III.2     DECIDERE il mix vincente per NOI CI CREDIAMO: la strategia, il 76
          posizionamento, i targets e il messaggio.
III.2.1   La strategia                                                         78
III.2.2   Posizionamento e targets                                             80
III.2.3   Il messaggio di NOI CI CREDIAMO: il patto tra generazioni e gli altri 83
          temi della campagna.
III.3.1   Il logo                                                              86
III.3.2   Il Programma                                                         90
III.3.3   Le Assemblee e gli eventi                                            100
III.3.4   I manifesti, i volantini e gli spot                                  106
III.3.5   I gadget e il direct marketing                                       109
III.3.6   Internet                                                             110
III.4     I risultati                                                          118
III.5     La comunicazione permanente                                          120


          Conclusioni                                                          122
          Ringraziamenti                                                       124
          Riferimenti bibliografici                                            125




                                            -4-
Introduzione

«Segmentazione»,     «targeting»,    «brand»,     «posizionamento»,     «fund-raising»,
«storytelling», «politainment», sono tutti concetti e metodologie che ormai
rientrano quotidianamente nel linguaggio e nelle dinamiche della politica.
La crisi delle ideologie e delle appartenenze politiche ha cancellato i confini delle
appartenenze sub-culturali ed ha messo milioni di elettori «in libertà», rendendoli
sensibilmente ricettivi a nuove proposte politiche ma soprattutto attenti a nuovi
modelli di comunicazione politica. Si è aperta così la strada alla diffusione delle
tecniche di marketing politico che influiscono in maniera sempre crescente sul
comportamento dei politici, dei partiti ma anche e soprattutto dei cittadini-elettori.
Gli apocalittici parlano di un grande palcoscenico mediale dove gli attori si
esibiscono con l’obiettivo primario di ottenere attenzione, visibilità e potere.
Manipolazione dell’opinione pubblica e delle percezioni dei cittadini attraverso un
cinico e spietato utilizzo delle risorse di comunicazione. Tutto questo avrebbe
portato all’affermazione di una sorta di «democrazia del privato» che prevale sulla
«democrazia del pubblico»: i fatti personali e familiari diventano di pubblico
interesse e la democrazia viene ridotta al minimo, ovvero al voto.
In Italia è arrivato solo l’eco delle campagne di qualità studiate in altri paesi da veri
esperti di comunicazione, che hanno fatto la storia di questa disciplina. Si pensi alla
campagna Presidenziale di Mitterand in Francia, alla rinascita del partito Labourista
inglese con Tony Blair e al successo mondiale di Barack Obama.
I politici italiani praticano preferibilmente il fai-da-te, considerando di avere in
prima persona tutta la capacità necessaria o avendo una sana diffidenza rispetto alla
comunicazione in sé. Si improvvisa e ci si affida nella comunicazione all’amico
fidato più che all’esperto.
Oggi più mai appare necessario che la comunicazione politica venga rielaborata
professionalmente da chi la sa fare e tanto meglio se il politico ha questo talento.
Non tutto è lecito e bisogna ben distinguere tra «spin sotto la cintola» e «spin sopra
la cintola» (Bosetti 2007). Mentre il primo fa ricorso in maniera spregiudicata a
qualsiasi mezzo pur di esaltare le proprie qualità e infangare l’avversario, lo «spin
sopra la cintola» sta al centro della buona comunicazione politica e gli permette di




                                          -5-
essere inquadrata, di avere un frame ben definito e di difendere e mantenere il
messaggio con coerenza.
La politica è diventata sempre più fast e le nuove tecnologie richiedono un’elevata
capacità di rispondere rapidamente e in maniera permanente ad attacchi, news e
soprattutto alle specifiche richieste dei cittadini. Il marketing politico non può più
essere collegato soltanto alla campagna elettorale e al rendiconto del lavoro svolto
ma punta a costruire il consenso sviluppando un efficace sistema di relazioni e
politiche pubbliche.
Il presente lavoro di Tesi si propone innanzitutto di esplorare in maniera
approfondita il campo d’azione del Marketing politico passando dal livello teorico e
didattico della letteratura di riferimento, al livello pratico e sperimentale di una vera
campagna elettorale costruita attraverso l’approccio strategico del Metodo CDA
(Cacciotto, 2011). Con il Caso Studio proveremo a verificare quindi l’efficienza e
l’efficacia del Metodo CDA nel contesto di un piccolo comune fissando due
obiettivi ben precisi: costruire un «patto tra generazioni» e vincere le elezioni.
Il primo capitolo delinea un quadro generale e teorico sul Marketing Politico tout
court, ripercorrendo brevemente le diverse fasi storiche che hanno portato
all’ingresso delle tecniche di marketing in politica; viene tracciata chiaramente la
diversa natura tra marketing elettorale e marketing politico e viene evidenziata, in
entrambi i casi, la necessità di una buona comunicazione politica. Un importante
focus sui vari modelli di Marketing politico precede la parte finale del capitolo
interamente dedicata al contesto italiano.
Nel secondo capitolo è stato riportato l’approccio strategico del Metodo CDA
(Capire, Decidere, Agire) elaborato dal Prof. Marco Cacciotto consulente politico
di livello internazionale. Nelle tre fasi progressive si spiega come viene analizzato
il contesto competitivo (Capire); viene definita la strategia e vengono elaborati i
messaggi e i temi della campagna (Decidere); infine si passa alla campagna
operativa (Agire).
Il terzo capitolo è il vero cuore del lavoro e si basa sull’esperienza diretta
nell’organizzazione e nell’attività di consulenza strategica svolta per la Lista “NOI
CI CREDIAMO-Giovanni Barone Sindaco” nelle elezioni amministrative 2012 del
Comune di Santa Croce Camerina (Rg).



                                          -6-
Il logo, il programma, i sondaggi, i manifesti, gli spot, i volantini, l’Assemblea
Cittadina e Internet: tante componenti diverse ma organizzate in maniera integrata
ed inquadrate attraverso un approccio strategico.
Infine verranno riportati ed analizzati i risultati della competizione elettorale
(affluenza, voti di lista, preferenze dei sindaci) e verrà presentato il programma di
comunicazione permanente, inteso come strumento di accountability del lavoro
svolto e di definizione di politiche pubbliche sempre più efficaci e partecipate.




                                         -7-
Capitolo I
 Il marketing politico: la consulenza
strategica e la comunicazione politica.




                -8-
I
Il Marketing politico e il Marketing elettorale

La mediatizzazione cui è sottoposta la comunicazione politica è un fenomeno
strettamente connesso con la commercializzazione della politica stessa. Concetti
quali segmentazione, posizionamento, target, ecc., sono ormai entrati a far parte
della cultura di organizzazioni che non nascono esclusivamente nel contesto
imprenditoriale, ma che necessitano altrettanto di strumenti efficaci per raggiungere
i propri obiettivi. A fronte di tale processo, il sistema politico internazionale ha
visto aumentare progressivamente l’adozione di tecniche proprie del marketing
commerciale.
L’entrata in scena del marketing nel mondo della politica avviene nel 1936, quando
Roosevelt, da Presidente USA uscente, si serve dell’analisi dell’elettorato, del
posizionamento dei propri messaggi e della pianificazione di canali mediali,
riuscendo in tal modo ad ottenere la vittoria con un elevato margine sul
contendente.
In Europa si deve attendere invece il 1978 per sfruttare le potenzialità del marketing
in ambito politico, e sarà Margaret Thatcher la prima a farne ufficialmente uso.
Negli ultimi anni il connubio «marketing-politica», ha conosciuto una forte
accelerazione lasciando una traccia indelebile sul modo di fare politica. I candidati
e i messaggi politici sono diventati sempre di più un «prodotto» da adattare al
mercato di riferimento (elettorato potenziale), e alla stregua di un qualsiasi bene di
consumo, deve essere differenziato dai «concorrenti» e pubblicizzato presso i
«consumatori»:

“Il marketing è un insieme di tecniche aventi come obiettivo di favorire
l’adeguamento di un candidato al suo elettorato potenziale, di farlo conoscere al
maggior numero di elettori e a ciascuno di essi in particolare, di creare la
differenza con i concorrenti e gli avversari e con un minimo di mezzi, di ottimizzare
il numero di suffragi che occorre guadagnare nel corso della campagna”1



      ————————————————————————————————
1
    Michel Bongrand, 1993; Mazzoleni, 2004



                                             -9-
All’interno dell’azione politica il marketing riveste un’importanza fondamentale
soprattutto nella fase strategica e di analisi, durante la quale vengono sottoposti a
verifica i desideri e le aspettative degli elettori. Le fasi successive di elaborazione
del piano politico e di conduzione della campagna equivalgono sempre più ad una
«messa in scena» dei punti studiati durante la prima fase.
Il marketing fa dunque il suo ingresso in politica con lo scopo di analizzare il
comportamento degli elettori e i loro bisogni, secondo una prospettiva che
attribuisce al «cittadino/cliente», un ruolo centrale, e che si mostra sempre più
sensibile verso gli aspetti della «customer satisfaction».

         “Il marketing mette al centro della sua attenzione la relazione di
         scambio (incontro tra domanda e offerta) tra il produttore e il
         compratore. Così facendo il marketing assume anche una funzione
         profondamente democratica: mettere in contatto più stretto il
         rappresentante (politico) e il rappresentato (cittadino). Il marketing
         induce il politico anzitutto ad “ascoltare”, ovvero a tendere l’orecchio
         verso il cittadino-elettore, e solo successivamente a proporre soluzioni
         e priorità. Alla politica si può applicare quanto le grandi aziende
         hanno fatto dagli anni sessanta ad oggi: mettere il consumatore
         all’inizio piuttosto che alla fine del processo di consumo. La
         soddisfazione dell’elettore, ovvero il consumatore del mercato della
         politica deve essere l’obiettivo dell’azione del politico. Per arrivarci è
         necessario comprendere che il cittadino deve avere un ruolo attivo, di
         primo piano, nel processo della politica: deve guidare scelte e priorità,
         mentre il politico deve saper ascoltare e rispondere”2

L’obiettivo principale non è quello di ingannare il «consumatore» mediante forme
spettacolarizzate del linguaggio pubblicitario, bensì quello di sedurlo e di
convincerlo per ottenere il suo voto.
È possibile distinguere tra marketing politico e marketing elettorale (Mazzoleni
2004): il marketing politico si riferisce a tutte quelle strategie impiegate dagli attori
politici durante i normali periodi di legislatura, quando cioè, non sono volte alla
    ————————————————————————————————
2
    Cattaneo A.- Zanetto P. Elezioni di successo. Etas, Milano 2003



                                                  -10-
conquista dei voti; il marketing elettorale è invece l’insieme delle tattiche e degli
strumenti utilizzati dai candidati durante le campagne elettorali, aventi come
obiettivo la massimizzazione dei consensi.
Nonostante il carattere di campagna permanente dell’intera attività politica renda
sottilissima la distinzione tra i due tipi di marketing, occorre precisare che l’ottica
dl marketing elettorale è limitata sia nel tempo che nello spazio essendo massimo
l’impiego di risorse e immediati i risultati del voto nel senso della vittoria, o
all’opposto, della sconfitta. Viene cioè a mancare l’azione di medio-lungo termine
che contrassegna il marketing politico.
Il mutamento della comunicazione politica (sempre più market-oriented) ha portato
con sé la necessità di introdurre nuove figure professionali, in grado di gestire le
attività di marketing, e di adottare risorse (tangibili e intangibili) 3 e mezzi adeguati.
Il marketing politico può essere usato dalla politica in due modi (Cacciotto 2011):
       opzione parziale: utilizzando strumenti derivati dal marketing per
      conoscere meglio le aspettative degli elettori
       opzione complessiva: l’intera organizzazione deve cercare di
      determinare i bisogni e i desideri dei target e soddisfarli in modo più
      efficace ed efficiente rispetto ai competitori
I politici tradizionalmente cercavano di ottenere voti mediante l’utilizzo di due
tecniche di base: l’eloquenza e la conoscenza personale del loro elettorato.
Conoscendo le persone potevano tenere presenti i loro gusti, interessi e sensibilità,
informazioni preziose al momento di pronunciare discorsi. In questo modo il
candidato eloquente e conoscitore del suo pubblico predicava su un terreno fertile,
raccoglieva applausi e guadagnava adesioni.
Oggi il marketing politico si caratterizza per la ricerca di voti con l'ausilio sempre
più prevalente della tecnologia e delle tecniche di comunicazione per conoscere e
studiare l'elettorato. Così, al massificarsi dei corpi elettorali, gli elettori si contano
a milioni non più a centinaia o migliaia e alla tradizionale conoscenza personale di

    ————————————————————————————————
3
  Ware (Political parties and party systems, 1996) sostiene che ci sono due risorse di base che
possono essere usate in una campagna elettorale: soldi e lavoro. A fronte di tale considerazione
rientrano nelle risorse tangibili tutti quei finanziamenti che permettono la conduzione di una
campagna, e nelle risorse intangibili tutto ciò che è inerente alla gestione e al controllo delle
informazioni



                                             -11-
ognuno di loro e all'eloquenza personale e intuitiva, si integrano forme più efficaci
di comunicazione e persuasione (studio dell'elettorato mediante tecniche di
sondaggi di opinione, analisi qualitative, ecc..).
La comunicazione politica si implementa seguendo una strategia, dettata dalla
peculiarità dell'elettorato, in accordo con gli obiettivi del candidato e con l'ausilio di
vari mezzi di diffusione di massa. A priori sembrerebbe inadeguato accostare la
parola marketing, che presuppone concetti come mercato, prodotto, vendita al
consumatore, benefici, ecc., ad una realtà come la politica, che sembra circolare su
altri binari, o sembra appartenere ad un altro universo di fenomeni. Tuttavia, senza
voler violare i significati, possiamo considerare certi aspetti centrali della vita
politica dei paesi, utilizzando idee analoghe a quelle dell'economia.
Possiamo considerare i partiti politici come aziende ed i politici come dirigenti. I
partiti politici possono essere visti come aziende politiche che producono beni
politici (ideologie, servizi politici, decisioni, ecc.). I prodotti politici di partiti e
candidati costituiscono l’offerta politica di un Paese in un determinato momento
storico. A tale offerta corrisponde una domanda della società o del corpo elettorale.
Questa domanda può essere composta da necessità di autorità o di libertà, di
giustizia e di efficacia, ecc..
Le «aziende» politiche operano così in un « mercato» dove intervengono l’offerta e
la domanda politica ed ogni azienda politica ha una immagine ed una marca
istituzionale: socialisti o liberali, conservatori o progressisti, nazionalisti o
«globalisti».
Gli elettori possono essere visti come consumatori di «beni politici». Un candidato
o un partito si «venderà» bene quando l’offerta politica di questo candidato o quel
partito è percepita dagli elettori come quella che meglio soddisfa la propria
domanda politica. Questa domanda è sempre complessa e, normalmente, latente.
Con un procedimento di marketing si cerca, mediante lo studio dettagliato
dell'elettorato, di conoscere nei particolari la domanda politica; con la
comunicazione politica si vuole che l'offerta del candidato soddisfi meglio possibile
questa domanda dell'elettorato (Costa Bonino 2002).




                                          -12-
L’applicazione delle pratiche del marketing alla politica non la
         declassa “abbassandola” a prodotto commerciale ma anzi la riconduce
         al compito di coinvolgere e motivare i cittadini, in modo che la loro
         scelta sia la più responsabile possibile Il Linguaggio e il marketing
         sono al servizio del “prodotto”, vale a dire del programma e del
         Leader: più comunicazione equivale a più democrazia. 4




       ————————————————————————————————
4
    Antonio Palmieri, Come Berlusconi ha cambiato le campagne elettorali in Italia.



                                                 -13-
I.1
I modelli di marketing politico
Lo studio della politica orientata al marketing riflette la differenza tra campagne
incentrate sui candidati (principalmente negli USA) e campagne incentrate sui
partiti (principalmente in Europa). Infatti mentre l’approccio dell’americano
Newman (1994;1999) è imperniato sulla preparazione e lo svolgimento della
campagna da parte dei candidati, l’approccio della studiosa inglese Lees-
Marshment (2001;2009) si concentra sui partiti. “Inoltre negli ultimi anni nuovi
modelli hanno cercato di verificare l’esistenza di un orientamento al mercato (nel
caso di Ormrod attraverso lo studio del comportamento dei partiti nei confronti dei
loro differenti stakeholders) e il campo di ricerca si è esteso a nuovi ambiti che
vanno oltre la semplice comunicazione: prodotto politico e branding (lloyd 2005;
Cosgrove 2007), marketing interno (Bannon 2005), marketing politico locale
(Lilleker e Negrine 2006), marketing relazionale (Bannon 2005; Ubertaccio 2009),
ed e-marketing (Jackson 2005).” (Cacciotto 2011:48-49)
Il modello di Newman è strutturato secondo il modello statunitense e prevede una
divisione delle campagne in quattro fasi: pre-primarie, primarie, convention ed
elezioni generali. L’approccio di Newman è stato applicato allo studio delle
campagne elettorali d Bill Clinton del 1992, che attraverso un orientamento al
mercato è riuscita a massimizzare l’efficacia del messaggio perché costruita attorno
alle preoccupazioni e ai desideri degli elettori piuttosto che del candidato. Non si
tratta quindi di seguire l’opinione pubblica ma di guidarla verso le proprie
posizioni. Il modello di Newman si basa sulla segmentazione del mercato (definire i
bisogni degli elettori, profilandoli e dividendoli in segmenti specifici), sul
posizionamento del candidato (identificare i punti di forza e di debolezza del
candidato e degli avversari, scegliere i target segments e stabilire l’immagine da
comunicare) e sulla realizzazione della strategia. Quest’ultima fase si articola nelle
«quattro P»:
     product: il programma
     push marketing: la campagna sul territorio a opera degli attivisti
     pull marketing: attraverso il sistema dei media
     polling: attività di ricerca e sondaggi


                                         -14-
Lees-Marshment invece ha individuato tre modelli di partito: 5
        product oriented party (POP)
        sales oriented party (SOP)
        market oriented party (MOP)
L’approccio del partito orientato al prodotto (POP) è di tipo più tradizionale: si
limita a presentare il proprio prodotto nella convinzione che sarà votato
semplicemente perché le proprie argomentazioni sono giuste. Non fa uso del
marketing per sviluppare il prodotto e nemmeno per la sua comunicazione, neanche
in caso di insuccesso.
Il partito orientato alla vendita (SOP) si dimostra riluttante a modificare il proprio
prodotto, tuttavia utilizza il marketing per identificare gli elettori che possono
essere persuasi e per cercare di «vendere» loro il partito attraverso le più moderne
tecniche pubblicitarie e di comunicazione. Il SOP non modifica le proprie posizioni
per andare incontro ai desideri degli elettori, ma cerca di trovare il modo migliore
per convincerli che ciò che offre è anche ciò che loro stanno cercando.
Il terzo modello, quello del partito orientato al mercato (MOP), non cerca di
modificare ciò che i cittadini pensano ma di fare ciò di cui hanno bisogno e di
andare incontro ai loro desideri. Gli elementi fondamentali sono lo sviluppo del
prodotto e l’attività di market intelligence, piuttosto che la comunicazione e le
attività di campagna elettorale. Questo approccio di Lees-Marshment passa
attraverso otto fasi:
        market intelligence: il partito cerca di comprendere le richieste degli elettori
         attraverso campagne di ascolto rivolte ai membri, la creazione di gruppi di
         lavoro u singole tematiche e incontri pubblici, ma soprattutto attraverso il
         ricorso a sondaggi, focus groups e tecniche di segmentazione
        product design: si predispone il prodotto in base a quanto emerso dalle
         attività di market intelligence
        product adjustment: il prodotto subisce aggiustamenti attraverso la
         valutazione della realizzazione delle promesse, le reazioni interne, l’analisi
         degli avversari per trovare elementi di distinzione e individuazione di aspetti

         ————————————————————————————————
5
    Cacciotto, “Marketing Politico. Come vincere le elezioni e governare”, 2011



                                                 -15-
da sviluppare per raggiungere segmente necessari al conseguimento degli
    obiettivi
   implementation: con la capacità del leader di crea unità nel partito ed
    entusiasmo per il nuovo prodotto
   communication: fase legata alla comunicazione del prodotto agli elettori da
    parte non solamente del leader, ma di tutti gli eletti e i membri del partito
   campaign: la vera e propria campagna elettorale, che consiste nel ricordare
    agli elettori gli aspetti principali e i vantaggi del prodotto
   election: riguarda la capacità di ottenere da parte degli elettori non solo voti,
    ma una percezione positiva del proprio operato, dei leader, delle proposte
    politiche, dll’unità e dell’infallibilità del partito
   delivery: il partito deve cercare di portare a termine quanto promesso nel
    proprio programma




                                         -16-
I.2
La comunicazione politica nel contesto italiano

      “La comunicazione politica è quel segmento della comunicazione
      pubblica gestita dai soggetti che hanno come fine la competizione
      politico-elettorale per conseguire la democratica gestione del potere.
      Consiste in azioni di comunicazione rivolte alla società civile e sempre
      sottoposte al giudizio dell’opinione pubblica, punta a stabilire un
      “legame sociale” e non è finalizzata al profitto” (Facchetti, Marozzi
      2009)

La politica richiede l’accettazione di una linea e il rispetto delle regole di coerenza
e obbedienza agli interessi generali del partito, in nome di una “disciplina”, e
questo in un contesto competitivo, è più che comprensibile. Anzi è fisiologico e i
toni decisi e sicuri della comunicazione sono in linea con l’esigenza primaria, che è
quella di prevalere nella competizione.
In Italia, fino al 1992-1993, la comunicazione politica era monopolio dei partiti,
gestita dalle loro leadership interne, e costituiva “la” comunicazione politica
complessiva, mentre la comunicazione del Governo e del Parlamento erano molto
più istituzionali, tendenzialmente asettiche e formali, se non talvolta reticenti.
Le conseguenze delle nuove leggi elettorali succedutesi a partire dalla crisi della
Repubblica del 1993-’94 sono state a lungo andare negative, anche in termini di
formazione della classe dirigente. Non v’è stata selezione, né confronto vero,
caratteristiche che fanno emergere alcuni e restituisce all’anonimato altri secondo
un processo di normale classificazione dei valori che pur esiste in quasi tutti i
settori sociali.
Un parlamento nominato e non eletto, ha prodotto trasformazioni della natura stessa
della comunicazione politica, per cui sono rimaste contemporaneamente presenti
vecchie    (cattive)   abitudini,   nuove     (non   rivoluzionarie)   realtà   e    varie
aspirazioni/velleità (ad esempio l’affidamento messianico alle primarie, quote rosa,
giovanilismo e “nuovismo”) fini a se stessi.
La comunicazione politica non ha potuto non tenere conto del fatto che la
comunicazione del governo è diventata più importante di quella del Parlamento e


                                            -17-
quella dei singoli leader più importante dei rispettivi partiti. Esattamente il contrario
di quanto era avvenuto fino al 1992-1994.
Nel 1994 Berlusconi fu il primo ad introdurre nella politica italiana alcune tecniche
normalmente usate nel marketing commerciale, e lo fece adattandole a una realtà
che restava comunque refrattaria. La sinistra italiana, in particolare, ha sempre
frainteso l’operazione come se fosse un imbarbarimento, un inquinamento della
purezza politica ed ha cominciato a parlare di «berlusconismo» come se fosse stato
Berlusconi il primo ad inventarsi questa mossa.
In realtà Berlusconi non ha fatto altro che portare in Italia, con le sue televisioni
negli anni ’80 e la discesa in campo nel decennio successivo, una commistione fra
sistema politico, media, marketing e pubblicità che negli Stati Uniti c’era già dalla
prima metà del ‘900. Pian piano anche in Italia s’è quindi affermato il «marketing
politico»   che   sarebbe    riduttivo   giudicare    esclusivamente     come    brutale
imbarbarimento della politica, ma piuttosto come un allineamento, per giunta
tardivo da parte del sistema italiano, a come funzionano tutte le democrazie
moderne.
In questo senso Berlusconi non è stato affatto un genio della comunicazione, ma è
semplicemente stato il primo in Italia, e per certi aspetti ancora l’unico, ad aver
capito fino in fondo come si fa: prima si guarda cosa sta nella testa e nella
famigerata “pancia” delle persone, anche cercando di indirizzarlo, poi si comincia a
comunicare. Chi non fa così è sempre più destinato a parlarsi addosso.
La comunicazione politica italiana dei primi anni Duemila diventa una
comunicazione molto personalizzata, caratterizzata dal ricorso a dietrologie e
complottismi, legati prevalentemente alle persone e ben poco ai programmi, che
vengono anzi banalizzati come “tutti uguali”. Una comunicazione basata totalmente
sulla contrapposizione dei fatti enunciati contro le parole, che ha lasciato in
concreto largo spazio a strumentalizzazioni e invasioni di campo dei poteri non
elettivi, a campagne giornalistiche e a iniziative sempre più frequenti della
magistratura penale.
La cultura della comunicazione continua quindi ad essere scadente. Per comunicare
bene sarebbe necessario fare un semplicissimo cambiamento di prospettiva che in
Italia, evidentemente, pochi sono tuttora disposti a fare: uscire da se stessi per



                                          -18-
mettersi nei panni degli altri. Dimenticare i propri pensieri, desideri, valori, per
concentrarsi esclusivamente su quelli della persona o delle persone a cui si vuole
comunicare qualcosa.
Abbiamo avuto anni di quella che Giovanna Cosenza definisce «SpotPolitik»:

      la politica che imita il peggio di ciò che fanno certe aziende italiane
      con la pubblicità. Quella che pensa che per comunicare basti scegliere
      uno slogan generico, due colori per il logo e qualche foto per le
      affissioni. Quella che riduce la comunicazione coi cittadini fosse solo
      una questione estetica superficiale e scelta grafica. O di cerone per
      andare in TV (Cosenza 2012).

“Molti, specie a sinistra, identificano questa politica con il «berlusconismo», e
spesso la riconducono alla famosa “discesa in campo” di Silvio Berlusconi.
Sbagliato. Di «SpotPolitik» hanno peccato negli ultimi anni tutti i partiti italiani.
Con pochissime eccezioni. Certo nel 1994 Berlusconi fu il primo ad introdurre
anche da noi in Italia una commistione fra sistema politico, media, marketing e
pubblicità, ma negli USA questa mescolanza c’era già almeno dalla metà del ‘900.
Oggi però la politica spettacolarizzata riguarda tutte le democrazie mature, pur in
varie dosi e varianti nazionali.
In Italia un po’ alla volta tutti i partiti sono stati contagiati da una sorta di impulso
irrefrenabile a copiare, più o meno malamente, il Berlusconi degli esordi. Persino
Berlusconi, via via sempre meno smagliante ed efficace, ha cominciato a
scimmiottare il se stesso delle origini. Ed è così che la «SpotPolitik» s’è diffusa a
macchia d’olio, fino a condurci agli eccessi degli ultimi anni (Cosenza 2012).
La comunicazione anche quando è scorretta, ingiusta o falsa, può restare impressa e
agire pure a distanza di anni. Proprio come la «SpotPolitik» di Giovanna Cosenza:
ma se la conosci la eviti.
Non c’è nulla di disprezzabile nel fatto che per comunicare si debba uscire da se
stessi fin quasi a sentire le viscere altrui come fossero le proprie e la comunicazione
è innanzitutto una relazione fra persone: le persone sono dotate di corpi che
sentono, vedono, percepiscono il mondo e sono inoltre attraversate continuamente
da emozioni, prima ancora che da pensieri logici e argomentazioni razionali.




                                          -19-
Non si vuol affermare che i cittadini abbiano davvero sempre ragione ma si vuol
prendere come assunto necessario l’idea che gli altri possano di principio avere
ragione e tenerlo ben fermo in testa se si vuole comunicare in modo efficace e
raggiungere gli obiettivi prefissati: vendere un «prodotto», far conoscere il nuovo
marchio, persuadere un certo elettorato della bontà delle soluzioni ai problemi del
Paese.
Bisogna quindi adottare un metodo nuovo in una duplice prospettiva: i politici
dovrebbero avere una disposizione mentale rivolta ai cittadini per uscire dal loro
mondo e sintonizzarsi con quello degli elettori.


Mentre una comunicazione forte e con le idee chiare circa il proprio ruolo utilizza
l’effetto annuncio come strumento di influenza e di orientamento degli elettori, una
comunicazione incerta e contraddittoria evidenzia soltanto divisioni e debolezze.
Il governo Prodi 2006-2008 è in questo senso un paradigma di tutto ciò che non
deve essere fatto nel rapporto tra politica dei contenuti e comunicazione. Esternare
problemi e incertezze, diversità di opinione e preoccupazioni di coerenza, può
essere moralmente virtuoso e molto «democratico», ma è quanto di peggio possa
accadere in termini di comunicazione politica, che è incompatibile sia con il solo
enfatico effetto-annuncio da un lato, sia ancor di più con la radiocronaca minuto per
minuto dei problemi e delle mille difficoltà
Alla fine del 2007, con la nascita del Partito Democratico, Veltroni decide di
combattere Berlusconi con le stesse armi: purtroppo però lo fece in modo
maldestro, cioè traendo dalle tecniche commerciali solo gli aspetti più esteriori e
volatili: scelte cromatiche per il logo e manifesti, invenzione di formule generiche
per gli slogan, coinvolgimento di testimonial provenienti dallo spettacolo. Per di
più imita la comunicazione di Obama senza adattarla al contesto italiano.
Nell’Aprile 2008 la sconfitta elettorale lo punisce, ma da allora il Pd pur cambiando
segretario non riesce più a liberarsi dall’idea superficiale di comunicazione che gli
ha impresso Veltroni. L’idea è sempre stata che la comunicazione potesse essere
ridotta alla retorica del bel discorso e all’estetica dei manifesti, e non comportasse,
invece, una capacità fondamentale da parte dei leader di entrare in relazione con gli




                                         -20-
elettori e le elettrici, condividendo con loro essenzialmente due cose: emozioni e
valori.
Dal 2009 iniziano a scoppiare gli scandali: Noemi, Veronica Lario, Patrizia
D’Addario e infine il caso Ruby. Berlusconi, mese dopo mese, dopo una breve
reazione iniziale, comincia a perdere colpi e anche lo smalto comunicativo di cui
fino a quel momento ha dato prova finisce per appannarsi: colui il quale era sempre
stato il più abile di tutti nell’interpretare la mente e il cuore della maggioranza
degli italiani, comincia a dar prova di quell’autoreferenzialità che mina alla base
qualunque tentativo di comunicazione efficace (Cosenza 2012).
Oggi la frattura tra opinione pubblica e l’élite partitica sembra pienamente
consumata e il successo del trasferimento nel mondo reale del Blog di Beppe Grillo
con il successo in Sicilia del Movimento 5 Stelle (15 deputati regionali e partito più
votato con il 14,9%) e con i sondaggi che lo danno al 18,9%6 a livello nazionale,
ne è un sintomo assolutamente inequivocabile.


Per costruire una strategia di comunicazione politica efficace bisogna imparare
dagli errori e comunque una buona comunicazione può non essere sufficiente a
vincere le elezioni perché ci vogliono soprattutto i contenuti. Ma certamente è
necessaria, perché senza comunicazione i contenuti restano nel cassetto.
Perciò distinguere i due piani non implica indifferenza qualunquistica, né
sottovalutazione dei contenuti, dei programmi e dei valori politici, anzi: è proprio
dai valori di base che si deve partire per costruire una strategia di comunicazione
che sia degna di questo nome. Ma distinguere i due piani è una necessità
metodologica fondamentale che serve a progettare una nuova campagna, se si è
coinvolti nell’opera; come pure ad analizzarne un già fatta e finita senza farsi
influenzare da giudizi di parte o partito.
Infine bisogna concentrare l’attenzione anche sulla personalizzazione della politica,
quel fenomeno per cui, nelle democrazie cosiddette “mature” di tutto il mondo, al
centro della scena politica e mediatica non stanno più i partiti e le organizzazioni
(sindacati, comitati, associazioni) ma le persone che li guidano. I partiti sono

      ————————————————————————————————
6
    Dati ISPO 20/11/2012



                                             -21-
comunque necessari, perché sono macchine economiche e organizzative che
servono a raccogliere consensi e voti, e senza il loro sostegno è assai improbabile
vincere una competizione elettorale; ma l’attenzione dei cittadini è rivolta sempre
più ai leader, a come si presentano, a ciò che dicono e come lo dicono, a ciò che
fanno.




                                       -22-
Capitolo II
Il metodo CDA: un approccio strategico
  per vincere le elezioni e governare.




                  -23-
II

Il metodo CDA: un approccio strategico per vincere le elezioni e
governare

La politica, i partiti e i politici non hanno mai goduto di una fiducia e di una
considerazione tanto bassa quanto in questo preciso periodo storico. Disinteresse e
disaffezione hanno ormai ridotto ai minimi termini anche la portata stessa del
confronto democratico su cui la politica, da sempre, si è basata.
Come è stato ampiamente descritto nel primo capitolo, il marketing politico-
elettorale potrebbe rappresentare un mezzo concreto per riuscire nella non facile
impresa di    riavvicinare il cittadino alla politica. L’offerta politica ha dunque
bisogno di avere differenziazioni, indiscutibili e duraturi vantaggi competitivi se
vuole partecipare alle sfide politiche e vincerle.
In che cosa allora differenziarsi?
Nella progettualità politica, nell’azione politica, negli uomini che debbono fare
politica, nella comunicazione e nella propaganda, nell’approcciare e rappresentare
al meglio il cittadino-elettore.
Per fare tutto ciò serve un approccio strategico che richiede un’accurata analisi del
contesto competitivo per definire le mosse migliori, impiegare al meglio le risorse
ed evitare errori: serve un metodo.
Il metodo che riporto in questo capitolo, e che mi ha guidato nel caso studio della
campagna elettorale della Lista “NOI CI CREDIAMO-Giovanni Barone Sindaco”,
è da attribuire a Marco Cacciotto, tra i più importanti spin doctor in Italia e in
Europa e relatore del mio lavoro di tesi.
Cacciotto ha chiamato il suo approccio strategico Metodo CDA (capire-decidere-
agire). Questa metodologia di costruzione delle campagne elettorali e permanenti, è
composta di tre fasi:
     Capire: attenta analisi degli obiettivi, degli attori in campo, delle regole e del
      terreno di gioco
     Decidere: definizione della strategia, dei pubblici e dei messaggi adatti a
      raggiungere gli obiettivi




                                            -24-
   Agire: attuazione di una comunicazione creativa, mirata ed efficace,
      monitoraggio e verifica dei risultati. La campagna operativa.
Come afferma Cacciotto nel suo ultimo libro “Marketing politico. Come vincere le
elezioni e governare”:
      “[…]in ciascuna delle tre fasi una campagna può fallire, ma la più
      rischiosa è sicuramente la seconda: la definizione del messaggio. Il
      messaggio non è semplicemente l’uso di alcune parole accattivanti, ma
      l’elemento centrale di una campagna: il motivo per il quale l’elettore
      dovrebbe votare in un modo piuttosto che in un altro. Messaggio che è
      parte di una narrazione, di una storia che viene presentata gli
      elettori[…]” (Cacciotto 2011:10)




                                         -25-
II.1
CAPIRE: analisi degli obiettivi, degli attori in campo, delle regole e
del terreno di gioco

Una buona campagna elettorale si fonda su alcuni pilastri fondamentali (Cacciotto
2011):
        Voto solido (militante consolidato)
        offerta solida di contenuti e valori
        una coalizione affidabile e coesa
        una leadership riconosciuta
        grande capacità operativa


Bisogna immaginare uno scenario realistico in cui il proprio candidato possa
prevalere il giorno del voto e individuare i passi necessari per realizzare tale ipotesi
(Grandi, Vaccari 2007).
Nell’impostazione della campagna è utile fare un’accurata analisi del contesto
competitivo attraverso quattro ambiti di ricerca (Cacciotto 2011):
        Voto solido (militante consolidato)
        Candidate research (analisi dl candidato e degli avversari principali)
        Voter research (analisi dell’elettorato)
        Issue research (analisi delle tematiche più decisive in termini di scelte di
         voto)
        Media research (analisi dei media e delle loro influenze sull’opinione
         pubblica)


La parola strategia è spesso utilizzata a sproposito. Si tratta di un’arte che implica la
capacità di rilevare e interpretare informazioni, di mettersi nei panni della
controparte in modo da prevederne e influenzarne la condotta. Il pensiero strategico
richiede di “riuscire meglio dell’avversario sapendo che questi sta cercando di fare
esattamente lo stesso”7.


         ————————————————————————————————
7
    Dixit e Nalebuff 2008; Cacciotto 2011



                                             -26-
Una campagna efficace deve tenere insieme strategia e tattica: mentre la prima
definisce gli obiettivi, la seconda indica come realizzarli. Nella definizione degli
obiettivi vanno valutati attentamente il contesto di partenza e la possibilità di
modificarlo a proprio favore, vanno inserite con una cadenza temporale le proprie
mosse, ma anche previste quelle dell’avversario.


Secondo Facheaux (Facheaux 2009) qualsiasi campagna elettorale ha bisogno di
quattro strategie specifiche che riguardano rispettivamente:
     Il posizionamento (per Facheux corrisponde al messaggio)
     La sequenza delle comunicazioni (ordine con cui introdurre gli elementi
      positivi, comparativi e negativi del messaggio)
     La tempistica e l’intensità (quando avviare le attività e con quale tono)
     La mobilitazione/persuasione (puntare sul coinvolgimento degli elettori più
      vicini o su quelli indecisi e suscettibili di essere persuasi).


L’essenza della strategia politica risiede nella capacità di contrapporre il proprio
punto di forza al punto di maggior debolezza dell’avversario.


Il termine strategia deriva dal greco strategòs (composto da stratòs, esercito e
àgein, condurre) che indicava, nell’antica Grecia, il responsabile delle campagne
militari per proteggere la propria città. A differenza della tattica, che riguarda le
decisioni da prendere giorno per giorno per raggiungere gli obiettivi di partenza,
la strategia opera nel medio-lungo periodo e non dovrebbe essere mai modificata a
meno che non sia radicalmente cambiato il contesto di partenza (Cacciotto
2011:62)




                                          -27-
II.1.1
Il contesto competitivo

La corretta impostazione della strategia si rivela essenziale, in modo particolare
nella fase iniziale in cui si punta a definire il contesto competitivo e gli avversari
attraverso una massiccia raccolta di informazioni per elaborare in maniera coerente
e vincente il piano e il messaggio della campagna.
Bisogna raccogliere dati su:
     Il candidato e i suoi avversari
     L’elettorato della circoscrizione/collegio
     L contesto socioeconomico, culturale e politico
     Il sistema dell’informazione
     Gli stakeholders utili al raggiungimento degli obiettivi e dell’esito finale.
È importante considerare fattori altrettanto decisivi come:
     Clima d’opinione
     Andamento economico
     Approvazione dell’amministrazione uscente (o opposizione)
     Regole del gioco (sistema e norme elettorali)
     La congiuntura politica nazionale e locale
     Tenuta delle coalizioni e delle alleanze
     Qualità delle candidature
     La comunicazione politica
Di fondamentale importanza al fine di sviluppare un’accurata analisi sono i sette
collegi della politica:
  1. Politico nazionale
  2. Politico locale
  3. Elettorale
  4. Di categoria
  5. Degli influenti
  6. Della concorrenza
  7. Dei media




                                         -28-
Il collegio politico nazionale è composto dalle segreterie e dai leader nazionali di
partito che avranno il potere decisionale sulle candidature. Leader locali
(provinciali e regionali) compongono il collegio politico locale spesso decisivo
nell’espressione delle candidature.
Comprendere il collegio elettorale e quindi comprendere gli elettori significa
analizzare   bene    lo   storico     elettorale,   le   dinamiche   demografiche   e
socioeconomiche, le priorità e le intenzioni di voto. I collegi di categoria e degli
influenti sono composti da associazioni, gruppi e opinion leaders che possono
conferire sostegno, autorevolezza, credibilità e forza ad una candidatura: è in questo
caso che si parla di endorsement.
Infine, il collegio dei concorrenti è composto dai concorrenti che possono essere
interni o esterni al partito mentre il collegio dei media è composto dal mondo
dell’informazione e dai giornalisti che si occupano di politica. L’attenzione dei
media può creare tematiche e personalità, portandole a conoscenza dell’opinione
pubblica e facendole diventare oggetto di discussione politica (Cacciotto 2011).




                                          -29-
II.1.2
Il Candidato

“La personalizzazione della politica ha trasformato il candidato in una componente
essenziale della campagna e del processo decisionale da parte degli elettori”
(Cacciotto 2011).
Il punto di partenza per costruire il profilo di identità di un candidato non può che
essere un’attenta analisi dei punti di forza e di debolezza: personali, professionali e
politici.
Storytelling, preparazione dei candidati all’esposizione mediatica ed esaltazione
degli aspetti migliori per creare sintonia e “chimica” con gli elettori. Si aggiungano
anche le caratteristiche legate al ruolo del candidato (uscente o sfidante), all’oggetto
della comunicazione (progetto o persona) e al clima di opinione generale.
Le caratteristiche personali, professionali e politiche definiscono il profilo di
identità del candidato. Costruire il profilo richiede tempo e grande accuratezza,
poiché non potrà essere facilmente modificato, e necessita di tre fasi:
     Identificazione degli elementi chiave della personalità del candidato
     Elaborazione del profilo di personalità comunicabile
     La verifica della congruità e dell’efficacia del profilo
Contenuti e idee rimangono fondamentali, ma bisogna comunicarli sotto forma di
messaggio nel quale il candidato è parte integrante.
Il profilo d’identità va poi tradotto in un profilo d’immagine
       “è la sua rappresentazione esterna, la sua messa in scena per il
      pubblico che guarda. L’immagine di una persona è costituita dalle
      percezioni dominanti che essa induce in altri” (Pozzi, Rattazzi 1994)
Il corpo del leader è continuamente esposto sui media, ripreso, fotografato e
zoomato in tutte le situazioni e posizioni possibili. Debolezze e mancanze (ad
esempio nella vita sessuale) possono tradire più delle parole l’umanità del
personaggio pubblico mentre gli affetti più intimi verso i figli, moglie, marito,
parenti e amici lo riportano ad una dimensione “mortale”.
Indietro non si può tornare e quindi anche in Italia i politici devono ora fare i conti
con l’ossessione quotidiana dei media per il loro privato. E per questo un politico
che vuole comunicare bene deve imparare a gestire il proprio corpo: dalla postura


                                         -30-
all’abbigliamento. Dalle espressioni facciali ai gesti nei discorsi pubblici, fino agli
scatti fotografici che lo mostrano con la famiglia e gli amici. La maggiore
attenzione va sul volto: il volto è la prima cosa che guardiamo di una persona, è da
li che capiamo se qualcuno è disposto bene o male nei nostri confronti ed è sempre
dal volto che cerchiamo di capire se sta mentendo o dice la verità.
Nella comunicazione politica è ormai d’uso comune il termine “metterci la faccia”
come marca di autenticità e credibilità. Di conseguenza si parla anche del “perdere
la faccia”nel momento in cui non si dice tutta la verità e si fanno promesse che non
verranno mai mantenute.
Per comprendere il processo decisionale degli elettori è stato sviluppato il modello
political triangle (Worcester 1991).La forma a triangolo serve a misurare e
visualizzare i tre fattori che sono decisivi nella scelta dell’elettore: immagine del
leader, immagine del partito e issues (tematiche e proposte politiche).




                                         -31-
II.1.3
Gli elettori

Dopo aver analizzato attentamente il candidato e i suoi competitors, si passa
all’analisi dell’elettorato al quale la campagna dovrà rivolgersi.: i dati e le ricerche
permetteranno di suddividerlo secondo diverse variabili come il sesso, istruzione,
condizione socio-economica, impiego etc…
Bisogna sempre rivolgersi a tutti gli elettori, ma occorre selezionare attentamente
gli elettori che saranno decisivi per vincere e concentrare maggiormente su di essi
le proprie attività. Per individuare quindi i target è necessaria una segmentazione,
attraverso sondaggi o l’incrocio di dati di vario tipo.
Si possono individuare due tipi di segmentazioni: a priori e post hoc8.
La prima segmentazione è ottenuta attraverso l’identificazione di una serie di
cluster prima che avvenga la ricerca e gli elettori vengono divisi in base al livello di
appartenenza politica e al momento di decisione di voto.
La seconda segmentazione prevede la formazione di gruppi in seguito alla ricerca
usando tecniche statistiche per suddividere gli elettori in gruppi similari e
distinguerli dagli altri. Questo avviene in base a una serie di variabili che sono
principalmente       di tipo geografico, sociodemografico, comportamentale            e
psicologico.
“Un segmento deve sempre essere misurabile, accessibile, consistente, stabile e
unico” (Baker 2000). Perciò guardando al comportamento passato o alle intenzioni
di voto, ci sono solamente tre tipi di elettori (Malchow 2003):
        Intenzionati a votare il candidato
        Intenzionati a votare altri candidati
        Indecisi
Se aggiungiamo la propensione a recarsi alle urne si possono distinguere tre
macrocategorie:
        Base propria (elettori solidi e/o orientati)
        Incerti (veri incerti, potenziali traditori)
        Base dell’avversario (solidi e/o orientati)
         ————————————————————————————————
8
    Cwalina, Falkowsi e Newman, 2007



                                              -32-
Gli elettori solidi rappresentano lo zoccolo duro di un partito/candidato mentre
quelli orientati sono gli elettori che non voterebbero mai per un competitor ma
vanno mobilitati.
Gli incerti, quelli veri, non sono gli indecisi bensì coloro che prendono in
considerazione la possibilità di votare candidati/partiti competitor.
Esiste però un ulteriore modello di scomposizione dell’universo elettorale in
categorie culturali/ideologiche:
     Voto solido (militante consolidato)
     Voto razionale (voto d’opinione dettato dal programma e dal leader)
     Voto d’impulso (scelta del meno peggio o di quello che ha comunicato
      meglio e di più)
Per elaborare un posizionamento efficace e per definire target specifici bisogna
quindi identificare i voti necessari, analizzare il sistema valoriale, i temi e i
problemi più sentiti e infine dividere gli elettori in gruppi a seconda della
propensione di voto e delle preferenze politiche.




                                         -33-
II.1.4
L’opinione pubblica

      “Io non condurrei mai una campagna elettorale senza effettuare
      adeguati sondaggi di opinione, ma neppure mi affiderei mai
      completamente ai loro risultati”. -Joe Napolitan-

Il concetto di opinione pubblica è fondamentalmente prodotto dal’Illuminismo.
L’idea è strettamente congiunta alle filosofie politiche liberali della fine del XVII e
XVIII secolo (Locke, Rousseau) e in particolare alla teoria democratica del XIX
secolo (Bentham).
Sebbene il concetto di opinione pubblica non emerga fino all’Illuminismo, tanto
opinione che pubblico,esprimevano prima di quell’epoca molteplici significati:
opinione era usato per riferirsi sia ai processi razionali/cognitivi sia ai processi non
razionali/sociali. Il termine pubblico condivideva un analogo doppio uso.
Per dirla con Abramo Lincoln: il temine pubblico significava in origine “del
popolo” (quando riferito al comune accesso), e “per il popolo” (quando riferito al
bene comune). Venne a significare “dal popolo” (cioè portato avanti dalla gente
comune).
L’unione di pubblico e opinione in una singola locuzione, utilizzata per riferirsi ai
giudizi collettivi al di fuori della sfera del governo che influenzano l’agenda
politica, si verificò in Europa in seguito all’operare su larga scala di tendenze le più
diverse possibile di carattere sociale, economico e politico: gli inglesi nel ‘700
usavano le frasi «opinion of the people» e «opinion of the public» e Rousseau
intorno al 1744 avrebbe usato l’espressione «l’opinion publique» (Price 2004).
Se gli anni’30 del secolo scorso hanno visto la nascita della misurazione
dell’opinione, gli anni’90, con ogni probabilità, ne hanno rappresentato l’ingresso
nella maturità.
L’avvento e la rapida espansione di Internet, insieme all’attenzione al costo e
all’efficacia delle indagini faccia a faccia e di quelle telefoniche, hanno introdotto
nuovi modi di raccolta dati. La posta elettronica e le indagini basate sulla rete sono
ampiamente utilizzate tanto dalla ricerca scientifica che commerciale. Questi nuovi
strumenti di indagine, consentono una raccolta di dati veloce ed economica,


                                         -34-
insieme a possibili miglioramenti della misurazione dovuti alle potenzialità della
TV e degli altri media (Schaefer e Dilman 2008; Couper 2000).
Oggi abbiamo quindi una grande produzione di nuovo sapere centrato sulla critica
dell’opinione pubblica contemporanea e quanto di essa viene percepito come
inadeguato. I mass-media hanno trasformato il “pubblico dei lettori”, un gruppo
che discuteva in modo critico e razionale, in un’audience che legge e ascolta.
Il potere politico di un pubblico attento è di tanto in tanto esercitato direttamente
(ad es. in una elezione), ma opera anche indirettamente e in maniera più continua
attraverso le percezioni che ne hanno gli attori politici, i quali, sempre più,
misurano la propria efficacia nel mondo politico attraverso indicatori della risposta
pubblica. Il potere politico di un pubblico attento sta quindi “non tanto in quello
che fa, ma nella percezione degli attori politici di ciò che potrebbe fare”(Price
2004).
Il sondaggio è divenuto lo strumento più utilizzato da candidati e partiti per cercare
di comprendere cosa richiede il “mercato elettorale”. Negli USA erano utilizzati
già negli anni Trenta, mentre si sono affermati in Italia solo recentemente grazie,
come abbiamo già avuto modo di dire, alla diffusione del telefono e alla “discesa in
campo” di Silvio Berlusconi.
Sensibilità, orientamenti, giudizi, valori, bisogni e domande: sono queste le
variabili che interessano le ricerche d’opinione. Queste si possono distinguere in
base all’obiettivo che ci si pone e al carattere quantitativo o qualitativo.
In base all’obiettivo si distinguono i sondaggi conoscitivi (tesi a rilevare livelli di
conoscenza, gradi di soddisfazione, stili di vita, motivazioni, orientamenti di voto,
etc..) o previsivi (quando si tratta di prevedere gli sviluppi futuri di un fenomeno)
(Natale 2009).
Tra le ricerche quantitative rientrano i sondaggi di benchmarking (possibili
candidature e indicazioni per la campagna), di tracking (per individuare fluttuazioni
nelle opinioni e nelle intenzioni di voto), e di quick response (per misurare la
reazione dell’elettorato contemporaneamente o dopo eventi e trasmissioni TV)
(Cacciotto 2006;2011).
Esistono infine le ricerche qualitative che permettono di cogliere aspetti del
background in cui opera il candidato, è di tipo meno strutturata e permette di



                                          -35-
produrre materiale narrativo. Gli strumenti principali di queste ricerche sono i focus
groups, ma anche le interviste individuali e la dial meter analysis
I sondaggi e le ricerche si presentano oggi come strumento imprescindibile nella
programmazione di una campagna elettorale e sono in grado di influenzare le scelte
politiche (coalizioni, alleanze, programmi) troppo spesso a discapito dei principi e
delle prospettive di medio-lungo termine.




                                        -36-
II.2
DECIDERE: definire la strategia, gli obiettivi, i pubblici, i messaggi

       “Niente procura tanta stima a un principe quanto il fatto di compiere
       grandi imprese e di fornire un’eccezionale immagine di se stesso[…]Un
       principe deve sforzarsi soprattutto di dare un’immagine di uomo
       grande e di ingegno eccellente[…]Deve anche, nei momenti opportuni
       dell’anno, distrarre il popolo con feste e spettacoli” -N. Machiavelli-

Dopo aver analizzato e capito bene il contesto competitivo, bisogna definire e
decidere le mosse strategiche della campagna elettorale. In questa fase la
definizione della strategia passa attraverso la valutazione delle alternative
strategiche e organizzative, gli obiettivi, la segmentazione elettorale, la scelta dei
messaggi e degli strumenti e la definizione del posizionamento.

      Cosa dire: individuare temi e messaggi
      Come dirlo: stile comunicativo
      A chi e dove dirlo: targeting dell’elettorato, piano di eventi e agenda
       delle varie fasi e attività

La campagna elettorale è un momento cruciale del meccanismo della
rappresentanza. È il tempo in cui il candidato si presenta pubblicamente, espone le
sue idee e i suoi programmi, e dichiara in che modo intende rappresentare, se eletto,
la volontà popolare.
Le strategie di comunicazione a cui fanno ricorso oggi i politici e i partiti sono
molteplici, come dimostra la complessa strategia del marketing politico. Le odierne
campagne elettorali sono spesso definite come “battaglie delle immagini”, come
per sottolineare che la parte drammaturgica è quella che fa più notizia e che
colpisce di più l’immaginario collettivo. Strettamente legata alla comunicazione
elettorale vi è l’azione di informazione dei media, definita copertura giornalistica
degli eventi, dei personaggi e dei loro messaggi. Dalla consapevolezza del potere
mediatico di strutturare il clima di opinione in una campagna, ne deriva la necessità
di decidere azione di news management, ovvero strategie indirizzate ad assicurarsi
una copertura informativa favorevole (Mazzoleni 2004).



                                         -37-
II.2.1

Definire la strategia e gli obiettivi

      “[…]alcuni principi, per conservare con sicurezza lo stato, hanno
      disarmato i loro sudditi; alcuni altri hanno tenuto divisi i territori
      sottomessi; alcuni hanno sostenuto inimicizie contro a se medesimi;
      alcuni altri si sono volti a guadagnarsi quelli che gli erano sospetti nel
      principio del suo stato; alcuni hanno edificato fortezze; alcuni le hanno
      ruinate e distrutte[…]non fu mai, dunque, che uno principe nuovo
      disarmasse i suoi sudditi; anzi quando li ha trovati disarmati, li ha
      sempre armati; perché, armandosi, quelle armi diventano tue;
      diventano fedeli quelli che ti sono sospetti; e quelli che erano fedeli si
      mantengono e di sudditi si fanno tuoi partigiani[…] quando tu li
      disarmi, tu cominci a offenderli; mostri che tu abbi in loro diffidenza o
      per viltà o per poca fede[…]” -N. Machiavelli-

Si parte da una conoscenza approfondita del contesto, inteso non come costante da
accettare, bensì come variabile da modificare a proprio favore.
L’elaborazione del pensiero strategico e la realizzazione degli obiettivi di modifica
del contesto iniziale necessitano di tempo e per questo bisogna definire una
prospettiva di medio-lungo periodo:
“gli ostacoli devono essere rimossi, neutralizzati o trasformati in punti di forza. I
vantaggi del presente devono essere accentuati e resi più rilevanti nel futuro.
Nuove opportunità devono essere individuate e messe a frutto” (Grandi e Vaccari
2007).
La messa in atto della strategia è fondamentale dal momento che in politica ci sono
degli obiettivi da raggiungere, dei mezzi da impiegare e dei tempi da rispettare.
Come vedremo più avanti la strategia ha un suo normale sviluppo anche e
soprattutto nel periodo extraelettorale, per permettere ai partiti ed ai politici di
mantenere un costante rapporto con l’elettorato anche al di fuori delle elezioni. Non
si può più pensare di improvvisare strategie elettorali dell’ultimora.
A prima vista sembrerebbe che gli obiettivi di una campagna elettorale siano molto
semplici ed evidenti: vincere le elezioni. Allo stesso tempo sembra anche ovvio che


                                         -38-
tutti i voti sono buoni e che si dovrebbe orientare la campagna verso ciascuno allo
stesso modo, per ricevere la maggiore quantità possibile di suffragi. Questa
versione del senso comune non è, tuttavia, molto produttiva, dato che ci sono partiti
che non possono prospettarsi di vincere le elezioni, perché non hanno sufficiente
potenziale, e perché se un candidato si rivolge ad un supposto “elettore ideale
medio”, con un unico messaggio, può accadere che non incontri nessun elettore
reale con queste caratteristiche.
Un partito minuscolo, che non può prospettarsi come obiettivo di vincere le elezioni
nazionali, dovrebbe prospettarsi obiettivi realistici che gli permettono di occupare
un ruolo importante nel sistema, come partito “cardine” o di appoggio, sfruttando la
sua posizione ideologica, la frammentazione dei partiti e la difficoltà per governi di
ottenere appoggi parlamentari alla loro gestione.
Quale che siano gli obiettivi, in accordo con le reali possibilità, vincere le elezioni o
raggiungere una determinata portata di voti, gli obiettivi prioritari ed il contenuto
dei nostri messaggi dovranno variare sostanzialmente. Gli obiettivi più modesti
autorizzano una maggiore omogeneità e consistenza ideologica del discorso. La
ricerca di un appoggio di massa alimenta che i grandi partiti si differenziano sempre
meno sul terreno delle idee, e fa che la necessaria differenziazione debba cercarsi in
risorse più sottili di immagine e comunicazione.
Gli obiettivi principali che può cercare una forza politica in una elezione possono
ridursi a tre (Costa Bonino 2002):

     Diffondere le proprie idee o il proprio progetto
     Ottenere una determinata portata di voti
     Vincere le elezioni.

Il primo caso può esemplificarsi con alcuni partiti minoritari, che senza possibilità
di incidere sulla politica del governo, possono prospettarsi come obiettivi riscuotere
notorietà, diffondere le loro idee, e ricevere un certo numero di voti che potrebbero
convertirsi in militanti per nuove campagne.
Nel secondo caso si collocano alcuni partiti piccoli e medi, sovente partiti
ideologici o di quadro. Questi partiti molte volte non hanno la possibilità reale di
vincere le elezioni nazionali, però le loro risorse di quadro, in militanti o la loro
vicinanza o compatibilità ideologica con partiti maggiori li pone in condizione di


                                          -39-
formare coalizioni di governo. Questi partiti possono modellare le loro strategie
contrassegnando come obiettivo di pervenire ad una portata di voti che li rendono
attrattivi per formare coalizioni. Il numero di voti ideali è quello che, sommato ai
voti che si presume raggiungerà il suo possibile alleato, gli permette di arrivare ad
una coalizione maggioritaria in parlamento.
Infine, l’obiettivo di vincere le elezioni possono prospettarselo, ragionevolmente,
pochi partiti o candidati. Per questi gruppi, la definizione degli obiettivi prioritari ed
i temi della campagna assumono una importanza critica.
Un’ulteriore distinzione possibile è sulla natura degli obiettivi:

     Obiettivi quantitativi
     Obiettivi qualitativi

Con gli obiettivi quantitativi ci troviamo in presenza di obiettivi indicati sotto forma
di numeri (consenso nel periodo extraelettorale ed elettorale, crescita numerica dei
voti e del consenso, crescita del partito, crescita della presenza in particolari zone,
realizzazione di maggioranze, conquista del collegio da parte di un candidato, ecc.).
D’altra parte gli obiettivi qualitativi sono legati a specifiche situazioni (migliore
conoscenza dell’elettorato. Individuazione dei segmenti-target, sensibilizzazione
dei cittadini-elettori, efficace riscontro di un’azione politica, felice campagna di
comunicazione, crescita dei simpatizzanti e del militanti, acquisizione di nuovi
elettori, migliore immagine e maggiore notorietà di partito e di candidato, successo
del candidato in un collegio, attuazione di alleanze politiche, ecc) (Foglio 1999).
In ogni caso gli obiettivi da conseguire dovranno essere chiari, concreti, accessibili
e non irreali e irraggiungibili.
A qualsiasi livello si candidi, un politico deve rispondere ed aver sempre presente:

     perché ti candidi?
     perché dovrebbero votarti?

Le condizioni iniziali di vantaggio o di svantaggio di una coalizione o di un
candidato sono strettamente correlate ad una serie di vincoli legati al ruolo (uscente,
sfidante, delfino), alle scelte di comunicazione (comunicare la persona o il
progetto) e al clima di opinione generale (propensione al cambiamento).




                                          -40-
In caso di condizioni iniziali vantaggiose, ad esempio, bisogna pensare a come
mantenerle tali fino al giorno del voto; è inoltre buona regola evitare l’immobilismo
e cercare di prevedere le mosse dell’avversario per essere in grado di rispondere
con rapidità.
Sebbene i candidati contino, lo schieramento politico e il partito costituiscono una
base di partenza e un vincolo. La maggior parte degli elettori valuta i candidati e
proposte, ma tende a votare lo stesso partito (fedeltà di partito) o per la stessa
coalizione (fedeltà di coalizione). Questa però, rispetto al voto di appartenenza, è
una fedeltà leggera (Natale 2002) che deve essere riconfermata continuamente e
che, soprattutto nelle elezioni amministrative può essere tradita.
Bisogna quindi capire sin da subito se rappresentare la continuità o la discontinuità
e se impostare la comunicazione sulla persona o sul progetto.
Oggi siamo alla terza fase del progressivo processo di modernizzazione delle
campagne elettorali, quella che il consulente politico Marvin Chernoff chiama
positioning era. Il termine posizionamento è stato introdotto da Al Ries e Jack
Trout, che scrissero nel 1973 una serie di articoli intitolata “The Positioning Era”.9
Per Ries e Trout in una società sovraccarica di messaggi (overcommunicated) come
la nostra, l’unico modo di far pervenire e accettare il proprio prodotto è quello di
focalizzarsi su un preciso target a cui inviare un messaggio “ipersemplificato” e di
“manipolare” ciò che è già nella mente delle persone invece di creare qualcosa di
nuovo e differente.
La prima fase, l’era del prodotto, è collocabile nell’immediato dopoguerra ed era
caratterizzata principalmente dal tentativo di evidenziare le caratteristiche positive
del programma, mentre la seconda, l’era dell’immagine, ha avuto inizio negli anni
sessanta e operava principalmente sulla desiderabilità dell’immagine e sulle
percezioni degli elettori.
L’era del posizionamento è quindi caratterizzata dal tentativo di far emergere le
specificità del candidato e del suo programma rispetto ai concorrenti attraverso un
accorto uso dei media.



       ————————————————————————————————
9
    La serie fu pubblicata dalla rivista Advertising Age.



                                                    -41-
Partiti e candidati possono assumere quattro diverse tipologie di posizionamento
(Collins e Butler 1996;2002):
     leader
     challenger
     follone
     nicher

Il leader è la coalizione o il partito che ha il maggior numero di consensi elettorali,
il candidato che corre per il partito/coalizione che ha ottenuto il maggior numero di
voti nelle elezioni precedenti o è accreditato del primo posto nei sondaggi
preelettorali. Dovendo rivolgersi a un’ampia platea di elettori, può trovarsi a
comunicare con pubblici dagli interessi contrastanti; deve quindi riuscire a trovare
un messaggio unificante per una coalizione necessariamente trasversale. Il leader è
soggetto a frequenti attacchi da parte degli altri attori presenti nel mercato
elettorale.
Il challenger è il candidato o partito che ha le maggiori possibilità di insidiare la
posizione del leader. In una situazione simile a quella del leader, deve dimostrare di
essere superiore o differente per catturare nuove quote di elettori. Normalmente la
sua strategia comporta l’attacco al leader, che viene descritto in modo negativo. Per
incrementare la sua quota di mercato deve essere in grado di identificare nu0ove
tematiche emergenti e appropriarsene.
Il follower è il candidato o partito che “copia” il comportamento del leader o dello
sfidante, cercando il più possibile di confondersi attraverso l’omologazione con il
posizionamento dei concorrenti che lo precedono. I followers sono spesso forti a
livello locale.
Il nicher, infine, concentra tutti i suoi sforzi su una nicchia precisa di elettori,
ritagliando i propri programmi e la propria immagine sulle aspettative specifiche
del target prescelto.
Il leader e lo sfidante sono espressione, nei sistemi maggioritari o bipolari, dei due
partiti o delle due coalizioni principali e sono gli unii ad avere reali possibilità di
vittoria finale.




                                         -42-
Il posizionamento comporta due operazioni distinte:

     individuare i target cui rivolgersi
     attribuire caratteristiche uniche e distintive al proprio prodotto

Le proposte politiche del partito/candidato devono essere ritagliate sui temi che
l’elettorato giudica più importanti e prioritari, oltre che coerenti con i valori
propugnati e con quanto detto/fatto in passato.
“il posizionamento deve quindi rispondere a una logica di compromesso tra
l’opinione dell’elettorato target e i valori del cuore del candidato” (Cattaneo
Zanetto 2003).
Per Bannon (Bannon 2004) un posizionamento vincente deve tener conto di cinque
fattori: chiarezza, coerenza, credibilità, competitività e comunicabilità.
Concludendo, i posizionamento è un processo dinamico, che richiede una capacità
di adattamento a cambiamenti del contesto e del sistema di valori e di priorità degli
elettori. Non ci si può limitare a difendere il proprio posizionamento, ma bisogna
sempre cercare di espandere il proprio elettorato per poi consolidarlo. L’espansione
verso nuovi target può avvenire attraverso il ricorso a elementi emotivi (immagine
del candidato, appello ai valori), o a elementi più razionali (programma e posizioni
su singoli temi). L’espansione deve essere condotta attentamente per evitare di
perdere propri elettori nel tentativo di allargare la propria base elettorale.




                                            -43-
II.2.2
I pubblici: segmentazione e targeting.

      “Il consumo è l’unico fine e scopo di ogni produzione; e l’interesse del
      produttore dovrebbe essere considerato solo nella misura in cui esso
      può essere necessario a promuovere l’interesse del consumatore”
                                     -Adam Smith-

Il marketing politico evidenzia coma alla base di tutto il suo ciclo ci debba essere
una strategica azione di ricerca che faccia da filo conduttore a tutta l’azione politica
sia nel periodo extraelettorale che elettorale; solo con una valida e costante azione
d’indagine è possibile arrivare all’individuazione di segmenti-target elettorali cui
far giungere l’offerta politica che la stessa analisi ha suggerito.
L’azione politica non si può sviluppare per ipotesi o in maniera stratta, essa richiede
il contatto continuo ed attuale con la società civile; per confrontarsi con essa, per
agire costruttivamente su di essa e per essa: questa deve essere oggetto di studio, di
verifica nella sua entità, nelle sue caratterizzazioni, nella sua costante evoluzione,
nella totalità delle sue dimensioni, esigenze ed aspettative.
Solo dopo un’accurata ricerca, quantificazione e valutazione di quanto ricercato si
possono centrare gli obiettivi, individuare i mezzi e i tempi che dovranno
caratterizzare il processo di marketing politico da attivare. Avendo le giuste
informazioni è possibile delimitare con oculatezza il campo in cui intervenire e
trovare gli schemi di classificazione che permetteranno di supportare efficacemente
l’azione politica
Una campagna elettorale è molto costosa e le risorse dei candidati sono sempre più
o meno scarse. In queste circostanze si impone di gerarchizzare la distribuzione di
informazioni ma soprattutto di risorse.
Per tutto questo è fondamentale suddividere l’elettorato in gruppi con determinate
caratteristiche (segmentazione) ed è indubbiamente molto efficace concentrare gli
sforzi in quei segmenti del corpo elettorale che, per qualche motivo, presentano una
importanza particolare per l'esito delle elezioni (gruppi target): segmentazione e
targeting permettono da un lato di personalizzare contenuti, dall’altro di inviare
materiali solamente, o in misura maggiore, a quei gruppi di elettori ritenuti decisivi.


                                          -44-
“Il targeting è il processo di determinazione degli elettori necessari a
      ottenere la vittoria nel modo più efficiente possibile e ha tre dimensioni
      di misurazione: efficienza, copertura e confidenza statistica”.

Per Malchow (Malchow 2003) esistono due tipi principali di targeting:

     supporter targeting (centrato sugli elettori che già appoggiano il
      partito/candidato, ma che vanno convinti ad andare a votare)
     persuasion targeting (centrato sugli elettori necessari per vincere, i
      cosiddetti indecisi)

Gli intenzionati a votare per il proprio candidato possono essere suddivisi in sicuri
(hanno già deciso di andare a votare) e da mobilitare (per vari motivi potrebbero
astenersi il giorno del voto); gli indecisi invece possono essere suddivisi in veri
indecisi (non sanno chi votare e potrebbero votare più candidati), potenziali
astensionisti e potenziali traditori (si collocano in uno schieramento ma potrebbero
votare il candidato dello schieramento opposto).
Nel processo di definizione della strategia per arrivare agli elettori necessari, va
realizzata una classificazione per valutare e dare priorità ai gruppi target. Bannon
(Bannon 2004) indica la seguente scala:
     primary targets, segmenti ritenuti più interessanti per l’offerta politica e
      maggiormente sensibili agli stimoli di comunicazione
     secondary targets, segmenti meno interessanti per l’offerta politica, ma
      sensibili agli stimoli di comunicazione
     relationship building, segmenti interessanti ma più difficili da
      raggiungere
     wasteland segments, segmenti poco interessanti e difficilmente
      raggiungibili
Per Newman e Sheth possono essere impiegate quattro diverse strategie per
ciascuno gruppo target:
     reinforcement (rinforzo)
     rationalization (razionalizzazione)
     inducement (incentivo)
     confrontation (confronto)



                                         -45-
La strategia di rinforzo è rivolta a elettori che già appoggiano il candidato/partito, e
l’obiettivo della campagna di comunicazione è rinsaldare la loro scelta, che è basta
su giuste ragioni. La strategia di razionalizzazione è indirizzata a chi già è un
sostenitore, ma per ragioni sbagliate; l’obiettivo diventa quindi rapportarsi con oro
in modo differente. La strategia di incentivo viene applicata a chi sostiene per
giuste ragioni un altro candidato/partito; in questo caso ci cerca di dimostrare che la
propria offerta è non solo in linea con quanto desiderato dal gruppo target, ma offre
anche qualcosa di più.
Infine la strategia di confronto è rivolta a chi sostiene gli avversari per ragioni
sbagliate, come ad esempio nel caso del voto tattico.
In definitiva si può affermare che per ciascuna categoria di elettori esistono chiari
obiettivi: per gli elettori orientati a votare il proprio candidato l’obiettivo è
mantenere il loro appoggio e mobilitarli al voto; per gli elettori indecisi, bisogna
puntare a convincerli a votare il proprio candidato; per gli elettori orientati a votare
i propri avversari, l’obiettivo è convincerli a cambiare idea o almeno astenersi
(Cacciotto 2011).
In un mercato elettorale sempre più instabile ed eterogeneo, la segmentazione e il
targeting diventano sempre più importanti e dettagliati. Oggi si parla di
microtargeting e life targeting e alla base del successo di queste tecniche c’è la
capacità di individuare piccoli gruppi che hanno attività, desideri, stili di vita in
comune o soggetti che possono essere aggregati in modo da diventare un gruppo
del genere. Riuscire a mobilitare a proprio favore queste “nicchie” elettorali può
modificare, a proprio favore, l’esito delle elezioni (Mark Penn 2007).




                                         -46-
II.2.3
Il messaggio: “costruire” il destinatario.

Alla base di una campagna elettorale di successo c’è sempre un messaggio efficace.
Il messaggio non è semplicemente un insieme di poche parole, ripetute
frequentemente, ma molto di più: è l’argomentazione alla base della campagna. Si
tratta dell’argomento centrale, la ragione per la quale gli elettori dovrebbero
scegliere un candidato e non uno degli avversari ( Cacciotto 2006; Facheaux 2009).
Come un venditore esperto che trova le giuste parole per valorizzare ciò che
propone e convincerne il cliente, così in politica bisogna offrire al meglio il proprio
prodotto elettorale. Un’offerta elettorale deve quindi: presentare al meglio le sue
caratterizzazioni e chiarire i motivi perché richiede il consenso. Ciò resta possibile
sempreché l’offerta ha modo di presentarsi e quindi di raggiungere l’elettore.
Il messaggio diventa un mezzo vitale per accompagnare l’offerta politica e per
riscontrare l’elettore. L’azione della comunicazione e della propaganda risulteranno
di grande effetto se potranno fare riferimento ad un valido messaggio in grado di
rafforzare la ricettività, l’identificazione, la compattezza, l’incisività della stessa
campagna, che al contrario, potrebbe risultare dispersiva e non coinvolgente.
Nella preparazione del messaggio va prestata particolare attenzione poiché non
sempre il messaggio diffuso è quello percepito. Il pubblico, come abbiamo visto, è
composto da individui che vivono in contesti ri relazione differenti e il messaggio
dovrà passare non solo attraverso i filtri personali (storia, cultura, convinzioni), ma
anche attraverso le reti sociali e, spesso, la mediazione di terze parti.
L’interpretazione di terze parti può modificare o distorcere quello che per
l’emittente del messaggio doveva essere il significato. Ogni messaggio, quindi, è
soggetto a interpretazioni reazioni emotive da parte delle persone che lo ricevono.
Le stesse parole possono attivare reazioni molto diverse nei diversi pubblici. È
necessario quindi fare molta attenzione a chi riceverà il messaggio, costruendolo in
modo che tenga conto delle diverse implicazioni emotive di parole, frasi, immagini
e simboli. Per Marco Cacciotto (Cacciotto 2011) “il messaggio è il destinatario”:
per essere efficace la comunicazione politica deve essere in grado di creare
messaggi diversi per interlocutori diversi, esponendo gli stessi argomenti con
modalità specifiche che si adattino ai contesti in cui essi vivono.


                                         -47-
Per Cacciotto (Cacciotto 2006) il messaggio può essere scomposto in tre elementi:

       rationale
       theme
       issues

La ragione fondamentale, è la risposta alla domanda “perché ti candidi?”.
Rappresenta, rispetto alle posizioni su specifiche polizie o tematiche politiche, una
caratterizzazione più ampia. Elementi biografici e obiettivi del candidato
costituiscono i mattoni per la costruzione del rationale. Non si tratta di costruire un
freddo CV, ma di stabilire una connessione emotiva con gli elettori attraverso la
“narrazione” di esperienze politiche, professionali e personali.
Il tema rappresenta invece la risposta alla domanda “perché dovrebbero votarti?”.
Esprime non solo le priorità e la visione, ma i motivi per cui queste sono importanti
per gli elettori. Il tema costituisce il filo conduttore di tutta la campagna elettorale e
può fare la differenza. Le issues rappresentano il punto d’incontro tra la ragione
fondamentale, il tema della campagna e le specifiche politiche sulle quali si vuole
intervenire. Una buona regola è quella di limitarsi a tre issues e reiterarle in ogni
occasione in modo da renderle più efficaci.
Affinché il messaggio elaborato venga ricordato, dovrà essere : breve, semplice,
credibile, facile da ricordare, facile da capire e, come appena ricordato, dovrà essere
ripetuto più e più volte.
Gli slogan e i messaggi più fortunati della storia delle campagne elettorali sono
composti da tre parole: I “Like Ike”, per la campagna americana di Eisenhower nel
1952, “la Force Tranquille” per la campagna presidenziale di Mitterand nel 1976 e
“Yes, We Can”, per la rivoluzionaria campagna presidenziale di Barack Obama nel
2008.
Come vedremo più avanti nella terza fase “agire”, la pianificazione consentirà di
assicurare alla campagna la necessaria progressione, quindi l’ottimizzazione degli
interventi, la migliore resa delle risorse investite, la continua consapevolezza di ciò
che si sta facendo, quando bisogna agire e con quali mezzi.
Quando si costruisce il profilo d’identità di un candidato o di un partito, non basta
concentrarsi solo sulle proprie caratteristiche e analizzare solamente i propri punti
di forza e di debolezza. Bisogna fare lo stesso con l’avversario: ciò servirà a


                                          -48-
evidenziare le differenze, a trovare punti di attacco dei competitors e ad essere a
propria volta preparati a rispondere ad eventuali attacchi. I candidati di maggior
successo creano entusiasmo attorno a sé e sentimenti negativi nei confronti degli
avversari.
Nella costruzione del messaggio bisogna sempre tenere presente che la campagna
elettorale è una triangolazione tra candidato, avversario ed elettori. In base a
questo, vi sono due schemi utili per costruire un messaggio efficace che tenga conto
di tutti e tre gli elementi della triangolazione: il primo è definito mirror opposites
(schema degli opposti allo specchio), mentre il secondo message grid (griglia del
messaggio).
Lo “schema degli opposti allo specchio” consiste nel tracciare chiare differenze
rispetto al proprio avversario sulla base di scelte concernenti tematiche specifiche o
la storia personale, professionale e politica. Dapprima va realizzata una mappatura
approfondita dei punti di forza e di debolezza (un esempio di analisi SWOT tab
2.1), che vanno poi inseriti in messaggi positivi, negativi, o comparativi. È
importante tenere presente che il contesto può trasformare in punti di forza quelli
che in passato erano punti di debolezza, e viceversa. Scegliendo di concentrarsi
esclusivamente sui propri punti di forza ignorando le debolezze dell’avversario, si
opta per un messaggio positivo, Se, invece, si scegli di concentrarsi sulle debolezze
dell’avversario, senza parlare dei propri punti di forza, si opta per un messaggio
negativo. Nonostante le polemiche al riguardo, è innegabile che spesso un
messaggio negativo viene ricordato maggiormente di uno positivo. Tuttavia può
essere rischioso iniziare la campagna con un messaggio negativo che diventa,
invece, l’ultima spiaggia in caso di svantaggio. Ultima delle tre opzioni è quella del
messaggio comparativo: si mettono a confronto i propri punti di forza con le
debolezze dell’avversario. Spesso è questo il messaggio che agli occhi degli elettori
risulta più credibile, in quanto ad essi non si dice di essere il candidato perfetto, ma
semplicemente uno migliore dell’avversario.




                                         -49-
STRENGHTS                     WEAKNESSES
                                                       - Divisioni interne
                         - Vantaggio nei
                            sondaggi                     - Immagine
                                                          coalizione
                        - Voti “utili” per il
                                                        politicamente
                          cambiamento
                                                            debole



                                                          THREATS
                        OPPORTUNITIES
                                                        - Individualismi
                          - Cavalcare il                    dei partiti
                          malcontento
                         verso il governo              - Esponenti della
                            uscente.                     vecchia classe
                                                           dirigente



                           Tabella 2.1 Esempio di Analisi SWOT


La “griglia del messaggio” (tab. 2.2) ha la funzione di aiutare un candidato non
solo ad identificare il proprio messaggio, ma anche a metterlo in correlazione con
quanto dirà l’avversario per descriversi e per attaccarlo (Tringali 2009).




                COSA DIRÒ AGLI                         COSA DIRÀ IL MIO
                ELETTORI SU DI                          AVVERSARIO SU
                     ME?                                   DI ME?


                                                          COSA DIRÀ AGLI
                COSA DIRÒ SUL
                                                          ELETTORI IL MIO
                     MIO
                                                          AVVERSARIO SU
                 AVVERSARIO?
                                                            SE STESSO?
                                  Tabella 2.2 Message Grid

In ogni caso è meglio evidenziare sin da subito le proprie caratteristiche prima che
siano gli altri a farlo ed essere sempre pronto a rispondere velocemente agli
attacchi. Bisogna essere capaci di prevederli e, in alcuni casi, si può scegliere di




                                                -50-
anticipare la propria debolezza e spiegarla agli elettori nel modo migliore possibile
(Cacciotto 2006).
Infine non bisogna dimenticare il terzo protagonista della competizione, ovvero
l’elettore. La sfida che il candidato si trova ad affrontare, infatti, non è solo quella
contro il suo diretto avversario politico, ma quella per contendersi l’attenzione degli
elettori rispetto a tutte le altre notizie diffuse dai media, alle quali con ogni
probabilità gli spettatori sono molto più interessati. La moltiplicazione delle fonti di
informazione e degli argomenti nella sfera mediatica rende, infatti, sempre più
difficile attirare l’attenzione degli elettori, in particolare di quelle fasce che
risultano poco o per nulla interessate alla politica. Possiamo affermare che le fasce
di elettorato che guardano programmi di politica in TV o che leggono le notizie
politiche sui quotidiani corrispondono ad una minoranza già mediamente più
informata rispetto alle altre sfere di popolazione. Questa categoria di persone è più
facile da raggiungere poiché risulta di per sé più disposta a ricevere messaggi
politici; ma avrà anche , molto probabilmente, un’idea già chiara sulle preferenze di
voto. Gli elettori indecisi, sono solitamente poco interessati alla comunicazione
politica e richiedono la capacità di usare messaggi semplici e, speso, legati a scelte
di valore o concernenti la personalità dei candidati (Cacciotto 2011).




                                         -51-
II.3
AGIRE: si va “in scena”. Organizzare il “piano”, disporre gli
strumenti della campagna e vincere le elezioni

       “Esistono tre modi principali per rovinarsi politicamente:
       -avere una relazione molto nota con qualche ragazza,
       -accettare bustarelle
       -confidare ciecamente nel consiglio di un consulente guru.
       Il primo è il più piacevole, il secondo è il più rapido, il terzo è il più
       sicuro” -Georges Pompidou, ex Presidente Francese-

La terza fase del metodo CDA, AGIRE, corrisponde alla campagna operativa,
l’attuazione di una comunicazione creativa, mirata ed efficace e la verifica dei
risultati.
I media e i loro costi influenzano da sempre la natura dell’attività politica, che non
può prescindere dalla comunicazione. Periodicamente i nuovi mezzi di
comunicazione hanno modificato il modo di fare politica e hanno rappresentati un
vantaggio decisivo per i politici che per primi ne hanno capito le potenzialità.
Negli anni ’30 Roosevelt capì l’importanza della radio e se ne servì per comunicare
con gli americani con i famosi “discorsi del caminetto”.
Negli anni ’60 è stato Kennedy a trarre vantaggio dall’uso della TV. Prima per
vincere le elezioni e poi per influenzare la percezione della sua amministrazione da
parte dell’opinione pubblica .
Nel 2008 Barack Obama ha dimostrato le grandi potenzialità di Internet e dei New
Media, e la sua Presidenza ha dimostrato la capacità di farne un uso strategico per
parlare direttamente ai cittadini e per mobilitarli a suo favore.
Il piano strategico generale deve quindi obbligatoriamente tenere conto del web e
dei nuovi media, e a qualunque livello di competizione elettorale, deve essere il
punto di partenza di ogni strategia: bisognerà redigere un piano scritto con l’agenda
setting della campagna, allocare le risorse, gli strumenti, i temi e i messaggi, i target
e i segmenti elettorali da raggiungere.
Pianificazione, organizzazione e disciplina sono elementi chiave per il successo
finale (Cacciotto 2011).


                                          -52-
Un’azione politica improvvisata, intermittente e poco incisiva difficilmente
riuscirebbe a raggiungere con efficacia i propri destinatari. L’elettorato va curato,
coinvolto, valorizzato prima, durante e dopo le elezioni, perché il consenso non lo
si ottiene più con l’adesione incondizionata. Le elezioni, a tutti, gli effetti diventano
il momento della raccolta di quanto è stato fatto e promesso da parte di un
partito/candidato, il momento del riscontro dell’elettorato e quindi il barometro
della partecipazione degli elettori ad un progetto (Foglio 1999).




                                          -53-
II.3.1
L’organizzazione della campagna elettorale

Una campagna elettorale è una impresa effimera che mobilita, comunque, una
importantissima quantità di risorse umane e finanziarie. In questa attività devono
gestirsi molteplici problemi di diversa origine.
Nel piano professionale devono coordinarsi le attività di un insieme relativamente
eterogeneo di individui formati in diverse discipline: strateghi, sociologi,
comunicatori, artisti, che devono armonizzarsi con la logica pratica del politico.
Questa diversità della cupola che esegue una campagna si moltiplica per il caos
potenziale che può rappresentare l'insieme più o meno numeroso di militanti
partitici che collaborano al compito comune. Una campagna elettorale è una attività
circostanziale. Gli individui che vi partecipano non hanno la abitudine di lavorare
insieme ed i ruoli e funzioni necessari sono molteplici e complessi.
In questo contesto, una buona organizzazione emerge come un fattore centrale per
impiegare con un massimo di efficienza le risorse disponibili. Strutturare una
organizzazione presuppone la suddivisione dell'insieme dei compiti necessari allo
sviluppo ottimale della campagna in ruoli e responsabilità permanenti che
dureranno fino al giorno delle elezioni. Una buona organizzazione comincia con
una valutazione attenta dei compiti necessari: queste funzioni saranno coperte da
quegli individui che hanno mostrato le capacità e formazione più adeguate alla
realizzazione di ognuna di queste attività.
Due obiettivi fondamentali devono tenersi in conto nel disegnare un modello
organizzativo: il primo luogo, deve perseguirsi un massimo di armonia tra le
funzioni e le capacità dei titolari di queste funzioni; in secondo luogo, deve cercarsi
la maggiore celerità possibile di comunicazione in senso verticale, affinché le
decisioni della direzione siano applicate nel modo più rapido e fedele possibile
dagli incaricati di eseguirle. Peraltro è imprescindibile che si limiti al minimo la
incertezza nel compimento delle funzioni.
Tutti devono sapere a chi corrispondere e chi è il responsabile della esecuzione di
un compito. Devono evitarsi le duplicazioni o le ambiguità nella attribuzione di
compiti. Tuttavia la priorità deve essere posta nel compimento delle attività,
anziché nella forma, ed i partecipanti alla campagna devono avere la sufficiente


                                         -54-
flessibilità per potere rilevare opportunamente chi non ha potuto compiere,
eventualmente, qualche compito necessario.
In generale vengono indicati due principali modelli di organizzazione: gerarchico e
collegiale (Semiatin 2004; Vaccari 2007).
Il modello gerarchico è caratterizzato da una guida forte e da una struttura
piramidale e fa prevalere il flusso delle informazioni dall’alto verso il basso. I
vantaggi di questo modello sono legati all’esistenza di un’autorità indiscussa, che
rende l’esecuzione dei progetti di norma più semplice e veloce e l’organizzazione
più rapida quando è necessario cambiare rotta in corso di azione. Lo svantaggio
consiste nel fatto che le persone al vertice costituiscono un filtro considerevole tra il
candidato e il mondo esterno, e non sempre possono o vogliono raccogliere,
analizzare e tenere in considerazione tutte le informazioni disponibili. La
degenerazione di questo modello è il “pensiero di gruppo”: la coesione interna fa si
che ciascun membro rafforzi le convinzioni degli altri, respingendo qualsiasi voce
discordante o sollecitazione esterna, anche quando sono utili e necessarie.
Nel modello collegiale, invece, i diversi attori hanno più o meno la stessa autorità.
Anche nel caso in cui vi sia un coordinatore, questi è più un “primus inter pares”
che un capo. Teoricamente una struttura come questa, caratterizzata da una
distribuzione di potere più equilibrata, è più ricettiva rispetto all’ambiente esterno:
la combinazione di soggetti portatori di differenti sensibilità e competenze, se ben
gestita, permette di portare alla luce più informazioni e punti di vista. Il pericolo è
che l’assenza di una figura deputata a prendere la decisione finale renda più
difficile il raggiungimento di una sintesi operativa condivisa. La necessità di
arrivare a un consenso fra tutti componenti del gruppo direttivo rende più lenta la
capacità di decidere e reagire alle crisi. La frammentazione del potere decisionale e
la dispersione delle responsabilità provocano dissapori, e quando si prendono
decisioni non condivise la fazione perdente tende a ostacolarne l’attuazione.
Le inedite possibilità di interazione e partecipazione offerte dalle nuove tecnologie
stanno rendendo più fluide e orizzontali le macchine elettorali, ma rimane
fondamentale la presenza di un nucleo strategico centrale in grado di distribuire e
filtrare le informazioni, ricevere feedback e razionalizzare le responsabilità.




                                          -55-
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NOI CI CREDIAMO Santa Croce Camerina: il Metodo CDA per costruire il patto tra generazioni.

  • 1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN COMUNICAZIONE PUBBLICA E D’IMPRESA NOI CI CREDIAMO-SANTA CROCE CAMERINA: il Metodo CDA per costruire il Patto tra Generazioni. Tesi di Laurea di: Carmelo Caggia Relatore: Prof. Marco Cacciotto Correlatore: Prof. Gianpietro Mazzoleni Anno Accademico 2011/2012 -1-
  • 2. Ai miei nonni Carmelo e Salvatore esempi immortali di amore per la famiglia e passione per il lavoro -2-
  • 3. Indice Introduzione 5 I Il marketing politico: la consulenza strategica e la comunicazione 8 politica I.1 I modelli di marketing politico 14 I.2 La comunicazione politica nel contesto italiano 17 II Il metodo CDA: un approccio strategico per vincere le elezioni e 23 governare II.1 CAPIRE: analisi degli obiettivi, degli attori in campo, delle regole e del 26 terreno di gioco. II.1.1 Il contesto competitivo 28 II.1.2 Il Candidato 30 II.1.3 Gli elettori 32 II.1.4 L’opinione pubblica 34 II.2 DECIDERE: definire la strategia, gli obiettivi, i pubblici, i messaggi. 37 II.2.1 Definire la strategia e gli obiettivi 38 II.2.2 I pubblici: segmentazione e targeting. 44 II.2.3 Il messaggio: “costruire” il destinatario. 47 II.3 AGIRE: si va “in scena”. Organizzare il “piano”, disporre gli strumenti 52 della campagna e vincere le elezioni. II.3.1 L’organizzazione della campagna elettorale 54 II.3.2 Il piano di campagna 57 II.3.3 Gli strumenti della campagna 59 III Il Caso Studio: NOI CI CREDIAMO SANTA CROCE 61 CAMERINA. III.1 CAPIRE il contesto santacrocese: analisi statistiche, lo storico elettorale, 64 la legge elettorale, i competitors e i sondaggi. -3-
  • 4. III.1.2 Le regole del gioco: la Legge Elettorale Siciliana. 68 III.1.3 Profilo d’identità e competitor research 70 III.1.4 I sondaggi: i questionari di valutazione dell’associazione giovanile 73 Generazione Santa Croce III.2 DECIDERE il mix vincente per NOI CI CREDIAMO: la strategia, il 76 posizionamento, i targets e il messaggio. III.2.1 La strategia 78 III.2.2 Posizionamento e targets 80 III.2.3 Il messaggio di NOI CI CREDIAMO: il patto tra generazioni e gli altri 83 temi della campagna. III.3.1 Il logo 86 III.3.2 Il Programma 90 III.3.3 Le Assemblee e gli eventi 100 III.3.4 I manifesti, i volantini e gli spot 106 III.3.5 I gadget e il direct marketing 109 III.3.6 Internet 110 III.4 I risultati 118 III.5 La comunicazione permanente 120 Conclusioni 122 Ringraziamenti 124 Riferimenti bibliografici 125 -4-
  • 5. Introduzione «Segmentazione», «targeting», «brand», «posizionamento», «fund-raising», «storytelling», «politainment», sono tutti concetti e metodologie che ormai rientrano quotidianamente nel linguaggio e nelle dinamiche della politica. La crisi delle ideologie e delle appartenenze politiche ha cancellato i confini delle appartenenze sub-culturali ed ha messo milioni di elettori «in libertà», rendendoli sensibilmente ricettivi a nuove proposte politiche ma soprattutto attenti a nuovi modelli di comunicazione politica. Si è aperta così la strada alla diffusione delle tecniche di marketing politico che influiscono in maniera sempre crescente sul comportamento dei politici, dei partiti ma anche e soprattutto dei cittadini-elettori. Gli apocalittici parlano di un grande palcoscenico mediale dove gli attori si esibiscono con l’obiettivo primario di ottenere attenzione, visibilità e potere. Manipolazione dell’opinione pubblica e delle percezioni dei cittadini attraverso un cinico e spietato utilizzo delle risorse di comunicazione. Tutto questo avrebbe portato all’affermazione di una sorta di «democrazia del privato» che prevale sulla «democrazia del pubblico»: i fatti personali e familiari diventano di pubblico interesse e la democrazia viene ridotta al minimo, ovvero al voto. In Italia è arrivato solo l’eco delle campagne di qualità studiate in altri paesi da veri esperti di comunicazione, che hanno fatto la storia di questa disciplina. Si pensi alla campagna Presidenziale di Mitterand in Francia, alla rinascita del partito Labourista inglese con Tony Blair e al successo mondiale di Barack Obama. I politici italiani praticano preferibilmente il fai-da-te, considerando di avere in prima persona tutta la capacità necessaria o avendo una sana diffidenza rispetto alla comunicazione in sé. Si improvvisa e ci si affida nella comunicazione all’amico fidato più che all’esperto. Oggi più mai appare necessario che la comunicazione politica venga rielaborata professionalmente da chi la sa fare e tanto meglio se il politico ha questo talento. Non tutto è lecito e bisogna ben distinguere tra «spin sotto la cintola» e «spin sopra la cintola» (Bosetti 2007). Mentre il primo fa ricorso in maniera spregiudicata a qualsiasi mezzo pur di esaltare le proprie qualità e infangare l’avversario, lo «spin sopra la cintola» sta al centro della buona comunicazione politica e gli permette di -5-
  • 6. essere inquadrata, di avere un frame ben definito e di difendere e mantenere il messaggio con coerenza. La politica è diventata sempre più fast e le nuove tecnologie richiedono un’elevata capacità di rispondere rapidamente e in maniera permanente ad attacchi, news e soprattutto alle specifiche richieste dei cittadini. Il marketing politico non può più essere collegato soltanto alla campagna elettorale e al rendiconto del lavoro svolto ma punta a costruire il consenso sviluppando un efficace sistema di relazioni e politiche pubbliche. Il presente lavoro di Tesi si propone innanzitutto di esplorare in maniera approfondita il campo d’azione del Marketing politico passando dal livello teorico e didattico della letteratura di riferimento, al livello pratico e sperimentale di una vera campagna elettorale costruita attraverso l’approccio strategico del Metodo CDA (Cacciotto, 2011). Con il Caso Studio proveremo a verificare quindi l’efficienza e l’efficacia del Metodo CDA nel contesto di un piccolo comune fissando due obiettivi ben precisi: costruire un «patto tra generazioni» e vincere le elezioni. Il primo capitolo delinea un quadro generale e teorico sul Marketing Politico tout court, ripercorrendo brevemente le diverse fasi storiche che hanno portato all’ingresso delle tecniche di marketing in politica; viene tracciata chiaramente la diversa natura tra marketing elettorale e marketing politico e viene evidenziata, in entrambi i casi, la necessità di una buona comunicazione politica. Un importante focus sui vari modelli di Marketing politico precede la parte finale del capitolo interamente dedicata al contesto italiano. Nel secondo capitolo è stato riportato l’approccio strategico del Metodo CDA (Capire, Decidere, Agire) elaborato dal Prof. Marco Cacciotto consulente politico di livello internazionale. Nelle tre fasi progressive si spiega come viene analizzato il contesto competitivo (Capire); viene definita la strategia e vengono elaborati i messaggi e i temi della campagna (Decidere); infine si passa alla campagna operativa (Agire). Il terzo capitolo è il vero cuore del lavoro e si basa sull’esperienza diretta nell’organizzazione e nell’attività di consulenza strategica svolta per la Lista “NOI CI CREDIAMO-Giovanni Barone Sindaco” nelle elezioni amministrative 2012 del Comune di Santa Croce Camerina (Rg). -6-
  • 7. Il logo, il programma, i sondaggi, i manifesti, gli spot, i volantini, l’Assemblea Cittadina e Internet: tante componenti diverse ma organizzate in maniera integrata ed inquadrate attraverso un approccio strategico. Infine verranno riportati ed analizzati i risultati della competizione elettorale (affluenza, voti di lista, preferenze dei sindaci) e verrà presentato il programma di comunicazione permanente, inteso come strumento di accountability del lavoro svolto e di definizione di politiche pubbliche sempre più efficaci e partecipate. -7-
  • 8. Capitolo I Il marketing politico: la consulenza strategica e la comunicazione politica. -8-
  • 9. I Il Marketing politico e il Marketing elettorale La mediatizzazione cui è sottoposta la comunicazione politica è un fenomeno strettamente connesso con la commercializzazione della politica stessa. Concetti quali segmentazione, posizionamento, target, ecc., sono ormai entrati a far parte della cultura di organizzazioni che non nascono esclusivamente nel contesto imprenditoriale, ma che necessitano altrettanto di strumenti efficaci per raggiungere i propri obiettivi. A fronte di tale processo, il sistema politico internazionale ha visto aumentare progressivamente l’adozione di tecniche proprie del marketing commerciale. L’entrata in scena del marketing nel mondo della politica avviene nel 1936, quando Roosevelt, da Presidente USA uscente, si serve dell’analisi dell’elettorato, del posizionamento dei propri messaggi e della pianificazione di canali mediali, riuscendo in tal modo ad ottenere la vittoria con un elevato margine sul contendente. In Europa si deve attendere invece il 1978 per sfruttare le potenzialità del marketing in ambito politico, e sarà Margaret Thatcher la prima a farne ufficialmente uso. Negli ultimi anni il connubio «marketing-politica», ha conosciuto una forte accelerazione lasciando una traccia indelebile sul modo di fare politica. I candidati e i messaggi politici sono diventati sempre di più un «prodotto» da adattare al mercato di riferimento (elettorato potenziale), e alla stregua di un qualsiasi bene di consumo, deve essere differenziato dai «concorrenti» e pubblicizzato presso i «consumatori»: “Il marketing è un insieme di tecniche aventi come obiettivo di favorire l’adeguamento di un candidato al suo elettorato potenziale, di farlo conoscere al maggior numero di elettori e a ciascuno di essi in particolare, di creare la differenza con i concorrenti e gli avversari e con un minimo di mezzi, di ottimizzare il numero di suffragi che occorre guadagnare nel corso della campagna”1 ———————————————————————————————— 1 Michel Bongrand, 1993; Mazzoleni, 2004 -9-
  • 10. All’interno dell’azione politica il marketing riveste un’importanza fondamentale soprattutto nella fase strategica e di analisi, durante la quale vengono sottoposti a verifica i desideri e le aspettative degli elettori. Le fasi successive di elaborazione del piano politico e di conduzione della campagna equivalgono sempre più ad una «messa in scena» dei punti studiati durante la prima fase. Il marketing fa dunque il suo ingresso in politica con lo scopo di analizzare il comportamento degli elettori e i loro bisogni, secondo una prospettiva che attribuisce al «cittadino/cliente», un ruolo centrale, e che si mostra sempre più sensibile verso gli aspetti della «customer satisfaction». “Il marketing mette al centro della sua attenzione la relazione di scambio (incontro tra domanda e offerta) tra il produttore e il compratore. Così facendo il marketing assume anche una funzione profondamente democratica: mettere in contatto più stretto il rappresentante (politico) e il rappresentato (cittadino). Il marketing induce il politico anzitutto ad “ascoltare”, ovvero a tendere l’orecchio verso il cittadino-elettore, e solo successivamente a proporre soluzioni e priorità. Alla politica si può applicare quanto le grandi aziende hanno fatto dagli anni sessanta ad oggi: mettere il consumatore all’inizio piuttosto che alla fine del processo di consumo. La soddisfazione dell’elettore, ovvero il consumatore del mercato della politica deve essere l’obiettivo dell’azione del politico. Per arrivarci è necessario comprendere che il cittadino deve avere un ruolo attivo, di primo piano, nel processo della politica: deve guidare scelte e priorità, mentre il politico deve saper ascoltare e rispondere”2 L’obiettivo principale non è quello di ingannare il «consumatore» mediante forme spettacolarizzate del linguaggio pubblicitario, bensì quello di sedurlo e di convincerlo per ottenere il suo voto. È possibile distinguere tra marketing politico e marketing elettorale (Mazzoleni 2004): il marketing politico si riferisce a tutte quelle strategie impiegate dagli attori politici durante i normali periodi di legislatura, quando cioè, non sono volte alla ———————————————————————————————— 2 Cattaneo A.- Zanetto P. Elezioni di successo. Etas, Milano 2003 -10-
  • 11. conquista dei voti; il marketing elettorale è invece l’insieme delle tattiche e degli strumenti utilizzati dai candidati durante le campagne elettorali, aventi come obiettivo la massimizzazione dei consensi. Nonostante il carattere di campagna permanente dell’intera attività politica renda sottilissima la distinzione tra i due tipi di marketing, occorre precisare che l’ottica dl marketing elettorale è limitata sia nel tempo che nello spazio essendo massimo l’impiego di risorse e immediati i risultati del voto nel senso della vittoria, o all’opposto, della sconfitta. Viene cioè a mancare l’azione di medio-lungo termine che contrassegna il marketing politico. Il mutamento della comunicazione politica (sempre più market-oriented) ha portato con sé la necessità di introdurre nuove figure professionali, in grado di gestire le attività di marketing, e di adottare risorse (tangibili e intangibili) 3 e mezzi adeguati. Il marketing politico può essere usato dalla politica in due modi (Cacciotto 2011):  opzione parziale: utilizzando strumenti derivati dal marketing per conoscere meglio le aspettative degli elettori  opzione complessiva: l’intera organizzazione deve cercare di determinare i bisogni e i desideri dei target e soddisfarli in modo più efficace ed efficiente rispetto ai competitori I politici tradizionalmente cercavano di ottenere voti mediante l’utilizzo di due tecniche di base: l’eloquenza e la conoscenza personale del loro elettorato. Conoscendo le persone potevano tenere presenti i loro gusti, interessi e sensibilità, informazioni preziose al momento di pronunciare discorsi. In questo modo il candidato eloquente e conoscitore del suo pubblico predicava su un terreno fertile, raccoglieva applausi e guadagnava adesioni. Oggi il marketing politico si caratterizza per la ricerca di voti con l'ausilio sempre più prevalente della tecnologia e delle tecniche di comunicazione per conoscere e studiare l'elettorato. Così, al massificarsi dei corpi elettorali, gli elettori si contano a milioni non più a centinaia o migliaia e alla tradizionale conoscenza personale di ———————————————————————————————— 3 Ware (Political parties and party systems, 1996) sostiene che ci sono due risorse di base che possono essere usate in una campagna elettorale: soldi e lavoro. A fronte di tale considerazione rientrano nelle risorse tangibili tutti quei finanziamenti che permettono la conduzione di una campagna, e nelle risorse intangibili tutto ciò che è inerente alla gestione e al controllo delle informazioni -11-
  • 12. ognuno di loro e all'eloquenza personale e intuitiva, si integrano forme più efficaci di comunicazione e persuasione (studio dell'elettorato mediante tecniche di sondaggi di opinione, analisi qualitative, ecc..). La comunicazione politica si implementa seguendo una strategia, dettata dalla peculiarità dell'elettorato, in accordo con gli obiettivi del candidato e con l'ausilio di vari mezzi di diffusione di massa. A priori sembrerebbe inadeguato accostare la parola marketing, che presuppone concetti come mercato, prodotto, vendita al consumatore, benefici, ecc., ad una realtà come la politica, che sembra circolare su altri binari, o sembra appartenere ad un altro universo di fenomeni. Tuttavia, senza voler violare i significati, possiamo considerare certi aspetti centrali della vita politica dei paesi, utilizzando idee analoghe a quelle dell'economia. Possiamo considerare i partiti politici come aziende ed i politici come dirigenti. I partiti politici possono essere visti come aziende politiche che producono beni politici (ideologie, servizi politici, decisioni, ecc.). I prodotti politici di partiti e candidati costituiscono l’offerta politica di un Paese in un determinato momento storico. A tale offerta corrisponde una domanda della società o del corpo elettorale. Questa domanda può essere composta da necessità di autorità o di libertà, di giustizia e di efficacia, ecc.. Le «aziende» politiche operano così in un « mercato» dove intervengono l’offerta e la domanda politica ed ogni azienda politica ha una immagine ed una marca istituzionale: socialisti o liberali, conservatori o progressisti, nazionalisti o «globalisti». Gli elettori possono essere visti come consumatori di «beni politici». Un candidato o un partito si «venderà» bene quando l’offerta politica di questo candidato o quel partito è percepita dagli elettori come quella che meglio soddisfa la propria domanda politica. Questa domanda è sempre complessa e, normalmente, latente. Con un procedimento di marketing si cerca, mediante lo studio dettagliato dell'elettorato, di conoscere nei particolari la domanda politica; con la comunicazione politica si vuole che l'offerta del candidato soddisfi meglio possibile questa domanda dell'elettorato (Costa Bonino 2002). -12-
  • 13. L’applicazione delle pratiche del marketing alla politica non la declassa “abbassandola” a prodotto commerciale ma anzi la riconduce al compito di coinvolgere e motivare i cittadini, in modo che la loro scelta sia la più responsabile possibile Il Linguaggio e il marketing sono al servizio del “prodotto”, vale a dire del programma e del Leader: più comunicazione equivale a più democrazia. 4 ———————————————————————————————— 4 Antonio Palmieri, Come Berlusconi ha cambiato le campagne elettorali in Italia. -13-
  • 14. I.1 I modelli di marketing politico Lo studio della politica orientata al marketing riflette la differenza tra campagne incentrate sui candidati (principalmente negli USA) e campagne incentrate sui partiti (principalmente in Europa). Infatti mentre l’approccio dell’americano Newman (1994;1999) è imperniato sulla preparazione e lo svolgimento della campagna da parte dei candidati, l’approccio della studiosa inglese Lees- Marshment (2001;2009) si concentra sui partiti. “Inoltre negli ultimi anni nuovi modelli hanno cercato di verificare l’esistenza di un orientamento al mercato (nel caso di Ormrod attraverso lo studio del comportamento dei partiti nei confronti dei loro differenti stakeholders) e il campo di ricerca si è esteso a nuovi ambiti che vanno oltre la semplice comunicazione: prodotto politico e branding (lloyd 2005; Cosgrove 2007), marketing interno (Bannon 2005), marketing politico locale (Lilleker e Negrine 2006), marketing relazionale (Bannon 2005; Ubertaccio 2009), ed e-marketing (Jackson 2005).” (Cacciotto 2011:48-49) Il modello di Newman è strutturato secondo il modello statunitense e prevede una divisione delle campagne in quattro fasi: pre-primarie, primarie, convention ed elezioni generali. L’approccio di Newman è stato applicato allo studio delle campagne elettorali d Bill Clinton del 1992, che attraverso un orientamento al mercato è riuscita a massimizzare l’efficacia del messaggio perché costruita attorno alle preoccupazioni e ai desideri degli elettori piuttosto che del candidato. Non si tratta quindi di seguire l’opinione pubblica ma di guidarla verso le proprie posizioni. Il modello di Newman si basa sulla segmentazione del mercato (definire i bisogni degli elettori, profilandoli e dividendoli in segmenti specifici), sul posizionamento del candidato (identificare i punti di forza e di debolezza del candidato e degli avversari, scegliere i target segments e stabilire l’immagine da comunicare) e sulla realizzazione della strategia. Quest’ultima fase si articola nelle «quattro P»:  product: il programma  push marketing: la campagna sul territorio a opera degli attivisti  pull marketing: attraverso il sistema dei media  polling: attività di ricerca e sondaggi -14-
  • 15. Lees-Marshment invece ha individuato tre modelli di partito: 5  product oriented party (POP)  sales oriented party (SOP)  market oriented party (MOP) L’approccio del partito orientato al prodotto (POP) è di tipo più tradizionale: si limita a presentare il proprio prodotto nella convinzione che sarà votato semplicemente perché le proprie argomentazioni sono giuste. Non fa uso del marketing per sviluppare il prodotto e nemmeno per la sua comunicazione, neanche in caso di insuccesso. Il partito orientato alla vendita (SOP) si dimostra riluttante a modificare il proprio prodotto, tuttavia utilizza il marketing per identificare gli elettori che possono essere persuasi e per cercare di «vendere» loro il partito attraverso le più moderne tecniche pubblicitarie e di comunicazione. Il SOP non modifica le proprie posizioni per andare incontro ai desideri degli elettori, ma cerca di trovare il modo migliore per convincerli che ciò che offre è anche ciò che loro stanno cercando. Il terzo modello, quello del partito orientato al mercato (MOP), non cerca di modificare ciò che i cittadini pensano ma di fare ciò di cui hanno bisogno e di andare incontro ai loro desideri. Gli elementi fondamentali sono lo sviluppo del prodotto e l’attività di market intelligence, piuttosto che la comunicazione e le attività di campagna elettorale. Questo approccio di Lees-Marshment passa attraverso otto fasi:  market intelligence: il partito cerca di comprendere le richieste degli elettori attraverso campagne di ascolto rivolte ai membri, la creazione di gruppi di lavoro u singole tematiche e incontri pubblici, ma soprattutto attraverso il ricorso a sondaggi, focus groups e tecniche di segmentazione  product design: si predispone il prodotto in base a quanto emerso dalle attività di market intelligence  product adjustment: il prodotto subisce aggiustamenti attraverso la valutazione della realizzazione delle promesse, le reazioni interne, l’analisi degli avversari per trovare elementi di distinzione e individuazione di aspetti ———————————————————————————————— 5 Cacciotto, “Marketing Politico. Come vincere le elezioni e governare”, 2011 -15-
  • 16. da sviluppare per raggiungere segmente necessari al conseguimento degli obiettivi  implementation: con la capacità del leader di crea unità nel partito ed entusiasmo per il nuovo prodotto  communication: fase legata alla comunicazione del prodotto agli elettori da parte non solamente del leader, ma di tutti gli eletti e i membri del partito  campaign: la vera e propria campagna elettorale, che consiste nel ricordare agli elettori gli aspetti principali e i vantaggi del prodotto  election: riguarda la capacità di ottenere da parte degli elettori non solo voti, ma una percezione positiva del proprio operato, dei leader, delle proposte politiche, dll’unità e dell’infallibilità del partito  delivery: il partito deve cercare di portare a termine quanto promesso nel proprio programma -16-
  • 17. I.2 La comunicazione politica nel contesto italiano “La comunicazione politica è quel segmento della comunicazione pubblica gestita dai soggetti che hanno come fine la competizione politico-elettorale per conseguire la democratica gestione del potere. Consiste in azioni di comunicazione rivolte alla società civile e sempre sottoposte al giudizio dell’opinione pubblica, punta a stabilire un “legame sociale” e non è finalizzata al profitto” (Facchetti, Marozzi 2009) La politica richiede l’accettazione di una linea e il rispetto delle regole di coerenza e obbedienza agli interessi generali del partito, in nome di una “disciplina”, e questo in un contesto competitivo, è più che comprensibile. Anzi è fisiologico e i toni decisi e sicuri della comunicazione sono in linea con l’esigenza primaria, che è quella di prevalere nella competizione. In Italia, fino al 1992-1993, la comunicazione politica era monopolio dei partiti, gestita dalle loro leadership interne, e costituiva “la” comunicazione politica complessiva, mentre la comunicazione del Governo e del Parlamento erano molto più istituzionali, tendenzialmente asettiche e formali, se non talvolta reticenti. Le conseguenze delle nuove leggi elettorali succedutesi a partire dalla crisi della Repubblica del 1993-’94 sono state a lungo andare negative, anche in termini di formazione della classe dirigente. Non v’è stata selezione, né confronto vero, caratteristiche che fanno emergere alcuni e restituisce all’anonimato altri secondo un processo di normale classificazione dei valori che pur esiste in quasi tutti i settori sociali. Un parlamento nominato e non eletto, ha prodotto trasformazioni della natura stessa della comunicazione politica, per cui sono rimaste contemporaneamente presenti vecchie (cattive) abitudini, nuove (non rivoluzionarie) realtà e varie aspirazioni/velleità (ad esempio l’affidamento messianico alle primarie, quote rosa, giovanilismo e “nuovismo”) fini a se stessi. La comunicazione politica non ha potuto non tenere conto del fatto che la comunicazione del governo è diventata più importante di quella del Parlamento e -17-
  • 18. quella dei singoli leader più importante dei rispettivi partiti. Esattamente il contrario di quanto era avvenuto fino al 1992-1994. Nel 1994 Berlusconi fu il primo ad introdurre nella politica italiana alcune tecniche normalmente usate nel marketing commerciale, e lo fece adattandole a una realtà che restava comunque refrattaria. La sinistra italiana, in particolare, ha sempre frainteso l’operazione come se fosse un imbarbarimento, un inquinamento della purezza politica ed ha cominciato a parlare di «berlusconismo» come se fosse stato Berlusconi il primo ad inventarsi questa mossa. In realtà Berlusconi non ha fatto altro che portare in Italia, con le sue televisioni negli anni ’80 e la discesa in campo nel decennio successivo, una commistione fra sistema politico, media, marketing e pubblicità che negli Stati Uniti c’era già dalla prima metà del ‘900. Pian piano anche in Italia s’è quindi affermato il «marketing politico» che sarebbe riduttivo giudicare esclusivamente come brutale imbarbarimento della politica, ma piuttosto come un allineamento, per giunta tardivo da parte del sistema italiano, a come funzionano tutte le democrazie moderne. In questo senso Berlusconi non è stato affatto un genio della comunicazione, ma è semplicemente stato il primo in Italia, e per certi aspetti ancora l’unico, ad aver capito fino in fondo come si fa: prima si guarda cosa sta nella testa e nella famigerata “pancia” delle persone, anche cercando di indirizzarlo, poi si comincia a comunicare. Chi non fa così è sempre più destinato a parlarsi addosso. La comunicazione politica italiana dei primi anni Duemila diventa una comunicazione molto personalizzata, caratterizzata dal ricorso a dietrologie e complottismi, legati prevalentemente alle persone e ben poco ai programmi, che vengono anzi banalizzati come “tutti uguali”. Una comunicazione basata totalmente sulla contrapposizione dei fatti enunciati contro le parole, che ha lasciato in concreto largo spazio a strumentalizzazioni e invasioni di campo dei poteri non elettivi, a campagne giornalistiche e a iniziative sempre più frequenti della magistratura penale. La cultura della comunicazione continua quindi ad essere scadente. Per comunicare bene sarebbe necessario fare un semplicissimo cambiamento di prospettiva che in Italia, evidentemente, pochi sono tuttora disposti a fare: uscire da se stessi per -18-
  • 19. mettersi nei panni degli altri. Dimenticare i propri pensieri, desideri, valori, per concentrarsi esclusivamente su quelli della persona o delle persone a cui si vuole comunicare qualcosa. Abbiamo avuto anni di quella che Giovanna Cosenza definisce «SpotPolitik»: la politica che imita il peggio di ciò che fanno certe aziende italiane con la pubblicità. Quella che pensa che per comunicare basti scegliere uno slogan generico, due colori per il logo e qualche foto per le affissioni. Quella che riduce la comunicazione coi cittadini fosse solo una questione estetica superficiale e scelta grafica. O di cerone per andare in TV (Cosenza 2012). “Molti, specie a sinistra, identificano questa politica con il «berlusconismo», e spesso la riconducono alla famosa “discesa in campo” di Silvio Berlusconi. Sbagliato. Di «SpotPolitik» hanno peccato negli ultimi anni tutti i partiti italiani. Con pochissime eccezioni. Certo nel 1994 Berlusconi fu il primo ad introdurre anche da noi in Italia una commistione fra sistema politico, media, marketing e pubblicità, ma negli USA questa mescolanza c’era già almeno dalla metà del ‘900. Oggi però la politica spettacolarizzata riguarda tutte le democrazie mature, pur in varie dosi e varianti nazionali. In Italia un po’ alla volta tutti i partiti sono stati contagiati da una sorta di impulso irrefrenabile a copiare, più o meno malamente, il Berlusconi degli esordi. Persino Berlusconi, via via sempre meno smagliante ed efficace, ha cominciato a scimmiottare il se stesso delle origini. Ed è così che la «SpotPolitik» s’è diffusa a macchia d’olio, fino a condurci agli eccessi degli ultimi anni (Cosenza 2012). La comunicazione anche quando è scorretta, ingiusta o falsa, può restare impressa e agire pure a distanza di anni. Proprio come la «SpotPolitik» di Giovanna Cosenza: ma se la conosci la eviti. Non c’è nulla di disprezzabile nel fatto che per comunicare si debba uscire da se stessi fin quasi a sentire le viscere altrui come fossero le proprie e la comunicazione è innanzitutto una relazione fra persone: le persone sono dotate di corpi che sentono, vedono, percepiscono il mondo e sono inoltre attraversate continuamente da emozioni, prima ancora che da pensieri logici e argomentazioni razionali. -19-
  • 20. Non si vuol affermare che i cittadini abbiano davvero sempre ragione ma si vuol prendere come assunto necessario l’idea che gli altri possano di principio avere ragione e tenerlo ben fermo in testa se si vuole comunicare in modo efficace e raggiungere gli obiettivi prefissati: vendere un «prodotto», far conoscere il nuovo marchio, persuadere un certo elettorato della bontà delle soluzioni ai problemi del Paese. Bisogna quindi adottare un metodo nuovo in una duplice prospettiva: i politici dovrebbero avere una disposizione mentale rivolta ai cittadini per uscire dal loro mondo e sintonizzarsi con quello degli elettori. Mentre una comunicazione forte e con le idee chiare circa il proprio ruolo utilizza l’effetto annuncio come strumento di influenza e di orientamento degli elettori, una comunicazione incerta e contraddittoria evidenzia soltanto divisioni e debolezze. Il governo Prodi 2006-2008 è in questo senso un paradigma di tutto ciò che non deve essere fatto nel rapporto tra politica dei contenuti e comunicazione. Esternare problemi e incertezze, diversità di opinione e preoccupazioni di coerenza, può essere moralmente virtuoso e molto «democratico», ma è quanto di peggio possa accadere in termini di comunicazione politica, che è incompatibile sia con il solo enfatico effetto-annuncio da un lato, sia ancor di più con la radiocronaca minuto per minuto dei problemi e delle mille difficoltà Alla fine del 2007, con la nascita del Partito Democratico, Veltroni decide di combattere Berlusconi con le stesse armi: purtroppo però lo fece in modo maldestro, cioè traendo dalle tecniche commerciali solo gli aspetti più esteriori e volatili: scelte cromatiche per il logo e manifesti, invenzione di formule generiche per gli slogan, coinvolgimento di testimonial provenienti dallo spettacolo. Per di più imita la comunicazione di Obama senza adattarla al contesto italiano. Nell’Aprile 2008 la sconfitta elettorale lo punisce, ma da allora il Pd pur cambiando segretario non riesce più a liberarsi dall’idea superficiale di comunicazione che gli ha impresso Veltroni. L’idea è sempre stata che la comunicazione potesse essere ridotta alla retorica del bel discorso e all’estetica dei manifesti, e non comportasse, invece, una capacità fondamentale da parte dei leader di entrare in relazione con gli -20-
  • 21. elettori e le elettrici, condividendo con loro essenzialmente due cose: emozioni e valori. Dal 2009 iniziano a scoppiare gli scandali: Noemi, Veronica Lario, Patrizia D’Addario e infine il caso Ruby. Berlusconi, mese dopo mese, dopo una breve reazione iniziale, comincia a perdere colpi e anche lo smalto comunicativo di cui fino a quel momento ha dato prova finisce per appannarsi: colui il quale era sempre stato il più abile di tutti nell’interpretare la mente e il cuore della maggioranza degli italiani, comincia a dar prova di quell’autoreferenzialità che mina alla base qualunque tentativo di comunicazione efficace (Cosenza 2012). Oggi la frattura tra opinione pubblica e l’élite partitica sembra pienamente consumata e il successo del trasferimento nel mondo reale del Blog di Beppe Grillo con il successo in Sicilia del Movimento 5 Stelle (15 deputati regionali e partito più votato con il 14,9%) e con i sondaggi che lo danno al 18,9%6 a livello nazionale, ne è un sintomo assolutamente inequivocabile. Per costruire una strategia di comunicazione politica efficace bisogna imparare dagli errori e comunque una buona comunicazione può non essere sufficiente a vincere le elezioni perché ci vogliono soprattutto i contenuti. Ma certamente è necessaria, perché senza comunicazione i contenuti restano nel cassetto. Perciò distinguere i due piani non implica indifferenza qualunquistica, né sottovalutazione dei contenuti, dei programmi e dei valori politici, anzi: è proprio dai valori di base che si deve partire per costruire una strategia di comunicazione che sia degna di questo nome. Ma distinguere i due piani è una necessità metodologica fondamentale che serve a progettare una nuova campagna, se si è coinvolti nell’opera; come pure ad analizzarne un già fatta e finita senza farsi influenzare da giudizi di parte o partito. Infine bisogna concentrare l’attenzione anche sulla personalizzazione della politica, quel fenomeno per cui, nelle democrazie cosiddette “mature” di tutto il mondo, al centro della scena politica e mediatica non stanno più i partiti e le organizzazioni (sindacati, comitati, associazioni) ma le persone che li guidano. I partiti sono ———————————————————————————————— 6 Dati ISPO 20/11/2012 -21-
  • 22. comunque necessari, perché sono macchine economiche e organizzative che servono a raccogliere consensi e voti, e senza il loro sostegno è assai improbabile vincere una competizione elettorale; ma l’attenzione dei cittadini è rivolta sempre più ai leader, a come si presentano, a ciò che dicono e come lo dicono, a ciò che fanno. -22-
  • 23. Capitolo II Il metodo CDA: un approccio strategico per vincere le elezioni e governare. -23-
  • 24. II Il metodo CDA: un approccio strategico per vincere le elezioni e governare La politica, i partiti e i politici non hanno mai goduto di una fiducia e di una considerazione tanto bassa quanto in questo preciso periodo storico. Disinteresse e disaffezione hanno ormai ridotto ai minimi termini anche la portata stessa del confronto democratico su cui la politica, da sempre, si è basata. Come è stato ampiamente descritto nel primo capitolo, il marketing politico- elettorale potrebbe rappresentare un mezzo concreto per riuscire nella non facile impresa di riavvicinare il cittadino alla politica. L’offerta politica ha dunque bisogno di avere differenziazioni, indiscutibili e duraturi vantaggi competitivi se vuole partecipare alle sfide politiche e vincerle. In che cosa allora differenziarsi? Nella progettualità politica, nell’azione politica, negli uomini che debbono fare politica, nella comunicazione e nella propaganda, nell’approcciare e rappresentare al meglio il cittadino-elettore. Per fare tutto ciò serve un approccio strategico che richiede un’accurata analisi del contesto competitivo per definire le mosse migliori, impiegare al meglio le risorse ed evitare errori: serve un metodo. Il metodo che riporto in questo capitolo, e che mi ha guidato nel caso studio della campagna elettorale della Lista “NOI CI CREDIAMO-Giovanni Barone Sindaco”, è da attribuire a Marco Cacciotto, tra i più importanti spin doctor in Italia e in Europa e relatore del mio lavoro di tesi. Cacciotto ha chiamato il suo approccio strategico Metodo CDA (capire-decidere- agire). Questa metodologia di costruzione delle campagne elettorali e permanenti, è composta di tre fasi:  Capire: attenta analisi degli obiettivi, degli attori in campo, delle regole e del terreno di gioco  Decidere: definizione della strategia, dei pubblici e dei messaggi adatti a raggiungere gli obiettivi -24-
  • 25. Agire: attuazione di una comunicazione creativa, mirata ed efficace, monitoraggio e verifica dei risultati. La campagna operativa. Come afferma Cacciotto nel suo ultimo libro “Marketing politico. Come vincere le elezioni e governare”: “[…]in ciascuna delle tre fasi una campagna può fallire, ma la più rischiosa è sicuramente la seconda: la definizione del messaggio. Il messaggio non è semplicemente l’uso di alcune parole accattivanti, ma l’elemento centrale di una campagna: il motivo per il quale l’elettore dovrebbe votare in un modo piuttosto che in un altro. Messaggio che è parte di una narrazione, di una storia che viene presentata gli elettori[…]” (Cacciotto 2011:10) -25-
  • 26. II.1 CAPIRE: analisi degli obiettivi, degli attori in campo, delle regole e del terreno di gioco Una buona campagna elettorale si fonda su alcuni pilastri fondamentali (Cacciotto 2011):  Voto solido (militante consolidato)  offerta solida di contenuti e valori  una coalizione affidabile e coesa  una leadership riconosciuta  grande capacità operativa Bisogna immaginare uno scenario realistico in cui il proprio candidato possa prevalere il giorno del voto e individuare i passi necessari per realizzare tale ipotesi (Grandi, Vaccari 2007). Nell’impostazione della campagna è utile fare un’accurata analisi del contesto competitivo attraverso quattro ambiti di ricerca (Cacciotto 2011):  Voto solido (militante consolidato)  Candidate research (analisi dl candidato e degli avversari principali)  Voter research (analisi dell’elettorato)  Issue research (analisi delle tematiche più decisive in termini di scelte di voto)  Media research (analisi dei media e delle loro influenze sull’opinione pubblica) La parola strategia è spesso utilizzata a sproposito. Si tratta di un’arte che implica la capacità di rilevare e interpretare informazioni, di mettersi nei panni della controparte in modo da prevederne e influenzarne la condotta. Il pensiero strategico richiede di “riuscire meglio dell’avversario sapendo che questi sta cercando di fare esattamente lo stesso”7. ———————————————————————————————— 7 Dixit e Nalebuff 2008; Cacciotto 2011 -26-
  • 27. Una campagna efficace deve tenere insieme strategia e tattica: mentre la prima definisce gli obiettivi, la seconda indica come realizzarli. Nella definizione degli obiettivi vanno valutati attentamente il contesto di partenza e la possibilità di modificarlo a proprio favore, vanno inserite con una cadenza temporale le proprie mosse, ma anche previste quelle dell’avversario. Secondo Facheaux (Facheaux 2009) qualsiasi campagna elettorale ha bisogno di quattro strategie specifiche che riguardano rispettivamente:  Il posizionamento (per Facheux corrisponde al messaggio)  La sequenza delle comunicazioni (ordine con cui introdurre gli elementi positivi, comparativi e negativi del messaggio)  La tempistica e l’intensità (quando avviare le attività e con quale tono)  La mobilitazione/persuasione (puntare sul coinvolgimento degli elettori più vicini o su quelli indecisi e suscettibili di essere persuasi). L’essenza della strategia politica risiede nella capacità di contrapporre il proprio punto di forza al punto di maggior debolezza dell’avversario. Il termine strategia deriva dal greco strategòs (composto da stratòs, esercito e àgein, condurre) che indicava, nell’antica Grecia, il responsabile delle campagne militari per proteggere la propria città. A differenza della tattica, che riguarda le decisioni da prendere giorno per giorno per raggiungere gli obiettivi di partenza, la strategia opera nel medio-lungo periodo e non dovrebbe essere mai modificata a meno che non sia radicalmente cambiato il contesto di partenza (Cacciotto 2011:62) -27-
  • 28. II.1.1 Il contesto competitivo La corretta impostazione della strategia si rivela essenziale, in modo particolare nella fase iniziale in cui si punta a definire il contesto competitivo e gli avversari attraverso una massiccia raccolta di informazioni per elaborare in maniera coerente e vincente il piano e il messaggio della campagna. Bisogna raccogliere dati su:  Il candidato e i suoi avversari  L’elettorato della circoscrizione/collegio  L contesto socioeconomico, culturale e politico  Il sistema dell’informazione  Gli stakeholders utili al raggiungimento degli obiettivi e dell’esito finale. È importante considerare fattori altrettanto decisivi come:  Clima d’opinione  Andamento economico  Approvazione dell’amministrazione uscente (o opposizione)  Regole del gioco (sistema e norme elettorali)  La congiuntura politica nazionale e locale  Tenuta delle coalizioni e delle alleanze  Qualità delle candidature  La comunicazione politica Di fondamentale importanza al fine di sviluppare un’accurata analisi sono i sette collegi della politica: 1. Politico nazionale 2. Politico locale 3. Elettorale 4. Di categoria 5. Degli influenti 6. Della concorrenza 7. Dei media -28-
  • 29. Il collegio politico nazionale è composto dalle segreterie e dai leader nazionali di partito che avranno il potere decisionale sulle candidature. Leader locali (provinciali e regionali) compongono il collegio politico locale spesso decisivo nell’espressione delle candidature. Comprendere il collegio elettorale e quindi comprendere gli elettori significa analizzare bene lo storico elettorale, le dinamiche demografiche e socioeconomiche, le priorità e le intenzioni di voto. I collegi di categoria e degli influenti sono composti da associazioni, gruppi e opinion leaders che possono conferire sostegno, autorevolezza, credibilità e forza ad una candidatura: è in questo caso che si parla di endorsement. Infine, il collegio dei concorrenti è composto dai concorrenti che possono essere interni o esterni al partito mentre il collegio dei media è composto dal mondo dell’informazione e dai giornalisti che si occupano di politica. L’attenzione dei media può creare tematiche e personalità, portandole a conoscenza dell’opinione pubblica e facendole diventare oggetto di discussione politica (Cacciotto 2011). -29-
  • 30. II.1.2 Il Candidato “La personalizzazione della politica ha trasformato il candidato in una componente essenziale della campagna e del processo decisionale da parte degli elettori” (Cacciotto 2011). Il punto di partenza per costruire il profilo di identità di un candidato non può che essere un’attenta analisi dei punti di forza e di debolezza: personali, professionali e politici. Storytelling, preparazione dei candidati all’esposizione mediatica ed esaltazione degli aspetti migliori per creare sintonia e “chimica” con gli elettori. Si aggiungano anche le caratteristiche legate al ruolo del candidato (uscente o sfidante), all’oggetto della comunicazione (progetto o persona) e al clima di opinione generale. Le caratteristiche personali, professionali e politiche definiscono il profilo di identità del candidato. Costruire il profilo richiede tempo e grande accuratezza, poiché non potrà essere facilmente modificato, e necessita di tre fasi:  Identificazione degli elementi chiave della personalità del candidato  Elaborazione del profilo di personalità comunicabile  La verifica della congruità e dell’efficacia del profilo Contenuti e idee rimangono fondamentali, ma bisogna comunicarli sotto forma di messaggio nel quale il candidato è parte integrante. Il profilo d’identità va poi tradotto in un profilo d’immagine “è la sua rappresentazione esterna, la sua messa in scena per il pubblico che guarda. L’immagine di una persona è costituita dalle percezioni dominanti che essa induce in altri” (Pozzi, Rattazzi 1994) Il corpo del leader è continuamente esposto sui media, ripreso, fotografato e zoomato in tutte le situazioni e posizioni possibili. Debolezze e mancanze (ad esempio nella vita sessuale) possono tradire più delle parole l’umanità del personaggio pubblico mentre gli affetti più intimi verso i figli, moglie, marito, parenti e amici lo riportano ad una dimensione “mortale”. Indietro non si può tornare e quindi anche in Italia i politici devono ora fare i conti con l’ossessione quotidiana dei media per il loro privato. E per questo un politico che vuole comunicare bene deve imparare a gestire il proprio corpo: dalla postura -30-
  • 31. all’abbigliamento. Dalle espressioni facciali ai gesti nei discorsi pubblici, fino agli scatti fotografici che lo mostrano con la famiglia e gli amici. La maggiore attenzione va sul volto: il volto è la prima cosa che guardiamo di una persona, è da li che capiamo se qualcuno è disposto bene o male nei nostri confronti ed è sempre dal volto che cerchiamo di capire se sta mentendo o dice la verità. Nella comunicazione politica è ormai d’uso comune il termine “metterci la faccia” come marca di autenticità e credibilità. Di conseguenza si parla anche del “perdere la faccia”nel momento in cui non si dice tutta la verità e si fanno promesse che non verranno mai mantenute. Per comprendere il processo decisionale degli elettori è stato sviluppato il modello political triangle (Worcester 1991).La forma a triangolo serve a misurare e visualizzare i tre fattori che sono decisivi nella scelta dell’elettore: immagine del leader, immagine del partito e issues (tematiche e proposte politiche). -31-
  • 32. II.1.3 Gli elettori Dopo aver analizzato attentamente il candidato e i suoi competitors, si passa all’analisi dell’elettorato al quale la campagna dovrà rivolgersi.: i dati e le ricerche permetteranno di suddividerlo secondo diverse variabili come il sesso, istruzione, condizione socio-economica, impiego etc… Bisogna sempre rivolgersi a tutti gli elettori, ma occorre selezionare attentamente gli elettori che saranno decisivi per vincere e concentrare maggiormente su di essi le proprie attività. Per individuare quindi i target è necessaria una segmentazione, attraverso sondaggi o l’incrocio di dati di vario tipo. Si possono individuare due tipi di segmentazioni: a priori e post hoc8. La prima segmentazione è ottenuta attraverso l’identificazione di una serie di cluster prima che avvenga la ricerca e gli elettori vengono divisi in base al livello di appartenenza politica e al momento di decisione di voto. La seconda segmentazione prevede la formazione di gruppi in seguito alla ricerca usando tecniche statistiche per suddividere gli elettori in gruppi similari e distinguerli dagli altri. Questo avviene in base a una serie di variabili che sono principalmente di tipo geografico, sociodemografico, comportamentale e psicologico. “Un segmento deve sempre essere misurabile, accessibile, consistente, stabile e unico” (Baker 2000). Perciò guardando al comportamento passato o alle intenzioni di voto, ci sono solamente tre tipi di elettori (Malchow 2003):  Intenzionati a votare il candidato  Intenzionati a votare altri candidati  Indecisi Se aggiungiamo la propensione a recarsi alle urne si possono distinguere tre macrocategorie:  Base propria (elettori solidi e/o orientati)  Incerti (veri incerti, potenziali traditori)  Base dell’avversario (solidi e/o orientati) ———————————————————————————————— 8 Cwalina, Falkowsi e Newman, 2007 -32-
  • 33. Gli elettori solidi rappresentano lo zoccolo duro di un partito/candidato mentre quelli orientati sono gli elettori che non voterebbero mai per un competitor ma vanno mobilitati. Gli incerti, quelli veri, non sono gli indecisi bensì coloro che prendono in considerazione la possibilità di votare candidati/partiti competitor. Esiste però un ulteriore modello di scomposizione dell’universo elettorale in categorie culturali/ideologiche:  Voto solido (militante consolidato)  Voto razionale (voto d’opinione dettato dal programma e dal leader)  Voto d’impulso (scelta del meno peggio o di quello che ha comunicato meglio e di più) Per elaborare un posizionamento efficace e per definire target specifici bisogna quindi identificare i voti necessari, analizzare il sistema valoriale, i temi e i problemi più sentiti e infine dividere gli elettori in gruppi a seconda della propensione di voto e delle preferenze politiche. -33-
  • 34. II.1.4 L’opinione pubblica “Io non condurrei mai una campagna elettorale senza effettuare adeguati sondaggi di opinione, ma neppure mi affiderei mai completamente ai loro risultati”. -Joe Napolitan- Il concetto di opinione pubblica è fondamentalmente prodotto dal’Illuminismo. L’idea è strettamente congiunta alle filosofie politiche liberali della fine del XVII e XVIII secolo (Locke, Rousseau) e in particolare alla teoria democratica del XIX secolo (Bentham). Sebbene il concetto di opinione pubblica non emerga fino all’Illuminismo, tanto opinione che pubblico,esprimevano prima di quell’epoca molteplici significati: opinione era usato per riferirsi sia ai processi razionali/cognitivi sia ai processi non razionali/sociali. Il termine pubblico condivideva un analogo doppio uso. Per dirla con Abramo Lincoln: il temine pubblico significava in origine “del popolo” (quando riferito al comune accesso), e “per il popolo” (quando riferito al bene comune). Venne a significare “dal popolo” (cioè portato avanti dalla gente comune). L’unione di pubblico e opinione in una singola locuzione, utilizzata per riferirsi ai giudizi collettivi al di fuori della sfera del governo che influenzano l’agenda politica, si verificò in Europa in seguito all’operare su larga scala di tendenze le più diverse possibile di carattere sociale, economico e politico: gli inglesi nel ‘700 usavano le frasi «opinion of the people» e «opinion of the public» e Rousseau intorno al 1744 avrebbe usato l’espressione «l’opinion publique» (Price 2004). Se gli anni’30 del secolo scorso hanno visto la nascita della misurazione dell’opinione, gli anni’90, con ogni probabilità, ne hanno rappresentato l’ingresso nella maturità. L’avvento e la rapida espansione di Internet, insieme all’attenzione al costo e all’efficacia delle indagini faccia a faccia e di quelle telefoniche, hanno introdotto nuovi modi di raccolta dati. La posta elettronica e le indagini basate sulla rete sono ampiamente utilizzate tanto dalla ricerca scientifica che commerciale. Questi nuovi strumenti di indagine, consentono una raccolta di dati veloce ed economica, -34-
  • 35. insieme a possibili miglioramenti della misurazione dovuti alle potenzialità della TV e degli altri media (Schaefer e Dilman 2008; Couper 2000). Oggi abbiamo quindi una grande produzione di nuovo sapere centrato sulla critica dell’opinione pubblica contemporanea e quanto di essa viene percepito come inadeguato. I mass-media hanno trasformato il “pubblico dei lettori”, un gruppo che discuteva in modo critico e razionale, in un’audience che legge e ascolta. Il potere politico di un pubblico attento è di tanto in tanto esercitato direttamente (ad es. in una elezione), ma opera anche indirettamente e in maniera più continua attraverso le percezioni che ne hanno gli attori politici, i quali, sempre più, misurano la propria efficacia nel mondo politico attraverso indicatori della risposta pubblica. Il potere politico di un pubblico attento sta quindi “non tanto in quello che fa, ma nella percezione degli attori politici di ciò che potrebbe fare”(Price 2004). Il sondaggio è divenuto lo strumento più utilizzato da candidati e partiti per cercare di comprendere cosa richiede il “mercato elettorale”. Negli USA erano utilizzati già negli anni Trenta, mentre si sono affermati in Italia solo recentemente grazie, come abbiamo già avuto modo di dire, alla diffusione del telefono e alla “discesa in campo” di Silvio Berlusconi. Sensibilità, orientamenti, giudizi, valori, bisogni e domande: sono queste le variabili che interessano le ricerche d’opinione. Queste si possono distinguere in base all’obiettivo che ci si pone e al carattere quantitativo o qualitativo. In base all’obiettivo si distinguono i sondaggi conoscitivi (tesi a rilevare livelli di conoscenza, gradi di soddisfazione, stili di vita, motivazioni, orientamenti di voto, etc..) o previsivi (quando si tratta di prevedere gli sviluppi futuri di un fenomeno) (Natale 2009). Tra le ricerche quantitative rientrano i sondaggi di benchmarking (possibili candidature e indicazioni per la campagna), di tracking (per individuare fluttuazioni nelle opinioni e nelle intenzioni di voto), e di quick response (per misurare la reazione dell’elettorato contemporaneamente o dopo eventi e trasmissioni TV) (Cacciotto 2006;2011). Esistono infine le ricerche qualitative che permettono di cogliere aspetti del background in cui opera il candidato, è di tipo meno strutturata e permette di -35-
  • 36. produrre materiale narrativo. Gli strumenti principali di queste ricerche sono i focus groups, ma anche le interviste individuali e la dial meter analysis I sondaggi e le ricerche si presentano oggi come strumento imprescindibile nella programmazione di una campagna elettorale e sono in grado di influenzare le scelte politiche (coalizioni, alleanze, programmi) troppo spesso a discapito dei principi e delle prospettive di medio-lungo termine. -36-
  • 37. II.2 DECIDERE: definire la strategia, gli obiettivi, i pubblici, i messaggi “Niente procura tanta stima a un principe quanto il fatto di compiere grandi imprese e di fornire un’eccezionale immagine di se stesso[…]Un principe deve sforzarsi soprattutto di dare un’immagine di uomo grande e di ingegno eccellente[…]Deve anche, nei momenti opportuni dell’anno, distrarre il popolo con feste e spettacoli” -N. Machiavelli- Dopo aver analizzato e capito bene il contesto competitivo, bisogna definire e decidere le mosse strategiche della campagna elettorale. In questa fase la definizione della strategia passa attraverso la valutazione delle alternative strategiche e organizzative, gli obiettivi, la segmentazione elettorale, la scelta dei messaggi e degli strumenti e la definizione del posizionamento.  Cosa dire: individuare temi e messaggi  Come dirlo: stile comunicativo  A chi e dove dirlo: targeting dell’elettorato, piano di eventi e agenda delle varie fasi e attività La campagna elettorale è un momento cruciale del meccanismo della rappresentanza. È il tempo in cui il candidato si presenta pubblicamente, espone le sue idee e i suoi programmi, e dichiara in che modo intende rappresentare, se eletto, la volontà popolare. Le strategie di comunicazione a cui fanno ricorso oggi i politici e i partiti sono molteplici, come dimostra la complessa strategia del marketing politico. Le odierne campagne elettorali sono spesso definite come “battaglie delle immagini”, come per sottolineare che la parte drammaturgica è quella che fa più notizia e che colpisce di più l’immaginario collettivo. Strettamente legata alla comunicazione elettorale vi è l’azione di informazione dei media, definita copertura giornalistica degli eventi, dei personaggi e dei loro messaggi. Dalla consapevolezza del potere mediatico di strutturare il clima di opinione in una campagna, ne deriva la necessità di decidere azione di news management, ovvero strategie indirizzate ad assicurarsi una copertura informativa favorevole (Mazzoleni 2004). -37-
  • 38. II.2.1 Definire la strategia e gli obiettivi “[…]alcuni principi, per conservare con sicurezza lo stato, hanno disarmato i loro sudditi; alcuni altri hanno tenuto divisi i territori sottomessi; alcuni hanno sostenuto inimicizie contro a se medesimi; alcuni altri si sono volti a guadagnarsi quelli che gli erano sospetti nel principio del suo stato; alcuni hanno edificato fortezze; alcuni le hanno ruinate e distrutte[…]non fu mai, dunque, che uno principe nuovo disarmasse i suoi sudditi; anzi quando li ha trovati disarmati, li ha sempre armati; perché, armandosi, quelle armi diventano tue; diventano fedeli quelli che ti sono sospetti; e quelli che erano fedeli si mantengono e di sudditi si fanno tuoi partigiani[…] quando tu li disarmi, tu cominci a offenderli; mostri che tu abbi in loro diffidenza o per viltà o per poca fede[…]” -N. Machiavelli- Si parte da una conoscenza approfondita del contesto, inteso non come costante da accettare, bensì come variabile da modificare a proprio favore. L’elaborazione del pensiero strategico e la realizzazione degli obiettivi di modifica del contesto iniziale necessitano di tempo e per questo bisogna definire una prospettiva di medio-lungo periodo: “gli ostacoli devono essere rimossi, neutralizzati o trasformati in punti di forza. I vantaggi del presente devono essere accentuati e resi più rilevanti nel futuro. Nuove opportunità devono essere individuate e messe a frutto” (Grandi e Vaccari 2007). La messa in atto della strategia è fondamentale dal momento che in politica ci sono degli obiettivi da raggiungere, dei mezzi da impiegare e dei tempi da rispettare. Come vedremo più avanti la strategia ha un suo normale sviluppo anche e soprattutto nel periodo extraelettorale, per permettere ai partiti ed ai politici di mantenere un costante rapporto con l’elettorato anche al di fuori delle elezioni. Non si può più pensare di improvvisare strategie elettorali dell’ultimora. A prima vista sembrerebbe che gli obiettivi di una campagna elettorale siano molto semplici ed evidenti: vincere le elezioni. Allo stesso tempo sembra anche ovvio che -38-
  • 39. tutti i voti sono buoni e che si dovrebbe orientare la campagna verso ciascuno allo stesso modo, per ricevere la maggiore quantità possibile di suffragi. Questa versione del senso comune non è, tuttavia, molto produttiva, dato che ci sono partiti che non possono prospettarsi di vincere le elezioni, perché non hanno sufficiente potenziale, e perché se un candidato si rivolge ad un supposto “elettore ideale medio”, con un unico messaggio, può accadere che non incontri nessun elettore reale con queste caratteristiche. Un partito minuscolo, che non può prospettarsi come obiettivo di vincere le elezioni nazionali, dovrebbe prospettarsi obiettivi realistici che gli permettono di occupare un ruolo importante nel sistema, come partito “cardine” o di appoggio, sfruttando la sua posizione ideologica, la frammentazione dei partiti e la difficoltà per governi di ottenere appoggi parlamentari alla loro gestione. Quale che siano gli obiettivi, in accordo con le reali possibilità, vincere le elezioni o raggiungere una determinata portata di voti, gli obiettivi prioritari ed il contenuto dei nostri messaggi dovranno variare sostanzialmente. Gli obiettivi più modesti autorizzano una maggiore omogeneità e consistenza ideologica del discorso. La ricerca di un appoggio di massa alimenta che i grandi partiti si differenziano sempre meno sul terreno delle idee, e fa che la necessaria differenziazione debba cercarsi in risorse più sottili di immagine e comunicazione. Gli obiettivi principali che può cercare una forza politica in una elezione possono ridursi a tre (Costa Bonino 2002):  Diffondere le proprie idee o il proprio progetto  Ottenere una determinata portata di voti  Vincere le elezioni. Il primo caso può esemplificarsi con alcuni partiti minoritari, che senza possibilità di incidere sulla politica del governo, possono prospettarsi come obiettivi riscuotere notorietà, diffondere le loro idee, e ricevere un certo numero di voti che potrebbero convertirsi in militanti per nuove campagne. Nel secondo caso si collocano alcuni partiti piccoli e medi, sovente partiti ideologici o di quadro. Questi partiti molte volte non hanno la possibilità reale di vincere le elezioni nazionali, però le loro risorse di quadro, in militanti o la loro vicinanza o compatibilità ideologica con partiti maggiori li pone in condizione di -39-
  • 40. formare coalizioni di governo. Questi partiti possono modellare le loro strategie contrassegnando come obiettivo di pervenire ad una portata di voti che li rendono attrattivi per formare coalizioni. Il numero di voti ideali è quello che, sommato ai voti che si presume raggiungerà il suo possibile alleato, gli permette di arrivare ad una coalizione maggioritaria in parlamento. Infine, l’obiettivo di vincere le elezioni possono prospettarselo, ragionevolmente, pochi partiti o candidati. Per questi gruppi, la definizione degli obiettivi prioritari ed i temi della campagna assumono una importanza critica. Un’ulteriore distinzione possibile è sulla natura degli obiettivi:  Obiettivi quantitativi  Obiettivi qualitativi Con gli obiettivi quantitativi ci troviamo in presenza di obiettivi indicati sotto forma di numeri (consenso nel periodo extraelettorale ed elettorale, crescita numerica dei voti e del consenso, crescita del partito, crescita della presenza in particolari zone, realizzazione di maggioranze, conquista del collegio da parte di un candidato, ecc.). D’altra parte gli obiettivi qualitativi sono legati a specifiche situazioni (migliore conoscenza dell’elettorato. Individuazione dei segmenti-target, sensibilizzazione dei cittadini-elettori, efficace riscontro di un’azione politica, felice campagna di comunicazione, crescita dei simpatizzanti e del militanti, acquisizione di nuovi elettori, migliore immagine e maggiore notorietà di partito e di candidato, successo del candidato in un collegio, attuazione di alleanze politiche, ecc) (Foglio 1999). In ogni caso gli obiettivi da conseguire dovranno essere chiari, concreti, accessibili e non irreali e irraggiungibili. A qualsiasi livello si candidi, un politico deve rispondere ed aver sempre presente:  perché ti candidi?  perché dovrebbero votarti? Le condizioni iniziali di vantaggio o di svantaggio di una coalizione o di un candidato sono strettamente correlate ad una serie di vincoli legati al ruolo (uscente, sfidante, delfino), alle scelte di comunicazione (comunicare la persona o il progetto) e al clima di opinione generale (propensione al cambiamento). -40-
  • 41. In caso di condizioni iniziali vantaggiose, ad esempio, bisogna pensare a come mantenerle tali fino al giorno del voto; è inoltre buona regola evitare l’immobilismo e cercare di prevedere le mosse dell’avversario per essere in grado di rispondere con rapidità. Sebbene i candidati contino, lo schieramento politico e il partito costituiscono una base di partenza e un vincolo. La maggior parte degli elettori valuta i candidati e proposte, ma tende a votare lo stesso partito (fedeltà di partito) o per la stessa coalizione (fedeltà di coalizione). Questa però, rispetto al voto di appartenenza, è una fedeltà leggera (Natale 2002) che deve essere riconfermata continuamente e che, soprattutto nelle elezioni amministrative può essere tradita. Bisogna quindi capire sin da subito se rappresentare la continuità o la discontinuità e se impostare la comunicazione sulla persona o sul progetto. Oggi siamo alla terza fase del progressivo processo di modernizzazione delle campagne elettorali, quella che il consulente politico Marvin Chernoff chiama positioning era. Il termine posizionamento è stato introdotto da Al Ries e Jack Trout, che scrissero nel 1973 una serie di articoli intitolata “The Positioning Era”.9 Per Ries e Trout in una società sovraccarica di messaggi (overcommunicated) come la nostra, l’unico modo di far pervenire e accettare il proprio prodotto è quello di focalizzarsi su un preciso target a cui inviare un messaggio “ipersemplificato” e di “manipolare” ciò che è già nella mente delle persone invece di creare qualcosa di nuovo e differente. La prima fase, l’era del prodotto, è collocabile nell’immediato dopoguerra ed era caratterizzata principalmente dal tentativo di evidenziare le caratteristiche positive del programma, mentre la seconda, l’era dell’immagine, ha avuto inizio negli anni sessanta e operava principalmente sulla desiderabilità dell’immagine e sulle percezioni degli elettori. L’era del posizionamento è quindi caratterizzata dal tentativo di far emergere le specificità del candidato e del suo programma rispetto ai concorrenti attraverso un accorto uso dei media. ———————————————————————————————— 9 La serie fu pubblicata dalla rivista Advertising Age. -41-
  • 42. Partiti e candidati possono assumere quattro diverse tipologie di posizionamento (Collins e Butler 1996;2002):  leader  challenger  follone  nicher Il leader è la coalizione o il partito che ha il maggior numero di consensi elettorali, il candidato che corre per il partito/coalizione che ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni precedenti o è accreditato del primo posto nei sondaggi preelettorali. Dovendo rivolgersi a un’ampia platea di elettori, può trovarsi a comunicare con pubblici dagli interessi contrastanti; deve quindi riuscire a trovare un messaggio unificante per una coalizione necessariamente trasversale. Il leader è soggetto a frequenti attacchi da parte degli altri attori presenti nel mercato elettorale. Il challenger è il candidato o partito che ha le maggiori possibilità di insidiare la posizione del leader. In una situazione simile a quella del leader, deve dimostrare di essere superiore o differente per catturare nuove quote di elettori. Normalmente la sua strategia comporta l’attacco al leader, che viene descritto in modo negativo. Per incrementare la sua quota di mercato deve essere in grado di identificare nu0ove tematiche emergenti e appropriarsene. Il follower è il candidato o partito che “copia” il comportamento del leader o dello sfidante, cercando il più possibile di confondersi attraverso l’omologazione con il posizionamento dei concorrenti che lo precedono. I followers sono spesso forti a livello locale. Il nicher, infine, concentra tutti i suoi sforzi su una nicchia precisa di elettori, ritagliando i propri programmi e la propria immagine sulle aspettative specifiche del target prescelto. Il leader e lo sfidante sono espressione, nei sistemi maggioritari o bipolari, dei due partiti o delle due coalizioni principali e sono gli unii ad avere reali possibilità di vittoria finale. -42-
  • 43. Il posizionamento comporta due operazioni distinte:  individuare i target cui rivolgersi  attribuire caratteristiche uniche e distintive al proprio prodotto Le proposte politiche del partito/candidato devono essere ritagliate sui temi che l’elettorato giudica più importanti e prioritari, oltre che coerenti con i valori propugnati e con quanto detto/fatto in passato. “il posizionamento deve quindi rispondere a una logica di compromesso tra l’opinione dell’elettorato target e i valori del cuore del candidato” (Cattaneo Zanetto 2003). Per Bannon (Bannon 2004) un posizionamento vincente deve tener conto di cinque fattori: chiarezza, coerenza, credibilità, competitività e comunicabilità. Concludendo, i posizionamento è un processo dinamico, che richiede una capacità di adattamento a cambiamenti del contesto e del sistema di valori e di priorità degli elettori. Non ci si può limitare a difendere il proprio posizionamento, ma bisogna sempre cercare di espandere il proprio elettorato per poi consolidarlo. L’espansione verso nuovi target può avvenire attraverso il ricorso a elementi emotivi (immagine del candidato, appello ai valori), o a elementi più razionali (programma e posizioni su singoli temi). L’espansione deve essere condotta attentamente per evitare di perdere propri elettori nel tentativo di allargare la propria base elettorale. -43-
  • 44. II.2.2 I pubblici: segmentazione e targeting. “Il consumo è l’unico fine e scopo di ogni produzione; e l’interesse del produttore dovrebbe essere considerato solo nella misura in cui esso può essere necessario a promuovere l’interesse del consumatore” -Adam Smith- Il marketing politico evidenzia coma alla base di tutto il suo ciclo ci debba essere una strategica azione di ricerca che faccia da filo conduttore a tutta l’azione politica sia nel periodo extraelettorale che elettorale; solo con una valida e costante azione d’indagine è possibile arrivare all’individuazione di segmenti-target elettorali cui far giungere l’offerta politica che la stessa analisi ha suggerito. L’azione politica non si può sviluppare per ipotesi o in maniera stratta, essa richiede il contatto continuo ed attuale con la società civile; per confrontarsi con essa, per agire costruttivamente su di essa e per essa: questa deve essere oggetto di studio, di verifica nella sua entità, nelle sue caratterizzazioni, nella sua costante evoluzione, nella totalità delle sue dimensioni, esigenze ed aspettative. Solo dopo un’accurata ricerca, quantificazione e valutazione di quanto ricercato si possono centrare gli obiettivi, individuare i mezzi e i tempi che dovranno caratterizzare il processo di marketing politico da attivare. Avendo le giuste informazioni è possibile delimitare con oculatezza il campo in cui intervenire e trovare gli schemi di classificazione che permetteranno di supportare efficacemente l’azione politica Una campagna elettorale è molto costosa e le risorse dei candidati sono sempre più o meno scarse. In queste circostanze si impone di gerarchizzare la distribuzione di informazioni ma soprattutto di risorse. Per tutto questo è fondamentale suddividere l’elettorato in gruppi con determinate caratteristiche (segmentazione) ed è indubbiamente molto efficace concentrare gli sforzi in quei segmenti del corpo elettorale che, per qualche motivo, presentano una importanza particolare per l'esito delle elezioni (gruppi target): segmentazione e targeting permettono da un lato di personalizzare contenuti, dall’altro di inviare materiali solamente, o in misura maggiore, a quei gruppi di elettori ritenuti decisivi. -44-
  • 45. “Il targeting è il processo di determinazione degli elettori necessari a ottenere la vittoria nel modo più efficiente possibile e ha tre dimensioni di misurazione: efficienza, copertura e confidenza statistica”. Per Malchow (Malchow 2003) esistono due tipi principali di targeting:  supporter targeting (centrato sugli elettori che già appoggiano il partito/candidato, ma che vanno convinti ad andare a votare)  persuasion targeting (centrato sugli elettori necessari per vincere, i cosiddetti indecisi) Gli intenzionati a votare per il proprio candidato possono essere suddivisi in sicuri (hanno già deciso di andare a votare) e da mobilitare (per vari motivi potrebbero astenersi il giorno del voto); gli indecisi invece possono essere suddivisi in veri indecisi (non sanno chi votare e potrebbero votare più candidati), potenziali astensionisti e potenziali traditori (si collocano in uno schieramento ma potrebbero votare il candidato dello schieramento opposto). Nel processo di definizione della strategia per arrivare agli elettori necessari, va realizzata una classificazione per valutare e dare priorità ai gruppi target. Bannon (Bannon 2004) indica la seguente scala:  primary targets, segmenti ritenuti più interessanti per l’offerta politica e maggiormente sensibili agli stimoli di comunicazione  secondary targets, segmenti meno interessanti per l’offerta politica, ma sensibili agli stimoli di comunicazione  relationship building, segmenti interessanti ma più difficili da raggiungere  wasteland segments, segmenti poco interessanti e difficilmente raggiungibili Per Newman e Sheth possono essere impiegate quattro diverse strategie per ciascuno gruppo target:  reinforcement (rinforzo)  rationalization (razionalizzazione)  inducement (incentivo)  confrontation (confronto) -45-
  • 46. La strategia di rinforzo è rivolta a elettori che già appoggiano il candidato/partito, e l’obiettivo della campagna di comunicazione è rinsaldare la loro scelta, che è basta su giuste ragioni. La strategia di razionalizzazione è indirizzata a chi già è un sostenitore, ma per ragioni sbagliate; l’obiettivo diventa quindi rapportarsi con oro in modo differente. La strategia di incentivo viene applicata a chi sostiene per giuste ragioni un altro candidato/partito; in questo caso ci cerca di dimostrare che la propria offerta è non solo in linea con quanto desiderato dal gruppo target, ma offre anche qualcosa di più. Infine la strategia di confronto è rivolta a chi sostiene gli avversari per ragioni sbagliate, come ad esempio nel caso del voto tattico. In definitiva si può affermare che per ciascuna categoria di elettori esistono chiari obiettivi: per gli elettori orientati a votare il proprio candidato l’obiettivo è mantenere il loro appoggio e mobilitarli al voto; per gli elettori indecisi, bisogna puntare a convincerli a votare il proprio candidato; per gli elettori orientati a votare i propri avversari, l’obiettivo è convincerli a cambiare idea o almeno astenersi (Cacciotto 2011). In un mercato elettorale sempre più instabile ed eterogeneo, la segmentazione e il targeting diventano sempre più importanti e dettagliati. Oggi si parla di microtargeting e life targeting e alla base del successo di queste tecniche c’è la capacità di individuare piccoli gruppi che hanno attività, desideri, stili di vita in comune o soggetti che possono essere aggregati in modo da diventare un gruppo del genere. Riuscire a mobilitare a proprio favore queste “nicchie” elettorali può modificare, a proprio favore, l’esito delle elezioni (Mark Penn 2007). -46-
  • 47. II.2.3 Il messaggio: “costruire” il destinatario. Alla base di una campagna elettorale di successo c’è sempre un messaggio efficace. Il messaggio non è semplicemente un insieme di poche parole, ripetute frequentemente, ma molto di più: è l’argomentazione alla base della campagna. Si tratta dell’argomento centrale, la ragione per la quale gli elettori dovrebbero scegliere un candidato e non uno degli avversari ( Cacciotto 2006; Facheaux 2009). Come un venditore esperto che trova le giuste parole per valorizzare ciò che propone e convincerne il cliente, così in politica bisogna offrire al meglio il proprio prodotto elettorale. Un’offerta elettorale deve quindi: presentare al meglio le sue caratterizzazioni e chiarire i motivi perché richiede il consenso. Ciò resta possibile sempreché l’offerta ha modo di presentarsi e quindi di raggiungere l’elettore. Il messaggio diventa un mezzo vitale per accompagnare l’offerta politica e per riscontrare l’elettore. L’azione della comunicazione e della propaganda risulteranno di grande effetto se potranno fare riferimento ad un valido messaggio in grado di rafforzare la ricettività, l’identificazione, la compattezza, l’incisività della stessa campagna, che al contrario, potrebbe risultare dispersiva e non coinvolgente. Nella preparazione del messaggio va prestata particolare attenzione poiché non sempre il messaggio diffuso è quello percepito. Il pubblico, come abbiamo visto, è composto da individui che vivono in contesti ri relazione differenti e il messaggio dovrà passare non solo attraverso i filtri personali (storia, cultura, convinzioni), ma anche attraverso le reti sociali e, spesso, la mediazione di terze parti. L’interpretazione di terze parti può modificare o distorcere quello che per l’emittente del messaggio doveva essere il significato. Ogni messaggio, quindi, è soggetto a interpretazioni reazioni emotive da parte delle persone che lo ricevono. Le stesse parole possono attivare reazioni molto diverse nei diversi pubblici. È necessario quindi fare molta attenzione a chi riceverà il messaggio, costruendolo in modo che tenga conto delle diverse implicazioni emotive di parole, frasi, immagini e simboli. Per Marco Cacciotto (Cacciotto 2011) “il messaggio è il destinatario”: per essere efficace la comunicazione politica deve essere in grado di creare messaggi diversi per interlocutori diversi, esponendo gli stessi argomenti con modalità specifiche che si adattino ai contesti in cui essi vivono. -47-
  • 48. Per Cacciotto (Cacciotto 2006) il messaggio può essere scomposto in tre elementi:  rationale  theme  issues La ragione fondamentale, è la risposta alla domanda “perché ti candidi?”. Rappresenta, rispetto alle posizioni su specifiche polizie o tematiche politiche, una caratterizzazione più ampia. Elementi biografici e obiettivi del candidato costituiscono i mattoni per la costruzione del rationale. Non si tratta di costruire un freddo CV, ma di stabilire una connessione emotiva con gli elettori attraverso la “narrazione” di esperienze politiche, professionali e personali. Il tema rappresenta invece la risposta alla domanda “perché dovrebbero votarti?”. Esprime non solo le priorità e la visione, ma i motivi per cui queste sono importanti per gli elettori. Il tema costituisce il filo conduttore di tutta la campagna elettorale e può fare la differenza. Le issues rappresentano il punto d’incontro tra la ragione fondamentale, il tema della campagna e le specifiche politiche sulle quali si vuole intervenire. Una buona regola è quella di limitarsi a tre issues e reiterarle in ogni occasione in modo da renderle più efficaci. Affinché il messaggio elaborato venga ricordato, dovrà essere : breve, semplice, credibile, facile da ricordare, facile da capire e, come appena ricordato, dovrà essere ripetuto più e più volte. Gli slogan e i messaggi più fortunati della storia delle campagne elettorali sono composti da tre parole: I “Like Ike”, per la campagna americana di Eisenhower nel 1952, “la Force Tranquille” per la campagna presidenziale di Mitterand nel 1976 e “Yes, We Can”, per la rivoluzionaria campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008. Come vedremo più avanti nella terza fase “agire”, la pianificazione consentirà di assicurare alla campagna la necessaria progressione, quindi l’ottimizzazione degli interventi, la migliore resa delle risorse investite, la continua consapevolezza di ciò che si sta facendo, quando bisogna agire e con quali mezzi. Quando si costruisce il profilo d’identità di un candidato o di un partito, non basta concentrarsi solo sulle proprie caratteristiche e analizzare solamente i propri punti di forza e di debolezza. Bisogna fare lo stesso con l’avversario: ciò servirà a -48-
  • 49. evidenziare le differenze, a trovare punti di attacco dei competitors e ad essere a propria volta preparati a rispondere ad eventuali attacchi. I candidati di maggior successo creano entusiasmo attorno a sé e sentimenti negativi nei confronti degli avversari. Nella costruzione del messaggio bisogna sempre tenere presente che la campagna elettorale è una triangolazione tra candidato, avversario ed elettori. In base a questo, vi sono due schemi utili per costruire un messaggio efficace che tenga conto di tutti e tre gli elementi della triangolazione: il primo è definito mirror opposites (schema degli opposti allo specchio), mentre il secondo message grid (griglia del messaggio). Lo “schema degli opposti allo specchio” consiste nel tracciare chiare differenze rispetto al proprio avversario sulla base di scelte concernenti tematiche specifiche o la storia personale, professionale e politica. Dapprima va realizzata una mappatura approfondita dei punti di forza e di debolezza (un esempio di analisi SWOT tab 2.1), che vanno poi inseriti in messaggi positivi, negativi, o comparativi. È importante tenere presente che il contesto può trasformare in punti di forza quelli che in passato erano punti di debolezza, e viceversa. Scegliendo di concentrarsi esclusivamente sui propri punti di forza ignorando le debolezze dell’avversario, si opta per un messaggio positivo, Se, invece, si scegli di concentrarsi sulle debolezze dell’avversario, senza parlare dei propri punti di forza, si opta per un messaggio negativo. Nonostante le polemiche al riguardo, è innegabile che spesso un messaggio negativo viene ricordato maggiormente di uno positivo. Tuttavia può essere rischioso iniziare la campagna con un messaggio negativo che diventa, invece, l’ultima spiaggia in caso di svantaggio. Ultima delle tre opzioni è quella del messaggio comparativo: si mettono a confronto i propri punti di forza con le debolezze dell’avversario. Spesso è questo il messaggio che agli occhi degli elettori risulta più credibile, in quanto ad essi non si dice di essere il candidato perfetto, ma semplicemente uno migliore dell’avversario. -49-
  • 50. STRENGHTS WEAKNESSES - Divisioni interne - Vantaggio nei sondaggi - Immagine coalizione - Voti “utili” per il politicamente cambiamento debole THREATS OPPORTUNITIES - Individualismi - Cavalcare il dei partiti malcontento verso il governo - Esponenti della uscente. vecchia classe dirigente Tabella 2.1 Esempio di Analisi SWOT La “griglia del messaggio” (tab. 2.2) ha la funzione di aiutare un candidato non solo ad identificare il proprio messaggio, ma anche a metterlo in correlazione con quanto dirà l’avversario per descriversi e per attaccarlo (Tringali 2009). COSA DIRÒ AGLI COSA DIRÀ IL MIO ELETTORI SU DI AVVERSARIO SU ME? DI ME? COSA DIRÀ AGLI COSA DIRÒ SUL ELETTORI IL MIO MIO AVVERSARIO SU AVVERSARIO? SE STESSO? Tabella 2.2 Message Grid In ogni caso è meglio evidenziare sin da subito le proprie caratteristiche prima che siano gli altri a farlo ed essere sempre pronto a rispondere velocemente agli attacchi. Bisogna essere capaci di prevederli e, in alcuni casi, si può scegliere di -50-
  • 51. anticipare la propria debolezza e spiegarla agli elettori nel modo migliore possibile (Cacciotto 2006). Infine non bisogna dimenticare il terzo protagonista della competizione, ovvero l’elettore. La sfida che il candidato si trova ad affrontare, infatti, non è solo quella contro il suo diretto avversario politico, ma quella per contendersi l’attenzione degli elettori rispetto a tutte le altre notizie diffuse dai media, alle quali con ogni probabilità gli spettatori sono molto più interessati. La moltiplicazione delle fonti di informazione e degli argomenti nella sfera mediatica rende, infatti, sempre più difficile attirare l’attenzione degli elettori, in particolare di quelle fasce che risultano poco o per nulla interessate alla politica. Possiamo affermare che le fasce di elettorato che guardano programmi di politica in TV o che leggono le notizie politiche sui quotidiani corrispondono ad una minoranza già mediamente più informata rispetto alle altre sfere di popolazione. Questa categoria di persone è più facile da raggiungere poiché risulta di per sé più disposta a ricevere messaggi politici; ma avrà anche , molto probabilmente, un’idea già chiara sulle preferenze di voto. Gli elettori indecisi, sono solitamente poco interessati alla comunicazione politica e richiedono la capacità di usare messaggi semplici e, speso, legati a scelte di valore o concernenti la personalità dei candidati (Cacciotto 2011). -51-
  • 52. II.3 AGIRE: si va “in scena”. Organizzare il “piano”, disporre gli strumenti della campagna e vincere le elezioni “Esistono tre modi principali per rovinarsi politicamente: -avere una relazione molto nota con qualche ragazza, -accettare bustarelle -confidare ciecamente nel consiglio di un consulente guru. Il primo è il più piacevole, il secondo è il più rapido, il terzo è il più sicuro” -Georges Pompidou, ex Presidente Francese- La terza fase del metodo CDA, AGIRE, corrisponde alla campagna operativa, l’attuazione di una comunicazione creativa, mirata ed efficace e la verifica dei risultati. I media e i loro costi influenzano da sempre la natura dell’attività politica, che non può prescindere dalla comunicazione. Periodicamente i nuovi mezzi di comunicazione hanno modificato il modo di fare politica e hanno rappresentati un vantaggio decisivo per i politici che per primi ne hanno capito le potenzialità. Negli anni ’30 Roosevelt capì l’importanza della radio e se ne servì per comunicare con gli americani con i famosi “discorsi del caminetto”. Negli anni ’60 è stato Kennedy a trarre vantaggio dall’uso della TV. Prima per vincere le elezioni e poi per influenzare la percezione della sua amministrazione da parte dell’opinione pubblica . Nel 2008 Barack Obama ha dimostrato le grandi potenzialità di Internet e dei New Media, e la sua Presidenza ha dimostrato la capacità di farne un uso strategico per parlare direttamente ai cittadini e per mobilitarli a suo favore. Il piano strategico generale deve quindi obbligatoriamente tenere conto del web e dei nuovi media, e a qualunque livello di competizione elettorale, deve essere il punto di partenza di ogni strategia: bisognerà redigere un piano scritto con l’agenda setting della campagna, allocare le risorse, gli strumenti, i temi e i messaggi, i target e i segmenti elettorali da raggiungere. Pianificazione, organizzazione e disciplina sono elementi chiave per il successo finale (Cacciotto 2011). -52-
  • 53. Un’azione politica improvvisata, intermittente e poco incisiva difficilmente riuscirebbe a raggiungere con efficacia i propri destinatari. L’elettorato va curato, coinvolto, valorizzato prima, durante e dopo le elezioni, perché il consenso non lo si ottiene più con l’adesione incondizionata. Le elezioni, a tutti, gli effetti diventano il momento della raccolta di quanto è stato fatto e promesso da parte di un partito/candidato, il momento del riscontro dell’elettorato e quindi il barometro della partecipazione degli elettori ad un progetto (Foglio 1999). -53-
  • 54. II.3.1 L’organizzazione della campagna elettorale Una campagna elettorale è una impresa effimera che mobilita, comunque, una importantissima quantità di risorse umane e finanziarie. In questa attività devono gestirsi molteplici problemi di diversa origine. Nel piano professionale devono coordinarsi le attività di un insieme relativamente eterogeneo di individui formati in diverse discipline: strateghi, sociologi, comunicatori, artisti, che devono armonizzarsi con la logica pratica del politico. Questa diversità della cupola che esegue una campagna si moltiplica per il caos potenziale che può rappresentare l'insieme più o meno numeroso di militanti partitici che collaborano al compito comune. Una campagna elettorale è una attività circostanziale. Gli individui che vi partecipano non hanno la abitudine di lavorare insieme ed i ruoli e funzioni necessari sono molteplici e complessi. In questo contesto, una buona organizzazione emerge come un fattore centrale per impiegare con un massimo di efficienza le risorse disponibili. Strutturare una organizzazione presuppone la suddivisione dell'insieme dei compiti necessari allo sviluppo ottimale della campagna in ruoli e responsabilità permanenti che dureranno fino al giorno delle elezioni. Una buona organizzazione comincia con una valutazione attenta dei compiti necessari: queste funzioni saranno coperte da quegli individui che hanno mostrato le capacità e formazione più adeguate alla realizzazione di ognuna di queste attività. Due obiettivi fondamentali devono tenersi in conto nel disegnare un modello organizzativo: il primo luogo, deve perseguirsi un massimo di armonia tra le funzioni e le capacità dei titolari di queste funzioni; in secondo luogo, deve cercarsi la maggiore celerità possibile di comunicazione in senso verticale, affinché le decisioni della direzione siano applicate nel modo più rapido e fedele possibile dagli incaricati di eseguirle. Peraltro è imprescindibile che si limiti al minimo la incertezza nel compimento delle funzioni. Tutti devono sapere a chi corrispondere e chi è il responsabile della esecuzione di un compito. Devono evitarsi le duplicazioni o le ambiguità nella attribuzione di compiti. Tuttavia la priorità deve essere posta nel compimento delle attività, anziché nella forma, ed i partecipanti alla campagna devono avere la sufficiente -54-
  • 55. flessibilità per potere rilevare opportunamente chi non ha potuto compiere, eventualmente, qualche compito necessario. In generale vengono indicati due principali modelli di organizzazione: gerarchico e collegiale (Semiatin 2004; Vaccari 2007). Il modello gerarchico è caratterizzato da una guida forte e da una struttura piramidale e fa prevalere il flusso delle informazioni dall’alto verso il basso. I vantaggi di questo modello sono legati all’esistenza di un’autorità indiscussa, che rende l’esecuzione dei progetti di norma più semplice e veloce e l’organizzazione più rapida quando è necessario cambiare rotta in corso di azione. Lo svantaggio consiste nel fatto che le persone al vertice costituiscono un filtro considerevole tra il candidato e il mondo esterno, e non sempre possono o vogliono raccogliere, analizzare e tenere in considerazione tutte le informazioni disponibili. La degenerazione di questo modello è il “pensiero di gruppo”: la coesione interna fa si che ciascun membro rafforzi le convinzioni degli altri, respingendo qualsiasi voce discordante o sollecitazione esterna, anche quando sono utili e necessarie. Nel modello collegiale, invece, i diversi attori hanno più o meno la stessa autorità. Anche nel caso in cui vi sia un coordinatore, questi è più un “primus inter pares” che un capo. Teoricamente una struttura come questa, caratterizzata da una distribuzione di potere più equilibrata, è più ricettiva rispetto all’ambiente esterno: la combinazione di soggetti portatori di differenti sensibilità e competenze, se ben gestita, permette di portare alla luce più informazioni e punti di vista. Il pericolo è che l’assenza di una figura deputata a prendere la decisione finale renda più difficile il raggiungimento di una sintesi operativa condivisa. La necessità di arrivare a un consenso fra tutti componenti del gruppo direttivo rende più lenta la capacità di decidere e reagire alle crisi. La frammentazione del potere decisionale e la dispersione delle responsabilità provocano dissapori, e quando si prendono decisioni non condivise la fazione perdente tende a ostacolarne l’attuazione. Le inedite possibilità di interazione e partecipazione offerte dalle nuove tecnologie stanno rendendo più fluide e orizzontali le macchine elettorali, ma rimane fondamentale la presenza di un nucleo strategico centrale in grado di distribuire e filtrare le informazioni, ricevere feedback e razionalizzare le responsabilità. -55-