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De Broglie: i corpuscoli sono onde
Nel 1924 il fisico francese Louis-Victor de Broglie intuì che come le onde
avevano caratteristiche corpuscolari, così le particelle in movimento
dovevano presentare anche un comportamento ondulatorio. A tutta la
materia si poteva attribuire una duplice natura tale che:
Le onde cui De Broglie fa riferimento non sono le onde
elettromagnetiche che conosciamo. Vengono chiamate “onde di
materia”: un corpuscolo, considerato sotto questa forma, è una specie di
vibrazione che si diffonde in maniera regolare.
Onda/corpuscolo U D1 Configurazione elettronica
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Immaginiamo di voler determinare
la posizione di un elettrone
mediante irraggiamento con
fotoni. Affinché l’elettrone possa
essere individuato deve essere
colpito da un fotone che venga
così deviato verso l’osservatore. Il
fotone però, interagendo con
l’elettrone, trasmette a esso
energia, modificandone velocità
e direzione.
Heisenberg: entra in scena l’incertezza
Nel 1927, il fisico tedesco Heisenberg osservò che mentre nel mondo
macroscopico si è in grado di misurare con notevole precisione tutte le
grandezze necessarie alla descrizione del moto di un corpo, nel mondo
microscopico esiste un margine di imprecisione dovuto alla perturbazione
che il sistema subisce a causa della misura stessa.
In termini di particelle subatomiche usiamo l’ esempio fornito dallo stesso
Heisenberg.
Pina Russo U D1 Configurazione elettronica
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Se, per evitare questo
problema, scegliamo di
usare un fotone a bassa
energia, la lunghezza
dell’onda a esso associata
è così grande che non
riuscirà a intercettare
l’elettrone o, nel migliore
dei casi, non ne darà
un’immagine ‘nitida’,
rendendo impossibile
determinarne la
posizione.
Pina Russo U D1 Configurazione elettronica
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La situazione viene riassunta da Heisenberg nel
principio di indeterminazione:
U D1 Configurazione elettronica
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Da questo momento purtroppo la rappresentazione
dell’atomo non può più essere fatta ricorrendo a
esempi tratti dalla realtà macroscopica. Un
elettrone che, assieme agli altri costituenti della
materia, è a volte onda e a volte corpuscolo non
è più compatibile con il modello atomico planetario,
caro alla fisica classica. Heisenberg, cui fu chiesto
come ci si doveva immaginare allora un atomo,
rispose ironicamente: “Lasciamo perdere”.
Il modello atomico di Bohr,
avvalorato dalla natura ondulatoria
dell’elettrone, viene fatto
naufragare proprio da quest’ultima:
le orbite definite sulle quali
viaggiava l’elettrone e nelle quali in
ogni istante velocità e posizione
potevano essere esattamente
calcolate devono essere
abbandonate.
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Il nuovo modello atomico: meccanica
ondulatoria e probabilità
L’impossibilità per la meccanica classica di descrivere il comportamento
di sistemi di dimensioni atomiche rese necessaria un’interpretazione
nuova dei fenomeni studiati. Come per il fotone, si pensò che anche il
comportamento dell’elettrone si potesse descrivere matematicamente
come un’onda.
Nel 1926, in effetti, il fisico austriaco
Schrödinger elaborò un’equazione
matematica in grado di rappresentare
l’elettrone come un’onda stazionaria:
si affermava definitivamente la
meccanica ondulatoria, introdotta da
De Broglie.
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L’onda stazionaria che rappresenta l’elettrone è il risultato del suo
intrappolamento nell’atomo dovuto all’attrazione del nucleo.
La soluzione dell’equazione matematica di Schrödinger che ne descrive il
comportamento si chiama funzione d’onda Ψ (psi).
Le funzioni d’onda permettono di calcolare le energie quantizzate
degli stati elettronici, che sono il punto di partenza per descrivere il
comportamento degli elettroni.
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Mentre il modello atomico “planetario” di Bohr considerava che gli
elettroni si muovessero intorno al nucleo secondo orbite circolari, il
modello di Schrödinger-Heisenberg definisce solo le regioni
dello spazio in cui la probabilità che vi si trovi l’elettrone.
Tali regioni furono chiamate orbitali.
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l’orbitale è una funzione matematica che ci consente
di stabilire dove è più probabile trovare l’elettrone
nello spazio intorno al nucleo
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Un buon modo per rappresentare un orbitale è immaginare di fotografare
molte volte l’elettrone “corpuscolo” attorno al nucleo. Sovrapponendo
tutte le fotografie otterremmo un risultato rappresentabile con tanti
puntini, uno per ogni istantanea dell’elettrone. La “nuvola elettronica”
che viene così a formarsi rappresenta la distribuzione della probabilità di
trovare l’elettrone. L’insieme delle zone dove i punti sono più fitti è
l’orbitale.
nucle
o
singole
“istantanee”
dell’elettrone
superficie
immaginari
a
dell’orbitale
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I numeri quantici nel modello ondulatorio:
n, l, m, s
L’equazione di Schrödinger fa apparire nelle sue soluzioni, che descrivono gli
orbitali, i quattro numeri quantici.
All’aumentare di n aumenta l’energia del livello e la distanza degli orbitali dal
nucleo. Il numero totale di orbitali presenti nel livello n è n2.
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Numero di orbitali possibili per ogni livello energetico
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In un dato livello energetico, l può assumere tutti i valori interi compresi tra 0
e n - 1. -1 < l < 0 A seconda del valore che assume, la forma dell’orbitale è:
• sferica (orbitali s), per l = 0;
• a due lobi (orbitali p), per l = 1;
• a quattro lobi (orbitali d), per l = 2;
• a otto lobi (orbitali f), per l = 3;
molto più complessi, ma utilizzati solo da atomi eccitati (orbitali g, h), per l = 4 e l = 5.
Il gruppo di orbitali che condividono lo stesso valore di l è chiamato
sottolivello.
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Anche il valore di l influenza l’energia di un orbitale. I sottolivelli di uno
stesso livello hanno energie che aumentano all’aumentare di l: l’orbitale s è
sempre quello a energia più bassa, seguito nell’ordine dagli orbitali p, d ed
f, se possono esistere per quel livello.
Nel secondo livello, per esempio, esistono solo i sottolivelli 2s e 2p, mentre
nel quarto si trovano nell’ordine 4s, 4p, 4d e 4f.
Pina Russo
U D1 Configurazione elettronica
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Per un dato valore di l, e quindi per un certo sottolivello, il numero
quantico m può assumere tutti i valori interi tra -l e +l, zero
compreso, il che significa che i suoi valori possibili sono in tutto 2 l
+ 1.
•La forma sferica degli orbitali s consente un’unica orientazione, per cui,
in ogni livello, ve n’è uno solo;
•gli orbitali p sono tre, orientati secondo le direzioni dello spazio;
•gli orbitali d sono 5 e hanno orientazioni più complesse;
•ancora più complessi sono i 7 orbitali f.
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Forma degli orbitali di un livello
Orientazione degli orbitali
Numero quantico n
Numero quantico l
Numero quantico m
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Per chiarezza, manterremo per questo numero quantico il significato già visto,
quello cioè di indicare il senso di rotazione dell’elettrone intorno al proprio
asse (spin). Esso può assumere soltanto i valori +1/2 e -1/2 e determina il
numero di elettroni che possono condividere un’orbitale. Poiché i campi
magnetici generati dalla rotazione consentono di occupare lo stesso orbitale
solo a elettroni con spin opposto, al massimo ce ne possono stare due.
Questa considerazione deriva dal principio di esclusione di Pauli in base al
quale:
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Due elettroni che si trovano nello stesso orbitale hanno già uguali n, l e m e
poiché i possibili valori del numero di spin sono soltanto due (+1/2 e -1/2),
due soli potranno essere gli elettroni in esso contenuti.
Grazie a quanto appena visto il numero massimo di elettroni che possono
stare nel livello n è pari al doppio degli orbitali possibili, cioè 2n2
.
Elettroni dello stesso orbitale con spin
opposto si attraggono
Elettroni dello stesso orbitale con spin
uguale si respingono
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