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I have a dream
Sì, ho un sogno: ri-unire l’Italia.
L’unità di una nazione non si crea definendone i confini e uniformandone le istituzioni. L’unità di
una nazione è innanzitutto un sentimento, uno stato d’animo, un senso di appartenenza e di lealtà.
In Italia questo sentimento non c’è, forse non è mai esistito.
Si attribuisce a Massimo D’Azeglio la frase: “abbiamo fatto l’Italia, ora facciamo gli italiani” ma in
realtà lui disse: “purtroppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: purtroppo s’è fatta l’Italia,
ma non si fanno gl’Italiani”
Oggi, a 150 anni di distanza, questa constatazione è vera più che mai.
La nostra fragile unità nazionale si va sgretolando sempre più sotto i colpi di una crisi economica e
politica che ha lasciato il paese sfiancato e sfiduciato, rissoso e ostile, abbarbicato ad uno
sconfortante presente e incapace di progettare il proprio futuro.
Eppure tutti i nostri problemi sono dovuti ad un’unica causa: la mancanza di una coscienza
collettiva. Gli italiani non amano il proprio paese e non hanno fiducia nei propri concittadini.
Ma come si può amare un paese in cui i politici pensano solo ai loro interessi, che non ha
praticamente mai avuto un governo stabile dal dopoguerra, in cui le strutture pubbliche non
funzionano perché gli amministratori sono dediti alla corruzione e al clientelismo, in cui le imprese
private sono ostaggio di mafia e malavita organizzata, schiacciate da tasse troppo elevate e soffocate
da una burocrazia tentacolare e inefficiente?
Come si può avere fiducia nei propri concittadini quando questi sono faziosi, litigiosi, ostili,
individualisti, disonesti, persino razzisti tra di loro?
ECCO L’ERRORE, PERCHÉ TUTTE QUESTE SONO CONSEGUENZE, NON CAUSE.
Gli italiani sono stati indotti a vedere così il loro paese e i loro concittadini e, intrappolati in quello
che è diventato ormai un circolo vizioso, continuano inconsapevolmente a perpetuare questo stato di
cose.
Sì, lo so, a molti potrà apparire una affermazione azzardata, ma io ne sono profondamente convinta
e vorrei tentare di dimostrarvelo.
La mia prospettiva di osservazione è alquanto singolare poiché sono italiana ma ho vissuto tutti gli
anni della mia formazione all’estero, in diversi paesi europei. Forse per questo motivo ho una
visione della realtà italiana più obiettiva, che mi ha portato ad identificare questa “anomalia
italiana” che non è riscontrabile in nessun’altra nazione.
Anomalia italiana.
Questa “anomalia” è stata rilevata e studiata anche da numerosi osservatori stranieri, come
Banfield* che l’ha definita “familismo amorale”, in quanto gli italiani non mostrano lealtà verso la
propria nazione ma solo verso la propria famiglia, la loro piccola comunità (campanilismo), il loro
partito, la loro squadra o la loro associazione professionale (corporativismo), e questo impedisce lo
sviluppo di progetti nell’interesse della collettività.
Ha anche descritto gli effetti devastanti di tale comportamento (definito appunto “amorale”)
riguardo alla vita politica e alla gestione del bene pubblico: nessuno persegue l’interesse comune,
salvo quando ne può trarre un vantaggio personale, e chiunque afferma di farlo è ritenuto un
truffatore; i pubblici dipendenti non si identificano con l’organizzazione che servono, tendono a
farsi corrompere ma anche se non lo fanno sono comunque ritenuti corrotti; i cittadini si sentono
autorizzati ad infrangere la legge ogni qual volta sembrerà possibile evitarne le conseguenze.
Queste manchevolezze sono ben percepite anche dai cittadini italiani.
“Gli italiani mancano di senso civico, sono individualisti, non riconoscono il bene comune, non
sono capaci di “fare squadra”, i nostri politici sono corrotti, pensano solo al loro tornaconto
personale, a loro non importa niente del popolo.”
Quante volte avete sentito, pensato o detto frasi del genere?
Credo che quasi tutti gli italiani le abbiano pronunciate, prima o poi; essi affermano che è per
questo motivo che si “vergognano di essere italiani”, che vogliono “scappare all’estero” che “non si
sentono parte di questa nazione”.
Il problema è che, appunto, confondono l’effetto con la causa.
E’ il disamore verso il proprio paese, la diffidenza verso i propri concittadini che ingenera i
comportamenti che esecriamo a parole ma di cui ci rendiamo, in qualche modo, tutti colpevoli.
La crisi di oggi è il frutto di un male antico; se la classe dirigente e i politici fanno prevalere i loro
interessi privati è perché, come tutti gli italiani, non sono stati educati ad anteporre il bene comune.
L’amore e la lealtà verso il proprio paese e i propri compatrioti non è un sentimento che nasce
spontaneamente, deve essere insegnato e coltivato.
Patriottismo e nazionalismo.
In Italia sono sempre prevalse due tendenze culturali contrapposte: quella marxista, tendente
all’internazionalismo, e quella cattolica che professava l’universalismo cristiano, mentre il
patriottismo è stato quasi sempre egemonizzato dalla destra ed ha spesso avuto connotazioni
xenofobe e nazionaliste.
Per molti italiani, infatti, patriottismo è sinonimo di nazionalismo. Lo giudicano un sentimento
retorico e stucchevole, antiquato ed inadeguato in un’epoca di europeizzazione e di globalizzazione.
Niente di più sbagliato.
Abbiamo tutti bisogno di sentirci parte di una entità che amiamo, ammiriamo e rispettiamo.
Il patriottismo sano, libero da isterie e manie di grandezza, genera forza, fiducia e autostima,
accoglie l’estraneo e il “diverso” non lo respinge, riconosce la piena legittimità e dignità dei diversi
stili di vita e culture all’interno della stessa nazione, ed è addirittura capace di contrastare il
nazionalismo e il regionalismo xenofobo.
Il patriottismo vero è fatto di ragione ma soprattutto di passione, non una passione cieca e brutale di
difesa della propria etnia o della propria religione, ma basato sull’amore, la lealtà e la dignità; non è
affatto incompatibile con gli obblighi nei confronti dell’umanità in generale, anzi, rappresenta
l’impegno che ogni cittadino deve assumersi per rendere la sua patria una comunità politica libera,
giusta e tollerante, attiva nella partecipazione alla vita pubblica per il bene comune e per la
solidarietà, sia entro sia al di fuori dei confini nazionali.
Patriottismo è unità di intenti e di ideali, orgoglio di appartenere a una “famiglia” solidale, che è
custode di un passato comune e di un futuro da costruire insieme.
L’autore inglese A. MacIntyre sostiene che il patriottismo è una “forma di lealtà verso una
particolare nazione, che solo chi appartiene a quella nazione può avere, e che implica una
considerazione speciale per le caratteristiche, i meriti e le realizzazioni della propria nazione. Il
patriottismo è una forma di amore”
Questo tipo di patriottismo è presente in tutti i paesi del mondo ma è quasi del tutto assente in Italia,
per i motivi sopra elencati ma anche, e soprattutto, perché gli italiani sono continuamente indotti a
vedere unicamente i lati peggiori della propria nazione, cosicché la causa ha generato l’effetto, ma
poi l’effetto stesso si è tramutato in causa in un circolo vizioso perpetuo e deleterio.
Percezione e realtà.
La percezione che ciascuno ha del proprio paese non è mai oggettiva. Nessun paese è perfetto,
nessun paese è pessimo, tutto dipende dal modo in cui lo si guarda.
Gli italiani si vantano spesso di essere autocritici, per questo motivo si lamentano in continuazione e
denunciano ogni difetto riscontrato; per loro essere patriottici equivale ad essere ciechi e
sciovinisti.
In parte ciò può essere vero, ma è appunto un limite del nazionalismo, mentre il patriottismo sano
non ignora le lacune, mira a correggerle.
Il problema è che se si elencano solo le deficienze di un paese l’immagine che ne deriva è avvilente,
genera sconforto e prostrazione.
Vorrei rivolgervi una semplice domanda, secondo voi quale allenatore riuscirà a meglio motivare la
propria squadra, quello che li apostrofa dicendo: “siete i peggiori elementi del campionato, le altre
squadre sono tutte più brave di voi, siete un disastro, non avete metodo e non rispettate gli schemi,
perderete sicuramente” oppure quello che dice: “complimenti, siete degli ottimi elementi, finora
avete giocato benissimo, dovete fare solo un piccolo sforzo per vincere”?
Il primo susciterà solo afflizione e senso di scoramento, la vittoria sarà vista come una metà
talmente irraggiungibile da non valere nemmeno lo sforzo di provarci, in siffatta atmosfera ognuno
si lascerà andare e l’intera squadra si frantumerà accusandosi a vicenda e provando un sordo
rancore gli uni verso gli altri.
In Italia, purtroppo, quasi tutti quelli che hanno il ruolo di educare e formare hanno la triste
tendenza a comportarsi come il primo allenatore, a causa dell’indottrinamento che hanno a loro
volta ricevuto e del circolo vizioso che si è di conseguenza instaurato.
Tuttavia, i maggiori responsabili di questo incessante bombardamento di notizie funeste volto a
screditare il paese agli occhi dei propri cittadini e dell’opinione pubblica straniera, sono i media.
Arrivano addirittura a manipolare fatti e dati per far apparire l’Italia peggiore di quanto non sia in
realtà, e posso dimostrarlo. Per quale motivo lo facciano è difficile stabilirlo, probabilmente
concorrono diversi elementi, sia il famoso circolo vizioso citato sopra, in quanto i giornalisti sono
italiani che hanno maturato, come tutti, una visione eccessivamente negativa della propria patria, sia
per interessi politici ed economici di potentati influenti dentro e fuori i confini nazionali.
Già, perché pochi si rendono conto di quanto l’Italia sia una potenza scomoda e un temibile
concorrente per la maggior parte delle egemonie economiche estere.
Le vicende della nostra storia recente e meno recente dimostrano che c’è stata sempre una volontà
di sottomettere, destabilizzare e depredare il nostro paese da parte di potenze straniere, che hanno
potuto farlo contando sulla complicità dei nostri rappresentanti.
Ma se questo è accaduto (e accade ancora) è solo a causa della nostra mancanza di senso patriottico.
E’ un effetto, non una causa, ingenerato da una scarsa considerazione del nostro paese e dei nostri
concittadini, che porta a perseguire interessi personali a breve termine e rende incapaci di proiettarsi
nel futuro.
L’autocritica eccessiva diventa autolesionismo.
L’italiano medio è convinto che l’Italia sia economicamente e strutturalmente arretrata rispetto ad
altri stati occidentali perché è stato indotto, dai media, dalla scuola e persino dai propri genitori, a
ritenerla tale. Quando si reca all’estero, specie in paesi che ritiene più progrediti, nota solo gli
aspetti migliori perché sono spesso facilmente individuabili e visibili in quanto gli altri cittadini si
sentono tutti coinvolti nel proiettare una immagine positiva della propria patria. D’altronde sono
ben consapevoli che il rispetto e la credibilità di cui gode una nazione si riflette su ciascuno dei suoi
cittadini e che denigrarla agli occhi del mondo è una manifestazione di autolesionismo quasi
patologico. Cosicché curano maggiormente l’aspetto esteriore, le strade sono pulite, i trasporti
pubblici sono puntuali ed efficienti, i media tendono a minimizzare le manchevolezze, le agenzie
creano strumenti di valutazione che premiano i loro sistemi rispetto ad altri, magari più efficaci ma
che in queste classifiche risultano peggiori. Solo chi si addentra nella vita quotidiana si accorge
delle disfunzioni e delle gravi carenze in settori spesso fondamentali, come l’istruzione e la sanità;
tuttavia i cittadini delle altre nazioni non si lamentano, convinti che la situazione all’estero sia
peggiore, essendo stati educati a ritenere il loro paese uno dei migliori – se non il migliore – al
mondo.
In Italia, al contrario, articoli, programmi e talk show gareggiano nel denunciare sprechi e
inefficienze. Giusto! Segnalarli è un sacrosanto dovere. Tuttavia occorre anche dare dei messaggi
positivi in grado di creare fiducia, le critiche dovrebbero essere costruttive, non distruttive e dettate
unicamente da faziosità politica o da interessi economici.
Gli italiani hanno, inoltre, una generale tendenza alla vittimizzazione, amano farsi compiangere e
molti nostri compatrioti vanno a lamentarsi delle inefficienze dell’Italia all’estero, contribuendo a
darne una pessima impressione e ad alimentare pregiudizi nei nostri riguardi.
L’opinione pubblica, e soprattutto i giovani, sono ormai portati a pensare che il marcio è ovunque e
che non si possono fidare di nessuno. Questo blocca qualsiasi spinta al cambiamento e deprime la
speranza. Sarebbe auspicabile che ogni opinionista che si cimenta nel facile esercizio della critica
provasse a cimentarsi anche nel difficile compito di segnalare le positività.
Purtroppo accade che in Italia ottiene molti più consensi chi protesta, recrimina, denuncia
inefficienze, e si lamenta di chi, invece, tenta di mostrare gli aspetti positivi del paese rischiando di
essere addirittura sbeffeggiato.
Tutti quelli che, pur di screditare l’avversario politico o vendicarsi di un torto subito, distruggono
l’immagine dell’intero paese, dovrebbero fermarsi a considerare che le conseguenze si ritorceranno
come un boomerang contro loro stessi, i loro figli e i loro nipoti, i quali dovranno faticare non poco
per dimostrare di essere seri, affidabili e onesti quando si troveranno a trattare con altri paesi per
ragioni di studio o di lavoro.
L’Italia è uno dei paesi più competitivi al mondo.
So di andare controcorrente affermando che l’Italia non è affatto sull’orlo del baratro, come hanno
voluto farci credere. L’Italia è, al contrario, un paese ancora fortemente competitivo e solido, e le
cifre lo dimostrano.
Avete dei dubbi? Allora vediamolo attraverso dati e numeri:
-Il marchio “made in Italy” e’ uno dei più iconici al mondo. Dalla pasta a Prada, dalla Ferrari a
Fellini, dal Brunello alla Benetton, il paese porta in se una vastità di eccellenze in molti settori;
- L’Italia vanta quasi 1000 prodotti in cui siamo nei primi tre posti al mondo per saldo commerciale
attivo con l’estero; i più importanti settori produttivi italiani includono l’industria alimentare,
automobilistica, tessile e il design;
- L’innovazione italiana è largamente sottovalutata, lo dimostrano i nostri primati mondiali in settori
caratterizzati proprio da un alto tasso di innovazione, come (solo per citarne alcuni) la robotica di
servizio, le biotecnologie, i nuovi materiali, le neuroscienze, la fisica delle particelle;
-L’Italia è tra i primi tre paesi al mondo nel campo della robotica e della chirurgia non-invasiva. I
macchinari di precisione, i prodotti chimici, la nanotecnologia e i prodotti elettronici sono tra gli
export principali;
-Tra i prodotti per i quali guadagniamo una medaglia per il saldo commerciale troviamo le
tecnologie del caldo e del freddo, le macchine per lavorare il legno e le pietre ornamentali, e gli
strumenti per la navigazione aerea e spaziale;
-Le ditte di costruzione italiane sono considerate tra le migliori al mondo, specie per quanto
riguarda le dighe, e sono tra le principali aziende nel comparto delle infrastrutture presenti sul
mercato europeo;
-Riserva aurea italiana: Il nostro paese detiene la quarta riserva aurea del mondo, dopo USA,
Germania e Fmi. Qualcosa come 2.450 tonnellate di lingotti, pari a 110 miliardi di euro.
-Ricchezza privata: Nel rapporto pubblicato dal Credit Suisse sulla ricchezza delle famiglie nei vari
Stati del mondo, risulta che le famiglie italiane, che hanno in totale oltre 9mila miliardi di ricchezza,
superano nella graduatoria pro-capite quasi tutte quelle degli altri Stati dell’Unione europea e
battono ampiamente quelle degli Usa e del Giappone. Il 96% degli italiani è proprietario di almeno
un immobile, e sul 80% di questi non gravano mutui.
La ricchezza privata, quella delle famiglie, è un elemento fondamentale per valutare l’affidabilità di
un paese. Ma le agenzie di rating che hanno declassato il nostro paese non ne hanno (volutamente)
tenuto conto.
Altra questione molto controversa è quella del debito pubblico, che ci viene costantemente
prospettato come il male peggiore dell’Italia ed è chiamato in causa per giustificare qualsiasi taglio
alla spese pubblica o aumento di tasse. Eppure uno studio recente ha dimostrato che è addirittura
più “sostenibile “ di quello francese, britannico o tedesco, che peraltro in termini assoluti è più alto
del nostro. L’Italia è uno dei rari Paesi con un surplus primario del bilancio dello Stato e non si
capisce perché il rating dei titoli di Stato italiani rimanga vicino al livello di junk con outlook
negativo.
Costruiamo insieme il nostro futuro.
Se vogliamo dare un futuro a questa nazione dobbiamo ripartire dalla consapevolezza di ciò che
valiamo davvero, dobbiamo valorizzare i nostri punti di forza non affliggerci e compiangerci per le
nostre debolezze.
La soluzione non è fuggire all’estero perché la nostra “italianità” ci seguirebbe ovunque, rendendo
più difficile il nostro inserimento in altre realtà che nutrono, purtroppo, pregiudizi nei nostri
confronti. Per riappropriarci della dignità e dell’orgoglio di essere cittadini di questo Paese
dobbiamo sentirci gli eredi di chi questo paese lo ha costruito e reso grande.
Dobbiamo riconciliarci con il nostro passato, mettere da parte i rancori, smetterla con le accuse
reciproche e i sensi di rivalsa, dobbiamo riconoscere ma non recriminare sugli errori commessi,
rivalutare anche gli aspetti positivi dei periodi bui della nostra storia, con coraggio, obiettività e
serenità di giudizio. E’ inutile e dannoso disquisire su chi ha rubato di più, quale fazione rivale è
stata più crudele, quale regione ha soverchiato o sfruttato l’altra.
Dobbiamo smettere di pensare che devono essere solo le istituzioni a “fare” il paese, serve un
processo che si muova in entrambe le direzioni e che veda i cittadini impegnati attivamente per
migliorare la nazione. Tutti devono sentirsi coinvolti nel mostrare il volto migliore del paese, dal
cittadino che non getta la spazzatura per strada e non parcheggia sul marciapiede impedendo il
passaggio dei pedoni, al netturbino che pulisce accuratamente la zona a lui preposta,
dall’amministratore comunale che si adopera per rendere efficienti i servizi al libero professionista
che paga le tasse, dal giornalista che mette in evidenza le buone pratiche e i settori di eccellenza, al
politico la cui ambizione deve essere quella di rendere competitivo il suo paese.
Occorre valutare con coscienza critica i problemi rimasti irrisolti e programmare le nuove sfide da
affrontare con senso dell’unità nazionale.
L’esempio al quale dobbiamo ispirarci è quello delle generazioni che sono state capaci di migliorare
il loro presente immaginando il nostro futuro.
-Le ditte di costruzione italiane sono considerate tra le migliori al mondo, specie per quanto
riguarda le dighe, e sono tra le principali aziende nel comparto delle infrastrutture presenti sul
mercato europeo;
-Riserva aurea italiana: Il nostro paese detiene la quarta riserva aurea del mondo, dopo USA,
Germania e Fmi. Qualcosa come 2.450 tonnellate di lingotti, pari a 110 miliardi di euro.
-Ricchezza privata: Nel rapporto pubblicato dal Credit Suisse sulla ricchezza delle famiglie nei vari
Stati del mondo, risulta che le famiglie italiane, che hanno in totale oltre 9mila miliardi di ricchezza,
superano nella graduatoria pro-capite quasi tutte quelle degli altri Stati dell’Unione europea e
battono ampiamente quelle degli Usa e del Giappone. Il 96% degli italiani è proprietario di almeno
un immobile, e sul 80% di questi non gravano mutui.
La ricchezza privata, quella delle famiglie, è un elemento fondamentale per valutare l’affidabilità di
un paese. Ma le agenzie di rating che hanno declassato il nostro paese non ne hanno (volutamente)
tenuto conto.
Altra questione molto controversa è quella del debito pubblico, che ci viene costantemente
prospettato come il male peggiore dell’Italia ed è chiamato in causa per giustificare qualsiasi taglio
alla spese pubblica o aumento di tasse. Eppure uno studio recente ha dimostrato che è addirittura
più “sostenibile “ di quello francese, britannico o tedesco, che peraltro in termini assoluti è più alto
del nostro. L’Italia è uno dei rari Paesi con un surplus primario del bilancio dello Stato e non si
capisce perché il rating dei titoli di Stato italiani rimanga vicino al livello di junk con outlook
negativo.
Costruiamo insieme il nostro futuro.
Se vogliamo dare un futuro a questa nazione dobbiamo ripartire dalla consapevolezza di ciò che
valiamo davvero, dobbiamo valorizzare i nostri punti di forza non affliggerci e compiangerci per le
nostre debolezze.
La soluzione non è fuggire all’estero perché la nostra “italianità” ci seguirebbe ovunque, rendendo
più difficile il nostro inserimento in altre realtà che nutrono, purtroppo, pregiudizi nei nostri
confronti. Per riappropriarci della dignità e dell’orgoglio di essere cittadini di questo Paese
dobbiamo sentirci gli eredi di chi questo paese lo ha costruito e reso grande.
Dobbiamo riconciliarci con il nostro passato, mettere da parte i rancori, smetterla con le accuse
reciproche e i sensi di rivalsa, dobbiamo riconoscere ma non recriminare sugli errori commessi,
rivalutare anche gli aspetti positivi dei periodi bui della nostra storia, con coraggio, obiettività e
serenità di giudizio. E’ inutile e dannoso disquisire su chi ha rubato di più, quale fazione rivale è
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Dobbiamo smettere di pensare che devono essere solo le istituzioni a “fare” il paese, serve un
processo che si muova in entrambe le direzioni e che veda i cittadini impegnati attivamente per
migliorare la nazione. Tutti devono sentirsi coinvolti nel mostrare il volto migliore del paese, dal
cittadino che non getta la spazzatura per strada e non parcheggia sul marciapiede impedendo il
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dall’amministratore comunale che si adopera per rendere efficienti i servizi al libero professionista
che paga le tasse, dal giornalista che mette in evidenza le buone pratiche e i settori di eccellenza, al
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Occorre valutare con coscienza critica i problemi rimasti irrisolti e programmare le nuove sfide da
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I have a dream

  • 1. I have a dream Sì, ho un sogno: ri-unire l’Italia. L’unità di una nazione non si crea definendone i confini e uniformandone le istituzioni. L’unità di una nazione è innanzitutto un sentimento, uno stato d’animo, un senso di appartenenza e di lealtà. In Italia questo sentimento non c’è, forse non è mai esistito. Si attribuisce a Massimo D’Azeglio la frase: “abbiamo fatto l’Italia, ora facciamo gli italiani” ma in realtà lui disse: “purtroppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani” Oggi, a 150 anni di distanza, questa constatazione è vera più che mai. La nostra fragile unità nazionale si va sgretolando sempre più sotto i colpi di una crisi economica e politica che ha lasciato il paese sfiancato e sfiduciato, rissoso e ostile, abbarbicato ad uno sconfortante presente e incapace di progettare il proprio futuro. Eppure tutti i nostri problemi sono dovuti ad un’unica causa: la mancanza di una coscienza collettiva. Gli italiani non amano il proprio paese e non hanno fiducia nei propri concittadini. Ma come si può amare un paese in cui i politici pensano solo ai loro interessi, che non ha praticamente mai avuto un governo stabile dal dopoguerra, in cui le strutture pubbliche non funzionano perché gli amministratori sono dediti alla corruzione e al clientelismo, in cui le imprese private sono ostaggio di mafia e malavita organizzata, schiacciate da tasse troppo elevate e soffocate da una burocrazia tentacolare e inefficiente? Come si può avere fiducia nei propri concittadini quando questi sono faziosi, litigiosi, ostili, individualisti, disonesti, persino razzisti tra di loro? ECCO L’ERRORE, PERCHÉ TUTTE QUESTE SONO CONSEGUENZE, NON CAUSE. Gli italiani sono stati indotti a vedere così il loro paese e i loro concittadini e, intrappolati in quello che è diventato ormai un circolo vizioso, continuano inconsapevolmente a perpetuare questo stato di cose. Sì, lo so, a molti potrà apparire una affermazione azzardata, ma io ne sono profondamente convinta e vorrei tentare di dimostrarvelo. La mia prospettiva di osservazione è alquanto singolare poiché sono italiana ma ho vissuto tutti gli anni della mia formazione all’estero, in diversi paesi europei. Forse per questo motivo ho una visione della realtà italiana più obiettiva, che mi ha portato ad identificare questa “anomalia italiana” che non è riscontrabile in nessun’altra nazione. Anomalia italiana. Questa “anomalia” è stata rilevata e studiata anche da numerosi osservatori stranieri, come Banfield* che l’ha definita “familismo amorale”, in quanto gli italiani non mostrano lealtà verso la propria nazione ma solo verso la propria famiglia, la loro piccola comunità (campanilismo), il loro partito, la loro squadra o la loro associazione professionale (corporativismo), e questo impedisce lo sviluppo di progetti nell’interesse della collettività. Ha anche descritto gli effetti devastanti di tale comportamento (definito appunto “amorale”) riguardo alla vita politica e alla gestione del bene pubblico: nessuno persegue l’interesse comune, salvo quando ne può trarre un vantaggio personale, e chiunque afferma di farlo è ritenuto un truffatore; i pubblici dipendenti non si identificano con l’organizzazione che servono, tendono a farsi corrompere ma anche se non lo fanno sono comunque ritenuti corrotti; i cittadini si sentono autorizzati ad infrangere la legge ogni qual volta sembrerà possibile evitarne le conseguenze.
  • 2. Queste manchevolezze sono ben percepite anche dai cittadini italiani. “Gli italiani mancano di senso civico, sono individualisti, non riconoscono il bene comune, non sono capaci di “fare squadra”, i nostri politici sono corrotti, pensano solo al loro tornaconto personale, a loro non importa niente del popolo.” Quante volte avete sentito, pensato o detto frasi del genere? Credo che quasi tutti gli italiani le abbiano pronunciate, prima o poi; essi affermano che è per questo motivo che si “vergognano di essere italiani”, che vogliono “scappare all’estero” che “non si sentono parte di questa nazione”. Il problema è che, appunto, confondono l’effetto con la causa. E’ il disamore verso il proprio paese, la diffidenza verso i propri concittadini che ingenera i comportamenti che esecriamo a parole ma di cui ci rendiamo, in qualche modo, tutti colpevoli. La crisi di oggi è il frutto di un male antico; se la classe dirigente e i politici fanno prevalere i loro interessi privati è perché, come tutti gli italiani, non sono stati educati ad anteporre il bene comune. L’amore e la lealtà verso il proprio paese e i propri compatrioti non è un sentimento che nasce spontaneamente, deve essere insegnato e coltivato. Patriottismo e nazionalismo. In Italia sono sempre prevalse due tendenze culturali contrapposte: quella marxista, tendente all’internazionalismo, e quella cattolica che professava l’universalismo cristiano, mentre il patriottismo è stato quasi sempre egemonizzato dalla destra ed ha spesso avuto connotazioni xenofobe e nazionaliste. Per molti italiani, infatti, patriottismo è sinonimo di nazionalismo. Lo giudicano un sentimento retorico e stucchevole, antiquato ed inadeguato in un’epoca di europeizzazione e di globalizzazione. Niente di più sbagliato. Abbiamo tutti bisogno di sentirci parte di una entità che amiamo, ammiriamo e rispettiamo. Il patriottismo sano, libero da isterie e manie di grandezza, genera forza, fiducia e autostima, accoglie l’estraneo e il “diverso” non lo respinge, riconosce la piena legittimità e dignità dei diversi stili di vita e culture all’interno della stessa nazione, ed è addirittura capace di contrastare il nazionalismo e il regionalismo xenofobo. Il patriottismo vero è fatto di ragione ma soprattutto di passione, non una passione cieca e brutale di difesa della propria etnia o della propria religione, ma basato sull’amore, la lealtà e la dignità; non è affatto incompatibile con gli obblighi nei confronti dell’umanità in generale, anzi, rappresenta l’impegno che ogni cittadino deve assumersi per rendere la sua patria una comunità politica libera, giusta e tollerante, attiva nella partecipazione alla vita pubblica per il bene comune e per la solidarietà, sia entro sia al di fuori dei confini nazionali. Patriottismo è unità di intenti e di ideali, orgoglio di appartenere a una “famiglia” solidale, che è custode di un passato comune e di un futuro da costruire insieme. L’autore inglese A. MacIntyre sostiene che il patriottismo è una “forma di lealtà verso una particolare nazione, che solo chi appartiene a quella nazione può avere, e che implica una considerazione speciale per le caratteristiche, i meriti e le realizzazioni della propria nazione. Il patriottismo è una forma di amore” Questo tipo di patriottismo è presente in tutti i paesi del mondo ma è quasi del tutto assente in Italia, per i motivi sopra elencati ma anche, e soprattutto, perché gli italiani sono continuamente indotti a vedere unicamente i lati peggiori della propria nazione, cosicché la causa ha generato l’effetto, ma poi l’effetto stesso si è tramutato in causa in un circolo vizioso perpetuo e deleterio.
  • 3. Percezione e realtà. La percezione che ciascuno ha del proprio paese non è mai oggettiva. Nessun paese è perfetto, nessun paese è pessimo, tutto dipende dal modo in cui lo si guarda. Gli italiani si vantano spesso di essere autocritici, per questo motivo si lamentano in continuazione e denunciano ogni difetto riscontrato; per loro essere patriottici equivale ad essere ciechi e sciovinisti. In parte ciò può essere vero, ma è appunto un limite del nazionalismo, mentre il patriottismo sano non ignora le lacune, mira a correggerle. Il problema è che se si elencano solo le deficienze di un paese l’immagine che ne deriva è avvilente, genera sconforto e prostrazione. Vorrei rivolgervi una semplice domanda, secondo voi quale allenatore riuscirà a meglio motivare la propria squadra, quello che li apostrofa dicendo: “siete i peggiori elementi del campionato, le altre squadre sono tutte più brave di voi, siete un disastro, non avete metodo e non rispettate gli schemi, perderete sicuramente” oppure quello che dice: “complimenti, siete degli ottimi elementi, finora avete giocato benissimo, dovete fare solo un piccolo sforzo per vincere”? Il primo susciterà solo afflizione e senso di scoramento, la vittoria sarà vista come una metà talmente irraggiungibile da non valere nemmeno lo sforzo di provarci, in siffatta atmosfera ognuno si lascerà andare e l’intera squadra si frantumerà accusandosi a vicenda e provando un sordo rancore gli uni verso gli altri. In Italia, purtroppo, quasi tutti quelli che hanno il ruolo di educare e formare hanno la triste tendenza a comportarsi come il primo allenatore, a causa dell’indottrinamento che hanno a loro volta ricevuto e del circolo vizioso che si è di conseguenza instaurato. Tuttavia, i maggiori responsabili di questo incessante bombardamento di notizie funeste volto a screditare il paese agli occhi dei propri cittadini e dell’opinione pubblica straniera, sono i media. Arrivano addirittura a manipolare fatti e dati per far apparire l’Italia peggiore di quanto non sia in realtà, e posso dimostrarlo. Per quale motivo lo facciano è difficile stabilirlo, probabilmente concorrono diversi elementi, sia il famoso circolo vizioso citato sopra, in quanto i giornalisti sono italiani che hanno maturato, come tutti, una visione eccessivamente negativa della propria patria, sia per interessi politici ed economici di potentati influenti dentro e fuori i confini nazionali. Già, perché pochi si rendono conto di quanto l’Italia sia una potenza scomoda e un temibile concorrente per la maggior parte delle egemonie economiche estere. Le vicende della nostra storia recente e meno recente dimostrano che c’è stata sempre una volontà di sottomettere, destabilizzare e depredare il nostro paese da parte di potenze straniere, che hanno potuto farlo contando sulla complicità dei nostri rappresentanti. Ma se questo è accaduto (e accade ancora) è solo a causa della nostra mancanza di senso patriottico. E’ un effetto, non una causa, ingenerato da una scarsa considerazione del nostro paese e dei nostri concittadini, che porta a perseguire interessi personali a breve termine e rende incapaci di proiettarsi nel futuro. L’autocritica eccessiva diventa autolesionismo. L’italiano medio è convinto che l’Italia sia economicamente e strutturalmente arretrata rispetto ad altri stati occidentali perché è stato indotto, dai media, dalla scuola e persino dai propri genitori, a ritenerla tale. Quando si reca all’estero, specie in paesi che ritiene più progrediti, nota solo gli aspetti migliori perché sono spesso facilmente individuabili e visibili in quanto gli altri cittadini si sentono tutti coinvolti nel proiettare una immagine positiva della propria patria. D’altronde sono ben consapevoli che il rispetto e la credibilità di cui gode una nazione si riflette su ciascuno dei suoi cittadini e che denigrarla agli occhi del mondo è una manifestazione di autolesionismo quasi
  • 4. patologico. Cosicché curano maggiormente l’aspetto esteriore, le strade sono pulite, i trasporti pubblici sono puntuali ed efficienti, i media tendono a minimizzare le manchevolezze, le agenzie creano strumenti di valutazione che premiano i loro sistemi rispetto ad altri, magari più efficaci ma che in queste classifiche risultano peggiori. Solo chi si addentra nella vita quotidiana si accorge delle disfunzioni e delle gravi carenze in settori spesso fondamentali, come l’istruzione e la sanità; tuttavia i cittadini delle altre nazioni non si lamentano, convinti che la situazione all’estero sia peggiore, essendo stati educati a ritenere il loro paese uno dei migliori – se non il migliore – al mondo. In Italia, al contrario, articoli, programmi e talk show gareggiano nel denunciare sprechi e inefficienze. Giusto! Segnalarli è un sacrosanto dovere. Tuttavia occorre anche dare dei messaggi positivi in grado di creare fiducia, le critiche dovrebbero essere costruttive, non distruttive e dettate unicamente da faziosità politica o da interessi economici. Gli italiani hanno, inoltre, una generale tendenza alla vittimizzazione, amano farsi compiangere e molti nostri compatrioti vanno a lamentarsi delle inefficienze dell’Italia all’estero, contribuendo a darne una pessima impressione e ad alimentare pregiudizi nei nostri riguardi. L’opinione pubblica, e soprattutto i giovani, sono ormai portati a pensare che il marcio è ovunque e che non si possono fidare di nessuno. Questo blocca qualsiasi spinta al cambiamento e deprime la speranza. Sarebbe auspicabile che ogni opinionista che si cimenta nel facile esercizio della critica provasse a cimentarsi anche nel difficile compito di segnalare le positività. Purtroppo accade che in Italia ottiene molti più consensi chi protesta, recrimina, denuncia inefficienze, e si lamenta di chi, invece, tenta di mostrare gli aspetti positivi del paese rischiando di essere addirittura sbeffeggiato. Tutti quelli che, pur di screditare l’avversario politico o vendicarsi di un torto subito, distruggono l’immagine dell’intero paese, dovrebbero fermarsi a considerare che le conseguenze si ritorceranno come un boomerang contro loro stessi, i loro figli e i loro nipoti, i quali dovranno faticare non poco per dimostrare di essere seri, affidabili e onesti quando si troveranno a trattare con altri paesi per ragioni di studio o di lavoro. L’Italia è uno dei paesi più competitivi al mondo. So di andare controcorrente affermando che l’Italia non è affatto sull’orlo del baratro, come hanno voluto farci credere. L’Italia è, al contrario, un paese ancora fortemente competitivo e solido, e le cifre lo dimostrano. Avete dei dubbi? Allora vediamolo attraverso dati e numeri: -Il marchio “made in Italy” e’ uno dei più iconici al mondo. Dalla pasta a Prada, dalla Ferrari a Fellini, dal Brunello alla Benetton, il paese porta in se una vastità di eccellenze in molti settori; - L’Italia vanta quasi 1000 prodotti in cui siamo nei primi tre posti al mondo per saldo commerciale attivo con l’estero; i più importanti settori produttivi italiani includono l’industria alimentare, automobilistica, tessile e il design; - L’innovazione italiana è largamente sottovalutata, lo dimostrano i nostri primati mondiali in settori caratterizzati proprio da un alto tasso di innovazione, come (solo per citarne alcuni) la robotica di servizio, le biotecnologie, i nuovi materiali, le neuroscienze, la fisica delle particelle; -L’Italia è tra i primi tre paesi al mondo nel campo della robotica e della chirurgia non-invasiva. I macchinari di precisione, i prodotti chimici, la nanotecnologia e i prodotti elettronici sono tra gli export principali; -Tra i prodotti per i quali guadagniamo una medaglia per il saldo commerciale troviamo le tecnologie del caldo e del freddo, le macchine per lavorare il legno e le pietre ornamentali, e gli strumenti per la navigazione aerea e spaziale;
  • 5. -Le ditte di costruzione italiane sono considerate tra le migliori al mondo, specie per quanto riguarda le dighe, e sono tra le principali aziende nel comparto delle infrastrutture presenti sul mercato europeo; -Riserva aurea italiana: Il nostro paese detiene la quarta riserva aurea del mondo, dopo USA, Germania e Fmi. Qualcosa come 2.450 tonnellate di lingotti, pari a 110 miliardi di euro. -Ricchezza privata: Nel rapporto pubblicato dal Credit Suisse sulla ricchezza delle famiglie nei vari Stati del mondo, risulta che le famiglie italiane, che hanno in totale oltre 9mila miliardi di ricchezza, superano nella graduatoria pro-capite quasi tutte quelle degli altri Stati dell’Unione europea e battono ampiamente quelle degli Usa e del Giappone. Il 96% degli italiani è proprietario di almeno un immobile, e sul 80% di questi non gravano mutui. La ricchezza privata, quella delle famiglie, è un elemento fondamentale per valutare l’affidabilità di un paese. Ma le agenzie di rating che hanno declassato il nostro paese non ne hanno (volutamente) tenuto conto. Altra questione molto controversa è quella del debito pubblico, che ci viene costantemente prospettato come il male peggiore dell’Italia ed è chiamato in causa per giustificare qualsiasi taglio alla spese pubblica o aumento di tasse. Eppure uno studio recente ha dimostrato che è addirittura più “sostenibile “ di quello francese, britannico o tedesco, che peraltro in termini assoluti è più alto del nostro. L’Italia è uno dei rari Paesi con un surplus primario del bilancio dello Stato e non si capisce perché il rating dei titoli di Stato italiani rimanga vicino al livello di junk con outlook negativo. Costruiamo insieme il nostro futuro. Se vogliamo dare un futuro a questa nazione dobbiamo ripartire dalla consapevolezza di ciò che valiamo davvero, dobbiamo valorizzare i nostri punti di forza non affliggerci e compiangerci per le nostre debolezze. La soluzione non è fuggire all’estero perché la nostra “italianità” ci seguirebbe ovunque, rendendo più difficile il nostro inserimento in altre realtà che nutrono, purtroppo, pregiudizi nei nostri confronti. Per riappropriarci della dignità e dell’orgoglio di essere cittadini di questo Paese dobbiamo sentirci gli eredi di chi questo paese lo ha costruito e reso grande. Dobbiamo riconciliarci con il nostro passato, mettere da parte i rancori, smetterla con le accuse reciproche e i sensi di rivalsa, dobbiamo riconoscere ma non recriminare sugli errori commessi, rivalutare anche gli aspetti positivi dei periodi bui della nostra storia, con coraggio, obiettività e serenità di giudizio. E’ inutile e dannoso disquisire su chi ha rubato di più, quale fazione rivale è stata più crudele, quale regione ha soverchiato o sfruttato l’altra. Dobbiamo smettere di pensare che devono essere solo le istituzioni a “fare” il paese, serve un processo che si muova in entrambe le direzioni e che veda i cittadini impegnati attivamente per migliorare la nazione. Tutti devono sentirsi coinvolti nel mostrare il volto migliore del paese, dal cittadino che non getta la spazzatura per strada e non parcheggia sul marciapiede impedendo il passaggio dei pedoni, al netturbino che pulisce accuratamente la zona a lui preposta, dall’amministratore comunale che si adopera per rendere efficienti i servizi al libero professionista che paga le tasse, dal giornalista che mette in evidenza le buone pratiche e i settori di eccellenza, al politico la cui ambizione deve essere quella di rendere competitivo il suo paese. Occorre valutare con coscienza critica i problemi rimasti irrisolti e programmare le nuove sfide da affrontare con senso dell’unità nazionale. L’esempio al quale dobbiamo ispirarci è quello delle generazioni che sono state capaci di migliorare il loro presente immaginando il nostro futuro.
  • 6. -Le ditte di costruzione italiane sono considerate tra le migliori al mondo, specie per quanto riguarda le dighe, e sono tra le principali aziende nel comparto delle infrastrutture presenti sul mercato europeo; -Riserva aurea italiana: Il nostro paese detiene la quarta riserva aurea del mondo, dopo USA, Germania e Fmi. Qualcosa come 2.450 tonnellate di lingotti, pari a 110 miliardi di euro. -Ricchezza privata: Nel rapporto pubblicato dal Credit Suisse sulla ricchezza delle famiglie nei vari Stati del mondo, risulta che le famiglie italiane, che hanno in totale oltre 9mila miliardi di ricchezza, superano nella graduatoria pro-capite quasi tutte quelle degli altri Stati dell’Unione europea e battono ampiamente quelle degli Usa e del Giappone. Il 96% degli italiani è proprietario di almeno un immobile, e sul 80% di questi non gravano mutui. La ricchezza privata, quella delle famiglie, è un elemento fondamentale per valutare l’affidabilità di un paese. Ma le agenzie di rating che hanno declassato il nostro paese non ne hanno (volutamente) tenuto conto. Altra questione molto controversa è quella del debito pubblico, che ci viene costantemente prospettato come il male peggiore dell’Italia ed è chiamato in causa per giustificare qualsiasi taglio alla spese pubblica o aumento di tasse. Eppure uno studio recente ha dimostrato che è addirittura più “sostenibile “ di quello francese, britannico o tedesco, che peraltro in termini assoluti è più alto del nostro. L’Italia è uno dei rari Paesi con un surplus primario del bilancio dello Stato e non si capisce perché il rating dei titoli di Stato italiani rimanga vicino al livello di junk con outlook negativo. Costruiamo insieme il nostro futuro. Se vogliamo dare un futuro a questa nazione dobbiamo ripartire dalla consapevolezza di ciò che valiamo davvero, dobbiamo valorizzare i nostri punti di forza non affliggerci e compiangerci per le nostre debolezze. La soluzione non è fuggire all’estero perché la nostra “italianità” ci seguirebbe ovunque, rendendo più difficile il nostro inserimento in altre realtà che nutrono, purtroppo, pregiudizi nei nostri confronti. Per riappropriarci della dignità e dell’orgoglio di essere cittadini di questo Paese dobbiamo sentirci gli eredi di chi questo paese lo ha costruito e reso grande. Dobbiamo riconciliarci con il nostro passato, mettere da parte i rancori, smetterla con le accuse reciproche e i sensi di rivalsa, dobbiamo riconoscere ma non recriminare sugli errori commessi, rivalutare anche gli aspetti positivi dei periodi bui della nostra storia, con coraggio, obiettività e serenità di giudizio. E’ inutile e dannoso disquisire su chi ha rubato di più, quale fazione rivale è stata più crudele, quale regione ha soverchiato o sfruttato l’altra. Dobbiamo smettere di pensare che devono essere solo le istituzioni a “fare” il paese, serve un processo che si muova in entrambe le direzioni e che veda i cittadini impegnati attivamente per migliorare la nazione. Tutti devono sentirsi coinvolti nel mostrare il volto migliore del paese, dal cittadino che non getta la spazzatura per strada e non parcheggia sul marciapiede impedendo il passaggio dei pedoni, al netturbino che pulisce accuratamente la zona a lui preposta, dall’amministratore comunale che si adopera per rendere efficienti i servizi al libero professionista che paga le tasse, dal giornalista che mette in evidenza le buone pratiche e i settori di eccellenza, al politico la cui ambizione deve essere quella di rendere competitivo il suo paese. Occorre valutare con coscienza critica i problemi rimasti irrisolti e programmare le nuove sfide da affrontare con senso dell’unità nazionale. L’esempio al quale dobbiamo ispirarci è quello delle generazioni che sono state capaci di migliorare il loro presente immaginando il nostro futuro.